ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
70, 679, 682 e 683, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2018-2020), promosso dalla Regione Veneto
con ricorso notificato il 27 febbraio 2018, depositato in cancelleria
il 6 marzo 2018, iscritto al  n.  21  del  registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  16,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella udienza pubblica del  19  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi gli avvocati Ezio Zanon  e  Andrea  Manzi  per  la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 27 febbraio 2018  e  depositato  il
successivo 6 marzo (reg. ric. n. 21 del 2018), la Regione  Veneto  ha
impugnato numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2017, n.  205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio  2018-2020)  e,  tra  queste,  i
commi 70, 679, 682 e 683 dell'art. 1. 
    2.- Il ricorso espone il contenuto del comma 70 dell'art.  1,  il
quale  stabilisce  che  «[p]er  l'esercizio  delle  funzioni  di  cui
all'articolo 1, comma 947, della legge 28 dicembre 2015, n.  208,  e'
attribuito un contributo di 75 milioni di euro  per  l'anno  2018  da
ripartire con le modalita' ivi previste». Come indicato dalla  difesa
regionale, la disposizione impugnata rifinanzia, ma solo per il 2018,
un contributo alle spese delle Regioni relative  alle  funzioni  che,
per effetto del comma 947 dell'art. l della legge 28  dicembre  2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'  2016)»,  con  il
processo di riordino delle Province sono state assegnate alle Regioni
a  decorrere  del  1°  gennaio  2016,  fatte  salve  le  disposizioni
legislative regionali che  a  tale  data  gia'  prevedevano  la  loro
attribuzione alle Province, alle Citta' metropolitane  o  ai  Comuni,
anche  in  forma  associata.  Si  tratta  delle   funzioni   relative
all'assistenza per l'autonomia e  la  comunicazione  personale  degli
alunni con disabilita' fisiche o sensoriali di cui all'art. 13, comma
3,  della  legge  5  febbraio  1992,   n.   104   (Legge-quadro   per
l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i  diritti  delle  persone
handicappate) e ai servizi di supporto organizzativo del servizio  di
istruzione per i medesimi  alunni  o  per  quelli  in  situazione  di
svantaggio previsti dall'art. 139, comma 1, lettera c),  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  Regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del  capo  I  della  legge  15  marzo  1997,  n.  59).  In
particolare, l'art. 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992  prevede
che «[n]elle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai  sensi
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e
successive modificazioni, l'obbligo per gli enti  locali  di  fornire
l'assistenza per  l'autonomia  e  la  comunicazione  personale  degli
alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attivita'  di
sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati». 
    Ad avviso della Regione ricorrente  l'art.  1,  comma  70,  della
legge n. 205 del 2017 e' censurabile sotto due profili. 
    2.1.- Il primo attiene alla previsione di un  mero  finanziamento
una tantum, limitato all'anno 2018. La difesa regionale evidenzia che
il limitato orizzonte temporale del finanziamento  non  consentirebbe
una programmazione stabile del servizio a  favore  degli  alunni  con
disabilita'. Il che, facendo venir meno la certezza della  proiezione
pluriennale del  finanziamento,  integrerebbe  una  violazione  degli
artt. 38, terzo e quarto comma, della Costituzione (e' citata, in tal
senso, la sentenza n. 275 del 2016). La  difesa  regionale  soggiunge
che risulterebbero violati anche l'art.  119,  quarto  comma,  Cost.,
nella parte in cui sancisce il principio del finanziamento  integrale
delle funzioni pubbliche attribuite agli enti  territoriali,  nonche'
l'art. 97 Cost., che pone  il  principio  del  buon  andamento  della
pubblica amministrazione.  La  Regione  ricorrente  reputa  che  tali
violazioni  ridondino  sulla  competenza  legislativa  regionale   in
materia di assistenza sociale di cui all'art.  117,  terzo  e  quarto
comma, Cost., dal momento che la legislazione regionale,  in  assenza
della stabilita' del contributo, non  e'  in  grado  di  disciplinare
adeguatamente  la  materia;  parimenti,  le  suddette  violazioni  si
ripercuoterebbero sulla competenza amministrativa di cui all'art. 118
Cost., in quanto, in assenza di una  programmazione  pluriennale,  le
funzioni amministrative regionali non potrebbero essere efficacemente
organizzate. 
    2.2.- Il secondo profilo di  censura  attiene  all'entita'  delle
somme stanziate che coprirebbe, in tesi, solo la meta' del fabbisogno
riscontrato a livello nazionale  dal  Governo.  A  sostegno  di  tale
censura e' richiamata la «Posizione della  Conferenza  unificata  sul
disegno di legge recante  bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2018-2020 (A.S. 2960)» del 9 novembre 2017. 
