ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  438,
comma 6, e 458, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal
Tribunale ordinario di Lecce nel procedimento penale a carico  di  L.
P., con ordinanza del 9  settembre  2020,  iscritta  al  n.  176  del
registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Udito nella camera di consiglio del 12  maggio  2021  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 9 settembre 2020 il Tribunale ordinario  di
Lecce ha sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 438, comma 6, e 458, comma 2, del codice di  procedura  penale,
in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione,  «nella  parte
in cui non prevedono che, nel caso in cui il Gip rigetti la richiesta
di    giudizio    abbreviato    condizionato,    l'imputato     possa
tempestivamente, nella  fase  dedicata  alle  questioni  preliminari,
riproporre  la  richiesta  di  rito  alternativo   al   Giudice   del
dibattimento, e che questo possa sindacare la decisione  del  Gip  ed
ammettere il rito chiesto dall'imputato». 
    Il Tribunale  rimettente  sta  procedendo  nei  confronti  di  un
imputato il quale, dopo essere stato rinviato a giudizio con  decreto
che disponeva il giudizio immediato, aveva  tempestivamente  proposto
al  giudice  per  le  indagini  preliminari  richiesta  di   giudizio
abbreviato condizionata all'acquisizione delle indagini  difensive  e
all'audizione di un testimone.  La  richiesta,  tuttavia,  era  stata
respinta dal giudice per le indagini preliminari, che aveva  ritenuto
tale integrazione probatoria incompatibile con le caratteristiche del
rito e non necessaria  ai  fini  della  decisione.  L'imputato  aveva
quindi riproposto la richiesta al Tribunale in  sede  di  trattazione
delle questioni preliminari all'apertura del dibattimento. 
    Ritiene il Collegio rimettente che tale richiesta dovrebbe essere
rigettata, atteso che il nuovo testo dell'art.  438,  comma  6,  cod.
proc. pen., come  modificato  dalla  legge  12  aprile  2019,  n.  33
(Inapplicabilita' del giudizio abbreviato ai delitti  puniti  con  la
pena dell'ergastolo) e in quanto implicitamente richiamato  dall'art.
458,  comma  2,  cod.  proc.  pen.,  non   contemplerebbe   piu'   la
possibilita' di riproposizione dell'istanza  di  giudizio  abbreviato
condizionato al giudice del  dibattimento,  a  suo  tempo  introdotta
dalla sentenza di questa Corte n. 169 del 2003. 
    Tale mancata previsione si risolverebbe, secondo i principi  gia'
enunciati in quell'occasione da questa Corte, in un vulnus al diritto
di difesa, di cui la richiesta di  giudizio  abbreviato  condizionato
sarebbe  una  delle  possibilita'  di  esercizio,  nonche'   in   una
violazione dei «criteri di economicita' processuale propri  del  rito
alternativo e peraltro coerenti col principio  di  cui  all'art.  111
della Costituzione». 
    2.- Nel giudizio avanti a questa  Corte  non  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ne'  si   e'   costituito
l'imputato. 
    3.- Con nota del 15 febbraio 2021,  pervenuta  il  successivo  26
febbraio, il Presidente della sezione  procedente  del  Tribunale  di
Lecce  ha  comunicato  a  questa  Corte  -   «affinche'   assuma   le
determinazioni del caso, anche in punto di rilevanza della  sollevata
questione» - di avere disposto la prosecuzione della trattazione  del
processo, fissando all'uopo l'udienza del 24  marzo  2021,  «[a]ttesa
l'esigenza di anticipare la trattazione» del giudizio a  quo,  «anche
in considerazione dello stato cautelare cui e' attualmente sottoposto
l'imputato»,  e  «[c]onsiderato  che  la   sollevata   questione   di
legittimita'  costituzionale  puo'  ritenersi  superata  dalla   gia'
intervenuta pronuncia sulla medesima questione [...] con sent.  Corte
Cost. n. 169/2003,  sulla  cui  portata  non  ha  inciso  la  novella
relativa all'art. 438 c.p.p. recata dalla L. n. 33/2019, inerente  il
diverso  fenomeno  dell'inammissibilita'  della  richiesta,  non   in
rilievo nel caso di specie». 
