ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre
2014, n. 190, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'  2015)»,
promossi dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Abruzzo, con  tre  ordinanze  del  16  marzo  2018,  iscritte
rispettivamente ai numeri. 83, 84 e 120 del registro ordinanze 2018 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 23 e  37,
prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di costituzione  del  Comune  di  Teramo  e  della
Societa' di gestione entrate e tributi (SOGET) spa, nonche' gli  atti
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella udienza pubblica  del  5  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    uditi gli avvocati Cosima Cafforio per  il  Comune  di  Teramo  e
Alfonso Celotto per la SOGET spa. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con tre ordinanze di analogo tenore del 16 marzo 2018 (r.  o.
numeri  83,  84  e  120  del  2018),  la  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale per la Regione Abruzzo,  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 687, secondo  periodo,
e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2015)», in riferimento agli artt. 3,
24, 53, 81, 97, 103, 111 (questo in relazione all'«art. 6  CEDU  come
ripreso dall'art. 47 Carta UE») e 119, primo, secondo e quarto comma,
della Costituzione. 
    La disciplina  censurata,  in  sintesi,  stabilisce:  a)  che  il
controllo delle comunicazioni di inesigibilita' relative  alle  quote
affidate agli agenti della riscossione dal  1°  gennaio  2000  al  31
dicembre 2017 puo' essere avviato solo decorsi i termini previsti dal
comma 684 del medesimo art. 1 della legge n. 190 del 2014, anche  con
riguardo alle comunicazioni presentate  anteriormente  alla  data  di
entrata in vigore della citata legge,  poiche'  integrabili  entro  i
medesimi termini previsti per la loro presentazione; b) che le  quote
inesigibili, di valore inferiore o pari a 300 euro -  con  esclusione
di quelle afferenti alle risorse proprie tradizionali di cui all'art.
2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom  del
Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom  del  Consiglio,
del 26 maggio 2014 -  non  sono  assoggettate  al  controllo  di  cui
all'art. 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112  (Riordino
del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della  delega
prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337). 
    2.- La Sezione regionale per l'Abruzzo della Corte dei  conti  e'
stata chiamata a  decidere  tre  distinti  giudizi  instaurati  dalla
Societa' di gestione entrate e tributi (SOGET) spa  che,  definendosi
«agente della riscossione», ha  impugnato,  ai  sensi  dell'art.  20,
comma 4, del d.lgs. n. 112 del 1999, i provvedimenti  definitivi  con
cui l'«ente creditore» Comune di Teramo aveva rifiutato il  discarico
per inesigibilita'  di  quote  iscritte  a  ruolo  ed  affidate  alla
suddetta societa' per azioni. 
    Quanto alla rilevanza, i giudici rimettenti premettono, in  punto
di fatto,  che:  a)  le  controversie  riguardano  quote  relative  a
«partite di somme iscritte a  ruolo,  a  vario  titolo»,  concernenti
annualita' dal 2000 al 2014 (relativamente al giudizio di cui  al  r.
o. n. 83 del 2018) ovvero dal 2000 al 2008 (relativamente ai  giudizi
di cui al r. o. n. 84 e n. 120 del 2018), e comprendono  anche  quote
di valore non superiore a 300 euro; b) alla tesi  sostenuta  nei  tre
giudizi principali dalla societa' ricorrente  -  secondo  cui,  nella
specie, per le quote di valore superiore a 300 euro, l'ente creditore
non avrebbe potuto, fino alla decorrenza  dei  termini  previsti  dal
citato  comma  684,  avviare  il  controllo  sulle  comunicazioni  di
inesigibilita', concernenti i  ruoli  consegnati  oggetto  di  causa,
presentate prima dell'entrata in vigore della legge n. 190 del 2014 -
aveva aderito il pubblico ministero, mentre aveva resistito il Comune
di Teramo, costituitosi in detti giudizi. 
    2.1.- I giudici rimettenti premettono, in punto di  diritto,  che
«[l]a  normativa  di   riferimento   e'   pacificamente   rinvenibile
nell'articolo 1 della legge 23 dicembre  2014  n.  190»,  per  cui  i
termini previsti dal primo periodo del comma 684  dell'art.  1  della
legge n. 190 del 2014 (richiamati dal secondo periodo del  comma  687
dello stesso art. 1) e modificati in  corso  di  causa  dall'art.  1,
comma  10-quinquies,  del  decreto-legge  16  ottobre  2017,  n.  148
(Disposizioni  urgenti  in  materia  finanziaria   e   per   esigenze
indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre
2017, n. 172, si applicano alle fattispecie  oggetto  delle  cause  a
quibus. Ritengono, inoltre, non praticabile, data la chiarezza  della
lettera della legge, l'interpretazione  costituzionalmente  orientata
delle  disposizioni  denunciate  propugnata  dal  Comune  di  Teramo,
secondo  il  quale,  il  differimento  del  termine  ultimo  per   la
presentazione della domanda di  discarico  non  impedirebbe  all'ente
creditore   di   esercitare   il   controllo    sull'attivita'    del
concessionario  e  l'esclusione  delle  quote   fino   a   300   euro
dall'assoggettamento al controllo sarebbe esclusivamente funzionale a
esentare  da  responsabilita'  amministrativa  e   contabile   l'ente
creditore che non lo esercitasse. 
