ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 10,  commi
1 e 2, e 18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30  aprile  2019,  n.  34
(Misure urgenti  di  crescita  economica  e  per  la  risoluzione  di
specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella
legge 28 giugno 2019, n. 58, promossi dalla Regione  Umbria  e  dalla
Regione Toscana con ricorsi notificati il 22-27  agosto  e  il  23-28
agosto 2019, depositati in cancelleria il 23 agosto e  il  30  agosto
2019, iscritti, rispettivamente  ai  numeri  92  e  94  del  registro
ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
numeri 41 e 42, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  27  aprile  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Massimo  Luciani  per  la  Regione  Umbria  in
collegamento da remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del 16 marzo 2021, Marcello Cecchetti  per  la
Regione Toscana e l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri in collegamento da  remoto,  ai
sensi del punto 1) del decreto del  Presidente  della  Corte  del  16
marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 23 agosto 2019 (reg. ric. n. 92 del
2019), la Regione Umbria ha impugnato gli artt. 10, commi 1  e  2,  e
18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30  aprile  2019,  n.  34  (Misure
urgenti di crescita economica e  per  la  risoluzione  di  specifiche
situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella  legge  28
giugno 2019, n. 58. 
    1.1.- La prima disposizione impugnata, di cui all'art. 10,  commi
1 e 2, modifica la disciplina degli incentivi  per  la  realizzazione
degli interventi per le costruzioni con ridotto impatto ambientale  e
con maggiore sicurezza riguardo agli eventi sismici,  rispettivamente
prevista dagli artt. 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013,  n.  63
(Disposizioni urgenti per il recepimento della  Direttiva  2010/31/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio  del  19  maggio  2010,  sulla
prestazione  energetica  nell'edilizia  per  la   definizione   delle
procedure d'infrazione avviate  dalla  Commissione  europea,  nonche'
altre disposizioni in materia di coesione sociale),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 3 agosto 2013, n. 90. 
    Essa introduce la possibilita',  per  il  soggetto  che  effettua
opere di  efficientamento  energetico  o  di  riduzione  del  rischio
sismico, di optare, in sostituzione della detraibilita' fiscale,  per
uno sconto immediato praticato dall'esecutore delle opere,  il  quale
potra' beneficiare a sua volta di un credito di imposta da  ripartire
in 5 quote annuali di pari valore, con possibilita' di  cessione  del
credito  stesso  ai  propri   fornitori.   Sono   vietate   ulteriori
trasmissioni delle quote,  cosi'  come  la  cessione  a  istituti  di
credito e a intermediari finanziari. 
    E' denunciata la violazione dell'art. 3 della  Costituzione,  sia
per la ingiustificata discriminazione in danno delle piccole e  medie
imprese, che non avrebbero una  «capacita'  fiscale»  tale  da  poter
utilizzare in compensazione la cessione dell'incentivo  da  parte  di
chi  appalta  le  opere,  sia  per  contrasto  con  il  principio  di
ragionevolezza,   perche'   sarebbe   ostacolata   la   realizzazione
dell'obiettivo di massima diffusione dell'incentivo. 
    La disposizione impugnata violerebbe anche l'art. 41 Cost.  e  il
principio  di  liberta'  d'impresa  economica  privata,   in   quanto
l'incentivo, cosi' come  disciplinato,  sarebbe  limitato  alle  sole
imprese di maggiori dimensioni, e l'art. 117, primo comma, Cost.,  in
relazione all'art. 169 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130,
che sancisce il principio per cui le  politiche  di  regolamentazione
dei mercati devono garantire un livello  elevato  di  protezione  dei
consumatori. 
    E' infine denunciata la violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost.  -  che  riconosce  alle  Regioni  competenze   nelle   materie
«protezione   civile»,   «governo   del   territorio»   e   «sostegno
all'innovazione per i settori produttivi» -  nonche'  dell'art.  117,
quarto comma, Cost., che  riconosce  le  competenze  regionali  nelle
materie «incentivi e aiuti alle imprese» e «artigianato e industria». 
    1.1.1.- Ad avviso della Regione ricorrente, l'art. 10, commi 1  e
2,  del  d.l.  n.  34  del  2019   non   potrebbe   essere   ascritto
esclusivamente alle materie di  competenza  esclusiva  «tutela  della
concorrenza»,   «sistema   tributario   dello   Stato»   o    «tutela
dell'ambiente».  Sarebbero,  infatti,  coinvolte  plurime  competenze
regionali, quali «protezione  civile»,  «governo  del  territorio»  e
«sostegno all'innovazione per i settori produttivi», di cui  all'art.
117, terzo comma, Cost., nonche' «incentivi e aiuti alle  imprese»  e
«artigianato e industria», di cui all'art. 117, quarto  comma,  Cost.
La norma impugnata  violerebbe  le  competenze  regionali  in  queste
materie, sia perche' essa contiene  norme  di  estremo  dettaglio  in
materie di competenza concorrente, in cui la legge  statale  dovrebbe
limitarsi  a  dettare  i  principi  fondamentali,  sia  perche'   non
riconosce alcuna attribuzione regionale,  nemmeno  nelle  materie  di
competenza regionale residuale. 
