ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  47-ter,
commi 1, lettera b), e 8, della legge 26 luglio 1975, n.  354  (Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
privative  e  limitative  della  liberta'),  promosso   dalla   Corte
d'appello di Firenze, nel procedimento penale a carico  di  W.  B.R.,
con ordinanza del 19 settembre 2017, iscritta al n. 196 del  registro
ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre  2018  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 19 settembre 2017, la  Corte  d'appello  di
Firenze  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 47-ter, commi 1, lettera b), e 8,  della  legge  26  luglio
1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione
delle misure privative e limitative della liberta'),  per  violazione
dell'art. 3 della Costituzione, nella parte  in  cui  non  limita  la
punibilita', ai sensi dell'art. 385 del codice penale, del  padre  di
prole di eta' inferiore ad anni  dieci  al  solo  allontanamento  dal
domicilio che si protragga per piu' di dodici ore. 
    2.- Ricorda il giudice rimettente che W. B.R., con  sentenza  del
Tribunale di Firenze del 20 maggio 2013,  e'  stato  condannato  alla
pena di sei mesi di reclusione ai  sensi  dell'art.  385  cod.  pen.,
poiche' - mentre era detenuto nel proprio domicilio  «secondo  l'art.
47 ter commi 1bis e 8 L. 26 luglio 1975 n. 374» -  aveva  violato  la
prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione  in  orario
diverso dall'intervallo tra le ore 10,00  e  le  ore  12,00  di  ogni
giorno, per il quale era autorizzato. 
    Nel giudizio di  primo  grado,  il  Tribunale  di  Firenze  aveva
ritenuto  manifestamente  infondata  la  questione  di   legittimita'
costituzionale, eccepita dalla difesa di W. B.R., «dell'art.  47  ter
commi 1 bis e 8 L. 26 luglio 1975 n.  374  in  relazione  all'art.  3
comma  2  della  Costituzione»,  ritenendo  di  non  discostarsi  dal
principio secondo cui l'allontanamento dall'abitazione del condannato
ammesso alla detenzione domiciliare e' punito ai sensi dell'art.  385
cod.  pen.  qualunque  ne  sia  la  durata,  e  osservando   che   la
disposizione censurata era gia'  stata  oggetto  di  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale   con   esclusivo   riferimento   alla
situazione della madre di prole di eta' non superiore a dieci anni. 
    Nel giudizio di secondo grado, la difesa di W. B.R.  ha  eccepito
nuovamente la questione di legittimita' costituzionale, ma  la  Corte
d'appello di Firenze, con sentenza del 9 dicembre 2015, ha dichiarato
inammissibile il gravame, perche' - a  suo  avviso  -  esclusivamente
preordinato a sollevare la questione. 
    La Corte di cassazione, sezione sesta penale, adita dalla  difesa
dell'imputato, con sentenza  del  15  febbraio  2017,  n.  11955,  ha
annullato con rinvio la decisione della Corte d'appello, ribadendo  -
secondo il proprio costante orientamento -  che  il  ricorso  che  si
sostanzia  nella  formulazione  di  una  questione  di   legittimita'
costituzionale  e'  ammissibile  poiche'  tale  motivo  di  doglianza
costituisce denuncia di una violazione di legge. 
    La Corte d'appello rimettente, innanzi alla quale il giudizio  e'
ora pendente, ricorda che l'appellante ha impugnato  la  sentenza  di
primo grado sottolineando di essere  stato  ammesso  alla  detenzione
domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1,  lettera  b),  ordin.
penit. - e non ai sensi del comma 1-bis del medesimo  articolo,  come
erroneamente ritenuto dal Tribunale di Firenze - per  prendersi  cura
della figlia di sei mesi, data l'impossibilita' della madre  invalida
a dare assistenza alla minore. Ha quindi rinnovato  la  richiesta  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale. 
    Accogliendo l'istanza della parte, la Corte d'appello di  Firenze
eccepisce dunque l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  47-ter,
commi 1, lettera b), e 8, ordin. penit., per violazione  dell'art.  3
Cost. 
