ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  5  della
legge della Regione Lombardia 10 dicembre 2019, n. 21 (Seconda  legge
di semplificazione 2019), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri con ricorso spedito per  la  notificazione  il  10  febbraio
2020, depositato in cancelleria il 17 febbraio 2020, iscritto  al  n.
18 del registro ricorsi 2020 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  22  giugno  2021  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Andrea  Manzi  per  la  Regione
Lombardia, in collegamento da remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del
decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso spedito  per
la notificazione il 10 febbraio 2020 e depositato  il  successivo  17
febbraio (reg. ric. n. 18 del 2020),  ha  impugnato  l'art.  5  della
legge della Regione Lombardia 10 dicembre 2019, n. 21 (Seconda  legge
di semplificazione 2019), ritenuto in contrasto con gli artt. 3,  97,
117, secondo comma, lettera p), e terzo  comma,  nonche'  con  l'art.
118, primo comma, della Costituzione. 
    1.1.- Il ricorrente espone come la disposizione  censurata  abbia
modificato in piu' punti la legge regionale che disciplina la materia
del trasporto pubblico locale (legge della Regione Lombardia 4 aprile
2012, n. 6, recante «Disciplina del settore dei trasporti»). 
    Vengono segnalate anzitutto le variazioni  concernenti  l'art.  7
della legge  regionale  modificata,  a  cominciare  dal  nuovo  testo
introdotto per il relativo comma 10. Tale  ultima  norma  stabilisce,
ora, che le agenzie per il trasporto pubblico locale sono  costituite
e partecipate: a) da Regione  Lombardia,  per  le  finalita'  di  cui
all'art. 7, comma 11, in ragione del 10 per  cento  delle  quote;  b)
dalle Province e dalla Citta' metropolitana di Milano; c) dai  Comuni
capoluogo della Regione e delle Province interessate; d) da almeno un
Comune non capoluogo per ogni Provincia e per la Citta' metropolitana
di Milano. La novella - segnala il ricorrente - varrebbe  ad  imporre
la partecipazione della Regione alla compagine sociale, e  detterebbe
norme di dettaglio per il riparto delle quote,  cosi'  vincolando,  a
differenza che nel passato, le decisioni di  spettanza  della  Giunta
regionale, della Citta' metropolitana, e della stessa agenzia per  il
trasporto pubblico locale. 
    I commi successivi al 10 (da 10.1.  a  10.7)  dell'art.  7  della
citata legge reg. Lombardia n. 6 del 2012, introdotti ex  novo  dalla
disposizione censurata (in particolare dall'art. 5, comma 1,  lettera
a), stabiliscono ora - nella sintesi proposta dal  ricorrente  -  una
nuova disciplina del «quorum partecipativo e deliberativo» necessario
per deliberare sulle materie qualificanti indicate  nelle  prime  tre
lettere del  successivo  comma  10-bis,  incidendo  sulle  regole  di
gestione del servizio e di funzionamento  dell'agenzia,  senza  alcun
coinvolgimento  degli  enti  locali  aderenti,  come  invece  sarebbe
previsto dai commi 7 e 10 dello stesso art. 7 della  legge  regionale
modificata. 
    1.2.- Per il loro contenuto  precettivo,  le  nuove  norme,  come
sopra elencate e  descritte,  violerebbero  la  competenza  esclusiva
dello Stato in materia di «funzioni fondamentali di Comuni,  Province
e Citta' metropolitane» di cui al secondo comma (lettera p) dell'art.
117 Cost. 
    Sostiene, inoltre, il  ricorrente  che  spetterebbe  alle  Citta'
metropolitane   la   gestione   integrata   dei   servizi   e   delle
infrastrutture nel territorio di interesse, e  che  sarebbe  funzione
fondamentale dei Comuni l'organizzazione di  ogni  servizio  pubblico
locale di rilevanza economica, compreso quello  dei  trasporti  (sono
citati gli artt. 3, comma 2, 42 e  112  del  decreto  legislativo  18
agosto   2000,   n.   267,   recante   «Testo   unico   delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali»). 
    Le norme censurate violerebbero anche il  primo  comma  dell'art.
118 Cost., poiche' l'intervento  legislativo  regionale  derogherebbe
alla  regola  del  conferimento  agli  enti  locali  delle   funzioni
amministrative  sulla  base  dei   principi   di   sussidiarieta'   e
adeguatezza. 
    Ancora, sarebbe violato il «principio di leale collaborazione tra
i diversi  livelli  di  autogoverno»,  previsto  dalla  stessa  norma
costituzionale, a causa del mancato coinvolgimento degli enti  locali
- ad esempio attraverso la richiesta di un  parere  -  riguardo  alla
modifica dei quorum necessari per le deliberazioni delle agenzie  per
il trasporto pubblico. 