    Il 27 maggio 2021 il Tribunale rimettente  ha  inviato  a  questa
Corte una seconda nota, pervenuta il successivo 7 giugno, comunicando
di  avere  pronunciato  il  28  aprile  2021,  in  esito  a  giudizio
abbreviato, sentenza di condanna dell'imputato alla pena di tre  anni
e quattro  mesi  di  reclusione,  allegando  alla  nota  copia  della
sentenza stessa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale  ordinario
di Lecce ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 438, comma 6, e 458, comma 2, del codice di  procedura  penale,
in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione,  «nella  parte
in cui non prevedono che, nel caso in cui il Gip rigetti la richiesta
di    giudizio    abbreviato    condizionato,    l'imputato     possa
tempestivamente, nella  fase  dedicata  alle  questioni  preliminari,
riproporre  la  richiesta  di  rito  alternativo   al   Giudice   del
dibattimento, e che questo possa sindacare la decisione  del  Gip  ed
ammettere il rito chiesto dall'imputato». 
    2.- In via preliminare, merita sottolineare che il  provvedimento
con il quale il Presidente della sezione procedente del Tribunale  di
Lecce ha disposto la prosecuzione del giudizio a  quo  nonostante  la
pendenza del presente incidente di  costituzionalita'  non  elide  la
perdurante  rilevanza  delle  questioni  prospettate   dal   Collegio
rimettente. Dall'art.  18  delle  Norme  integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale  si  desume  infatti  un  principio
generale di autonomia del giudizio incidentale di  costituzionalita',
che  come  tale  non  risente  delle  vicende  di  fatto   successive
all'ordinanza di rimessione (ex multis, sentenza n.  270  del  2020);
sicche' la rilevanza delle  questioni  rispetto  alla  decisione  del
processo a quo deve essere  vagliata  ex  ante,  con  riferimento  al
momento della prospettazione delle questioni stesse (sentenza  n.  84
del 2021), e permane anche nell'ipotesi patologica in cui il  giudice
procedente - revocando l'ordinanza di sospensione del processo a  quo
durante lo svolgimento dell'incidente di  costituzionalita'  -  abbia
successivamente  ritenuto  di  poter  decidere  a  prescindere  dalla
decisione della Corte. 
    Questa Corte non puo' peraltro esimersi dal rilevare  come  detto
provvedimento contrasti con quanto  disposto  dall'art.  23,  secondo
comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla  costituzione  e
sul funzionamento della Corte costituzionale);  cio'  che  impone  la
trasmissione degli atti del presente giudizio al Procuratore generale
presso la Corte di cassazione  per  gli  eventuali  provvedimenti  di
competenza. 
    3.- Le questioni sono inammissibili, in ragione della  erroneita'
delle premesse interpretative da cui muove il giudice a quo, il quale
lamenta una lacuna in realta'  insussistente,  stante  la  perdurante
operativita' della  sentenza  n.  169  del  2003  in  relazione  alle
disposizioni censurate (sull'inammissibilita' di questioni relative a
disposizioni  gia'  dichiarate   costituzionalmente   illegittime   e
pertanto  divenute  prive  di  oggetto,  si   vedano   ex   plurimis,
recentemente, ordinanze n. 125 e n. 105 del 2020). 
    3.1.-  I  dubbi  del  giudice  rimettente  si  incentrano   sulla
possibilita' per l'imputato, prima della  dichiarazione  di  apertura
del dibattimento, di riproporre  la  richiesta,  gia'  rigettata  dal
giudice  per  le  indagini  preliminari,   di   giudizio   abbreviato
condizionata a una integrazione probatoria. 