    1.1.2.- La Regione Umbria ritiene, inoltre, che  le  agevolazioni
fiscali  previste  dalla  disposizione  impugnata  siano   di   fatto
utilizzabili solo dalle imprese di grandi dimensioni, poiche' -  come
segnalato dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato  nel
corso dei lavori preparatori della legge di conversione - solo queste
sarebbero in grado di compensare  i  relativi  crediti  d'imposta  in
ragione del volume dei propri debiti fiscali. Cio' determinerebbe una
ingiustificata  discriminazione  in  danno  delle  piccole  e   medie
imprese, in violazione del principio di eguaglianza. Inoltre, sarebbe
ostacolata la  realizzazione  dell'obiettivo  di  massima  diffusione
dell'incentivo, in contrasto con il principio di ragionevolezza. 
    1.1.3.- Sarebbe violato anche l'art. 41 Cost., che,  nel  sancire
la liberta' d'impresa economica privata, esprime il  principio  della
parita' di trattamento delle imprese concorrenti in un dato  settore.
Nel  caso  di  specie,  l'incentivo  sarebbe  limitato  alle  imprese
maggiori, senza che questa limitazione sia funzionale a un  interesse
sociale rilevante. 
    1.1.4.-  Inoltre,  la  limitazione  delle  imprese  che   possono
avvantaggiarsi  dell'incentivo  determinerebbe  una  riduzione  della
concorrenza  e  cio'  si  risolverebbe  in  un  pregiudizio  per   il
consumatore, per la minore possibilita' di scelta dell'operatore  che
offre  condizioni  piu'  vantaggiose.   Pertanto,   la   disposizione
impugnata contrasterebbe anche con l'art. 117,  primo  comma,  Cost.,
per violazione del principio fissato dall'art. 169 TFUE, che sancisce
il principio per cui le politiche  di  regolamentazione  dei  mercati
devono garantire un livello elevato di protezione dei consumatori. 
    1.1.5.- In data 11 novembre 2020 la difesa della  Regione  Umbria
ha  depositato  dichiarazione  di  rinuncia  parziale   al   ricorso,
relativamente all'impugnazione dell'art. 10, commi 1 e 2, del d.l. n.
34 del 2019 e ha chiesto che - anche in difetto di accettazione della
stessa rinuncia da parte del resistente, non costituito in giudizio -
sia  dichiarata  la  cessazione   della   materia   del   contendere,
limitatamente all'impugnazione di tale disposizione. 
    1.2.- E' impugnato, inoltre, l'art. 18, commi 1 e 2, dello stesso
d.l. n. 34  del  2019.  Il  primo  comma  di  questa  disposizione  -
rubricata «Norme in materia di semplificazione per  la  gestione  del
Fondo di garanzia per le PMI» - elimina la previsione  dell'art.  18,
comma 1, lettera r), secondo  periodo,  del  decreto  legislativo  31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del  capo
I della legge  15  marzo  1997,  n.  59).  Quest'ultima  disposizione
affidava alla Conferenza unificata il potere di individuare,  «tenuto
conto dell'esistenza di fondi regionali di garanzia, le  regioni  sul
cui  territorio  il  fondo  limita   il   proprio   intervento   alla
controgaranzia  dei  predetti  fondi  regionali  e  dei  consorzi  di
garanzia collettiva fidi [...]». 
    Il comma 2 dell'art. 18 stabilisce, d'altra parte, il termine  di
efficacia della limitazione dell'intervento del Fondo di garanzia per
le piccole e medie imprese  (d'ora  in  avanti,  il  Fondo  statale),
laddove sia gia' disposta. 
    Ad avviso della Regione Umbria, queste disposizioni si porrebbero
in contrasto con  gli  artt.  117  e  119  Cost.,  per  l'illegittima
eliminazione del momento procedimentale  di  confronto  tra  Stato  e
Regioni nella gestione delle attivita' del Fondo statale. 
    E' denunciato, altresi' il contrasto delle disposizioni impugnate
con l'art. 117, terzo e quarto  comma,  Cost.,  in  quanto  sarebbero
violate  le  attribuzioni  regionali  nelle  materie  di   competenza
concorrente «sostegno all'innovazione per  i  settori  produttivi»  e
nella  materia  di  competenza  residuale  «incentivi  e  aiuti  alle
imprese». 
    1.2.1.- Osserva la difesa regionale che il sistema  dei  consorzi
di garanzia collettiva fidi (cosiddetti confidi) agevola l'accesso al
credito da parte delle piccole e medie imprese (PMI).  La  disciplina
in esame dovrebbe ascriversi,  dunque,  alle  materie  di  competenza
regionale   "incentivi   e   aiuti   alle   imprese"   e    "sostegno
all'innovazione  per  i  settori  produttivi"  (sono  richiamate   in
particolare le sentenze n. 68 del 2017, n. 77 del 2005 e  n.  14  del
2004). 
    La parte ricorrente ritiene che la gestione del Fondo statale  di
garanzia, regolata dall'art. 2, comma 100, della  legge  23  dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione  della  finanza  pubblica),
rappresenti una chiamata in sussidiarieta' di una  funzione  pubblica
di spettanza regionale,  ai  sensi  dell'art.  119  Cost.  Questa  e'
consentita quando l'allocazione della  funzione  pubblica  a  livello
centrale  costituisce  imprescindibile  attuazione  dei  principi  di
adeguatezza  e  differenziazione  nello  svolgimento  delle  funzioni
pubbliche. Cio' impone al legislatore statale di predisporre adeguati
meccanismi  di  partecipazione  delle  Regioni  all'esercizio   delle
funzioni  pubbliche  accentrate,  al  fine  di  evitare   l'integrale
soppressione  delle  attribuzioni  regionali.  Nel  caso  in   esame,
l'intervento della Conferenza unificata  rappresentava  lo  strumento
per coinvolgere le Regioni e garantirne le attribuzioni. 