    3.- In punto di non manifesta  infondatezza,  il  giudice  a  quo
rileva come la situazione del padre di prole  di  eta'  inferiore  ad
anni dieci che sia ammesso alla detenzione  domiciliare  "ordinaria",
ex art. 47-ter, comma 1, lettera b), ordin. penit., quando  la  madre
sia  deceduta  o  altrimenti  assolutamente  impossibilitata  a  dare
assistenza alla prole, non differisce da quella  del  padre  che,  ai
sensi del successivo art. 47-quinquies, comma  7,  sia  ammesso  alla
detenzione  domiciliare  speciale,  se  la  madre   e'   deceduta   o
impossibilitata e non vi e' modo di affidare la prole ad altri che al
padre. In entrambi i casi il padre  e'  ammesso  a  tali  misure  per
prendersi cura dei figli minori. 
    Ritiene il rimettente che sia allora  contrario  ai  principi  di
ragionevolezza     ed     uguaglianza     sanzionare     diversamente
l'allontanamento dal domicilio del padre che si trovi  in  detenzione
domiciliare "ordinaria" e quello  del  padre  che  invece  sia  stato
ammesso alla detenzione domiciliare speciale. 
    Sarebbe in particolare irragionevole  la  previsione  di  cui  al
comma 8 dell'art. 47-ter ordin. penit. che, per il padre ammesso alla
detenzione   domiciliare   "ordinaria",   ne   sanziona    penalmente
l'allontanamento dal domicilio, quale ne sia la durata, ex  art.  385
cod. pen., mentre l'art. 47-sexies della medesima legge esclude,  per
il  condannato  ammesso  alla  detenzione  domiciliare  speciale,  la
rilevanza  penale  dell'allontanamento  del  domicilio  che  non   si
protragga per piu' di dodici ore, qualunque sia il motivo. 
    Ricorda il rimettente che la Corte costituzionale,  con  sentenza
n. 177 del 2009, ha gia' dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 47-ter, commi 1, lettera a), seconda  parte,  e  8,  ordin.
penit., che regola la detenzione domiciliare "ordinaria" della  madre
di prole di eta' inferiore ad anni dieci con lei  convivente,  «nella
parte in cui non limita la punibilita' ai  sensi  dell'art.  385  del
codice penale al solo allontanamento che si protragga per piu' di  12
ore, come stabilito dall'art. 47  sexies,  comma  2,  della  suddetta
legge, sul presupposto di cui all'art. 47 quinquies, comma  1,  della
medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di  commissione
di ulteriori delitti». 
    Osserva il giudice a quo come la condizione della  madre  che  si
trovi in detenzione domiciliare "ordinaria", oggetto della  pronuncia
di incostituzionalita', sia «sostanzialmente identica»  a  quella  in
cui  versa  l'imputato  W.   B.R.   Peraltro,   con   riferimento   a
quest'ultimo, il magistrato di sorveglianza aveva escluso, al momento
della  concessione  della  detenzione  domiciliare,  il  pericolo  di
commissione di ulteriori delitti, rilevando che l'effetto  deterrente
della carcerazione gia' sofferta appariva  «idoneo  ad  orientare  il
futuro comportamento del reo in senso socialmente adeguato». 
    4.-  Quanto  alla  rilevanza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale sollevata, la Corte d'appello di Firenze  ricorda  che
il magistrato di sorveglianza,  con  provvedimento  del  28  novembre
2008, aveva concesso la detenzione domiciliare a  W.  B.R.  ai  sensi
dell'art. 47-ter, comma 1, lettera b), ordin. penit.,  in  quanto  la
pena da espiare era inferiore ai tre anni  di  reclusione,  egli  era
padre di una bambina nata il 13 agosto 2008 e la madre, a causa delle
proprie condizioni di salute,  era  assolutamente  impossibilitata  a
prendersi cura della minore. 
    Precisa,  inoltre,  il  rimettente   che   l'allontanamento   dal
domicilio di W. B.R. non si era protratto per  piu'  di  dodici  ore,
essendo stato accertato che egli  si  trovava  fuori  dall'abitazione
alle ore 21,40 e alle ore 22,10, mentre, in occasione  dei  controlli
successivi, era stato sempre trovato in casa. 
