ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  3,
secondo periodo, della legge 12 luglio  2017,  n.  113  (Disposizioni
sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali
forensi) e dell'art. 11-quinquies del decreto-legge 14 dicembre 2018,
n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione
per le imprese e per  la  pubblica  amministrazione),  come  inserito
dalla legge di conversione 11 febbraio  2019,  n.  12,  promossi  dal
Consiglio nazionale forense con due ordinanze del 28  febbraio  2019,
iscritte rispettivamente ai nn. 65 e 66 del registro ordinanze 2019 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  18,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di  costituzione  di  Nicola  Giusteschi  Conti  e
altro, di Carla Giuliani e altri, di Alessandro Cardosi e  altri,  di
Salvatore Lupinacci e del Consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  di
Savona e altri, nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, di Alfredo Sorge e altri e  dell'Associazione
nazionale forense; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  18  giugno  2019  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Bruno Ricciardelli per Alfredo Sorge e  altri,
Alessandro  Barbieri  per  l'Associazione  nazionale  forense,  Luigi
Cocchi per Alessandro Cardosi e altri, Scipione Del Vecchio e Daniele
Granara per Salvatore Lupinacci, Luigi Piscitelli  per  il  Consiglio
dell'ordine degli avvocati di Savona  e  altri,  Fabio  Valerini  per
Nicola Giusteschi Conti e altro, Giovanni  Pietro  Sanna  e  Giovanni
Delucca per Carla Giuliani e altri, nonche'  l'Avvocato  dello  Stato
Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di due procedimenti relativi ad altrettanti reclami
presentati avverso le decisioni delle  Commissioni  elettorali  degli
ordini degli avvocati, rispettivamente, di La  Spezia  e  di  Savona,
entrambe dell'11 gennaio 2019, l'adito  Consiglio  nazionale  forense
(CNF), nella  sua  qualita'  di  giudice  speciale,  rilevato  che  i
reclamanti  lamentavano  che  alcuni  candidati  eletti   in   quelle
competizioni, per avere svolto due consecutivi mandati precedenti, si
trovassero nella condizione di ineleggibilita' prevista dall'art.  3,
comma 3,  secondo  periodo,  della  legge  12  luglio  2017,  n.  113
(Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini
circondariali forensi) e, premessane, per tal profilo, la  rilevanza,
ha sollevato con le due ordinanze (di identico contenuto) iscritte ai
numeri  65  e  66  del  r.  o.  2019,   questioni   di   legittimita'
costituzionale della disposizione suddetta,  per  contrasto  con  gli
artt. 3, 48 e 51 e, sotto altro profilo, con gli artt. 2, 3, 18 e 118
della Costituzione. 
    In relazione ai parametri di cui agli artt. 2, 3, 18,  48,  51  e
118  Cost.,  lo  stesso  rimettente  dubita  poi  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 11-quinquies del decreto-legge  14  dicembre
2018,  n.  135  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  sostegno   e
semplificazione per le imprese e per  la  pubblica  amministrazione),
come inserito dalla legge di conversione 11  febbraio  2019,  n.  12,
che, in via interpretativa, ha affermato che, ai fini del divieto del
terzo mandato consecutivo, si tiene conto anche dei mandati espletati
prima dell'entrata in vigore della legge n. 113 del 2017. 
    1.1.- Secondo il  Consiglio  a  quo,  la  ratio  del  divieto  di
elezione per il terzo mandato consecutivo - individuata  nel  «valore
dell'avvicendamento o del  ricambio  nelle  cariche  rappresentative»
(Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,  sentenza  19  dicembre
2018, n. 32781) - sembrerebbe «difficilmente  comparabile,  sotto  il
profilo del tono costituzionale, ai diritti ed ai principi in tema di
elettorato  attivo  e  passivo».  Dal  che  l'«irragionevolezza   del
bilanciamento» operato dal legislatore  del  2017  e  la  conseguente
violazione degli artt. 3, 48 e 51 Cost. 
    Il censurato «divieto di rielezione» realizzerebbe, inoltre, «una
irragionevole compressione dell'ambito di  autonomia  riservato  agli
ordini  forensi  dagli  artt.  2,  18  e  118  della   Costituzione»,
integrando  «una  interferenza  statale  nelle  dinamiche  elettorali
interne ad una formazione sociale [...] non  [...]  sorretta  da  una
adeguata ragionevolezza e proporzionalita'». 
    1.2.-  A  sua  volta,  la  disposizione  introdotta  in  sede  di
conversione del d.l. n. 135 del 2018 contrasterebbe  con  i  medesimi
parametri sopra evocati e, in particolare, con l'art. 3 Cost., «sotto
il profilo della violazione del  principio  di  ragionevolezza  delle
norme retroattive di interpretazione autentica», non essendo sorretta
da un  «rilevante  interesse  pubblico»,  che  giustifichi  una  tale
retroattiva incidenza  su  un  diritto  costituzionalmente  garantito
quale quello di elettorato passivo e l'effetto,  che  ne  deriva,  di
«violazione delle funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario». 
