ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
1047, lettere a) e b), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2018-2020),  modificativo  dell'art.  1,
comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2014), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per
il Lazio, sezione seconda, con  due  ordinanze  del  26  marzo  2019,
rispettivamente iscritte ai numeri 99 e 100  del  registro  ordinanze
2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  27,
prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione di Play Game  srl,  di  Play  Line
srl,  di  B.  E.  srl  e  Coral  srl,  di  M.   S.   e   Bingo   srl,
dell'Associazione concessionari bingo (ASCOB), nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Alessandro Dagnino per B. E. srl e altra, Luca
Porfiri e Alvise Vergerio di  Cesana  per  Play  Line  srl  e  altra,
Matilde Tariciotti per M. S. e altri e l'avvocato dello Stato  Amedeo
Elefante per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  due  ordinanze  di   analogo   tenore,   il   Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e 41, nonche'  11  e  117,  primo  comma,
della Costituzione - questi ultimi due in relazione agli artt. 16, 20
e  21  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea
(CDFUE),  proclamata  a  Nizza  il  7  dicembre  2000  e  adattata  a
Strasburgo  il  12  dicembre  2007  -   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017,
n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020). 
    Nel modificare l'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013,
n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e  pluriennale  dello  Stato  (legge   di   stabilita'   2014)»,   la
disposizione censurata, alla lettera a), differisce al  30  settembre
2018 il termine entro il quale l'Agenzia delle dogane e dei  monopoli
(d'ora in avanti: ADM) procede alla gara per la riattribuzione  delle
concessioni del gioco del bingo e,  al  contempo,  alla  lettera  b),
eleva gli importi dovuti dai concessionari,  operanti  in  regime  di
proroga tecnica, a euro 7.500  per  ogni  mese  o  frazione  di  mese
superiore ai quindici giorni, e a euro 3.500  per  ogni  frazione  di
mese inferiore ai quindici giorni. 
    1.1.- Ad avviso del TAR Lazio, questa disposizione violerebbe, in
primo luogo,  l'art.  3  Cost.,  per  il  carattere  irragionevole  e
sproporzionato dell'aumento di quanto  dovuto  dai  concessionari  in
regime di proroga tecnica, disposto in mancanza di alcuna indagine in
ordine  all'effettiva  sostenibilita'  di  tale  onere  e  senza  una
correlazione con la cifra da porre a base d'asta per le nuove gare. 
    La disposizione censurata si porrebbe in contrasto, altresi', con
l'art. 41 Cost., poiche' l'ulteriore protrarsi della proroga tecnica,
in  corso  dal  2013,  di  fatto  senza  una  precisa   delimitazione
temporale, priverebbe gli operatori della possibilita' di valutare la
convenienza economica della scelta, data l'incertezza  circa  l'avvio
della nuova gara. 
    Infine, sarebbero violati gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.,
in relazione sia ai principi di uguaglianza davanti alla legge  e  di
non discriminazione, di  cui  agli  artt.  20  e  21  CDFUE,  sia  al
riconoscimento della liberta' di impresa, di cui  all'art.  16  della
stessa CDFUE. 
    2.- Il TAR Lazio riferisce che, nei giudizi a  quibus,  le  parti
ricorrenti svolgono l'attivita' di gestori di sale dedicate al  gioco
del bingo, in forza di concessioni scadute.  Ai  sensi  dell'art.  l,
comma 636, della legge n. 147 del  2013,  le  ricorrenti  operano  in
regime  di  proroga  tecnica,  in  attesa  dello  svolgimento   delle
procedure selettive  per  l'attribuzione  di  nuove  concessioni.  In
entrambi i giudizi dinanzi al TAR Lazio e' impugnata la nota dell'ADM
dell'8  gennaio  2018,  con  cui  e'  stata  data  applicazione  alla
disposizione  censurata.  I  ricorsi  si   fondano   sulla   ritenuta
illegittimita' costituzionale e sull'incompatibilita' con il  diritto
europeo dell'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017. 
    Il rimettente evidenzia che inizialmente le  concessioni  per  la
gestione del gioco del  bingo  erano  attribuite,  all'esito  di  una
procedura selettiva, a titolo gratuito e per la durata di  sei  anni,
rinnovabile una sola volta. Per le concessioni in scadenza nel 2013 e
nel 2014, la legge n.  147  del  2013,  all'art.  1,  comma  636,  ha
introdotto  il  regime  di  proroga  tecnica,  disponendo  che  l'ADM
procedesse nel 2014 all'attribuzione di nuove  concessioni  a  titolo
oneroso.  La  stessa  legge  ha  posto  a  carico  dei  titolari   di
concessioni in scadenza, che  intendano  partecipare  alla  gara,  il
pagamento, a titolo di canone, della somma di  euro  2.800  per  ogni
mese, o frazione di mese superiore a quindici giorni, di proroga  del
rapporto, oppure di euro 1.400 per ogni frazione di mese inferiore ai
quindici giorni e  comunque  fino  alla  sottoscrizione  della  nuova
concessione. 
    Questa disciplina e' stata  ripetutamente  modificata.  Dapprima,
l'art. 1, comma 934, lettera a), numeri da 1) a 4),  della  legge  28
dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilita' 2016) ha esteso il  regime
di proroga alle concessioni in scadenza  fino  al  2016,  prevedendo,
inoltre, che fosse indetta una gara nel 2016  per  l'attribuzione  di
210 nuove concessioni. La medesima legge ha elevato a 350.000 euro la
soglia  minima  del  corrispettivo  per  l'attribuzione  di  ciascuna
concessione;  ha  stabilito  in  nove  anni  la  durata  delle  nuove
concessioni; ha aumentato a 5.000 euro per ogni mese  o  frazione  di
mese superiore a quindici giorni, e a 2.500 euro per ogni frazione di
mese   inferiore   ai   quindici   giorni,   l'importo   dovuto   dal
concessionario in proroga tecnica; ha inoltre previsto il divieto  di
trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga. 
    In attesa della nuova gara, la proroga tecnica avrebbe  conferito
un'utilita' economica ai concessionari uscenti, i quali beneficiavano
della possibilita' di proseguire la  propria  attivita',  sulla  base
della propria scelta di  convenienza.  La  ragionevolezza  di  questa
disciplina e la sua neutralita' rispetto alla liberta' di  iniziativa
economica privata si fondavano, pertanto, sulla sua  temporaneita'  e
sulla certezza dell'orizzonte temporale entro  il  quale  si  sarebbe
svolta la gara. 
    Osserva il giudice a quo che, sebbene la legge n.  208  del  2015
abbia innalzato l'importo dovuto  mensilmente  dai  concessionari  in
proroga  a  5.000  euro,  l'aumento  non   appariva   indicativo   di
arbitrarieta' o irragionevolezza. D'altra parte,  il  termine  finale
della proroga tecnica, pur essendo stato differito, rimaneva comunque
contenuto entro un periodo molto ristretto. 
    In seguito,  la  disposizione  censurata  ha  esteso  la  proroga
tecnica alle concessioni in scadenza fino al  2018,  fissando  al  30
settembre 2018 il termine entro il quale andava indetta la  gara  per
l'attribuzione delle nuove concessioni.  La  stessa  disposizione  ha
ulteriormente elevato l'importo dovuto dal concessionario in scadenza
che intenda partecipare alla gara, portandolo a euro 7.500  per  ogni
mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, e a euro  3.500
per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni. 
    2.1.- Il TAR ritiene che  la  disposizione  censurata,  avente  i
caratteri della legge-provvedimento, incida irragionevolmente  su  un
gruppo determinato di operatori economici, in violazione,  anzitutto,
dell'art. 3 Cost. 
