ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  dell'iter  di  approvazione,   al   Senato   della
Repubblica, nei giorni 18 e 19 giugno 2020, mediante voto di  fiducia
ex art. 161, comma 3-bis del regolamento  del  Senato,  dell'articolo
unico  di  conversione  del  decreto-legge  20  aprile  2020  n.   26
(Disposizioni urgenti in  materia  di  consultazioni  elettorali  per
l'anno 2020), convertito, con modificazioni, nella  legge  19  giugno
2020, n. 59, nonche' degli atti conseguenti,  cioe'  l'indizione  dei
comizi referendari, mediante il d.P.R. 17 luglio 2020 (Indizione  del
referendum popolare confermativo del testo della legge costituzionale
recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59  della  Costituzione  in
materia di riduzione del  numero  dei  parlamentari»,  approvato  dal
Parlamento e pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019), per i giorni 20 e 21  settembre
2020, promosso da Gregorio De Falco, nella qualita' di senatore,  con
ricorso depositato in cancelleria il 28 luglio 2020 ed iscritto al n.
9 del registro conflitti tra poteri 2020, fase di ammissibilita'. 
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Partito  Radicale   Nonviolento
Transnazionale Transpartito; 
    udito il Giudice relatore Nicolo' Zanon nella camera di consiglio
del 12 agosto 2020, svolta ai  sensi  del  decreto  della  Presidente
della Corte del 23 giugno 2020, punto 4); 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 agosto 2020. 
    Ritenuto che, con  ricorso  depositato  il  28  luglio  2020,  il
senatore Gregorio De Falco ha sollevato conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  del  Senato  della  Repubblica,
nonche', «se dichiarato ammissibile», nei confronti del Governo della
Repubblica e dei Ministri dell'interno e della giustizia, «in  quanto
responsabili, insieme con il Presidente del Consiglio ex art. 89  c.1
Cost. degli atti del Presidente della Repubblica, che non puo' essere
chiamato a rispondere, nemmeno in giudizio,  per  gli  atti  compiuti
nell'esercizio delle  sue  funzioni  (art.  90  c.1  Cost.)  e/o  del
Presidente  della  Repubblica  in  caso  di  diniego   dei   Ministri
responsabili  di  rappresentarlo  in  giudizio  o  di  sua   autonoma
determinazione di costituirsi nel giudizio stesso»; 
    che il ricorrente chiede che la Corte costituzionale dichiari che
non spettava al Senato approvare la legge 19 giugno 2020, n.  59,  di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 20 aprile 2020,  n.
26 (Disposizioni urgenti in materia di consultazioni  elettorali  per
l'anno 2020), poiche' tale legge  avrebbe  introdotto  previsioni  in
«materia  referendaria»  estranee  al  testo  originario  del  citato
decreto-legge,  che  avrebbe  disciplinato   soltanto   la   «materia
elettorale»; 
    che, in particolare, le doglianze  del  ricorrente  si  appuntano
sull'art. 1-bis, commi 1 e 3, del su citato decreto-legge, in base al
quale, «al fine di assicurare il necessario  distanziamento  sociale,
le  operazioni  di  votazione  per  le  consultazioni  elettorali   e
referendarie dell'anno 2020  si  svolgono  [...]  nella  giornata  di
domenica [...] e nella giornata di lunedi'»; 
    che tale previsione applica anche  al  referendum  costituzionale
«il principio di concentrazione delle scadenze elettorali»,  previsto
dall'art. 7 del decreto-legge 6  luglio  2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    che l'approvazione e la conversione del citato  d.l.  n.  26  del
2020,  contenendo  disposizioni   in   «materia   costituzionale   ed
elettorale», determinerebbero la violazione  dell'art.  72,  primo  e
quarto comma, della Costituzione; 
    che  l'approvazione  al  Senato  della  legge  n.  59  del   2020
attraverso il voto di  fiducia  avrebbe  impedito  al  ricorrente  di
esaminare e approvare nel merito «tutte le parti  aggiunte,  mediante
emendamento modificativo o soppressivo delle disposizioni originarie»
del d.l. n. 26 del 2020; 
    che il ricorrente chiede che  la  Corte  costituzionale  disponga
l'annullamento del d.P.R. 17 luglio 2020  (Indizione  del  referendum
popolare confermativo relativo all'approvazione del testo della legge
costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56,  57  e  59  della
Costituzione in materia di riduzione del  numero  dei  parlamentari»,
approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della
Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre  2019),  con  il  quale  e'
stato indetto il referendum costituzionale e sono stati  convocati  i
relativi comizi per i giorni 20 e 21 settembre 2020; 
    che l'indizione dei  comizi  referendari  confliggerebbe  con  il
diritto del ricorrente «di partecipare alle sessioni parlamentari con
pienezza di poteri di emendamento di disposizioni incostituzionali»; 
    che il ricorrente sollecita altresi' la Corte  costituzionale  ad
adottare  una  misura  cautelare  che  sospenda,  nelle  more   della
decisione del conflitto, l'indizione del  referendum  costituzionale,
eventualmente  sollevando  di  fronte  a  se'  stessa  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 25 maggio  1970,
n. 352 (Norme sui referendum  previsti  dalla  Costituzione  e  sulla
iniziativa legislativa del popolo) «nella parte in cui non prevede il
controllo di compatibilita' della revisione costituzionale con l'art.