    2.- Nel giudizio incidentale introdotto dall'ordinanza n. 65  del
r. o. 2019, si sono costituite le parti  reclamanti  del  giudizio  a
quo, per chiedere il rigetto delle questioni  (tese  a  rimuovere  il
divieto  del  terzo  mandato  consecutivo,  la  cui  violazione  esse
addebitano agli eletti). 
    2.1.- Opposte conclusioni, volte all'accoglimento, invece,  delle
suddette  questioni,  hanno  formulato  gli  eletti,  resistenti  nel
giudizio a quo, costituitisi in quello incidentale con  due  separati
atti, ciascuno illustrato anche con memoria. 
    Secondo i resistenti, la causa di incandidabilita'  di  cui  alla
norma censurata contrasterebbe in modo insanabile  con  la  sfera  di
autonomia propria delle associazioni. 
    A sua volta, l'art. 11-quinquies del d.l. n. 135 del  2018,  come
introdotto dalla legge di conversione n. 12 del 2019, nel sancire  la
retroattivita' del divieto, lederebbe l'affidamento sia di coloro che
in buona fede si sono candidati,  confidando  nella  possibilita'  di
essere eletti, sia di coloro che, altrettanto in  buona  fede,  hanno
espresso il proprio voto in favore di tali candidati. 
    2.2.- Altri quattro avvocati - dal primo al quarto dei non eletti
nella competizione relativa al rinnovo  (nel  gennaio-febbraio  2019)
del Consiglio dell'ordine degli avvocati  di  Napoli,  a  loro  volta
ricorrenti  avverso  la  proclamata  elezione   di   candidati   gia'
consiglieri nelle due precedenti consiliature di quel  circondario  -
hanno spiegato  intervento  «ad  adiuvandum  dei  ricorrenti»  e  «ad
opponendum  dei  resistenti»,  concludendo  anch'essi  per   la   non
fondatezza  delle  proposte  questioni:  conclusioni   ribadite,   ed
ulteriormente argomentate, con memoria integrativa. 
    2.3.- Ha, inoltre, spiegato intervento  l'Associazione  nazionale
forense (ANF), argomentandone l'ammissibilita'  sul  rilievo  che  le
disposizioni censurate «concernono direttamente e immediatamente»  la
posizione soggettiva di essa associazione  «quale  ente  maggiormente
rappresentativo»  (per  previsioni  statutarie  e  per  istituzionale
riconoscimento  come  tale)  degli  interessi  degli   avvocati.   In
dichiarata funzione di  tutela  dei  quali  ha  concluso  perche'  le
riferite  questioni  siano  dichiarate   inammissibili   o   comunque
infondate. 
    2.4.- E', infine, intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, per il tramite dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la
quale ha contestato la fondatezza delle questioni sollevate. 
    Secondo l'Avvocatura, il  limite  dei  due  mandati  consecutivi,
previsto dal legislatore del 2017 per i componenti dei consigli degli
ordini  circondariali  forensi,  sarebbe  piu'  che   ragionevole   e
legittimo   (perche'   ampiamente   circoscritto,   non   precludendo
successive ricandidature, una  volta  trascorso  un  numero  di  anni
uguale a quello del precedente mandato, e non tenendo conto, ai  fini
del divieto, dei mandati inferiori ai due anni). E la ratio  di  tale
disciplina   sarebbe   «facilmente    individuabile    nell'esigenza,
discrezionalmente  valutata  dal  legislatore,   di   promuovere   il
pluralismo  nella  rappresentanza  professionale,  a  vantaggio,  tra
l'altro, del ricambio generazionale e della funzionalita' e del  buon
andamento del sistema della rappresentanza professionale». 
    Inoltre, il successivo intervento legislativo di  interpretazione
autentica sarebbe «pienamente conforme ai  principi  elaborati  dalla
giurisprudenza costituzionale in materia di sindacato di legittimita'
costituzionale delle leggi di interpretazione». 
    3.- Nel giudizio incidentale introdotto dall'ordinanza n. 66  del
r. o. 2019, si sono costituiti, e  hanno  successivamente  depositato
memoria integrativa, i tre reclamanti nel procedimento a quo, il  cui
difensore ha chiesto dichiararsi la non  fondatezza  delle  questioni
sollevate e presentato istanza per una anticipata loro trattazione in
vista dell'imminente espletamento delle nuove elezioni forensi. 