    3.- Quanto alla non manifesta infondatezza, i  giudici  a  quibus
svolgono considerazioni  articolate,  richiamando,  con  funzione  di
premessa argomentativa alle censure di legittimita', alcuni  passaggi
della deliberazione  della  Corte  dei  conti,  sezione  centrale  di
controllo  sulla  gestione  delle  amministrazioni  dello  Stato,  20
ottobre 2016, n. 11/2016/G, secondo  la  quale  «l'esistenza  di  una
consistente mole di arretrati ha indotto a disporre ripetutamente  il
differimento  dei  termini  di  presentazione  delle   comunicazioni,
rimodulando, in parallelo, quelli per il  controllo  da  parte  degli
enti creditori», per cui si e' «determinata  una  lievitazione  negli
anni  delle  quote  inesigibili,  con   una   conseguente   imponente
stratificazione delle partite creditorie da trattare (per gli  agenti
della riscossione) e da controllare (per gli  enti  impositori)»,  al
punto che «considerata la massa e la vetusta' delle quote inesigibili
accumulatesi nel tempo, non solo la possibilita' di riscossione delle
partite  piu'  risalenti  e'  assolutamente  modesta,  ma  e'   anche
improbabile un controllo effettivo delle procedure  poste  in  essere
dall'agente della  riscossione  da  parte  degli  uffici  degli  enti
impositori». 
    I  giudici  rimettenti  osservano  quindi  che,  con  le   citate
disposizioni dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014, «il legislatore
sembra aver abdicato, per i prossimi anni, alla tempestiva  vigilanza
sull'andamento delle riscossioni di crediti risalenti  nel  tempo»  e
conseguentemente ritengono che le norme sopra denunciate violerebbero
l'art. 3 Cost., in relazione al principio di ragionevolezza. Cio'  in
quanto, da un lato,  nel  regolare  la  procedura  di  discarico  per
inesigibilita'  dei  crediti  (sia  nella  fase  amministrativa   del
procedimento che in quella successiva giurisdizionale) esse prevedono
(con l'art. 1, comma 687, secondo periodo) un periodo di  sospensione
della definizione dei rapporti tra  ente  creditore  e  agente  della
riscossione di durata oggettivamente  abnorme  (tale  da  sfiorare  i
quaranta anni, per i ruoli del 2000, e i venti anni, per i ruoli  del
2008),  rendendo  l'agente  della  riscossione  non   interessato   a
presentare   la   comunicazione   di   inesigibilita'.    Dall'altro,
sottraggono al controllo dell'ente creditore  le  quote  affidate  di
valore unitario non superiore a 300 euro (art. 1, comma 688,  secondo
periodo), anche nelle ipotesi in cui tali quote  abbiano  un  ingente
valore cumulativo, impedendo cosi' all'ente creditore ogni  sindacato
sull'operato del proprio agente. 
    I  giudici  rimettenti  ritengono,  altresi',  che  le   suddette
disposizioni della legge n. 190 del 2014 si pongano in contrasto  con
gli artt. 24 e 103 Cost., perche'  impedirebbero  di  fatto,  per  un
tempo incongruamente lungo, di accedere alla  tutela  giurisdizionale
dinanzi al giudice contabile per definire la  posizione  patrimoniale
dell'ente creditore e, per le quote di valore  unitario  fino  a  300
euro, addirittura  precluderebbero  in  via  definitiva  e  non  solo
temporanea la possibilita' di accesso a detta tutela. 
    Rispetto poi  agli  artt.  111  Cost.  e  «6  CEDU  come  ripreso
dall'art. 47 Carta UE», i rimettenti ne assumono la  lesione  perche'
la disciplina  censurata,  posticipando  di  venti  o  quaranta  anni
l'eventuale processo davanti al giudice contabile,  non  garantirebbe
l'effettivita' della tutela giurisdizionale. 
    Essi ritengono,  inoltre,  che  le  due  menzionate  disposizioni
violerebbero sia l'art. 81 Cost., in quanto il rinvio «ad un  momento
futuro  eccessivamente  lontano»   dell'accertamento   dell'effettiva
riscuotibilita' di un credito  contrasterebbe  con  il  perseguimento
degli equilibri di finanza pubblica, sia  l'art.  97  Cost.,  perche'
rappresenterebbero «un ostacolo a che l'organizzazione pubblica possa
bene organizzarsi per assicurare una sana gestione finanziaria». 
    Quanto all'art. 53 Cost., i giudici a  quibus  affermano  che  la
disciplina censurata, disponendo la sospensione per lungo  tempo  dei
controlli dell'attivita' di riscossione ovvero  addirittura  la  loro
esclusione (per le  quote  di  valore  unitario  fino  a  300  euro),
contrasterebbe con  il  principio  di  effettivita'  della  capacita'
contributiva, perche' consentirebbe che l'attivita' di riscossione si
svolga in condizioni di non effettiva parita' nei confronti di  tutti
i contribuenti, tollerando situazioni di sottrazione  all'obbligo  di
contribuzione. 
