ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  112  del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure  urgenti  in  materia  di
salute, sostegno al  lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche
sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19),  e  degli
artt. 112, commi 1 e 1-bis, e 112-bis del medesimo  d.l.  n.  34  del
2020, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio  2020,  n.
77, promossi dalla Regione Veneto con  ricorsi  notificati  il  13-16
luglio e il 9-11 settembre 2020,  depositati  in  cancelleria  il  20
luglio e il 15 settembre 2020, iscritti, rispettivamente,  ai  numeri
60 e 82  del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicati  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 37  e  44,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2020, e nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti
sorto a seguito dell'avviso di rettifica relativo al d.l. n.  34  del
2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  129,
serie generale, del 20  maggio  2020,  nella  parte  in  cui  attiene
all'indicato art. 112, promosso  dalla  Regione  Veneto  con  ricorso
notificato il 16 luglio 2020, depositato in cancelleria il 20  luglio
2020, iscritto al n.  4  del  registro  conflitti  tra  enti  2020  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  37,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 2021 il Giudice relatore
Franco Modugno; 
    uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai  sensi  del
punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 13-16 luglio 2020 e  depositato  il
20 luglio 2020 (reg. ric. n. 60  del  2020),  la  Regione  Veneto  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  112  del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure  urgenti  in  materia  di
salute, sostegno al  lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche
sociali connesse all'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19),  prima
della conversione in  legge,  nel  testo  risultante  dall'avviso  di
rettifica pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.
129, serie generale, del 20 maggio 2020, per contrasto con gli  artt.
3, 5, 114, 118 e 119 della Costituzione. 
    La disposizione e' impugnata nella parte in cui non  prevede  che
siano ammessi a beneficiare del fondo di  200  milioni  di  euro  per
l'anno  2020  «i  Comuni  dichiarati  zona  rossa,  sulla   base   di
provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per  almeno
trenta giorni consecutivi»,  in  base  alla  formola  adoprata  nella
versione antecedente alla suddetta rettifica  «oppure  secondo  altra
formulazione indicata dalla Corte stessa». 
    1.1.- Come  riporta  la  ricorrente,  nella  versione  originaria
dell'art. 112 del d.l. n. 34 del 2020, al fondo istituito  presso  il
Ministero dell'interno accedevano - e accedono  tuttora  -  i  Comuni
delle Province di cui «al comma 6 dell'art. 18  del  decreto-legge  8
aprile 2020, n. 23», recante «Misure urgenti in materia di accesso al
credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di  poteri  speciali
nei settori strategici, nonche' interventi in  materia  di  salute  e
lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali», ossia le
Province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e  Piacenza,  «nonche'  i
comuni dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti  statali  o
regionali,  entro  il  3  maggio  2020  per  almeno   trenta   giorni
consecutivi». 
    In forza della puntuale ricostruzione della successione normativa
che ha  interessato  la  gestione  dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19, la difesa regionale afferma che la Regione  Veneto  sarebbe
stata interessata dalle zone rosse gia' a  partire  dal  d.P.C.m.  23
febbraio 2020 (Disposizioni attuative del decreto-legge  23  febbraio
2020, n. 6, recante misure  urgenti  in  materia  di  contenimento  e
gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19). 
    Inoltre, e ben piu'  significativamente  per  la  ricorrente,  il
d.P.C.m.  8  marzo  2020  (Ulteriori   disposizioni   attuative   del
decreto-legge 23 febbraio 2020,  n.  6,  recante  misure  urgenti  in
materia di contenimento e gestione dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19),  ulteriormente  ampliando  le   misure   restrittive,   ha
rimodulato le aree territoriali ove queste ultime  dovessero  trovare
applicazione, facendovi rientrare - per cio' che rileva nel  presente
giudizio - anche le Province di Padova, Treviso e Venezia. 
    Non solo quest'ultimo d.P.C.m. sarebbe stato vigente fino  al  13
aprile 2020, vale a dire per un periodo di tempo superiore  a  trenta
giorni consecutivi, ma la Regione Veneto avrebbe, altresi',  adottato
misure di contenimento piu' restrittive, mediante  proprie  ordinanze
rimaste in vigore fino a domenica 3 maggio 2020. 
    1.2.- In base all'originaria formulazione dell'art. 112 del  d.l.
n. 34 del 2020, avrebbero pertanto  dovuto  considerarsi  zone  rosse
anche le Province di Padova, Treviso e  Venezia,  le  quali,  invece,
sono  state  escluse  dal  fondo  istituito   presso   il   Ministero
dell'interno in forza dell'avviso di rettifica che ha espunto,  dalla
rubrica e dal testo del citato articolo, ogni riferimento «ai  comuni
dichiarati zona rossa». 
    La Regione,  al  fine  delle  impugnazioni  svolte  nel  presente
giudizio, presuppone la legittimita' del suddetto  avviso,  ritenendo
pertanto che «il testo vigente dell'art.  112  del  decreto-legge  n.
34/2020 sia quello  depurato  del  noto  inciso»;  pur  se  chiarisce
espressamente che, sulla rettifica cosi'  operata,  possono  nutrirsi
fondati dubbi, che verranno fatti valere  in  sede  di  conflitto  di
attribuzione tra enti. 
    1.3.- In primo luogo, la ricorrente ritiene che  l'art.  112  del
d.l. n. 34 del 2020 si ponga in contrasto con l'art. 3 Cost. 
    1.3.1.- In via preliminare, la Regione (richiamando alcuni  passi
della sentenza n. 155 del 2006 di questa Corte) si dice  consapevole,
per un verso, che la censura non possa assumere autonomo rilievo,  ma
deve essere tale da rendere manifesto un vulnus alla propria sfera di
competenza, che nello specifico attiene all'autonomia  amministrativa
e finanziaria; e, per l'altro, che vi sia una motivazione sufficiente
in ordine ai profili  di  una  possibile  ridondanza  delle  predette
violazioni sul riparto di competenza,  mediante  l'indicazione  della
specifica competenza che risulterebbe  lesa  e  le  ragioni  di  tale
lesione (si cita la sentenza n. 56 del 2020). 
    1.3.2.-  Nel  caso  in  esame,  le  attribuzioni   costituzionali
regionali coinvolte sono quella amministrativa, di cui  all'art.  118
Cost., e quella finanziaria, ex art. 119 Cost., che  sarebbero  state
menomate dall'esclusione dei Comuni delle Province di Padova, Treviso
e Venezia. Se tali Comuni fossero  stati  ammessi  ad  usufruire  dei
benefici, questi ultimi sarebbero divenuti risorsa  da  includere  in
una posta di bilancio alla voce «"interventi di sostegno di carattere
economico e sociale connessi con l'emergenza sanitaria Covid-19"». La
Regione Veneto ritiene, pertanto,  che  «[d]all'esclusione,  consegue
l'evidente menomazione di competenze attinenti l'amministrazione e la
finanza,  che  la  Regione  [...]  fa  valere  [...]  con   specifico
riferimento alla sfera di autonomia - oltre che propria - degli  enti
locali» (si cita la sentenza n. 298 del 2009 di questa Corte). A cio'
la ricorrente aggiunge che  l'assenza  di  queste  disponibilita'  da
parte dei Comuni obbligherebbe la Regione ad intervenire,  sottraendo
in tal  modo  risorse  autonome,  destinate  a  fronteggiare  urgenze
dell'intera comunita' regionale. 
    1.3.3.- Nel merito, a parere della Regione  Veneto,  l'esclusione
operata dalla disposizione impugnata configurerebbe «la piu' classica
violazione dell'art. 3» Cost.,  in  quanto  l'esclusione  dei  Comuni
ricadenti nella zona  rossa  delle  Province  di  Padova,  Treviso  e
Venezia, risulterebbe irragionevole. Nello specifico,  la  ricorrente
si  duole  dell'esclusione  degli  enti  dichiarati  zona   rossa   e
rientranti in tali Province,  i  quali  verserebbero  nelle  medesime
condizioni degli enti inclusi tra i  destinatari  delle  risorse  del
fondo istituito dalla disposizione impugnata,  e  verso  i  quali  il
trattamento avrebbe dovuto, invece, essere identico a quello previsto
per gli enti inclusi. Gli enti esclusi  avrebbero,  pertanto,  dovuto
ricevere lo stesso trattamento riconosciuto a quelli ricompresi nella
formulazione dell'art. 112 del  d.l.  n.  34  del  2020,  cosi'  come
risultanti a seguito della rettifica. 
