ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  44,  comma
4, dell'Allegato 1 (codice del processo  amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo  amministrativo),  promosso  dal  Consiglio  di
Stato, sezione quinta, nel procedimento vertente tra gli eredi di  M.
D.S.  e  il  Ministero   della   giustizia   nonche'   il   Ministero
dell'economia e delle finanze, con  ordinanza  del  20  aprile  2020,
iscritta al n. 108 del registro ordinanze  2020  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  37,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2020. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  M.  V.  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  25  maggio  2021  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    uditi l'avvocato Maria Laura Sodano Ferace per M. V. e l'avvocato
dello Stato Federica Varrone per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del  punto
1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 aprile 2020,  iscritta  al  n.  108  del
registro  ordinanze   2020,   il   Consiglio   di   Stato   in   sede
giurisdizionale, sezione quinta - nel corso  del  gravame  interposto
dagli eredi legittimi di M. D.S. avverso la decisione  del  Tribunale
amministrativo  regionale  per  la  Campania,  che  aveva   disatteso
l'impugnativa proposta contro l'atto ministeriale  di  riconoscimento
parziale dell'indennita' sostitutiva per  ferie  non  godute  dal  de
cuius, nella qualita'  di  magistrato  ordinario  in  servizio  -  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo  in  relazione  ai  «principi
generali  nella  materia   dell'equo   processo   e   agli   obblighi
internazionali  che  ne  derivano»  ai  sensi   dell'art.   6   della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,
questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  44,  comma  4,
dell'Allegato 1  (codice  del  processo  amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), limitatamente alle  parole  «,
se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da  causa
non imputabile al notificante,». 
    1.1.- Il rimettente riferisce che M. V., R. V., E. V. e M.G.  V.,
in qualita' di eredi legittimi di M. D.S., hanno  impugnato,  davanti
al TAR Campania,  il  provvedimento  del  Ministero  della  giustizia
adottato l'11 settembre  2014,  con  cui  l'istanza  di  liquidazione
dell'indennita'  per  ferie  non  godute  dal  de  cuius  era   stata
riconosciuta per  soli  14  giorni  relativi  all'ultimo  biennio  di
attivita' espletata, con un residuo non  liquidato  di  ulteriori  57
giorni. Il TAR adito ha respinto il ricorso con sentenza n. 1307  del
2019, appellata innanzi al rimettente. 
    1.2.- Il giudice a quo  evidenzia,  quindi,  che  il  ricorso  in
appello e'  stato  notificato  al  Ministero  della  giustizia  e  al
Ministero  dell'economia  e   delle   finanze   presso   gli   uffici
dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, e non presso  gli
uffici dell'Avvocatura generale  dello  Stato,  in  violazione  degli
artt. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del
testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza
e difesa in giudizio dello Stato e  sull'ordinamento  dell'Avvocatura
dello Stato),  e  25  del  codice  di  procedura  civile,  senza  che
all'esito  le  amministrazioni  intimate  si  siano   costituite   in
giudizio. 
    Per l'effetto, la notifica dell'atto di appello nei confronti  di
amministrazioni  statali   non   costituite,   sarebbe   nulla,   con
conseguente inammissibilita'  del  gravame,  poiche'  non  troverebbe
applicazione il principio di conservazione degli atti processuali per
conseguimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ. 
    1.3.- Il Consiglio di Stato osserva poi che, ai  sensi  dell'art.
44, comma 4, dell'Allegato 1 al d.lgs. n.  104  del  2010  (d'ora  in
avanti: cod. proc. amm.), nei casi in cui sia nulla la  notificazione
e il destinatario non si costituisca  in  giudizio,  il  giudice,  se
ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non
imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine  perentorio
per rinnovarla, impedendo la rinnovazione ogni decadenza. 
    Nel caso di  specie,  non  potrebbe  ravvisarsi  la  scusabilita'
dell'errore prevista dalla suddetta disposizione,  in  considerazione
del chiaro dettato normativo,  che  individua  l'Avvocatura  generale
dello Stato quale ufficio competente a ricevere la notifica. 