    Infine, i giudici rimettenti denunciano la lesione dell'art. 119,
primo, secondo e quarto comma, Cost., in quanto l'applicazione  delle
due disposizioni  impedirebbe  all'ente  locale  creditore  di  avere
conoscenza delle risorse finanziarie effettivamente disponibili. 
    4.- In ciascuno dei tre giudizi di legittimita' costituzionale si
e' costituito il Comune di Teramo, ente creditore, ribadendo, in  via
principale,  l'interpretazione  costituzionalmente  orientata   delle
disposizioni denunciate disattesa dai rimettenti e chiedendo, in  via
subordinata, l'accoglimento delle questioni. 
    5.- La SOGET spa si e' costituita nei soli giudizi promossi dalle
ordinanze r. o. n. 83 e n. 84 del 2018, chiedendo  il  rigetto  delle
questioni, in quanto:  a)  i  nuovi  termini  di  integrazione  delle
comunicazioni di inesigibilita' di cui al comma 687 dell'art. 1 della
legge n. 190 del 2014 non violerebbero gli artt. 53, 81 e  97  Cost.,
essendo diretti a favorire le entrate pubbliche  e  non  il  soggetto
privato preposto alla riscossione, come  sarebbe  riconosciuto  anche
dalla «Nota di lettura sulle norme di interesse dei Comuni»  relativa
alla  legge  n.  190  del  2014,  redatta  dall'ufficio   legislativo
dell'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI);  b)  l'inibizione
dei controlli sulle quote fino a 300 euro comporterebbe  il  benefico
effetto di consentire l'intensificazione dei controlli per  le  quote
di importo maggiore  (come  sarebbe  precisato  anche  dall'«Atto  di
Sindacato  ispettivo»  del  Senato  della  Repubblica   n.   1-00413,
pubblicato il 5 maggio 2015 nella seduta n. 442);  c)  la  disciplina
denunciata costituirebbe il risultato di una ragionevole ponderazione
di valori costituzionalmente rilevanti, effettuata nell'ambito  della
discrezionalita' riservata al legislatore. 
    6.- Nei medesimi due giudizi e' intervenuta l'Avvocatura generale
dello Stato, chiedendo che venga  dichiarata  l'inammissibilita'  per
difetto di rilevanza e, in subordine, l'infondatezza delle questioni. 
    7.- Le parti hanno presentato  memorie  argomentando  a  sostegno
della  rilevanza  della  questione  e,  nel  merito,  limitandosi  ad
insistere per l'accoglimento delle gia' rese conclusioni. 
    In particolare la SOGET spa, riepilogata  l'evoluzione  normativa
relativa all'attivita' dei concessionari nazionali della  riscossione
fino  all'entrata  in  vigore  dell'art.  3,  del  decreto-legge   30
settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto  all'evasione  fiscale  e
disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) convertito,
con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248, precisa  che:
a) «[l]'attuale Soget s.p.a. Societa' Gestione Entrate e Tributi  (P.
IVA 01807790686) e', appunto, la societa'  soggetto  terzo  al  quale
SO.G.E.T. Societa' per la Gestione dell'esazione dei  Tributi  s.p.a.
(P. IVA 00274230945) cedeva le attivita' svolte in  concessione»;  b)
dallo stesso  art.  3,  comma  24,  del  d.l.  n.  203  del  2005  si
desumerebbe  che,  per  i  ruoli  consegnati  fino  alla   data   del
trasferimento, il rapporto con l'ente locale e' regolato  dal  d.lgs.
n. 112 del 1999, «[p]ertanto, anche qualora si dovesse  ritenere  che
la  Soget  non  sia  qualificabile  alla  stregua  di  "agente  della
riscossione", cio' nonostante la disciplina  oggi  in  esame  sarebbe
applicabile per esplicito rinvio». 
    8.- Con atto depositato il 16 gennaio 2019, l'Avvocatura generale
dello Stato ha rinunciato agli interventi, «stante la mancanza  della
relativa determinazione da parte del Presidente  del  Consiglio»  dei
ministri precisando che «il Presidente del Consiglio ha comunicato la
sua decisione di non intervenire nel giudizio di costituzionalita'». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la  Regione
Abruzzo,  con  tre  ordinanze  di   analogo   tenore   dubita   della
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 687, secondo  periodo,
e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2015)», in riferimento agli artt. 3,
24, 53, 81, 97, 103, 111 (questo in relazione all'art. «6  CEDU  come
ripreso dall'art. 47 Carta UE») e 119, primo, secondo e quarto comma,
della Costituzione. 
    Tali ordinanze sono  state  emesse  nel  corso  di  tre  distinti
giudizi promossi dalla societa' di riscossione Societa'  di  gestione
entrate e tributi  (SOGET)  spa  nei  confronti  dell'ente  creditore
Comune di Teramo avverso i provvedimenti con cui  quest'ultimo  aveva
rifiutato il discarico per inesigibilita' delle quote affidate per la
riscossione. 
    Ad avviso dei rimettenti le questioni  «rivestono,  all'evidenza,
carattere di pregiudizialita' logica e giuridica  rispetto  all'esame
di merito sull'effettiva inesigibilita' delle singole quote  e  sulle
relative  cause»  poiche'   «[l]a   normativa   di   riferimento   e'
pacificamente rinvenibile nell'articolo 1  della  legge  23  dicembre
2014, n. 190 [...] in particolare ai commi 684 e seguenti [...]». 