    Da  cio'  deriverebbe   l'illegittimita'   costituzionale   della
disposizione impugnata, nella parte in  cui  non  prevede  che  siano
ammessi a beneficiare «del Fondo di 200 milioni di  euro  per  l'anno
2020 "i Comuni dichiarati zona rossa,  sulla  base  di  provvedimenti
statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per almeno trenta  giorni
consecutivi"», ossia i Comuni delle  zone  rosse  delle  Province  di
Padova,  Treviso  e  Venezia,  «oppure  secondo  altra   formulazione
indicata dalla Corte stessa». 
    1.4.- La Regione Veneto denuncia l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 112 del d.l. n. 34 del 2020,  anche  per  violazione  degli
artt. 5, 114, 118 e 119 Cost. 
    1.4.1.- Riguardo alla violazione dell'art. 5 Cost., la ricorrente
deduce  che  l'esclusione  dal  fondo  istituito  dalla  disposizione
impugnata produrrebbe «il singolare effetto di beneficare  due  volte
le comunita' territoriali ammesse:  per  la  parte  spettante  e  per
quella,  non  spettante,   acquisita   a   carico   dei   beneficiari
illegittimamente esclusi»; in tal modo,  verrebbero  discriminate  le
relative  popolazioni  e  si  obbligherebbe  la  Regione  Veneto   ad
attivarsi al fine di ridurre lo svantaggio conseguente. Verrebbe,  in
altri   termini,   a   determinarsi   una   lesione   del   principio
autonomistico, poiche' verrebbero riservati trattamenti differenziati
a centri di autonomia che versano  nelle  medesime  condizioni.  Tale
irragionevole sottrazione di  risorse,  derivante  dall'impoverimento
economico-finanziario e  determinato  dalla  disposizione  impugnata,
porterebbe a disattendere l'uniformita' del regime giuridico, in  una
situazione in cui detta uniformita' si rivela essenziale. Tale ultimo
rilievo, che a parere della difesa regionale sarebbe «scontato a lume
di buon senso», si fonderebbe peraltro anche sulla giurisprudenza  di
questa Corte (si richiamano le sentenze n. 171 del 2018 e n.  58  del
2007). 
    1.4.2.- Risulterebbe violato  anche  l'art.  114  Cost.,  poiche'
l'irragionevole discriminazione, che ha  riguardato  i  Comuni  delle
Province  venete  escluse  dal  fondo  istituito  dalla  disposizione
impugnata, avrebbe fatto  venir  meno  «il  necessario  coordinamento
imparziale delle competenze, le quali saranno esercitate  dagli  enti
territoriali  interessati  [...]   in   condizioni   comparativamente
degradate», pur versando in identiche situazioni di fatto rispetto ai
Comuni ammessi al suddetto fondo. 
    1.4.3.- Sarebbe, inoltre,  violato  l'art.  118  Cost.  e,  nella
specie, non sarebbero stati rispettati i principi di  sussidiarieta',
differenziazione   ed    adeguatezza.    Secondo    la    ricorrente,
l'«interferenza nell'esercizio delle funzioni amministrative  locali»
inciderebbe  sulla  posizione   prioritaria   che   dovrebbe   essere
riconosciuta ai Comuni, allorche' si  decida  sull'allocazione  delle
funzioni amministrative. In  forza  della  norma  impugnata,  sarebbe
«[i]nnegabile, nel caso concreto, la menomazione di questa potesta'»,
poiche'  questa  avrebbe  ad  oggetto  «"interventi  di  sostegno  di
carattere economico e sociale" spettanti» a tali enti. 
    1.4.4.- Da ultimo, la Regione Veneto denuncia  il  contrasto  con
l'art. 119 Cost., poiche' la mancata iscrizione nei bilanci  comunali
delle dotazioni finanziarie previste dall'art. 112 del d.l. n. 32 del
2020 inciderebbe sull'autonomia finanziaria di entrata e di spesa dei
Comuni e determinerebbe una «sopravvenuta carenza», la quale, dovendo
essere verosimilmente colmata dalla Regione, determinerebbe anche una
illegittima compressione dell'autonomia finanziaria di quest'ultima. 
    2.- Con atto depositato il 20  agosto  2020,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, si e' costituito  in  giudizio,  chiedendo  che
siano dichiarate inammissibili e, comunque sia,  infondate  tutte  le
questioni di legittimita' costituzionale promosse con il ricorso. 
    2.1.- In primo luogo, lo Stato ritiene inammissibile  il  ricorso
per carenza di interesse, in quanto le provvidenze economiche, che la
ricorrente ritiene siano state illegittimamente sottratte  ai  Comuni
veneti dalla disposizione impugnata, sono poi state  riconosciute  ai
suddetti Comuni con l'art. 112-bis dello stesso d.l. n. 34 del  2020,
nel testo risultante dalla legge di conversione 17  luglio  2020,  n.
77. 
    Tale disposizione - la quale,  come  si  vedra',  e'  stata  essa
stessa impugnata con successivo ricorso dalla  Regione  Veneto  -  ha
infatti   disposto,   al   comma   1,   che,   «[i]n   considerazione
dell'emergenza sanitaria da COVID-19 che ha  interessato  comuni  non
compresi tra  quelli  previsti  dall'articolo  112,  nello  stato  di
previsione del Ministero dell'interno e' istituito un fondo  con  una
dotazione di 40 milioni di  euro  per  l'anno  2020,  finalizzato  al
finanziamento di interventi di  sostegno  di  carattere  economico  e
sociale in favore dei comuni particolarmente  colpiti  dall'emergenza
sanitaria». 
    2.2.- In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei  ministri
ritiene il ricorso inammissibile anche per carenza di  legittimazione
ad agire, poiche' la  ricorrente  si  sarebbe  limitata  a  generiche
recriminazioni e non avrebbe, invece, indicato le ripercussioni reali
che si sarebbero verificate nell'esercizio delle proprie  prerogative
costituzionali relative all'autonomia amministrativa e finanziaria. 
    Richiamando la giurisprudenza di questa Corte, la difesa  statale
pone  in  evidenza,  infatti,  che  la   lesione   delle   competenze
costituzionali deve essere concreta e attuale, non  potendo,  invece,
essere  semplicemente  ipotizzata  o  paventata  in  relazione  a  un
intervento normativo primario che si assume illegittimo (il  richiamo
e' alla sentenza n. 28 del 2018). E si aggiunge - sempre  richiamando
la giurisprudenza di questa Corte - che le  Regioni  possono  evocare
parametri  diversi  da  quelli  che  sovraintendono  il  riparto   di
competenza solo se la violazione denunciata sia potenzialmente idonea
a  riverberarsi  sulle  attribuzioni   regionali   costituzionalmente
garantite e sia, altresi', adeguatamente motivata la ridondanza della
lamentata illegittimita' costituzionale  sul  riparto  di  competenze
costituzionalmente stabilito. 
    2.3.- Il ricorso, poi, sarebbe ad ogni modo infondato. 
    2.3.1.-  Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
l'avviso  di  rettifica,  da  cui  sarebbe  derivata  la   denunciata
illegittimita' costituzionale dell'art. 112 del d.l. n. 34 del  2020,
sarebbe stato effettivamente finalizzato a correggere e  a  riportare
ad unita' e coerenza il  complesso  normativo  dettato  dalla  citata
disposizione. 
    Mediante tale intervento  -  non  censurabile  «ne'  nella  forma
(avviso di rettifica) ne' nella sostanza (art. 112 + 112-bis)»  -  il
legislatore avrebbe inteso, infatti, distinguere gli interventi fra i
Comuni lombardi e gli altri Comuni, compresi quelli veneti,  al  fine
di evitare «provvidenze "a pioggia"» e, in questo modo, calibrare gli
interventi in relazione alle diverse condizioni nelle quali si  erano
venuti a trovare i Comuni lombardi rispetto agli altri. 