    Infine, il ricorrente lamenta che la novella regionale violerebbe
gli artt. 3 e 97 Cost.,  «sotto  i  diversi  profili  di  incoerenza,
incongruenza, sproporzionalita' ed arbitrarieta'». 
    2.- La Regione Lombardia si e' costituita nel giudizio  con  atto
depositato  l'11  marzo  2020,  chiedendo   che   le   questioni   di
legittimita' costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei
ministri siano dichiarate non fondate. 
    2.1.- La Regione premette che l'atto introduttivo  del  giudizio,
per quanto riferito all'intero testo dell'art.  5  della  legge  reg.
Lombardia n. 21 del 2019, concerne in realta'  solo  la  parte  della
norma che introduce variazioni al testo dell'art. 7 della legge  reg.
Lombardia n. 6 del 2012. 
    Riguardo quindi alle censure concernenti la determinazione  delle
quote di partecipazione degli  enti  aderenti  alle  agenzie  per  il
trasporto  pubblico  locale,  e  la  fissazione  dei  quorum  per  le
deliberazioni qualificanti delle  medesime  agenzie,  la  Regione  si
limita ad osservare che la normativa sarebbe  stata  introdotta  allo
scopo di non  intralciare  le  attivita'  in  corso,  disegnando  (in
particolare con il nuovo comma 10.4 dell'art. 7) una regolamentazione
che solo gradualmente condurra' alla  ridefinizione  delle  quote  di
partecipazione degli enti e al rinnovo delle cariche, in  conformita'
alle scadenze naturali,  negli  organi  direttivi  delle  agenzie  in
questione. 
    Da cio'  dovrebbe  discendere,  secondo  la  Regione  resistente,
l'auspicato giudizio di non fondatezza delle questioni promosse. 
    3.- In data 30 marzo 2021, la Regione Lombardia ha depositato una
memoria difensiva, in cui si richiamano gli enunciati  gia'  proposti
mediante l'atto di costituzione, con alcune integrazioni. 
    3.1.- A proposito del nuovo comma 10.4 dell'art. 7, e quindi  dei
termini  per  il  rinnovo  delle  assemblee   e   dei   consigli   di
amministrazione  delle  agenzie,   si   assume   che,   «[a]nche   in
considerazione del periodo di emergenza epidemiologica in corso, [la]
Regione  non  ha  proceduto  ad  adottare  alcun  atto  che   potesse
concorrere ad appesantire  ulteriormente  l'attivita'»  delle  stesse
agenzie, chiamate a continue modifiche della programmazione. 
    Inoltre, si sottolinea che lo stesso  comma  10.4  ha  stabilito,
sempre allo scopo di non ostacolare le  attivita'  in  corso,  che  i
consigli di amministrazione, i direttori e gli  organi  di  revisione
delle agenzie restino in  carica  fino  alla  scadenza  naturale  dei
rispettivi mandati. 
    Anche il comma 10.5 del novellato art. 7 sarebbe stato introdotto
al fine di  non  interrompere  le  attivita'  in  corso  (specie  per
l'attuazione dei programmi di bacino  ai  sensi  dell'art.  13  della
legge reg. Lombardia n. 6 del 2012 e per  la  revisione  dei  sistemi
tariffari), posto che le indicazioni sulla quota minima dei votanti e
sulla  maggioranza  qualificata  per  l'assunzione  delle   decisioni
elencate al successivo comma 10-bis riguarderebbero l'assemblea nella
composizione antecedente alla novella,  sia  pur  limitatamente  alle
procedure gia' avviate. 
    La  Regione  ha  dunque  insistito  affinche'  le  questioni   di
legittimita' costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei
ministri siano dichiarate non fondate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
5 della legge  della  Regione  Lombardia  10  dicembre  2019,  n.  21
(Seconda legge di semplificazione 2019), per contrasto con gli  artt.
3, 97, 117, secondo comma, lettera p), e  terzo  comma,  nonche'  con
l'art. 118, primo comma, della Costituzione. 
    La disposizione impugnata modifica la disciplina del settore  dei
trasporti, contenuta nella legge della  Regione  Lombardia  4  aprile
2012, n. 6 (Disciplina del settore dei trasporti). 
