ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  44,  comma
1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per
lo sviluppo economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,
dell'art. 2, comma 62, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)», e dell'art. 2,  comma  1,  del
decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63 (Disposizioni urgenti in  materia
di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche' di  vendita
della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita'  istituzionale),
convertito, con modificazioni, nella legge 16 luglio  2012,  n.  103,
promosso dal Tribunale ordinario di Catania nel procedimento vertente
tra la societa' Ediservice srl e  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri e altri, con ordinanza del 7 giugno 2017, iscritta al n. 149
del registro ordinanze 2018 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di costituzione della societa'  Ediservice  srl  e
della Federazione Italiana Liberi Editori - FILE, nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e ad  adiuvandum
della societa' Avvenire Nuova Editoriale Italiana spa; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2019 il Giudice relatore
Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Roberto Cociancich per  la  societa'  Avvenire
Nuova  Editoriale  Italiana  spa,  Andrea  Scuderi  per  la  societa'
Ediservice srl, Massimo Luciani per la  Federazione  Italiana  Liberi
Editori - FILE e l'avvocato dello Stato Gianfranco Pignatone  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 7 giugno
2017, iscritta al n. 149 del reg. ord. 2018, ha  sollevato  questioni
di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   44,   comma   1,   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,
limitatamente   alle   parole   «e   tenuto   conto    delle    somme
complessivamente stanziate nel bilancio dello Stato  per  il  settore
dell'editoria che costituiscono limite massimo di  spesa»,  dell'art.
2,  comma  62,  della  legge  23  dicembre  2009  n.   191,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)», e dell'art. 2,  comma  1,  del
decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63 (Disposizioni urgenti in  materia
di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche' di  vendita
della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita'  istituzionale),
convertito, con modificazioni, nella legge 16 luglio 2012, n. 103, in
riferimento agli artt.  2,  3,  21,  41,  secondo  comma,  97,  della
Costituzione, e al principio della tutela dell'affidamento negli atti
dello Stato, anche in relazione all'art. 117, primo comma, Cost. 
    2.- A seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione  del
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di
Catania,  il  Tribunale  ordinario  di  Catania   veniva   adito   in
riassunzione   dalla   societa'   Ediservice   srl,   che    chiedeva
l'accertamento del proprio diritto a percepire il contributo  diretto
all'editoria per l'anno 2013, nella misura integrale richiesta,  come
spettante sulla base dei costi ammissibili, senza alcuna riduzione  o
riparto proporzionale, o nella misura maggiore o minore  ritenuta  di
giustizia. 
    La societa' chiedeva la disapplicazione dei decreti  con  cui  la
Presidenza  del   Consiglio   dei   ministri   -   Dipartimento   per
l'informazione e l'editoria - aveva ridotto il contributo che sarebbe
ad essa spettato ai sensi dell'art. 3, comma  2-bis,  della  legge  7
agosto 1990, n. 250 (Provvidenze  per  l'editoria  e  riapertura  dei
termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di
rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2,  della  legge  25
febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di  cui  all'articolo
11 della legge stessa), per l'anno 2013, per la  testata  «Quotidiano
di Sicilia», nonche' degli atti presupposti. 
    3.- Il giudice a quo, dopo aver ripercorso le difese delle  parti
in  causa,  ha   precisato   che   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale riguardano la previsione legislativa che condiziona la
corresponsione  del  contributo  agli  stanziamenti   stabiliti   nel
relativo capitolo del bilancio della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. 
    4.- E infatti, tutte le norme censurate prevedono  la  fissazione
di un tetto alla spesa per il sostegno all'editoria. 
    L'art. 44, comma 1, del d.l. n. 112 del  2008,  come  convertito,
stabilisce:   «Con   regolamento   di   delegificazione   ai    sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  da
emanare entro sessanta giorni dalla data di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, sentito anche il Ministro  per  la  semplificazione
normativa, sono emanate, senza nuovi o maggiori oneri a carico  della
finanza  pubblica  e  tenuto  conto  delle   somme   complessivamente
stanziate nel bilancio dello Stato per il settore dell'editoria,  che
costituiscono limite massimo di spesa, misure  di  semplificazione  e
riordino della disciplina di erogazione dei  contributi  all'editoria
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive  modificazioni,
e alla legge 7 marzo 2001, n. 62 [...]». 
    L'art. 2, comma 62, della legge n. 191 del 2009 stabilisce a  sua
volta: «In attuazione dell'articolo 44 del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  6  agosto
2008,  n.  133,  e  successive  modificazioni,  i  contributi  e   le
provvidenze spettano  nel  limite  dello  stanziamento  iscritto  sul
pertinente  capitolo  del  bilancio  autonomo  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri [...]». 
    Infine l'art.  2,  comma  1,  del  d.l.  n.  63  del  2012,  come
convertito, stabilisce: «[i] contributi di cui  al  presente  decreto
spettano nei limiti delle risorse stanziate sul  pertinente  capitolo
del bilancio autonomo della Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri
[...] in caso di insufficienza delle risorse stanziate,  agli  aventi
titolo spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale». 
    5.- Il Tribunale ordinario di Catania ha affermato  che  sussiste
la rilevanza delle questioni  in  quanto  le  disposizioni  censurate
impediscono di disapplicare i  provvedimenti  di  determinazione  del
contributo dei quali la societa' Ediservice srl si duole. 
    6.- Il giudice a quo ritiene che  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale siano non  manifestamente  infondate  in  ragione  dei
seguenti argomenti. 