    2.3.2.- Non sarebbero stati  violati  gli  artt.  3  e  5  Cost.,
poiche', anche  ai  Comuni  veneti,  sarebbe  stata  «attribuita  una
sovvenzione finanziaria»,  ad  opera  dell'art.  112-bis,  introdotto
dalla  legge  di  conversione  n.  77  del  2020,  la  quale  sarebbe
commisurata alla gravita', all'incidenza epidemiologica ed al  numero
degli abitanti colpiti, senza che si sia  determinata  la  denunciata
violazione dei principi  che  regolano  l'attivita'  delle  autonomie
locali. 
    2.3.3.-  Neppure  risulterebbero  «violati  gli  altri  parametri
costituzionali evocati»,  atteso  che  -  cosi'  sostiene  la  difesa
statale  -  le  risorse  finanziarie  disponibili   sarebbero   state
attribuite in relazione a precisi parametri di incidenza e diffusione
dell'epidemia nel contesto socio-economico locale,  «secondo  criteri
razionali ed equilibrati, mai censurati». 
    3.- Con ricorso notificato il 9-11 settembre 2020 e depositato il
15 settembre 2020 (reg. ric. n. 82 del 2020), la  Regione  Veneto  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  112,
commi 1 e 1-bis, e 112-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. 
    3.1.- Al riguardo delle censure sull'art. 112, comma 1, del  d.l.
n.  34  del  2020,  come  convertito,   la   Regione   ripropone   le
argomentazioni e le conclusioni gia' esposte nell'atto  introduttivo,
iscritto al registro ricorsi n. 60 (si rinvia pertanto a quanto  gia'
esposto supra al punto 1). 
    3.2.- L'art. 112, comma 1-bis, del d.l.  n.  34  del  2020,  come
convertito, e' impugnato perche' contiene  una  previsione  specifica
riguardante il Comune di San Colombano al Lambro, rispetto alla quale
la Regione afferma di non avere,  «[i]n  se'  e  per  se',  nulla  da
eccepire», poiche' sarebbe un  ente  locale  «gravemente  colpito  da
COVID-19», ma che risulterebbe per  la  ricorrente  «arduo  resistere
alla tentazione di  obiettare  al  legislatore  statale  che  non  e'
legittimo procedere evitando di trattare allo stesso modo  chi  versa
nelle medesime condizioni». 
    In altri termini,  sarebbe  stata  perpetrata  la  disparita'  di
trattamento nei confronti dei Comuni veneti rientranti nelle Province
di Padova, Treviso e Venezia e, pertanto, le violazioni dei parametri
3, 5, 114, 118 e 119 Cost. denunciate in riferimento al comma  1  del
medesimo articolo. 
    3.3.- La Regione impugna, infine, l'art. 112-bis del d.l.  n.  34
del 2020, come convertito, - chiarendo che, al pari dell'impugnazione
del comma 1-bis del medesimo articolo, anche  tale  impugnazione  «ha
ragion d'essere fintantoche' vige il testo rettificato dell'art. 112,
1° co.» - che renderebbe ancora piu' palesi le divergenze, rispetto a
quel che prevede la Costituzione agli artt. 3, 5, 97, 114, 118 e 119. 
    La difesa regionale  preliminarmente  offre  una  interpretazione
della disposizione impugnata,  lamentandone  l'essere  «caotica».  Si
sostiene, infatti, che tale  disposizione,  nell'individuare  i  suoi
destinatari «"nei comuni non compresi tra quelli  previsti  dall'art.
112», si riferirebbe, escludendoli, in generale, ai Comuni inclusi in
una zona rossa; a cio' verrebbe tuttavia aggiunto che la disposizione
si riferirebbe ai  Comuni  «"particolarmente  colpiti  dall'emergenza
sanitaria"».  Dalla  richiamata  formulazione  letterale,  la  difesa
regionale conclude che, prima facie,  la  disposizione  parrebbe  non
riferirsi ai Comuni inclusi in una zona rossa, anche se, al comma  3,
si precisa che «"[a]l fine della  ripartizione  del  fondo  (...)  si
tiene conto (...) dei Comuni individuati come zona rossa  o  compresi
in una zona rossa (...) per  un  periodo  non  inferiore  a  quindici
giorni». 
    Dagli artt. 112, comma 1, e 112-bis, del d.l.  n.  34  del  2020,
come  convertito,  si  ricaverebbe,  pertanto,  che  i  Comuni  delle
Province di Padova, Treviso e Venezia, «inclusi in zone rosse per  un
periodo superiore a trenta giorni», per  un  verso,  sarebbero  stati
esclusi dai benefici spettanti ai Comuni che versano  nelle  medesime
condizioni, cosi'  ai  sensi  dell'art.  112,  comma  1,  del  citato
decreto-legge;  per  l'altro,  sono  stati   declassati   «a   Comuni
particolarmente  colpiti  dall'emergenza  sanitaria»   e,   pertanto,
destinati a fruire a titolo preferenziale in sede di  riparto  di  un
fondo da 40 milioni di euro. 
    Da   cio'   risulterebbe   in   modo   «[e]vidente    [...]    la
discriminazione,  quale  effetto  di  assimilazioni  di   fattispecie
disomogenee, che implicano la denunciata  violazione»  degli  evocati
«parametri  costituzionali  (nei  termini  indicati  sub  A)»,  ossia
secondo le argomentazioni svolte in riferimento all'art.  112,  comma
1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. 
    Anche l'art. 97 Cost.  risulterebbe  violato  dalla  disposizione
impugnata, poiche' la forzata esclusione dei Comuni aventi titolo  al
beneficio - appartenenti alle Province di Padova, Treviso e Venezia -
risulterebbe ledere i principi di imparzialita' e di  buon  andamento
dell'amministrazione. 
    4.- Con atto depositato il 21 ottobre  2020,  il  Presidente  del
Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dalla  Avvocatura
generale dello Stato, si e' costituito  in  giudizio,  chiedendo  che
siano dichiarate inammissibili e, comunque sia,  infondate  tutte  le
questioni di legittimita' costituzionale sollevate con il ricorso. 
    4.1.- Preliminarmente il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
ritiene inammissibile il ricorso per  difetto  di  legittimazione  ad
agire. 
    Con  argomentazioni  identiche  a  quelle  spese   nell'atto   di
costituzione del giudizio iscritto al registro ricorso n. 60 del 2020
(punto  2.2.  del  Ritenuto  in   fatto),   l'eccepita   carenza   di
legittimazione ad agire sarebbe determinata dalla circostanza che  la
Regione non avrebbe indicato le ripercussioni reali che si  sarebbero
verificate nell'esercizio delle proprie  prerogative  costituzionali,
relative all'autonomia amministrativa e  finanziaria,  essendosi,  al
contrario, limitata a generiche recriminazioni. 
    4.2.- Il ricorso sarebbe, comunque sia, infondato. 
    4.2.1.- La difesa statale mette in evidenza che, con la legge  di
conversione n. 77 del 2020, il  legislatore  avrebbe  confermato  per
l'anno 2020 la dotazione di  200  milioni  del  fondo  istituito  con
l'art.  112  del  d.l.  n.  34  del  2020,  finalizzato  al  sostegno
straordinario di natura economica e sociale dei Comuni delle Province
di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, aggiungendo il  Comune
di San Colombano al Lambro. 
    La limitazione dei Comuni beneficiari troverebbe  giustificazione
nel fatto che le indicate Province avrebbero fatto registrare i  piu'
elevati tassi di contagio e di mortalita', in misura non  comparabile
con quelli circoscritti ai singoli Comuni, pur dichiarati zona rossa. 
    Al riguardo -  sostiene  l'Avvocatura  generale  -  questa  Corte
avrebbe ammesso la possibilita' per lo  Stato  di  destinare  risorse
aggiuntive  in  favore  di   specifici   Comuni,   Province,   Citta'
metropolitane  e  Regioni  per  determinati   scopi,   pure   diversi
dall'esercizio delle loro funzioni. 