    Il ricorrente segnala che  la  novella  varrebbe  ad  imporre  la
partecipazione della Regione a  ciascuna  agenzia  per  il  trasporto
pubblico locale (d'ora in poi: TPL). Inoltre, lamenta  che  essa,  in
materia di riparto delle quote di partecipazione assegnate ai singoli
enti componenti di tali agenzie, detterebbe norme  che  vincolano  le
decisioni  di  spettanza  della  Giunta   regionale,   della   Citta'
metropolitana e della stessa agenzia per il TPL, in asserita  lesione
dei parametri costituzionali invocati.  Osserva  anche  un  eccessivo
accrescimento, in seno  alle  agenzie,  del  «potere  degli  enti  di
governo di  dimensioni  minori»,  provocato  dalla  previsione  della
partecipazione obbligatoria (anziche' eventuale) di un  certo  numero
di Comuni non capoluogo. 
    Per queste ragioni, ritiene che le nuove norme  violerebbero,  in
particolare, la  competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«funzioni fondamentali di Comuni, Province e  Citta'  metropolitane»,
come stabilita dal secondo comma, lettera  p),  dell'art.  117  Cost.
Sarebbero infatti incise le funzioni delle  Citta'  metropolitane  in
materia di gestione integrata dei servizi e delle infrastrutture  nel
territorio di interesse, nonche' le funzioni fondamentali dei  Comuni
in materia di organizzazione di  ogni  servizio  pubblico  locale  di
rilevanza economica, compreso quello dei trasporti (sono  citati  gli
artt. 3, comma 2, 42 e 112 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, recante «Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali»). 
    Le disposizioni censurate violerebbero, inoltre, il  primo  comma
dell'art.  118  Cost.,  poiche'  l'intervento  legislativo  regionale
derogherebbe alla regola del  conferimento  agli  enti  locali  delle
funzioni amministrative sulla base dei principi di  sussidiarieta'  e
adeguatezza. 
    Ancora, sarebbe leso il «principio di leale collaborazione tra  i
diversi livelli di autogoverno», a causa del  mancato  coinvolgimento
degli enti locali riguardo alla modifica dei quorum necessari per  le
deliberazioni delle  agenzie.  Infatti,  i  commi  successivi  al  10
dell'art. 7 della legge reg. Lombardia n. 6  del  2012  (da  10.1.  a
10.7), nella versione introdotta dalla disposizione  censurata  -  in
particolare dall'art. 5, comma 1, lettera a) - stabiliscono una nuova
disciplina del «quorum partecipativo  e  deliberativo»  necessario  a
ciascuna  agenzia  per  deliberare  su  alcune  materie  qualificanti
(indicate nelle prime tre lettere del  successivo  comma  10-bis),  e
avrebbero percio' inciso sulle relative regole di funzionamento e  di
gestione del servizio, «senza alcun coinvolgimento degli Enti  locali
aderenti, come invece previsto dall'art. 7, commi 7 e 10, della  l.r.
n. 6/2012». 
    Infine, il ricorrente lamenta che la novella regionale violerebbe
gli artt. 3 e 97 Cost.,  «sotto  i  diversi  profili  di  incoerenza,
incongruenza, sproporzionalita' ed arbitrarieta'». 
    2.- Benche' il dispositivo del ricorso si riferisca genericamente
all'intero art. 5 della citata legge reg. Lombardia n. 21  del  2019,
il tenore delle censure consente di ritenere che l'impugnativa sia in
realta' circoscritta al solo comma 1, lettere a) e b),  dello  stesso
art. 5, che incide sul previgente art. 7 della precedente legge  reg.
Lombardia n. 6 del 2012, modificando, in particolare, i  commi  10  e
11, e introducendo ex novo i commi da 10.1 a 10.7. 
    3.- Poiche' l'impugnativa statale non opera una ricostruzione del
contesto normativo in cui l'intervento  regionale  si  inserisce,  ai
fini di una miglior comprensione  sia  delle  censure  avanzate,  sia
della decisione su di esse, e' indispensabile premettere un sintetico
cenno a tale contesto, svolgendo in particolare un raffronto  tra  la
disciplina regionale impugnata e quella previgente. 
    Il decreto legislativo 19 novembre  1997,  n.  422  (Conferimento
alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia  di
trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4,  comma  4,  della
legge 15 marzo 1997, n. 59), attuando appunto la delega  operata  con
la legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il  conferimento
di funzioni e compiti alle regioni ed enti  locali,  per  la  riforma
della   pubblica   amministrazione   e   per    la    semplificazione
amministrativa), ha  attribuito  alle  Regioni  e  agli  enti  locali
funzioni e compiti  nella  materia  del  trasporto  pubblico  locale,
prevedendo, in particolare (art. 6, comma 1), la delega alle  Regioni
dei compiti di  programmazione  dei  servizi  di  trasporto  pubblico
regionale  e  locale  «non  gia'  compresi  nelle  materie   di   cui
all'articolo 117 della Costituzione». 