139  Cost.,  che  e'   limite   insuperabile   per   ogni   revisione
costituzionale come l'art. 75 c. 2 Cost.  lo  e'  per  il  referendum
abrogativo»; 
    che, nel periodo intercorrente tra il deposito  del  ricorso  per
conflitto di  attribuzione  tra  poteri  e  la  camera  di  consiglio
convocata per valutarne l'ammissibilita', e'  pervenuto  un  atto  di
«intervento adesivo dipendente», con il  quale  il  Partito  Radicale
Nonviolento Transnazionale Transpartito ha chiesto di intervenire nel
giudizio davanti alla Corte costituzionale. 
    Considerato che  il  senatore  Gregorio  De  Falco  ha  sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  nei  confronti  del
Senato  della  Repubblica,  e,  «se  dichiarato   ammissibile»,   nei
confronti del Governo della Repubblica e dei Ministri dell'interno  e
della giustizia, «in quanto responsabili, insieme con  il  Presidente
del Consiglio» degli atti del Presidente della Repubblica,  «e/o  del
Presidente della Repubblica» stesso, per chiedere  che  questa  Corte
dichiari che non spettava al Senato approvare con voto di fiducia  la
legge 19 giugno 2020, n. 59 che ha convertito, con modificazioni,  in
legge il decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in
materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020); 
    che, secondo il ricorrente, la legge  n.  59  del  2020,  essendo
stata approvata  a  seguito  di  voto  di  fiducia  e  contenendo  un
emendamento in materia asseritamente estranea al contenuto originario
del d.l. n.  26  del  2020,  avrebbe  determinato  la  lesione  delle
prerogative costituzionali attribuitegli in quanto parlamentare; 
    che  il  d.l.  n.  26  del  2020,  come  convertito,   contenendo
previsioni in materia costituzionale  ed  elettorale,  sarebbe  stato
adottato in violazione dell'art. 72 della Costituzione; 
    che il ricorrente chiede che questa Corte annulli anche il d.P.R.
17  luglio  2020  (Indizione  del  referendum  popolare  confermativo
relativo  all'approvazione  del  testo  della  legge   costituzionale
recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59  della  Costituzione  in
materia di riduzione del  numero  dei  parlamentari»,  approvato  dal
Parlamento e pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana n. 240  del  12  ottobre  2019),  sospendendone  con  misura
cautelare l'applicazione ed eventualmente sollevando  innanzi  a  se'
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge  25
maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione
e sulla iniziativa legislativa del popolo); 
    che, in questa fase del  giudizio,  la  Corte  costituzionale  e'
chiamata esclusivamente a deliberare, in camera di  consiglio,  senza
contraddittorio e senza  possibilita'  di  interventi  di  terzi,  se
sussistano i requisiti, soggettivo e oggettivo, prescritti  dall'art.
37, primo comma, della legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a
decidere se il conflitto insorga tra organi competenti  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere  cui  appartengono  e  per  la
delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri
da norme costituzionali; 
    che questa Corte non puo' esimersi dal rilevare, preliminarmente,
la scarsa chiarezza e coerenza del percorso argomentativo seguito dal
ricorso, contraddistinto da salti  logici  e  da  passaggi  privi  di
conseguenzialita'; 
    che  il  ricorso  contiene,  infatti,   sommarie   critiche:   a)
all'adozione del d.l. n. 26 del 2020  per  la  disciplina  di  ambiti
attinenti   alla   «materia   costituzionale   ed   elettorale»;   b)
all'approvazione, da parte delle «Commissioni  Affari  Costituzionali
di Camera e Senato», di  un  emendamento  asseritamente  estraneo  al
testo originario del decreto-legge; c) all'approvazione con  voto  di
fiducia, da parte del Senato, della legge di conversione  del  citato
decreto-legge;  d)  agli  effetti  che  tale  decreto-legge   avrebbe
determinato sul  successivo  d.P.R.  del  17  luglio  2020;  e)  alle
conseguenze che l'accorpamento delle consultazioni  elettorali  e  di
quella referendaria avrebbe  sulla  genuinita'  del  procedimento  di
revisione costituzionale; f) agli  effetti  sulla  forma  di  governo
parlamentare che la revisione  costituzionale  determinerebbe,  anche
alla luce della legge elettorale attualmente vigente; 
    che il ricorso espone, dunque, in  modo  non  ordinato,  critiche
alla legge elettorale, alla riforma costituzionale,  all'accorpamento
delle consultazioni, all'utilizzo dei  decreti-legge  e,  infine,  al
procedimento di conversione in legge degli stessi, sovrapponendo  non
solo argomenti giuridico-costituzionali tra  loro  ben  distinti,  ma
