ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
6, 3, comma 1, e 11, commi da 1 a 4 e 6, della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020, n. 9 (Disposizioni  urgenti  in
materia di  autonomie  locali,  finanza  locale,  funzione  pubblica,
formazione, lavoro, cooperazione, ricerca  e  innovazione,  salute  e
disabilita', rifinanziamento dell'articolo 5  della  legge  regionale
3/2020  recante  misure  a  sostegno  delle  attivita'   produttive),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 17-23 luglio 2020,  depositato  in  cancelleria  il  23
luglio 2020, iscritto al n. 62 del registro ricorsi 2020 e pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  38,  prima   serie
speciale, dell'anno 2020. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2021  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    uditi l'avvocato  dello  Stato  Stefano  Lorenzo  Vitale  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Massimo  Luciani
per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  depositato
il 23 luglio 2020 (reg. ric. n. 62 del 2020), ha  promosso  questioni
di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 6, 3, comma 1,  e
11, commi da 1 a 4 e 6,  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 18 maggio 2020, n.  9  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
autonomie locali,  finanza  locale,  funzione  pubblica,  formazione,
lavoro, cooperazione, ricerca e innovazione,  salute  e  disabilita',
rifinanziamento dell'articolo 5 della legge regionale 3/2020  recante
misure a sostegno delle attivita' produttive),  in  riferimento  agli
artt. 23, 97 e 117, secondo comma, lettere e) ed l), e  terzo  comma,
della Costituzione - quest'ultimo in relazione all'art. 9, comma  28,
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n.  122  -
nonche' al principio di ragionevolezza, ai  principi  espressi  dalla
legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto  dei
diritti del contribuente), e all'art. 4 (recte: art. 4, numero 1-bis)
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1  (Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    1.1.- L'art. 1 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  9  del
2020 viene impugnato limitatamente al  comma  6,  laddove,  inserendo
l'art.  29-bis  (Disposizioni  per  la  liquidazione   delle   Unioni
territoriali intercomunali che esercitano le funzioni delle soppresse
Province) nella legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 novembre
2019, n. 21 (Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra gli  enti
locali  del  Friuli-Venezia  Giulia  e  istituzione  degli  Enti   di
decentramento  regionale),  prevede,  tra  l'altro,  che  «[i]   beni
immobili di proprieta' delle Unioni  territoriali  intercomunali  che
esercitano le funzioni delle soppresse Province  sono  attribuiti  ai
Comuni nei cui territori essi insistono. I  Commissari,  nominati  ai
sensi dell'articolo 29, comma 4,  redigono  il  relativo  verbale  di
consegna,  che  ai  sensi  dell'articolo  2645  del  codice   civile,
costituisce titolo per l'intavolazione, la trascrizione immobiliare e
la voltura catastale di diritti reali sui beni  immobili  trasferiti.
Il trasferimento della proprieta' dei  beni  immobili  decorre  dalla
data del verbale di consegna. Per il trasferimento  della  proprieta'
dei beni immobili si applica l'articolo  1,  comma  96,  lettera  b),
della  legge  7  aprile  2014,  n.  56  (Disposizioni  sulle   citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni)». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione, disciplinando  i  modi
di acquisto della proprieta' e  individuando  i  titoli  idonei  alla
trascrizione, intavolazione e voltura  catastale,  inciderebbe  nella
materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore
statale, in violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost. 
    1.2.- L'art. 3 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  9  del
2020 viene impugnato limitatamente al comma 1,  ai  sensi  del  quale
«[i] Comuni che, al fine  di  fronteggiare  la  situazione  di  crisi
derivante  dall'emergenza  COVID-19,  deliberano,  per  l'anno  2020,
riduzioni ed esenzioni della  tassa  sui  rifiuti  (TARI),  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 660, della legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Legge di stabilita' 2014), riduzioni della tassa  per  l'occupazione
di spazi e aree pubbliche (TOSAP) o del canone per  l'occupazione  di
spazi e aree pubbliche (COSAP), possono  disporre  la  copertura  del
relativo minor gettito o minore entrata anche attraverso il ricorso a
risorse derivanti dall'avanzo disponibile, nonche'  da  trasferimenti
regionali. Le deliberazioni di riduzione ed esenzione possono  essere
adottate  anche  successivamente  all'approvazione  del  bilancio  di
previsione per l'esercizio 2020». 
    Anzitutto, secondo il ricorrente,  la  previsione  che  i  Comuni
possano utilizzare la quota libera dell'avanzo di amministrazione per
ovviare al minor  gettito  derivante  dalle  riduzioni  ed  esenzioni
deliberate violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,
in quanto la disciplina dell'utilizzo dell'avanzo di  amministrazione
afferirebbe  alle  materie  «sistema  tributario  e  contabile  dello
Stato», «armonizzazione dei bilanci pubblici» e  «perequazione  delle
risorse  finanziarie»,  di  competenza  esclusiva   del   legislatore
statale. Al contempo, l'art. 109, comma 2, del decreto-legge 17 marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e  imprese  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, nella legge  24  aprile  2020,  n.  27,  consentirebbe
l'impiego  dell'avanzo  disponibile  solo  per  finanziare  le  spese
correnti connesse all'emergenza in corso. 