    Nello specifico, la difesa regionale osserva che la  disposizione
impugnata si pone in contrasto con quanto statuito  da  questa  Corte
nella sentenza n. 205 del 2016, che ha posto a carico dello Stato  un
vincolo di riassegnazione delle somme gia' spettanti alle Province  a
favore degli enti subentranti nell'esercizio delle stesse funzioni. 
    3.- I commi 679, 682 e 683 dell'art. 1 della  legge  n.  205  del
2017 sono impugnati «per violazione degli articoli  3,  32,  81,  97,
117, III e IV comma, 118, 119  Cost.,  nonche'  5  e  120  Cost.  per
violazione del principio di leale collaborazione». 
    Il citato comma 682 stabilisce che «[p]er il personale dipendente
da   amministrazioni,   istituzioni   ed   enti   pubblici    diversi
dall'amministrazione statale, gli oneri per  i  rinnovi  contrattuali
per  il  triennio   2016-2018,   nonche'   quelli   derivanti   dalla
corresponsione  dei  miglioramenti  economici  al  personale  di  cui
all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165,  sono  posti  a  carico  dei   rispettivi   bilanci   ai   sensi
dell'articolo 48, comma 2, del medesimo decreto  legislativo  n.  165
del 2001». 
    Il successivo comma 683 del medesimo articolo  1  stabilisce  che
«[l]e disposizioni  recate  dal  comma  682  si  applicano  anche  al
personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale». 
    In base al comma 679 del richiamato art.  1  «[p]er  il  triennio
2016-2018  gli  oneri  posti  a  carico  del  bilancio  statale,   in
applicazione dell'articolo 48, comma 1, del  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, e per i  miglioramenti  economici  del  personale
dipendente  dalle  amministrazioni  statali  in  regime  di   diritto
pubblico sono complessivamente determinati in 300 milioni di euro per
l'anno 2016, in 900 milioni di  euro  per  l'anno  2017  e  in  2.850
milioni di euro a decorrere dall'anno 2018». 
    3.1.- Ad avviso della Regione ricorrente  la  legge  di  bilancio
2018  prevederebbe  un  incremento  del  3,48  per  cento  dei  costi
contrattuali  per  il  personale  dipendente  delle   amministrazioni
centrali, come disposto dal riportato comma 679. Tale percentuale  di
incremento  retributivo  sarebbe  destinata  a  essere  applicata  al
comparto delle Regioni e degli enti del Servizio sanitario  nazionale
in virtu' dei censurati commi 682 e  683  senza  che,  tuttavia,  sia
stato  previsto  alcuno  stanziamento  aggiuntivo  a   favore   delle
amministrazioni regionali. 
    3.2.- Secondo  la  Regione  Veneto,  il  mancato  incremento  del
fabbisogno  del  fondo  sanitario  nazionale,  pur  a  fronte  di  un
incremento dei  costi  per  i  contratti  del  comparto  sanita',  si
tradurrebbe in una violazione del principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art.  3  Cost.,  in  considerazione  del  differente  trattamento
disposto per le amministrazioni centrali rispetto a quello  riservato
alle Regioni. 
    A  sua  volta,  tale   violazione   ridonderebbe   sull'autonomia
costituzionalmente riconosciuta alle Regioni in materia di assistenza
sanitaria e socio-sanitaria, di cui  all'art.  117,  terzo  e  quarto
comma, Cost. sul piano legislativo e all'art.  118  Cost.  sul  piano
amministrativo. 
    3.3.- In secondo luogo -  osserva  la  difesa  regionale  -  tale
scelta legislativa imporrebbe alle Regioni di  "tagliare"  i  servizi
sanitari per poter finanziare con  il  risparmio  cosi'  ottenuto  il
rinnovo dei contratti. Ne conseguirebbe la  violazione  dell'art.  32
Cost. e la ridondanza di tale violazione sulle  competenze  regionali
in materia di sanita', di cui ai medesimi artt. 117 e 118 Cost. 
    Inoltre,  la  Regione  ricorrente  osserva  che  le  disposizioni
impugnate integrano anche una violazione dell'art. 81,  terzo  comma,
Cost. per mancanza di copertura  finanziaria,  posto  che  i  livelli
essenziali di assistenza (LEA), una volta correttamente  individuati,
non possono subire riduzioni nell'erogazione per effetto di riduzioni
della spesa pubblica (e' citata la sentenza n. 169 del 2017). 
    3.4.- In terzo  luogo,  la  Regione  ricorrente  afferma  che  le
disposizioni   impugnate   violerebbero   il   principio   di   leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e  120  Cost.,  poiche'  l'aumento
contrattuale sarebbe stato unilateralmente  deciso  dal  Governo  per
essere poi posto a carico del fondo sanitario nazionale, senza alcuna
concertazione. L'adozione di procedure concertative, deduce la difesa
regionale, sarebbe necessaria in  considerazione  del  fatto  che  il
diritto alla salute e' assistito da un finanziamento  prevalentemente
statale e da una concreta erogazione  dei  relativi  servizi  rimessa
alla responsabilita' delle Regioni (sono citate le  sentenze  n.  192
del 2017, n. 169 del 2017, n. 251 del 2016 e n. 203 del 2008). 