    1.4.- In punto di rilevanza, il Collegio rimettente sostiene che,
in virtu' dell'accertamento della nullita' della  notifica  dell'atto
di    appello,    della    mancata    costituzione    in     giudizio
dell'amministrazione  statale  intimata  e   della   non   dipendenza
dell'esito negativo della notificazione da causa  non  imputabile  al
notificante, l'applicazione della  norma  censurata  porterebbe  alla
inesorabile  declaratoria  di  inammissibilita'   dell'appello,   con
preclusione  dell'esame  nel  merito   delle   censure   proposte   e
conseguente consolidamento dell'atto impugnato. Viceversa, in caso di
accoglimento   delle   questioni   di   legittimita'   costituzionale
sollevate, potrebbe ordinarsi la rinnovazione della notificazione del
ricorso, che sanerebbe la nullita' e permetterebbe di  esaminare  nel
merito le doglianze proposte. 
    1.5.- Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice
a quo afferma che la norma denunciata violerebbe l'art. 76 Cost.  per
eccesso di delega. 
    Infatti, l'art. 44, comma 1, della legge 18 giugno  2009,  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile) stabilisce  che
«[i]l Governo e' delegato ad adottare, entro un anno  dalla  data  di
entrata  in  vigore  della  presente  legge,  uno  o   piu'   decreti
legislativi  per  il  riassetto  del  processo  avanti  ai  tribunali
amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare
le norme vigenti alla giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  e
delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice
di procedura civile in quanto espressione di principi generali  e  di
assicurare la concentrazione delle tutele». 
    Di seguito, il comma 2 indica, alla lettera a), tra i principi  e
criteri direttivi da seguire, quello di assicurare  la  «effettivita'
della tutela». 
    Tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte in  materia  di
eccesso di delega, il Collegio rimettente ritiene che la disposizione
con cui il legislatore delegato  ha,  in  modo  innovativo,  limitato
l'operativita' dell'efficacia sanante della rinnovazione in  caso  di
nullita' della notificazione, imponendo  al  giudice  il  preliminare
vaglio circa l'esistenza  dell'errore  scusabile  -  diversamente  da
quanto  avveniva  prima  dell'adozione  del   codice   del   processo
amministrativo ed avviene tuttora  nel  processo  civile,  in  quello
tributario ed  in  quello  contabile  -  non  possa  considerarsi  un
coerente sviluppo  o  un  completamento  delle  scelte  espresse  dal
legislatore  delegante,  ponendosi  l'opzione  indicata  in  espresso
contrasto  con  la  finalita'  di  adeguare  le  norme  vigenti  alla
giurisprudenza delle giurisdizioni superiori, di coordinarle  con  le
norme del codice  di  procedura  civile,  in  quanto  espressione  di
principi generali, e di assicurare il principio di effettivita' della
tutela giurisdizionale. 
    Ed invero, prosegue il rimettente, l'art. 44, comma 4, cod. proc.
amm. ha  previsto  per  il  processo  amministrativo  una  disciplina
diversa da quella stabilita dal precedente art. 46, comma  24,  della
legge n. 69 del 2009, secondo cui il primo comma dell'art.  291  cod.
proc. civ. (derivante dall'art. 145  cod.  proc.  civ  del  1865)  si
sarebbe applicato anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi
e contabili (Consiglio di Stato, sezione  terza,  sentenza  5  agosto
2011, n. 4716), come gia' affermato, peraltro, anche da  parte  della
precedente giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione
quarta, decisione 6 maggio 1989, n. 286; sezione sesta, decisione  17
febbraio 1986, n. 121). 
    Aggiunge il giudice a quo che, nonostante il generale rinvio alla
disciplina processualcivilistica in materia  di  notifiche,  previsto
dall'art.  39,  comma  2,  cod.  proc.  amm.  -  secondo  cui:  «[l]e
notificazioni degli atti del processo  amministrativo  sono  comunque
disciplinate dal codice di procedura civile e  dalle  leggi  speciali
concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile»
- l'art. 44, comma 4, cod. proc. amm. ha circoscritto la possibilita'
di rinnovazione al solo caso di nullita' della notifica per causa non
imputabile al notificante. 
    1.5.1.- Ad avviso del Consiglio di Stato, l'orientamento  secondo
cui  la  ratio  dell'art.  44,  comma  4,  cod.  proc.  amm.  sarebbe
rinvenibile nella peculiare struttura  del  giudizio  amministrativo,
caratterizzato da brevi termini perentori per la sua  introduzione  e
dall'assenza dell'istituto della contumacia (e' citata la sentenza di
questa Corte n. 18 del 2014), meriterebbe un'accurata  rimeditazione,
anche alla luce della piu' recente  evoluzione  della  giurisprudenza
costituzionale. 
    All'uopo, il Collegio richiama la sentenza di questa Corte n. 132
del 2018, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.