    In  secondo  luogo,  la  disposizione  viene  impugnata   laddove
consente che esenzioni e riduzioni possano  essere  deliberate  anche
dopo l'approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio  2020,
in contrasto con la normativa statale - si  citano,  in  particolare,
l'art. 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006,  n.  296,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2007)», e l'art. 53, comma  16,  della
legge  23  dicembre  2000,  n.  388,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2001)» - riconducibile alla materia  «armonizzazione  dei
bilanci pubblici», secondo cui le statuizioni afferenti alle  tariffe
e alle aliquote dei tributi devono  essere  adottate  entro  la  data
fissata per la deliberazione del bilancio di previsione,  in  ragione
della stretta  correlazione  sussistente  tra  la  definizione  della
manovra tributaria e la redazione del bilancio, strumentalmente  alla
funzione di programmazione in esso insita. Di qui il vulnus  all'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Il medesimo art. 3, comma 1, secondo periodo,  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020  violerebbe  altresi'  l'art.  23
Cost. -  in  quanto  il  contribuente  verrebbe  assoggettato  a  una
prestazione patrimoniale imposta oltre il termine perentorio  fissato
dal legislatore statale (art. 1, comma 169, della legge  n.  296  del
2006) - nonche' i principi sanciti dalla legge n. 212  del  2000,  in
mancanza di un riferimento temporale certo  per  l'individuazione  di
aliquote e tariffe applicabili per ciascun anno d'imposta. 
    1.3.- L'art. 11 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.  9  del
2020 prevede che «1. Fino alla riforma dell'ordinamento dei segretari
comunali del Friuli-Venezia Giulia e, comunque, non oltre dodici mesi
dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, al  fine
di fare fronte alla grave e cronica  carenza  di  segretari  comunali
iscritti alla sezione regionale dell'albo, anche  in  relazione  alla
imprescindibile operativita' di tutti gli enti locali  della  Regione
nella fase successiva al superamento  dell'emergenza  epidemiologica,
l'individuazione dei soggetti cui attribuire il  ruolo  di  segretari
comunali nelle sedi  di  segreteria  con  popolazione  fino  a  3.000
abitanti avviene anche secondo le disposizioni  contenute  nei  commi
successivi. 2. Presso l'Ufficio unico di cui all'articolo  17,  comma
1, della legge regionale 18/2016 e' istituito l'Elenco  dei  soggetti
cui puo' essere attribuita  la  reggenza  temporanea  delle  sedi  di
segreteria  con  popolazione  fino  a  3.000  abitanti.  3.   Possono
presentare domanda di iscrizione all'Elenco  di  cui  al  comma  2  i
dipendenti di ruolo  degli  enti  del  Comparto  unico  del  pubblico
impiego  regionale  e  locale  con  contratto  di  lavoro   a   tempo
indeterminato, in possesso dei requisiti per l'accesso alla qualifica
di segretario comunale di cui all'articolo 13, comma 13, della  legge
regionale 30 dicembre 2009, n. 24  (Legge  finanziaria  2010).  4.  I
sindaci dei Comuni di cui  al  comma  1,  dopo  aver  esperito  senza
successo la procedura di pubblicizzazione della  sede  di  segreteria
vacante prevista dalle norme vigenti e qualora non procedano ai sensi
dell'articolo 13 della legge  regionale  24/2009,  avanzano  apposita
richiesta all'Ufficio unico e individuano il soggetto  cui  conferire
l'incarico di reggenza temporanea, scegliendolo  nell'ambito  di  una
terna di nominativi predisposta dall'Ufficio unico sulla  base  delle
manifestazioni di  interesse  pervenute  dagli  iscritti  ovvero,  in
mancanza, della vicinanza del luogo  di  residenza  dichiarato  dagli
stessi rispetto alla sede di conferimento dell'incarico. [...] 6.  Il
conferimento dell'incarico di cui al comma 4 implica la stipula di un
contratto di lavoro  a  tempo  determinato  regolato,  per  la  parte
giuridica ed economica, secondo la disciplina dettata  dai  contratti
collettivi dei segretari comunali e provinciali. La spesa relativa e'
esclusa dal limite per il lavoro flessibile di  cui  all'articolo  9,
comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, e successive modifiche e integrazioni, ma rileva per il
limite della spesa complessiva di personale di  cui  all'articolo  22
della legge regionale 18/2015». 
    Secondo il ricorrente, i citati  commi  da  1  a  4  violerebbero
l'art.  117,  secondo   comma,   lettera   l),   Cost.,   in   quanto
interverrebbero   sull'ordinamento   dei   segretari    comunali    e
provinciali, funzionari statali il cui status giuridico  rientrerebbe
nella competenza esclusiva  del  legislatore  statale,  disciplinando
l'istituto della reggenza difformemente, in  particolare,  da  quanto
previsto dall'art. 16-ter del decreto-legge 30 dicembre 2019, n.  162
(Disposizioni urgenti in materia di proroga di  termini  legislativi,
di  organizzazione  delle  pubbliche  amministrazioni,   nonche'   di
innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella  legge
28 febbraio 2020, n. 8. 