    3.5.- Infine, la difesa regionale sostiene  che  le  disposizioni
impugnate, incidendo negativamente sul principio della certezza delle
disponibilita' finanziarie per il soddisfacimento  del  diritto  alla
salute, si  porrebbero  in  conflitto  anche  con  l'art.  97  Cost.,
determinando un'evidente ridondanza sulla possibilita' delle  Regioni
di effettuare una corretta programmazione della spesa sanitaria nella
competenza ad  esse  costituzionalmente  assegnata,  con  conseguente
violazione quindi, anche diretta, dell'art. 119 Cost.,  in  relazione
all'autonomia regionale di spesa (sono citate le sentenze n. 197  del
2017 e n. 275 del 2016). 
    4.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. 
    4.1.- La parte resistente nulla specificamente deduce a proposito
della questione avente a oggetto il comma 70 dell'art. 1 della  legge
n. 205 del 2017. 
    4.2.- A  sostegno  della  dedotta  infondatezza  delle  questioni
aventi a oggetto i commi 679, 682 e  683  dello  stesso  art.  1,  il
Presidente del Consiglio dei ministri deduce che le risorse  per  gli
incrementi  retributivi  per  il  rinnovo  dei  contratti  collettivi
nazionali delle amministrazioni regionali, locali e  degli  enti  del
Servizio sanitario nazionale sono definite dal Governo, nel  rispetto
dei vincoli di bilancio,  del  patto  di  stabilita'  e  di  analoghi
strumenti di contenimento della spesa, previa  consultazione  con  le
rispettive rappresentanze istituzionali del sistema delle autonomie. 
    La difesa statale richiama la sentenza n. 215  del  2012  secondo
cui la materia dei  rinnovi  contrattuali  del  personale  dipendente
dalle pubbliche amministrazioni e  dei  miglioramenti  economici  del
rimanente personale di diritto pubblico e' il  frutto  dell'esercizio
della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento  civile,
di  modo  che  spetta  alla  legge  statale  individuare  le  risorse
destinate a finanziare i rinnovi contrattuali nell'impiego pubblico. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri aggiunge che, per quanto
riguarda le Regioni a statuto speciale  e  le  Province  autonome,  i
criteri per il  rinnovo  dei  contratti  collettivi  nazionali  delle
amministrazioni regionali, locali e degli enti del Servizio sanitario
nazionale sono definiti mediante le procedure  consensuali  delineate
dalla normativa statutaria e di attuazione statutaria, in conformita'
con quanto statuito dalla sentenza n. 191 del 2017. 
    5.- In data 29 gennaio 2019,  la  Regione  Veneto  ha  depositato
memoria, con cui, in riferimento all'impugnazione  dell'art.1,  comma
70, della legge n. 205 del 2017, oltre a ribadire  le  argomentazioni
spese nell'atto introduttivo, a suo  avviso  confortate  anche  dalla
recente sentenza n. 9 del 2019, chiarisce che  lo  ius  superveniens,
costituito dall'art. 1, comma 561, della legge 30 dicembre  2018,  n.
145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e
bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), non fa  venire  meno
l'interesse   a   una   pronuncia   che   dichiari   l'illegittimita'
costituzionale  della  disposizione  di  legge  impugnata,   giacche'
occorre garantire nel  tempo  le  risorse  sulla  cui  base  svolgere
un'adeguata programmazione. 
    Con riguardo all'impugnazione dei commi 679, 682 e 683  dell'art.
1 della legge n. 205 del 2017, la Regione Veneto si riporta a  quanto
argomentato  in  ricorso,  rilevando,  nuovamente,  come  gli   oneri
derivanti  dal  rinnovo  contrattuale  afferente  al  personale   del
Servizio sanitario  nazionale  non  risultino  compensati  da  alcuno
stanziamento, con la conseguenza che  essi  devono  essere  sostenuti
mediante una corrispondente riduzione del fondo sanitario nazionale a
scapito delle risorse  utilizzabili  per  l'erogazione  dei  relativi
servizi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Veneto ha promosso, tra  le  altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale delle disposizioni  di  cui  all'art.  1,
commi 70, 679, 682 e  683  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020). 
    2.- Resta  riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle
questioni vertenti sulle altre disposizioni impugnate con il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    3.- L'art. 1, comma 70, della legge n. 205  del  2017  stabilisce
che «[p]er l'esercizio delle funzioni di cui  all'articolo  1,  comma
947,  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  e'  attribuito  un
contributo di 75 milioni di euro per l'anno 2018 da ripartire con  le
modalita' ivi previste». 