    Evidenzia,  infine,  come  l'accoglimento  della   questione   di
legittimita' costituzionale determinerebbe la  non  rilevanza  penale
del fatto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte  d'appello  di  Firenze  dubita  della  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,
dell'art. 47-ter, commi 1, lettera b), e 8,  della  legge  26  luglio
1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione
delle misure privative e limitative della liberta'), nella  parte  in
cui non limita la punibilita', ai  sensi  dell'art.  385  del  codice
penale, del padre di prole di eta' inferiore ai dieci  anni  al  solo
allontanamento dal domicilio che si protragga per piu' di dodici ore. 
    L'art. 47-ter ordin. penit. consente, al  comma  1,  lettera  b),
che, in caso di decesso o impossibilita' assoluta della madre a  dare
assistenza alla prole di eta' inferiore ad anni dieci, la  detenzione
domiciliare sia concessa al padre. Al successivo comma 8 e' stabilito
che il condannato che si allontani dalla propria abitazione e' punito
ai  sensi  dell'art.  385  cod.  pen.,  quale  che  sia   la   durata
dell'allontanamento. 
    Secondo  il  rimettente,  tali  disposizioni  si  porrebbero   in
contrasto  con   l'art.   3   Cost.,   in   quanto   l'allontanamento
ingiustificato  del  padre  ammesso   alla   detenzione   domiciliare
"ordinaria" per prendersi cura dei figli, ai sensi  del  citato  art.
47-ter, comma 1, lettera  b),  sarebbe  regolato  in  modo  deteriore
rispetto a  quello  del  padre  ammesso  alla  diversa  misura  della
detenzione domiciliare speciale in caso di decesso  o  impossibilita'
assoluta della madre, se non vi e'  modo  di  affidare  ad  altri  la
prole, ai  sensi  dell'art.  47-quinquies,  comma  7,  ordin.  penit.
Infatti,  in  tale  seconda  ipotesi,  secondo  quanto  disposto  dal
successivo art.  47-sexies,  l'allontanamento  dal  domicilio,  senza
giustificato motivo, e' punito, ex art. 385 cod.  pen.,  solo  se  si
protrae per piu' di dodici ore. 
    Evidenzia,  in  particolare,   il   rimettente   che   la   Corte
costituzionale, con la sentenza n. 177 del 2009, ha  gia'  dichiarato
costituzionalmente illegittime le disposizioni censurate, nella parte
in cui punivano piu' severamente l'allontanamento dal domicilio della
madre di minore di anni dieci  ammessa  alla  detenzione  domiciliare
"ordinaria", rispetto a quello della madre in detenzione  domiciliare
speciale. 
    2.- La questione e' fondata. 
    2.1.- Nell'appena ricordata sentenza n. 177 del  2009  di  questa
Corte e' gia' stata evidenziata l'identica finalita'  perseguita  dal
legislatore attraverso la disciplina delle due  forme  di  detenzione
domiciliare, quella "ordinaria", quando concessa ai genitori di prole
di eta' inferiore  ai  dieci  anni  con  loro  conviventi,  e  quella
speciale. 
    Pur applicabili sulla base di diversi presupposti - la detenzione
domiciliare "ordinaria" puo'  essere  disposta  laddove  la  pena  da
espiare non sia superiore a  quattro  anni,  mentre  quella  speciale
riguarda detenuti che debbano scontare una pena  maggiore  e  purche'
non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti
- entrambe le misure sono primariamente indirizzate a  consentire  la
cura dei figli minori, al contempo evitando l'ingresso in carcere dei
minori in tenera eta' (sentenze n. 76 del 2017, n. 239 del 2014 e  n.
177 del 2009). 