    La  disciplina  regionale,  peraltro,  discostandosi  da   quella
nazionale -  segnatamente,  quanto  alla  possibilita'  di  conferire
l'incarico di vice segretario a prescindere da ogni requisito  minimo
di servizio e dall'autorizzazione del Ministero dell'interno, nonche'
dagli ordinari meccanismi di selezione, di formazione professionale e
di individuazione del soggetto destinato  alla  reggenza  -  oltre  a
invadere  la  competenza  statale,  determinerebbe  un'ingiustificata
disparita' di trattamento nei confronti  dei  dipendenti  degli  enti
locali delle altre Regioni, con conseguente violazione  dei  principi
di buon andamento e di  imparzialita'  dell'amministrazione,  di  cui
all'art. 97 Cost., nonche' del principio di ragionevolezza. 
    Ne', secondo  il  ricorrente,  varrebbe  invocare  la  competenza
regionale in materia di «ordinamento del personale dei comuni,  delle
province e degli altri  enti  locali»,  ai  sensi  dell'art.  15  del
decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di  attuazione  dello
statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in  materia  di
ordinamento degli enti locali e delle  relative  circoscrizioni),  in
quanto, da un lato, il successivo art. 18 prevede che, fino a che non
entrino in vigore le leggi regionali di disciplina  della  materia  -
quale, appunto, quella  di  riforma  dell'ordinamento  dei  segretari
comunali, in  attesa  della  quale  la  resistente  ha  legiferato  -
continui  ad  applicarsi  la  normativa  statale  e,  dall'altro,  il
legislatore  regionale  dovrebbe  comunque  uniformarsi  ai  principi
generali  dell'ordinamento  giuridico  della  Repubblica,  in  virtu'
dell'art. 4, numero 1-bis), dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia.
Di qui la violazione anche di quest'ultimo parametro. 
    Secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  infine,  il
comma 6 dell'art. 11 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9  del
2020, disponendo che l'onere finanziario determinato dall'incarico di
reggenza di cui al precedente comma 4 sia escluso dal limite di spesa
previsto per il lavoro flessibile dall'art. 9, comma 28, del d.l.  n.
78 del 2010, come convertito,  contrasterebbe  con  il  principio  di
coordinamento della finanza pubblica espresso  da  tale  disposizione
statale, applicabile anche alle  autonomie  speciali,  in  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    2.- Si e' costituita in  giudizio,  con  atto  depositato  il  17
agosto 2020, la Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  deducendo
l'inammissibilita' e, comunque, la  non  fondatezza  delle  questioni
promosse. 
    2.1.- Ad avviso della resistente, la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, della legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 9 del 2020 sarebbe inammissibile, in quanto  il  ricorrente
avrebbe dedotto la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost.  senza  confrontarsi  con  la  competenza  esclusiva  della
Regione in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative
circoscrizioni», di cui all'art. 4, numero 1-bis), dello statuto. 
    Nel merito, la  questione  non  sarebbe  fondata,  in  quanto  la
disposizione si limiterebbe a regolare il subentro dei  Comuni  nella
proprieta' delle Unioni territoriali intercomunali (UTI) in corso  di
soppressione, ossia a disciplinare le  relazioni  tra  enti  pubblici
territoriali (si cita la  sentenza  n.  462  del  1995)  in  base  al
principio  della  necessaria  correlazione  tra  attribuzione   della
funzione e titolarita' del bene a essa  strumentale,  espresso  dalla
stessa legislazione statale (art. 1, commi 47 e 96, lettera b,  della
legge 7 aprile  2014,  n.  56,  recante  «Disposizioni  sulle  citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e  fusioni  di  comuni»),
cui anche la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia si sarebbe dovuta
uniformare (art. 1, comma 145, della medesima legge n. 56 del  2014).
Cio' dimostrerebbe ulteriormente la  competenza  della  resistente  a
disciplinare il trasferimento della proprieta' immobiliare in ragione
del   riordino   delle   funzioni   o,   comunque,   in    subordine,
l'autorizzazione del legislatore statale in tal senso. 
    D'altra  parte,  l'art.  2645  del  codice  civile   prevede   la
trascrizione di «ogni altro  atto  o  provvedimento  che  produce  in
relazione a beni  immobili  o  a  diritti  immobiliari  taluno  degli
effetti dei contratti menzionati nell'articolo 2643 [...]»,  tra  cui
si annoverano anzitutto i contratti che trasferiscono  la  proprieta'
di immobili. La disposizione impugnata regolerebbe proprio  l'effetto
di un atto a rilevanza pubblicistica quale il verbale di consegna, la
cui trascrizione sarebbe stata possibile  anche  ove  il  legislatore
regionale nulla avesse disposto al riguardo. 
    2.2.- Secondo la resistente, anche le questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 9 del 2020 sarebbero inammissibili, in quanto il ricorrente
avrebbe dedotto la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
e), Cost.  senza  confrontarsi  con  la  competenza  esclusiva  della
Regione  in  materia  di  «ordinamento  degli  Uffici  e  degli  Enti
dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale
ad essi addetto» (art. 4, numero 1, dello statuto) e in tema  finanza
locale (art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997). 