    Lo stesso d.lgs. n. 422 del 1997 ha poi stabilito che le Regioni,
a loro volta, «in conformita'  ai  singoli  ordinamenti  regionali  e
sentite le  rappresentanze  degli  enti  e  delle  autonomie  locali,
conferiscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali  tutte
le funzioni e i compiti regionali in materia  di  trasporto  pubblico
locale  ai  sensi  dell'articolo  117  della  Costituzione,  che  non
richiedono l'unitario esercizio a livello regionale» (art.  7,  comma
1). 
    A  seguito  della  riforma  del  Titolo  V,   Parte   II,   della
Costituzione, per costante giurisprudenza costituzionale  la  materia
del trasporto pubblico locale appartiene alla competenza  legislativa
residuale regionale, sia pur con i  limiti  derivanti  dall'eventuale
rilievo di competenze esclusive dello Stato (ex multis,  sentenze  n.
74 e n. 5 del 2019, n. 137 e n. 78 del 2018). 
    Il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti
per la stabilizzazione finanziaria e per  lo  sviluppo),  convertito,
con  modificazioni,  nella  legge  14  settembre  2011,  n.  148,  ha
successivamente regolato (art. 3-bis) gli ambiti  territoriali  ed  i
criteri di organizzazione  dello  svolgimento  dei  servizi  pubblici
locali a rete di  rilevanza  economica,  prevedendo  che  essi  siano
gestiti  mediante  definizione  di  «ambiti  o  bacini   territoriali
ottimali e omogenei  tali  da  consentire  economie  di  scala  e  di
differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza  del  servizio  e
istituendo o designando gli enti di governo degli stessi». 
    Alla  necessaria   e   conseguente   suddivisione   del   proprio
territorio, ai fini  della  regolazione  del  servizio  di  trasporto
pubblico locale, la Regione Lombardia ha provveduto con la legge n. 6
del 2012, istituendo cinque bacini territoriali ottimali ed  omogenei
(poi divenuti sei, a  seguito  della  divisione  di  uno  dei  bacini
originari). 
    Per ogni bacino e' stata prevista la costituzione di una  agenzia
per il TPL (art. 7, comma 3, legge reg. Lombardia  n.  6  del  2012),
quale «strumento per l'esercizio associato delle funzioni degli  enti
locali in materia di  programmazione,  organizzazione,  monitoraggio,
controllo e promozione dei servizi di trasporto pubblico locale». 
    Le agenzie (art. 7, comma 5) «sono enti pubblici  non  economici,
dotati di personalita'  giuridica  e  di  autonomia  organizzativa  e
contabile, costituiti  per  l'esercizio  in  forma  obbligatoriamente
associata delle funzioni degli enti locali in  materia  di  trasporto
pubblico locale nei bacini di cui al comma 1». 
    Ogni agenzia ha uno statuto, la cui formazione (art. 7, comma  7)
e' regolata da una  procedura  che  prevede  lo  svolgimento  di  una
conferenza di servizi con gli enti locali,  il  successivo  confronto
con la Giunta regionale (in punto di coerenza con le linee  guida  da
questa deliberate per la predisposizione  dello  statuto  stesso),  e
infine l'approvazione da parte dell'assemblea. 
    La medesima legge regionale (art. 7, comma  6)  stabilisce  quali
sono gli organi dell'agenzia, e assegna allo statuto (art.  7,  comma
9) la disciplina delle modalita' di nomina e di revoca dei membri del
consiglio di amministrazione e del presidente, nonche',  al  fine  di
garantire il rispetto degli indirizzi  politici  e  delle  scelte  di
programmazione  degli  enti  locali,  l'individuazione   degli   atti
fondamentali  che  ogni   agenzia   deve   assumere   a   maggioranza
qualificata, in modo da consentire la  piu'  ampia  partecipazione  e
tutela degli enti che la compongono. 
    Tra i compiti assegnati allo  statuto,  la  normativa  originaria
ricomprendeva l'indicazione degli «enti  che  aderiscono  all'Agenzia
all'atto della sua costituzione,  specificando  la  Provincia,  o  le
Province, e il Comune, o i Comuni, capoluogo ricadenti nel bacino  di
competenza, oltreche' gli altri enti locali eventualmente  aderenti»,
prevedendosi   inoltre   che   lo   stesso   statuto    disciplinasse
«separatamente   le   successive   adesioni»:   in   tal   senso   la
specificazione operata mediante il punto 2.1.  dell'Allegato  A  alla
delibera della Giunta regionale lombarda 23 maggio 2012,  n.  9/3506,
recante «Approvazione delle linee guida degli statuti  delle  agenzie
di trasporto pubblico locale ai  sensi  dell'art.  7  della  L.R.  n.