    6.1.- Il rimettente premette che la ratio che  sta  a  fondamento
delle leggi che, prima dell'adozione delle norme oggetto del presente
giudizio,  si  sono  succedute  nel  tempo  riguardo  ai   contributi
all'editoria e' ben illustrata dall'art. 1, comma 1, della  legge  26
ottobre 2016, n. 198 (Istituzione  del  Fondo  per  il  pluralismo  e
l'innovazione  dell'informazione  e  deleghe  al   Governo   per   la
ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per  il  settore
dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della
disciplina  di  profili  pensionistici  dei   giornalisti   e   della
composizione e delle competenze del Consiglio  nazionale  dell'Ordine
dei giornalisti.  Procedura  per  l'affidamento  in  concessione  del
servizio pubblico radiofonico, televisivo  e  multimediale),  che  ha
istituito   il   Fondo   per   il    pluralismo    e    l'innovazione
dell'informazione al «fine di  assicurare  la  piena  attuazione  dei
principi di cui all'articolo 21 della  Costituzione,  in  materia  di
diritti,  liberta',  indipendenza  e  pluralismo   dell'informazione,
nonche' di incentivare l'innovazione dell'offerta informativa  e  dei
processi di distribuzione e di vendita, la  capacita'  delle  imprese
del  settore  di  investire  e  di  acquisire  posizioni  di  mercato
sostenibili nel tempo, nonche' lo sviluppo di nuove imprese  editrici
anche nel campo dell'informazione digitale». 
    Rileva, quindi, che a partire dal d.l.  n.  112  del  2008,  come
convertito, veniva stabilito un limite massimo allo stanziamento  per
i contributi all'editoria,  costituito  dalla  spesa  prevista  negli
appositi capitoli di bilancio dello  Stato  e  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri. 
    L'iniziale capienza degli stanziamenti non aveva  fatto  emergere
le "criticita'" che si erano poi palesate  a  partire  dal  2011,  in
ragione della riduzione degli stessi, poi disposta con determinazioni
della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  nonostante  il  ruolo
fondamentale nel sistema democratico del sostegno all'editoria. 
    Inoltre, poiche' l'erogazione del contributo interviene  dopo  la
chiusura  del  bilancio   annuale   delle   imprese   editrici,   una
corresponsione  dello  stesso  in   misura   minore   rispetto   alle
aspettative reca pregiudizio alle stesse. 
    6.2.- Le disposizioni censurate, nella parte in cui  rimettono  a
valutazioni politiche dell'autorita'  governativa  la  determinazione
dei  contributi  da  corrispondere  alle  imprese  editrici,  dunque,
sarebbero irragionevoli  e  lesive  rispetto  alla  salvaguardia  dei
valori di cui all'art. 21 Cost., in quanto ostacolano  l'assegnazione
di contributi significativi e adeguati  alle  imprese  editrici,  per
consentirne  il  mantenimento  e  lo  sviluppo,  come  strumento  per
garantire la  libera  manifestazione  del  pensiero,  e  rendono,  al
contrario,    difficoltosa    l'indipendenza    e    la    pluralita'
dell'informazione. 
    L'art. 21  Cost.  ha  un  valore  non  solo  negativo,  ma  anche
positivo, poiche' garantisce la  liberta'  di  informazione  a  mezzo
stampa, salvo i limiti previsti, anche nel senso della  rimozione  di
ostacoli di natura economica e sociale, in ragione di quanto previsto
dagli  artt.  3,  secondo  comma  (principio  di  eguaglianza  e   di
ragionevolezza), e 2, Cost. 
    6.3.- Sussisterebbe, altresi', la lesione dell'art. 97 Cost.,  in
quanto la determinazione  dell'ammontare  del  contributo  attribuita
alla discrezionalita' del Governo,  mediante  lo  strumento  politico
della variazione di bilancio e lo storno da  un  capitolo  all'altro,
senza l'indicazione di criteri oggettivi, contrasta con il  principio
di imparzialita' e trasparenza della pubblica amministrazione. 
    6.4.- Poiche' la determinazione del contributo interviene  quando
le imprese hanno gia' sostenuto i  costi,  la  stessa  e'  idonea  ad
incidere negativamente sulla  situazione  finanziaria  delle  imprese
editoriali, potendone determinarne il tracollo, cosi' incidendo sulla
liberta' di iniziativa economica (art. 41, secondo comma, Cost.). 
    La determinazione a  posteriori  del  contributo  lede  anche  il
principio del legittimo affidamento, nella specie,  ad  una  adeguata
determinazione dello stesso, riconducibile anch'esso sia  all'art.  3
Cost., sia all'ordinamento europeo  per  il  tramite  dell'art.  117,
primo comma, Cost. (e' richiamata la sentenza della  Corte  giustizia
dell'Unione  europea,  del  14  marzo  2013,   in   causa   C-545/11,
Agrargenossenschaft Neuzelle eG), sia ai  principi  generali  che  si
desumono dall'ordinamento  costituzionale  e  da  altri  fondamentali
valori di civilta' giuridica, quale principio connaturato allo  Stato
di  diritto,  connesso  alla  coerenza  e  certezza  dell'ordinamento
giuridico. 
    7.- Il giudice a quo, richiama, inoltre, la  sentenza  di  questa
Corte n. 275 del 2016 e deduce che la statuizione ivi contenuta  (che
il legislatore deve garantire l'effettiva attuazione dei  diritti  di
rilevanza sociale di cui all'art. 38 Cost., poiche'  e'  la  garanzia
dei  diritti  incomprimibili  ad  incidere  sul   bilancio,   e   non
l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa  erogazione)  deve
trovare applicazione anche con riguardo alle misure volte al sostegno
dell'editoria in ragione dell'art. 21 Cost. 