    3.1.1.-  Come  e'  noto,  la  richiesta  di  giudizio  abbreviato
cosiddetta "condizionata" e' stata introdotta, nell'attuale  comma  5
dell'art. 438 cod. proc. pen., dall'art. 27 della legge  16  dicembre
1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al
tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice  di
procedura  penale.  Modifiche  al  codice  penale  e  all'ordinamento
giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile  pendente,
di indennita' spettanti ai giudici  di  pace  e  di  esercizio  della
professione forense), nota come "legge Carotti". A  differenza  della
richiesta di giudizio  abbreviato  incondizionata,  disciplinata  dal
comma 1 del medesimo art. 438 cod. proc. pen. e corrispondente  a  un
vero e proprio diritto potestativo dell'imputato, essa e' subordinata
all'assenso del  GIP,  il  quale  deve  valutare  «se  l'integrazione
probatoria richiesta risulta necessaria ai  fini  della  decisione  e
compatibile con le finalita'  di  economia  processuale  proprie  del
procedimento,   tenuto   conto   degli   atti   gia'   acquisiti   ed
utilizzabili». 
    Ai sensi  del  successivo  comma  6,  la  richiesta  di  giudizio
abbreviato  condizionata  -  gia'  rigettata   dal   GIP   all'inizio
dell'udienza preliminare - puo' essere riproposta innanzi allo stesso
GIP «fino al termine previsto dal comma 2», e cioe'  sino  a  che  le
parti non abbiano formulato le rispettive conclusioni. 
    Su tale disciplina e' intervenuta la sentenza n. 169 del 2003  di
questa Corte, che ha  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  il
comma 6 «nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della
richiesta di giudizio  abbreviato  subordinata  ad  una  integrazione
probatoria, l'imputato  possa  rinnovare  la  richiesta  prima  della
dichiarazione di apertura  del  dibattimento  di  primo  grado  e  il
giudice possa disporre il giudizio abbreviato». 
    In tal modo, la decisione del GIP di rigettare  la  richiesta  di
rito abbreviato condizionata  e'  stata  assoggettata  al  successivo
sindacato giurisdizionale del  giudice  del  dibattimento,  il  quale
potra' cosi' rivalutare - prima dell'apertura del dibattimento stesso
- se sussistano le condizioni indicate dall'art. 438, comma  5,  cod.
proc. pen. per definire il processo con il rito abbreviato: soluzione
che questa Corte  ha  ritenuto  imposta  da  ragioni  di  tutela  del
principio di eguaglianza  e  del  diritto  di  difesa  dell'imputato,
sottolineandone al contempo la  funzionalita'  all'obiettivo  -  esso
pure di rilievo costituzionale (art. 111, secondo comma, Cost.) -  di
risparmio di tempo e risorse per la giurisdizione. 
    3.1.2.- La medesima  disciplina  si  applica,  mutatis  mutandis,
nell'ipotesi in cui il rinvio a giudizio dell'imputato  sia  disposto
mediante decreto di giudizio immediato ex art. 455 cod.  proc.  pen.,
come accaduto nel processo a quo. 
    Ai sensi dell'art. 458 cod. proc.  pen.,  entro  quindici  giorni
dalla notificazione del decreto l'imputato puo' chiedere il  giudizio
abbreviato: in  forma  ordinaria,  ovvero  condizionando  la  propria
richiesta a una integrazione probatoria. In quest'ultimo caso, il GIP
puo' rigettare la richiesta in forza dell'art.  438,  comma  5,  cod.
proc. pen. (richiamato dal comma 2 dello stesso art. 458  cod.  proc.
pen.), allorche' ritenga che l'integrazione probatoria richiesta  non
sia necessaria ai fini della decisione, ovvero  non  sia  compatibile
con le finalita' di economia processuale proprie del rito abbreviato. 
    La gia' citata sentenza n. 169 del 2003 di questa  Corte  ha  poi
esteso al giudizio immediato la possibilita' di recuperare nelle fasi
preliminari del dibattimento la richiesta  di  rito  abbreviato  gia'
respinta dal GIP, dichiarando  costituzionalmente  illegittimo  anche
l'art. 458, comma 2, cod. proc.  pen.  -  nella  versione  modificata
dalla legge Carotti - «nella parte in cui non prevede che, in caso di
rigetto della richiesta di giudizio  abbreviato  subordinata  ad  una
integrazione probatoria,  l'imputato  possa  rinnovare  la  richiesta
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado
e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato». 