6/2012». 
    All'art. 6 dell'Allegato B alle linee guida appena citate  si  e'
stabilito inoltre  che  ognuno  degli  enti  aderenti  concorre  alla
composizione dell'assemblea con un rappresentante (il sindaco  od  il
presidente  della  giunta,  o  persona  da  costoro  delegata  tra  i
componenti  delle  giunte  o  dei  consigli),  ma  esprime  un   voto
ponderato,   cioe'   equivalente   alla   quota   di   partecipazione
riconosciuta all'ente. Nella versione originaria, la legge  regionale
non stabiliva in dettaglio le quote, ma dettava criteri generali  per
la relativa suddivisione. Apparteneva poi allo statuto  l'indicazione
finale delle medesime quote, secondo linee guida fissate dalla Giunta
regionale, sentita la Conferenza  regionale  del  trasporto  pubblico
locale (delibera 25 ottobre 2012, n. 9/4261, recante «Adozione  delle
linee guida per la determinazione delle quote di partecipazione degli
enti locali nelle agenzie del trasporto  pubblico  locale,  ai  sensi
dell'art. 7, comma 10, della  L.R.  n.  6/2012»),  tenendo  conto  di
alcuni criteri, fra cui l'estensione territoriale dell'ente aderente,
la proporzionalita' con le funzioni svolte e il numero dei passeggeri
trasportati. 
    Quanto alle funzioni,  l'art.  7,  comma  13,  della  legge  reg.
Lombardia n. 6  del  2012,  con  disposizione  non  modificata  dalla
novella, prevede che alle agenzie spetta in  particolare  definire  e
regolare  i  servizi  di  competenza,  attraverso  la   redazione   e
l'approvazione del programma di bacino del trasporto pubblico locale;
elaborare proposte, da trasmettere alla Regione, relative ai  servizi
ferroviari regionali, volte ad ottimizzare l'integrazione intermodale
nei bacini; approvare il sistema tariffario  di  bacino,  nonche'  la
determinazione delle relative tariffe, previa intesa,  per  i  titoli
integrati con i servizi ferroviari, con la Regione. 
    Il comma 11  dell'art.  7  prevedeva,  inoltre,  che  la  Regione
Lombardia   potesse   partecipare   alle   agenzie,   per    favorire
l'integrazione e il coordinamento con i servizi ferroviari di propria
competenza, anche al fine di  garantire  l'esercizio  unitario  delle
funzioni di competenza delle Province. 
    4.-  Ai  fini  del  presente  giudizio,  in  definitiva,   merita
sottolineare due aspetti della disciplina previgente: in primo luogo,
le  agenzie  per  il  TPL  erano  costituite  con  la  partecipazione
necessaria delle Province, della Citta' metropolitana  e  dei  Comuni
capoluogo,  mentre  la  presenza  della  Regione  era  rimessa   alla
decisione di quest'ultima; in secondo luogo, il "peso" attribuito  al
voto espresso da ogni ente partecipante era stabilito  dallo  statuto
dell'agenzia, secondo i  vincoli  dettati  dalle  linee  guida  della
Giunta regionale, in  conformita'  a  quanto  stabilito  nella  legge
regionale. 
    4.1.- Modificando il  comma  10  dell'art.  7  della  legge  reg.
Lombardia n. 6 del 2012,  la  norma  regionale  impugnata  stabilisce
direttamente, ora, che le  agenzie  per  il  TPL  sono  costituite  e
partecipate dalla Regione Lombardia, in  ragione  del  10  per  cento
delle quote; dalle Province e dalla Citta' metropolitana  di  Milano;
dai Comuni capoluogo della Regione e delle Province  interessate;  da
almeno un Comune non capoluogo per ogni provincia  e  per  la  Citta'
metropolitana di Milano, nominato dalla assemblea dei sindaci o dalla
conferenza metropolitana di cui alla  legge  7  aprile  2014,  n.  56
(Disposizioni  sulle  citta'  metropolitane,  sulle  province,  sulle
unioni e fusioni  di  comuni),  ferma  restando  la  possibilita'  di
ulteriori adesioni, qualora previste dallo statuto. 
    Inoltre, con l'aggiunta dei commi da 10.1 a 10.3 al  citato  art.
