ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  32,  comma
7-ter, secondo periodo, del  decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69
(Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni, nella  legge  9  agosto  2013,  n.  98,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di  giudice  del  lavoro,
nel  procedimento   instaurato   da   MA.GE.MA.   societa'   agricola
cooperativa contro  l'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale
(INPS) e contro l'Istituto nazionale per l'assicurazione  contro  gli
infortuni sul lavoro (INAIL), con ordinanza  del  22  febbraio  2018,
iscritta al n. 100 del registro ordinanze  2018  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  28,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di costituzione dell'INPS e dell'INAIL; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  5  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato Carla D'Aloisio per l'INPS e l'avvocato  Lorella
Frascona' per l'INAIL. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 22 febbraio 2018, iscritta al  n.  100  del
registro ordinanze  2018,  il  Tribunale  ordinario  di  Ravenna,  in
funzione di giudice del lavoro, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt.  3  e  24  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  32,  comma  7-ter,  secondo  periodo,  del
decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9
agosto 2013, n. 98, il quale esclude  la  ripetizione  «di  eventuali
versamenti contributivi  effettuati»  prima  dell'entrata  in  vigore
della disposizione censurata. 
    1.1.- Il rimettente espone di dover decidere sui ricorsi  di  una
societa' agricola cooperativa a scopo mutualistico, che ha dedotto di
avere «per  oggetto  la  lavorazione,  macellazione,  trasformazione,
conservazione e vendita di carni animali» e di annoverare tra i  soci
«tutte aziende agricole, che effettuano  l'attivita'  di  allevamento
presso aziende  di  proprieta'  o  si  servono  dello  strumento  del
contratto di affitto o di soccida per acquisire la disponibilita' del
bene-terra da sfruttare, che puo'  essere  ubicato  in  territori  di
pianura, di montagna o aree svantaggiate». 
    Nel ricostruire gli antecedenti della controversia, il rimettente
specifica che l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ha
dapprima  rimborsato  i  contributi  pagati  dal  1996  al  2005  «in
riferimento alla lavorazione dei prodotti conferiti» dai  soci  della
societa' ricorrente e provenienti da  territori  montani  e  da  aree
svantaggiate, in applicazione dell'art. 9 della legge 11 marzo  1988,
n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)». 
    I benefici contributivi sarebbero  stati  successivamente  negati
«per i prodotti che, benche' conferiti direttamente  dai  soci  della
cooperativa, provengono da soggetti terzi, in virtu' di contratti  di
tipo associativo con il  socio  della  cooperativa,  ma  estranei  al
rapporto societario», sulla scorta di un'interpretazione  restrittiva
dell'art. 9 della legge n. 67 del  1988  (Messaggio  INPS  18  maggio
2012,  n.  8594),  che  ha   indotto   l'istituto   previdenziale   a
intraprendere nei confronti della societa'  ricorrente  un'azione  di
ripetizione dei contributi indebitamente restituiti. 
    L'art. 32, comma 7-ter, del d.l. n.  69  del  2013,  nell'offrire
l'interpretazione autentica dell'art. 9, comma 5, della legge  n.  67
del 1988, ha riconosciuto il pagamento dei contributi previdenziali e
assicurativi in misura ridotta anche a favore delle cooperative e dei
consorzi che non operano in zone  svantaggiate  e  di  montagna,  «in
misura proporzionale alla quantita' di prodotto coltivato o  allevato
dai propri soci, anche avvalendosi  di  contratti  agrari  di  natura
associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile,
in zone di montagna o svantaggiate e successivamente  conferito  alla
cooperativa». La disciplina interpretativa  ha  tuttavia  escluso  la
«ripetizione di eventuali versamenti contributivi  effettuati»  prima
della sua entrata in vigore (avvenuta il 21 agosto 2013). 
    La  parte  ricorrente  nel  giudizio  principale  ha  chiesto  la
restituzione dei contributi  previdenziali  che  asserisce  di  avere
indebitamente  versato  all'INPS  e  dei  contributi  e   dei   premi
assicurativi  che  avrebbe  corrisposto  all'Istituto  nazionale  per
l'assicurazione contro gli infortuni sul  lavoro  (INAIL)  in  misura
superiore al dovuto. A fondamento di tale richiesta, la  societa'  ha
eccepito   l'illegittimita'   costituzionale   della   normativa   di
interpretazione   autentica   che,   pur   provvista   di   efficacia
retroattiva, nega il rimborso delle somme gia' indebitamente versate. 