44, comma 3, cod. proc. amm.,  limitatamente  alle  parole  «salvi  i
diritti acquisiti anteriormente alla  comparizione»,  per  violazione
dei principi e dei criteri  direttivi  della  legge  di  delega,  che
imponevano al legislatore delegato di adeguare le norme vigenti  alla
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  e  delle  giurisdizioni
superiori  e  di  coordinarle  con  le  disposizioni  del  codice  di
procedura civile, in quanto espressive di principi  generali:  l'art.
44, comma 3, cod. proc. amm., in primo luogo, era in aperto contrasto
con l'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ.,  il  quale  prevede  la
sanatoria  ex  tunc  della  nullita'  degli  atti   processuali   per
raggiungimento  dello  scopo,  principio,  questo,  indubbiamente  di
carattere generale; in  secondo  luogo,  non  era  in  linea  con  la
giurisprudenza della Corte di cassazione  formatasi  con  riferimento
alla  notificazione  degli  atti  processuali   civili   e   con   la
giurisprudenza del Consiglio di  Stato,  antecedente  all'entrata  in
vigore del codice, relativa proprio alla nullita' della notificazione
del ricorso. 
    1.5.2.- Secondo il rimettente, l'art. 44,  comma  4,  cod.  proc.
amm. sarebbe in aperto contrasto con l'art. 291,  primo  comma,  cod.
proc. civ., il quale  prevede  l'istituto  della  rinnovazione  della
notificazione del ricorso, che impedisce ogni decadenza,  in  omaggio
al principio di conservazione degli effetti sostanziali e processuali
della domanda nel processo, principio, questo, di carattere  generale
ed  immanente   all'ordinamento,   interpretato   alla   luce   della
Costituzione. 
    Rileva, in proposito, il giudice a quo che,  in  conformita'  con
l'indirizzo, espresso dalla sentenza di questa Corte n. 77 del  2007,
in tema di translatio iudicii - tendente a circoscrivere  i  casi  in
cui l'errore processuale puo'  compromettere  in  modo  irrimediabile
l'azione - al principio delineato dagli artt. 24 e 111 Cost., per cui
le  disposizioni  processuali  «non  sono  fine  a  se  stesse»,   ma
funzionali alla  miglior  qualita'  della  decisione  di  merito,  si
ispirerebbe pressoche' costantemente - nel regolare questioni di rito
- il vigente codice di procedura civile, che non  sacrificherebbe  il
diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa,
in ordine al "bene della vita" oggetto della loro contesa. 
    La stessa disciplina della translatio iudicii  presupporrebbe  un
trattamento uniforme fra le  diverse  giurisdizioni  della  sanatoria
delle nullita' della notificazione  dell'atto  introduttivo,  perche'
tale uniformita' condizionerebbe la produzione di quegli effetti  che
la translatio mira a conservare. 
    1.5.3.- In secondo luogo, in base all'ordinanza di rimessione, la
disposizione censurata non sarebbe in armonia con  la  giurisprudenza
della  Corte   di   cassazione   formatasi   con   riferimento   alla
notificazione delle impugnazioni, per le quali parimenti la  notifica
dell'atto introduttivo va  effettuata  entro  termini  perentori  (ex
multis, Corte di  cassazione,  sezione  quinta  civile,  sentenza  27
settembre 2011, n.  19702,  in  tema  di  notifica  del  ricorso  per
cassazione; sezione seconda civile, sentenza  23  dicembre  2011,  n.
28640; sezione prima civile, sentenza 15 settembre  2011,  n.  18849;
sezione seconda civile, sentenza 12 maggio 2011,  n.  10464;  sezione
prima civile, sentenza 27 febbraio 2008, n. 5212),  senza  trascurare
la sua estensione al giudizio tributario per effetto  del  rinvio  di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.
546, recante «Disposizioni  sul  processo  tributario  in  attuazione
della delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30  della  legge  30
dicembre 1991, n. 413» (Corte di cassazione, sezione  quinta  civile,
sentenza 2 agosto 2000, n. 10136). Ne' il ricorso per cassazione, ne'
il procedimento avanti al  giudice  tributario  conoscono  l'istituto
della  contumacia,  ma  in  entrambi  i  procedimenti   e'   pacifica
l'applicazione dell'art. 291 cod. proc. civ. 
    1.5.4.-  La  disposizione   censurata   confliggerebbe   altresi'
apertamente con la  stessa  giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato
antecedente all'entrata in vigore del codice, relativa  proprio  alla
nullita' della notificazione del ricorso (Consiglio di Stato, sezione
quinta, decisione 12 giugno 2009, n. 3747; sezione quarta,  decisione
6 maggio 1989, n. 286; sezione sesta, decisione 17 febbraio 1986,  n.
