ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  354  del
codice di procedura civile, promosso dalla Corte d'appello di  Milano
nel procedimento vertente tra  C.  B.  e  la  Italo  Sicav  plc,  con
ordinanza del 30  gennaio  2019,  iscritta  al  n.  82  del  registro
ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2020  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 febbraio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 30 gennaio  2019,  la  Corte  d'appello  di
Milano  ha  sollevato  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 354 del codice di procedura  civile,  in  riferimento  agli
artt. 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo
in relazione all'art. 6 della Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848. 
    La  disposizione  censurata  violerebbe  gli  evocati   parametri
costituzionali «nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il  giudice
d'appello debba rimettere la causa al giudice di primo grado,  se  e'
mancato il contraddittorio,  non  essendo  stata  da  questo  neppure
valutata,   in   conseguenza   di   un'erronea    dichiarazione    di
improcedibilita' dell'opposizione, la richiesta di chiamata in  causa
del terzo, proposta dall'opponente in primo  grado,  con  conseguente
lesione del diritto di difesa di una delle parti». 
    1.1.- L'art. 354, primo comma, cod.  proc.  civ.  stabilisce  che
«[f]uori dei  casi  previsti  nell'articolo  precedente,  il  giudice
d'appello non puo' rimettere la causa al primo  giudice,  tranne  che
dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva,  oppure
riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato  il
contraddittorio o non doveva  essere  estromessa  una  parte,  ovvero
dichiari  la  nullita'  della  sentenza  di  primo  grado   a   norma
dell'articolo 161, secondo comma». 
    Il secondo comma, prevede che «[i]l giudice d'appello rimette  la
causa al primo giudice anche nel caso di riforma della  sentenza  che
ha pronunciato sulla estinzione del processo a norma  e  nelle  forme
dell'articolo 308». 
    L'art. 354 cod. proc. civ. richiama ed integra il precedente art.
353, il quale, a sua volta, stabilisce che «[i]l  giudice  d'appello,
se riforma la sentenza di primo  grado  dichiarando  che  il  giudice
ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal  primo  giudice,
pronuncia sentenza con la quale rimanda le  parti  davanti  al  primo
giudice». 
    2.- La Corte d'appello di Milano  riferisce  che  il  giudice  di
primo grado, quale giudice  dell'opposizione  a  decreto  ingiuntivo,
aveva  dichiarato  l'opposizione  stessa  improcedibile  per  mancato
esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione. 
    Il primo giudice non aveva, quindi,  neppure  valutato  l'istanza
dell'opponente, il quale, con l'atto  stesso  di  opposizione,  aveva
chiesto di chiamare in causa la compagnia assicuratrice garante della
restituzione del finanziamento oggetto dell'iniziativa monitoria. 
    2.1.- Il  giudice  a  quo  precisa  che,  investito  dell'appello
dell'opponente, aveva assegnato il termine di legge per l'esperimento
della mediazione obbligatoria, come  avrebbe  dovuto  fare  il  primo
giudice,  e  che,  in  tal  modo   soddisfatta   la   condizione   di
procedibilita'  dell'opposizione,   era   finalmente   da   valutarsi
l'istanza di chiamata in garanzia,  come  reiterata  dall'appellante,
previa rimessione della causa al giudice di primo grado. 
    La Corte rimettente osserva  che  l'intervento  del  garante  non
avrebbe  potuto  essere  provocato  in  grado  d'appello,  nel  quale
l'intervento del terzo e' consentito soltanto ai soggetti legittimati
all'opposizione di terzo, per effetto del  combinato  disposto  degli
artt. 344 e 404 cod. proc. civ. 
    Posto che l'appellante ha chiesto la rimessione  della  causa  al
giudice di primo grado, in applicazione analogica degli artt.  353  e
354 cod. proc. civ., per potervi svolgere la chiamata  del  terzo  in
garanzia, la Corte d'appello di Milano rileva  come  a  tale  istanza
osti   il   consolidato   orientamento   della   giurisprudenza    di
legittimita',   che   qualifica   come   tassative,   eccezionali   e
insuscettibili di applicazione analogica le ipotesi di rimessione  in
primo grado contemplate dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. 