    In ordine alla non manifesta infondatezza,  i  giudici  a  quibus
motivano in modo unitario rispetto a entrambe  le  disposizioni,  che
vengono censurate nella parte in cui non si limitano a  prorogare  il
termine per la presentazione o l'integrazione delle comunicazioni  di
inesigibilita' dei crediti affidati agli agenti della riscossione dal
1° gennaio  2000  al  31  dicembre  2017,  ma  prevedono  anche:  «a)
l'impossibilita', per l'ente creditore, di  esercitare  il  controllo
sulle quote iscritte a ruolo fino alla scadenza dei termini in parola
(rinviando, cosi', l'azione di controllo fino  al  biennio  2038/2039
per i ruoli del 2000); b) in ogni caso, il divieto  di  sottoporre  a
controllo le quote di valore inferiore o pari a 300 euro». 
    In particolare, i rimettenti, con riferimento all'art.  3  Cost.,
lamentano l'irragionevolezza sia della previsione di  un  periodo  di
sospensione della definizione  dei  rapporti  tra  ente  creditore  e
agente della riscossione di durata oggettivamente abnorme, sia  della
sottrazione al controllo dell'ente creditore delle quote affidate  di
valore unitario non superiore a 300 euro (anche nelle ipotesi in  cui
tali quote abbiano un ingente valore cumulativo). 
    Essi lamentano inoltre che tale disciplina, in contrasto con  gli
artt.  24  e  103  Cost.,  impedirebbe  di  fatto,   per   un   tempo
incongruamente lungo, di accedere alla tutela giurisdizionale dinanzi
al giudice contabile e addirittura, per le quote di  valore  unitario
fino  a  300  euro,  precluderebbe  in  via  definitiva  e  non  solo
temporanea la possibilita' di accesso a detta tutela. 
    Rispetto poi all'art. 111 Cost., in relazione  all'art.  «6  CEDU
come ripreso  dall'art.  47  Carta  UE»,  gli  stessi  rimettenti  ne
assumono la lesione perche' la predetta disciplina,  posticipando  di
venti  o  quaranta  anni  l'eventuale  processo  davanti  al  giudice
contabile,   non    garantirebbe    l'effettivita'    della    tutela
giurisdizionale. 
    I rimettenti ritengono, ancora, che la disciplina censurata,  nel
rinviare «ad un momento futuro eccessivamente lontano» l'accertamento
dell'effettiva riscuotibilita' di  un  credito,  ostacolerebbe  -  in
violazione degli artt. 81 e 97 Cost. -  sia  il  perseguimento  degli
equilibri   di   finanza   pubblica,   sia    il    buon    andamento
dell'organizzazione  dei  pubblici  uffici,  in  quanto   impedirebbe
all'ente  locale  creditore  di  avere   conoscenza   delle   risorse
finanziarie effettivamente disponibili. 
    Infine, essi lamentano che la  sospensione  per  un  tempo  cosi'
lungo dei controlli sull'attivita' di riscossione, ovvero addirittura
la loro esclusione (per le quote di valore unitario fino a 300 euro),
contrasterebbe con  il  principio  di  effettivita'  della  capacita'
contributiva  di  cui  all'art.  53  Cost.,  poiche'  tale  attivita'
verrebbe a essere svolta in condizioni di non effettiva  parita'  nei
confronti  di  tutti  i  contribuenti,   sostanzialmente   tollerando
situazioni di sottrazione all'obbligo di contribuzione. 
    2.- Preliminarmente va rilevato che le  suddette  questioni  sono
sollevate in tre diversi giudizi vertenti tra le medesime parti e  in
relazione a  disposizioni  coincidenti.  I  giudizi  di  legittimita'
costituzionale sono percio' tra loro connessi  e  vanno  riuniti  per
essere congiuntamente trattati e decisi. 
    3.- Va poi precisato che, nelle more  del  presente  giudizio,  i
termini di cui al comma 684 dell'art. 1 della legge n. 190  del  2014
sono  stati  ulteriormente  prorogati  dall'art.  3,  comma  20,  del
decreto-legge 23  ottobre  2018,  n.  119  (Disposizioni  urgenti  in
materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni,  nella
legge 17 dicembre 2018, n. 136. 
    Tuttavia,  tale  normativa  sopravvenuta  non  ha  intaccato   il
meccanismo contestato dai  rimettenti,  in  quanto  ne  ha  meramente
disposto l'ulteriore proroga, non apportando  modifiche  sostanziali,
sicche' non mutano i termini delle censure. 
    Tanto basta per escludere la necessita' di restituire gli atti ai
giudici a quibus perche' valutino  se  permanga  la  rilevanza  delle
questioni (ex multis, sentenza n. 194 del 2018). 
    4.-  Le  suddette  questioni  sono   inammissibili,   poiche'   i
rimettenti muovono  da  un  erroneo  presupposto  interpretativo  sui
soggetti destinatari della normativa in questione. 