    Secondo  i  reclamanti,  l'art.  51  Cost.   sarebbe   riferibile
esclusivamente al diritto di essere eletti a cariche politiche e  non
alle  cariche  amministrative  con  rilevanza  interna,  come  quelle
afferenti ai consigli degli ordini  forensi.  Il  nostro  ordinamento
conoscerebbe, del resto,  diverse  altre  forme  di  limitazione  del
diritto di elettorato  passivo,  del  tutto  estranee  alla  tematica
dell'inaffidabilita' dei  candidati.  L'esigenza  di  ricambio  delle
cariche pubbliche sarebbe un valore di rango costituzionale, tanto da
costituire  un'ipotesi  di   ineleggibilita'   (temporanea)   per   i
consiglieri del Consiglio  superiore  della  magistratura  (CSM).  La
previsione denunciata limiterebbe, comunque, solo provvisoriamente il
diritto di accesso alle cariche pubbliche  di  taluni  soggetti  (che
quelle cariche hanno gia' ricoperto a lungo), per consentire  che  il
medesimo diritto di accesso  abbia  portata  effettiva  (e  non  solo
formale) in capo a tutti gli altri potenziali candidati. 
    3.1.- Si sono, altresi', costituiti,  con  unico  atto,  e  hanno
presentato  successiva  memoria,  il  Consiglio   dell'ordine   degli
avvocati di Savona nonche' vari candidati eletti (al  terzo  mandato)
nella competizione del gennaio 2019 di quel circondario,  tutti  gia'
parti  nel  procedimento  a  quo,  i   quali   hanno   concluso   per
l'accoglimento delle questioni sollevate dal CNF. 
    Secondo i resistenti, cio' che in realta' vorrebbe promuovere  la
norma   censurata   e'   l'accelerazione   nell'avvicendamento   (nel
linguaggio politico diffusamente indicata come  "rottamazione"),  che
sarebbe un valore politico in un determinato momento storico, ma  non
avrebbe rilievo costituzionale. Soprattutto, il valore  del  ricambio
non  sarebbe  comparabile  con   il   valore,   di   pari   dignita',
dell'esperienza e della competenza acquisita nei precedenti  mandati,
che sarebbe cosi' sacrificato. 
    3.2.- L'ANF e il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  sono
intervenuti con atti di contenuto identico a  quello  dei  rispettivi
interventi nel giudizio di cui al r. o. n. 65 del 2019. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio nazionale forense (CNF), quale giudice  speciale
(da ultimo, sentenza n. 189 del 2001) - con le due  ordinanze  emesse
nei procedimenti  di  reclamo  elettorale  di  cui  si  e'  detto  in
narrativa e che, per l'identita' del petitum, possono preliminarmente
riunirsi per essere  congiuntamente  esaminate  e  decise  -  solleva
questioni incidentali di legittimita' costituzionale: 
    a) dell'art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge  12  luglio
2017, n. 113 (Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli
degli ordini circondariali forensi), nella parte in cui prevede che i
consiglieri dei consigli circondariali  forensi  non  possono  essere
eletti per piu' di due mandati consecutivi,  per  sospetto  contrasto
con gli artt. 3, 48 e 51 della Costituzione, sotto il  profilo  della
irragionevole limitazione del diritto di elettorato attivo e  passivo
che ne conseguirebbe; 
    b) del medesimo art. 3, comma 3, secondo periodo,  per  contrasto
con gli artt. 2, 3, 18 e 118 Cost., per l'illegittima e irragionevole
compressione  -  dell'ambito  di  autonomia  riservato  agli   ordini
circondariali forensi quali enti pubblici non economici  a  carattere
associativo - che tale divieto, a sua volta, comporterebbe; 
    c) dell'art. 11-quinquies del decreto-legge 14 dicembre 2018,  n.
135 (Disposizioni urgenti in materia di  sostegno  e  semplificazione
per  le  imprese  e  per  la  pubblica  amministrazione),  nel  testo
introdotto dalla legge di conversione 11 febbraio 2019, n. 12,  nella
parte in cui prevede, con norma di interpretazione autentica, che  il
divieto di elezione per piu' di due mandati consecutivi  operi  anche
per i mandati iniziati  anteriormente  all'entrata  in  vigore  della
legge che ha stabilito tale divieto, per violazione degli artt. 2, 3,
18, 48, 51 e 118 Cost., che conseguirebbe al superamento  dei  limiti
di  ragionevolezza  delle  norme   retroattive   di   interpretazione
autentica. E cio' sul rilievo che il conferimento, cosi' operato,  di
effetti pro futuro a fatti accaduti in passato e a rapporti giuridici
esauriti comporti appunto una compressione del diritto di  elettorato
passivo  e  attivo  degli  avvocati,  e  delle  funzioni  giudiziarie
costituzionalmente riservate al Consiglio  nazionale  forense,  quale
giudice speciale investito del contenzioso in materia di elezioni dei
consigli circondariali. 