    4.2.2.- Anche in riferimento all'impugnato art. 112-bis, inserito
in sede di conversione del d.l. n. 34 del 2020,  sarebbero  prive  di
fondamento le censure mosse dalla ricorrente. 
    Deduce la  difesa  statale  che  la  disposizione  sarebbe  stata
adottata proprio al fine di dare sostegno anche agli altri Comuni,  i
quali, in applicazione delle norme statali o  regionali,  sono  stati
individuati come zona rossa o che hanno avuto un  numero  elevato  di
casi di contagio e di decessi da COVID-19.  A  tal  fine  si  sarebbe
istituito, infatti, presso il Ministero dell'interno, un fondo di  40
milioni di euro per  l'anno  2020,  da  ripartire  sulla  base  della
popolazione residente. 
    4.3.- Dal delineato contesto normativo si ricaverebbe,  pertanto,
che le disposizioni impugnate rientrerebbero nelle competenze statali
in  materia  di  perequazione  finanziaria,  poiche',  come   avrebbe
chiarito questa Corte, i  fondi  come  quelli  previsti  dalle  norme
impugnate sarebbero istituiti  dallo  Stato  a  tutela  di  peculiari
esigenze e finalita' di coesione economica e sociale  (si  citano  le
sentenze n. 174 del 2017 e n. 16 del 2010). 
    In altri termini,  tali  fondi  recherebbero  risorse  aggiuntive
rispetto a quelle necessarie per l'esercizio delle ordinarie funzioni
regionali, alla luce di valutazioni di interesse nazionale. 
    Su tali basi, l'intervento additivo invocato dalla Regione Veneto
rientrerebbe nell'ambito delle  scelte  di  bilancio  che  comportano
decisioni di natura politico-economica, costituzionalmente  riservate
alla determinazione del Governo e  del  Parlamento  (si  richiama  la
sentenza n. 84 del 2018). 
    Cio'  chiarito,  la  difesa  statale  ritiene,  riproponendo   le
argomentazioni  gia'  svolte  avverso  le  censure   espresse   dalla
ricorrente  sull'art.  112  del  d.l.  n.  34  del  2020,   che   non
risulterebbero violati gli artt. 3 e 5 Cost., poiche' anche ai Comuni
veneti e' stata attribuita una  sovvenzione  finanziaria  commisurata
alla  gravita'  dell'incidenza  epidemiologica  ed  al  numero  degli
abitanti colpiti. Da tale distribuzione delle  risorse  non  potrebbe
configurarsi la  denunciata  violazione  dei  principi  che  regolano
l'attivita' delle autonomie locali. 
    Neppure   risulterebbero    violati    «gli    altri    parametri
costituzionali evocati», posto che le risorse finanziarie disponibili
sarebbero state attribuite in relazione a precisi indici di incidenza
e diffusione dell'epidemia nel contesto  socio-economico  locale,  in
base a «criteri razionali ed equilibrati». 
    5.-  La  Regione  Veneto  ha  promosso,  altresi',  conflitto  di
attribuzioni tra enti (reg. confl. enti n. 4 del 2020) nei  confronti
del Presidente del Consiglio dei ministri in  riferimento  all'avviso
di rettifica del d.l. n. 34 del 2020. 
    Tale avviso  di  rettifica,  nel  sopprimere  il  riferimento  ai
«comuni dichiarati zona rossa» nella rubrica e  nel  testo  dell'art.
112, impedendo cosi' alle Province di Padova, Treviso  e  Venezia  di
essere  destinatarie  degli  stanziamenti   previsti   dalla   citata
disposizione, avrebbe menomato le attribuzioni regionali e  dovrebbe,
pertanto,  essere  annullato  per  violazione  dell'art.  77   Cost.,
«nonche' degli artt.  3,  5,  97,  114,  118  e  119  Cost.»,  previa
dichiarazione che non spettava allo Stato modificare l'art.  112  del
d.l. n. 34 del 2020, attraverso  il  ricorso  ad  uno  strumento  non
legislativo. 
    5.1.-  La  Regione  Veneto  denuncia,  anzitutto,  la  violazione
dell'art. 77 Cost., in  quanto  l'avviso  non  avrebbe  prodotto  gli
effetti propri di una rettifica, rispetto all'enunciato  rettificato,
ma avrebbe, invece, alterato il «decisum», e cioe' il contenuto della
deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del
13 maggio 2020 per approvare il decreto-legge. 
    L'odierno ricorso si fonderebbe, dunque,  sulla  convinzione  che
l'avviso di rettifica non abbia i caratteri per esso prescritti dalle
leggi  dello  Stato  e  non   rispetti   principi   affermati   dalla
giurisprudenza costituzionale, dal momento che «nulla e' dato  sapere
circa  la  data,  la  paternita'  e  la  sottoscrizione   del   nuovo
enunciato». 
    Concludendo sul punto, la Regione Veneto ritiene che l'avviso  di
rettifica violi l'art. 77 Cost., «dal momento che ha  introdotto  una
modifica dell'enunciato dell'art. 112 del decreto-legge n. 34/2020 in
forma non legislativa». 
    5.2.- Secondo la ricorrente, a «questo profilo di illegittimita',
che riguarda  la  forma  dell'atto,  altri  se  ne  collegano,  tutti
connessi a lesioni sostanziali della Legge fondamentale». 
    In primo luogo, l'atto impugnato violerebbe l'art.  3  Cost.,  in
quanto  l'esclusione,  operata  attraverso  l'avviso  di   rettifica,
configurerebbe  la  piu'  classica  violazione   del   principio   di
eguaglianza, dal momento che l'esclusione  dei  Comuni  ricadenti  in
"zona rossa" delle Province di Padova, Treviso e Venezia risulterebbe
irragionevole, trovandosi  questi  nelle  medesime  condizioni  degli
altri  Comuni  che  hanno  ricevuto  le  provvidenze  statali.   Cio'
ridonderebbe sulle attribuzioni regionali  in  materia  di  autonomia
amministrativa e autonomia finanziaria. 
    Sarebbero poi violati gli artt. 5, 97,  114,  118  e  119  Cost.,
rispetto ai  quali,  la  ricorrente,  pur  riferendole  all'impugnato
avviso, riproduce le argomentazioni gia' spese nei ricorsi n. 60 e n.
82 del 2020 in relazione all'art. 112, delle quali si e' gia' detto. 
    6.- Anche in questo giudizio si e' costituito il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che sia dichiarato  inammissibile  e,
comunque sia, infondato il ricorso. 
    6.1.- In primo  luogo,  e  analogamente  a  quanto  sostenuto  in
relazione  al  ricorso  n.  60  del  2020,  il   resistente   ritiene
inammissibile il ricorso per  carenza  di  interesse,  in  quanto  le
provvidenze  economiche,  che  la  ricorrente  ritiene  siano   state
illegittimamente  sottratte  ai  Comuni  veneti  dalla   disposizione
impugnata, sono poi state riconosciute ai suddetti Comuni con  l'art.
112-bis dello stesso d.l. n. 34 del 2020,  nel  testo  convertito  in
legge. 
    6.2.- In secondo luogo, il ricorso  sarebbe  inammissibile  anche
per carenza  di  legittimazione  ad  agire,  non  avendo  la  Regione
indicato  quali  ripercussioni  reali  si  sarebbero  verificate  per
l'esercizio delle proprie  prerogative  costituzionali  ed  essendosi
limitata a dedurre generiche recriminazioni. 
    In ogni caso, infondati sarebbero i motivi di ricorso, in quanto,
con il contestato  avviso  di  rettifica,  lo  Stato  avrebbe  inteso
correggere e riportare ad unita' e coerenza il complesso normativo  e
calibrare gli interventi in relazione alle diverse condizioni  «nelle
quali si erano venuti a  trovare  i  comuni  lombardi  rispetto  agli
altri». Pertanto l'intervento non sarebbe censurabile in alcun  modo:
ne' nella forma (avviso di rettifica), ne' nella sostanza. 