    Nelle ordinanze,  infatti,  si  attribuisce  alla  SOGET  spa  la
qualita' di agente della riscossione del Comune  di  Teramo,  laddove
risulta dagli stessi atti dei giudizi,  anche  di  costituzionalita',
che tale societa' e', invece, una cessionaria  del  ramo  di  azienda
relativo alle attivita' svolte in regime  di  concessione  per  conto
degli enti locali; essa pertanto non puo' annoverarsi tra gli «agenti
della riscossione», cui unicamente il legislatore ha inteso  riferire
la disciplina censurata. 
    4.1 - Cio' trova conferma in argomenti sistematici  che  emergono
ripercorrendo  l'evoluzione  normativa,   all'interno   della   quale
l'originaria formulazione del comma 28 dell'art. 3 del  decreto-legge
30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e
disposizioni  urgenti   in   materia   tributaria   e   finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005,  n.  248,
disponeva  che  «[a]  decorrere  dal  1°  ottobre  2006»,   data   di
soppressione del sistema di affidamento in concessione  del  servizio
nazionale  della  riscossione,  «i  riferimenti  contenuti  in  norme
vigenti ai concessionari del servizio nazionale della riscossione  si
intendono riferiti alla Riscossione S.p.a.  ed  alle  societa'  dalla
stessa partecipate [...]». 
    Tale formulazione, dettata allo scopo di attuare un coordinamento
normativo tra la disciplina previgente applicabile  ai  concessionari
nazionali della riscossione e quella relativa ai nuovi  soggetti,  ha
consentito di applicare,  dal  1°  ottobre  2006,  alla  «Riscossione
S.p.a. ed alle societa'  dalla  stessa  partecipate  [...]»  tutti  i
riferimenti  normativi  delle  previgenti  disposizioni  relativi  ai
concessionari nazionali della riscossione. 
    Successivamente, l'art. 2, comma 12, del decreto-legge 3  ottobre
2006,  n.  262  (Disposizioni  urgenti  in   materia   tributaria   e
finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24  novembre
2006, n. 286, ha aggiunto al menzionato comma 28 dell'art. 3 l'inciso
«complessivamente denominate agenti della riscossione». 
    Appare chiaro che l'aggiunta di tale segmento  normativo  ha  una
funzione distinta e  autonoma  rispetto  all'effetto  prodotto  dalla
precedente previsione: a) la formulazione  originaria  e'  diretta  a
consentire l'applicazione della disciplina  previgente  (riferita  ai
concessionari  nazionali  della  riscossione)   ai   nuovi   soggetti
introdotti dalla riforma del d.l. n. 203 del  2005;  b)  il  segmento
introdotto con il d.l. n. 262 del 2006 designa con una  denominazione
unitaria il complesso panorama che emergeva all'esito  della  riforma
di cui al citato d.l.  n.  203  del  2005.  In  altri  termini,  tale
segmento ha la finalita' di  consentire  una  formula  sintetica:  la
«Riscossione S.p.a. e le societa'  dalla  stessa  partecipate  [...]»
sono  complessivamente  denominate  agenti  della   riscossione.   Il
femminile usato dal legislatore rende inequivoco che la denominazione
non si estende in modo biunivoco ai vecchi concessionari nazionali o,
per traslato, ai soggetti che da essi siano  eventualmente  scaturiti
(come le societa' cosiddette "scorporate", cioe' le societa'  private
beneficiarie del ramo di azienda relativo alle attivita'  concernenti
i  tributi  locali  e  altre  entrate  di  enti  locali,  ceduto  dai
concessionari  nazionali  ai  sensi  dell'art.  3,  comma  24,  primo
periodo, del d.l. n. 203 del 2005, come convertito nella legge n. 248
del 2005). 
    4.2.- La distinta considerazione da  parte  del  legislatore  dei
vari soggetti  (Riscossione  spa,  societa'  da  essa  partecipate  e
societa' "scorporate") trova  testuale  conferma  in  altri  contesti
normativi: fin dalla  disciplina  originaria,  in  quello  del  comma
25-bis del medesimo art. 3 del d.l. n. 203 del 2005, che  appunto  li
menziona partitamente in relazione  alle  procedure  di  affidamento;
piu' recentemente, nell'attuale formulazione dell'art.  4,  comma  1,
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sulla  competenza
per territorio delle commissioni tributarie, dove nell'elencazione si
distingue tra agenti della riscossione e  soggetti  che  privatamente
operano la riscossione delle entrate. 
    4.3.- Ulteriori argomenti confermano tale conclusione. 
    Nell'evoluzione complessiva dell'ordinamento  della  riscossione,
infatti,  all'interno  del  regime  di  proroghe   dei   termini   di
presentazione delle comunicazioni di inesigibilita', che  e'  seguito
al superamento del principio del non riscosso per riscosso (in virtu'
del quale i concessionari nazionali della riscossione anticipavano le
somme iscritte a ruolo, salvo il rimborso delle  quote  inesigibili),
si distinguono proroghe "generiche", in quanto  riguardanti  tutti  i
concessionari della riscossione, e proroghe  "specifiche"  che  hanno
invece riguardato solo i soggetti "pubblici" della riscossione (cioe'
i soggetti a partecipazione pubblica ai sensi del comma 7 dell'art. 3
del d.l. n. 203 del 2005). 