121). 
    1.6.-  La  norma   censurata   sarebbe   poi   costituzionalmente
illegittima  per  violazione  dei  principi   di   ragionevolezza   e
proporzionalita', ricavabili dall'art. 3 Cost. 
    Tale violazione sarebbe  manifesta  anche  perche',  nei  termini
anzidetti, si determinerebbe un'ingiustificata lesione del diritto di
difesa sancito dall'art. 24  Cost.,  del  principio  di  effettivita'
della tutela di cui all'art. 111 Cost. e del diritto ad  un  processo
equo ai sensi dell'art. 6 CEDU, il quale, secondo  la  giurisprudenza
della  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,   implicherebbe   che
limitazioni dell'accesso ad un giudice possano essere ammesse solo in
presenza di un rapporto di proporzionalita' tra i mezzi  impiegati  e
lo scopo perseguito. 
    Sotto quest'ultimo profilo, si configurerebbe la violazione anche
dell'art.  117,  primo   comma,   Cost.,   per   contrasto   con   la
giurisprudenza della Corte EDU (sono richiamate le sentenze n. 348  e
n. 349 del 2007). 
    Infatti, espone il rimettente, la norma di  cui  si  contesta  la
legittimita',  per  un  errore  nella  notifica  che  ha  un  rilievo
meramente formale,  una  volta  che  sia  avvenuta  la  rinnovazione,
finirebbe  per  porre  un  ostacolo  procedurale  atto  a  precludere
definitivamente alla parte la possibilita' di far valere  la  propria
posizione dinanzi ad  un  giudice  e  costituirebbe  una  sostanziale
negazione  del  diritto  invocato,  frustrando   definitivamente   la
legittima aspettativa al "bene della vita" al quale aspiravano, senza
un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco. 
    Secondo  l'ordinanza  di  rimessione,  la  tutela  dell'interesse
legittimo, prevista dall'art. 113 Cost., importerebbe  la  necessita'
di favorire la pronuncia di merito, scopo ultimo del processo,  senza
assecondare  decisioni  di  rito  che  non  siano  in   un   rapporto
ragionevole di proporzionalita' con lo scopo perseguito. 
    2.- Con atto spedito  a  mezzo  posta  il  29  settembre  2020  e
pervenuto il 5 ottobre 2020 si e' costituita  la  parte  privata  nel
giudizio principale M. V., quale erede legittimo di M. D.S., la quale
ha  concluso  per  l'accoglimento  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato. 
    2.1.- In primo luogo, la parte deduce che  l'art.  44,  comma  4,
cod.  proc.  amm.  lederebbe   i   principi   di   ragionevolezza   e
proporzionalita', poiche' corollario  naturale  del  rinvio  generale
operato dall'art. 39 cod. proc. amm. al codice di  procedura  civile,
dovrebbe essere, con particolare riferimento alle  notificazioni,  la
piena applicazione anche al processo amministrativo del  disposto  di
cui all'art. 291 cod. proc. civ., secondo cui, in forza del principio
di  conservazione  degli  atti  processuali,  la  rinnovazione  della
notifica  nulla  prescinde  dalla  valutazione  della  diligenza  del
notificante. 
    2.2.- Inoltre, ad  avviso  della  parte  privata,  la  previsione
censurata, nella parte in cui rimette al giudice la valutazione della
scusabilita'  o   meno   dell'errore   che   importa   la   nullita',
realizzerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto  a
quanto avviene, oltre che nel processo civile, in quelli tributario e
contabile. 
    L'effetto di tale difformita' di trattamento condurrebbe anche ad
una rilevante sproporzione nella  produzione  degli  effetti  finali,
poiche' un  vizio  meramente  procedurale,  sanabile  in  ogni  altro
procedimento, implicherebbe nel processo amministrativo la definitiva
preclusione del diritto ad ottenere la valutazione nel  merito  della
domanda. 
    2.3.- La parte osserva, ancora, che il contenuto precettivo della
disposizione   denunciata    rappresenterebbe    un    ostacolo    al
raggiungimento  dell'effettivita'  e  della  pienezza  della   tutela
giurisdizionale,  poiche'  da  un  vizio  formale,  quale   intralcio
meramente procedurale, deriverebbe la totale negazione dell'azione  e
della   possibilita'   di   ottenere   una   pronuncia   di   merito,
depotenziandosi cosi' la tutela degli interessi legittimi. Tanto piu'
che l'effettivita' della tutela  sarebbe  strettamente  correlata  al
principio di conservazione degli effetti  processuali  e  sostanziali
della domanda (sentenza n. 77 del 2007). 