    Nel merito, esse sarebbero comunque non fondate,  atteso  che  la
disposizione non sarebbe riconducibile alla  materia  «armonizzazione
dei bilanci pubblici». 
    Inoltre, il primo periodo dell'impugnata disposizione si  sarebbe
limitato  a  riconoscere  la  facolta'  di  impiego  dell'avanzo   di
amministrazione,   pienamente   disponibile   da   parte    dell'ente
territoriale (si cita la sentenza n. 101 del 2018),  a  fronte  delle
minori entrate dovute alle deliberazioni di  riduzione  ed  esenzione
adottate in correlazione all'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19. 
    Quanto al suo secondo  periodo,  la  resistente  rileva  come  la
legislazione statale non renda  immutabile  il  bilancio  degli  enti
locali, viceversa suscettibile di variazione in corso  di  esercizio,
senza necessita' di essere riapprovato integralmente.  Ne'  la  norma
avrebbe inciso sul termine per la deliberazione delle  tariffe  o  su
quello per l'approvazione del bilancio, quest'ultimo differito  prima
al 31 maggio 2020 dall'art. 107, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020,  e
poi al 31 luglio 2020 in sede di conversione. Poiche' la disposizione
impugnata e' entrata in vigore prima del  decorso  dei  termini  come
prorogati, a maggior ragione essa non  avrebbe  alterato  la  cadenza
temporale impressa dalla legislazione statale. 
    Infine, la disposizione non violerebbe l'art. 23 Cost., in quanto
non imporrebbe  alcuna  prestazione  oltre  il  termine  fissato  dal
legislatore  statale,  consentendo,  al   contrario,   riduzioni   ed
esenzioni, insuscettibili, in quanto tali, di ledere  i  diritti  del
contribuente. 
    2.3.-  Ad  avviso  della  resistente,  infine,  le  questioni  di
legittimita'   costituzionale   dell'art.   11   della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020 sarebbero prive di fondamento. 
    In particolare, la normativa in considerazione -  che  troverebbe
un proprio antecedente nell'art. 13,  comma  13,  della  legge  della
Regione Friuli-Venezia  Giulia  30  dicembre  2009,  n.  24,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  pluriennale  e  annuale
della Regione (Legge finanziaria 2010)» -  andrebbe  ricondotta  alla
potesta' legislativa regionale in materia di «ordinamento degli  enti
locali e delle relative circoscrizioni», di cui  all'art.  4,  numero
1-bis), dello statuto speciale, atteso che  essa  non  detterebbe  la
disciplina del segretario  comunale,  delle  sue  funzioni,  del  suo
status giuridico ed economico, del rapporto di lavoro che lo astringe
all'amministrazione e dei requisiti necessari per accedere al  ruolo.
La normativa, viceversa, si sarebbe solo  limitata  a  coordinare  la
legislazione regionale con quella statale, precisando che  la  nomina
del  reggente  e'  subordinata  all'esperimento  senza  esito   delle
procedure di copertura della sede,  al  contempo  richiedendo  che  i
soggetti incaricati  siano  gia'  dipendenti  a  tempo  indeterminato
dell'amministrazione, a garanzia della selezione concorsuale a  monte
e della sussistenza dei requisiti di esperienza professionale. 
    In ultimo, la censura  formulata  in  riferimento  all'art.  117,
terzo comma, Cost. sarebbe inammissibile, in  quanto  il  legislatore
statale non avrebbe titolo per dettare norme di  coordinamento  della
finanza pubblica  in  un  settore  dell'amministrazione  di  cui  non
concorre a  finanziare  la  spesa.  Peraltro,  la  questione  sarebbe
altresi' non fondata  nel  merito,  in  quanto  la  disposizione  non
produrrebbe alcun aggravio di  spesa  in  capo  al  Comune,  comunque
tenuto ad assicurare la funzionalita' dell'ufficio di  segreteria,  a
prescindere dal fatto che vi sia preposto un titolare o un reggente. 
    3.-  Con  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  il
Presidente del Consiglio dei ministri, oltre a ribadire gli argomenti
gia' svolti a sostegno dell'impugnativa,  si  sofferma  sull'art.  1,
comma 6, della legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  9  del  2020,
evidenziando anzitutto come la previsione del trasferimento dei  beni
immobili dalle UTI ai Comuni non possa trovare fondamento  ne'  nella
legge n. 56 del 2014, inapplicabile direttamente alla resistente, ne'
nell'art.  12  della  legge  costituzionale  28  luglio  2016,  n.  1
(Modifiche allo Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia,
di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, in materia di
enti locali, di elettorato  passivo  alle  elezioni  regionali  e  di
iniziativa legislativa popolare),  a  cui  il  legislatore  regionale
avrebbe dato attuazione con la  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 9 dicembre 2016, n. 20 (Soppressione delle Province del Friuli
Venezia Giulia e modifiche alle  leggi  regionali  11/1988,  18/2005,
7/2008,  9/2009,  5/2012,  26/2014,  13/2015,  18/2015  e   10/2016),
trasferendo il patrimonio immobiliare alle UTI. Cio' a  dimostrazione
della necessita' di  una  disposizione  statale  che  consentisse  un
analogo  trasferimento  a  beneficio  dei  Comuni,  norma  che  nella
fattispecie  non  sarebbe   intervenuta.   Inoltre,   il   ricorrente
sottolinea  come  la  riconduzione  dell'effetto   traslativo   della
proprieta'  al  momento  del  verbale  di  consegna   contrasti,   in
particolare, con il regime tavolare, secondo il quale tale effetto si
produrrebbe con l'intavolazione. 