7, l'impugnata legge reg. Lombardia n. 21 del 2019 delinea i  criteri
per la determinazione delle quote di  partecipazione,  in  precedenza
rimessa allo statuto. Il comma 10.1 prevede che  sia  poi  la  Giunta
regionale a dettagliare i criteri in parola, secondo  le  indicazioni
della legge, rispettivamente con riguardo all'agenzia comprendente la
Citta' metropolitana di Milano (comma 10.1), le agenzie  comprendenti
due o piu' Province (comma 10.2), le agenzie  comprendenti  una  sola
Provincia (comma 10.3). 
    4.2.- Quanto al cosiddetto quorum partecipativo  e  deliberativo,
viene in rilievo il nuovo comma  10.5  dell'art.  7,  che  stabilisce
direttamente  (e  non  piu'  con  rinvio   agli   statuti)   che   le
deliberazioni concernenti  le  decisioni  strategiche  delle  agenzie
devono essere assunte con la partecipazione di almeno la meta'  degli
enti partecipanti, e con un voto pari o superiore ai  quattro  quinti
delle quote (ottanta voti su cento). 
    4.3.- In definitiva, la normativa impugnata disegna  un  ingresso
"obbligatorio" della Regione e di alcuni piccoli Comuni nelle agenzie
per il TPL; prevede direttamente i criteri  di  determinazione  delle
quote di partecipazione, lasciando agli statuti  spazi  residui  solo
per  la  sottodivisione  delle  quote  tra  enti  omogenei;   dispone
direttamente la previsione di maggioranze  qualificate  per  le  piu'
importanti decisioni affidate alle agenzie. 
    5.- Nel ricorso statale, la ricostruzione  appena  effettuata  e'
del tutto assente. Cio' impedisce  al  ricorrente  di  connettere  le
proprie  censure  al  tessuto  normativo  vigente  e,   percio',   di
argomentare adeguatamente circa la loro pretesa fondatezza. 
    Questa carenza  affligge  particolarmente,  rendendole  oscure  e
percio'  inammissibili,  le  censure  sollevate  in  relazione   alla
asserita violazione,  da  parte  delle  disposizioni  censurate,  dei
principi di proporzionalita', ragionevolezza, sussidiarieta' e  leale
collaborazione, evocati in riferimento agli artt. 3, 97 e 118,  primo
comma, Cost. 
    Parrebbe evincersi che il ricorrente  lamenti,  complessivamente,
che la legge regionale impugnata determinerebbe un  trasferimento  di
funzioni  amministrative  dai  Comuni  verso   livelli   di   governo
superiori, e ritenga diminuita l'influenza, all'interno delle agenzie
per il TPL, dei Comuni capoluogo e delle Province. 
    Il ricorso, tuttavia, non  spiega  in  che  senso  la  disciplina
impugnata disponga una allocazione di funzioni amministrative diversa
da quella in precedenza vigente, e, soprattutto,  per  quali  ragioni
tale  nuova   normativa   violerebbe   i   parametri   costituzionali
richiamati. Infatti, come s'e' visto, nulla  muta,  a  seguito  della
legge reg. Lombardia n. 21 del 2019, quanto  alla  allocazione  delle
funzioni amministrative in materia di trasporto pubblico locale: esse
restano,  come  in  precedenza,  assegnate  agli  enti  locali  dalla
normativa  statale  sopra  illustrata  e  dalla  stessa  legislazione
regionale, attraverso cui la Regione Lombardia, come molte altre,  ha
assolto i propri compiti di coordinamento. 
    A seguito della disciplina impugnata mutano bensi', parzialmente,
le quote di partecipazione degli enti territoriali che compongono  le
agenzie.  Tuttavia,  con  specifico  riferimento  ad   alcune   delle
osservazioni critiche svolte dal ricorrente, non e' chiaro perche' un
capoluogo di Provincia  debba  veder  lese  le  proprie  funzioni  in
materia di trasporto locale - nella parte in cui devono essere svolte
in forma associata e nell'ambito di un bacino territoriale omogeneo -
sol perche' e' mutato il peso del suo voto all'interno  dell'agenzia.
Neppure si comprende in  che  senso  la  necessaria  presenza,  nelle
agenzie, della Regione (in funzione di coordinamento) e di  "piccoli"
Comuni possa  determinare  una  lesione  dei  principi  che  regolano
l'allocazione delle funzioni amministrative ai sensi  dell'art.  118,
primo comma, Cost. Si tratta infatti di funzioni che  spettano  anche
ai Comuni non capoluogo,  e  che  la  normativa  regionale  censurata
semmai valorizza, a voler seguire la logica stessa del ricorrente. 