    3.-  Ad  avviso  del  giudice  a  quo,   l'impossibilita'   della
rimessione della causa  al  giudice  di  primo  grado  pregiudica  il
diritto di difesa dell'opponente, che si vede costretto ad  agire  in
via autonoma contro il garante,  senza  potersi  avvalere,  nei  suoi
confronti, del giudicato formatosi sull'azione principale. 
    Il principio di tassativita' ed  eccezionalita'  delle  cause  di
rimessione in primo grado dovrebbe essere  ripensato,  quindi,  anche
alla  luce  della  metamorfosi  del  giudizio   d'appello,   che   il
legislatore avrebbe progressivamente trasformato da  novum  iudicium,
di carattere sostitutivo, in revisio prioris  instantiae,  di  stampo
cassatorio. 
    3.1.- Il giudice a quo fa riferimento alla disposizione dell'art.
105 dell'Allegato 1 (Codice del processo amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), che prevede la  rimessione  in
primo  grado  con  una  formula   "aperta",   «se   e'   mancato   il
contraddittorio, oppure e' stato leso il diritto  di  difesa  di  una
delle parti», sicche' l'omessa previsione della  rimessione  in  ogni
ipotesi di difetto del contraddittorio ed ogni lesione del diritto di
difesa  anche  nel  processo  civile   paleserebbe   un'irragionevole
disparita' tra modelli processuali. 
    L'art. 354 cod. proc. civ. violerebbe, pertanto, gli artt. 3, 24,
111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  all'art.  6
CEDU, «nella parte in cui non prevede che il giudice d'appello  debba
rimettere  la  causa   al   primo   giudice,   se   e'   mancato   il
contraddittorio, oppure e' stato leso il diritto  di  difesa  di  una
delle parti». 
    4.- Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura   generale   dello    Stato,    che    ha    eccepito
l'inammissibilita' della questione, sotto due distinti profili. 
    4.1.- In primo luogo, l'Avvocatura ha eccepito l'inammissibilita'
della questione per il carattere meramente ipotetico  del  denunciato
pregiudizio difensivo, atteso che la chiamata in  causa  del  garante
sarebbe stata comunque soggetta al potere autorizzativo  del  giudice
di primo grado, che avrebbe potuto  discrezionalmente  rifiutarne  lo
svolgimento. 
    4.2.-  L'interveniente  ha  eccepito   l'inammissibilita'   della
questione  anche  per  l'incertezza   oggettiva   dell'ordinanza   di
rimessione, che, in parte motiva, si riferisce genericamente ad  ogni
difetto del contraddittorio e ad ogni lesione della  difesa,  mentre,
in dispositivo, si riferisce unicamente alla fattispecie  dell'omessa
valutazione dell'istanza di chiamata. 
    4.3.- L'Avvocatura aggiunge che la pretermissione in primo  grado
dell'istanza  di  chiamata  in  garanzia   non   ha   una   soluzione
costituzionalmente obbligata, rientrando nella  discrezionalita'  del
legislatore optare per l'una o l'altra delle soluzioni  astrattamente
praticabili, onde consentire alla parte  l'esercizio  dell'azione  di
garanzia, comunque sempre possibile  tramite  l'instaurazione  di  un
autonomo giudizio nei confronti del garante. 
    4.4.- Negata la trasformazione dell'appello da mezzo devolutivo a
mezzo cassatorio, l'Avvocatura osserva che non  la  disciplina  della
rimessione nel processo civile debba adeguarsi a quella del  processo
amministrativo, semmai l'inverso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte  d'appello  di  Milano  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 354  del  codice  di  procedura
civile, in riferimento agli artt. 3, 24,  111  e  117,  primo  comma,
della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.  848,  «nella
parte in cui non prevede che il giudice d'appello debba rimettere  la
causa al giudice di primo grado, se e'  mancato  il  contraddittorio,
non essendo stata da  questo  neppure  valutata,  in  conseguenza  di
un'erronea dichiarazione  di  improcedibilita'  dell'opposizione,  la
richiesta di chiamata in causa del terzo, proposta dall'opponente  in
primo grado, con conseguente lesione del diritto  di  difesa  di  una
delle parti». 