    8.- Infine, il rimettente rileva che, nel  caso  di  accoglimento
della questione di legittimita' costituzionale, non si verificherebbe
una indeterminatezza della disciplina da  applicare,  potendosi  fare
riferimento all'art. 2, comma 2,  del  d.l.  n.  63  del  2012,  come
convertito,  secondo  cui  «[a]  decorrere  dai  contributi  relativi
all'anno 2012 [...] il contributo [...] non  puo'  comunque  superare
quello riferito all'anno 2010». 
    9.- In data  19  novembre  2018  si  e'  costituita  la  societa'
Ediservice srl, parte del giudizio a quo, chiedendo che la  questione
venga accolta. 
    Dopo aver ripercorso le vicende che hanno dato luogo al  giudizio
principale,    rappresentando    l'inadeguatezza    del    contributo
riconosciutole per l'anno  2013  e  la  sopravvenienza  dello  stesso
rispetto   all'esercizio   finanziario   di   riferimento,   aderisce
all'ordinanza di rimessione. 
    Quest'ultima, osserva la parte, evidenzia, da  un  lato,  che  la
inopinata riduzione del contributo posto a sostegno della liberta' di
opinione e di stampa compromette  i  valori  che  il  giudice  a  quo
ritiene  lesi;   dall'altro,   che   l'erogazione   del   contributo,
intervenendo alla fine dell'esercizio finanziario  sociale,  reca  un
vulnus alle piccole imprese. 
    La parte rileva, infine, che l'attribuzione della  determinazione
del contributo alla Presidenza del Consiglio dei  ministri,  mediante
l'articolazione e la  modulazione  del  relativo  bilancio  autonomo,
sottrae la tutela di fondamentali diritti costituzionali e  interessi
generali all'esercizio della potesta' legislativa parlamentare. 
    10.- Con atto del 19 novembre 2018 e' intervenuta  ad  adiuvandum
la societa' Avvenire Nuova Editoriale Italiana spa,  che  ha  aderito
alle  argomentazioni  dell'ordinanza  di  rimessione,  assumendo   la
violazione dei parametri costituzionali richiamati nella stessa. 
    Preliminarmente, la societa'  ha  esposto  argomenti  a  sostegno
dell'ammissibilita' del proprio intervento, pur non essendo parte del
giudizio principale. 
    Richiama la giurisprudenza costituzionale in materia e deduce  di
vantare un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non  semplicemente  regolato  dalle
norme in questione, al pari di ogni altro. 
    In  proposito,  fa  presente  di  pubblicare  sotto  la   testata
«Avvenire» il  relativo  quotidiano,  che  concorre  a  garantire  un
effettivo pluralismo dell'informazione  e  di  aver  visto  anch'essa
disattese le proprie legittime  aspettative  quale  destinataria  del
contribuito all'editoria in questione. 
    Ammettendo l'intervento non solo - a  suo  avviso  -  si  darebbe
ingresso alla tutela della propria posizione giuridica soggettiva, ma
si riconoscerebbe la sussistenza di un interesse generale a che tutte
le posizioni religiose, politiche e  culturali  possano  interloquire
davanti alla Corte su temi di ampio valore costituzionale. 
    11.- In data 20 novembre 2018 si  e'  costituita  la  Federazione
Italiana Liberi Editori - FILE, gia' costituita nel giudizio svoltosi
dinanzi al TAR della Sicilia (il  quale  aveva  denegato  la  propria
giurisdizione) e convenuta  in  sede  di  riassunzione  nel  giudizio
principale dalla societa' Ediservice srl. 
    Dopo aver ripercorso le vicende processuali, la FILE ha  aderito,
esaminandone  e  condividendone   i   contenuti,   alle   motivazioni
dell'ordinanza di rimessione. 
    12.- Con atto del 20 novembre 2018 e' intervenuto  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, che ha chiesto di  dichiarare  inammissibili  o
non fondate le questioni. 
    La difesa dello Stato assume l'inammissibilita'  delle  questioni
per la genericita' delle stesse e la mancata indicazione del  tertium
comparationis rispetto alla dedotta violazione dell'art.  3  Cost.  e
del principio di ragionevolezza. 
    Espone che i decreti di variazione dell'iniziale stanziamento per
il  contributo  all'editoria,  intervenuti  nel  2013,  avevano   poi
incrementato il contributo. 
    Assume la non fondatezza  delle  questioni  rispetto  a  tutti  i
parametri invocati e la mancata deduzione di  ragioni  in  base  alle
quali la societa' attrice del giudizio principale potesse vantare  un
legittimo affidamento. 
    L'Avvocatura dello Stato, quindi, fa presente che e' intervenuto,
nella  pendenza  del  giudizio  principale,   processo   verbale   di
constatazione del Nucleo  di  Polizia  tributaria  della  Guardia  di
finanza del 15 giugno 2016, nel quale si affermava  che  la  societa'
Ediservice srl  aveva  percepito  in  misura  indebita,  proprio  con
riferimento all'anno 2013, il contributo in questione. 
    In ragione di  cio',  l'interveniente  eccepisce  il  difetto  di
rilevanza della questione. 
    13.- Nella memoria depositata il  14  maggio  2019,  l'Avvocatura
generale dello Stato,  dopo  aver  dedotto  l'inammissibilita'  degli
interventi spiegati nel giudizio incidentale dalla societa'  Avvenire
Nuova Editoriale Italiana spa e dalla FILE, insiste  nelle  deduzioni
svolte, anche in ragione  della  inconferenza,  nella  specie,  della
citata sentenza n. 275 del 2016 della  Corte  costituzionale,  e  del
rilievo di ragioni  di  razionalizzazione  e  risparmio  della  spesa
pubblica. 