    Con la soppressione di questo momento procedimentale di confronto
tra Stato e Regioni, sarebbero violati i principi di sussidiarieta' e
leale collaborazione, di cui agli artt.  117  e  119  Cost.  Sarebbe,
inoltre, violato l'art. 117, terzo e  quarto  comma,  Cost.,  per  la
compressione delle attribuzioni regionali nella materia di competenza
concorrente «sostegno all'innovazione per  i  settori  produttivi»  e
nella  materia  di  competenza  residuale  «incentivi  e  aiuti  alle
imprese». 
    Attraverso   l'intervento   della   Conferenza   unificata,   era
riconosciuta una modalita' di compartecipazione delle  Regioni  a  un
procedimento connesso alla gestione del  Fondo  statale  e  incidente
sulle  loro  attribuzioni   costituzionali.   Oltre   ad   assicurare
l'efficiente coordinamento degli strumenti di accesso  al  credito  a
livello nazionale e territoriale, questo meccanismo avrebbe  permesso
alle Regioni di  pianificare  in  modo  razionale  l'esercizio  delle
proprie competenze in materia di «incentivi e  aiuti  alle  imprese»,
perseguendo politiche pubbliche piu' adeguate. 
    D'altra  parte,  con  specifico  riguardo  agli  incentivi   alle
imprese, neppure l'esigenza dell'uniforme  tutela  della  concorrenza
sul  territorio   nazionale   potrebbe   giustificare   la   completa
estromissione delle Regioni in questa materia. 
    Al solo scopo di  realizzare  un  accentramento  decisionale,  la
disposizione  impugnata  avrebbe  irragionevolmente   irrigidito   la
gestione del Fondo statale e avrebbe, inoltre,  invaso  la  sfera  di
competenza  regionale.  Oltre  a  violare  il  principio   di   leale
collaborazione, sarebbero state illogicamente  parificate  situazioni
regionali  del  tutto  diverse.  Infatti,  al  dichiarato  scopo   di
prevenire ipotetici abusi da parte di alcune Regioni, il  legislatore
statale  avrebbe  soppresso   la   partecipazione   delle   autonomie
regionali, finendo per colpire e danneggiare anche quelle virtuose. 
    La Regione Umbria ritiene, dunque, che la disposizione  impugnata
contrasti con gli  artt.  117  e  119  Cost.,  poiche'  essa  avrebbe
eliminato qualsiasi forma di coinvolgimento regionale nella  gestione
degli incentivi alle imprese e nei processi decisionali che  incidono
sull'esercizio delle competenze costituzionali delle Regioni. 
    Si evidenzia, inoltre,  che  la  Commissione  bicamerale  per  le
questioni  regionali,  nel  parere  reso  sul  disegno  di  legge  di
conversione del d.l. n. 34 del 2019,  aveva  ritenuto  opportuno  «un
approfondimento al fine di individuare modalita' alternative a quella
della disposizione abrogata per garantire forme di coinvolgimento del
sistema delle autonomie territoriali nella gestione del fondo». 
    1.2.2.- La difesa regionale deduce,  infine,  che  il  successivo
art. 13, comma 3, del decreto-legge 8  aprile  2020,  n.  23  (Misure
urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per
le imprese,  di  poteri  speciali  nei  settori  strategici,  nonche'
interventi in materia di salute  e  lavoro,  di  proroga  di  termini
amministrativi e processuali), convertito  con  modificazioni,  nella
legge 5 giugno 2020, n. 40, non sarebbe  satisfattivo  dell'interesse
regionale fatto valere con il  ricorso,  poiche'  si  limiterebbe  ad
anticipare - dal 31 dicembre 2020 al 10  aprile  2020  -  il  termine
della limitazione dell'intervento del  Fondo  statale.  La  questione
dovrebbe, quindi, ritenersi «trasferita» sulla nuova disposizione. 
    1.2.3.- Nelle memorie depositate il  27  ottobre  2020  ed  il  6
aprile 2021, la difesa  regionale  ha  ribadito  gli  argomenti  gia'
illustrati nei propri atti e  ha  insistito  nell'accoglimento  delle
conclusioni ivi formulate. 
    1.3.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  non  si  e'
costituito nel giudizio promosso dalla Regione Umbria e non ha svolto
alcuna attivita' difensiva. 
    2.- Con ricorso depositato il 30 agosto 2019,  anche  la  Regione
Toscana ha impugnato, in primo luogo, l'art. 10, commi  1  e  2,  del
d.l. n. 34 del 2019, in relazione all'art. 117, terzo e quarto comma,
Cost. e al principio di leale collaborazione. 
    2.1.- La parte ricorrente ritiene che la disposizione  in  esame,
nel favorire i soli operatori economici  di  grandi  dimensioni,  che
possono avere la liquidita' necessaria per applicare  lo  sconto  ivi
previsto,  restringa  la  concorrenza  nell'offerta  dei  servizi  di
riqualificazione energetica e dei lavori antisismici e danneggi cosi'
le piccole e medie imprese. Limitando  la  fruibilita'  dei  benefici
alle sole imprese di grandi dimensioni, l'art. 10, commi 1 e  2,  del
d.l. n. 34 del 2019 interferirebbe con le materie affidate  dall'art.