    Particolarmente oscura appare anche la censura di violazione  del
«principio  di  leale  collaborazione  tra  i  diversi   livelli   di
autogoverno», a causa di un  asserito  mancato  coinvolgimento  degli
enti locali riguardo alla modifica, negli statuti delle agenzie,  dei
quorum necessari per le deliberazioni di queste ultime. 
    Invero,  la  disciplina  censurata  non  ha   introdotto   alcuna
modificazione diretta e unilaterale degli statuti delle  agenzie,  ma
ha solo inciso sui criteri che  devono  orientare  l'elaborazione  (o
l'adeguamento)  delle   linee   guida   regionali   in   materia   e,
successivamente,  la  compilazione   in   dettaglio   dei   documenti
statutari. In seguito alla nuova disciplina legislativa, spetta  alle
agenzie  promuovere  le  modifiche  statutarie  in  parola,  e  nulla
impedisce che, proprio nell'ambito di tale procedura di  adeguamento,
sia adottata la  forma  partecipata  cui  si  riferisce  l'Avvocatura
generale, del resto non incisa dalla legge regionale impugnata. 
    Trascurando la distinzione tra modifica dei criteri  di  legge  e
(successiva) modifica  degli  statuti,  e  imputando  alla  prima  la
violazione del principio di leale collaborazione (tra Regione ed enti
locali), il ricorrente opera invece una singolare sovrapposizione tra
procedure  diverse,  che  finisce   per   adombrare   la   necessaria
applicazione del principio  in  esame  allo  stesso  procedimento  di
formazione della legge regionale. 
    In definitiva, puo' ben dirsi che questa parte  del  ricorso  non
raggiunge «quella "soglia minima di chiarezza e di  completezza"  che
rende ammissibile l'impugnativa proposta (sentenze n. 52 e n. 42  del
2021)» (sentenza n. 95 del 2021). 
    6.- La censura  che  il  ricorrente  riferisce  oscuramente  alla
violazione del terzo comma dell'art. 117 Cost. va  dichiarata  a  sua
volta  inammissibile,  perche'  priva  di  qualunque   argomentazione
intellegibile. 
    7.- L'impugnativa  incentrata  sulla  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera p), Cost. raggiunge la soglia che consente  la
valutazione di merito, e tuttavia risulta non fondata. 
    Per vero, la doglianza oscilla tra due diverse prospettazioni: da
una parte, il ricorrente sembra ritenere  addirittura  precluso  alla
legge regionale, in radice, l'intervento sulle quote e sui meccanismi
di voto previsti per il funzionamento delle agenzie per  il  TPL,  in
quanto  una  simile  disciplina  inciderebbe   sull'esercizio   delle
funzioni fondamentali degli  enti  locali,  invadendo  la  competenza
legislativa esclusiva statale; dall'altra, sembra invece limitarsi  a
sottolineare che l'esercizio in concreto della competenza legislativa
regionale avrebbe finito per comprimere irragionevolmente l'esercizio
di quelle funzioni. 
    Non ha  di  certo  pregio  la  prima  prospettiva  adombrata  dal
ricorrente. 
    In  disparte  la  considerazione  che  l'esercizio  associato  di
funzioni in materia di trasporto pubblico locale e' da tempo  oggetto
di intervento legislativo regionale (non solo da parte della  Regione
Lombardia), e' da considerare che la disciplina in parola  appartiene
alla competenza legislativa residuale delle Regioni, come si e'  gia'
sottolineato.  E'  inoltre,  come  pure  si  e'  detto,   la   stessa
legislazione statale, cui certamente spetta individuare  le  funzioni
fondamentali degli enti locali, a conferire alle Regioni  compiti  di
coordinamento in materia, allo scopo  di  migliorare  l'esercizio  in
forma  associata  delle  funzioni  in  esame  da  parte  degli   enti
territoriali (artt. 3 e seguenti del d.lgs. n. 422 del 1997). 
    Risulta  particolarmente  chiara,  sul  punto,  proprio   l'unica
sentenza di questa Corte citata  dal  ricorrente  (sia  pur  in  modo
incidentale e a tutt'altro fine): «allo Stato spetta l'individuazione
delle funzioni fondamentali dei  Comuni  tra  quelle  che  vengono  a
comporre l'intelaiatura essenziale dell'ente locale,  cui  [...]  non
sono estranee le funzioni che attengono ai  servizi  pubblici  locali
[...]. La disciplina di dette funzioni e', invece, nella potesta'  di
chi - Stato o Regione - e' intestatario della materia cui la funzione
stessa si riferisce. In definitiva,  la  legge  statale  e'  soltanto
attributiva  di  funzioni  fondamentali,  dalla  stessa  individuate,
mentre  l'organizzazione  della   funzione   rimane   attratta   alla
rispettiva competenza materiale dell'ente che ne puo' disporre in via
regolativa» (sentenza n. 22 del 2014). 