    1.1.-  Ad  avviso  del  giudice  a  quo,  l'impossibilita'  della
rimessione della causa al  giudice  di  primo  grado,  derivante  dal
consolidato orientamento della  giurisprudenza  di  legittimita'  che
qualifica   come   tassative,   eccezionali   e   insuscettibili   di
applicazione analogica le ipotesi  di  rimessione  contemplate  dagli
artt. 353 e 354 cod.  proc.  civ.,  pregiudicherebbe  il  diritto  di
difesa dell'opponente, che sarebbe costretto ad agire in via autonoma
contro il garante, senza potersi avvalere, nei  suoi  confronti,  del
giudicato formatosi sull'azione principale. 
    1.2.- Secondo il giudice a quo, il principio di  tassativita'  ed
eccezionalita' delle ipotesi di rimessione  dovrebbe  essere  rivisto
alla luce della progressiva trasformazione dell'appello  civile,  che
avrebbe ormai assunto, per  effetto  delle  riforme  succedutesi  nel
tempo, i caratteri  di  una  revisio  prioris  instantiae  di  natura
cassatoria. 
    1.3.-  Il  principio  di  tassativita'  ed  eccezionalita'  delle
ipotesi di rimessione dovrebbe essere riconsiderato anche  alla  luce
della disposizione dell'art. 105 dell'Allegato 1 (Codice del processo
amministrativo)  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), che prevede la rimessione in  primo  grado  con  una
locuzione generale, riferita ad ogni difetto del contraddittorio e ad
ogni lesione del diritto di difesa. 
    2.- In via preliminare, devono essere esaminate le  eccezioni  di
inammissibilita' della questione, sollevate dall'Avvocatura  generale
dello Stato. 
    2.1.- Secondo l'Avvocatura, il petitum additivo dell'ordinanza di
rimessione e' ancipite, poiche' questa, in motivazione, si  riferisce
a qualunque mancanza del  contraddittorio  o  lesione  della  difesa,
mentre, in dispositivo, ad una specifica mancanza  e  lesione,  cioe'
all'omessa valutazione dell'istanza di chiamata del terzo. 
    2.1.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    L'alternativita' del  petitum  che  rende  ancipite,  e  pertanto
inammissibile, la questione di legittimita' costituzionale e'  quella
che non  puo'  essere  sciolta  per  via  interpretativa,  e  che  si
configura, quindi, come  un'alternativita'  irrisolta  (ex  plurimis,
sentenze n. 175 del 2018, n. 22 del 2016, n. 247 del 2015  e  n.  248
del 2014; ordinanze n. 221 e n. 130 del 2017). 
    Nel caso in esame, la discrepanza tra motivazione  e  dispositivo
dell'ordinanza di rimessione puo' agevolmente risolversi tramite  gli
ordinari   criteri   ermeneutici,   che   consentono   di   intendere
l'esposizione piu' ampia del petitum, di cui alla  motivazione,  come
una  semplice  premessa   generale,   introduttiva   dell'indicazione
specifica del petitum effettivo, contenuta in dispositivo. 
    2.2.- L'Avvocatura ha eccepito l'inammissibilita' della questione
anche per il carattere meramente ipotetico del pregiudizio  difensivo
dell'opponente a decreto ingiuntivo, convenuto  sostanziale,  la  cui
istanza di chiamata del terzo in garanzia, non sussistendo un'ipotesi
di litisconsorzio necessario, avrebbe potuto essere discrezionalmente
respinta dal giudice di primo grado. 
    2.2.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Nella prospettiva del giudice a quo, la lesione  del  diritto  di
difesa  del  convenuto-opponente  non  e'  rappresentata  dall'omessa
autorizzazione  della  chiamata  di   terzo,   bensi',   in   radice,
dall'omessa valutazione della relativa istanza, del tutto pretermessa
per   effetto   dell'errata    declaratoria    di    improcedibilita'
dell'opposizione. 