    2.- Preliminarmente va confermata l'ordinanza - resa in udienza e
che qui si allega - con la quale sono stati dichiarati  inammissibili
gli  interventi  di  avvocati   "terzi"   nel   giudizio   introdotto
dall'ordinanza n. 65 del r. o.  2019  e  dell'Associazione  nazionale
forense in entrambi i giudizi. 
    3.- Nel merito, nessuna delle sollevate questioni e' fondata. 
    3.1.- Non sussiste, in primo luogo, infatti,  il  vulnus  che  si
assume arrecato, agli artt. 3, 48 e 51 Cost., dal divieto  del  terzo
mandato consecutivo, di cui al censurato comma  3,  secondo  periodo,
dell'art. 3 della legge n. 113 del 2017. 
    3.1.1.- Il divieto di immediata candidatura dopo  lo  svolgimento
di «due mandati» era gia' previsto dall'art. 28, comma 5, della legge
31 dicembre 2012, n. 247  (Nuova  disciplina  dell'ordinamento  della
professione forense). 
    Il censurato art. 3, comma 3, della successiva legge n.  113  del
2017 riproduce tale divieto in  forma  anche  piu'  circoscritta,  in
quanto impedisce la candidatura esclusivamente per il  terzo  mandato
"consecutivo", di conseguenza consentendola  una  volta  decorsa  una
tornata  elettorale   dopo   l'espletamento   del   secondo   mandato
consecutivo; e rendendo poi, comunque,  possibile  il  terzo  mandato
consecutivo ove uno dei due precedenti mandati non abbia raggiunto la
durata dei due anni. 
    3.1.2.- Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ritenuto
il cosi' riformulato divieto di terzo mandato consecutivo compatibile
con i valori costituzionali (sentenza 19 dicembre  2018,  n.  32781).
Alle stesse conclusioni  era  gia'  pervenuta  la  giurisprudenza  di
legittimita' a sezioni semplici con riguardo allo stesso limite posto
per le candidature dei consiglieri dell'ordine dei commercialisti  ed
esperti  contabili  (Corte  di  cassazione,  sezione  prima   civile,
ordinanze 21 maggio 2018, numeri 12461 e 12462). 
    Il CNF e', invece,  di  contrario  avviso  e,  nel  sollevare  le
questioni di legittimita' costituzionale della predetta  disposizione
della legge n. 113 del 2017, ne motiva la non manifesta  infondatezza
in chiave di puntuale replica  agli  argomenti  posti  a  base  delle
richiamate decisioni della Corte di legittimita'. 
    Sostiene  cosi'  il  rimettente  che  la  ratio  del  divieto   -
individuata dalle Sezioni unite nella tutela del  «preminente  valore
dell'avvicendamento o del ricambio nelle cariche  rappresentative»  -
«integri un obiettivo di carattere essenzialmente politico [...] che,
seppur liberamente perseguibile  dal  legislatore  nell'ambito  della
sfera  di  discrezionalita'  politica  che  gli  e'  propria,  sembra
difficilmente comparabile, sotto il profilo del tono  costituzionale,
ai diritti e ai principi in tema di elettorato attivo e passivo». 
    Sottolinea, inoltre,  lo  stesso  rimettente  che  la  Cassazione
avrebbe «fatto premio  sull'analogia  con  i  divieti  di  rielezione
previsti per i Sindaci» ed osserva, in contrario,  che  «[a]ltro  e',
infatti, ragionare della rappresentativita' di un  ente  territoriale
avente    carattere    politico,    altro    e'    ragionare    della
rappresentativita' di un ente pubblico  associativo»;  e  «altro  e',
soprattutto, ragionare del divieto di rielezione relativo  ad  organi
monocratici  di  vertice  di  enti  politici  -  come   il   Sindaco,
rappresentante organico del  Comune  e,  di  conseguenza,  dotato  di
poteri gestionali diretti e di poteri autoritativi e di indirizzo  di
sicuro rilievo - e altro e' ragionare su  divieto  di  rielezione  di
membri di un organo collegiale chiamato a reggere  un  ente  pubblico
associativo avente natura meramente amministrativa». 
    La disposizione censurata - afferma conclusivamente il giudice  a
quo - non risponderebbe ad un «interesse di rilievo costituzionale in
grado di "competere in ponderazione" con  il  diritto  di  elettorato
passivo». 
    Ne  risulterebbe,  peraltro,  compromesso  anche  il  diritto  di
elettorato attivo ed il principio di liberta' di voto «consacrati con
particolare solennita' nell'art. 48 Cost.», poiche' alla «preclusione
legale  alla  possibilita'  di  taluni  soggetti  di  partecipare   a
competizioni   elettorali»   corrisponderebbe   inevitabilmente    la
«compressione dello spazio di libera scelta lasciato all'elettore, il
quale si vedra' sottrarre la facolta' di scegliere, quali destinatari
del proprio voto, taluni a vantaggio di altri». 