    Produce, ad ulteriore sostegno dell'eccepito difetto di rilevanza
della questione, il decreto del giudice per le  indagini  preliminari
del Tribunale ordinario di Catania di  rinvio  a  giudizio,  tra  gli
altri, della societa' Ediservice srl ai sensi del decreto legislativo
8   giugno   2001,   n.   231   (Disciplina   della   responsabilita'
amministrativa delle  persone  giuridiche,  delle  societa'  e  delle
associazioni  anche  prive  di  personalita'   giuridica,   a   norma
dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300). 
    14.- Anche la societa' Ediservice srl ha  depositato  memoria  in
data 14 maggio 2019, con la quale insiste nelle proprie conclusioni e
afferma l'irrilevanza degli accertamenti tributari intervenuti e  del
procedimento    penale    pendente    rispetto    all'incidente    di
costituzionalita'. 
    15.- Nella memoria depositata il  15  maggio  2019,  la  societa'
Avvenire Nuova Editoriale Italiana spa ribadisce l'ammissibilita' del
proprio intervento, e insiste per l'accoglimento della questione. 
    16.- Anche la FILE ha depositato memoria il  14  maggio  2019,  e
ulteriore documentazione. 
    Preliminarmente, richiama l' art. 1, comma 810,  della  legge  30
dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), e
gli artt. 32, comma 1, lettera  r),  numero  3),  e  33  del  decreto
legislativo 15 maggio 2017, n. 70 (Ridefinizione della disciplina dei
contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani  e  periodici,
in attuazione dell'articolo 2, commi 1 e 2, della  legge  26  ottobre
2016, n. 198), che sono intervenuti in materia, escludendone, ratione
temporis, la rilevanza rispetto alla questione in esame. 
    Contesta la difesa della Presidenza del  Consiglio  dei  ministri
deducendo, in particolare, l'irrilevanza  della  mancata  indicazione
del tertium comparationis,  atteso  che  il  dubbio  di  legittimita'
riguarda la ragionevolezza in se' delle disposizioni censurate. 
    Espone, quindi, che, come si rileva dall'esame dei  d.P.C.m.,  le
somme stanziate dal Parlamento per i contributi all'editoria in  sede
di approvazione del bilancio subiscono una  decurtazione  in  ragione
della previsione che limita le  erogazioni  a  quanto  stanziato  nel
bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    Lo stanziamento effettuato da quest'ultima, si sostiene,  non  si
limita a recepire quanto stabilito dalla legge  di  bilancio,  ma  si
traduce  in  una  valutazione  politica  non  orientata  da   criteri
legislativi. 
    Pertanto, la FILE insiste, in ragione anche della  lesione  degli
altri parametri  richiamati  nell'ordinanza  di  rimessione,  per  la
declaratoria di fondatezza della questione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 7 giugno
2017, iscritta al n. 149 del reg. ord. 2018, ha  sollevato  questioni
di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   44,   comma   1,   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,
limitatamente   alle   parole   «e   tenuto   conto    delle    somme
complessivamente stanziate nel bilancio dello Stato  per  il  settore
dell'editoria che costituiscono limite massimo di  spesa»,  dell'art.
2,  comma  62,  della  legge  23  dicembre  2009,  n.  191,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)», e dell'art. 2,  comma  1,  del
decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63 (Disposizioni urgenti in  materia
di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche' di  vendita
della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita'  istituzionale),
convertito, con modificazioni, nella legge 16 luglio 2012, n. 103, in
riferimento agli artt. 2, 3, 21, 41, secondo comma,  97,  117,  primo
comma,   della   Costituzione,   e   al   principio   della    tutela
dell'affidamento negli atti dello Stato. 
    1.1.- L'art. 44,  comma  1,  del  d.l.  n.  112  del  2008,  come
convertito,  prevede  il  riordino,  mediante   un   regolamento   di
delegificazione,  della  disciplina  di  erogazione  dei   contributi
all'editoria, tenuto conto delle somme complessivamente stanziate nel
bilancio dello Stato per tale settore, che  costituiscono  il  limite
massimo di spesa. 
    In proposito, va preliminarmente ricordato che l'intervento dello
Stato in questo settore si esplica in misure  di  sostegno  economico
agli editori, di tipo  diretto  o  indiretto  (riduzioni  tariffarie,
agevolazioni fiscali e forme di credito agevolato). 
    2.- Prima dell'adozione della disposizione censurata, la  materia
dei contributi all'editoria era regolata in  modo  sistematico  dalla
legge 7 agosto 1990, n. 250 (Provvidenze per l'editoria e  riapertura
dei  termini,  a  favore   delle   imprese   radiofoniche,   per   la
dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma  2,
della legge 25 febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di cui
all'articolo 11 della legge stessa), e dalla legge 7 marzo  2001,  n.
62 (Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali  e  modifiche
alla legge 5 agosto 1981, n. 416), oggetto di successive modifiche. 
    2.1.- In attuazione dell'art.  44  del  d.l.  n.  112  del  2008,
quindi, e' stato  approvato  il  d.P.R.  25  novembre  2010,  n.  223
(Regolamento recante semplificazione e riordino  dell'erogazione  dei
contributi all'editoria, a norma dell'articolo 44  del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6
agosto 2008, n.  133),  che,  al  Capo  I,  reca  «Semplificazione  e
riordino dei contributi di cui all'articolo 3 della  legge  7  agosto
1990, n. 250», e, all'art. 3, ha modificato le modalita'  di  calcolo
dei contributi di cui  all'art.  3  della  legge  n.  250  del  1990,
prevedendo,  tra  l'altro,  per  l'accesso  agli  stessi,  la   prova
dell'effettiva  distribuzione  e  messa  in  vendita  della  testata,
nonche' l'adeguata valorizzazione dell'occupazione professionale. 