    La disposizione impugnata provvede a rifinanziare, esclusivamente
per il 2018, un contributo alle spese delle Regioni  per  l'esercizio
delle  funzioni  relative  all'assistenza  per   l'autonomia   e   la
comunicazione  personale  degli  alunni  con  disabilita'  fisiche  o
sensoriali di cui all'art. 13, comma 3, della legge 5 febbraio  1992,
n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i
diritti  delle  persone  handicappate),  e  ai  servizi  di  supporto
organizzativo del servizio di istruzione per i medesimi alunni o  per
quelli in situazione di svantaggio previsti dall'art. 139,  comma  1,
lettera  c),  del  decreto  legislativo  31  marzo   1998,   n.   112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n.  59).  Tali  funzioni,  nell'ambito  del  processo  di
riordino  delle  Province,  sono  state  assegnate  alle  Regioni   a
decorrere  dal  1°  gennaio  2016,  «fatte  salve   le   disposizioni
legislative regionali  che  alla  predetta  data  gia'  preved[eva]no
l'attribuzione delle predette funzioni  alle  Province,  alle  Citta'
metropolitane o ai Comuni, anche in forma associata», per effetto del
comma 947 dell'art. l della legge 28 dicembre 2015, n.  208,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)». 
    Secondo la ricorrente, la previsione, per  il  solo  2018  e  non
anche per gli anni a  venire,  di  un  contributo  alle  spese  delle
Regioni relative alle descritte funzioni,  non  assicurerebbe  alcuna
certezza sulla proiezione pluriennale del  relativo  finanziamento  e
percio'  non  consentirebbe  alle  Regioni  stesse   di   programmare
adeguatamente il servizio a favore degli alunni con  disabilita',  in
violazione  degli  artt.  38,  terzo  e  quarto  comma,  e  97  della
Costituzione. Inoltre, l'oggettiva aleatorieta' del finanziamento per
gli  anni  successivi  implicherebbe  la  violazione  del   principio
dell'autonomia finanziaria regionale  di  cui  all'art.  119,  quarto
comma, Cost. Infine, tali violazioni ridonderebbero sulle  competenze
legislative e  amministrative  regionali  in  materia  di  assistenza
sociale di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. 
    4.- Le questioni non sono fondate. 
    4.1.-  La  Regione  Veneto  richiama  a  sostegno  della  propria
impugnazione  la  sentenza  n.  275  del  2016,  che  ha   dichiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 6,  comma  2-bis,  della  legge
della Regione  Abruzzo  15  dicembre  1978,  n.  78  (Interventi  per
l'attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall'art.  88,  comma
4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n.  15,  recante
«Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale  2004
e pluriennale 2004-2006  della  Regione  Abruzzo  (Legge  finanziaria
regionale  2004)»,  limitatamente  all'inciso   «nei   limiti   della
disponibilita'  finanziaria  determinata  dalle  annuali   leggi   di
bilancio  e  iscritta  sul  pertinente  capitolo  di  spesa».   Nella
richiamata pronuncia, questa  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale della  citata  disposizione  regionale,  perche'  essa
condizionava a generiche, insufficienti e  indefinite  previsioni  di
bilancio il finanziamento da parte della Regione  del  50  per  cento
delle spese sostenute dalle Province per il trasporto degli  studenti
con disabilita'. In tale circostanza, questa Corte ha riaffermato  la
natura fondamentale del  diritto  all'istruzione  delle  persone  con
disabilita', garantito dall'art. 38 Cost. e tutelato anche  dall'art.
24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui  diritti  delle  persone
con disabilita', adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite
il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con  legge  3  marzo
2009, n. 18. Nella  medesima  pronuncia,  questa  Corte  ha  altresi'
ribadito  che,  nell'attuazione  di  tale  diritto  fondamentale,  il
legislatore, chiamato a predisporre gli  strumenti  anche  finanziari
necessari alla sua effettiva realizzazione, e' tenuto  ad  assicurare
la tutela del nucleo essenziale di tale diritto, che comprende  anche
il servizio di trasporto  scolastico  e  di  assistenza.  L'effettiva
fruibilita' del nucleo indefettibile dei diritti  delle  persone  con
disabilita'  non  puo'  dipendere  da  scelte  finanziarie   che   il
legislatore compie con previsioni che lasciano «incerta nell'an e nel
quantum la misura della contribuzione» (sentenza n. 275 del 2016). 
    4.2.- Tali principi devono essere ribaditi anche  nella  presente
pronuncia,  in  linea  con  la  giurisprudenza  costituzionale   piu'
recente, volta a circondare di adeguate garanzie  l'effettivita'  del
diritto  all'istruzione  degli  alunni  con  disabilita'  fisiche   e
sensoriali,  anche  attraverso  adeguate  dotazioni   strumentali   e
finanziarie.  Muovendo  dalla  considerazione  che  sulla  condizione
giuridica della persona con disabilita' confluisce  un  complesso  di
«valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori  del  disegno
costituzionale» (sentenze n. 232 del 2018, n. 258 del  2017,  n.  275
del 2016, n. 215 del 1987), questa Corte ha insistito sulla «certezza
delle disponibilita' finanziarie» necessaria a  garantire  i  servizi
che danno attuazione ai diritti costituzionali (sentenza n.  192  del
2017): servizi che richiedono di essere erogati «senza  soluzioni  di
continuita', in modo che sia assicurata  l'effettivita'  del  diritto
della  persona  con  disabilita'  all'istruzione  e  all'integrazione
scolastica» (sentenza n. 110 del 2017). 