    2.4.- Secondo M. V.,  sarebbe  violato  anche  il  principio  del
giusto processo, il quale impone che le limitazioni dell'accesso alla
giustizia possano essere ammesse solo in presenza di un  rapporto  di
proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. E nella
fattispecie in esame la limitazione del diritto di agire non  sarebbe
compensata  dalla  necessita'  di  soddisfare   esigenze   di   grado
superiore. 
    2.5.- In ultimo, la parte afferma che la previsione censurata  si
porrebbe in contrasto con il contenuto della  legge  di  delega,  che
stabiliva il coordinamento delle  norme  di  riassetto  del  processo
amministrativo con il codice del processo civile  per  assicurare  la
concentrazione e l'effettivita' della tutela. 
    3.- Con atto depositato il  5  ottobre  2020  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni  sollevate  siano  dichiarate  inammissibili  e,  comunque,
manifestamente non fondate. 
    3.1.- In primo luogo, la difesa erariale evidenzia  che  il  tema
della compatibilita' della norma censurata con l'art. 76  Cost.,  per
asserito eccesso di delega, e' stato gia' affrontato, nel senso della
non fondatezza, dalla precedente sentenza di questa Corte n.  18  del
2014, secondo  la  quale  la  disposizione  di  cui  al  primo  comma
dell'art. 291 cod. proc. civ.  non  e'  espressiva  di  un  principio
generale, come tale compatibile con il giudizio amministrativo  ed  a
questo, quindi, naturaliter riferibile. 
    Alla stregua di tali premesse, l'Avvocatura generale esclude  che
la piu' recente giurisprudenza  costituzionale  e  l'attuale  assetto
normativo e giurisprudenziale possano giustificare  la  rimeditazione
del citato orientamento. 
    3.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene, poi,  del
tutto inconferente il richiamo operato dal rimettente  alla  sentenza
di questa Corte n. 132 del 2018, che ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale, per eccesso di delega, dell'art. 44,  comma  3,  cod.
proc. amm., limitatamente alle  parole  «salvi  i  diritti  acquisiti
anteriormente alla comparizione». 
    Detta pronuncia sarebbe, infatti, in sintonia con  la  precedente
sentenza n. 18 del 2014, individuando quale  principio  generale  del
processo, non gia' quello della necessaria rinnovazione  dell'erronea
notificazione  dell'atto  introduttivo,  bensi'  quello  diverso  del
raggiungimento dello scopo dell'atto, codificato dall'art.  156  cod.
proc. civ., da cui deriva l'efficacia sanante della  costituzione  in
giudizio, seppure tardiva rispetto  alla  scadenza  del  termine  per
l'impugnazione.  Anzi,  la  sentenza  n.   132   del   2018   avrebbe
espressamente vagliato la differente ratio decidendi  della  sentenza
n. 18 del 2014, affermando che essa «si rinviene [...] nella  duplice
affermazione  che  l'obbligatoria  rinnovazione  della  notificazione
della citazione nulla prevista dall'art. 291 cod. proc. civ.  non  e'
un  principio  generale  del  processo  civile  e   che   la   stessa
giurisprudenza del  Consiglio  di  Stato  precedente  all'entrata  in
vigore del codice escludeva  la  rinnovazione  in  caso  di  nullita'
imputabile al notificante, valorizzando la  peculiare  struttura  del
processo amministrativo». 
    3.3.- Quanto alle censure articolate rispetto ai parametri di cui
agli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in
relazione  all'art.  6  CEDU,  l'interveniente  osserva   che   nella
disciplina  degli  istituti  processuali  vige  il  principio   della
discrezionalita'  e  insindacabilita'  delle   scelte   operate   dal
legislatore, con il limite della loro non manifesta irragionevolezza.
Nel caso di specie, il legislatore non avrebbe superato tale  limite,
essendosi limitato  a  conferire  rilievo  alla  peculiare  struttura
propria del processo amministrativo. 
    4.- Con memoria illustrativa  depositata  il  4  maggio  2021  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  ribadito  le  deduzioni  e
conclusioni gia' sviluppate nel corpo del proprio atto di intervento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanza  del  20
aprile 2020 iscritta al reg. ord.  n.  108  del  2020,  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma  4,  dell'Allegato  1
(codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2  luglio
2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante  delega  al  governo  per  il  riordino  del  processo
amministrativo), limitatamente  alla  locuzione  «,  se  ritiene  che
l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non  imputabile
al notificante,». 