    Il comma 7 dell'art. 3 del d.P.R. indicato, richiamando la  norma
primaria, stabilisce in particolare che, «[i]n caso di  insufficienza
delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo
della Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri,  agli  aventi  titolo
spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale». 
    2.2.- Il principio e' espresso anche nell'art. 2, comma 62, della
legge n. 191  del  2009,  parimenti  censurata,  secondo  cui:  «[i]n
attuazione dell'articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133,  e
successive modificazioni, i contributi e le provvidenze spettano  nel
limite  dello  stanziamento  iscritto  sul  pertinente  capitolo  del
bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri [...]».
La disposizione tiene  conto  del  trasferimento  delle  risorse  dal
bilancio dello  Stato  al  bilancio  autonomo  della  Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri,   confermando,   anche   in   relazione   a
quest'ultimo, la necessita' di una  determinazione  del  capitolo  di
spesa. 
    2.3.- Infine, l'art. 2, comma 1, del d.l. n. 63  del  2012,  come
convertito, prevede per le imprese editrici che  «[i]  contributi  di
cui al presente decreto spettano nei limiti delle  risorse  stanziate
sul pertinente capitolo del bilancio autonomo  della  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri [...]. In caso di insufficienza delle  risorse
stanziate, agli aventi titolo spettano  contributi  ridotti  mediante
riparto proporzionale». 
    Importante e' ricordare, per le ragioni che poi si  diranno,  che
il comma 2 dello stesso art. 2  stabilisce  che  «[a]  decorrere  dai
contributi relativi all'anno 2012» il  contributo  stesso  «non  puo'
comunque superare quello riferito all'anno 2010 [...]». 
    Viene cosi' fissata una ulteriore soglia,  che  non  puo'  essere
superata per ciascuna impresa editoriale, e che e' considerata  quale
parametro di riferimento per la riduzione automatica e  proporzionale
nella ripartizione della contribuzione (sulla scorta  del  d.P.R.  n.
223 del 2010). 
    3.- Quanto ai profili  pregiudiziali,  deve  essere  innanzitutto
richiamata  la   dichiarazione   d'inammissibilita'   dell'intervento
spiegato dalla societa' Avvenire Nuova Editoriale Italiana  spa,  per
le  ragioni  esposte  nell'ordinanza  letta  nel  corso  dell'udienza
pubblica e allegata alla presente sentenza. 
    3.1.- Va poi disattesa l'eccezione di difetto di rilevanza  delle
questioni, sollevata dall'Avvocatura generale dello  Stato,  a  causa
del procedimento penale che ha  interessato  la  societa'  Ediservice
srl, in cui e' intervenuto il rinvio a giudizio disposto dal  giudice
per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Catania. 
    L'autonomia del giudizio incidentale, che non viene meno  neppure
in caso di estinzione del giudizio principale, porta ad escludere che
la sopravvenuta vicenda penale possa dar luogo a difetto di rilevanza
della questione. 
    3.2.- Anche  le  ulteriori  eccezioni  sollevate  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  di  inammissibilita'  delle  questioni,  per
genericita' delle censure, vanno  disattese,  perche'  nell'ordinanza
esse sono ben specificate, sia in riferimento all'art. 3 Cost.  sotto
il profilo del principio di uguaglianza, in quanto posto in relazione
all'art. 2 Cost., sia in riferimento agli altri parametri evocati. 
    3.3.- Inoltre, va  rilevato  che  non  possono  essere  presi  in
considerazione,  secondo  la  costante  giurisprudenza  della  Corte,
ulteriori questioni o  profili  di  costituzionalita'  dedotti  dalle
parti, oltre i limiti dell'ordinanza di rimessione; e  cio'  sia  che
siano stati eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia  che
siano diretti ad  ampliare  o  modificare  successivamente  il  thema
decidendum, una volta che le parti si siano costituite  nel  giudizio
incidentale di costituzionalita' (ex plurimis, sentenza  n.  248  del
2018). 
    4.- Nel merito, il primo gruppo di questioni - in ordine logico -
sollevato dal rimettente, in relazione agli artt. 2, 3 (principio  di
uguaglianza) e 21 Cost., non e' fondato. 
    5.- Non vi e'  dubbio  che  la  liberta'  di  manifestazione  del
pensiero, di cui e' espressione la liberta' di stampa, costituisce un
valore centrale del nostro  sistema  costituzionale,  come  e'  stato
riconosciuto  non  solo  dalla  stessa  Assemblea  costituente,   che
significativamente ha ritenuto di dover adottare la legge 8  febbraio
1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), a tutela di  tale  liberta';
ma successivamente anche da questa Corte, che ha evidenziato da tempo
il rapporto tra liberta' di  manifestazione  del  pensiero  e  regime
democratico, affermando che la prima e' «"coessenziale al  regime  di
liberta'" garantito dalla Costituzione» (sentenza n.  11  del  1968),
«pietra angolare dell'ordine democratico» (sentenza n. 84 del  1969),
«cardine di democrazia nell'ordinamento generale»  (sentenza  n.  126
del 1985). 
    5.1.- Quanto al diritto dell'informazione, in particolare, con la
sentenza n. 9 del 1965, si e' chiarito che esso «e' tra  le  liberta'
fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una  di
quelle anzi che meglio caratterizzano il regime vigente nello  Stato,
condizione com'e' del modo di essere e dello sviluppo della vita  del
Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale». 