    4.-  Con   memoria   illustrativa   depositata   in   prossimita'
dell'udienza, la Regione resistente, oltre a ribadire e sviluppare le
difese gia' svolte, evidenzia come  l'art.  29-bis,  comma  5,  della
legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  21  del  2019  -  introdotto
dall'impugnato art. 1,  comma  6,  della  legge  reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 9 del 2020 - sia stato integralmente  sostituito  dall'art.
9, comma 34, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 agosto
2020, n. 15 (Assestamento del bilancio  per  gli  anni  2020-2022  ai
sensi dell'articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26),
onde  risulta  soppressa  la  previsione  per  cui  «[i]  Commissari,
nominati ai sensi dell'articolo 29, comma  4,  redigono  il  relativo
verbale di consegna, che  ai  sensi  dell'articolo  2645  del  codice
civile,  costituisce  titolo  per  l'intavolazione,  la  trascrizione
immobiliare e la voltura catastale di diritti reali sui beni immobili
trasferiti. Il  trasferimento  della  proprieta'  dei  beni  immobili
decorre dalla data del verbale di consegna», oggetto di  impugnativa.
Trattandosi di ius superveniens satisfattivo e di normativa  che  non
avrebbe  trovato  applicazione,  la  Regione  ha  chiesto   che   sia
dichiarata la cessazione della materia del contendere. 
    Inoltre, la resistente sottolinea come l'art. 3, comma  1,  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020 non alteri la  cadenza
temporale  correlata  al  bilancio  e,  pertanto,  non  possa  essere
ricondotta alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici»  e  sia
altresi' coerente con l'art. 9, comma  4,  lettera  a),  della  legge
della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  17  luglio  2015,  n.  18  (La
disciplina della finanza locale del  Friuli-Venezia  Giulia,  nonche'
modifiche a disposizioni delle  leggi  regionali  19/2013,  9/2009  e
26/2014 concernenti gli enti locali). 
    Quanto, infine, all'impugnato art. 11,  la  resistente  evidenzia
come la disciplina da esso dettata non  si  riferisca  al  segretario
comunale, ma al dipendente chiamato alla  reggenza,  che  non  e'  un
funzionario statale, onde la sussistenza della competenza legislativa
regionale,  il  cui  esercizio  sarebbe   legittimato   anche   dalla
situazione emergenziale determinata  dalla  carenza  di  personale  e
dalla pandemia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  depositato
il 23 luglio 2020 (reg. ric. n. 62 del 2020), ha  promosso  questioni
di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 6, 3, comma 1,  e
11, commi da 1 a 4 e 6,  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 18 maggio 2020, n.  9  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
autonomie locali,  finanza  locale,  funzione  pubblica,  formazione,
lavoro, cooperazione, ricerca e innovazione,  salute  e  disabilita',
rifinanziamento dell'articolo 5 della legge regionale 3/2020  recante
misure a sostegno delle attivita' produttive),  in  riferimento  agli
artt. 23, 97 e 117, secondo comma, lettere e) ed l), e  terzo  comma,
della Costituzione - quest'ultimo in relazione all'art. 9, comma  28,
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n.  122  -
nonche' al principio di ragionevolezza, ai  principi  espressi  dalla
legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto  dei
diritti del contribuente), e all'art. 4 (recte: art. 4, numero 1-bis)
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1  (Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    1.1.- L'art. 1, comma 6, della legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia
n. 9 del 2020 viene impugnato  in  quanto,  inserendo  l'art.  29-bis
nella legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 novembre 2019,  n.
21 (Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra  gli  enti  locali
del Friuli-Venezia Giulia e istituzione degli Enti  di  decentramento
regionale), da un lato, attribuisce ai  Comuni  i  beni  immobili  di
proprieta'  delle  Unioni  territoriali   intercomunali   (UTI)   che
esercitano  le  funzioni  delle  soppresse  Province  e,  dall'altro,
prevede che il relativo verbale  di  consegna,  oltre  a  segnare  il
momento di efficacia del trasferimento,  costituisca  titolo  per  la
trascrizione, l'intavolazione e  la  voltura  catastale  dei  diritti
reali sui beni trasferiti. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la  disposizione,   prevedendo   un
ulteriore modo di acquisto della proprieta' e individuando un  titolo
idoneo  alla  pubblicita'  immobiliare,  inciderebbe  nella   materia
«ordinamento civile», in violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. 