    Nel solco di questa chiara distinzione,  la  legge  regionale  in
esame, come si e' visto, non incide affatto  sulla  individuazione  e
sulla titolarita' delle funzioni amministrative  in  discussione,  ma
disciplina aspetti organizzativi e funzionali di enti, le agenzie per
il TPL, concepiti allo  scopo  di  permettere  l'esercizio  in  forma
coordinata delle funzioni medesime. 
    Inoltre, come fisiologicamente accade, avendo la previgente legge
regionale  istituito   le   agenzie,   stabilito   criteri   per   la
partecipazione  ad  esse,  nonche'  dettato  regole   per   il   loro
funzionamento, la  successiva  legge  regionale  e'  intervenuta  per
modificare  parzialmente  quei  criteri  e   quelle   regole.   Nella
prospettiva assunta dal ricorrente, invece,  e'  come  se  criteri  e
regole   originari   risultassero   espressivi    di    un    assetto
costituzionalmente dovuto, con la conseguenza che il  loro  mutamento
determinerebbe un'invasione delle attribuzioni statali. In  linea  di
principio,  e'  vero,  invece,  il  contrario:  la  spettanza   della
competenza legislativa non dipende dalle opzioni in concreto compiute
attraverso il suo precedente esercizio,  radica  anzi  il  potere  di
valutare le soluzioni piu' opportune per  la  successiva  regolazione
del servizio, sempre che esse siano contenute  entro  l'ambito  della
competenza regionale. 
    Non a caso, come si e'  detto,  il  ricorrente  oscilla  tra  una
contestazione mossa alla titolarita' della competenza a legiferare in
materia di funzioni afferenti  al  trasporto  pubblico  locale  e  un
addebito   invece   incentrato   sull'esercizio   sproporzionato   ed
irrazionale di essa. In questa seconda prospettiva, si e' gia'  detto
dell'inammissibilita' delle censure direttamente basate sulla pretesa
violazione degli  artt.  3,  97  e  118  Cost.  Ma  deve  ora  essere
dichiarata non fondata anche la doglianza che  il  ricorrente  sembra
connettere a un esercizio esorbitante  della  competenza  legislativa
spettante  alla  Regione,  cui  sarebbero  da  imputare  effetti   di
eccessiva compressione delle funzioni degli enti locali. 
    Come ha sottolineato la giurisprudenza di questa Corte  (sentenza
n. 179 del 2019, ripresa dalla sentenza n. 119 del 2020), ben possono
rinvenirsi profili problematici nel rapporto tra  funzioni  regionali
di coordinamento, esercitate  dalla  legge  regionale  entro  la  sua
competenza  materiale,  e  disciplina  dell'esercizio   di   funzioni
fondamentali. Cio', in particolare, laddove si accerti che la Regione
abbia fatto uso eccessivo dei suoi compiti di coordinamento, tale  da
comportare una irragionevole compressione delle funzioni fondamentali
degli enti locali. 
    Nel presente caso, il ricorso non dimostra alcunche'  di  simile.
Esso  si  limita  a  evidenziare  che,  in  base  alle   disposizioni
impugnate, la legge reg. Lombardia  n.  21  del  2019  stabilisce  la
partecipazione necessaria della Regione  alle  agenzie  per  il  TPL,
fissa in dettaglio le relative quote di partecipazione per  gli  enti
locali territoriali, con effetti vincolanti per gli enti  interessati
e per le stesse agenzie, e infine riformula il quorum partecipativo e
deliberativo necessario per approvare alcune  decisioni  strategiche.
Non riesce, tuttavia, a provare che, a causa di tali disposizioni, le
funzioni fondamentali degli  enti  locali  in  materia  di  trasporto
pubblico siano state incise in modo sproporzionato  o  irragionevole.
Giunge semmai ad affermare che il peso e  i  margini  di  "efficacia"
dell'esercizio delle funzioni comunali, nell'ambito delle agenzie  di
trasporto lombarde, sarebbero diminuiti per  i  Comuni  capoluogo,  e
aumentati per i piccoli Comuni. 
    All'evidenza, pero', cio' non  comprime  l'autonomia  degli  enti
locali  nella  gestione  dei  trasporti  di  rispettiva   competenza,
attenendo semplicemente  alla  scelta  discrezionale  -  che  appunto
spetta all'ente titolare  della  competenza  legislativa  -  circa  i
migliori  criteri  per  assicurare  ragionevolezza  ed  efficacia  al
meccanismo di coordinamento affidato alla legge regionale.