    In  mancanza   di   una   specifica   disciplina   costituzionale
dell'informazione, la giurisprudenza  costituzionale  ha  poi  sempre
ricondotto il relativo diritto nell'ambito di tutela  della  liberta'
costituzionale di manifestazione del pensiero, atteso che  l'art.  21
Cost. «solennemente proclama uno tra i principi  caratterizzanti  del
vigente ordinamento democratico, garantendo a "tutti" il  diritto  di
manifestare liberamente  il  proprio  pensiero  "con  ogni  mezzo  di
diffusione" e [detta] per di piu'  ulteriori  e  specifiche  norme  a
tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora
insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della
formazione  di  una  pubblica  opinione  avvertita   e   consapevole»
(sentenza n. 105 del 1972). 
    5.2.- Il "diritto all'informazione", poi, secondo  l'insegnamento
di questa Corte, va  determinato  e  qualificato  in  riferimento  ai
principi fondanti della forma di Stato delineata dalla  Costituzione,
i quali esigono che la nostra democrazia sia  basata  su  una  libera
opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi  attraverso  la  pari
concorrenza di tutti alla formazione della volonta' generale. Di  qui
deriva l'imperativo costituzionale che il "diritto  all'informazione"
garantito dall'art. 21 Cost. sia  qualificato  e  caratterizzato  dal
pluralismo delle fonti cui  attingere  conoscenze  e  notizie  -  che
comporta, fra l'altro, il  vincolo  al  legislatore  di  impedire  la
formazione di posizioni dominanti e di favorire l'accesso del massimo
numero possibile di voci diverse - in  modo  tale  che  il  cittadino
possa essere messo in  condizione  di  compiere  le  sue  valutazioni
avendo presenti punti di vista differenti  e  orientamenti  culturali
contrastanti (sentenza n. 112 del 1993, richiamata dalla sentenza  n.
155 del 2002). 
    E' tuttora attuale  affermare  che  l'informazione  esprime  «non
tanto  una  materia,  quanto  "una   condizione   preliminare"»   per
l'attuazione dei principi propri dello Stato democratico (sentenza n.
29 del 1996; nello stesso senso, sentenze n. 312 del 2003  e  n.  348
del 1990). 
    6.-  Tali  affermazioni  di  principio   hanno   avuto   ricadute
sostanziali in ordine al pluralismo dell'informazione, comportando il
riconoscimento del «valore centrale del pluralismo in un  ordinamento
democratico» (sentenze n. 21 del 1991 e n. 826  del  1988),  fino  al
punto da giustificare e anzi imporre al legislatore interventi idonei
a garantirne il rispetto. 
    6.1.- In  concreto  la  necessita'  dell'effettiva  garanzia  del
pluralismo e' stata enunciata da  questa  Corte,  con  riguardo  alla
disciplina   delle   emittenti   televisive,   per   consentire   sia
l'espressione delle varie componenti culturali della societa', sia la
loro presenza sul mercato. Nel vagliare i limiti alla  concentrazione
nel settore dell'editoria, la Corte ne ha ravvisato la  funzionalita'
alla garanzia del pluralismo delle voci, ponendo peraltro in evidenza
che poiche' nel settore televisivo vi era una barriera di accesso  in
ragione della non illimitatezza delle frequenze, a  differenza  della
stampa, si imponeva il ricorso al sistema  concessorio  (sentenze  n.
420 del 1994, n. 826 del 1988 e n. 148 del 1981). 
    In presenza di una situazione  di  ristrettezza  delle  frequenze
disponibili  che  determinava  effetti  negativi  sul  rispetto   dei
principi del pluralismo, questa Corte (sentenza n. 466 del  2002)  ha
poi  ribadito  la  necessita'  di  assicurare  l'accesso  al  sistema
radiotelevisivo del «massimo numero possibile di voci diverse»  e  ha
sottolineato l'insufficienza del mero concorso fra un polo pubblico e
un polo privato ai  fini  del  rispetto  delle  evidenziate  esigenze
costituzionali connesse all'informazione. 
    Cosi', chiamata a vagliare le norme sui contributi statali per la
diffusione  della  tecnica   digitale   terrestre   di   trasmissione
televisiva, la Corte (sentenze n. 168 del 2008 e n. 151 del 2005), ne
ravvisava la legittimita' poiche' la finalita' delle norme  impugnate
era quella di favorirla quale condizione preliminare per l'attuazione
dei principi propri dello Stato democratico. 
    6.2.- Sotto  un  diverso,  ma  non  meno  significativo  profilo,
l'ordinanza  n.  61  del  2008  ha  affermato  che   la   Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale  e  la  vigilanza  dei  servizi
radiotelevisivi  e'  investita   di   attribuzioni   che   discendono
dall'esigenza di garantire il principio, fondato sull'art. 21  Cost.,
del pluralismo dell'informazione, in base al quale la presenza di  un
organo parlamentare di indirizzo e vigilanza serve ad evitare che  il
servizio pubblico radiotelevisivo venga gestito dal Governo  in  modo
«esclusivo o preponderante». 
    Nella successiva sentenza n. 69 del 2009 (dopo aver richiamato le
sentenze n. 194 del 1987 e n. 225 del 1974), sempre in relazione alle
attribuzioni della suddetta Commissione, questa Corte ha riconosciuto
che  l'imparzialita'  e  l'obbiettivita'  dell'informazione   possono
essere garantite solo dal pluralismo delle fonti e degli orientamenti
ideali, culturali e politici, nella difficolta' che le  notizie  e  i
contenuti dei programmi siano, in se' e per se',  sempre  e  comunque
obbiettivi. La rappresentanza parlamentare, in cui tendenzialmente si
rispecchia il pluralismo esistente nella societa', si pone, pertanto,
come il piu'  idoneo  custode  delle  condizioni  indispensabili  per
mantenere  gli  amministratori  della  societa'  concessionaria,  nei
limiti del possibile, al riparo da pressioni e  condizionamenti,  che
inevitabilmente   inciderebbero   sulla    loro    obbiettivita'    e
imparzialita'. 