    Non si configura, pertanto, quel carattere solo teorico, astratto
o prematuro, che rende la questione incidentale  priva  di  effettiva
rilevanza  nel  giudizio  a  quo,  e  come  tale  inammissibile   per
ipoteticita' (ex plurimis, sentenze n. 217 del 2019 e n. 60 del 2014;
ordinanze n. 77 del 2009 e n. 109 del 2006). 
    3.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    3.1.- Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
legislatore dispone di un'ampia discrezionalita' nella  conformazione
degli  istituti  processuali,  incontrando  il  solo   limite   della
manifesta irragionevolezza o  arbitrarieta'  delle  scelte  compiute,
limite che,  con  riferimento  specifico  all'art.  24  Cost.,  viene
superato solo qualora  emerga  un'ingiustificabile  compressione  del
diritto di agire, mentre  il  parametro  evocato  non  esige  che  il
cittadino sia messo in grado di conseguire la tutela  giurisdizionale
sempre nello stesso modo  e  con  i  medesimi  effetti,  purche'  non
vengano  imposti  oneri  o  prescritte  modalita'  tali  da   rendere
impossibile o  estremamente  difficile  l'esercizio  del  diritto  di
difesa o lo  svolgimento  dell'attivita'  processuale  (ex  plurimis,
sentenze n. 271 del 2019, n. 199 del 2017, n. 121 e n. 44 del 2016). 
    In particolare, nella sentenza n. 1 del 2002, si  e'  evidenziato
che «nell'ordinamento processuale  civile,  la  rimessione  al  primo
giudice e' fenomeno limitato ai casi previsti dagli artt. 353  e  354
cod. proc. civ.», sicche' corrisponde  ai  principi  che  il  secondo
giudice decida nel merito, senza dare  luogo  a  rimessione,  qualora
abbia «constatata una violazione in prima istanza  delle  regole  del
contraddittorio o del diritto di difesa non riconducibile ai casi  di
rimessione espressamente previsti». 
    3.1.1.- La tassativita' ed eccezionalita' delle ipotesi normative
di rimessione in primo grado, del resto, e' affermata dall'univoca  e
risalente  giurisprudenza  delle  Sezioni  unite   della   Corte   di
cassazione, come un riflesso della natura prevalentemente rescissoria
del giudizio d'appello, coerente con la regola  di  assorbimento  dei
vizi di nullita' in motivi di gravame, potendo il  giudice  d'appello
limitarsi ad  emettere  una  pronuncia  rescindente,  cioe'  di  mero
annullamento con rinvio, nei soli  casi  espressamente  indicati  dal
legislatore (sentenze 14 novembre 1972, n. 3368, 12 gennaio 1963,  n.
34 e  28  luglio  1962,  n.  2208;  conformi,  tra  molte,  Corte  di
cassazione, sezione terza civile, sentenza 17 marzo 2006, n. 5907,  e
sezione seconda civile, sentenza 15 maggio 2002, n. 7057). 
    3.2.- Ne' meritevole di  accoglimento  appare  la  deduzione  del
giudice a quo, secondo cui la necessita' di  agire  in  via  autonoma
contro il terzo garante, derivante dall'impossibilita'  del  regresso
in   primo   grado,   lederebbe   il   diritto    di    difesa    del
convenuto-opponente poiche' questo verrebbe privato del vantaggio del
processo simultaneo,  segnatamente  del  beneficio  della  formazione
contestuale del giudicato sul rapporto principale e sul  rapporto  di
garanzia. 
    3.2.1.- Questa Corte ha, infatti, piu' volte evidenziato che, nel
quadro   della   discrezionalita'   conformativa   del    legislatore
processuale,  il  simultaneus  processus   non   gode   di   garanzia
costituzionale,   trattandosi   di   un   mero   espediente   tecnico
finalizzato, laddove possibile, a realizzare un'economia dei  giudizi
e  a  prevenire  il  conflitto  tra   giudicati,   sicche'   la   sua
inattuabilita' non lede il diritto di azione, ne' quello  di  difesa,
se la pretesa sostanziale dell'interessato puo' essere  fatta  valere
nella competente, pur se distinta, sede giudiziaria con  pienezza  di
contraddittorio e difesa (ex plurimis, sentenze n. 451 del 1997 e  n.