    4.3.- Le citate, recenti pronunce sono, del resto, espressione di
una risalente traccia giurisprudenziale e normativa che riconosce  un
valore  centrale  all'integrazione  scolastica  delle   persone   con
disabilita': gia' con la  sentenza  n.  215  del  1987  questa  Corte
rilevo' che la frequenza scolastica, insieme alle pratiche di cura  e
riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia, e'  fattore
fondamentale per il complessivo sviluppo della personalita'. Inoltre,
ha  soggiunto  la  Corte,  e'  innegabile   che   l'apprendimento   e
l'integrazione nella scuola sono, a loro volta, funzionali ad un piu'
pieno inserimento dell'alunno con disabilita' nella  societa'  e  nel
mondo del lavoro (sentenza n.  215  del  1987;  nello  stesso  senso,
sentenza n. 80 del 2010, che, a sua volta, richiama  le  sentenze  n.
251 del 2008 e n. 226 del 2000). 
    4.4.-  Ovviamente,  un   tale   obiettivo   richiede   forme   di
integrazione e di  sostegno  con  impiego  di  docenti  specializzati
(sentenza n. 52 del 2000). In  questo  quadro  sono  da  leggersi  le
previsioni della legge n. 104 del 1992 e, in particolare, il suo art.
13, comma 3, dedicato  all'integrazione  scolastica.  Nella  medesima
direzione l'art. 24 della citata Convenzione delle Nazioni Unite  sui
diritti delle persone con disabilita'  impegna  gli  Stati  parti  ad
assicurare che «le  persone  con  disabilita'  ricevano  il  sostegno
necessario, all'interno del sistema educativo generale,  al  fine  di
agevolare la loro effettiva istruzione» e  che  «efficaci  misure  di
supporto individualizzato siano fornite in ambienti  che  ottimizzino
il  programma  scolastico   e   la   socializzazione,   conformemente
all'obiettivo  della  piena  integrazione»  (art.  24,  paragrafo  2,
lettere d) ed e). 
    4.5.- Alla realizzazione dei diritti costituzionali  fondamentali
delle persone con disabilita' «partecipano, con lo  Stato,  gli  enti
locali minori e le Regioni, nel quadro dei principi posti dalla legge
[...]. Alle Regioni, in particolare,  sono  affidati  sia  interventi
diretti, sia compiti di disciplina dei modi e livelli qualitativi  di
erogazione dei vari  servizi  da  parte  dei  suddetti  enti  locali»
(sentenza n. 406 del 1992). 
    La partecipazione dei diversi enti territoriali  si  e'  modulata
diversamente nel corso del tempo e in particolare,  negli  anni  piu'
recenti,  l'erogazione  dei  servizi  relativi  all'assistenza  degli
studenti con disabilita' e' stata interessata dal trasferimento delle
funzioni non fondamentali conseguenti  al  riordino  delle  Province,
avviato con l'art. 1, comma 89, della legge  7  aprile  2014,  n.  56
(Disposizioni  sulle  Citta'  metropolitane,  sulle  Province,  sulle
unioni  e  fusioni  di  Comuni),  e  ulteriormente   sviluppata   dal
legislatore  nel   2015   in   relazione   alle   funzioni   relative
all'assistenza per l'autonomia e  la  comunicazione  personale  degli
alunni con disabilita' fisiche o sensoriali e a  quelle  connesse  al
supporto organizzativo del servizio  di  istruzione  per  i  medesimi
alunni (comma 947 dell'art. l della legge n. 208 del 2015). 
    4.6.- Dando seguito ai principi sopra richiamati  in  materia  di
effettivita'  delle  garanzie   dei   diritti   delle   persone   con
disabilita', il legislatore ha  sempre  assicurato  il  finanziamento
delle funzioni in  discorso  anche  nella  fase  di  passaggio  delle
competenze dalle Province alle Regioni. Infatti, il  menzionato  art.