    3.1.3.- Gli argomenti sottesi alle censure rivolte dal rimettente
alla  previsione  di  incandidabilita'  a  consigliere  degli  ordini
circondariali forensi non sono condivisibili. 
    3.1.3.1.- Pur essendo effettivamente  non  pertinente  l'analogia
tra  il   divieto   di   rielezione   dei   consiglieri   dell'ordine
circondariale forense e quello relativo ai sindaci, sta di fatto  che
la previsione di un limite ai mandati che  possono  essere  espletati
consecutivamente e' un principio di ampia applicazione per le cariche
pubbliche  -  membri   elettivi   del   Consiglio   superiore   della
magistratura  (CSM);  componenti  del  Consiglio  degli  avvocati   e
procuratori dello Stato;  membri  del  Consiglio  nazionale  forense;
componenti del Consiglio nazionale del notariato, tra gli altri -  ed
e', comunque, un principio di portata  generale  nel  piu'  specifico
ambito degli ordinamenti professionali. 
    Il riferimento va, tra l'altro, all'art. 9, comma 9, del  decreto
legislativo 28 giugno 2005,  n.  139  (Costituzione  dell'Ordine  dei
dottori  commercialisti  e   degli   esperti   contabili,   a   norma
dell'articolo 2 della legge  24  febbraio  2005,  n.  34),  che,  con
riferimento agli ordini dei dottori commercialisti  e  degli  esperti
contabili, prevede che «[i] consiglieri dell'Ordine ed il  Presidente
possono essere eletti  per  un  numero  di  mandati  consecutivi  non
superiore a due». Analogamente l'art. 25, comma  13,  primo  periodo,
dello stesso d.lgs. n. 139  del  2005  stabilisce,  con  riguardo  al
Consiglio  nazionale  dei  dottori  commercialisti  e  degli  esperti
contabili, che «[i] membri del Consiglio nazionale durano  in  carica
quattro anni ed il loro mandato puo' essere rinnovato  per  una  sola
volta consecutiva». Nello stesso senso l'art. 2, comma 4, del decreto
del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005,  n.  169  (Regolamento
per il riordino del sistema elettorale  e  della  composizione  degli
organi  di  ordini  professionali),  relativamente  agli  ordini  dei
dottori  agronomi  e  forestali,  degli  architetti,   pianificatori,
paesaggisti e conservatori, degli assistenti sociali, degli  attuari,
dei  biologi,  dei  geologi  e  degli  ingegneri,  dispone  che  «[i]
consiglieri restano in carica quattro anni a partire dalla data della
proclamazione dei risultati e, a far data dall'entrata in vigore  del
presente regolamento, non possono essere eletti per piu' di due volte
consecutive».  In  proposito,  l'art.   2,   comma   4-septies,   del
decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in  materia
tributaria e di sostegno alle  imprese  e  alle  famiglie),  inserito
dalla legge di conversione 26 febbraio 2011,  n.  10,  chiarisce  che
«[l]e disposizioni di cui all'articolo 2, comma 4, del regolamento di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169,
si applicano per i componenti degli organi in  carica  alla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione  del  presente  decreto,
con  il  limite  massimo  di  durata  corrispondente  a  tre  mandati
consecutivi». Ed ancora, l'art. 5, comma 2, del  d.P.R.  n.  169  del
2005 estende il divieto di elezione per piu' di due volte consecutive
ai  componenti  del  Consiglio  nazionale  dei  dottori  agronomi   e
forestali,   degli   architetti,   pianificatori,    paesaggisti    e
conservatori, degli assistenti sociali, degli attuari,  dei  biologi,
dei geologi e degli ingegneri. Allo stesso modo, gli artt.  2,  comma
2, e 3, comma 2, del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  25
ottobre 2005, n. 221 (Disposizioni in materia di procedure elettorali
e  di  composizione  del   consiglio   nazionale   e   dei   consigli
territoriali, nonche' dei relativi organi  disciplinari,  dell'ordine
degli psicologi, ai sensi dell'articolo 1, comma 18, della  legge  14
gennaio 1999, n. 4, dell'articolo 4 del decreto del Presidente  della
Repubblica 5 giugno  2001,  n.  328  e  dell'articolo  1-septies  del
decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 31 marzo 2005, n. 43) dispongono, rispettivamente  per  i
consiglieri territoriali e  per  i  membri  del  consiglio  nazionale
dell'ordine degli psicologi, il divieto di elezione per piu'  di  due
volte consecutive. Mentre  in  ordine  all'elezione  dei  membri  dei
consigli distrettuali di disciplina, quali componenti  dell'organismo
cui spetta l'esercizio dell'azione disciplinare nei  confronti  degli
avvocati, l'art. 2, comma 2, del regolamento del Consiglio  nazionale
forense 31 gennaio 2014, n. 1 (Elezione dei componenti  dei  Consigli
distrettuali di disciplina), stabilisce un divieto  di  elezione  per
piu' di due  mandati  consecutivi,  analogo  a  quello  recato  dalla
disposizione  che  lo  stesso  Consiglio  censura  ora  come  giudice
speciale. 