    1.2.- L'art. 3, comma 1, della legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia
n. 9 del 2020 prevede: a) che i Comuni che, al fine  di  fronteggiare
la crisi derivante dall'emergenza da COVID-19, deliberino, per l'anno
2020, riduzioni  ed  esenzioni  della  tassa  sui  rifiuti  (TARI)  e
riduzioni della tassa per l'occupazione di  spazi  e  aree  pubbliche
(TOSAP) o del canone per l'occupazione  di  spazi  e  aree  pubbliche
(COSAP), possano coprire le relative minori entrate anche  impiegando
l'avanzo disponibile  (primo  periodo);  b)  che  tali  deliberazioni
possano essere adottate anche  successivamente  all'approvazione  del
bilancio di previsione per l'esercizio 2020 (secondo periodo). 
    Ad avviso del ricorrente, la previsione dell'utilizzo dell'avanzo
libero a copertura di minori entrate violerebbe l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  e),  Cost.,  in  quanto   la   relativa   disciplina
afferirebbe  alle  materie  «sistema  tributario  e  contabile  dello
Stato», «armonizzazione dei bilanci pubblici» e  «perequazione  delle
risorse finanziarie» e l'art. 109,  comma  2,  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18 (Misure di  potenziamento  del  Servizio  sanitario
nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e  imprese
connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con
modificazioni, nella legge  24  aprile  2020,  n.  27,  consentirebbe
l'impiego  dell'avanzo  disponibile  solo  per  finanziare  le  spese
correnti connesse con l'emergenza in corso. 
    Inoltre, la previsione che esenzioni e riduzioni  possano  essere
deliberate anche dopo l'approvazione del bilancio 2020 contrasterebbe
con l'art. 1, comma 169,  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», e con  l'art.  53,
comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge  finanziaria  2001)»  -  norme  interposte   in   materia   di
armonizzazione dei bilanci pubblici  -  secondo  cui  le  statuizioni
afferenti alle tariffe e alle  aliquote  dei  tributi  devono  essere
adottate entro la data fissata per la deliberazione del bilancio.  Di
qui il vulnus all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Risulterebbero altresi' violati l'art. 23 Cost. -  in  quanto  il
contribuente verrebbe assoggettato  a  una  prestazione  patrimoniale
imposta oltre il termine perentorio fissato dal legislatore statale -
e i principi sanciti dalla legge n. 212 del 2000, in mancanza  di  un
riferimento  temporale  certo  per  l'individuazione  di  aliquote  e
tariffe applicabili per ciascun anno d'imposta. 
    1.3.- In ultimo, viene impugnato l'art. 11, commi da 1 a 4  e  6,
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.  9  del  2020,  in  quanto,
dettando la disciplina temporanea della reggenza con  riferimento  al
segretario  comunale  e  sovrapponendo  la  stessa  a  quella  recata
dall'art.  16-ter  del  decreto-legge  30  dicembre  2019,   n.   162
(Disposizioni urgenti in materia di proroga di  termini  legislativi,
di  organizzazione  delle  pubbliche  amministrazioni,   nonche'   di
innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella  legge
28 febbraio 2020, n. 8, con  conseguente  disparita'  di  trattamento
rispetto al regime applicabile nel resto  del  territorio  nazionale,
violerebbe gli artt. 97 e 117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,
nonche' l'art. 4, numero 1-bis), dello  statuto  reg.  Friuli-Venezia
Giulia, che  imporrebbe  alla  Regione  di  uniformarsi  ai  principi
generali dell'ordinamento giuridico della  Repubblica.  La  normativa
impugnata, inoltre, disponendo che  l'onere  finanziario  determinato
dall'incarico di reggenza sia escluso dal limite  di  spesa  previsto
per il lavoro flessibile dall'art. 9, comma 28, del d.l.  n.  78  del
2010, come convertito, contrasterebbe con il  principio  fondamentale
di coordinamento della finanza pubblica da quest'ultimo espresso,  in
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    2.- Con riguardo alla questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del
2020, occorre preliminarmente rilevare che l'art. 29-bis della  legge
regionale n. 21 del 2019  da  esso  introdotto  e'  stato  sostituito
dall'art. 9, comma  34,  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 6 agosto 2020, n. 15 (Assestamento del bilancio per  gli  anni
2020-2022 ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale 10  novembre
2015,  n.  26).  In   particolare,   a   seguito   della   menzionata
sostituzione, e' stata mantenuta l'attribuzione ai  Comuni  dei  beni
immobili  delle  UTI  che  esercitano  le  funzioni  delle  soppresse
Province, in ragione del territorio in cui  insistono  (art.  29-bis,
comma 5, primo periodo), mentre e' stato espunto ogni riferimento  al
verbale di consegna, precedentemente considerato  titolo  idoneo  per
l'intavolazione, la trascrizione immobiliare e la  voltura  catastale
dei diritti reali e momento di  decorrenza  del  trasferimento  della
proprieta' (art. 29-bis, comma 5, secondo periodo), previsioni su cui
pure si appunta l'impugnativa. 