117, quarto comma, Cost. alla potesta' residuale delle  Regioni,  con
particolare riferimento  all'industria,  alle  attivita'  produttive,
all'artigianato e alla promozione del sistema produttivo regionale. 
    2.1.1.- In secondo luogo, la Regione Toscana impugna  l'art.  18,
comma 1, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito,  facendo  rilevare
di avere richiesto, sin dal 2002, la limitazione dell'intervento  del
Fondo statale alla sola prestazione di controgaranzia.  La  richiesta
e' stata  accolta  dalla  Conferenza  unificata  e,  pertanto,  nella
Regione Toscana il Fondo statale ha operato solo  nella  forma  della
controgaranzia. 
    La ricorrente ritiene che l'abrogazione  del  suindicato  secondo
periodo della lettera r) dell'art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 112 del
1998 si rifletta  negativamente  sull'attivita'  dei  confidi  e  sul
tessuto regionale delle PMI. Infatti, grazie al loro legame diretto e
profondo con il tessuto imprenditoriale, i confidi hanno  svolto  una
vera e propria funzione sociale, contribuendo allo sviluppo economico
e sociale del territorio, a supporto di tutte le PMI. 
    La Regione Toscana riferisce che, dai dati sulle operazioni che i
confidi  presentano  con  la  controgaranzia   del   Fondo   statale,
risulterebbe che l'onere  di  copertura  sostenuto  dallo  Stato  per
queste operazioni e' del 45 per cento, rispetto al 72  per  cento  di
quelle  realizzate  con  la  garanzia  diretta.  Inoltre,  attraverso
l'attivita' dei confidi, l'effetto  leva  finanziaria  delle  risorse
pubbliche sarebbe superiore rispetto a quello delle banche del 70 per
cento. A parita' di risorse messe a disposizione, per le PMI sarebbe,
dunque, molto piu' efficiente l'accesso al credito tramite i confidi,
rispetto all'intervento diretto da parte delle banche. 
    Ad avviso della ricorrente, la soppressione di uno strumento  che
il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva riconosciuto alle Regioni - e che era
vitale per lo sviluppo del sistema produttivo regionale  -  lederebbe
le  competenze  regionali  in   materia   di   industria,   attivita'
produttive,  sviluppo  economico,  accesso  al  credito  e   sostegno
all'innovazione per i settori produttivi, materie tutte riconducibili
alle competenze concorrenti  e  residuali  delle  Regioni,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. 
    2.1.2.- D'altra parte, ad avviso della Regione Toscana, sarebbero
pretestuose ed infondate le argomentazioni con cui e' stata  motivata
la scelta normativa in esame. 
    In particolare, il meccanismo di cui alla richiamata  lettera  r)
non sarebbe stato affatto utilizzato al fine di sostenere  i  confidi
in difficolta', assicurando loro una sorta di monopolio  nell'accesso
alla garanzia del Fondo. Al contrario, grazie  a  questo  meccanismo,
nella Regione Toscana  si  sarebbe  consolidato  un  sistema  che  ha
consentito  negli  anni  di  attivare  un  numero  di  operazioni  di
controgaranzia proporzionalmente  superiore  alla  quota  storica  di
risorse attribuite nell'ambito del decentramento, ai sensi del d.lgs.
n. 112 del 1998. 
    La Regione Toscana contesta, inoltre, l'affermazione  secondo  la
quale, nelle Regioni che hanno fatto  ricorso  alla  lettera  r),  si
sarebbe osservato un calo dell'operativita'  del  Fondo  statale.  La
diversita' dei sistemi produttivi e dei mercati locali del credito si
riflette nella diversita' di funzionamento del  Fondo  statale.  Ne',
d'altra parte, nelle Regioni in cui non e'  stata  data  applicazione
all'art. 18, comma 1, lettera r), secondo periodo, del decreto n. 112
del 1998, le imprese avrebbero avuto maggiore facilita' di accesso al
credito grazie al Fondo statale. 
    La  scelta  introdotta  dalla  norma   impugnata   determinerebbe
un'opzione privilegiata a favore del Fondo statale, che e' il solo  a
potere offrire una garanzia illimitata a valere  sul  bilancio  dello
Stato, a  differenza  di  qualsiasi  operatore  privato  o  fondo  di
garanzia regionale.  Questa  situazione  dovrebbe  indurre  il  Fondo
statale a operare come garante di ultima istanza,  favorendo  sistemi
di  garanzia  territoriali  o  settoriali,  di  carattere  privato  o
mutualistico. 
    La  difesa  della  parte  ricorrente  evidenzia,   inoltre,   che
l'eventuale incremento  dell'operativita'  del  Fondo  statale  nelle
Regioni che avevano aderito alla  limitazione  di  cui  all'art.  18,
comma 1, lettera r), secondo periodo, del d.lgs.  n.  112  del  1998,
avverra' nell'ambito della medesima dotazione finanziaria  del  Fondo
stesso. Pertanto, - a  parita'  di  domanda  di  garanzia  -  non  si
produrrebbe alcun beneficio, ma solo  lo  spostamento  a  favore  del
Fondo statale di  operazioni  che  prima  transitavano  attraverso  i
confidi o i fondi regionali. 