    3.1.3.2.- Non  e'  poi  esatto  ritenere  che  il  bilanciamento,
operato dalla disposizione censurata, tra il  valore  dell'elettorato
(attivo  e  passivo)  e  l'obiettivo  antagonista  del   ricambio   e
dell'avvicendamento,  si  risolva  in  violazione  del   primo,   ne'
tantomeno che le finalita' cui risponde il divieto del terzo  mandato
consecutivo siano - come sostiene il giudice a quo -  prive  di  tono
costituzionale. 
    3.1.3.3.- La peculiare ed essenziale finalita' - che ha  di  mira
la previsione che circoscrive (provvisoriamente, come si e' detto) il
diritto di accesso di taluni  soggetti  alla  carica  di  consigliere
dell'ordine  circondariale  forense  -   e'   quella,   infatti,   di
valorizzare le condizioni di eguaglianza che  l'art.  51  Cost.  pone
alla base dell'accesso «alle cariche elettive». 
    Uguaglianza  che,  nella  sua  accezione   sostanziale,   sarebbe
evidentemente  compromessa  da  una  competizione  che  possa  essere
influenzata  da  coloro  che  ricoprono  da  due  (o  piu'   mandati)
consecutivi la carica per la quale si concorre e  che  abbiano  cosi'
potuto consolidare un forte legame  con  una  parte  dell'elettorato,
connotato da tratti peculiari di prossimita'. 
    Il divieto del terzo consecutivo mandato favorisce il fisiologico
ricambio all'interno  dell'organo,  immettendo  "forze  fresche"  nel
meccanismo   rappresentativo   (nella   prospettiva   di   assicurare
l'ampliamento e la maggiore fluidita' dell'elettorato passivo),  e  -
per altro verso - blocca l'emersione di  forme  di  cristallizzazione
della rappresentanza; e cio' in  linea  con  il  principio  del  buon
andamento della amministrazione,  anche  nelle  sue  declinazioni  di
imparzialita' e trasparenza, riferito agli ordini forensi, e a tutela
altresi' di valori di autorevolezza di  una  professione  oggetto  di
particolare attenzione da parte del legislatore, in ragione della sua
diretta inerenza all'amministrazione della giustizia e al diritto  di
difesa. 
    Valori, questi, riconducibili, dunque, agli artt. 3, 24, 51 e  97
Cost.,  che  la  disposizione  censurata   tutela   in   termini   di
ragionevolezza  e  proporzionalita',  attesa  la  gia'   sottolineata
temporaneita' (per una  sola  tornata)  della  descritta  ipotesi  di
incandidabilita'. 
    Ne' e' sostenibile in contrario, come deduce il rimettente, che i
descritti valori controbilanciabili (con il  diritto  di  elettorato)
non avrebbero "tono costituzionale", per la ragione che, diversamente
dai vertici monocratici di natura politica delle autonomie locali,  i
consigli  circondariali  degli  ordini   forensi   sarebbero   organi
collegiali  riconducibili  a  un  fenomeno  associativo  con  valenza
prettamente privatistica. 
    Una tale prospettazione (non coerente alla  evocazione  dell'art.
51 Cost. con riguardo alle elezioni di organi di mere associazioni di
diritto privato) e', comunque, in contrasto con le numerose  funzioni
pubblicistiche di vigilanza e rappresentanza  esterna,  sottese  alla
regolamentazione ordinistica delle  professioni,  tra  le  quali:  la
tutela dell'indipendenza e del decoro professionale  degli  iscritti;
la tenuta degli albi;  l'approvazione  dei  regolamenti  interni;  il
controllo   dell'efficace   esercizio    del    tirocinio    forense;
l'organizzazione di corsi e scuole di specializzazione; la  vigilanza
sulla condotta degli iscritti; la costituzione di  camere  arbitrali,
di  conciliazione  ed  organismi  di  risoluzione  alternativa  delle
controversie;  la   vigilanza   sulla   corretta   applicazione   nel
circondario  delle  norme  dell'ordinamento  giudiziario.   Funzioni,
queste ed altre,  di  pari  rilievo  istituzionale,  il  cui  insieme
conferisce, appunto, ai predetti ordini forensi il carattere di  enti
di diritto pubblico a carattere associativo, che devono,  come  tali,
sottostare alle esigenze di buon andamento  e  imparzialita'  di  cui
all'art. 97 Cost. 