295 del 1995; ordinanze n. 215 e n. 124 del 2005, n. 18 del 1999 e n.
308 del 1991). 
    La scelta del legislatore di non  includere  tra  le  ipotesi  di
rimessione in primo grado quella  della  pretermissione  dell'istanza
del convenuto-opponente di chiamata di un terzo in garanzia impedisce
di recuperare il processo simultaneo tra la domanda principale  e  la
domanda di garanzia, ma non  impedisce  che  quest'ultima  sia  fatta
valere nella  competente,  pur  se  distinta,  sede  giudiziaria  con
pienezza di contraddittorio e difesa. 
    3.3.- Ne' e' ravvisabile, per effetto delle modifiche  introdotte
dal legislatore nella disciplina del giudizio civile  d'appello,  una
sua piena trasformazione dal modello sostitutivo del novum iudicium a
quello di una revisio prioris instantiae di tipo cassatorio,  sicche'
la configurazione in termini  di  tassativita'  e  di  eccezionalita'
delle ipotesi di rimessione in primo grado non sarebbe piu'  coerente
con l'attuale struttura dell'appello civile. 
    3.3.1.- In realta', come evidenziato dalle  Sezioni  unite  della
Corte  di  cassazione,  l'accentuazione  dei  tratti   di   revisione
determinata dalle riforme del  codice  di  rito,  in  particolare  da
quella di cui al decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure  urgenti
per la crescita del  Paese),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 7 agosto 2012, n. 134, non ha certamente trasformato  l'appello
civile in un mezzo di impugnazione a critica vincolata, «una sorta di
anticipato ricorso per cassazione» (sentenza  16  novembre  2017,  n.
27199). 
    Alla  struttura  del  giudizio  d'appello  resta  connaturato  il
profilo rescissorio, mantenendosi tassative ed eccezionali le ipotesi
normative nelle quali il gravame  puo'  arrestarsi  al  solo  profilo
rescindente, in  funzione  della  rimessione  della  causa  al  primo
giudice (Corte di cassazione, sezione seconda  civile,  ordinanza  17
aprile 2019, n. 10744). 
    3.4.- Neanche puo' essere accolta la deduzione del giudice a quo,
secondo cui la formula ampia dell'art. 105 cod. proc.  amm.,  laddove
prevede  la  rimessione  in   primo   grado   «se   e'   mancato   il
contraddittorio, oppure e' stato leso il diritto  di  difesa  di  una
delle parti», raffrontata  alla  piu'  restrittiva  disposizione  del
codice di rito civile, metterebbe in luce un'irragionevole disparita'
tra  modelli  processuali,  che  andrebbe  ricomposta  attraverso  il
superamento del principio di tassativita' di cui agli artt. 353 e 354
cod. proc. civ. 
    3.4.1.- Cosi' argomentando, infatti,  il  rimettente  inverte  il
rapporto sistematico tra la disciplina del processo civile  e  quella
del processo amministrativo, nel momento in cui eleva quest'ultima  a
paradigma dell'altra, in aperta contraddizione  con  quanto  indicato
dalla legge 18 giugno 2009,  n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia
di processo civile), che, all'art. 44, reca la «delega al Governo per
il riassetto della disciplina del processo amministrativo». 
    L'art. 44, comma 1, della legge n. 69 del 2009 individua  tra  le
finalita' della  riforma  delle  norme  sul  processo  amministrativo
quella «di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in
quanto espressione di principi generali», sicche'  e'  la  disciplina
del  processo  amministrativo   a   sperimentare   un   percorso   di
assimilazione alla disciplina di principio del processo civile, e non
viceversa, come testimonia,  altresi',  il  rinvio  esterno  disposto
dall'art. 39, comma 1, cod. proc. amm. 