    2.1.3.- Infine, posto che l'abrogazione dell'art.  18,  comma  1,
lettera r), secondo periodo, del d.lgs. n. 112  del  1998  incide  su
molteplici competenze regionali, essa avrebbe dovuto essere  disposta
nel rispetto del principio  di  leale  collaborazione,  che  guida  i
rapporti tra lo Stato e il sistema  delle  autonomie.  Viceversa,  la
disposizione impugnata e' stata emanata in assenza di  alcuna  intesa
con le Regioni. 
    2.2.- Con atto depositato il 7 ottobre 2019, si e' costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni  promosse  con  il  ricorso  della  Regione  Toscana  siano
dichiarate inammissibili o comunque infondate. 
    2.2.1.- Con riferimento all'art. 10, commi 1 e 2, del d.l. n.  34
del 2019,  la  difesa  statale  ha  eccepito  l'inammissibilita'  del
ricorso,  poiche'  le  censure  di  parte  ricorrente  relative  alla
violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. sarebbero  sfornite  di
idonee argomentazioni. 
    Il ricorso non  fornirebbe  alcuna  dimostrazione  in  ordine  al
pregiudizio per gli artigiani e per le piccole e medie  imprese,  ne'
circa il nocumento che deriverebbe alla  Regione  dalla  disposizione
impugnata. In definitiva, la lamentata restrizione della  concorrenza
si baserebbe su elementi meramente indiziari  e  controvertibili,  in
contrasto con l'onere del ricorrente di  definire  il  petitum  e  di
indicare gli argomenti necessari a sorreggerlo. 
    2.2.1.1.- Nel merito, le disposizioni  impugnate  costituirebbero
legittimo esercizio della competenza statale esclusiva in materia  di
«sistema tributario e contabile dello Stato»  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera e),  Cost.  Non  vi  sarebbe,  quindi,  alcuna
invasione  di  ambiti  di  competenza   regionale,   poiche'   spetta
unicamente al legislatore statale disciplinare in  modo  uniforme  la
materia  delle  detrazioni  fiscali.  Ne',  d'altra  parte,   sarebbe
possibile evocare  concorrenti  competenze  regionali  connesse  alla
realta' produttiva locale poiche',  sia  il  mercato  dell'efficienza
energetica, sia quello della riqualificazione sismica, hanno  rilievo
nazionale. 
    L'Avvocatura generale dello Stato  sottolinea,  inoltre,  che  la
disciplina  delle  agevolazioni  fiscali  o  dei  benefici  tributari
costituisce esercizio  di  un  potere  ampiamente  discrezionale  del
legislatore, censurabile solo  per  la  sua  palese  arbitrarieta'  o
irrazionalita' (sono richiamate le sentenze n. 17 del  2018,  n.  117
del 2017 e l'ordinanza n. 46 del 2009). 
    D'altra parte, gli  interventi  "promozionali",  come  quello  in
esame, intersecano, sotto vari profili, la materia della tutela della
concorrenza e rientrano anche per  questo  aspetto  nella  competenza
legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e),  Cost.  L'impatto  complessivo  di  queste  misure
incide, infine, sul sistema  economico  generale,  determinandone  un
assetto  equilibrato,  e  non  lede  l'autonomia  finanziaria   della
Regione. 
    2.2.2.- La difesa  statale  ritiene,  altresi',  non  fondate  le
censure relative all'art. 18, comma 1, del d.l. n. 34 del 2019. 
    Con l'intervento normativo in esame  il  legislatore  statale  ha
disciplinato  l'operativita'  di  un  fondo  costituito  con  risorse
proprie,  senza  disconoscere  alle  Regioni   la   possibilita'   di
effettuare interventi finanziari aggiuntivi a sostegno delle  imprese
operanti nel loro territorio. L'intervento in esame sarebbe  volto  a
realizzare obiettivi di politica economica  che  coinvolgono  aspetti
riconducibili ai rapporti con l'Unione europea ed alla materia  della
concorrenza, riservata alla potesta' legislativa  statale,  ai  sensi
dell'art.  117,  secondo  comma,   lettera   e),   Cost.   Cio'   non
pregiudicherebbe,  peraltro,  la  potesta'  regionale   di   assumere
iniziative di carattere  finanziario  a  sostegno  dell'imprenditoria
presente sul proprio territorio. 
    L'Avvocatura generale dello Stato  osserva,  d'altra  parte,  che
l'efficacia della disposizione impugnata non potrebbe essere limitata
alla  realta'  produttiva  regionale,  in  quanto  la  previsione  di
interventi promozionali rientra  nella  tutela  della  concorrenza  e
l'intervento legislativo statale e' legittimato  dalla  finalita'  di
incidere  sull'equilibrio  economico  generale  (al  riguardo,   sono
richiamate le sentenze n. 83 del 2018; n. 63 del 2008  e  n.  14  del
2004). 
    Infine, non sarebbe riscontrabile la violazione del principio  di
leale collaborazione, che verrebbe in rilievo  soltanto  in  caso  di
concorrenza di competenze e non in caso di competenze distinte,  come
in quello in esame (e' richiamata la sentenza n. 251 del 2016). 
    2.3.- Il 14  ottobre  2020,  la  Regione  Toscana  ha  depositato
un'istanza di rinvio dell'udienza pubblica  per  la  discussione  del
ricorso, al fine di permettere alla nuova Giunta regionale,  nominata
dal nuovo Presidente, eletto a seguito delle elezioni  amministrative
regionali del 20 - 21  settembre  2020,  di  valutare  la  permanenza
dell'interesse a coltivare il ricorso. 