altresi'  avanzando  valutazioni  politiche  in   questa   sede   non
conferenti; 
    che coerenza di contenuti  e  chiarezza  di  forma  costituiscono
requisiti di ogni atto introduttivo di un giudizio, e non possono non
valere per il ricorso introduttivo di un giudizio  per  conflitto  di
attribuzioni tra poteri dello Stato che aspiri a superare  il  vaglio
preliminare di ammissibilita'; 
    che, invece, il ricorso non individua ne' l'atto  lesivo  (o  gli
atti lesivi), ne' le attribuzioni del ricorrente che sarebbero  state
lese (in senso analogo, ordinanze n. 181 del 2018 e n. 280 del 2017); 
    che,  soprattutto,  il  ricorso  non  contiene  alcuno  specifico
riferimento alle prerogative del singolo parlamentare,  asseritamente
violate durante l'iter di conversione in legge del  d.l.  n.  26  del
2020; 
    che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che,  affinche'
il ricorso per  conflitto  tra  poteri  dello  Stato  presentato  dal
singolo  parlamentare  risulti  ammissibile,  e'  necessario  che  il
ricorrente  alleghi  «"una  sostanziale   negazione   o   un'evidente
menomazione" delle proprie funzioni costituzionali» (ordinanza n. 176
del 2020 e, in senso simile, ordinanza n. 275 del 2019); 
    che, in particolare, deve essere motivata  «la  ridondanza  delle
asserite  violazioni  dei  principi  costituzionali  invocati   sulla
propria sfera di attribuzioni costituzionali, a  difesa  della  quale
questa Corte e' chiamata a pronunciarsi» (ordinanze n. 176 e  n.  129
del 2020, nonche' n. 181 del 2018); 
    che, invece, il ricorrente omette qualsiasi riferimento ai lavori
parlamentari svoltisi presso  il  Senato  della  Repubblica,  da  cui
risulti l'evidenza delle numerose lesioni lamentate; 
    che peraltro, durante tali lavori, l'applicazione  del  principio
della concentrazione delle scadenze elettorali  (cosiddetto  election
day) anche al referendum costituzionale e'  stata  oggetto  di  ampia
discussione,  essendosene  proposta  l'esclusione  in   due   diverse
questioni pregiudiziali (respinte, con unica  votazione,  durante  la
seduta del Senato n. 231 del 18 giugno 2020), questioni  sulle  quali
risulta che anche il ricorrente abbia potuto regolarmente votare; 
    che, inoltre, il voto favorevole sulla questione di fiducia posta
al Senato sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del
d.l. n. 26 del 2020 ha  legittimamente  determinato,  secondo  quanto
previsto dall'art. 161, comma  3-bis,  del  regolamento  del  Senato,
l'approvazione  dell'articolo  unico  del   disegno   di   legge   di
conversione, con conseguente preclusione  dei  restanti  emendamenti,
degli ordini del giorno e delle proposte di stralcio; 
    che, anche sotto  questo  profilo,  in  seguito  all'applicazione
delle norme del regolamento parlamentare conseguenti  alla  posizione
della questione di fiducia, non risulta prospettata alcuna  specifica
lesione delle attribuzioni costituzionali  del  singolo  parlamentare
nell'ambito del procedimento di conversione (analogamente,  ordinanza
n. 275 del 2019); 
    che,   comunque,   sempre   con    riferimento    agli    effetti
dell'approvazione della questione di fiducia sui tempi di discussione
parlamentare, questa Corte ha gia' avuto modo di evidenziare che  «in
nessun caso sarebbe sindacabile [...] la questione di fiducia ai fini
dell'approvazione senza emendamenti di un disegno di legge in seconda
lettura» (ordinanza n. 60 del 2020); 
    che, ancora, nessuna argomentazione e' contenuta nel  ricorso  in
merito alla ritenuta estraneita' dell'art. 1-bis, approvato nel corso
dell'iter di conversione, rispetto al testo originario del d.l. n. 26
del 2020, mentre  questa  Corte  ha  gia'  chiarito  che,  in  simili
evenienze, il ricorso stesso deve offrire «elementi tali  da  portare
all'evidenza [...] l'asserito difetto di omogeneita' dell'emendamento
oggetto» del conflitto, non essendo sufficiente, a tal fine, «un mero
raffronto tra la materia regolata dall'emendamento stesso e il titolo
del decreto-legge» (ordinanza n. 274 del 2019); 
    che, in  definitiva,  pur  asserendo  la  violazione  di  plurimi
principi costituzionali inerenti sia il procedimento legislativo  sia
quello di revisione costituzionale, il ricorso  non  chiarisce  quali
attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare siano  state  in
concreto lese nel corso di tali procedimenti, e nemmeno enuncia quali
siano, in astratto, tali attribuzioni; 
    che, per questo insieme di ragioni, esso deve  essere  dichiarato
inammissibile; 
    che  la  presente  pronuncia  assorbe  l'esame  dell'istanza   di
sospensione cautelare del d.P.R. 17 luglio 2020.