    Peraltro,  a  differenza  della   prima,   solo   la   detenzione
domiciliare speciale (istituto piu' recente, previsto dalla  legge  8
marzo 2001, n. 40, recante  «Misure  alternative  alla  detenzione  a
tutela del rapporto tra detenute e figli minori») e'  interamente  ed
esclusivamente diretta ai genitori di minori in tenera  eta',  ed  e'
accompagnata da una disciplina piu' flessibile in caso di ritardo nel
rientro nel domicilio, proprio per venire incontro ai  contingenti  e
imprevisti bisogni derivanti dalla cura dei bambini (sentenza n.  177
del 2009). Infatti, l'art. 47-sexies, comma 2, ordin. penit.  dispone
che incorre nel reato di evasione, di cui all'art. 385, primo  comma,
cod.  pen.,  la  condannata  ammessa  al  regime   della   detenzione
domiciliare speciale che rimane assente dal proprio domicilio,  senza
giustificato motivo, per piu' di dodici ore. Per  assenze  di  durata
inferiore il comma 1 dello stesso articolo 47-sexies  prevede  invece
che ella possa essere proposta per la revoca  della  misura:  escluso
ogni automatismo, viene lasciato al giudice il compito  di  esaminare
caso per caso, attribuendo il giusto peso all'interesse  del  minore,
l'opportunita'  di  sanzionare  con  la  revoca  comportamenti  della
condannata non giustificabili  dal  punto  di  vista  della  doverosa
osservanza  delle  prescrizioni  che  accompagnano  il  regime  della
detenzione domiciliare. Infine, il legislatore ha cura  di  escludere
in radice qualunque disparita' di trattamento tra madre  e  padre  in
ordine al regime dell'allontanamento senza  giustificato  motivo  dal
domicilio, prevedendo esplicitamente (art. 47-sexies, comma 4, ordin.
penit.) che il regime piu'  tollerante  si  applica  anche  al  padre
detenuto,  qualora  la  detenzione  domiciliare  speciale  sia  stata
concessa a questo in luogo della madre. 
    Invece, l'art. 47-ter, comma 8, ordin. penit.,  con  disposizione
dettata per tutte le categorie di detenuti  ammessi  alla  detenzione
domiciliare "ordinaria", stabilisce semplicemente che  il  condannato
che  si  allontana  dalla  propria  abitazione  e'  punito  ai  sensi
dell'art. 385 cod. pen. Per  questi  casi,  quindi,  anche  un  breve
ritardo rispetto alle prescrizioni che  accompagnano  la  concessione
della detenzione domiciliare "ordinaria" - e quale che sia la ragione
di esso - integra il reato di evasione. 
    Investita di una questione relativa alla ragionevolezza  di  tale
piu'  severo  trattamento   sanzionatorio   dell'allontanamento   dal
domicilio, con riferimento ad una  madre  in  detenzione  domiciliare
"ordinaria", questa Corte, con la gia' citata  sentenza  n.  177  del
2009,  ha  innanzitutto  affermato   che   costituisce   un   tertium
comparationis  omogeneo  e  pertinente  la  corrispondente,  ma  piu'
flessibile, disciplina degli allontanamenti dal domicilio applicabile
alla madre che  si  trovi  in  detenzione  domiciliare  speciale.  E,
riconosciuta  l'identica   finalita'   perseguita   dal   legislatore
attraverso  le  norme  che  regolano  le  due  forme  di   detenzione
domiciliare, sottolineato altresi' il paradosso  che  il  trattamento
piu' severo riguardasse madri che hanno da scontare  pene  inferiori,
ha   conseguentemente   affermato   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a), ordin. penit., nella parte  in
cui non prevede l'applicazione del trattamento piu' flessibile  anche
agli   allontanamenti   della   madre   in   detenzione   domiciliare
"ordinaria". 
    2.2.- Il medesimo ragionamento non  puo'  che  essere  esteso  al
raffronto del trattamento penale degli allontanamenti  dal  domicilio
dei detenuti padri, che il giudice a quo  propone  nell'ordinanza  di
rimessione qui in esame. D'altro canto - a prescindere  da  ulteriori
differenze, qui non  rilevanti,  in  ordine  ai  presupposti  per  la
concessione al padre della detenzione domiciliare "ordinaria"  ovvero
di quella speciale (sulle quali, in particolare, ordinanza n. 211 del
2009) - una volta che questi sia ammesso ad una di tali  misure,  non
puo' che essergli applicato il medesimo regime previsto per la madre. 