    1.1.- Secondo il rimettente, la norma in questione,  nella  parte
in cui limita la facolta' del giudice amministrativo di  ordinare  la
rinnovazione della notificazione nulla del ricorso - nel caso in  cui
il destinatario non si  sia  costituito  nel  giudizio  -  alle  sole
ipotesi in cui l'esito negativo della notificazione dipenda da  causa
non imputabile al notificante, violerebbe, in primo luogo, l'art.  76
della Costituzione,  per  eccesso  di  delega,  poiche'  la  rilevata
limitazione contrasterebbe con il fine di adeguare le  norme  vigenti
alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle  giurisdizioni
superiori, di coordinarle  con  le  norme  del  codice  di  procedura
civile, in quanto espressione di principi generali, e  di  assicurare
la concentrazione delle tutele, fine indicato dall'art. 44, comma  1,
della legge di delega 18 giugno 2009, n.  69,  recante  «Disposizioni
per lo sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita'
nonche' in materia di processo civile». 
    La limitazione posta dalla norma censurata sarebbe,  infatti,  in
contrasto con il  regime  processuale  antecedente  all'adozione  del
codice del processo amministrativo  nonche'  con  quelli  propri  del
processo civile, tributario e contabile, in  cui  vige  il  principio
generale di rinnovazione  della  notificazione  in  ogni  ipotesi  di
nullita', di cui all'art. 291, primo comma, cod. proc. civ. 
    Essa contrasterebbe,  altresi',  con  il  criterio  direttivo  di
assicurare l'effettivita' della tutela, enunciato dall'art. 44, comma
2, lettera a), della citata legge delega. 
    In secondo luogo, sarebbero violati gli artt. 3, 24, 111,  113  e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,  n.  848,  per
l'irragionevolezza e il difetto di proporzionalita'  della  soluzione
adottata nonche' per la lesione: a) del diritto di difesa e  del  suo
corollario dell'effettivita' della tutela giurisdizionale;  b)  della
garanzia di salvaguardia delle situazioni giuridiche soggettive e, in
particolare, degli interessi legittimi; c) del diritto ad  un  giusto
ed equo processo. 
    E tanto perche', per un errore nella notifica avente  un  rilievo
meramente formale, si finirebbe per porre  un  ostacolo  procedurale,
atto a precludere definitivamente alla parte la possibilita'  di  far
valere la propria  situazione  giuridica  soggettiva  dinanzi  ad  un
giudice, con una sostanziale negazione del "diritto" invocato  e  con
la conseguente definitiva frustrazione della legittima aspettativa al
conseguimento del "bene della vita", senza un giusto  equilibrio  tra
gli interessi pubblici e privati in gioco. 
    2.-  Nessun  dubbio  sussiste  in  ordine  alla  rilevanza  delle
questioni nel giudizio a quo. 
    Infatti, ai  sensi  del  combinato  disposto  dei  commi  1  e  3
dell'art. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione
del  testo  unico  delle  leggi  e  delle  norme   giuridiche   sulla
rappresentanza e difesa in giudizio dello  Stato  e  sull'ordinamento
dell'Avvocatura dello Stato), come modificato dall'art. 1 della legge
25 marzo 1958, n. 260 (Modificazioni alle norme sulla  rappresentanza
in giudizio dello Stato), gli  atti  istitutivi  di  giudizi  che  si
svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative devono, a pena  di
nullita', essere notificati alle amministrazioni dello  Stato,  nella
persona del Ministro  competente,  presso  l'ufficio  dell'Avvocatura
dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorita' giudiziaria adita. 
    In  applicazione  di   tale   precetto,   costituisce   principio
consolidato nella giurisprudenza  amministrativa  che  sia  nulla  la
notifica del ricorso in appello qualora sia eseguita, come  nel  caso
di  specie,  presso   l'Avvocatura   distrettuale   anziche'   presso
l'Avvocatura generale dello Stato (ex  multis,  Consiglio  di  Stato,
sezione terza, sentenza 21  maggio  2021,  n.  3980;  sezione  terza,
sentenza 16 maggio 2018, n. 2928; sezione quinta, sentenza  7  aprile
2011, n. 2171; sezione sesta, decisione 3 settembre  2009,  n.  5195;
sezione sesta, decisione 10 settembre 2008, n. 4315; sezione  quarta,
decisione 28 dicembre 2006, n. 8051). 