    Le modifiche introdotte dalla disposizione  censurata  avrebbero,
infatti, alterato la ratio intrinseca della disciplina della  proroga
tecnica. L'incremento dell'importo mensile dovuto dagli operatori  in
proroga tecnica sarebbe stato disposto in assenza di alcuna  indagine
circa  l'effettiva  sostenibilita'  di  tale  onere  e  senza  alcuna
correlazione con la cifra da porre a base d'asta per le nuove gare. 
    Inoltre, l'aumento si accompagna all'ulteriore  estensione  della
proroga,  gia'  in  corso  dal  2013,  di  fatto  senza  una  precisa
delimitazione temporale. Infatti,  anche  il  nuovo  termine  del  30
settembre 2018, stabilito dalla stessa disposizione censurata sarebbe
inattendibile, poiche'  il  ripetuto  differimento  delle  precedenti
scadenze farebbe dubitare del suo effettivo rispetto. 
    Ad avviso del  giudice  a  quo,  l'indefinita  protrazione  della
proroga  tecnica  priverebbe  gli  operatori  della  possibilita'  di
valutarne la convenienza economica. Questi soggetti sarebbero  incisi
in modo arbitrario e irragionevole dall'aumento  dell'importo  dovuto
mensilmente, senza potere influire sulla durata della proroga e senza
alcuna certezza in ordine alla sua cessazione. 
    2.2.- E' denunciata, altresi', la violazione dell'art. 41  Cost.,
per la compromissione della liberta' di iniziativa economica privata,
a causa dell'impossibilita' per gli operatori di compiere consapevoli
scelte economiche. Essi rimarrebbero soggetti a  un  regime  gravoso,
cui tuttavia non potrebbero sottrarsi, non essendo prevedibile,  allo
stato, quando si svolgera' la nuova gara. 
    2.3.- Il giudice a quo ravvisa, infine, la violazione degli artt.
11 e 117, primo  comma,  Cost.,  in  relazione  sia  ai  principi  di
uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione, di cui  agli
artt. 20 e 21 CDFUE, sia al riconoscimento della liberta' di impresa,
di cui all'art. 16 della stessa CDFUE. 
    3.- In entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che  le  questioni  siano  dichiarate
inammissibili, o comunque non fondate. 
    3.1.- In particolare, nel giudizio iscritto al n. 99 del 2019, e'
preliminarmente eccepita l'inammissibilita' delle  questioni  per  il
carattere oscuro e contraddittorio della motivazione a sostegno della
rilevanza, poiche' l'accoglimento  delle  censure  di  cui  al  primo
motivo di ricorso avrebbe portato all'integrale  soddisfazione  della
pretesa  fatta  valere  nel  giudizio,  senza  necessita'   di   fare
applicazione della disposizione censurata. 
    3.2.- Nel merito, le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sarebbero comunque manifestamente infondate. 
    3.2.1.-  L'Avvocatura  generale  dello  Stato  osserva  che,   in
effetti, gia' l'art. 1, comma 934, lettera a), numeri  da  l)  a  4),
della legge n. 208 del 2015 aveva elevato l'importo del corrispettivo
per l'attribuzione delle nuove concessioni, nonche' il canone mensile
dovuto dai concessionari in proroga. Il solo fatto che non  sia  piu'
assicurata la commisurazione dell'importo dovuto  al  tre  per  cento
dell'utile lordo ricavato dalla raccolta media del  gioco  del  bingo
non dimostrerebbe l'arbitrarieta' o  l'irragionevolezza  delle  nuove
previsioni,  ne'  l'eventuale  incisione  di  tale  onere  in  misura
maggiore sull'utile lordo dei concessionari comporterebbe,  per  cio'
solo, la sua insostenibilita' (e'  richiamata  la  sentenza  del  TAR
Lazio, sezione seconda, 26 marzo 2019, n. 4020). 
    3.2.2.- Riguardo alla violazione del principio di ragionevolezza,
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  fa  rilevare  come  la
sostenibilita' dell'onere economico da  parte  delle  ricorrenti  non
costituisca un presupposto di legittimita' della modifica  normativa,
non essendo rinvenibile il  principio  secondo  cui  i  guadagni  dei
concessionari debbano rimanere  invariati  a  seguito  di  interventi
legislativi sull'ammontare degli oneri concessori (e'  richiamata  la
sentenza di questa Corte n. 56 del 2015). 
    L'Avvocatura generale dello  Stato  evidenzia,  inoltre,  che  la
giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  ha
riconosciuto che gli obiettivi attinenti, da un lato, alla  riduzione
delle  occasioni  di  gioco  e,  dall'altro,  alla  lotta  contro  la
criminalita' mediante l'assoggettamento a controllo  degli  operatori
attivi  in  tale  settore  giustificano  restrizioni  alle   liberta'
fondamentali nel settore dei giochi  d'azzardo  (sono  richiamate  le
sentenze della quarta sezione, 16 febbraio 2012, nelle cause  riunite
C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone, e della grande  sezione,  6  marzo
2007, nelle cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica  e
altri). 
    In  ogni  caso,  la  sostenibilita'  dell'onere  da  parte  delle
societa' ricorrenti  emergerebbe  dall'analisi  dell'andamento  della
raccolta annuale nel periodo interessato dalla  proroga  tecnica.  In
questi  anni,  infatti,  non  sarebbero  riscontrabili  significative
riduzioni di guadagno da parte dei concessionari. 
    3.2.3.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sostiene,
inoltre, che gli importi dovuti  dai  concessionari  in  proroga  non
siano necessariamente correlati alla base d'asta  delle  nuove  gare.
Infatti, la somma di 350.000 euro,  cui  le  parti  ricorrenti  fanno
riferimento per contestare la proporzionalita' delle  somme  mensili,
costituisce la base d'asta e non  il  prezzo  di  aggiudicazione,  il
quale potra' essere maggiore.  L'onere  economico  per  continuare  a
esercitare la concessione sarebbe,  quindi,  svincolato  dall'importo
della gara. 
    3.2.4.- L'Avvocatura  generale  dello  Stato  contesta,  inoltre,
l'assunto secondo il quale dalla ripetuta  proroga  delle  precedenti
scadenze deriverebbe l'assenza di temporaneita'. Ne' il  differimento
del  termine   di   svolgimento   della   gara   sarebbe   indicativo
dell'irragionevolezza  della  misura.  Cio'  costituirebbe  una  mera
circostanza di fatto, tale  da  non  riflettersi  sulla  legittimita'
costituzionale delle disposizioni censurate. 
    Inoltre, si rammenta che  l'ADM  aveva  gia'  provveduto  a  dare
attuazione all'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013, ma  la
procedura di gara per l'affidamento delle nuove concessioni e'  stata
annullata in sede giurisdizionale. In seguito, e' stata  avviata  una
nuova istruttoria, alla luce sia della legge n. 205 del 2017, sia del
decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei  contratti
pubblici).  Con  il  parere  interlocutorio  n.  1068  del  2019,  il
Consiglio di Stato, sezione prima, 27 marzo 2019, n. 1068, ha chiesto
all'ADM  di  procedere  alla  rielaborazione  dei  testi.   Da   cio'
emergerebbe che l'ADM ha l'interesse a svolgere le nuove  gare  entro
una  data  prossima   e   collocata   in   un   orizzonte   temporale
predeterminato. 
    3.2.5.- Quanto alla violazione dell'art. 41 Cost., il  Presidente
del Consiglio dei ministri ritiene che - in attesa degli  adempimenti
richiesti  dal  Consiglio  di  Stato  -  la  liberta'  di  iniziativa
economica dei titolari di concessioni in proroga non sia compromessa,
poiche'  la  scelta  di  avvalersi  della  proroga,  a  fronte  della
corresponsione   di    un    contributo,    e'    comunque    rimessa
all'imprenditore. Inoltre, trattandosi di concessioni ormai  scadute,
non  potrebbero  essere  utilmente  invocati  i  principi  comunitari
relativi all'ammortamento degli investimenti e alla remunerazione dei
capitali.  Il  pagamento  del  canone  mensile  sarebbe  strettamente
correlato alla possibilita' di continuare a svolgere  l'attivita'  di
concessione in assenza di una nuova gara, il cui esito, peraltro, non
necessariamente sarebbe favorevole per tutti. 