    7.- In data 26 febbraio 2021, la  Regione  Veneto  ha  depositato
memorie di analogo contenuto, con le quali ha risposto alle deduzioni
del Presidente del Consiglio dei ministri avverso i ricorsi n.  60  e
n. 82 del 2020, insistendo per l'accoglimento dei ricorsi. 
    7.1.- La Regione Veneto, ripercorrendo novamente  i  fatti  e  la
serie di atti normativi che hanno caratterizzato  la  prima  fase  di
gestione   dell'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19,    deduce
l'erroneita'  della  tesi   dell'Avvocatura   spesa   per   sostenere
l'infondatezza nel merito della pretesa della ricorrente:  ossia  che
la ratio dell'impugnato art. 112 risiederebbe nell'intensita' e nella
gravita' del contagio per i singoli Comuni e  non  nell'essere  stati
dichiarati o ricompresi in una zona  rossa.  A  parere  della  difesa
regionale sarebbe,  invece,  quest'ultimo  il  criterio  che  avrebbe
dovuto guidare la scelta governativa, poiche', proprio alla  luce  di
tale  criterio,  emergerebbe  l'analogia  tra  la  situazione   delle
Province  di  Treviso,  Padova  e   Venezia   con   quelle   Province
destinatarie  del  fondo  istituito  dalla  norma  impugnata  e,   di
conseguenza, la natura discriminatoria  della  esclusione  da  questa
operata. 
    I Comuni  veneti,  infatti,  sarebbero  stati  interessati  dalle
misure restrittive, come i Comuni lombardi, sin  dal  febbraio  dello
scorso anno, cosi' come sarebbero equiparabili le misure applicate in
Lombardia e in Veneto e le loro conseguenze di carattere economico  e
sociale; dal che la ricorrente deduce che anche i rimedi compensativi
dovrebbero  essere  gli  stessi  e  di  conseguenza  l'illegittimita'
costituzionale  della  norma   impugnata,   la   quale,   in   quanto
annoverabile  nella  categoria  delle  leggi-provvedimento,  dovrebbe
essere sottoposta ad uno stretto scrutinio di  ragionevolezza  e  non
arbitrarieta', per il pericolo di disparita' di trattamento insito in
tale tipo di previsioni. 
    7.2.- Da ultimo, la difesa regionale deduce l'infondatezza  delle
eccezioni  sollevate  dal  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri
sull'assenza di interesse ad agire e di legittimazione al ricorso. 
    La Regione  Veneto  ricorda  che  ad  essa  e'  riconosciuta  una
potesta' legislativa concorrente in materia di tutela e sicurezza sul
lavoro, di istruzione e formazione professionale,  di  valorizzazione
dei beni culturali e ambientali  e  promozione  e  organizzazione  di
attivita' culturali, di ricerca scientifica e tecnologica e  sostegno
all'innovazione per i settori produttivi. Di una potesta' legislativa
residuale in materia di agricoltura, commercio, turismo e  assistenza
sociale.  Relativamente  a  tali  attribuzioni,  la  Regione  sarebbe
legittimata a porre in essere  atti  e  provvedimenti  amministrativi
(art. 118 Cost.) e interventi di carattere  finanziario  (119  Cost.)
destinati al sostegno delle comunita' locali, in nome oltretutto  del
principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost. 
    Proprio dalle  richiamate  competenze  sarebbe  dimostrato  tanto
l'interesse quanto la legittimazione a ricorrere. 
    8.- In prossimita' dell'udienza, la Regione Veneto ha  depositato
memoria, anche nel giudizio instaurato con il ricorso  per  conflitto
di attribuzione  tra  enti,  con  la  quale  ha  contestato  le  tesi
difensive del Presidente del Consiglio dei ministri,  insistendo  per
l'accoglimento del ricorso. 
    9.- In data  2  marzo  2021,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  depositato  memoria  nella  quale  articola  in  maniera
unitaria le deduzioni in riferimento, sia al ricorso  per  conflitto,
sia al ricorso n. 60 del 2020. 
    9.1.-  La  difesa  statale  ribadisce  che  i  ricorsi  sarebbero
inammissibili per  carenza  di  interesse,  dato  che  dal  combinato
disposto degli artt. 112 e 112-bis, come rispettivamente modificato e
aggiunto dalla legge n. 77 del 2020, di conversione del  d.l.  n.  34
del  2020,  si  evincerebbe  che  nessun  Comune  colpito  da  misure
restrittive  urgenti  e'  escluso  dalle  provvidenze  stanziate  dal
Governo, e, pertanto, non vi sarebbe  la  lamentata  invasione  delle
competenze regionali o la  violazione  dell'autonomia  finanziaria  o
amministrativa regionale. 
    Si  eccepisce,  inoltre,  integrando  sul  punto   le   deduzioni
dell'atto di costituzione, la sopravvenuta cessazione  della  materia
del contendere. Richiamando la giurisprudenza costituzionale, in base
alla quale la cessata  materia  del  contendere  si  puo'  verificare
allorche'  le  norme  censurate  siano  state  modificate  in   senso
satisfattivo delle pretese del ricorrente e,  altresi',  non  abbiano
avuto applicazione medio tempore, l'Avvocatura generale  afferma  che
nella specie sarebbero sussistenti  entrambe  coteste  condizioni.  I
Comuni veneti, infatti, potrebbero accedere al fondo  previsto  dalle
norme censurate al pari di altri Comuni italiani colpiti dalle misure
restrittive e, nelle more della conversione del decreto-legge, non si
sarebbero cristallizzate situazioni giuridiche pregiudizievoli per la
parte ricorrente. Sostiene, peraltro,  la  difesa  statale  che,  per
spirito di leale collaborazione, la Regione Veneto avrebbe ben potuto
rinunciare ai primi due ricorsi a seguito  del  deposito  dell'ultimo
(reg. ric. n. 82 del 2020): risultando inutile la  discussione  sulla
presunta invasione di attribuzioni regionali quando sarebbe in vigore
una disciplina legislativa che concerne i Comuni veneti. 
    Come  nell'atto  di  costituzione,  inoltre,  la  difesa  statale
ribadisce la carenza di legittimazione ad agire della Regione Veneto,
per non aver indicato  quali  ripercussioni  si  produrrebbero  sulle
prerogative regionali. 
    9.2.- Infine, la memoria rileva la non fondatezza  delle  censure
promosse, ribadendo, nella sostanza, le ragioni esposte nell'atto  di
costituzione. 
    10.- In pari data, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha
depositato ulteriore memoria in riferimento  al  ricorso  n.  82  del
2020, insistendo  nelle  conclusioni  gia'  rassegnate  nell'atto  di
costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione  Veneto  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 112 del decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34
(Misure  urgenti  in  materia  di  salute,  sostegno  al   lavoro   e
all'economia, nonche' di  politiche  sociali  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 118
e 119  della  Costituzione  (reg.  ric.  n.  60  del  2020);  nonche'
dell'art. 112, commi 1 e 1-bis, in riferimento agli artt. 3, 5,  114,
118 e 119 Cost., e dell'art. 112-bis, in riferimento agli artt. 3, 5,
97, 114, 118  e  119  Cost.,  dello  stesso  d.l.  n.  34  del  2020,
convertito, con modificazioni, nella legge  17  luglio  2020,  n.  77
(reg. ric. n. 82 del 2020). 
    2.- La Regione Veneto, con altro e distinto ricorso (reg.  confl.
enti n. 4 del 2020), ha altresi' promosso conflitto  di  attribuzione
nei confronti del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  sorto  a
seguito dell'avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 129, serie generale, del 20 maggio 2020,  con  il
quale si e' corretto il testo dell'art. 112 del d.l. n. 34 del  2020,
chiedendo a questa Corte di dichiarare che non  spettava  allo  Stato
adottare tale avviso, per modificare un atto avente forza di legge, e
che deve pertanto essere annullato per violazione degli artt. 77,  3,
5, 97, 114, 118 e 119 Cost. 
    Giudizio,  questo,  che   la   ricorrente   ritiene   logicamente
pregiudiziale rispetto ai ricorsi  promossi  in  via  principale,  in
quanto l'eventuale dichiarazione che non spettava allo Stato adottare
il citato avviso e il contestuale  annullamento  dell'atto  impugnato
renderebbero superfluo l'esame delle censure contenute nel ricorso n.