1, comma 947, della legge n. 208 del 2015 ha previsto  l'attribuzione
alle Regioni di un contributo di 70 milioni di euro per  l'anno  2016
per l'esercizio delle predette funzioni, poi  ripartiti  con  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 30 agosto 2016 (Riparto del
contributo di 70 milioni di euro  per  l'anno  2016  a  favore  delle
Regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali che  esercitano
le  funzioni   relative   all'assistenza   per   l'autonomia   e   la
comunicazione  personale  degli  alunni  con  disabilita'  fisiche  o
sensoriali e ai servizi di supporto  organizzativo  del  servizio  di
istruzione  per  gli  alunni  con  handicap  o   in   situazione   di
svantaggio). Allo stesso modo l'art. 8 della legge 11 dicembre  2016,
n. 232 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019) ha autorizzato
«l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero  dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, per  l'anno  finanziario  2017,  in
conformita' all'annesso stato di previsione (Tabella  n.  7)»  e  nel
suddetto  stato  di   previsione   del   Ministero   dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  e'  iscritto,  per   l'esercizio
finanziario 2017, il fondo da assegnare alle Regioni per fronteggiare
le spese relative all'assistenza per l'autonomia e  la  comunicazione
personale degli alunni con disabilita' fisiche o sensoriali,  con  lo
stanziamento di 75 milioni di euro, quindi, ripartiti con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 28 settembre 2017 (Riparto  del
contributo di 75 milioni di euro, per l'anno  2017,  a  favore  delle
Regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali che  esercitano
le  funzioni   relative   all'assistenza   per   l'autonomia   e   la
comunicazione  personale  degli  alunni  con  disabilita'  fisiche  o
sensoriali). 
    Analogamente, e  in  continuita'  con  le  leggi  precedenti,  ha
operato anche la previsione  oggi  impugnata,  che  ha  stanziato  un
contributo pari a 75 milioni di euro per l'anno 2018 per la copertura
finanziaria delle funzioni di cui si discorre. In una complessa  fase
di transizione, come e' quella che si e' innescata  con  il  riordino
delle Province, puo' ritenersi non irragionevole che  il  legislatore
scelga di disporre il finanziamento di anno in anno,  senza  peraltro
mai  farlo  mancare  e  procedendo  contestualmente   all'istruttoria
strumentale alla determinazione delle risorse necessarie a regime. 
    In tal senso ha operato il sopravvenuto art. 1, comma 561,  della
legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2019-2021), che, conclusasi  la  fase  di  passaggio,  incrementa  le
risorse disponibili di ulteriori 25  milioni  di  euro  per  ciascuno
degli  anni  2019,  2020  e  2021  e  doverosamente   assicura   allo
stanziamento un orizzonte temporale piu' ampio, utile per un'adeguata
programmazione triennale dell'esercizio delle funzioni di  assistenza
scolastica agli studenti con disabilita' da parte delle Regioni. 
    Le questioni aventi ad oggetto  l'impugnato  art.  1,  comma  70,
della legge n. 205 del 2017  si  rivelano,  dunque,  non  fondate  in
riferimento agli artt. 38, terzo e quarto comma,  97,  117,  terzo  e
quarto comma, 118 e 119, quarto comma, Cost. 
    Occorre  peraltro  precisare  che  la   disposizione   impugnata,
diversamente da quanto riscontrato da questa Corte con la  richiamata
sentenza n. 275 del 2016, non e' affetta  da  quella  aleatorieta'  e
incertezza,  nell'an   e   nel   quantum,   che   ne   determinerebbe
l'illegittimita'  costituzionale.  Piuttosto,  si   tratta   di   una
disposizione che, in linea con le leggi  di  bilancio  dei  due  anni
precedenti, rinnova il finanziamento per l'anno di riferimento, senza
alcuna discontinuita' e senza pregiudicare l'effettiva erogazione dei
servizi che attengono al nucleo essenziale dei diritti delle  persone
con  disabilita';  erogazione  che  deve   essere   sempre   comunque
assicurata e finanziata. 
    5.- La Regione Veneto  denuncia  l'illegittimita'  costituzionale
del medesimo art. 1, comma 70, anche in relazione  all'entita'  della
somma stanziata che, in  luogo  dei  previsti  75  milioni  di  euro,
avrebbe dovuto essere, invece, ad avviso della ricorrente, pari a 112
milioni di euro, secondo quanto emerge dal parere reso il 9  novembre
2017 nella «Posizione delle Regioni  sul  disegno  di  legge  recante
bilancio di previsione dello Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio  2018-2020  (A.S.  2960)»  dalla
Conferenza unificata ai sensi  dell'art.  9,  comma  2,  lettera  a),
numero  1),  del  decreto  legislativo  28  agosto   1997,   n.   281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per  le  materie  ed  i
compiti di interesse comune  delle  Regioni,  delle  Province  e  dei
Comuni, con la  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali).  La
Regione Veneto fonda il proprio assunto sulla  sentenza  n.  205  del
2016 che, a sua opinione, avrebbe  posto  a  carico  dello  Stato  un
vincolo di riassegnazione delle somme gia' spettanti alle Province  a
favore degli enti subentranti nell'esercizio delle  stesse  funzioni.