    3.2.6.- Per queste  stesse  ragioni,  ad  avviso  dell'Avvocatura
generale dello Stato, non sarebbe ravvisabile neanche  la  violazione
degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 16,
20 e 21 della CDFUE. 
    4.- Nel giudizio iscritto al r.  o.  n.  99  del  2019,  si  sono
costituite le societa' B.E. srl e Coral srl, quali  gestori  di  sale
bingo e parti ricorrenti nel giudizio a quo, chiedendo in primo luogo
alla Corte di operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
dell'Unione europea, per verificare  se  una  normativa  come  quella
oggetto di censura, in quanto istitutiva  di  un  regime  di  proroga
tecnica di durata pluriennale e a  titolo  oneroso  delle  precedenti
concessioni, sia compatibile con le norme europee sulla  liberta'  di
concorrenza, sulla liberta'  di  stabilimento  e  di  prestazione  di
servizi, di cui agli  artt.  26,  49,  56,  e  63  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2
del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge
2 agosto 2008, n. 130, nonche' con  quelle  in  materia  di  evidenza
pubblica. 
    In via subordinata,  le  parti  costituite  chiedono  che  questa
Corte, previa  rimessione  della  questione  innanzi  a  se'  stessa,
dichiari l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  636,
lettera c), della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 3,
41, 11 e 117, primo comma, Cost., questi ultimi due in relazione agli
artt. 16, 20 e 21 della CDFUE, nella parte in cui prevede, per  tutta
la durata della proroga, l'obbligo del concessionario in scadenza  di
versare una somma e il divieto di trasferire i locali. 
    In via ulteriormente subordinata, le societa' costituite chiedono
l'accoglimento  delle  questioni   di   legittimita'   costituzionale
sollevate dal giudice rimettente. 
    4.1.- Ad avviso delle parti, l'illegittimita' costituzionale  non
riguarderebbe soltanto la disposizione censurata,  che  ha  aumentato
gli importi  dovuti  dai  concessionari,  ma  anche  la  disposizione
dell'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013, che ha  previsto
l'onerosita' della proroga, in quanto si tratterebbe di una normativa
irragionevole, sproporzionata e, comunque, non coerente  rispetto  al
fine dichiarato. 
    Prima ancora che per la misura del canone, la disciplina in esame
sarebbe illegittima per l'indeterminatezza della  durata  del  regime
transitorio. Anche laddove fosse  stabilito  un  canone  basso,  cio'
sarebbe comunque irragionevole e lesivo della liberta' di  iniziativa
economica, se non applicato per un tempo limitato  ed  entro  termini
certi. 
    4.1.1.- Il canone di proroga tecnica sarebbe irragionevole  anche
sotto il  profilo  della  sua  natura  fiscale.  Esso  possiederebbe,
infatti, i caratteri di un vero e proprio  tributo,  irragionevole  e
costituzionalmente illegittimo. 
    4.1.2.- Ad avviso  delle  societa'  costituite,  la  disposizione
censurata sarebbe illegittima anche  per  la  grave  e  irragionevole
distorsione della concorrenza che essa determinerebbe,  assoggettando
a oneri uguali soggetti  estremamente  diversi,  sia  per  dimensione
economica, sia per territorio di svolgimento dell'attivita', sia  per
fatturato. Sarebbero cosi' favoriti i grandi operatori, con l'effetto
di accelerare il processo in atto che coinvolge le piccole attivita',
poste di fronte all'alternativa di farsi acquisire dai primi o uscire
dal mercato. Inoltre, per tutta la durata del periodo transitorio, le
imprese in proroga tecnica  sarebbero  poste  in  una  situazione  di
svantaggio rispetto a quelle la cui originaria concessione, a  titolo
gratuito, non e' ancora scaduta. 
    4.1.3.- Le parti costituite deducono la necessita'  di  disporre,
in via preliminare, il rinvio pregiudiziale alla Corte  di  giustizia
UE, evidenziando come  la  prosecuzione  del  regime  transitorio  di
proroga possa ostacolare l'accesso nel mercato interno  di  operatori
comunitari, cosi' alterando la concorrenza tra operatori stabiliti in
Paesi membri dell'Unione europea. 
    4.2.- Nello stesso giudizio, iscritto al r. o. n. 99 del 2019, si
sono altresi' costituite le societa' Play Game srl e Play  Line  srl,
anch'esse quali  parti  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo,  chiedendo
l'accoglimento delle questioni sollevate dal TAR Lazio. 
    4.2.1.-   Le   societa'   costituite   lamentano   il   carattere
irragionevole  e  sproporzionato   dell'incremento   previsto   dalla
disposizione censurata, poiche' - a fronte della riduzione dei volumi
di raccolta del gioco  -  il  concessionario  sarebbe  tenuto  ad  un
esborso superiore non soltanto a quanto ritenuto congruo  poco  tempo
prima, ma anche all'importo da versare durante il regime ordinario di
gestione delle concessioni. 
    In mancanza di una correlazione con il fatturato, la disposizione
censurata finirebbe per vessare gli operatori  con  minore  capacita'
reddituale. Viceversa, l'ammontare di  questi  corrispettivi  avrebbe
dovuto  essere  commisurato  al  fatturato  e  alla  redditivita'  di
ciascuno dei concessionari. 
    La difesa delle parti private costituite evidenzia, inoltre,  che
la durata della proroga  dovrebbe  essere  strettamente  limitata  al
periodo  necessario  all'espletamento  delle  operazioni   di   gara.
Diversamente, si  avrebbe  una  violazione  dei  principi  di  libera
concorrenza,  parita'   di   trattamento,   non   discriminazione   e
trasparenza. Al riguardo, sono richiamati la delibera  dell'Autorita'
nazionale  anticorruzione  del  9  marzo  2011,  n.  34,  nonche'  il
comunicato del Presidente della stessa Autorita' del 4 novembre 2015. 
    Viceversa, nel caso in esame, la  proroga  servirebbe  a  ovviare
all'inadempienza dell'ADM, che ha omesso di bandire la  gara  per  la
riattribuzione  delle  concessioni.  La  proroga  tecnica  ha   ormai
raggiunto  un'estensione  temporale  equivalente   a   quella   delle
concessioni originarie. 
    La difesa delle parti costituite fa, inoltre, rilevare che l'art.
14, comma 2, lettera r), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega  al
Governo recante  disposizioni  per  un  sistema  fiscale  piu'  equo,
trasparente e  orientato  alla  crescita)  ha  imposto  l'obbligo  di
commisurare l'importo della somma pretesa per il periodo di proroga a
quello originariamente dovuto per il conseguimento della concessione. 
    Le   disposizioni   censurate   determinerebbero,   ancora,   una
discriminazione nei  confronti  dei  concessionari  in  proroga,  sia
rispetto ai soggetti che risulteranno vittoriosi nella prossima gara,
sia rispetto ai soggetti operanti in forza  di  concessione  gratuita
non ancora scaduta. 
    La disciplina della proroga tecnica sarebbe altresi' in contrasto
con l'art. 3 Cost. e con i corrispondenti artt. 20 e 21 della  CDFUE,
anche  in  relazione  al  principio  del  legittimo  affidamento.  E'
richiamata, al riguardo, la sentenza di questa Corte n. 166 del 2012,
nonche' le sentenze della Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea,
quarta sezione, 14 marzo 2013, in causa C-545/11, Agrargenossenschaft
Neuzelle eG contro  Landrat  des  Landkreises  Oder-Spreee,  e  sesta
sezione, 17 dicembre 1998, in causa C-186/96, Demand contro Trier. 