    1.2.- Il giudice a quo  reputa  impraticabile  un'interpretazione
adeguatrice della disposizione citata, perche' contraddistinta da  un
significato inequivocabile. 
    1.3.- In  punto  di  rilevanza  delle  questioni,  il  rimettente
evidenzia che la cooperativa ha versato i «contributi previdenziali e
assistenziali»  senza  beneficiare  degli   sgravi   concessi   dalla
normativa di interpretazione autentica anche alle cooperative che, al
pari della parte ricorrente nel giudizio principale, non  hanno  sede
in zone svantaggiate o di montagna, ma sono «conferitarie di prodotti
coltivati o allevati» dai soci, anche mediante  contratti  agrari  di
natura associativa, nelle zone svantaggiate o di montagna. 
    Il giudice a quo riferisce che e' stata espletata una  consulenza
tecnica d'ufficio, allo scopo di accertare  l'entita'  rilevante  dei
contributi che l'INPS  e  l'INAIL,  in  mancanza  della  disposizione
censurata, sarebbero obbligati a restituire. 
    1.4.- In punto  di  non  manifesta  infondatezza  delle  medesime
questioni, il rimettente muove dalla  premessa  che  la  disposizione
censurata   abbia   natura   interpretativa,    e    conseguentemente
retroattiva, alla luce del significato letterale e della finalita' di
appianare un reale contrasto  sulla  corretta  interpretazione  della
disciplina. 
    La disposizione in esame, che dovrebbe applicarsi in via generale
anche alle situazioni pregresse, si  porrebbe  in  contrasto  con  il
principio  di  eguaglianza,  in  quanto   «ha   discriminato,   senza
ragionevole motivo, due situazioni sostanzialmente  identiche,  ossia
la posizione di chi ha pagato i contributi non dovuti  da  quella  di
chi non ha pagato i contributi non dovuti,  escludendo  per  i  primi
l'applicazione della norma interpretativa retroattiva». 
    Sarebbe  violato  anche  il  principio  di  ragionevolezza,  «per
contraddittorieta' intrinseca tra la complessiva finalita' perseguita
dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata». Il
legislatore, pur qualificando un  versamento  contributivo  come  non
dovuto,  lo  sottrae  in  pari  tempo   all'azione   di   ripetizione
dell'indebito. Disposizioni strutturate in maniera analoga  sarebbero
state gia' dichiarate incostituzionali da questa Corte (si citano  le
sentenze n. 320 del 2005, n. 416 del 2000 e n. 421 del 1995). 
    La disposizione censurata sarebbe lesiva  anche  del  diritto  di
azione  tutelato   dall'art.   24   Cost.,   poiche'   riconoscerebbe
«l'esistenza  di  un  diritto  privo  di  qualsiasi  possibilita'  di
azione». 
    2.- Con atto depositato il  26  luglio  2018,  si  e'  costituito
l'INPS e  ha  chiesto  di  dichiarare  irrilevanti,  inammissibili  e
comunque  infondate  le  questioni  di  legittimita'   costituzionale
sollevate dal Tribunale ordinario di Ravenna. 
    Le questioni sarebbero inammissibili per carente  motivazione  in
punto di rilevanza. L'INPS sostiene, infatti, che il  rimettente  non
abbia motivato in maniera  adeguata  sui  presupposti  dello  sgravio
contributivo, che postula la qualita' di datore di lavoro agricolo  e
il pagamento  della  contribuzione  nella  misura  ordinaria  e  alla
naturale  scadenza.  Tale  pagamento  sarebbe  stato   specificamente
contestato, anche sulla scorta di precise risultanze documentali. 
    Le questioni, nel merito, non sarebbero fondate. L'INPS evidenzia
che  non  e'  precluso  al  legislatore,  nell'ambito  di  una  legge
interpretativa,  far  salvi  con  valenza   generale   i   versamenti
contributivi effettuati prima dell'entrata in vigore della legge,  in
modo da non mettere a repentaglio «il bilancio dello Stato». 