    In data 8 gennaio 2021,  la  Regione  Toscana  ha  depositato  la
dichiarazione  di  rinuncia  parziale   al   ricorso,   limitatamente
all'impugnazione dell'art. 10, commi 1 e 2, del d.l. n. 34 del 2019. 
    Il  18  febbraio  2021  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   ha
depositato la dichiarazione di accettazione, da parte del  Presidente
del Consiglio  dei  ministri,  della  rinuncia  parziale  al  ricorso
promosso dalla Regione Toscana. 
    2.4.-  Nelle  memorie  depositate  in  prossimita'   dell'udienza
pubblica, le parti hanno ribadito le argomentazioni  gia'  illustrate
nei propri scritti difensivi e  hanno  insistito  per  l'accoglimento
delle conclusioni ivi rispettivamente formulate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Umbria e la Regione Toscana (reg. ric. n. 92 e  n.
94 del 2019) hanno impugnato, in primo luogo, l'art. 10, commi 1 e 2,
del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti  di  crescita
economica e per la risoluzione di specifiche  situazioni  di  crisi),
convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58,  in
riferimento agli artt. 3,  41,  117,  primo  comma,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 169 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130,
nonche' in riferimento all'art. 117,  terzo  e  quarto  comma,  della
Costituzione. 
    E' altresi' impugnato l'art. 18, commi 1 e 2, del  medesimo  d.l.
n. 34 del 2019, come convertito,  per  violazione  degli  artt.  117,
terzo  e  quarto  comma,  119  Cost.  e  del   principio   di   leale
collaborazione. 
    2.- I ricorsi sollevano analoghe questioni,  sicche'  i  relativi
giudizi vanno riuniti per essere definiti con un'unica decisione. 
    3.- Nelle more del giudizio, entrambe le Regioni ricorrenti hanno
dichiarato di rinunciare all'impugnazione dell'art. 10, commi 1 e  2,
del d.l. n. 34 del 2019. 
    Con riferimento al ricorso  proposto  dalla  Regione  Umbria,  in
mancanza  di  costituzione  in  giudizio  della   parte   resistente,
l'intervenuta  rinuncia  al  ricorso  in  via  principale   determina
l'estinzione  del  processo,  ai  sensi  dell'art.  23  delle   Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    Anche la Regione Toscana ha dichiarato di rinunciare al  ricorso,
limitatamente all'impugnazione del medesimo art. 10, commi 1 e 2, del
d.l. n. 34 del 2019. La rinuncia e' stata  accettata  dal  Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e,  di  conseguenza,  il  processo  va
dichiarato estinto, ai sensi dell'art. 23 delle norme integrative per
i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    4.- Le questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  18,
commi 1 e 2, del d.l. n. 34 del 2019 non sono fondate. 
    4.1.- Il comma 1 di questa disposizione  -  rubricata  «Norme  in
materia di semplificazione per la gestione del Fondo di garanzia  per
le PMI» - elimina la previsione dell'art. 18, comma  1,  lettera  r),
secondo periodo, del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59). 
    Con essa era affidata alla  Conferenza  unificata  il  potere  di
individuare, «tenuto  conto  dell'esistenza  di  fondi  regionali  di
garanzia, le regioni sul cui territorio il fondo  limita  il  proprio
intervento alla controgaranzia dei predetti  fondi  regionali  e  dei
consorzi di garanzia collettiva fidi [...]». 
    Il comma 2 dell'art. 18, impugnato  dalla  sola  Regione  Umbria,
stabilisce il termine di efficacia della limitazione  dell'intervento
del predetto Fondo di garanzia nelle Regioni sul cui territorio  essa
e' gia' disposta. 
    Le parti ricorrenti denunciano la violazione degli  artt.  119  e
117,  terzo  e  quarto  comma,  Cost.,  e  del  principio  di   leale
collaborazione,   per   l'illegittima   eliminazione   del    momento
procedimentale di confronto tra Stato e Regioni nella gestione  delle
attivita' del fondo di garanzia per le PMI. E' inoltre denunciata  la
violazione delle attribuzioni regionali nella materia  di  competenza
concorrente «sostegno all'innovazione per i settori produttivi» e  in
quella di competenza residuale «incentivi e aiuti alle imprese». 
    4.2.-  Nella  individuazione  degli  ambiti  cui  afferiscono  le
disposizioni impugnate occorre rilevare, in via preliminare,  che  le
stesse attengono ad una pluralita' di  materie  rispetto  alle  quali
variamente si atteggia la competenza legislativa dello Stato e  delle
Regioni. 
    Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  ai  fini
dell'individuazione della materia, si deve tener conto  dell'oggetto,
della  ratio  e  della  finalita'  della  disciplina  in   questione,
tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi,  cosi'  da
identificare correttamente e compiutamente anche l'interesse tutelato
(ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020, n. 116 del 2019,  n.  108  del
2017, n. 175 del 2016 e n. 245 del 2015). 