    Esigenze  rispetto  alle  quali  risulta,  dunque,  coerente   la
previsione del divieto del terzo mandato consecutivo. 
    3.2.- Va, del pari, escluso il contrasto  della  disposizione  su
citata con gli artt. 2, 18, 118  e  «in  particolare»  con  l'art.  3
Cost., con  riguardo  all'ulteriore  profilo  dell'asserita  negativa
incidenza del divieto del terzo mandato consecutivo  sulla  sfera  di
autonomia degli ordini professionali. 
    Per quanto prima detto, gli ordini forensi  sono,  infatti,  enti
pubblici non economici a carattere associativo (ex plurimis, Corte di
cassazione, sezioni unite civili, sentenze 24 giugno 2009, n.  14812;
27 gennaio 2009, n. 1874; 12 marzo  2008,  n.  6534),  istituiti  per
garantire il rispetto dei  principi  previsti  dalla  legge  e  delle
regole deontologiche, nonche' con finalita' di tutela  dell'utenza  e
degli interessi pubblici connessi all'esercizio della  professione  e
al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. 
    Molte delle funzioni istituzionali  attribuite  agli  ordini  dal
legislatore integrano una attivita' esterna destinata  a  concludersi
con  la  formazione  di   atti   soggettivamente   e   oggettivamente
amministrativi   a    carattere    autoritativo,    perche'    emessi
nell'esercizio di  un  potere  riconosciuto  in  via  esclusiva  come
espressivo di  potesta'  amministrativa  per  finalita'  di  pubblico
interesse. 
    Deriva appunto da  cio'  l'obbligatorieta'  dell'iscrizione  agli
ordini circondariali per l'espletamento della professione  forense  e
la peculiare  natura  di  "associazione  obbligatoria"  degli  ordini
professionali, preordinata alla  tutela  di  pregnanti  interessi  di
rilievo costituzionale, quali, in primis, la tutela  del  diritto  di
difesa ex art. 24 Cost., mediante vigilanza sull'adeguata competenza,
sull'aggiornamento  costante  e  sull'effettivo   svolgimento   della
professione da parte degli avvocati. 
    In questa prospettiva, il legislatore se, da una  parte,  limita,
in  negativo,  la  liberta'  di  associarsi  in  capo  a  chi  voglia
esercitare   la   professione   forense,    dall'altro,    contempera
l'autonomia, comunque ampiamente riconosciuta, degli  ordini  stessi,
in modo  da  garantire  che  qualunque  iscritto  possa  accedere  in
condizioni di effettiva parita' alle cariche  sociali.  L'impedimento
temporaneo  alla  ricandidatura  appare  preordinato  a  evitare   la
formazione  e  la  cristallizzazione  di  gruppi  di  potere  interni
all'avvocatura, o quantomeno a limitarne l'eventualita', mediante  il
ricambio delle cariche elettive e la conseguente  salvaguardia  della
parita' delle voci dell'avvocatura. 
    3.3.- Neppure la disposizione di cui  all'art.  11-quinquies  del
d.l. n. 135 del 2018, inserito dalla legge di conversione n.  12  del
2019, incorre nella violazione dei parametri  costituzionali  evocati
dal Consiglio rimettente. 
    La  norma  censurata  -  che  riproduce  alla  lettera  il  testo
dell'art. 1 del decreto-legge 11 gennaio 2019, n. 2 (Misure urgenti e
indifferibili per il rinnovo dei consigli degli ordini  circondariali
forensi),  abrogato  (con  salvezza  degli  effetti  prodotti  e  dei
rapporti giuridici sorti sulla base di esso) dall'art.  1,  comma  3,
della stessa legge n. 12  del  2019  -  e'  dichiaratamente  volta  a
fornire l'«interpretazione autentica» dell'art. 3, comma  3,  secondo
periodo, della legge n. 113 del 2017. 
    E, a tal fine, appunto dispone che, «ai  fini  del  rispetto  del
divieto di cui al predetto [secondo] periodo [del comma 3 dell'art. 3
della legge n. 113 del 2017], si tiene conto dei  mandati  espletati,
anche solo in parte, prima della sua entrata in vigore». 
    In sede di esegesi dell'art. 3 della legge n. 113  del  2017,  le
Sezioni unite della Corte di cassazione (con la ricordata sentenza n.
32781 del 2018) avevano gia'  peraltro  in  tal  senso  affermato  la
riferibilita' del divieto della  terza  candidatura  consecutiva  «ai
mandati pregressi e cioe' anche a quelli espletati pure solo in parte
prima dell'entrata in vigore della norma»; e avevano escluso che cio'
ne implicasse una interpretazione retroattiva. 
    Queste conclusioni, revocate in dubbio dal rimettente,  meritano,
invece, di essere condivise. 