    3.- In data 30 luglio 2018, si e' costituito l'INAIL e ha chiesto
di dichiarare l'inammissibilita' o la  manifesta  infondatezza  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  proposte  dal  Tribunale
ordinario di Ravenna. 
    Con la disposizione censurata il legislatore non  avrebbe  inteso
comporre  contrasti   interpretativi,   ma   soltanto   ampliare   il
preesistente   beneficio   contributivo,   senza   alcuna   efficacia
retroattiva. La scelta del legislatore  di  chiarire  il  significato
della disciplina degli sgravi contributivi e di disporre soltanto per
il futuro l'applicazione di tale normativa non sarebbe  irragionevole
e non sarebbero pertinenti i richiami alla giurisprudenza  di  questa
Corte sulle diverse fattispecie delle imposte  e  delle  agevolazioni
tributarie, che non possono essere poste a raffronto con i  peculiari
premi INAIL. 
    L'accoglimento   delle   questioni   obbligherebbe   l'INAIL   «a
restituire ingenti somme alle ditte che hanno regolarmente  pagato  i
premi (per importi pari a diversi milioni di  euro),  senza  che  sia
stata   prevista   alcuna   norma   di   copertura   finanziaria»   e
determinerebbe la necessita' di «aumentare i premi alle  altre  ditte
del medesimo settore operanti anche in altre regioni»,  in  contrasto
con i «principi di eguaglianza, concorrenza e ragionevolezza». 
    Sarebbe  proprio  l'estensione  dei   benefici,   auspicata   dal
rimettente,  a  generare  disparita'  di  trattamento  e  conseguenze
irragionevoli, «privilegiando chi ha intentato azione giurisdizionale
pur in  assenza  di  una  norma  che  consentiva  l'applicazione  del
beneficio» e  incidendo  sui  rapporti  esauriti,  connessi  al  gia'
effettuato pagamento dei contributi. 
    4.- In vista  dell'udienza,  l'INPS  ha  depositato  una  memoria
illustrativa, per confermare le conclusioni gia' rassegnate. 
    Secondo  l'INPS,  l'art.  9  della  legge  n.  67  del  1988   ha
introdotto, a favore dei  datori  di  lavoro  agricoli,  uno  sgravio
contributivo, che rappresenta pur sempre una  disciplina  derogatoria
ed eccezionale, di stretta interpretazione. 
    La giurisprudenza di questa  Corte,  richiamata  dal  rimettente,
riguarderebbe fattispecie diverse,  in  cui,  sin  dall'origine,  non
sussisteva alcuna obbligazione.  La  cooperativa  ricorrente,  «prima
dell'entrata in vigore della disposizione  innovativa  con  efficacia
retroattiva» introdotta dal d.l. n. 69 del 2013, non  avrebbe  potuto
beneficiare degli sgravi contributivi e, al  tempo  dell'adempimento,
sarebbe stata pertanto obbligata a corrispondere i contributi  «nella
misura ordinaria». 
    Nella prospettiva dell'INPS, tale interpretazione garantisce  che
le risorse pubbliche siano destinate soltanto «a  quelle  fattispecie
esonerative  successive  all'entrata  in  vigore  della  disposizione
ampliativa dell'ambito di  efficacia  soggettiva  della  disposizione
dettata dal comma quinto dell'art. 9 della l. n. 67 del 1988» 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del
lavoro, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione,
della legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 7-ter,  secondo
periodo, del  decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69  (Disposizioni
urgenti   per   il   rilancio   dell'economia),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, il quale esclude  la
restituzione «di eventuali versamenti contributivi effettuati»  prima
dell'entrata in vigore - il 21 agosto 2013 -  della  disposizione  in
esame, che definisce, anche per il passato, i presupposti per  godere
degli sgravi contributivi riguardanti le zone agricole svantaggiate o
di montagna. 
    Pur dettando una norma interpretativa, che si dovrebbe  applicare
in via generale  anche  alle  situazioni  pregresse,  il  legislatore
escluderebbe la portata retroattiva della previsione  per  chi  abbia
gia'  effettuato  i  versamenti   contributivi   relativi   a   somme
«sicuramente non piu' dovute». 