    6.3.- Inoltre il pluralismo dell'informazione  e'  sotteso  anche
agli interventi di questa Corte in materia di limiti di  affollamento
pubblicitario, atteso che  i  principi  delle  disposizioni  relative
all'affollamento pubblicitario  televisivo  mirano  a  realizzare  la
protezione dei consumatori,  e  in  particolare  dei  telespettatori,
oltre che la tutela della concorrenza  e  del  pluralismo  televisivo
(sentenza n. 210 del 2015). 
    6.4.- Deve poi ricordarsi  che  il  pluralismo  dell'informazione
rileva  anche  con  riguardo  alla  liberta'  di  manifestazione  del
pensiero (art. 21 Cost.), intesa  (sentenza  n.  122  del  2017,  che
richiama le sentenze n. 112 del 1993, n. 826 del 1988 e  n.  148  del
1981) nel suo significato passivo di  diritto  di  essere  informati,
attesa la sussistenza del «diritto [...] a conoscere  liberamente  le
manifestazioni  di  pensiero  che  circolano  nella  societa'  [...]»
(citata sentenza n. 122 del 2017). 
    7.- Il rilievo costituzionale della  liberta'  di  manifestazione
del pensiero non comporta tuttavia - come prospetta il  rimettente  -
che esista in  via  generale  un  diritto  soggettivo  delle  imprese
editrici a misure di sostegno dell'editoria. 
    7.1.- La pretesa si  radica  nella  combinazione  fra  l'articolo
della Costituzione che definisce il diritto di volta in  volta  preso
in esame e l'art. 2 Cost., ma anche  e  soprattutto  con  il  secondo
comma dell'art. 3 Cost., il quale impone di «rimuovere  gli  ostacoli
di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta'  e
l'eguaglianza dei cittadini,  impediscono  il  pieno  sviluppo  della
persona umana e l'effettiva  partecipazione  di  tutti  i  lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». 
    Ma tale esigenza non sussiste nel caso in esame, in cui i presidi
offerti dall'ordinamento a tutela del pluralismo  informativo  e  del
mercato risultano idonei ad  assicurare  tale  valore,  cosicche'  la
garanzia  del  pur  fondamentale  diritto  in  questione  non  impone
l'intervento finanziario dello Stato. 
    7.2.- Non e' pertinente dunque il richiamo della sentenza n.  275
del 2016: la pronuncia, che ha ad oggetto il  diritto  all'istruzione
del disabile consacrato  nell'art.  38  Cost.,  ha  ritenuto  che  il
servizio di trasporto scolastico e di assistenza rientri  nel  nucleo
indefettibile di garanzie  di  tale  diritto,  proprio  perche'  tale
diritto  costituisce  una  componente  essenziale   per   assicurarne
l'effettivita'. 
    8.- Conseguentemente,  non  e'  fondata  l'ulteriore  censura  di
lesione della liberta' di iniziativa economica di  cui  all'art.  41,
secondo comma, Cost.,  una  volta  riconosciuta  la  mancanza  di  un
diritto al contributo  finanziario  in  relazione  a  questo  settore
imprenditoriale. 
    9.-  Come  pure  non  e'  fondato  l'altro  gruppo  di  questioni
attinente alla lesione del principio del legittimo affidamento  negli
atti dello Stato, anche con riguardo all'ordinamento europeo. 
    9.1.-  In  proposito  non  e'  necessario  soffermarsi  sui   pur
rilevanti limiti entro cui tale diritto e' stato  riconosciuto  dalla
giurisprudenza nazionale e sovranazionale, poiche'  qui  mancano  gli
stessi presupposti di fatto dell'affidamento: si e'  visto,  infatti,
che nelle norme regolanti la disciplina dei contributi  all'editoria,
sia legislative, che di rango  inferiore,  e'  sempre  dichiarato  il
carattere discrezionale dell'elargizione e la sua subordinazione alle
disponibilita'  di   bilancio,   cosicche'   risulta   evidente   che
l'iniziativa  editoriale   non   puo'   contare   sull'esistenza   di
contributi, ne' su di un loro determinato ammontare. 
    10.- Un'ulteriore, centrale, gruppo di  questioni  sollevate  dal
giudice a quo attiene alla violazione del principio di ragionevolezza
in  combinazione  con  gli  artt.  21  e  97  Cost.,  in  quanto   la
determinazione   dell'ammontare   del   contributo   affidata    alla
discrezionalita'  del  Governo,  senza   l'indicazione   di   criteri
oggettivi,  contrasterebbe  con  il  principio  di  imparzialita'   e
trasparenza   della   pubblica   amministrazione,   non    garantendo
l'attribuzione di contributi  significativi  e  adeguati  e  rendendo
cosi' difficoltosa l'indipendenza e la pluralita' dell'informazione. 
    11.- Le censure riguardano in sostanza il ruolo  attribuito  alla
Presidenza del Consiglio dei  ministri  nello  stabilire  l'ammontare
delle risorse per il sostegno all'editoria. 
    11.1.- Va ricordato in proposito che, a partire  dalla  legge  22
dicembre 2008, n. 204 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011), e
dalla legge 23 dicembre 2009, n. 192 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2010  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2010-2012), e' stata adottata una  struttura  contabile  del
bilancio dello Stato  che  si  fonda  su  una  classificazione  delle
risorse finanziarie secondo due principali livelli  di  aggregazione:
missioni,  che  rappresentano  le  funzioni  principali  della  spesa
pubblica  e  ne  delineano  gli  obiettivi  strategici,  e  specifici
programmi di spesa in cui sono articolate le missioni. 