    L'irragionevolezza  e   la   vessatorieta'   delle   disposizioni
censurate sarebbero ancora piu' evidenti  laddove  si  consideri  che
l'adesione  al  regime  di  proroga  costituisce  condizione  per  la
partecipazione alla gara. Infatti, ove non aderiscano  alla  proroga,
gli  interessati  dovrebbero   rinunciare   al   proprio   avviamento
commerciale  e  dismettere  le  sale  precedentemente   condotte   in
locazione.  Verrebbe  cosi'  compressa  la  liberta'  di   iniziativa
economica privata, garantita dall'art. 41 Cost. e dall'art. 16 CDFUE. 
    D'altra parte, al maggior  esborso  previsto  dalla  disposizione
censurata dovrebbe essere attribuita natura tributaria. In violazione
dei principi di cui all'art. 53 Cost.,  questo  tributo  non  sarebbe
informato  a  criteri  di  progressivita',  poiche'   esso   riguarda
indistintamente tutti  i  concessionari,  a  prescindere  dalla  loro
capacita' contributiva e dall'effettivo numero di cartelle vendute  e
senza considerare che alcuni concessionari sono ubicati in zone  piu'
colpite dalla crisi economica, che ne ha minato  le  possibilita'  di
guadagno. Essi non  potrebbero  neppure  ovviare  a  tale  situazione
scegliendo una diversa ubicazione delle sale, stante  il  divieto  di
trasferimento, previsto dall'art. l, comma 636, della  legge  n.  147
del 2013. 
    4.3.- Nel giudizio iscritto al r. o. n. 100, si  sono  costituiti
M. S. e Bingo srl unipersonale, quali parti ricorrenti nel giudizio a
quo,  chiedendo  l'accoglimento  delle  questioni   di   legittimita'
costituzionale. 
    4.3.1.- Ad avviso delle parti  costituite,  le  previsioni  della
legge n. 147 del 2013,  che  per  la  prima  volta  hanno  introdotto
l'onerosita' della concessione e l'introduzione di un canone mensile,
sarebbero distoniche rispetto al contesto del mercato di riferimento,
che registrava una forte contrazione della spesa per questa tipologia
di giochi ed un ancor  piu'  drastico  abbattimento  della  quota  di
mercato occupata dal bingo. Inoltre, tale misura  non  sarebbe  stata
preceduta da alcuna istruttoria idonea  a  giustificare  l'incremento
del canone mensile  imposto  ai  concessionari,  ne'  in  termini  di
sostenibilita' in se', ne' rispetto  all'andamento  del  mercato  del
bingo. 
    D'altra parte, la reiterazione della proroga tecnica l'avrebbe di
fatto trasformata in un regime stabile, posto che dal  2014  la  gara
ancora non  e'  stata  svolta.  Cio'  sarebbe  lesivo  del  legittimo
affidamento dei concessionari, che avrebbero sopportato il  pagamento
del contributo mensile confidando nella  temporaneita'  dell'onere  e
nell'imminenza della gara. Questa situazione,  anche  alla  luce  del
divieto di trasferimento delle sale bingo, costituirebbe un  ostacolo
alla liberta' di prestazione dei servizi, garantita dal TFUE. 
    4.3.2.- Le parti costituite ritengono che la  ragionevole  scelta
del legislatore del 2013 sia stata in seguito stravolta. Non solo  le
gare, che avrebbero dovuto essere bandite con cadenza  biennale,  non
sono state espletate ma, a decorrere dal 2015 e ancor piu' nel  2017,
si e' persa ogni correlazione fra il valore delle nuove concessioni e
il corrispettivo mensile dovuto dai concessionari in proroga. 
    4.3.3.-   L'indeterminatezza   del   sistema   approntato   dalla
disposizione censurata comporterebbe anche la violazione dell'art. 41
Cost. e  della  liberta'  di  iniziativa  economica.  Agli  operatori
sarebbe impedito il  compimento  di  consapevoli  scelte  economiche,
rimanendo essi soggetti  a  un  regime  eccessivamente  gravoso,  cui
tuttavia non possono sottrarsi, non  essendo  dato  stabilire  quando
potranno rientrare nel mercato, a seguito della  partecipazione  alla
nuova gara. 
    4.4.- Nel medesimo giudizio iscritto al r. o. n. 100 del 2019  si
e' costituita  l'ASCOB  -  Associazione  concessionari  bingo,  quale
associazione di categoria, intervenuta ad adiuvandum nel  giudizio  a
quo. Essa  chiede  l'accoglimento  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate dal TAR Lazio. 
    Gli  argomenti  illustrati  da  ASCOB   nel   proprio   atto   di
costituzione riflettono, anche nel  tenore  letterale,  quelli  delle
altre parti costituite M. S. e Bingo srl. 
    4.5.- In prossimita' dell'udienza pubblica del 26 febbraio 2020 e
di quella del 23 febbraio 2021, sia le parti private costituite,  sia
il Presidente del Consiglio dei ministri  hanno  depositato  memorie,
con le quali hanno ulteriormente argomentato le  rispettive  istanze,
insistendo per l'accoglimento delle conclusioni ivi formulate. 
    5.- A seguito dell'udienza pubblica del 26 febbraio 2020, al fine
di pervenire a una puntuale ricostruzione degli elementi di fatto sui
quali e' intervenuta  la  disposizione  censurata,  questa  Corte  ha
ritenuto necessario acquisire informazioni dall'Agenzia delle  dogane
e  dei  monopoli,  dal   Ministero   dell'economia   e   dall'Ufficio
parlamentare  di  bilancio  (di  seguito:  UPB)  e,   con   ordinanza
istruttoria del 26 marzo 2020, ha  richiesto  a  essi,  ciascuno  per
quanto di competenza, una relazione informativa sul concreto  assetto
del mercato della raccolta del  bingo,  con  riferimento  ai  profili
economico-finanziari relativi alla genesi  e  all'applicazione  della
disposizione censurata. 
    La relazione predisposta dall'ADM, sviluppata anche in  relazione
agli  aspetti  demandati  al  Ministero   dell'economia,   e'   stata
depositata il 23 luglio 2020, mentre quella dell'UPB e' pervenuta  il
26 ottobre 2020. 
    6.- Con atti rispettivamente depositati in ciascuno  dei  giudizi
il 20 gennaio 2021, e' intervenuta  ad  adiuvandum  la  FEDERBINGO  -
Federazione italiana dei concessionari dei giochi bingo -  chiedendo,
previa decisione di  questa  Corte  sull'ammissibilita'  del  proprio
intervento in giudizio, di prendere visione e trarre copia degli atti
processuali, ai sensi dell'art. 4-bis delle Norme integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale. Con ordinanza  n.  24  del
2021, gli interventi della  FEDERBINGO  -  Federazione  italiana  dei
concessionari dei giochi bingo sono stati dichiarati inammissibili. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Con  due  ordinanze  di   analogo   tenore,   il   Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e 41, nonche'  11  e  117,  primo  comma,
della Costituzione - questi ultimi due in relazione agli artt. 16, 20
e  21  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea
(CDFUE),  proclamata  a  Nizza  il  7  dicembre  2000  e  adattata  a
Strasburgo  il  12  dicembre  2007  -   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017,
n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020). 