60 del 2020 e aventi ad oggetto l'art. 112 del d.l. n. 34 del 2020. 
    3.- Stante la evidente connessione soggettiva ed oggettiva fra  i
giudizi di legittimita' costituzionale ed il giudizio  per  conflitto
di attribuzione, questi possono essere riuniti  e  decisi  con  unica
sentenza. 
    4.-  Al  fine  di  analizzare   le   impugnazioni   promosse   e'
preliminarmente opportuno delineare le vicende  normative  che  hanno
riguardato le disposizioni impugnate. 
    L'art. 112 del d.l. n. 34 del 2020,  nella  versione  originaria,
prevedeva (e prevede tuttora) la  costituzione  presso  il  Ministero
dell'interno di un fondo per l'anno 2020 al  quale  avrebbero  potuto
accedere i Comuni delle Province di cui «al comma 6 dell'articolo  18
del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23», recante «Misure  urgenti  in
materia di accesso  al  credito  e  di  adempimenti  fiscali  per  le
imprese,  di  poteri  speciali  nei   settori   strategici,   nonche'
interventi in materia di salute  e  lavoro,  di  proroga  di  termini
amministrativi e processuali», ossia le Province di Bergamo, Brescia,
Cremona, Lodi, Piacenza, «nonche' i  comuni  dichiarati  zona  rossa,
sulla base di provvedimenti statali o regionali, entro  il  3  maggio
2020 per almeno trenta giorni consecutivi». 
    Con l'avviso di rettifica pubblicato in  G.U.  n.  129  del  2020
(d'ora in avanti: avviso di rettifica), vengono corrette la rubrica e
il testo dell'impugnato art. 112, sopprimendo, nella prima, le parole
«e comuni dichiarati zona rossa» e, al comma  1,  primo  periodo,  le
parole «nonche'  i  comuni  dichiarati  zona  rossa,  sulla  base  di
provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per  almeno
trenta giorni consecutivi». 
    A seguito dell'avviso di rettifica, pertanto, l'art. 112, recante
la (nuova)  rubrica  «Fondo  comuni  ricadenti  nei  territori  delle
province di  Bergamo,  Brescia,  Cremona,  Lodi  e  Piacenza»,  cosi'
dispone:  «1.  [i]n   considerazione   della   particolare   gravita'
dell'emergenza sanitaria da COVID-19  che  ha  interessato  i  comuni
delle province di cui al comma 6 dell'articolo 18 del decreto legge 8
aprile 2020, n. 23, e' istituito presso il Ministero dell'interno  un
fondo con una dotazione di 200 milioni di euro per  l'anno  2020,  in
favore dei predetti comuni. Con decreto del  Ministero  dell'interno,
da adottarsi entro 10 giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, e' disposto il riparto del  contributo  di  cui  al
primo periodo  sulla  base  della  popolazione  residente.  I  comuni
beneficiari devono destinare le risorse di cui al periodo  precedente
ad interventi di sostegno di carattere economico e  sociale  connessi
con  l'emergenza  sanitaria  da  COVID-19.  All'onere  derivante  dal
presente articolo, pari a 200 milioni di euro  per  l'anno  2020,  si
provvede ai sensi dell'articolo 265». 
    Il testo, cosi' modificato, e' stato oggetto di  conversione  con
la legge n. 77 del 2020, e, in sostanza,  l'oggetto  di  impugnazione
del ricorso n. 60 del 2020  e'  rimasto  invariato,  coincidendo  con
l'art. 112, comma 1, del d.l. n. 34 del  2020,  come  convertito  (e'
stato modificato  solo  lo  stanziamento  complessivo  del  fondo  in
conseguenza della modifica introdotta dal comma 1-bis, di cui  subito
appresso si dira'). 
    In sede parlamentare, all'art. 112 del d.l. n.  34  del  2020  e'
stato inserito anche  il  comma  1-bis,  che  prevede  un  contributo
specifico, pari a 500.000 euro, per il Comune  di  San  Colombano  al
Lambro e, di conseguenza, lo stanziamento complessivo  del  fondo  di
cui all'art. 112, comma 1, del citato decreto-legge,  e'  passato  da
200 a 200,5 milioni di euro. 
    Sempre in sede di conversione, si e' aggiunto l'art. 112-bis,  il
quale  ha  istituito,  nello  stato  di  previsione   del   Ministero
dell'interno, un fondo di 40 milioni per i Comuni  non  compresi  tra
quelli previsti dall'art. 112, comma 1, finalizzato al  finanziamento
di interventi di sostegno di carattere economico e sociale in  favore
dei Comuni particolarmente colpiti  dall'emergenza  sanitaria  (comma
1), che, ai sensi del comma 3,  deve  essere  ripartito  «sulla  base
della popolazione residente, dei comuni individuati come zona rossa o
compresi in  una  zona  rossa  in  cui,  per  effetto  di  specifiche
disposizioni statali o  regionali  applicabili  per  un  periodo  non
inferiore a quindici giorni, e' stato imposto il divieto di accesso e
di allontanamento a tutti gli individui comunque ivi presenti; per  i
restanti comuni, si tiene  conto  dell'incidenza,  in  rapporto  alla
popolazione residente, del numero dei casi di contagio e dei  decessi
da COVID-19 comunicati dal Ministero della salute e accertati fino al
30 giugno 2020». 
    5.- In via del tutto preliminare, occorre rilevare che, in  tutti
i giudizi promossi, la Regione Veneto  agisce  a  tutela,  sia  delle
proprie  attribuzioni,  sia  di  quelle  dei  Comuni  esclusi   dalla
ripartizione delle somme del fondo istituito dall'art. 112  del  d.l.
n. 34 del 2020, cosi' come modificato dal citato avviso di rettifica.
Circostanza, quest'ultima, che non pone problema alcuno  in  tema  di
legittimazione ad agire, potendo  le  Regioni  denunciare  davanti  a
questa Corte la lesione delle prerogative costituzionali  degli  enti
locali (ex multis, sentenze n. 195 del 2019, n. 17 del 2018 e n.  205
del 2016). 
    6.- Seguendo l'ordine prescelto dalla ricorrente vanno  esaminate
per prime le doglianze esposte in sede di conflitto  di  attribuzione
tra enti. 
    6.1.- Secondo la Regione Veneto, l'avviso di  rettifica,  con  il
quale si e' corretto il testo dell'art. 112 del d.l. n. 34 del  2020,
avrebbe menomato le attribuzioni regionali e dovrebbe pertanto essere
annullato per violazione dell'art. 77 Cost., «nonche' degli artt.  3,
5, 97, 114, 118 e 119 Cost.», previa dichiarazione che  non  spettava
allo Stato modificare il citato art. 112 attraverso uno strumento non
legislativo. 
    6.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  in   primo   luogo,
eccepisce l'inammissibilita' del conflitto per carenza di interesse a
ricorrere. 
    Il resistente afferma, infatti, che le  provvidenze  finanziarie,
che si assumono sottratte ai Comuni veneti ricadenti in "zona rossa",
in conseguenza della correzione della rubrica e del  testo  dell'art.
112 del d.l. n. 34 del 2020, sono state  invece  destinate  a  questi
ultimi mediante  l'art.  112-bis  dello  stesso  decreto-legge,  come
convertito. Tale articolo riguarderebbe lo  stanziamento  di  risorse
proprio in favore dei Comuni particolarmente  colpiti  dall'emergenza
sanitaria, ma non rientranti tra quelli beneficiari delle  previsioni
di cui all'articolo precedente. Sarebbero, cosi', prive di fondamento
le censure secondo cui, a seguito della rettifica operata  sul  testo
dell'art. 112 del citato  decreto-legge,  si  sarebbero  in  concreto
prodotte la violazione delle prerogative regionali e la disparita' di
trattamento tra le  popolazioni  locali  maggiormente  colpite  dalla
pandemia. 
    L'eccezione non puo' essere accolta. 