    Tale ius superveniens e' parzialmente satisfattivo rispetto  alle
pretese avanzate in ricorso, permanendo inalterata solo la previsione
del trasferimento immobiliare. Inoltre, la norma e' rimasta in vigore
per un breve lasso di tempo (dal 21 maggio all'11 agosto 2020)  e  la
Regione ha riferito - ribadendolo anche in  pubblica  udienza,  senza
che l'Avvocatura generale dello Stato abbia  obbiettato  alcunche'  -
che la stessa non ha ricevuto applicazione. 
    Pertanto, alla stregua della costante  giurisprudenza  di  questa
Corte (ex multis, sentenza n. 42 del 2021),  sussistono  gli  estremi
per dichiarare cessata la materia del contendere della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6,  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020 nella parte in  cui  prevede:  «I
Commissari, nominati ai sensi dell'articolo 29, comma 4, redigono  il
relativo verbale di consegna, che ai  sensi  dell'articolo  2645  del
codice   civile,   costituisce   titolo   per   l'intavolazione,   la
trascrizione immobiliare e la voltura catastale di diritti reali  sui
beni immobili trasferiti. Il trasferimento della proprieta' dei  beni
immobili decorre dalla data del verbale di consegna». 
    3.- Quanto al residuo motivo di impugnazione del citato  art.  1,
comma 6, per violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost.,   occorre,   in   via   preliminare,   esaminare   l'eccezione
d'inammissibilita' sollevata dalla Regione resistente in ragione  del
mancato confronto con le competenze legislative a  essa  riconosciute
dallo statuto. 
    L'eccezione e' priva di pregio. 
    Assumendo il contenuto di rilievo privatistico della disposizione
impugnata - afferente  al  trasferimento  immobiliare  -  il  ricorso
implicitamente esclude, alla luce della natura del parametro evocato,
riferito alla  materia  dell'ordinamento  civile,  l'utilita'  di  un
confronto con il quadro  delle  competenze  statutarie,  corroborando
tale assunto con l'indicazione della normativa statale contenuta  nel
codice civile, recante  l'indicazione  dei  modi  di  acquisto  della
proprieta': art. 922 cod. civ.; la  questione  e'  cosi'  validamente
prospettata e ne e' possibile lo scrutinio nel merito (sentenze n. 42
e n. 11 del 2021). 
    4.- La questione non e' fondata. 
    L'art. 12  della  legge  costituzionale  28  luglio  2016,  n.  1
(Modifiche allo Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia,
di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, in materia di
enti locali, di elettorato  passivo  alle  elezioni  regionali  e  di
iniziativa legislativa popolare), dopo aver disposto la  soppressione
delle Province friulane (comma 1), rimette alla  legge  regionale  la
disciplina  del  «trasferimento  delle  funzioni  delle  province  ai
comuni, anche nella forma di citta' metropolitane,  o  alla  regione,
con le risorse umane, finanziarie e strumentali corrispondenti, e  la
successione nei rapporti giuridici» (comma 2). 
    L'art. 29-bis (Disposizioni  per  la  liquidazione  delle  Unioni
territoriali intercomunali che esercitano le funzioni delle soppresse
Province), introdotto dalla disposizione impugnata nell'ambito  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 21 del 2019, si  inserisce  nella
sequenza legislativa regionale di superamento delle Province.  In  un
contesto connotato dalla precedente istituzione delle UTI  -  modello
organizzativo che la Regione ha inteso abbandonare - la  disposizione
si colloca in linea di continuita' con l'attuazione della  previsione
statutaria poc'anzi citata,  trasferendo  ai  Comuni,  quali  risorse
strumentali, gli immobili di proprieta' delle UTI «che esercitano  le
funzioni  delle  soppresse  Province»,  a  completamento  di   quanto
previsto  dal  precedente  art.  29  (Disposizioni  speciali  per  il
superamento delle Unioni che esercitano le funzioni  delle  soppresse
Province) della medesima legge regionale. 
    Poiche' il trasferimento immobiliare denunciato e'  riconducibile
alla previsione di cui all'art. 12, comma 2, della legge cost.  n.  1
del 2016, disposizione che lo demanda  espressamente  al  legislatore
regionale, e'  priva  di  fondamento  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, della legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 9 del 2020 nella parte in cui prevede: «I beni immobili  di
proprieta' delle Unioni territoriali intercomunali che esercitano  le
funzioni delle soppresse Province sono attribuiti ai Comuni  nei  cui
territori essi insistono». 
    5.- Con riguardo all'impugnativa  dell'art.  3,  comma  1,  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9  del  2020,  la  resistente  ha
parimenti  eccepito  il  mancato  confronto  del  ricorrente  con  le
competenze a essa attribuite dallo statuto speciale. 
    Anche in questo caso l'eccezione non e' fondata. 
    Alla luce del contenuto delle disposizioni  impugnate,  afferenti
alla disciplina del bilancio degli enti locali, e  della  natura  del
parametro  evocato,  riferito  a  materie   di   competenza   statale
esclusiva, quanto prospettato dal ricorrente  implicitamente  esclude
l'utilita' di un confronto con il quadro delle competenze statutarie,
corroborando  tale  assunto  con  elementi  indiziari   rappresentati
dall'indicazione  della  normativa  statale  recante  la   disciplina
conferente, in tal  modo  prospettando  validamente  le  questioni  e
consentendone lo scrutinio nel merito (analogamente, sentenza  n.  42
del 2021). 