    Il rimettente assume che l'irripetibilita'  dei  contributi  gia'
versati contrasti con l'art. 3 Cost., sotto un duplice profilo. 
    Sarebbe  anzitutto  violato  il  principio  di  eguaglianza.   Il
legislatore  sottoporrebbe  a  un  trattamento  diversificato  «senza
ragionevole motivo, due situazioni sostanzialmente  identiche,  ossia
la posizione di chi ha pagato i contributi non dovuti» e  «quella  di
chi non ha pagato i contributi non dovuti,  escludendo  per  i  primi
l'applicazione della norma interpretativa retroattiva». 
    La disposizione censurata entrerebbe in conflitto  anche  con  il
principio di ragionevolezza. Il rimettente, a tale riguardo,  ravvisa
una  «contraddittorieta'  intrinseca  tra  la  complessiva  finalita'
perseguita dal legislatore e la  disposizione  espressa  dalla  norma
censurata»  e  osserva   che   il   legislatore   incorre   in   «una
contraddizione  formale»,  nell'escludere  la  restituzione   di   un
versamento contributivo, che pure qualifica come indebito. 
    Il rimettente denuncia anche  il  vulnus  al  diritto  di  azione
tutelato dall'art. 24 Cost. e argomenta, a sostegno di tale  censura,
che la legge nega l'azione volta a tutelare un diritto che, pure,  in
astratto  riconosce   sul   piano   sostanziale.   Ne   conseguirebbe
«l'esistenza  di  un  diritto  privo  di  qualsiasi  possibilita'  di
azione». 
    2.- L'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS)  ha
eccepito, in linea preliminare, l'inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale  per  carente  motivazione  in  punto  di
rilevanza. Il rimettente, infatti, non avrebbe fornito  ragguagli  di
sorta sul tempestivo pagamento dei contributi nella misura ordinaria,
che rappresenta un presupposto imprescindibile per beneficiare  degli
sgravi  richiesti.  Tale  elemento   sarebbe   stato   specificamente
contestato  dall'INPS  e  sarebbe   contraddetto   dalle   risultanze
documentali acquisite. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Con una motivazione che supera il vaglio di  non  implausibilita'
demandato a questa Corte sul requisito della rilevanza, il giudice  a
quo osserva che e'  proprio  l'irripetibilita'  dei  versamenti  gia'
effettuati  prima  dell'entrata  in  vigore  della   disposizione   a
precludere  in  radice  l'accoglimento  della  domanda.   In   questa
prospettiva, si coglie  la  necessita'  di  fare  applicazione  della
previsione censurata, con la  conseguente  rilevanza  del  dubbio  di
costituzionalita' prospettato (sentenza n. 20 del 2018, punto 2.  del
Considerato in diritto). 
    La rilevanza  non  interferisce  con  il  diverso  profilo  della
fondatezza della domanda, che il rimettente potra' esaminare  -  alla
luce delle contrapposte argomentazioni delle  parti  -  soltanto  una
volta che  sia  rimosso  il  radicale  divieto  di  ripetizione,  che
impedisce ogni valutazione di merito circa  la  pretesa  restitutoria
avanzata. 
    3.- Le questioni riferite all'art. 3 Cost. sono fondate. 
    4.- La disposizione censurata, nella sua formulazione  letterale,
offre un'interpretazione autentica dell'art. 9, comma 5, della  legge
11 marzo 1988, n. 67, recante «Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)»,
che disciplina in modo dettagliato gli sgravi spettanti ai datori  di
lavoro agricolo attivi nelle  zone  montane  o  nelle  zone  agricole
svantaggiate. 
    Nell'applicazione di tale disciplina, si erano registrate  talune
incertezze. Il Messaggio INPS 3 marzo 2006, n. 6613 aveva consolidato
l'interpretazione piu' ampia e aveva  riconosciuto  i  benefici  alle
cooperative e ai loro consorzi di trasformazione  anche  «qualora  le
attivita'  di  trasformazione,  manipolazione  e  commercializzazione
avvengano in territori diversi da quelli di provenienza del  prodotto
oggetto delle suddette attivita'». Il successivo  Messaggio  INPS  18
maggio  2012,  n.  8594  aveva   invece   preferito   un'applicazione
restrittiva degli sgravi in  esame.  L'INPS,  in  particolare,  aveva
affermato che le agevolazioni  non  spettano  «per  i  prodotti  che,
benche' conferiti dai soci della cooperativa, provengono da  soggetti
terzi, in virtu' di contratti di tipo associativo con il socio  della
cooperativa, ma estranei al rapporto societario». 