    4.3.1.- Le proroghe "generiche" hanno iniziato a manifestarsi con
la  previsione  dell'art.  3,  comma  1,  lettera  l),  del   decreto
legislativo 27  aprile  2001,  n.  193  (Disposizioni  integrative  e
correttive dei decreti legislativi 26 febbraio  1999,  n.  46,  e  13
aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa
alla riscossione), che, modificando l'art. 59 del decreto legislativo
13 aprile  1999,  n.  112  (Riordino  del  servizio  nazionale  della
riscossione, in attuazione  della  delega  prevista  dalla  legge  28
settembre 1998, n. 337), relativo alla disciplina delle procedure  in
corso a seguito del superamento del principio del  non  riscosso  per
riscosso, ha introdotto i commi  4-bis  e  4-ter,  stabilendo  al  1°
ottobre 2004 il termine per la presentazione delle  comunicazioni  di
inesigibilita'  dei   concessionari   nazionali   della   riscossione
relativamente ai ruoli resi esecutivi prima del 30 settembre 1999. 
    Successivamente  sono  intervenuti  ulteriori  provvedimenti   di
proroga relativi ai ruoli  consegnati  fino  al  30  giugno  2003  e,
infine, l'art. 3, comma 36, lettera d), numero 3), del  d.l.  n.  203
del 2005 ha stabilito, modificando ulteriormente l'art. 59 del d.lgs.
n. 112 del 1999, che, per detti ruoli, la scadenza del termine per il
discarico automatico si determina nella  data  del  1°  luglio  2009.
Invece, i  ruoli  consegnati  dal  1°  luglio  2003  fino  alla  data
dell'eventuale trasferimento del  ramo  di  azienda  effettuato  alle
societa'  "scorporate"  entro  il  1°  ottobre  2006,  sono   rimasti
assoggettati alla disciplina ordinaria degli artt. 19 e 20 del d.lgs.
n. 112 del 1999, in forza del comma 24, lettera b), dell'art.  3  del
d.l. n. 203 del 2005, come convertito nella legge n. 248 del 2005. In
base a tale disposizione, inoltre, dalla data del  trasferimento  del
ramo di azienda, alle societa' cessionarie  ("scorporate")  e'  stato
precluso di procedere alla riscossione coattiva delle  entrate  degli
enti locali utilizzando  il  ruolo,  potendo  operare  solo  mediante
ingiunzione fiscale (cioe'  «con  la  procedura  indicata  dal  regio
decreto 14 aprile 1910, n. 639»). 
    Il citato comma 36, lettera d), dell'art. 3 del d.l. n.  203  del
2005 ha rappresentato, quindi, l'ultima proroga "generica", ovverosia
applicabile anche ai concessionari nazionali della riscossione. 
    4.3.2.- Proprio contestualmente, tuttavia, si e'  assistito  alla
nascita di un secondo e parallelo regime di proroghe "specifiche", in
quanto relative ai termini di presentazione delle sole  comunicazioni
di  inesigibilita',  che  sarebbero  altrimenti  venute  a  scadenza,
riguardanti i ruoli consegnati  dai  vecchi  concessionari  nazionali
alle societa' partecipate dalla Riscossione spa (poi Gruppo Equitalia
e, quindi, Agenzia delle entrate-Riscossione), che agli  stessi  sono
subentrate ex lege in mancanza di una  diversa  determinazione  degli
enti creditori o di una societa' "scorporata" (art. 3, comma 25,  del
d.l. n. 203 del 2005). 
    Si tratta di uno specifico regime  di  proroghe,  dettato  da  un
evidente favor per i soggetti "pubblici" della  riscossione,  che  ha
preso avvio con il comma 12 dell'art. 3 del piu' volte citato d.l. n.
203 del 2005,  trovando  puntuale  giustificazione  nell'esigenza  di
tutelare   il   patrimonio   pubblico   in   conseguenza,   peraltro,
dell'acquisizione  delle  societa'  impegnate  nella  riscossione  di
entrate locali anche  di  dubbia  e  difficile  esigibilita'.  Si  e'
voluto, infatti, evitare che le ben note  disfunzioni  nell'attivita'
di riscossione risalenti alle  gestioni  private,  rivelatesi  spesso
inadeguate se non fallimentari, si  riverberassero  meccanicamente  a
carico del pubblico erario. Tale esigenza non poteva estendersi anche
a quelle imprese private che, liberamente, avessero  inteso  assumere
l'attivita' di riscossione soggetta a rischio, salvo poi concentrarla
in capo ai soggetti costituiti  con  lo  "scorporo"  di  propri  rami
d'azienda (in  termini  analoghi,  Corte  dei  conti,  sezione  terza
giurisdizionale centrale di appello, sentenza 20  dicembre  2016,  n.
661). 
    E', quindi, evidente la diversita' di  ratio  che  ha  animato  i
distinti  processi  di  discarico  per  inesigibilita'  delle   quote
iscritte  a  ruolo:  mentre   l'ultima   proroga   "generica"   delle
comunicazione di inesigibilita' di cui all'art. 59 del d.lgs. n.  112
del 1999 e' una misura ordinaria che tiene  conto  della  continuita'
della gestione  dell'attivita'  da  parte  di  soggetti  direttamente
consegnatari dei ruoli, invece la proroga di cui al citato  comma  12
dell'art. 3 del d.l. n. 203 del 2005  e'  una  misura  straordinaria,
assunta nel contesto di una riforma che ha posto al centro la nascita
di un nuovo soggetto e che ha tenuto conto del passaggio di  tutti  i
ruoli alle  societa'  partecipate  da  Riscossione  spa,  poi  Gruppo
Equitalia (salvo quelli delle societa'  "scorporate",  ai  sensi  del
comma 24, lettera b), dell'art. 3 del  d.l.  n.  203  del  2005,  che
appunto restano in capo a esse). 