    3.3.1.- La finalita'  "interpretativa"  (dell'art.  3,  comma  3,
secondo periodo, della legge  n.  113  del  2017)  esibita  dall'art.
11-quinquies, inserito nel d.l.  n.  135  del  2018  dalla  legge  di
conversione n. 12 del 2019,  anticipata  dal  d.l.  n.  2  del  2019,
risponde all'effettiva intenzione del legislatore (gia' espressamente
enunciata nel disegno legge di conversione del predetto d.l. n. 2 del
2019)  di  eliminare,  nell'imminenza  del   rinnovo   dei   consigli
circondariali, ogni  residua  incertezza  applicativa  in  merito  al
periodo intertemporale di riferimento del limite del doppio  mandato,
dopo che la soluzione interpretativa, cui era pervenuto, al riguardo,
il CNF in sede giudiziaria, era stata  ritenuta  non  corretta  dalle
Sezioni unite della Corte  di  Cassazione,  e  in  risposta  anche  a
specifica  richiesta,  rivolta  al  Parlamento,  in   un   deliberato
dell'Organismo congressuale forense del 21 dicembre  2018,  affinche'
ogni  dubbio  al  riguardo  fosse  tempestivamente  superato  con  un
intervento appunto di normazione primaria. 
    3.3.2.- Il  contenuto  precettivo  attribuito  alla  disposizione
interpretata dal legislatore del 2019 si uniforma  puntualmente  alla
lettura offertane dalle Sezioni unite della Corte di  cassazione  (in
data,  peraltro,  antecedente  a  quella  di  formalizzazione   delle
candidature avverso cui e' reclamo nei giudizi a quibus) e  riflette,
quindi, il "diritto vivente" quanto  alla  regola  di  rilevanza  dei
mandati espletati prima della entrata in vigore della  legge  n.  113
del 2017, ai fini dell'operativita' del  divieto  del  terzo  mandato
consecutivo. 
    3.3.3.- La disposizione  cosi'  interpretata  non  esige  poi  di
essere giustificata sul piano della retroattivita', poiche' essa  non
ha la portata retroattiva (in senso proprio), che le  attribuisce,  e
percio' censura, il rimettente. 
    Detta disposizione non regola, infatti, in modo nuovo  fatti  del
passato (non attribuisce cioe'  direttamente  ai  precedenti  mandati
conseguenze giuridiche diverse da  quelle  loro  proprie  nel  quadro
temporale di riferimento), ma dispone "per il futuro", ed e' solo  in
questa prospettiva che attribuisce rilievo, di requisito negativo, al
doppio mandato consecutivo espletato prima della ricandidatura. 
    Il limite all'accesso  alla  carica  elettiva,  cosi'  introdotto
dalla norma interpretata - come appunto gia' ritenuto dalla Corte  di
legittimita' - «non implica altro che l'operativita' immediata  della
legge e non una retroattivita' in senso tecnico e cioe'  con  effetti
ex tunc» (Corte di cassazione,  sezioni  unite  civili,  sentenza  n.
32781 del 2018, che cita anche la sentenza di questa Corte n. 118 del
1994). 
    Il primo periodo dello stesso art. 3, comma 3, della legge n. 113
del  2017,  a  sua  volta,  del  resto  prevede  una  condizione   di
ineleggibilita' degli iscritti che abbiano riportato, nei cinque anni
precedenti,  una   sanzione   disciplinare   esecutiva   piu'   grave
dell'avvertimento; e, al riguardo, nessun dubbio e' stato prospettato
in ordine alla riferibilita' di tale previsione anche  alle  sanzioni
irrogate al candidato prima  della  entrata  in  vigore  della  legge
stessa. 
    Allo stesso modo l'applicazione immediata del divieto  del  terzo
mandato consecutivo a chi  abbia  gia'  espletato  i  due  precedenti
consecutivi mandati costituisce, dunque, una  misura  ragionevolmente
scelta dal legislatore del 2017, destinata ad operare, per il futuro,
nelle successive competizioni elettorali forensi. 
    Questa Corte  ha  piu'  volte  gia',  del  resto,  affermato  che
attribuire, per via normativa,  a  determinati  fatti  o  situazioni,
anche  antecedentemente  verificatisi,  rilievo  immediato  (per   il
soggetto cui si riferiscono) di requisito negativo  o  di  condizione
ostativa, rispetto all'accesso a cariche elettive  (sentenza  n.  236
del 2015) o al conseguimento di titoli abilitativi  (sentenza  n.  80
del 2019), non attiene al piano diacronico della  retroattivita'  (in
senso  proprio)  degli  effetti,  ma  a  quello   fisiologico   della
applicazione ratione temporis della norma stessa. 
    3.3.4.- Da qui  la  non  fondatezza  anche  della  terza  residua
questione in riferimento a tutti i parametri evocati.