    L'art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del d.l. n. 69 del 2013,
come convertito nella legge n. 98 del 2013, nel fugare le  incertezze
interpretative, accorda il pagamento in misura ridotta dei contributi
previdenziali e assicurativi anche alle cooperative e ai consorzi che
non operano in zone agricole svantaggiate o di  montagna,  in  misura
proporzionale alla  quantita'  del  prodotto  conferito  che  i  soci
abbiano coltivato o allevato in tali  territori,  anche  mediante  la
stipulazione di contratti agrari di natura associativa. 
    Il  legislatore  attribuisce  dunque   rilievo   dirimente   alla
provenienza del prodotto da zone di montagna o svantaggiate. Ai  fini
del godimento dello sgravio, e' ininfluente che le  cooperative  e  i
consorzi non operino in zone agricole svantaggiate o  di  montagna  e
che i soci, riguardo al prodotto successivamente  conferito,  abbiano
stipulato contratti agrari di natura associativa. Quel che rileva  e'
la provenienza del prodotto,  secondo  una  scelta  coerente  con  la
finalita' di  promozione  che  il  legislatore  discrezionalmente  si
prefigge  nel  valutare  mutevoli   situazioni   di   svantaggio   di
particolari territori  (sentenza  n.  354  del  1992,  punto  3.  del
Considerato in diritto, e ordinanza n. 184 del 1999). 
    Il legislatore ristabilisce dunque l'originaria  interpretazione,
accreditata dal Messaggio INPS 3 marzo 2006, n.  6613,  sulla  scorta
delle precisazioni gia' racchiuse «nelle circolari ex SCAU n. 13  del
1984 e n. 28 del 1985». In tal modo, la disposizione censurata,  dopo
un breve lasso di tempo, supera  l'orientamento  rigoroso,  affermato
dall'ente  previdenziale  nel  maggio  2012,  in  contrasto  con  una
risalente prassi di segno diverso. 
    5.- Tali rilievi conducono a ritenere corretta  la  premessa  del
rimettente  circa  il  carattere  interpretativo  della  disposizione
censurata, avvalorato non soltanto dalla espressa qualificazione  che
la legge racchiude, ma soprattutto dalle finalita' che la  disciplina
si propone. 
    A fronte di interpretazioni diverse  di  un  dato  normativo  non
sempre univoco, il legislatore fissa  un  significato  conforme  alla
ratio  dei  benefici,  nell'intento   di   superare   un'applicazione
riduttiva degli stessi (Messaggio INPS 1°  ottobre  2013,  n.  15570,
Istruzioni operative, e Circolare INAIL  16  dicembre  2013,  n.  60,
punto 3.). 
    La  legge  interpretativa,  che  incide  inequivocabilmente   sui
rapporti  pendenti,  applica  anche  alle  fattispecie  pregresse  il
significato normativo che il legislatore sceglie di enucleare tra  le
plausibili varianti di senso di una determinata previsione. 
    Tuttavia, nel caso di specie, il legislatore sancisce  un  limite
alla efficacia retroattiva della norma di interpretazione  autentica,
disponendo l'irripetibilita' dei versamenti  contributivi  effettuati
nella misura ordinaria prima dell'entrata in vigore della  disciplina
interpretativa (21 agosto 2013). 
    6.- Tale limitazione,  che  non  puo'  essere  superata  con  una
interpretazione adeguatrice, contrasta con l'art. 3 Cost.,  sotto  il
profilo della violazione del principio di eguaglianza e del canone di
ragionevolezza. 