    E' pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, a  rilevare
nel  conflitto  fra  enti,  e'  l'interesse  all'accertamento   della
violazione   o   menomazione   del   riparto   costituzionale   delle
attribuzioni (fra le tante, sentenze n. 255 del 2019  e  n.  198  del
2017), interesse che si sostanzia nella rimozione della situazione di
incertezza in ordine a tale riparto, al punto che  irrilevanti  sono,
sia l'esaurimento degli effetti  dell'atto  impugnato,  sia  piu'  in
generale le sopravvenienze di fatto in corso di giudizio. 
    6.3.- In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei  ministri
ritiene il conflitto  inammissibile  in  quanto  la  Regione  Veneto,
rispetto a tutti i parametri  evocati,  non  avrebbe  prospettato  la
lesione di una propria sfera di attribuzioni, ma si sarebbe  limitata
a generiche recriminazioni. 
    L'eccezione deve essere accolta. 
    Secondo il costante orientamento  di  questa  Corte,  le  Regioni
«possono proporre ricorso per  conflitto  di  attribuzioni,  a  norma
dell'art. 39, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n.  87,  quando
esse lamentino non una qualsiasi  lesione,  ma  una  lesione  di  una
propria competenza costituzionale» (sentenze n. 380 del 2007 e n.  27
del 1996). Se  cio'  non  si  verifichi,  «e  tuttavia  si  prospetti
l'illegittimo uso di un  potere  statale  che  determini  conseguenze
avvertite come negative dalle Regioni, ma non tali  da  alterare»  la
ripartizione costituzionale delle competenze (ex multis, sentenze  n.
28 del 2018, n. 263 del 2014 e n. 380 del 2007) o, comunque  sia,  se
non vengano date prova e adeguata motivazione di tale alterazione, il
conflitto non puo' ritenersi ammissibile. 
    Sebbene l'oggetto del  conflitto  sia  duplice  (identificandosi,
tanto nella questione sulla competenza, quanto nell'atto del quale si
chiede l'annullamento), la sostanza del conflitto di attribuzione  si
identifica sempre, infatti, nella questione di competenza,  per  come
esplicata in concreto e non nella prospettazione di  essa,  per  come
attribuita in astratto. Le attribuzioni che  vengono  in  rilievo  in
sede di conflitto non possono considerarsi, quindi, quale mera  causa
petendi,  ma  concretano  il  "bene  della  vita"  controverso,   non
potendosi mai risolvere il  conflitto  in  un  giudizio  a  carattere
meramente impugnatorio. 
    Sulla base di  tali  presupposti,  il  conflitto  deve  ritenersi
inammissibile con riguardo a tutti i parametri  evocati.  La  Regione
Veneto, infatti, per alcuni di essi (ossia gli artt. 5, 114, 77 e  97
Cost.)  si  e'  limitata  a  denunciarne  la  violazione   ad   opera
dell'avviso di rettifica senza indicare  quali  siano  le  competenze
costituzionali incise e in qual modo la denunciata illegittimita' del
citato avviso si rifletta su di esse; riguardo agli altri  (artt.  3,
118 e 119 Cost.), si e', invece, limitata, a tutto concedere, ad  una
generica e potenziale prospettazione delle competenze  costituzionali
coinvolte nel caso di specie, non avendo in alcun modo dimostrato gli
effetti concreti che la denunciata illegittimita' dell'atto impugnato
avrebbe prodotto su di esse. 
    6.4.-   Il   conflitto,   pertanto,   deve   essere    dichiarato
inammissibile. 
    Questa Corte, tuttavia, non puo' non rilevare le conseguenze  che
possono aversi sul sistema delle fonti ove non  venga  rispettato  il
confine  tra  le  correzioni  di  errori  materiali  e  le  modifiche
normative vere e proprie, le quali devono essere operate, ovviamente,
seguendo in modo rigoroso le forme che  l'ordinamento  costituzionale
prescrive. 
    7.- Con riguardo ai ricorsi in via principale, la Regione Veneto,
in primo luogo, impugna gli artt. 112 del d.l. n. 34 del 2020 e  112,
comma   1,   del   citato   decreto-legge,   come   convertito,   con
modificazioni, in legge n. 77 del 2020, per violazione degli artt. 3,
5, 114, 118 e 119 Cost. e, lamentando  l'illegittima  esclusione  dal
fondo istituito dalla citate norme dei Comuni di  Padova,  Treviso  e
Venezia,  chiede  a  questa  Corte  di  dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni impugnate nella parte  in  cui  non
prevedono che  siano  ammessi  a  beneficiare  del  fondo  da  queste
istituito per l'anno 2020 «i Comuni dichiarati zona rossa, sulla base
di provvedimenti statali o regionali, entro  il  3  maggio  2020  per
almeno trenta giorni consecutivi»,  in  base  alla  formola  adoprata
nella versione antecedente alla suddetta  rettifica  «oppure  secondo
altra formulazione indicata dalla Corte stessa». 
    La   ricorrente,   in   sostanza,   denuncia   l'irragionevolezza
dell'esclusione  dei  Comuni  ricadenti  nelle  "zone  rosse"   delle
Province di Padova, Treviso e Venezia, in quanto questi  verserebbero
nelle medesime condizioni degli enti inclusi tra i destinatari  delle
risorse del fondo istituito dalle disposizioni impugnate e  avrebbero
pertanto dovuto ricevere trattamento  eguale  a  quello  riservato  a
questi ultimi. Dall'illegittima esclusione - e quindi  dal  contrasto
con l'art. 3,  primo  comma,  Cost.  -  deriverebbero  la  violazione
dell'autonomia amministrativa (art. 118 Cost.)  e  finanziaria  (art.
119 Cost.), tanto dei Comuni rientranti  nelle  menzionate  Province,
quanto  della  Regione,   nonche'   la   violazione   del   principio
autonomistico (art. 5 Cost.) e  del  coordinamento  imparziale  delle
competenze (art. 114 Cost.). 
    7.1.- Sulle richiamate impugnazioni, in via preliminare,  occorre
mettere in evidenza che, in sede di conversione, il testo, cosi' come
risultante dalla rettifica operata in data 20 maggio,  dell'art.  112
del d.l. n. 34 del 2020, pur divenendo l'art. 112, comma  1,  non  ha
subito modifiche di rilievo. 
    7.2.- In primo luogo, da cio' deriva  che,  in  riferimento  alle
questioni promosse sull'art. 112 del d.l. n. 34 del 2020, l'eccezione
di inammissibilita' per carenza di interesse sollevata dal Presidente
del Consiglio dei ministri (punto 2.1. del  Ritenuto  in  fatto)  non
puo' essere accolta. Cio' in quanto le modifiche operate in  sede  di
conversione sulla  disposizione  impugnata  non  hanno  inciso  sulla
portata precettiva dell'art. 112 del d.l. n. 34 del 2020,  nella  sua
versione precedente alla conversione in legge. Per le stesse  ragioni
(e in modo del tutto conseguente) non sussistono  i  presupposti  per
dichiarare la cessazione della materia  del  contendere  (cosi'  come
chiesto - punto 9.1. del Ritenuto in fatto - dallo stesso  Presidente
del Consiglio dei ministri nella memoria  depositata  in  prossimita'
dell'udienza). 
    7.3.- In secondo luogo, lo scrutinio va condotto  sull'art.  112,
comma 1, del d.l. n. 34 del 2020,  come  convertito,  tenendo  conto,
pero',  delle  ragioni  esposte  in  entrambi  i  ricorsi,   peraltro
coincidenti (in senso analogo: sentenze n. 5 del  2018,  n.  216  del
2008 e n. 430 del 2007). 
    In altri termini, pur se il riferimento  e'  al  solo  art.  112,
comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, le  argomentazioni
che seguono devono intendersi riferite anche al d.l. n. 34 del  2020,
ossia alla disposizione rettificata e vigente fino al  momento  della
conversione. 
    8.-  Il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   ritiene
inammissibili le questioni promosse in riferimento all'impugnato art.
112, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, in quanto  la
ricorrente  si  sarebbe  limitata  a  generiche  contestazioni,   non
indicando  le  ripercussioni  reali,  che  si  sarebbero   verificate
nell'esercizio    delle    proprie    prerogative     costituzionali,
sull'autonomia  amministrativa  e  finanziaria.   In   sostanza,   il
resistente denuncia un difetto di motivazione sulla ridondanza  delle
lamentate violazioni sulle competenze regionali e degli enti locali. 
    L'eccezione deve essere accolta. 
    8.1.- Questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire che le  Regioni
«possono evocare parametri di  legittimita'  diversi  da  quelli  che
sovrintendono al riparto di attribuzioni solo  quando  la  violazione
denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione  delle
loro  attribuzioni  costituzionali  e  le  stesse  regioni   motivino
sufficientemente in ordine ai profili  di  una  possibile  ridondanza
della predetta  violazione  sul  riparto  di  competenze,  assolvendo
all'onere  di  operare  la  necessaria  indicazione  della  specifica
competenza regionale che ne risulterebbe offesa e  delle  ragioni  di
tale lesione (ex plurimis, sentenze n. 151 del 2017, n. 147 e  n.  29
del 2016, n. 251, n. 218 e n. 89 del 2015)» (cosi' sentenza n. 56 del
2020). 
    In precedenti occasioni questa Corte, poi, ha «ritenuto possibile
motivare  la  ridondanza  di   questioni   sollevate   su   parametri
costituzionali che non riguardano la ripartizione di  competenze  tra
Stato e Regioni anche tramite l'indicazione dell'art. 119 Cost.».  Si
e' precisato, tuttavia, che in tali ipotesi  e'  «necessario  che  la
ricorrente argomenti  in  concreto  in  relazione  all'entita'  della
compressione finanziaria lamentata  e  alla  sua  concreta  incidenza
sull'attivita' di competenza regionale (ex multis, sentenze n. 83, n.
68, n. 64 e n. 43 del 2016 e n. 36 del 2014)» (cosi' sentenza  n.  79
del 2018 e, in senso analogo, sentenza n. 194 del 2019). 
    Su tali basi, sono stati dichiarati inammissibili  i  ricorsi  in
cui «i lamentati effetti negativi sulle finanze della ricorrente sono
generici e congetturali e, conseguentemente,  del  tutto  astratta  e
immotivata  e'  [anche]  la  pretesa  lesione  dell'esercizio   delle
funzioni amministrative regionali» (cosi', ancora, sentenza n. 79 del
2018 e, in senso analogo, sentenza n. 194 del 2019). 
    8.1.1.-  Le  censure  della  Regione  Veneto  non  rispettano   i
requisiti tracciati dalla giurisprudenza di questa Corte. 
    Come messo in evidenza, nelle proprie difese, dal Presidente  del
Consiglio dei ministri, la ricorrente, nel sollevare  le  censure  in
riferimento a parametri costituzionali diversi da quelli attinenti al
riparto di competenze tra Stato e Regioni, motiva in modo generico  e
apodittico  sulle  ragioni  per  le  quali  le   pretese   violazioni
ridonderebbero sulle attribuzioni  dei  Comuni  veneti  e  su  quelle
proprie. 
    Non  puo',  infatti,  certo  ritenersi  sufficiente  la  generica
affermazione operata dalla Regione Veneto che le competenze coinvolte
sono quella amministrativa e quella finanziaria, nulla dicendo  sulla
prima e limitandosi a sostenere, riguardo alla  seconda,  che,  se  i
Comuni delle Province di Treviso,  Padova  e  Venezia  fossero  stati
ammessi ai benefici, questi ultimi sarebbero stati iscritti  in  «una
posta di bilancio» alla voce «"interventi di  sostegno  di  carattere
economico e sociale connessi con l'emergenza sanitaria Covid-19"». 
    Neppure le rilevate lacune nelle motivazioni del ricorso  possono
essere colmate dalle memorie illustrative depositate  in  prossimita'
dell'udienza (in senso analogo, da ultimo, sentenza n. 56 del  2020),
nelle quali, ad ogni modo, la  ricorrente  non  e'  andata  oltre  la
insufficiente indicazione  delle  competenze  regionali,  richiamando
peraltro ambiti di competenza differenti da  quelli  individuati  nel
ricorso. 
    8.2.- Deve, pertanto, concludersi  per  l'inammissibilita'  delle
questioni aventi ad oggetto l'art. 112 del d.l.  n.  34  del  2020  e
l'art. 112, comma 1, del  d.l.  n.  34  del  2020,  come  convertito,
promosse in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 118 e 119 Cost. 
    9.- La Regione Veneto impugna anche l'art. 112, comma 1-bis,  del
d.l. n. 34 del 2020,  come  convertito,  che  prevede  un  contributo
specifico, pari a 500.000 euro, per il Comune  di  San  Colombano  al
Lambro. 
    Secondo la ricorrente, l'impugnata disposizione perpetuerebbe  la
disparita' di trattamento nei confronti dei Comuni veneti  rientranti
nelle Province di Padova, Treviso e Venezia, cosi' violando gli artt.
3, 5, 114, 118 e 119 Cost.; parametri rispetto ai  quali  la  Regione
motiva mediante rinvio alle argomentazioni gia'  spese  in  relazione
all'art. 112, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. 
    9.1.- Le censure mosse all'art. 112, comma 1-bis, del d.l. n.  34
del 2020, come convertito, non esprimono reali margini di  autonomia,
dimostrandosi soltanto quali meri argomenti a sostegno delle  ragioni
di incostituzionalita' espresse in riferimento all'art. 112, comma 1,
del citato decreto-legge, delle quali, pertanto, condividono la sorte
della dichiarazione di inammissibilita'. 
    9.2.- Deve, pertanto, concludersi  per  l'inammissibilita'  delle
questioni aventi ad oggetto l'art. 112, comma 1-bis, del d.l.  n.  34
del 2020, come convertito, promosse in riferimento agli artt.  3,  5,
114, 118 e 119 Cost. 
    10.- Da ultimo, la Regione Veneto impugna l'art. 112-bis del d.l.
n. 34 del 2020, come convertito, in relazione agli artt.  3,  5,  97,
114, 118 e 119 Cost. 
    La  ricorrente  ritiene   costituzionalmente   illegittima   tale
disposizione, perche' i Comuni veneti rientranti  nelle  Province  di
Treviso, Padova e Venezia, gia' illegittimamente  esclusi  dal  fondo
previsto dall'art. 112, comma 1, del citato decreto-legge,  sarebbero
stati declassati «a  Comuni  particolarmente  colpiti  dall'emergenza
sanitaria», e, pertanto, destinati a fruire a titolo preferenziale in
sede di riparto di un fondo da 40 milioni. 
    Da   cio'   risulterebbe   in   modo   «[e]vidente    [...]    la
discriminazione,  quale  effetto  di  assimilazioni  di   fattispecie
disomogenee, che implicano la denunciata  violazione»  degli  evocati
«parametri  costituzionali  (nei  termini  indicati  sub  A)»,  ossia
secondo le argomentazioni svolte in riferimento all'art.  112,  comma
1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. 
    Anche tali questioni sono inammissibili. 
    Come si e' ricordato, le censure sull'impugnato art. 112-bis sono
espressamente motivate mediante rinvio a quelle rivolte all'art. 112,
comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, e pertanto ad esse
non possono  che  estendersi  le  ragioni  di  inammissibilita'  gia'
rilevate in relazione alle questioni aventi ad  oggetto  tale  ultima
disposizione. E' del pari  inammissibile  la  questione  promossa  in
riferimento all'art. 97 Cost. (parametro evocato solo per  il  citato
art. 112-bis), perche'  anche  rispetto  a  questo  (punto  3.3.  del
Ritenuto in fatto) la ricorrente non ha adeguatamente assolto l'onere
di motivazione richiesto  in  ordine  ai  profili  di  una  possibile
ridondanza sul riparto di competenze. 
    10.1.- Devono, pertanto, dichiararsi inammissibili  le  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 112-bis del d.l. n.  34  del
2020, come convertito, promosse in riferimento agli artt. 3,  5,  97,
114, 118 e 119 Cost.