    Risulta chiaro il rapporto di genere a specie tra i due commi del
citato art. 3 del d.l. n. 203 del 2005:  il  comma  12,  infatti,  e'
riferito esclusivamente alle societa' partecipate da Riscossione  spa
(poi Gruppo Equitalia), come peraltro e' stato in seguito confermato,
in  maniera  definitiva,  con  norma  di  interpretazione  autentica,
dall'art. 36, comma 4-quinquies, del decreto-legge 31 dicembre  2007,
n. 248 (Proroga di termini previsti  da  disposizioni  legislative  e
disposizioni  urgenti  in  materia  finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 31. 
    4.3.3.- I termini previsti dal citato comma  12  sono  stati  nel
tempo oggetto di continue proroghe,  ma  senza  alcuna  soluzione  di
continuita',  e   dalla   versione   originaria,   nella   quale   le
comunicazioni di inesigibilita' dovevano essere presentate  entro  il
31 ottobre 2008, si e' giunti all'ultima  versione,  nella  quale  le
medesime  comunicazioni  dovevano  essere  presentate  entro  il   31
dicembre 2014, in forza della modifica introdotta dall'art. 1,  comma
530, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (Legge
di stabilita' 2013)». 
    A ridosso della scadenza del 31 dicembre 2014 il  legislatore  e'
quindi intervenuto con la normativa di cui all'art. 1, commi da 682 a
689, della legge n. 190 del 2014, introducendo, per il controllo  nel
tempo  delle  quote  dichiarate  inesigibili,  un  nuovo  meccanismo,
definito "scalare inverso", che, se da un lato e' innovativo rispetto
al sistema delle precedenti proroghe, dall'altro, e'  intrinsecamente
finalizzato alla soluzione  della  specifica  situazione  determinata
proprio dalla concatenazione delle proroghe e dall'accumularsi di una
ingente quantita' di  arretrati  e  di  un'imponente  stratificazione
delle partite creditorie da trattare (come conferma la  deliberazione
della Corte dei conti, sezione centrale di controllo  sulla  gestione
delle amministrazioni dello Stato, 20  ottobre  2016,  n.  11/2016/G,
richiamata dai giudici rimettenti). 
    In  altre  parole,  la  scadenza  contemporanea   di   tutte   le
comunicazioni di debito/credito tra agenti della riscossione  e  enti
creditori ha giustificato un intervento  innovativo  e  straordinario
del legislatore, che ha previsto in  un'unica  riforma,  inscindibile
nei suoi aspetti: a) la parziale  revisione  della  disciplina  delle
comunicazioni di inesigibilita' e del relativo controllo (artt. 19  e
20 del d.lgs. n. 112 del 1999), con  applicazione  retroattiva  della
nuova disciplina alle quote affidate agli  agenti  della  riscossione
dal 2000 (comma 688); b) lo  scaglionamento  in  ordine  cronologico,
inverso  a  quello  dell'affidamento  in  carico,  dei   termini   di
presentazione  e  controllo  delle  comunicazioni  di  inesigibilita'
(comma 684); c) l'allineamento a  queste  nuove  regole  di  tutti  i
rapporti in essere, a tal fine prevedendone l'applicazione anche alle
comunicazioni  gia'  presentate  per  le  quali  e'  stata   prevista
l'integrazione  (comma  687);  d)  la  diluizione,  per  un   periodo
pressoche' corrispondente al cronoprogramma, dell'anticipazione - con
onere a carico del bilancio dello Stato - del rimborso a favore degli
agenti della riscossione, delle spese maturate negli anni 2000 - 2013
per le procedure cautelari  ed  esecutive  esperite  per  tentare  il
recupero dei medesimi crediti  (comma  685);  e)  la  sottrazione  al
controllo delle comunicazioni di importo pari o inferiore a 300  euro
(comma 688); f) la previsione ex lege (fino  alla  medesima  scadenza
del  cronoprogramma  di  cui  al  comma  684)  della   legittimazione
dell'agente della riscossione a effettuare la riscossione delle somme
iscritte a ruolo «anche per le quote relative ai  soggetti  creditori
che hanno cessato o cessano di avvalersi delle  societa'  del  Gruppo
Equitalia» (comma 686). 
    4.3.4.- Il presupposto interpretativo da cui  muovono  i  giudici
rimettenti e' quindi errato, poiche' una disciplina di  straordinaria
eccezionalita' come quella introdotta con l'art. 1, commi  da  682  a
689,  della  legge  n.  190  del  2014  puo'  trovare   applicazione,
nell'ambito della stessa complessiva  ratio  legis  desumibile  dalla
riforma sopra ricordata,  solo  relativamente  a  quelle  fattispecie
ricomprese  nelle  proroghe  "specifiche"  disposte  dal   comma   12
dell'art. 3 del d.l.  n.  203  del  2005,  per  le  quali  i  termini
risultavano ancora pendenti alla data  di  entrata  in  vigore  della
riforma  e,  quindi,  non  puo'  applicarsi  alle  societa'   private
"scorporate". 