    6.1.-  Il  legislatore  ben   potrebbe   introdurre   un   regime
contributivo  piu'  favorevole,  senza  estenderne  gli  effetti   al
passato, con cio' esercitando la sua prudente discrezionalita'.  Come
questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare,  sarebbe  tuttavia
irragionevole  una  disciplina  di  interpretazione   autentica   che
qualificasse un versamento come non dovuto fin dall'origine e in pari
tempo  escludesse  la  ripetizione   degli   importi   gia'   versati
«nell'apparente   adempimento   della   (in   realta'    inesistente)
obbligazione» (sentenza n. 82 del 2013, punto 3. del  Considerato  in
diritto). 
    Proprio con riguardo ai versamenti contributivi, questa Corte  ha
censurato la contraddizione formale che si insinua in una  disciplina
cosi' congegnata (sentenza n. 421 del 1995, punto 5. del  Considerato
in  diritto).  Oltre  che   intrinsecamente   contraddittoria,   tale
disciplina  e'  foriera   di   una   ingiustificata   disparita'   di
trattamento, come e' stato precisato sempre  da  questa  Corte  nello
scrutinio  di  una  normativa  che  estendeva  anche  al  passato   i
versamenti  contributivi  in  misura  ridotta  e  tuttavia  stabiliva
l'irripetibilita' dei versamenti gia' eseguiti  nella  misura  intera
(sentenza n. 292 del 1997, punto 2. del Considerato in diritto). 
    Tali  principi,  affermati  dapprima  in   tema   di   versamenti
contributivi, si attagliano  in  chiave  piu'  generale  a  tutte  le
prestazioni patrimoniali (sentenza n. 227 del 2009), come ha chiarito
la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 330 del 2007,
n. 234 del 2006 e n. 320  del  2005),  che  ha  tracciato  un  chiaro
discrimine rispetto alla diversa fattispecie del condono. Le norme di
sanatoria, in materia previdenziale o fiscale, «lungi dal rendere non
dovuti (o dovuti in misura inferiore)  i  pagamenti  effettuati»,  si
limitano a  incentivare  i  pagamenti  non  ancora  effettuati,  «per
ragioni connesse ad esigenze della finanza pubblica» (sentenza n. 416
del 2000, punto 5.3. del Considerato in  diritto)  e,  pertanto,  non
possono che applicarsi «a coloro che ancora debbono regolarizzare  la
propria posizione» (ordinanza n. 303 del 1997). 
    6.2.- La  norma  denunciata  esclude  sin  dall'origine,  per  le
cooperative e i consorzi che comunque ricevano  prodotti  provenienti
da zone agricole svantaggiate o di montagna, l'obbligo  di  pagare  i
contributi previdenziali e assicurativi nella  misura  intera.  Essa,
tuttavia, preclude irragionevolmente la  ripetizione  dei  contributi
che, prima dell'entrata in vigore della disposizione  interpretativa,
siano stati gia' corrisposti in misura  superiore  al  dovuto,  cosi'
incorrendo in una palese contraddizione. 
    Per tale  disparita'  di  trattamento  non  si  riscontra  alcuna
giustificazione nella peculiarita' dell'obbligazione  contributiva  e
dell'agevolazione   corrispondente.   La   particolare    modulazione
temporale della disciplina pregiudica il datore  di  lavoro  che  sia
stato sollecito nell'adempiere al proprio debito e premia chi,  nella
medesima situazione, non abbia eseguito alcun pagamento. 
    L'intervenuto pagamento, dato contingente ed estrinseco  rispetto
alla ratio del beneficio, diviene irragionevole  elemento  distintivo
di fattispecie omogenee. Al trattamento deteriore dell'obbligato, che
abbia scelto di uniformarsi  ai  tempi  prescritti  dalla  legge,  fa
riscontro una disciplina di incongruo privilegio per chi abbia invece
procrastinato il pagamento dell'importo dovuto e  si  trovi  cosi'  a
beneficiare dell'agevolazione estesa dalla  legge  anche  ai  periodi
gia' trascorsi. 
    7.- Si deve dichiarare, pertanto, l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del d.l. n. 69 del  2013,
il quale dispone che «Non si da' luogo alla ripetizione di  eventuali
versamenti contributivi  effettuati  antecedentemente  alla  data  di
entrata in vigore della presente disposizione». 
    7.1.- Restano assorbite le ulteriori  censure,  incentrate  sulla
violazione dell'art. 24 Cost.