    La perdurante vigenza delle disposizioni di cui al r.d.  n.  1611
del 1933 ed alla legge n. 260 del 1958 e'  confermata  dall'art.  41,
comma 3, dell'Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d'ora in  avanti:
cod. proc. amm.), a norma del quale «[l]a notificazione  dei  ricorsi
nei confronti delle amministrazioni dello Stato e' effettuata secondo
le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse»  (sul  punto
Consiglio di Stato, sezione quinta,  sentenza  2  febbraio  2018,  n.
672). 
    In questa evenienza, la causa della  nullita'  e'  imputabile  al
notificante. 
    3.- Nel merito, la questione sollevata in riferimento all'art. 76
Cost. e' manifestamente infondata. 
    3.1.- Non possono che ribadirsi, in proposito, le  argomentazioni
contenute nelle sentenze n. 18 del 2014 e n. 132 del 2018. 
    Con la prima delle citate pronunce e'  stata  dichiarata  la  non
fondatezza, per  erroneita'  del  presupposto  interpretativo,  della
questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 44,  comma
4, cod. proc. amm., censurato, in riferimento all'art. 76 Cost.,  per
contrasto con l'art. 291, primo comma, cod. proc. civ., al  quale  il
legislatore delegato avrebbe, invece, dovuto attenersi in  attuazione
del criterio di cui al comma 1 dell'art. 44 della citata legge delega
n. 69 del 2009,  che  prevede  il  coordinamento  con  le  norme  del
predetto codice in quanto  «espressione  di  principi  generali».  In
quella occasione, questa Corte ha quindi negato che l'art. 291, primo
comma, cod. proc. civ. sia espressivo di un  principio  generale  del
processo, come tale compatibile anche con il giudizio  amministrativo
e a questo naturaliter riferibile. 
    Con la sentenza n. 132 del  2018  e'  stata,  invece,  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44,  comma  3,  cod.  proc.
amm., nella parte in cui, nel prevedere  che  la  costituzione  degli
intimati sana ex nunc la nullita' della  notificazione  del  ricorso,
faceva «salvi i diritti acquisiti anteriormente  alla  comparizione»,
poiche', in violazione dell'art. 76 Cost., si poneva in contrasto con
i principi e i criteri direttivi della delega contenuta  nella  legge
n. 69 del 2009, che imponevano al legislatore delegato di adeguare le
norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e  delle
giurisdizioni superiori nonche' di coordinarle  con  le  disposizioni
del codice di procedura civile,  in  quanto  espressive  di  principi
generali. La norma censurata, infatti, e' stata ritenuta in contrasto
con l'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., che e' espressione  del
principio generale di sanatoria ex tunc  della  nullita'  degli  atti
processuali per raggiungimento dello scopo; essa,  poi,  non  era  in
linea ne' con la giurisprudenza della Corte di  cassazione  formatasi
con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili, ne'
con la giurisprudenza del Consiglio di Stato antecedente  all'entrata
in vigore del  codice  del  processo  amministrativo,  relativa  alla
nullita'  della  notificazione  del  ricorso;  ne',  infine,  con  la
giurisprudenza costituzionale. 
    La medesima sentenza ha, per contro,  riaffermato  che  non  puo'
essere riconosciuta valenza di principio generale all'art.  291  cod.
proc. civ. e che «la stessa giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato
precedente  all'entrata  in   vigore   del   codice   [del   processo
amministrativo]  escludeva  la  rinnovazione  in  caso  di   nullita'
imputabile al notificante, valorizzando la  peculiare  struttura  del
processo amministrativo». 
    3.2.- Le pur articolate deduzioni  sviluppate  dall'ordinanza  di
rimessione non offrono elementi utili a indurre  ad  un  ripensamento
delle conclusioni all'epoca raggiunte,  che  debbono  pertanto  -  in
questa sede - essere integralmente confermate. 
    4.- Sono, invece, fondate le questioni sollevate dal Consiglio di
Stato in riferimento agli ulteriori parametri di cui agli artt. 3, 24
e 113 Cost., con assorbimento degli altri. 
    4.1.- Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
legislatore dispone di un'ampia discrezionalita` nella  conformazione
degli  istituti  processuali,  incontrando  il  solo   limite   della
manifesta irragionevolezza o arbitrarieta` delle scelte compiute, che
viene superato qualora emerga  un'ingiustificabile  compressione  del
diritto di agire in giudizio (ex multis, sentenze n. 102 del 2021, n.