    Nel modificare l'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013,
n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e  pluriennale  dello  Stato  (legge   di   stabilita'   2014)»,   la
disposizione censurata, alla lettera a), differisce al  30  settembre
2018 il termine entro il quale l'Agenzia delle dogane e dei  monopoli
(d'ora in avanti: ADM) procede alla gara per la riattribuzione  delle
concessioni del gioco del bingo e,  al  contempo,  alla  lettera  b),
eleva gli importi dovuti dai concessionari,  operanti  in  regime  di
proroga tecnica, a euro 7.500  per  ogni  mese  o  frazione  di  mese
superiore ai quindici giorni, e a euro 3.500  per  ogni  frazione  di
mese inferiore ai quindici giorni. 
    1.1.- Ad avviso del TAR Lazio, questa disposizione violerebbe, in
primo luogo,  l'art.  3  Cost.,  per  il  carattere  irragionevole  e
sproporzionato dell'aumento di quanto  dovuto  dai  concessionari  in
regime di proroga tecnica, disposto in mancanza di alcuna indagine in
ordine  all'effettiva  sostenibilita'  di  tale  onere  e  senza  una
correlazione con la cifra da porre a base d'asta per le nuove gare. 
    La disposizione censurata si porrebbe in contrasto, altresi', con
l'art. 41 Cost., poiche' l'ulteriore protrarsi della proroga tecnica,
in  corso  dal  2013,  di  fatto  senza  una  precisa   delimitazione
temporale, priverebbe gli operatori della possibilita' di valutare la
convenienza economica della scelta, data l'incertezza  circa  l'avvio
della nuova gara. 
    Infine, sarebbero violati gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.,
in relazione sia ai principi di uguaglianza davanti alla legge  e  di
non discriminazione, di  cui  agli  artt.  20  e  21  CDFUE,  sia  al
riconoscimento della liberta' di impresa, di cui  all'art.  16  della
stessa CDFUE. 
    2.- Le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni  identiche,
sicche' i relativi giudizi vanno  riuniti  per  essere  definiti  con
un'unica decisione. 
    3.-  In  via  preliminare,  deve  essere  rigettata   l'eccezione
sollevata  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  nell'ambito   del
giudizio iscritto al r. o. n. 99 del 2019. 
    La difesa statale ritiene contraddittoria la motivazione  offerta
dal giudice a quo a sostegno della rilevanza, poiche'  l'accoglimento
delle censure di cui al  primo  motivo  di  ricorso  avrebbe  portato
all'integrale  soddisfazione   della   pretesa   fatta   valere   dai
ricorrenti,  senza  necessita'  di  fare  applicazione  delle   norme
censurate. 
    Tuttavia, a sostegno di questa eccezione,  l'atto  di  intervento
dell'Avvocatura dello Stato riporta affermazioni che non sono affatto
contenute nell'ordinanza di rimessione iscritta al r. o.  n.  99  del
2019. Quest'ultima non fa  menzione  di  motivi  di  ricorso  diversi
dall'illegittimita' costituzionale della disposizione di legge di cui
l'atto   impugnato   costituisce   applicazione.    L'eccezione    di
inammissibilita' sollevata dalla difesa  statale  risulta,  pertanto,
non fondata. 
    4.- Parimenti non  fondate  sono  le  eccezioni  sollevate  dalla
difesa delle parti costituite B. E. srl e Coral srl  in  ordine  alla
regolarita' dell'intervento dell'Avvocatura generale dello Stato. 
    4.1.- E' vero che nell'atto di intervento depositato dalla difesa
statale  e'  indicato  erroneamente  il  numero   dell'ordinanza   di
rimessione; e che il comunicato della  determinazione  all'intervento
del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   -   pur   indicando
correttamente  la  disposizione   oggetto   di   censura,   la   data
dell'ordinanza di rimessione e l'ufficio giudiziario che l'ha  emessa
- reca l'erronea indicazione del nome delle parti. 
    Tuttavia, dalla considerazione complessiva degli atti  depositati
dalla difesa  statale  e  del  contenuto  di  ciascuno  di  essi,  si
comprende agevolmente che si tratta di meri errori materiali che  non
impediscono di individuare correttamente  l'ordinanza  di  rimessione
cui e' riferito l'atto di intervento e di riconoscere,  pertanto,  la
sua regolarita'. 
    5.- Sono inammissibili gli ulteriori motivi di censura illustrati
dalla difesa delle parti costituite. 
    5.1.- La difesa delle societa' B. E. srl e Coral srl  assume  che
le prestazioni previste dalla disposizione censurata  abbiano  natura
tributaria  e  ravvisa  in  essa  la  violazione  del  principio   di
progressivita' del sistema tributario,  di  cui  all'art.  53  Cost.,
nonche'  il  contrasto  con  le  norme  europee  sulla  liberta'   di
concorrenza, sulla liberta'  di  stabilimento  e  di  prestazione  di
servizi, di cui agli  artt.  26,  49,  56,  e  63  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2
del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge
2 agosto 2008, n. 130. 
    In riferimento a  queste  ulteriori  censure,  le  parti  private
costituite chiedono anche che,  ai  sensi  dell'art.  267  TFUE,  sia
rimessa alla Corte di  giustizia  dell'Unione  europea  la  questione
pregiudiziale interpretativa della disciplina della proroga tecnica. 
    5.2.-  I  profili  di  compatibilita'  con  il  diritto   europeo
evidenziati da B. E. srl e Coral srl  attengono  specificamente  alla
disciplina introdotta dalla legge  n.  147  del  2013.  Tuttavia,  il
giudice a quo non ha affatto censurato il  principio  dell'onerosita'
delle concessioni, ne' e' in discussione la legittimita' della scelta
legislativa di  prorogare  l'efficacia  di  titoli  concessori  ormai
scaduti. Le censure del rimettente si rivolgono, infatti,  alla  sola
disposizione dell'art. l, comma 1047, della legge  n.  205  del  2017
che, nel modificare la disciplina del 2013, ha elevato l'importo  del
canone mensile e differito il termine per lo svolgimento della gara. 
    5.3.- E' nota, al riguardo, la costante giurisprudenza di  questa
Corte,  secondo  cui   l'oggetto   del   giudizio   di   legittimita'
costituzionale in via incidentale e' limitato alle disposizioni e  ai
parametri indicati nelle  ordinanze  di  rimessione,  con  esclusione
della possibilita' di  ampliare  il  thema  decidendum  proposto  dal
rimettente, fino a ricomprendervi questioni  formulate  dalle  parti,
che tuttavia egli non abbia ritenuto di fare  proprie  (ex  plurimis,
sentenze n. 186 del 2020, n. 7 del 2019, n. 248, n. 194, n.  120,  n.
27, n. 4 del 2018, n. 251, n. 250, n. 35 e n. 29 del 2017; n. 276, n.
214 e n. 96 del 2016, n. 231, n. 209 e n. 83 del 2015). 
    Da  queste  considerazioni  discende  l'estraneita'  rispetto  al
presente giudizio  di  legittimita'  costituzionale  delle  ulteriori
censure   sollevate   dalle   parti   private   e   della   questione
interpretativa che le societa' B. E. srl e Coral srl  vorrebbero  che
fosse sottoposta alla Corte di giustizia. 
    5.4.- La stessa delimitazione  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale all'incremento dei canoni previsto dalla  disposizione
censurata vale ad  escludere  che  ricorrano  i  presupposti  perche'
questa  Corte  sollevi  d'ufficio  dinanzi  a  se'  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 636,  della  legge  n.
147 del 2013, come richiesto dalla difesa delle stesse societa' B. E.
srl e Coral srl. 
    Le questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate  dal  TAR
Lazio non attengono, come gia'  rilevato,  alla  generale  previsione
dell'onerosita' delle concessioni, siano esse da  attribuire,  ovvero
gia' attribuite. Le censure del rimettente si appuntano, infatti, sul
carattere  sproporzionato,  arbitrario  e  irragionevole   del   solo
incremento disposto dall'art. 1, comma 1047, della legge n.  205  del
2017. 