    11.2.- In attuazione di tali principi, ai sensi dell'art.  8  del
decreto  legislativo  30  luglio  1999,  n.  303  (Ordinamento  della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della
legge  15  marzo  1997,  n.  59),  «[...]  la   Presidenza   provvede
all'autonoma gestione delle spese  nei  limiti  delle  disponibilita'
iscritte in apposita unita'  previsionale  di  base  dello  stato  di
previsione della spesa del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione  economica.   Con   propri   decreti   il   Presidente
stabilisce, in coerenza con i criteri di classificazione della  spesa
del bilancio statale, la struttura dei bilanci e la disciplina  della
gestione delle spese». 
    La disposizione e' stata a sua volta attuata con il  d.P.C.m.  22
novembre 2010  (Disciplina  dell'autonomia  finanziaria  e  contabile
della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri):  nel  bilancio  della
Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  in  corrispondenza  con  il
bilancio  dello  Stato  (capitoli  MEF),  e'  prevista  una  missione
«Comunicazioni», comprensiva di una pluralita' di interventi,  fra  i
quali quelli a favore dell'editoria. Il riparto delle  disponibilita'
finanziarie fra tali interventi e' rimesso  alla  stessa  Presidenza,
cosicche' l'assegnazione dei fondi al  settore  in  questione  rimane
subordinato a  scelte  discrezionali  circa  la  distribuzione  delle
risorse, e cio', evidentemente,  rientra  nella  logica  dell'attuale
sistema di bilancio e non e' incoerente con l'assetto generale  della
finanza pubblica delineato dalla normativa dettata nel tempo. 
    12.- In effetti, nelle norme in  esame  si  manifesta  una  grave
lacuna di fondo, evidenziata,  in  particolare,  dalla  loro  mancata
armonizzazione con le disposizioni normative, anch'esse primarie, che
fissano i requisiti per accedere ai contributi (nella  specie  quelli
diretti per le imprese editrici ammesse), procedendo anche alla  loro
quantificazione. 
    Infatti l'art. 3, comma 3, della legge n. 250 del 1990  riconosce
«alle imprese editrici  di  periodici  che  risultino  esercitate  da
cooperative,  fondazioni  o  enti  morali,  ovvero  da  societa'   la
maggioranza  del  capitale  sociale  delle  quali  sia  detenuta   da
cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro»
un contributo annuo stabilito in un quantum per ogni copia  stampata,
fino ad un determinato numero di copie, indipendentemente dal  numero
delle testate. 
    L'art.  8  del  decreto  legislativo  15  maggio  2017,   n.   70
(Ridefinizione della disciplina dei contributi diretti  alle  imprese
editrici di quotidiani e periodici, in attuazione dell'art. 2,  commi
1 e 2, della legge 26 ottobre 2016, n. 198), poi, anche se non regola
la fattispecie del giudizio principale, stabilisce, tra l'altro,  che
il contributo comprende una quota di rimborso dei costi  direttamente
connessi alla produzione della testata  e  una  quota  per  le  copie
vendute, e indica i criteri e le  modalita'  in  presenza  dei  quali
sussiste il diritto a percepirlo  da  parte  delle  imprese  editrici
ammesse a fruire dello stesso, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettere
a), b) e c), del medesimo decreto legislativo. 
    Le imprese editrici, da un lato, sono destinatarie di  norme  che
le vedono come titolari di  diritti  rispetto  all'allocazione  delle
risorse in questione; dall'altro,  sono  esposte  al  rischio  di  un
parziale o addirittura totale taglio delle risorse stesse. Il sistema
e'  dunque  affetto  da  una  incoerenza  interna,  dovuta  a  scelte
normative che prima creano aspettative e poi autorizzano a negarle. 
    E' allora evidente che  in  un  settore  come  quello  in  esame,
caratterizzato dalla presenza  di  un  diritto  fondamentale,  vi  e'
l'esigenza che il quadro normativo sia  ricondotto  a  trasparenza  e
chiarezza, e in particolare che l'attribuzione delle risorse risponda
a criteri certi e obiettivi. 
    12.1.- Rileva tuttavia questa Corte che da cio' non puo' derivare
l'accoglimento delle questioni. 
    Anzitutto, e' evidente che non e' percorribile  la  strada  della
semplice cancellazione delle norme censurate: cio' si tradurrebbe  in
un danno per la stessa parte del giudizio a quo, che si vedrebbe  del
tutto negato il contributo, sia pure ridotto. 
    Inoltre, l'adozione di una  disciplina  che  risponda  ai  canoni
ricordati, quanto all'esigenza di  armonizzazione  del  sistema,  non
impone una soluzione costituzionalmente obbligata, e quindi non  puo'
essere oggetto di intervento di questa Corte, restando affidata  alla
scelta del legislatore. 
    In particolare non puo' ritenersi che costituisca  una  soluzione
implicita nell'ordinamento l'indicazione quantitativa, prevista,  per
l'anno 2010, dall'art. 2, comma 2, del d.l. n. 63 del 2012. 
    Si tratta, infatti, di un limite massimo e non certo minimo, come
pretende il rimettente per superare il problema del vuoto legislativo
conseguente all'eventuale accoglimento della questione. 
    12.2.- In definitiva, le questioni di legittimita' costituzionale
sollevate in relazione agli artt. 3 (principio di ragionevolezza), 21
e 97 Cost. devono essere dichiarate inammissibili.