    Nel caso in esame, e' impugnata la disposizione che  abolisce  la
possibilita' per  la  Conferenza  unificata  di  limitare  in  alcune
Regioni l'operativita' del Fondo statale di garanzia per  le  PMI  ai
soli interventi in funzione di controgaranzia.  Infatti,  l'art.  18,
comma  1,  del  d.l.  n.  34  del  2019  modifica  le  modalita'   di
funzionamento del Fondo statale istituito  dalla  legge  23  dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione  della  finanza  pubblica),
mettendo gli operatori di tutte le Regioni in grado  di  accedervi  a
parita' di condizioni. Esso costituisce  uno  strumento  di  politica
economica, finanziato con risorse proprie  dello  Stato,  che  ne  ha
conservato la gestione in via esclusiva  -  stabilita  dall'art.  18,
comma 1, lettera r), primo periodo, del d.lgs. n. 112 del 1998 - e lo
stesso art. 18 del d.l. n. 34 del 2019  ha  lasciato  intatta  questa
previsione. 
    Riguardo al meccanismo eliminato  dalla  disposizione  impugnata,
questa Corte ha gia' osservato che esso  «presuppone  che  i  sistemi
regionali costituiti dai fondi regionali di garanzia a  favore  delle
PMI, ove esistenti, e dai confidi possano avere caratteristiche  tali
da giustificare la limitazione dell'intervento del fondo statale alla
sola controgaranzia, che opera come una garanzia di  secondo  livello
prestata a favore dei garanti» (sentenza n. 83 del 2018). 
    4.2.1.- Con  la  soppressione  della  possibilita'  prevista  dal
secondo  periodo  della  citata  lettera  r),   risulta   valorizzato
l'intervento pubblico di garanzia centralizzato a livello  nazionale,
che ha recuperato la  pienezza  della  sua  operativita',  anche  nei
territori nei  quali  in  precedenza  era  stata  consentita  la  sua
limitazione alla sola attivita' di controgaranzia a favore dei  fondi
regionali  e  dei  consorzi  di  garanzia  collettiva  dei  fidi,   i
cosiddetti confidi. 
    L'abolizione di questo meccanismo si colloca  all'interno  di  un
intervento normativo volto a perseguire gli obiettivi dello  sviluppo
di canali  alternativi  per  il  finanziamento  delle  imprese  e  di
promozione di operazioni finanziarie innovative. Proprio al  fine  di
realizzare questi obiettivi, lo stesso art. 18 del  d.l.  n.  34  del
2019, al successivo comma 3, abilita il Fondo statale  a  intervenire
in garanzia a favore di soggetti che finanziano, tramite  piattaforme
di social lending e di  crowdfunding  (cosi'  nell'art.  18  comma  3
teste' citato), progetti di investimento realizzati da micro, piccole
e medie imprese, comunque  operanti  nei  settori  di  attivita'  che
possono essere ammesse all'intervento dello stesso Fondo. 
    Dal punto di vista  sistematico,  la  disposizione  censurata  si
inserisce  nell'ambito  di  un  complessivo  intervento  destinato  a
realizzare una manovra funzionale allo sviluppo dell'economia  e  del
sistema produttivo. A questi fini, essa si accompagna ad una generale
revisione delle modalita' di  intervento  del  sopra  indicato  Fondo
statale, che conferma e valorizza l'intervento pubblico  di  garanzia
centralizzato a  livello  nazionale  e,  al  contempo,  introduce  in
relazione ad esso nuovi spazi di operativita' per i confidi, al  fine
di  rilanciarne  il  ruolo  e  l'attivita'  (come  evidenziato  nella
relazione governativa al disegno di legge di conversione del d.l.  n.
34 del 2019, A. C. n. 1807, presentato il 30 aprile 2019). Tali spazi
sono stati poi codificati nell'art. 13, comma 1, lettere d), e), n) e
n-bis) del successivo decreto-legge 8  aprile  2020,  n.  23  (Misure
urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per
le imprese,  di  poteri  speciali  nei  settori  strategici,  nonche'
interventi in materia di salute  e  lavoro,  di  proroga  di  termini
amministrativi e processuali), convertito, con  modificazioni,  nella
legge 5 giugno 2020, n. 40. 
    4.3.- In effetti, anche la limitata  operativita'  del  Fondo  di
garanzia era ispirata  alla  finalita'  di  facilitare  l'accesso  al
credito delle PMI, attraverso il potenziamento del ruolo  svolto  dai
confidi.  Con  l'attivazione  della  lettera  r),  infatti,  le   PMI
regionali potevano accedere al Fondo statale solo rivolgendosi  a  un
confidi (di cui dovevano sostenere i costi), mentre rimaneva precluso
l'intervento in garanzia diretta, a favore di banche e altri soggetti
finanziatori. 
    Tuttavia, nel corso degli anni in cui questo meccanismo ha  avuto
applicazione, si e' osservato - come del  resto  traspare  anche  dai
lavori preparatori della disposizione impugnata - che questa limitata
operativita' del Fondo statale in alcune Regioni, anziche' facilitare
l'accesso   al   credito   delle   PMI,   puo'    produrre    effetti
controproducenti, limitando la concorrenza tra  gli  intermediari  e,
con essa, la ricerca di maggiori livelli di efficienza. 
    La  ratio  sottesa   all'intervento   normativo   in   esame   e'
espressamente  individuata  nella  eliminazione  di   «anacronistiche
barriere di accesso e limitazioni della concorrenza» (cosi'  definite
nella relazione al gia' richiamato d.d.l. di conversione,  A.  C.  n.