    3.2.- Entrambe le disposizioni incise dalla sentenza n.  169  del
2003 sono state oggetto di modifiche ad opera di leggi successive, le
quali non hanno espressamente incorporato nei testi risultanti  dalle
modifiche le addizioni operate da questa Corte ai testi originari. 
    Pur dovendosi rilevare che una espressa  incorporazione  di  tali
addizioni  sarebbe  stata  maggiormente  funzionale  a  garantire  la
certezza del diritto, in una materia cosi' densa di implicazioni  per
i diritti fondamentali come il processo penale, si deve  escludere  -
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo - che le modifiche
in parola abbiano inteso vanificare gli effetti della sentenza n. 169
del 2003: la quale resta dunque pienamente operante  con  riferimento
tanto all'art. 438, comma 6, quanto all'art. 458, comma 2, cod. proc.
pen. 
    3.2.1.- L'art. 438, comma 6, cod. proc. pen. e' stato formalmente
«sostituito» dall'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 12  aprile
2019, n. 33 (Inapplicabilita'  del  giudizio  abbreviato  ai  delitti
puniti con la pena dell'ergastolo), che ha integrato la  disposizione
previgente per tener  conto  del  divieto  di  disporre  il  giudizio
abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo, di cui al
nuovo comma 1-bis dell'art. 438  cod.  proc.  pen.  introdotto  dalla
stessa legge n. 33 del 2019. Il comma 6 nella versione oggi in vigore
consente  all'imputato  di  riproporre  la  richiesta   di   giudizio
abbreviato,  gia'  dichiarata  inammissibile   dal   GIP   all'inizio
dell'udienza  preliminare  ai  sensi  del  comma  1-bis,  fino   alla
formulazione  delle  conclusioni  nell'ambito  della  stessa  udienza
preliminare:  esattamente  come  avviene  nell'ipotesi  -   gia'   in
precedenza disciplinata dallo stesso comma 6 -  di  iniziale  rigetto
della richiesta di giudizio abbreviato condizionata. 
    La legge n. 33 del 2019 ha poi previsto,  al  nuovo  comma  6-ter
dell'art. 438 cod. proc.  pen.,  la  possibilita'  di  recuperare  in
dibattimento lo sconto di pena connesso al giudizio abbreviato,  gia'
dichiarato inammissibile dal GIP ai sensi del comma 1-bis,  allorche'
il  giudice,  all'esito  del  dibattimento  stesso,  ritenga  che  il
giudizio abbreviato sarebbe invece stato possibile  in  relazione  al
fatto cosi' come accertato. 
    Nulla ha, invece, espressamente disposto il legislatore del  2019
in relazione all'ipotesi del recupero in dibattimento della richiesta
di  rito  abbreviato  condizionata,  gia'   garantito   per   effetto
dell'addizione operata da questa Corte mediante la  sentenza  n.  169
del 2003. 
    Tale  silenzio  non  puo',  pero',   essere   interpretato   come
espressivo di una presunta volonta' del legislatore  di  derogare  al
decisum della sentenza n. 169 del 2003. E cio'  in  quanto  la  legge
modificatrice - nonostante la proclamata volonta' di "sostituire"  la
disposizione previgente  -  non  ha  in  effetti  abrogato  la  norma
espressa da tale disposizione,  ma  si  e'  limitata  ad  integrarla,
aggiungendo alla fattispecie processuale gia'  prevista  dal  vecchio
testo dell'art. 438, comma 6, cod. proc. pen.  e  rimasta  inalterata
nella  nuova  formulazione  (la  riproposizione  della  richiesta  di
giudizio abbreviato condizionato gia'  respinta  dal  GIP  all'inizio
dell'udienza  preliminare)  una  nuova  fattispecie  processuale  (la
riproposizione della richiesta di giudizio abbreviato gia' dichiarata
inammissibile dallo stesso GIP all'inizio  dell'udienza  preliminare,
per essere il reato contestato punito con l'ergastolo), assoggettando
entrambe alla medesima disciplina. L'aggiunta in parola non fa  venir
meno  la  continuita'  normativa  relativa  alla   fattispecie   gia'
esistente, ne' - conseguentemente - l'addizione operata,  rispetto  a
tale fattispecie, dalla sentenza n. 169 del 2003, che  ha  esteso  la
possibilita' per l'imputato di riproporre la  richiesta  di  giudizio
abbreviato condizionato anche al giudice del dibattimento, oltre  che
al GIP nel corso dell'udienza preliminare. 