Dunque,  nelle  parole  del  ricorso,   l'omessa   o   la   difettosa
riassegnazione delle risorse tagliate alle  Province  e  alle  Citta'
metropolitane  agli  enti  subentranti   nelle   medesime   funzioni,
comporterebbe la violazione dell'art. 119 Cost. 
    5.1.- La questione e' inammissibile. 
    La giurisprudenza costituzionale e' costante  nell'affermare  che
l'autonomia  finanziaria  costituzionalmente  garantita   agli   enti
territoriali  non  comporta  una  rigida  garanzia  quantitativa.  Le
risorse disponibili  possono  subire  modifiche  e,  in  particolare,
riduzioni,  purche'  tali  diminuzioni  non  rendano  impossibile  lo
svolgimento  delle  funzioni  attribuite   agli   enti   territoriali
medesimi. La giurisprudenza di questa Corte e' costante e  ferma  nel
precisare che grava sul ricorrente l'onere di provare  l'irreparabile
pregiudizio lamentato (tra le altre, sentenza n. 23 del  2014).  Cio'
posto  possono  essere  considerate  inammissibili  le  questioni  di
legittimita' costituzionale in  cui  si  lamenti  la  violazione  dei
principi contenuti nell'art. 119  Cost.  a  causa  dell'inadeguatezza
delle  risorse  a  disposizione   delle   Regioni,   senza   puntuali
riferimenti a dati piu' analitici relativi alle entrate e alle uscite
(sentenza n. 5 del 2018, con riferimento all'erogazione  dei  servizi
sanitari, che richiama «le sentenze n. 192 del 2017 e  le  altre  ivi
citate, cui adde le sentenze n. 249 e n. 125 del 2015»). 
    Giova inoltre segnalare che la giurisprudenza di questa Corte  e'
gia'  intervenuta  sul  problema  della  entita'  delle  risorse   da
trasferire agli enti territoriali  assegnatari  delle  funzioni  gia'
spettanti alle Province e riallocate con le  operazioni  di  riordino
avviate con la citata legge n. 56 del 2014. Da ultimo, la sentenza n.
137 del 2018, nel chiarire la portata delle  precedenti  sentenze  n.
205 del 2016 e n. 84 del 2018, pur ribadendo che  il  riordino  delle
funzioni delle Province debba essere accompagnato dal passaggio delle
relative risorse umane e  finanziarie  (come  previsto  dalla  stessa
legge n. 56 del 2014), ha puntualizzato  che  «resta  riservata  alla
legislazione statale la quantificazione delle risorse da  trasferire,
tenuto conto del costo delle  funzioni  stesse  e  delle  complessive
esigenze di bilancio». 
    La riassegnazione delle  risorse,  nell'ambito  del  processo  di
riorganizzazione, e' priva di qualsiasi automatismo e comporta scelte
in  ordine  alle  modalita',  all'entita'  e  ai  tempi,  rimesse  al
legislatore  statale;  cio'  fermo  restando  che  l'assistenza  alle
persone con disabilita' costituisce un nucleo  incomprimibile  di  un
diritto fondamentale e deve eessere integralmente finanziata. 
    5.2.- Il ricorso patisce una notevole genericita' in  quanto  non
specifica ne' l'entita' delle risorse in  precedenza  destinate  alle
Province e  Citta'  metropolitane  per  lo  svolgimento  dei  compiti
relativi all'assistenza per gli alunni con disabilita', ne' evidenzia
la differenza fra quanto riassegnato e  quanto  trattenuto  da  parte
dello Stato. In proposito si deve  precisare  che  la  cifra  di  112
milioni di euro menzionata dalla ricorrente richiamando la  posizione
espressa  dalla  Conferenza  unificata  si  riferisce  al  fabbisogno
riscontrato a livello nazionale e non  gia'  alle  risorse  decurtate
alle Province e alle Citta' metropolitane. In particolare, la Regione
Veneto non soddisfa  l'onere  della  prova  su  di  essa  incombente,
giacche' il ricorso non enuncia le ragioni per cui lo stanziamento di
75 milioni di euro destinato a tutte  le  Regioni  ordinarie  sarebbe
insufficiente per assicurare l'erogazione del servizio da parte della
Regione ricorrente. 
    Peraltro, il ricorso risulta carente anche perche'  le  lamentate
violazioni dell'autonomia finanziaria regionale non  sono  comprovate
da una  adeguata  analisi  complessiva  del  bilancio  regionale:  il
necessario  adempimento  di  tale  onere  probatorio  consegue  anche
dall'orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui  le
norme incidenti sull'assetto finanziario degli enti territoriali  non
possono essere valutate in modo "atomistico", ma  solo  nel  contesto
della manovra complessiva, che puo' comprendere norme aventi  effetti
di segno opposto sulla finanza delle Regioni e degli enti locali  (ex
multis, sentenze n. 205 del 2016, n. 82 del 2015, n. 26 del 2014,  n.
27 del 2010, n. 155 del 2006 e n. 431 del 2004). 