1807), suscettibili di risolversi in danno delle PMI.  La  scelta  di
evitare la precedente limitata  operativita'  del  Fondo  statale  ha
dunque l'obiettivo di favorire la dinamica concorrenziale nel settore
del credito alle PMI.  Si  tratta  di  un  intervento  che  aspira  a
realizzare il corretto funzionamento del mercato,  impedendo  che  si
continuino a determinare  le  condizioni  per  una  sua  alterazione,
attraverso l'ampliamento dell'operativita'  del  fondo  in  tutte  le
Regioni. 
    4.4.- A tale riguardo, la giurisprudenza di questa  Corte  ha  da
tempo chiarito che la nozione di concorrenza comprende sia le  misure
legislative di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti
e  i  comportamenti  delle   imprese   che   incidono   negativamente
sull'assetto concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di
promozione,  dirette  a  eliminare  limiti  e  vincoli  alla   libera
esplicazione della capacita' imprenditoriale e della competizione tra
imprese (concorrenza "nel mercato"), ovvero a  prefigurare  procedure
concorsuali che assicurino la piu' ampia apertura del mercato a tutti
gli operatori economici (concorrenza "per  il  mercato").  In  questa
accezione promozionale, attraverso  la  «tutela  della  concorrenza»,
vengono perseguite  finalita'  di  ampliamento  dell'area  di  libera
scelta dei cittadini e  delle  imprese,  queste  ultime  anche  quali
fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi  (sentenze  n.  83  del
2018, n. 299 del 2012, n. 401 del 2007 e n. 14 del 2004). 
    La disciplina degli aiuti pubblici, compatibili  con  il  mercato
interno,  rientra,  quindi,   in   questa   accezione   dinamica   di
concorrenza, che contempla le  misure  pubbliche  dirette  a  ridurre
squilibri e a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo degli
assetti concorrenziali. 
    In tale ambito, l'intervento dello Stato si giustifica  quando  -
per  l'accessibilita'  a  tutti  gli  operatori   e   per   l'impatto
complessivo  -  e'  volto  ad  incidere   sull'equilibrio   economico
generale.   Appartengono,   invece,   alla   competenza   legislativa
concorrente o residuale delle Regioni  «gli  interventi  sintonizzati
sulla realta' produttiva regionale»,  tali  comunque  da  non  creare
ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose  fra  le
Regioni e da non  limitare  l'esercizio  del  diritto  al  lavoro  in
qualunque parte del territorio nazionale (ex plurimis, sentenze n. 83
del 2018, n. 259 del 2013, n. 242 del 2005 e n. 14 del 2004). 
    4.5.-  Sulla  base  di  queste  considerazioni,  la  disposizione
impugnata - in quanto inserita in un complessivo disegno di  politica
economica e,  al  contempo,  destinata  a  correggere  una  possibile
distorsione nel settore del credito alle PMI  -  va  ricondotta  alla
materia della tutela della concorrenza, di cui all'art. 117,  secondo
comma, lettera e), Cost., e  risulta,  quindi,  conforme  al  riparto
costituzionale di competenze. 
    Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  dato  il
carattere «finalistico» della competenza attribuita in  materia  allo
Stato, «la tutela della concorrenza assume [...] carattere prevalente
e funge da limite alla disciplina  che  le  Regioni  possono  dettare
nelle materie di loro  competenza,  concorrente  o  residuale  [...],
potendo influire su queste ultime fino  a  incidere  sulla  totalita'
degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia  pure  nei  limiti
strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui garanzia
la competenza statale esclusiva e' diretta» (sentenza n. 56 del 2020;
nello stesso senso ex plurimis, sentenze n. 287 del 2016,  n.  2  del
2014, n. 291 e n. 18 del 2012, n. 150 del 2011, n. 288 e  n.  52  del
2010, n. 452, n. 431, n. 430 e n. 401 del 2007 e n. 80 del 2006). 
    In quanto riconducibile ad  un  ambito  materiale  di  competenza
esclusiva trasversale dello Stato e non eccedendo rispetto ai  limiti
di quanto necessario  a  perseguire  i  propri  obiettivi,  la  norma
impugnata e' dunque espressione di attribuzioni statali  destinate  a
prevalere anche sulle competenze regionali, delle quali le ricorrenti
lamentano la lesione.  Infatti,  se  e'  pur  vero  che  l'intervento
statale si riflette su diverse competenze regionali, si tratta, a ben
vedere,  di  un'incidenza  mediata,   inevitabilmente   connessa   al
carattere trasversale della competenza statale cui tale intervento e'
comunque riconducibile in via prevalente. Pertanto, non  puo'  essere
accolta la censura delle Regioni relativa alla Conferenza unificata. 
    D'altra parte,  il  principio  di  leale  collaborazione  non  e'
invocabile neppure in  funzione  della  chiamata  in  sussidiarieta',
poiche', sin dalla sua istituzione, la gestione del Fondo centrale di
garanzia rientra tra le  funzioni  amministrative  riservate  in  via
esclusiva allo Stato, ai sensi dello stesso art.  18,  comma  1,  del
d.lgs. n. 112 del 1998. 
    Peraltro, tenendo conto delle interazioni che  comunque  ci  sono
fra il predetto Fondo  centrale,  i  fondi  regionali  e  le  realta'
produttive locali, la previsione di meccanismi collaborativi, pur non
essendo costituzionalmente dovuta, rimane nondimeno un'opzione che il
legislatore statale puo' opportunamente considerare.