    Appare evidente, infatti, che  la  riforma  e'  stata  introdotta
nell'intento di rispondere  a  particolari  ed  eccezionali  esigenze
derivanti esclusivamente dall'istituzione di agenti "pubblici"  della
riscossione, con conseguente irragionevolezza di una  interpretazione
che, a dispetto del tenore letterale,  la  estendesse  alle  suddette
societa' private "scorporate". 
    In particolare, da  un  lato,  va  sottolineato  che,  come  gia'
accennato, alla data di entrata in vigore della censurata disciplina,
i termini per la presentazione delle comunicazioni di  inesigibilita'
da parte della societa' private "scorporate", in relazione ai ruoli a
queste  consegnati  dall'ente  creditore,   erano   rimasti   fissati
dall'ultima proroga "generica" (secondo quanto  precisato  supra,  al
punto 4.3.1. di questo  Considerato  in  diritto).  L'estensione  del
nuovo  meccanismo  "scalare  inverso"  anche  alle  societa'  private
"scorporate" sortirebbe, percio', l'inammissibile effetto di riaprire
termini ormai scaduti da molti anni (fattispecie che non si  verifica
per i  ruoli  affidati  ai  soggetti  del  sistema  "pubblico"  della
riscossione), prorogando in un futuro abnormemente lontano i  termini
per il controllo da parte degli enti creditori. 
    Dall'altro, va ribadito che la nuova disciplina  trova  specifica
ragione nell'ingresso, disposto a suo tempo  ex  lege,  dei  soggetti
"pubblici" nell'attivita' di  riscossione  degli  enti  territoriali,
chiamati  anche  a  supplire,  piu'  o  meno  obtorto   collo,   alle
disfunzioni nell'attivita' di riscossione risalenti  alle  precedenti
gestioni private. Risulterebbe,  pertanto,  senz'altro  irragionevole
l'estensione di tale disciplina a quelle imprese  private  che  (come
detto, non facendo parte del sistema "pubblico" della riscossione)  a
suo tempo liberamente avevano  assunto  l'attivita'  di  riscossione,
concentrata poi nelle societa' scorporate. 
    4.4.- In conclusione, le disposizioni  censurate,  data  la  loro
ratio e la loro formulazione  letterale  (in  quanto  fanno  espresso
riferimento agli «agenti della riscossione» e riguardano solo i ruoli
da questi  assunti  in  carico),  sono  riferibili  esclusivamente  a
determinate societa' di riscossione a partecipazione pubblica. 
    Le stesse disposizioni non sono, quindi, applicabili  a  societa'
come SOGET spa, societa' privata di riscossione, nata a seguito dello
"scorporo"  del  ramo  di  azienda  da  parte  di  un  concessionario
nazionale della riscossione. I giudizi di impugnazione instaurati  da
SOGET spa avverso i provvedimenti con cui  il  Comune  di  Teramo  ha
rifiutato il discarico per inesigibilita' sono  pertanto  regolati  a
norma dell'art. 3, comma 24, lettera b), del d.l. n.  203  del  2005,
come convertito nella legge  n.  248  del  2005  (riguardando  «ruoli
consegnati fino alla  data  del  trasferimento»  del  ramo  d'azienda
effettuato  dal  concessionario  nazionale),  non   dalla   normativa
censurata ma dalla disciplina ordinariamente prevista negli artt.  19
e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999, salva, in quanto ancora  applicabile
ratione temporis, la deroga disposta dall'art. 59, commi  4-quater  e
4-quinquies, del medesimo decreto. 
    Ne consegue l'inammissibilita', per difetto di  rilevanza,  delle
questioni prospettate, non dovendo i  rimettenti  fare  applicazione,
neppure indirettamente, delle norme censurate (ex plurimis, per  casi
simili, sentenze n. 22 del 2017, n. 257 del 2010 e n.  46  del  2010,
ordinanze n. 259, n. 92 e n. 36 del 2016, e  n.  23  del  2004),  che
impongono un lungo differimento temporale per l'esercizio del  potere
di controllo degli enti creditori  sulle  quote  di  cui  i  soggetti
"pubblici" sono affidatari per la riscossione. 
    Resta  fermo  che  una  riscossione  ordinata  e  tempestivamente
controllabile delle entrate e' elemento indefettibile di una corretta
elaborazione e gestione del bilancio,  inteso  come  «bene  pubblico»
funzionale «alla  valorizzazione  della  democrazia  rappresentativa»
(sentenza n. 184 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 247  e  n.
80  del  2017),  mentre  meccanismi  comportanti   una   «lunghissima
dilazione temporale» (sentenza n. 18  del  2019)  sono  difficilmente
compatibili con la sua fisiologica dinamica. In tale prospettiva deve
essere sottolineata l'esigenza che per i crediti di minore dimensione
il legislatore predisponga  sistemi  di  riscossione  piu'  efficaci,
proporzionati e tempestivi di quelli fin qui adottati.