    5.3.-  Tali  carenze,  in  ossequio  al  richiamato  orientamento
giurisprudenziale (si veda altresi' la sentenza  n.  151  del  2016),
comportano  l'inammissibilita'  della   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.1, comma 70, promossa in riferimento all'art.
119 Cost. 
    6.- La Regione Veneto, con diverso motivo di ricorso,  impugna  i
commi 679, 682 e 683 dell'art. 1 della legge n.  205  del  2017  «per
violazione degli articoli 3, 32, 81, 97, 117, III e  IV  comma,  118,
119 Cost., nonche' 5 e 120 Cost.  per  violazione  del  principio  di
leale collaborazione». 
    Il comma 679 destina specifiche risorse annuali, nell'ambito  del
triennio 2016-2018, alla copertura degli oneri  posti  a  carico  del
bilancio statale, in applicazione  dell'articolo  48,  comma  1,  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), e per i miglioramenti economici del personale  dipendente
dalle amministrazioni statali  in  regime  di  diritto  pubblico.  Il
successivo comma 682 afferma che  gli  oneri  derivanti  dai  rinnovi
contrattuali per il triennio 2016-2018 per il personale dipendente da
amministrazioni, enti e  istituzioni  diversi  dalle  amministrazioni
statali, sono a carico dei  bilanci  delle  medesime.  Il  comma  683
estende tale ultima previsione anche al personale  convenzionato  con
il Servizio sanitario nazionale. 
    Ad avviso della Regione ricorrente  la  legge  di  bilancio  2018
prevederebbe un incremento del 3,48 per cento dei costi  contrattuali
per il personale  dipendente  delle  amministrazioni  centrali,  come
disposto dal riportato comma  679.  Tale  percentuale  di  incremento
retributivo sarebbe destinata a essere applicata  al  comparto  delle
Regioni e degli enti del Servizio sanitario nazionale in  virtu'  dei
censurati commi 682 e 683 senza che,  tuttavia,  sia  stato  previsto
alcuno  stanziamento  aggiuntivo  a  favore   delle   amministrazioni
regionali. 
    La  questione  non  e'  fondata,  in  quanto  si  basa   su   una
interpretazione non condivisibile delle disposizioni censurate. 
    I commi 682 e 683 non impongono in alcun  modo  alle  Regioni  di
assicurare al  loro  personale  e  a  quello  sanitario  il  medesimo
incremento retributivo disposto dal comma 679 per i dipendenti  delle
amministrazioni statali. Essi si  limitano  a  ribadire  che  per  il
personale regionale e sanitario  valgono  i  principi  contenuti  nel
decreto legislativo n. 165 del 2001, che peraltro  sono  testualmente
richiamati nelle disposizioni impugnate. 
    Da tale testo normativo si ricava anzitutto il principio  che  la
determinazione del trattamento  economico  del  personale  dipendente
dalle   amministrazioni   pubbliche   e'   materia   affidata    alla
contrattazione collettiva (articoli 2, comma 3, terzo periodo,  e  45
del d.lgs. n. 165 del 2001). 
    In proposito, anche  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  piu'
volte affermato che, nell'assetto regolatorio del  pubblico  impiego,
il contratto collettivo si atteggia come imprescindibile  fonte,  che
disciplina anche  il  trattamento  economico,  nelle  sue  componenti
fondamentali e accessorie (sentenze n. 257 del  2016  e  n.  178  del
2015).  Del  resto,  successivamente  all'entrata  in  vigore   delle
disposizioni oggetto del presente giudizio, i sindacati  e  l'Agenzia
per  la  rappresentanza  negoziale  delle  pubbliche  amministrazioni
(ARAN) hanno siglato, in data 21  maggio  2018,  il  nuovo  contratto
collettivo nazionale di lavoro  del  comparto  funzioni  locali,  che
riguarda il periodo che va dal 1°gennaio 2016  fino  al  31  dicembre
2018. 
    Quanto all'asserita assenza dei finanziamenti  necessari  a  dare
copertura alle spese per il personale  regionale  e  sanitario  giova
segnalare che l'articolo 48, comma 2,  primo  periodo,  del  medesimo
decreto legislativo n. 165 del 2001, in virtu' del  richiamo  operato
al  precedente  articolo  41,  comma  2,  stabilisce  che  gli  oneri
derivanti dalla contrattazione collettiva sono determinati  a  carico
dei bilanci delle Regioni, dei  relativi  enti  dipendenti,  e  delle
amministrazioni del Servizio sanitario nazionale. 
    Pertanto, una corretta lettura degli impugnati commi  682  e  683
porta a concludere  che  essi,  limitandosi  a  ribadire  i  principi
generali gia' stabiliti dal d.lgs. n. 165 del  2001,  esauriscono  in
cio' la loro portata normativa. 
    Di   qui   l'infondatezza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 679, 682 e 683, della legge n.  205
del 2017 siccome promossa dalla Regione Veneto.