    Tra le due questioni di legittimita' costituzionale non e' quindi
ravvisabile  quel   nesso   di   necessaria   strumentalita'   o   di
pregiudizialita' logica, idoneo a giustificare l'esercizio, da  parte
di questa Corte, dell'eccezionale potere di autorimessione dinanzi  a
se' della questione  di  legittimita'  costituzionale  di  una  norma
rimasta estranea al fuoco delle censure del rimettente  (sentenze  n.
255 del 2014, n. 179 del 1976, n. 122 del  1976,  n.  195  del  1972,
nonche' ordinanze n. 114 del 2014, n. 42 del 2001; n. 197  e  n.  183
del 1996; n. 297 e n. 225 del 1995; n. 294 del 1993; n. 378 del 1992,
n. 230 del 1975 e n. 100 del 1970). 
    6.- D'altra parte, non puo' essere accolta la richiesta, avanzata
dalla difesa statale, di restituzione  atti  al  giudice  a  quo,  in
considerazione dell'entrata in vigore della legge 30  dicembre  2020,
n. 178 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023). 
    6.1.- In effetti, ancora prima di tale intervento legislativo, la
disciplina introdotta dall'art. 1, comma 636, della legge n. 147  del
2013 e' stata ripetutamente modificata. 
    Cio' e' avvenuto, dapprima, per effetto dell'art. 1, comma  1096,
della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2019-2021), che ha ricompreso nella proroga tecnica anche le
concessioni in scadenza nel 2019. 
    In seguito, la disciplina in esame e' stata nuovamente modificata
dall'art. 24 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124  (Disposizioni
urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito,
con modificazioni, nella legge 19  dicembre  2019,  n.  157,  che  ha
differito al 31 settembre 2020 il termine entro il quale l'ADM indice
la gara per l'attribuzione delle concessioni e ha, inoltre, esteso il
regime di proroga tecnica anche  alle  concessioni  in  scadenza  nel
2020. 
    Successivamente, il settore dei giochi  e  delle  sale  bingo  e'
stato  interessato  da   ripetuti   interventi   normativi   connessi
all'emergenza epidemiologica da COVID-19. 
    A seguito  della  sospensione  dell'attivita'  delle  sale  bingo
disposta dal d.P.C.M. 8 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni  attuative
del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure  urgenti  in
materia di contenimento e gestione dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19),  il  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  (Misure   di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e   di   sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, all'art. 69, ha  previsto  che  «non  e'
dovuto il canone [...] a decorrere dal mese di  marzo  [2020]  e  per
tutto  il  periodo  di  sospensione  dell'attivita'».   Il   medesimo
decreto-legge ha, inoltre,  prorogato  di  sei  mesi  i  termini  per
l'indizione della gara per le concessioni del gioco del bingo. 
    In seguito, l'art. 18, comma 8-bis, del  decreto-legge  8  aprile
2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso  al  credito  e  di
adempimenti fiscali per le imprese, di poteri  speciali  nei  settori
strategici, nonche' interventi in materia  di  salute  e  lavoro,  di
proroga di termini  amministrativi  e  processuali)  convertito,  con
modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40, ha prorogato  al  22
settembre 2020 il versamento dei canoni di concessione in scadenza al
30 agosto 2020. 
    La  ripresa  dell'attivita'  delle  sale  bingo  e'   stata   poi
consentita, a partire dal 15 giugno  2020,  dal  d.P.C.m.  11  giugno
2020. A seguito degli ulteriori  provvedimenti  legati  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19, a partire dal 26 ottobre 2020 l'attivita'
delle sale bingo e' stata nuovamente sospesa su tutto  il  territorio
nazionale e, allo stato, non e' ancora ripresa. 
    Da  ultimo,  la  legge  n.  178  del  2020  ha  previsto   alcune
agevolazioni nelle modalita' di pagamento, stabilendo in particolare,
all'art. l, comma 1131, che il pagamento dei canoni relativi al primo
semestre 2021 puo' essere effettuato in misura  ridotta  (2.800  euro
per ogni mese o frazione di mese superiore a quindici giorni, e 1.400
euro per ogni frazione di mese pari o inferiore a  quindici  giorni).
In base ai successivi commi 1132 e 1133, i  titolari  di  concessione
che scelgano di effettuare  il  pagamento  in  misura  ridotta,  sono
tenuti a versare la restante parte - «fino alla copertura dell'intero
ammontare del canone previsto dalla vigente  normativa»  -  con  rate
mensili di pari importo, oltre agli interessi legali, dal  10  luglio
2021 ed entro il 10 dicembre 2022. Inoltre, in base al comma 1130, il
termine per  procedere  alla  gara  per  l'attribuzione  delle  nuove
concessioni e' stato nuovamente differito al 31 marzo 2023. 
    Gli interventi legislativi  che  si  sono  susseguiti  nel  2020,
successivi alla sospensione dell'attivita'  dei  concessionari,  sono
quindi volti ad agevolare il pagamento degli oneri concessori,  senza
eliminare l'obbligazione, ne' modificarne l'importo. 
    6.2.- Questa Corte ha costantemente affermato che «non ogni nuova
disposizione che modifichi, integri  o  comunque  possa  incidere  su
quella oggetto del giudizio incidentale di costituzionalita' richiede
una nuova valutazione della perdurante sussistenza dei presupposti di
ammissibilita' della questione e segnatamente della sua  rilevanza  e
della  non  manifesta  infondatezza   dei   dubbi   di   legittimita'
costituzionale espressi dal giudice rimettente» (sentenze n.  79  del
2019 e n. 125 del 2018). 
    Nel caso in esame, nessuna delle sopravvenienze normative che  si
sono  succedute  dopo  l'instaurazione  del  giudizio  costituzionale
giustifica la restituzione degli atti al giudice a quo per una  nuova
valutazione sulla rilevanza,  cosi'  come  richiesto  dall'Avvocatura
generale dello Stato. Esse, infatti, non modificano  la  disposizione
censurata  sotto  i  profili   per   i   quali   ne   e'   denunciata
l'illegittimita' costituzionale, non rendono inattuali le valutazioni
compiute dal rimettente  e,  anzi,  presuppongono  che  essa  sia  in
vigore, limitandosi a prevedere  -  oltre  ad  ulteriori  rinvii  del
termine per lo svolgimento della gara - agevolazioni nell'adempimento
dell'obbligo, attraverso la  rateazione  dei  pagamenti.  Le  censure
formulate dal rimettente non sono  dunque  scalfite  dalle  modifiche
normative sopravvenute, che lasciano  intatto  il  significato  della
disposizione  censurata  rispetto   agli   evidenziati   profili   di
illegittimita' costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 237 del 2020,
n. 79 del 2019, n. 194, 125 e 33 del 2018). 
    7.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1047 della legge n. 205  del  2017,  sollevata  in
riferimento all'art. 3 Cost., non e' fondata. 
    7.1.- In considerazione del contenuto  particolare,  nonche'  del
limitato ambito soggettivo, la disciplina censurata va ascritta  alla
categoria delle leggi-provvedimento. 
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  disposizioni
legislative di tale natura non sono  di  per  se'  incompatibili  con
l'assetto costituzionale. Peraltro, in considerazione del pericolo di
disparita' di trattamento insito in previsioni di questo  tipo,  esse
devono soggiacere a uno scrutinio stretto di costituzionalita', sotto
i profili della non arbitrarieta' e della non irragionevolezza  della
scelta legislativa (ex plurimis, sentenze n. 116 del 2020, n. 181 del
2019, n. 182 del 2017, n. 275, n. 154 e n. 85 del  2013,  n.  20  del
2012, n. 270 del 2010, n. 288 del 2008; n. 429 del  2002,  n.  2  del
1997). La loro legittimita' costituzionale deve essere «"valutata  in
relazione al loro specifico contenuto" [...]  e  devono  risultare  i
criteri che ispirano  le  scelte  con  esse  realizzate,  nonche'  le
relative modalita' di attuazione» (sentenze n. 182 del 2017 e n.  270
del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 275  e  n.  85  del  2013),
attraverso l'individuazione degli interessi oggetto di tutela e della
ratio  della  norma   desumibili   dalla   stessa,   anche   in   via
interpretativa, in base agli ordinari strumenti ermeneutici (sentenze
n. 168 del 2020, n. 182 del 2017 e n. 270 del 2010). 