    Stante la gia' ricordata, identica  finalita'  dei  due  istituti
relativi alla detenzione domiciliare, in quanto applicati a  genitori
con figli minori di dieci anni, non puo' pertanto che ripetersi  come
sia priva di giustificazione, anche in  relazione  al  padre  che  si
trovi in detenzione domiciliare  "ordinaria"  per  esigenze  di  cura
della prole, la maggior severita' del regime  sanzionatorio  previsto
dalle disposizioni censurate. Per queste ultime,  infatti,  anche  un
breve  ritardo  rispetto  alle  prescrizioni  che   accompagnano   la
concessione della detenzione domiciliare, e quale che sia la  ragione
di  esso,  integra  il  reato  di  evasione.  E  la  loro   manifesta
irragionevolezza emerge proprio al cospetto  della  duttilita'  della
disciplina disegnata  invece  dal  legislatore  in  riferimento  alle
assenze  ingiustificate  dei   genitori   ammessi   alla   detenzione
domiciliare speciale, ai cui sensi solo l'assenza protratta oltre  le
dodici ore integra il reato di cui all'art. 385,  primo  comma,  cod.
pen. Anche nel caso in esame, poi,  non  puo'  che  sottolinearsi  il
paradosso che il  trattamento  piu'  severo  dell'allontanamento  dal
domicilio  si  applichi  al  genitore   in   detenzione   domiciliare
"ordinaria", che ha da scontare una pena inferiore rispetto a  quella
inflitta a un padre ammesso alla detenzione domiciliare speciale. 
    In definitiva, valgono  per  il  padre  ammesso  alla  detenzione
domiciliare "ordinaria", al fine di prendersi  cura  della  prole  in
tenera eta', le stesse esigenze naturalmente connesse alle  attivita'
rese indispensabili dalla cura dei bambini,  come  per  il  padre  in
detenzione domiciliare speciale. Tali esigenze possono,  allo  stesso
modo, imporre l'allontanamento dal domicilio e  risentono  anch'esse,
inevitabilmente, delle contingenze e degli imprevisti  derivanti  dal
soddisfacimento dei bisogni dei minori (come per esempio la frequenza
scolastica, le cure mediche, le attivita'  ludiche  e  socializzanti:
sentenza  n.  177  del   2009).   Ed   e'   pertanto   manifestamente
irragionevole che anche agli allontanamenti dal domicilio  del  padre
in tale condizione non si applichi il piu' flessibile regime previsto
dall'art. 47-sexies, commi 2 e 4, ordin. penit. 
    2.3.- L'art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit. prevede, tra  i
requisiti per la concessione della detenzione  domiciliare  speciale,
la verifica che non sussiste un concreto pericolo di  commissione  di
ulteriori delitti. Accanto alla maggiore comprensione per le esigenze
inerenti al rapporto tra genitori e figli  in  tenera  eta',  che  si
manifesta nel piu' duttile trattamento  penale  degli  allontanamenti
dal domicilio, la legge prevede pertanto, prima della concessione del
beneficio,  la  formulazione  di  una  ragionevole  prognosi  di  non
recidiva. Tale punto di equilibrio tra esigenze di difesa sociale, da
una parte, e considerazione dei bisogni dei minori e delle  attivita'
genitoriali destinate a soddisfarli, dall'altra, costituisce  aspetto
essenziale di un istituto, quale la detenzione  domiciliare  speciale
disegnata dagli artt. 47-quinquies e  47-sexies  ordin.  penit.,  che
obbedisce ad una «logica unitaria e indivisibile»  (sentenza  n.  177
del 2009). 
    Pertanto, proprio alla luce di tale logica, nella sentenza n. 177
del 2009, estendendo alla madre in detenzione domiciliare "ordinaria"
la  piu'  favorevole  disciplina  dettata  per   gli   allontanamenti
ingiustificati di quella in detenzione domiciliare  speciale,  questa
Corte  ritenne  indispensabile  abbinare  a  tale  estensione   anche
l'esplicita previsione della prognosi che non  sussista  un  concreto
pericolo di commissione di ulteriori delitti. 
    Non sussistono ragioni per non ribadire tale necessita' anche  in
occasione della estensione del regime di maggior favore al  padre  in
detenzione domiciliare "ordinaria". 
    Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
47-ter, comma 1, lettera b), e 8 ordin. penit., nella  parte  in  cui
non limita la punibilita', ai sensi dell'art. 385 cod. pen., al  solo
allontanamento  che  si  protragga  per  piu'  di  dodici  ore,  come
stabilito dall'art. 47-sexies, commi 2 e 4, della medesima legge, sul
presupposto, di cui al precedente art. 47-quinquies, comma 1, che non
sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.