    In tal senso, del resto, l'Adunanza  plenaria  del  Consiglio  di
Stato ha affermato che,  nonostante  la  formulazione  apparentemente
indeterminata, il disposto  dell'art.  105  cod.  proc.  amm.  e'  in
realta' allineato a quello degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.,  da
intendersi,  quest'ultimo,  espressivo  dei  principi   generali   di
sostitutivita' dell'appello e conversione dei  vizi  di  nullita'  in
motivi di gravame, sicche', anche  nel  processo  amministrativo,  le
ipotesi normative di rimessione al primo giudice sono da qualificarsi
come tassative  ed  eccezionali,  insuscettibili  di  interpretazione
analogica o estensiva (sentenze 30 luglio 2018, n. 10 e n. 11). 
    Non si registra, quindi, la disparita'  tra  modelli  processuali
che il giudice a quo censura sotto  il  profilo  dell'art.  3  Cost.,
bensi',  al  contrario,  una  convergenza  di  modelli   processuali,
orientata alla tassativita' ed eccezionalita' delle ipotesi normative
di regressione in primo grado.  Tale  convergenza  di  principio  non
impedisce, peraltro, che le esigenze specifiche  di  ciascun  modello
possano  comportare  una   diversa   articolazione   delle   relative
discipline. 
    3.5.- Quanto detto finora esclude la prospettata  violazione  dei
principi del giusto processo di cui agli artt. 111 Cost.  e  6  CEDU,
quest'ultimo parametro interposto dall'art. 117, primo comma, Cost. 
    Invero, acquisito che il doppio grado di giurisdizione di  merito
non e',  di  per  se',  assistito  da  copertura  costituzionale  (ex
plurimis, sentenze n. 199 del 2017 e n. 243 del 2014; ordinanze n. 42
del 2014, n. 226 e n. 190 del 2013), ne'  convenzionale  (Corte  EDU,
sentenza  20  ottobre  2015,  Costantino  Di  Silvio  contro  Italia,
paragrafo 50), questa Corte ha  escluso  che  la  mancata  previsione
della rimessione al giudice di primo grado in un caso di  definizione
in rito non contemplato  dagli  artt.  353  e  354  cod.  proc.  civ.
(declinatoria  di  competenza  del  giudice  di  pace)   integri   un
pregiudizio del diritto di difesa, atteso che «il diritto  di  difesa
deve  ritenersi  rispettato  quando  la  causa  venga  effettivamente
sottoposta alla cognizione dei giudici di primo e di  secondo  grado,
restando irrilevante che l'esame del fondamento della domanda non sia
compiuto dall'uno, alla stregua di situazioni processuali preclusive,
ma soltanto dall'altro» (ordinanza n. 585 del 2000). 
    3.5.1.- E' proprio la  finalita'  di  assicurare  la  ragionevole
durata del processo, garantita dagli artt. 111 Cost.  e  6  CEDU,  ad
opporsi, in linea di principio, alla rimessione del giudizio in primo
grado, quando questa non sia imposta da esigenze indefettibili,  come
quella  di  integrare  il  contraddittorio  rispetto  ad  una   parte
necessaria. 
    La regressione processuale diretta  a  consentire  l'ingresso  in
giudizio  del  garante   del   convenuto,   parte   non   necessaria,
determinerebbe  un  ritardo,  esso   pure   non   necessario,   nella
definizione della controversia sul rapporto principale. 
    4.- La scelta del legislatore di non includere tra le ipotesi  di
rimessione in primo grado quella  della  pretermissione  dell'istanza
del convenuto-opponente di chiamata  di  un  terzo  in  garanzia  e',
dunque,   un'opzione    discrezionale,    legittima    perche'    non
manifestamente irragionevole, attesa la sua funzionalita'  al  valore
costituzionale della ragionevole durata  del  processo  sul  rapporto
principale, e non  ingiustificatamente  compressiva  del  diritto  di
azione, potendo  il  convenuto-opponente  esercitare  la  domanda  di
garanzia tramite l'instaurazione di un autonomo  giudizio  contro  il
terzo. 
    Deve essere, pertanto, dichiarata non  fondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  354  cod.  proc.   civ.   in
riferimento a tutti i parametri evocati.