    7.2.- La valutazione in ordine alla congruita' e proporzionalita'
delle misure legislative censurate deve essere, quindi, effettuata in
funzione delle finalita' perseguite  in  questo  particolare  settore
dell'ordinamento. L'introduzione nel 2013 della originaria disciplina
della proroga tecnica si prefiggeva l'obiettivo «di  contemperare  il
principio di  fonte  comunitaria  secondo  il  quale  le  concessioni
pubbliche  vanno  attribuite  ovvero  riattribuite,  dopo   la   loro
scadenza,  secondo  procedure   di   selezione   concorrenziale   con
l'esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco  per  la
raccolta del bingo, il tendenziale  allineamento  temporale  di  tali
concessioni» (art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013). 
    Nel caso  in  esame,  il  pagamento  del  canone  mensile  per  i
concessionari in proroga tecnica risulta correlato alla  possibilita'
di  continuare  a  svolgere  l'attivita'  oggetto   di   concessione,
nonostante la scadenza del relativo termine di efficacia e  l'assenza
di una nuova gara. In questo modo, e' stato attribuito  un  vantaggio
al «concessionario in scadenza che intenda  altresi'  partecipare  al
bando di gara per la riattribuzione della concessione» (art. 1, comma
636, della legge n. 147 del 2013), riconoscendogli la possibilita' di
partecipare  alla  nuova  procedura  selettiva  senza  soluzione   di
continuita' rispetto alla precedente attivita'.  Il  canone  mensile,
quindi,  oltre  ad  anticipare  l'applicazione   del   principio   di
onerosita' ad una fase antecedente allo svolgimento della gara per la
loro attribuzione,  risulta  correlato  al  vantaggio  attribuito  ai
titolari  di  quelle  scadute,  ai  quali  e'  consentita,   in   via
eccezionale e transitoria, la prosecuzione dell'attivita'. 
    7.3.-  Quanto  poi  all'incremento  degli  oneri  a  carico   dei
concessionari in proroga tecnica, esso  si  inserisce  in  un  quadro
complessivo di progressiva valorizzazione dei rapporti  concessori  e
dei vantaggi competitivi che ne derivano per i privati,  in  funzione
di una maggiore efficienza nell'utilizzo delle pubbliche risorse.  La
giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  da   tempo   riconosciuto   la
legittimita' di interventi  legislativi  che  adeguano  i  canoni  di
godimento dei beni pubblici, in quanto  volti,  in  conformita'  agli
artt.  3  e  97  Cost.,  a  perseguire   obiettivi   di   equita'   e
razionalizzazione dell'uso di tali beni (ex plurimis, sentenze n.  29
del 2017, n. 302 del 2010 e n. 88 del 1997). 
    Anche in questo caso, il  principio  di  onerosita'  delle  nuove
concessioni e - cio' che piu' rileva nel caso in esame - la  tendenza
all'incremento, anche significativo, dei canoni rispondono  a  queste
finalita' di sistema e costituiscono  -  nel  quadro  di  un  mercato
intensamente regolato, come quello dei giochi e  delle  scommesse  in
denaro  -  un  elemento  fisiologicamente  riconducibile  al  rischio
normativo di impresa (in questo senso, sentenza n. 16 del 2017). 
    7.4.- D'altra  parte,  dalla  relazione  depositata  dall'Ufficio
parlamentare di bilancio  a  seguito  dell'ordinanza  istruttoria  di
questa Corte del 26 marzo 2020 emerge che - anche  dopo  l'incremento
disposto dalla norma oggetto di censura  -  l'incidenza  degli  oneri
concessori sulla  redditivita'  delle  concessioni  e'  rimasta,  nel
complesso,  marginale.  Pur  tenendo  presente  l'eterogeneita'   che
caratterizza la raccolta delle giocate per singola  concessione,  per
il novanta per cento delle concessioni - che presentano una  raccolta
di giocate compresa tra 2 e 15 milioni di euro  -  l'incidenza  degli
oneri concessori varia in misura compresa tra lo 0,75 e  il  2,7  per
cento rispetto alla raccolta. 
    Dalla relazione  acquisita  risulta,  inoltre,  la  generalizzata
adesione dei precedenti concessionari al  regime  di  proroga  e,  al
contempo, la sostanziale stabilita' del numero degli stessi operatori
a distanza di  oltre  sette  anni  dall'introduzione  della  relativa
disciplina e di piu' di tre anni dall'incremento disposto dalla norma
censurata. La considerazione complessiva di tali  elementi  avvalora,
sia  la  valutazione  di   convenienza   economica   effettuata   dai
concessionari che hanno aderito al regime di proroga tecnica, sia  la
sostenibilita' dei relativi oneri economici. 
    7.5.- E' pur vero che con  la  disposizione  censurata  e'  stato
abbandonato il precedente criterio di determinazione dei canoni, sino
ad allora correlato  alla  base  d'asta  per  le  nuove  concessioni.
Infatti, nell'impostazione della legge n. 147  del  2013,  il  canone
dovuto dai concessionari  in  proroga  era  inizialmente  commisurato
all'importo della base d'asta per le future gare  per  l'assegnazione
delle nuove  concessioni,  suddiviso  per  il  numero  di  mensilita'
comprese nel termine di durata  delle  stesse.  In  questo  modo,  il
versamento   dovuto   mensilmente   rappresentava   una   sostanziale
anticipazione alla fase di proroga del regime oneroso previsto per le
nuove concessioni. 
    Tuttavia, l'abbandono di questo criterio - in se'  considerato  -
non e' indice di  arbitrarieta'  o  irragionevolezza  dell'incremento
introdotto dalla disposizione censurata. 
    Intanto non c'e' alcuna ragione  che  obblighi  a  correlare  gli
importi dovuti dai concessionari in proroga all'importo indicato come
base  d'asta   delle   nuove   gare.   Quest'ultimo,   infatti,   non
necessariamente corrisponde all'onere economico che, all'esito  della
gara, i nuovi concessionari dovranno sostenere. La misura  di  questo
onere e' viceversa comparabile al prezzo di  aggiudicazione,  che  e'
verosimilmente superiore  alla  soglia  per  partecipare  alla  gara.
Inoltre, tale prezzo rappresenta un costo che gli aggiudicatari delle
nuove  concessioni  devono  liquidare  in  anticipo  e  per   intero,
assumendo cosi' il rischio economico inerente alla complessiva durata
del rapporto. 
    La ratio delle disposizioni  censurate,  volte  ad  allineare  la
situazione dei  precedenti  concessionari  a  quella  di  coloro  che
saranno i  nuovi  titolari  di  concessioni,  porta  a  ritenere  non
irragionevole che il legislatore provveda ad  adeguamenti  nel  tempo
che rispondono ad una migliore valorizzazione delle risorse pubbliche
e risultano d'altra parte sostenibili per gli interessati. 
    Sulla base di questi  argomenti,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del  2017,
sollevata in riferimento all'art. 3 Cost, deve, quindi, ritenersi non
fondata. 
    8.-  Non  e'  fondata  neppure  la  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, coma 1047, della legge n. 205  del  2017,
sollevata in riferimento all'art. 41 Cost. 