253, n. 95, n. 80, n. 79 del 2020 e n. 271 del 2019). 
    Con particolare riferimento all'art. 24 Cost.,  questa  Corte  ha
altresi' specificato che esso non comporta  che  il  cittadino  debba
conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i
medesimi effetti, purche' non  vengano  imposti  oneri  o  prescritte
modalita'  tali  da  rendere  impossibile  o  estremamente  difficile
l'esercizio del diritto di difesa  o  lo  svolgimento  dell'attivita'
processuale (tra le tante, sentenze n. 271 del 2019, n. 199 del 2017,
n. 121 e n. 44 del 2016). 
    Cio' posto, la norma censurata sacrifica  in  modo  irragionevole
l'esigenza di preservare gli effetti sostanziali e processuali  della
domanda e conduce ad esiti sproporzionati rispetto  al  fine  cui  la
norma stessa tende. 
    4.2.- Il difetto di proporzione tra il mezzo e il  fine  e'  reso
evidente dall'effetto combinato che  sull'esercizio  del  diritto  di
azione  producono,  da  un  lato,  la  denunciata  limitazione   alla
rinnovazione   della   notifica   e,   dall'altro,    la    decadenza
dall'impugnazione degli atti amministrativi allo spirare del  termine
di sessanta giorni di cui all'art. 29 cod. proc. amm. (ma anche dalla
proposizione delle altre azioni per le quali e' previsto  un  termine
decadenziale). 
    Se, infatti, nel processo amministrativo  la  sottoposizione  del
diritto di azione a detto termine assolve all'essenziale funzione  di
garanzia della stabilita' degli effetti giuridici, in conformita' con
l'interesse pubblico di pervenire  in  tempi  brevi  alla  definitiva
certezza del rapporto giuridico amministrativo (sentenza  n.  94  del
2017), tale indefettibile esigenza risulta  travalicata  dalla  norma
censurata nella parte in cui essa fa discendere da un  vizio  esterno
all'atto di esercizio dell'azione stessa la definitiva impossibilita'
di far valere nel giudizio la situazione sostanziale sottostante. 
    L'effetto di  impedimento  della  decadenza  va,  in  definitiva,
ricollegato all'esercizio dell'azione entro il termine perentorio, ma
non puo' essere  escluso  dalla  nullita'  della  notificazione,  non
integrando quest'ultima un  elemento  costitutivo  dell'atto  che  ne
forma oggetto, bensi'  assolvendo  ad  una  funzione,  strumentale  e
servente,   di   conoscenza   legale   e   di    instaurazione    del
contraddittorio. 
    Ed e' proprio  in  ragione  del  rapporto  di  accessorieta'  che
intercorre tra il procedimento notificatorio e l'atto  da  notificare
che si giustifica il meccanismo processuale della rinnovazione  della
notifica che risulti affetta da vizi che non siano di  gravita'  tale
da decretarne l'inesistenza. 
    4.3.- Se, dunque, le forme degli atti processuali non sono  «fine
a se  stesse»,  ma  sono  funzionali  alla  migliore  qualita'  della
decisione di merito (sentenza n. 77 del 2007),  essendo  deputate  al
conseguimento di un determinato scopo, coincidente  con  la  funzione
che il  singolo  atto  e'  destinato  ad  assolvere  nell'ambito  del
processo, la limitazione, posta dall'art. 44,  comma  4,  cod.  proc.
amm., della rinnovazione della notificazione del  ricorso  alle  sole
ipotesi in cui la nullita' non  sia  imputabile  al  notificante  non
risulta proporzionata agli effetti che ne derivano,  tanto  piu'  che
essa non e' posta a presidio di alcuno specifico  interesse  che  non
sia gia' tutelato dalla previsione del termine di decadenza. 
    Inoltre, tale limitazione, ogni volta  che  l'accertamento  della
nullita' interviene dopo lo spirare di detto  termine  -  e,  quindi,
particolarmente nell'azione di annullamento, data la  brevita'  dello
stesso  -  comporta  la  perdita  definitiva  della  possibilita'  di
ottenere  una  pronuncia  giurisdizionale  di   merito,   con   grave
compromissione del diritto di agire in giudizio. 
    5.- Deve,  in  conclusione,  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 44, comma 4, cod. proc. amm.,  limitatamente
alla locuzione «, se ritiene che l'esito negativo della notificazione
dipenda da causa non imputabile al notificante,».