    Mutuando qui la nota terminologia ulpianea, la legge  n.  33  del
2019 non ha, insomma, operato una "rimozione" (abrogatio) della norma
previgente,  bensi'   una   sua   mera   "modificazione   aggiuntiva"
(subrogatio),  lasciandone   inalterato   il   contenuto   precettivo
relativamente alla parte  non  modificata,  e  assicurando  cosi'  la
perdurante efficacia, senza  alcuna  soluzione  di  continuita',  del
dispositivo della sentenza n. 169 del 2003, che su  quella  norma  si
innestava. 
    L'opposta soluzione ermeneutica,  del  resto,  non  solo  sarebbe
incompatibile con gli artt. 3 e 24 Cost. per le ragioni gia' chiarite
dalla sentenza n. 169 del 2003, ma si scontrerebbe  frontalmente  con
l'art. 136 Cost., violando il giudicato costituzionale (cio'  che  in
effetti accadde nel caso deciso dalla sentenza n. 922 del  1988,  con
la quale fu dichiarata, per tale assorbente ragione, l'illegittimita'
costituzionale di una disposizione di diritto processuale penale  che
aveva  riprodotto   una   identica   disposizione   gia'   dichiarata
incostituzionale con sentenza additiva, il cui decisum il legislatore
non aveva tenuto in alcun conto). 
    3.2.2.- Considerazioni  non  dissimili  valgono  con  riferimento
all'altra disposizione oggetto dei dubbi del rimettente, l'art.  458,
comma 2, cod. proc. pen. 
    Anche tale disposizione e' stata formalmente "sostituita" da  una
norma successiva alla  sentenza  n.  169  del  2003,  e  precisamente
dall'art. 1, comma 47, della legge 23 giugno 2017, n. 103  (Modifiche
al codice penale, al codice di  procedura  penale  e  all'ordinamento
penitenziario"). Il nuovo comma  2  ha  pero'  mantenuto  inalterato,
rispetto al testo previgente, il suo periodo finale (da «Nel giudizio
si osservano» sino a «giudizio immediato»), che  contiene  il  rinvio
alla  disciplina  del  giudizio   abbreviato:   periodo   sul   quale
logicamente si innesta il dispositivo della sentenza n. 169 del 2003,
che sancisce la possibilita' di riproporre anche innanzi  al  giudice
del dibattimento la richiesta di  giudizio  abbreviato  condizionata,
gia' rigettata dal GIP. 
    Pure  in  questo  caso,  dunque,  deve   apprezzarsi   la   piena
continuita' normativa, prima  e  dopo  la  legge  n.  103  del  2017,
relativa  alla  parte  di  disposizione   rimasta   inalterata:   con
conseguente persistente efficacia del dispositivo della  sentenza  n.
169 del 2003. 
    3.3.- In definitiva, l'imputato che si  sia  visto  rigettare  la
richiesta di giudizio abbreviato condizionato - in  sede  di  udienza
preliminare,  ovvero  dopo  la  notifica  del  decreto  di   giudizio
immediato  -  puo'  riproporre  tale   richiesta   al   giudice   del
dibattimento prima della dichiarazione di apertura  del  dibattimento
medesimo, in forza della sentenza n. 169 del 2003: la quale  continua
a spiegare i propri effetti anche dopo le  modifiche  apportate  agli
artt. 438, comma 6, e 458, comma 2, cod. proc. pen., rispettivamente,
dalla legge n. 33 del 2019 e dalla legge n. 103 del 2017. 
    Dal che l'inammissibilita' delle questioni sollevate.