    Il  giudice  a  quo  ricollega  la  lesione  della  liberta'   di
iniziativa economica  dei  titolari  di  concessioni  in  proroga  ai
ripetuti differimenti del termine per  le  gare  e  alla  conseguente
mancanza di un orizzonte temporale certo, entro il  quale  effettuare
consapevoli scelte imprenditoriali. 
    8.1.- Come  si  e'  evidenziato  al  punto  6.1,  gli  interventi
normativi che si sono susseguiti anche dopo  la  pubblicazione  delle
ordinanze di rimessione hanno determinato una progressiva dilatazione
dei tempi per l'indizione della gara per l'attribuzione  delle  nuove
concessioni.  In  questo  modo,  il  protrarsi  dell'efficacia  della
disciplina di natura transitoria introdotta dalla legge  n.  147  del
2013 ha certo impedito sinora la  realizzazione  degli  obiettivi  di
efficienza, concorrenzialita'  e  trasparenza  che  avevano  ispirato
l'adozione di una nuova disciplina delle concessioni per  l'esercizio
delle sale bingo. 
    8.2.-  Cio'  premesso,  va  rilevato  che,  in  ogni   caso,   la
valutazione sulla convenienza  dell'adesione  al  regime  di  proroga
tecnica e sulla futura partecipazione alla  gara  spetta  pur  sempre
all'imprenditore.  A  questi  e'  rimessa,  infatti,  la  scelta   di
avvalersi della proroga, a fronte del pagamento del  canone  mensile,
sulla base di un proprio calcolo economico. E' pur vero che in questa
valutazione rientra anche il fattore temporale, legato alla  data  di
effettivo svolgimento della futura gara, originariamente prevista per
il 2014 e ora differita al 31 marzo 2023 (art. 1, comma  1130,  della
legge n. 178 del 2020). 
    Tuttavia, nel caso in  esame,  occorre  tenere  presente  che  si
tratta di rapporti concessori ormai esauriti, la cui efficacia  viene
eccezionalmente e temporaneamente "conservata"  dall'amministrazione.
Rispetto  a  questi   rapporti   non   e'   invocabile   una   tutela
dell'affidamento,  connessa  alla  durata   dell'ammortamento   degli
investimenti e alla  remunerazione  dei  capitali,  poiche'  cio'  e'
propriamente riferibile a rapporti concessori non ancora esauriti. In
considerazione della temporaneita'  della  proroga  tecnica  e  della
limitatezza  di  nuovi  investimenti  da  affrontare   e   di   nuovi
ammortamenti da programmare, i riflessi del differimento  della  gara
sul calcolo di convenienza economica  degli  operatori  non  appaiono
determinanti. 
    Inoltre, e piu' in generale,  va  richiamata  l'incidenza  di  un
rischio normativo, che e' tipico di settori di mercato,  come  quello
in esame, intensamente regolati  per  la  presenza,  in  qualita'  di
concedente, della pubblica amministrazione.  Come  gia'  riconosciuto
dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  pervasiva   componente
pubblicistica che caratterizza il settore dei  giochi  pubblici  puo'
giustificare l'imposizione di sacrifici o  limitazioni,  in  funzione
del perseguimento degli interessi pubblici sottesi  alla  regolazione
di queste attivita' imprenditoriali. 
    Proprio nel settore dell'esercizio e della  raccolta  dei  giochi
pubblici, questa Corte ha riconosciuto «l'originaria instabilita' del
nuovo  rapporto  concessorio  (o  della  prosecuzione  del   rapporto
concessorio  scaduto  [...]   derivante   [...]   dall'essere   stati
individuati,  gli  stessi  concessionari,  con   una   modalita'   di
affidamento (l'assegnazione diretta per legge, sulla base di una loro
semplice opzione, ancorche' a fronte del pagamento di  una  somma  di
denaro), costituente una vistosa eccezione alla regola generale della
concorrenzialita'. Quest'ultima circostanza in particolare - anche al
di la' di ogni considerazione sulle ragioni eccezionali  che  possono
avere  determinato  la  scelta  del  legislatore  -  contribuisce  ad
accentuare il carattere pubblicistico del rapporto di concessione  in
questione e, con esso, la sua ancora  maggiore  attitudine  a  essere
oggetto di interventi regolativi pubblici funzionali alla cura  degli
interessi per i quali le attivita' di raccolta e gestione dei  giochi
pubblici  sono  legittimamente  riservate   al   monopolio   statale»
(sentenza n. 56 del 2015; nello stesso  senso,  sentenza  n.  16  del
2017). 
    In applicazione di questi principi,  anche  in  questo  caso,  il
differimento del termine per lo svolgimento della gara e l'estensione
della durata dei rapporti concessori in essere non influiscono  sulla
valutazione  della  legittimita'  costituzionale  della  disposizione
censurata. 
    9.- Anche in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma,  Cost.
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  1047,
della legge n. 205 del 2017 non e' fondata. 
    9.1.- A  questo  riguardo,  il  giudice  rimettente  evoca  quali
parametri interposti le disposizioni degli artt. 16, 20  e  21  della
CDFUE. Mentre l'art. 16 riconosce la liberta' d'impresa, gli artt. 20
e 21 sanciscono i principi di uguaglianza davanti alla legge e di non
discriminazione. Nel caso in esame, i principi e diritti fondamentali
enunciati  dalla  CDFUE  si  intrecciano  con  principi   e   diritti
fondamentali garantiti dalla Costituzione. 
    9.2.- In entrambe le ordinanze di rimessione, il giudice a quo ha
sollevato  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  sia   in
riferimento ai parametri interni, sia in riferimento a  quelli  della
CDFUE, attraverso il richiamo agli  artt.  11  e  117,  primo  comma,
Cost., cosi' dimostrando di aderire ai principi enunciati  da  questa
Corte in ordine alla propria competenza a vagliare eventuali  profili
di contrarieta' delle disposizioni di legge nazionali alla Carta  dei
diritti dell'Unione (sentenze n. 11 del 2020, n. 63 e n. 20 del  2019
e n. 269 del 2017). In questo caso, le  ragioni  addotte  a  sostegno
della lamentata lesione delle disposizioni della CDFUE interferiscono
e si sovrappongono  con  i  valori  costituzionali  dell'uguaglianza,
della  ragionevolezza  e  della  liberta'  dell'iniziativa  economica
privata. 
    Infatti, la tutela del principio di uguaglianza e della  liberta'
di impresa avviene nella nostra Costituzione e nella CDFUE sulla base
di formulazioni normative e di  criteri  interpretativi  che  possono
ritenersi coincidenti. 
    Pertanto, nel caso  in  esame,  accertata  l'insussistenza  della
lesione  del  canone  di  ragionevolezza,  non  sussiste  neppure  la
violazione degli analoghi principi, desumibili dagli artt.  20  e  21
della  CDFUE,  di  eguaglianza  davanti   alla   legge   e   di   non
discriminazione. Allo stesso  modo  -  esclusa  la  violazione  della
liberta' di iniziativa economica privata -  non  ricorre  neppure  la
violazione dell'art. 16 della CDFUE, che contiene  il  riconoscimento
della liberta' d'impresa. 
    10.-  Il  giudizio  qui  reso  non  cancella  i   gravi   profili
disfunzionali della  prassi  legislativa  del  costante  e  reiterato
rinvio delle gare, mediante interventi che  -  anziche'  favorire  il
passaggio verso la nuova regolazione di questo settore di  mercato  -
si limitano a estendere, di volta in volta, l'ambito temporale  della
disciplina  transitoria  della  proroga  tecnica   delle   precedenti
concessioni. Cio' e' fonte di  incertezza  nelle  attivita'  e  nelle
prospettive degli operatori e rende auspicabile, anche a tutela della
concorrenza, l'approdo a un quadro normativo in tutti i suoi  aspetti
definito e stabile.