    Tuttavia, prima di procedere ulteriormente alla loro disamina, e'
necessaria una sintetica descrizione del  piu'  complesso  intervento
realizzato dal legislatore regionale, nel cui ambito  si  colloca  la
disposizione impugnata. 
    5.1.-  Ai  sensi  dell'art.  3,  comma  1,   della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020, «[i]  Comuni  che,  al  fine  di
fronteggiare  la  situazione  di   crisi   derivante   dall'emergenza
COVID-19, deliberano, per l'anno 2020, riduzioni ed  esenzioni  della
tassa sui rifiuti (TARI), ai sensi dell'articolo 1, comma 660,  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilita' 2014),  riduzioni
della tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP) o del
canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche  (COSAP),  possono
disporre la copertura del relativo minor  gettito  o  minore  entrata
anche  attraverso  il  ricorso  a   risorse   derivanti   dall'avanzo
disponibile, nonche' da trasferimenti regionali»  (primo  periodo)  e
«[l]e deliberazioni di riduzione ed esenzione possono essere adottate
anche successivamente all'approvazione del bilancio di previsione per
l'esercizio 2020» (secondo periodo). 
    Se il comma impugnato consente di fornire  copertura  finanziaria
alle minori entrate determinate  da  esenzioni  e  riduzioni  «anche»
attraverso il ricorso a risorse  derivanti  dall'avanzo  disponibile,
oltre che da  trasferimenti  regionali,  quelli  successivi  regolano
questi ultimi. La Regione, infatti, concorre al sostegno  dei  Comuni
che adottano i citati  provvedimenti  di  riduzione  della  pressione
fiscale con un ristoro parziale - ossia, pari alla  meta'  del  minor
gettito e comunque non superiore ai valori indicati per ciascun  ente
locale nella Tabella A allegata (commi 4 e 5) - delle minori  entrate
della TARI per le utenze non domestiche, nonche'  di  TOSAP  e  COSAP
(comma 2), mediante l'istituzione di un fondo  speciale  compensativo
(comma 3). Qualora lo Stato provveda al ristoro totale o parziale del
minor gettito derivante dalla riduzione ed esenzione della  TARI  per
le utenze non domestiche, nonche' dalla riduzione della TOSAP  o  del
COSAP, e' previsto che gli  importi  regionali  spettanti  a  ciascun
Comune vengano ridotti del corrispondente ammontare (comma 7). 
    Il riferimento alle utenze  non  domestiche  per  la  TARI  e  la
correlazione all'occupazione di suolo pubblico, a cui  ineriscono  le
altre due entrate oggetto di possibile rimodulazione, dimostrano come
l'intento perseguito  dal  legislatore  regionale  -  confermato  dai
lavori preparatori - sia quello di agevolare gli operatori  economici
particolarmente colpiti dalla pandemia e dalle  misure  adottate  per
contrastarla. Cio' tramite l'equivalente coinvolgimento  dei  Comuni,
dei quali si e' inteso salvaguardare l'autonomia decisionale in  tema
di tributi ed entrate locali, seppur incentivandone  l'esercizio  nel
senso  auspicato  dalla  Regione  attraverso  la  possibilita',  loro
riconosciuta,  di  impiegare  anche   l'avanzo   di   amministrazione
disponibile a copertura delle minori entrate. 
    5.2.- Tanto premesso, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3, comma 1, primo periodo, della legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 9 del 2020, in riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., non e' fondata. 
    La disposizione, che consente, per il 2020, di destinare l'avanzo
disponibile alla copertura finanziaria delle  minori  entrate  dovute
alle deliberazioni comunali di riduzione ed esenzione di TARI,  TOSAP
e COSAP, e' inquadrabile nella materia  «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici», atteso che, come  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
affermare,  a  tale  ambito  e'  riconducibile  la  disciplina  della
destinazione  della  quota  libera  dell'avanzo  di   amministrazione
(sentenza n. 78 del 2020). 
    La giurisprudenza  costituzionale  ha  altresi'  evidenziato  che
l'avanzo "libero" «non puo' essere inteso come una sorta di utile  di
esercizio, il  cui  impiego  sarebbe  nell'assoluta  discrezionalita'
dell'amministrazione.  Anzi,  l'avanzo  di  amministrazione  "libero"
delle autonomie territoriali e'  soggetto  a  un  impiego  tipizzato»
(sentenza n. 138 del 2019). 
    Infatti, l'art. 42, comma 6, del decreto  legislativo  23  giugno
2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42), per le Regioni,  e  l'art.  187,  comma  2,  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento  degli  enti   locali),   per   gli   enti   locali,
stabiliscono, in maniera  sostanzialmente  coincidente,  i  possibili
impieghi della quota  libera  dell'avanzo  di  amministrazione  e  il
relativo ordine di priorita'. In particolare, specificamente per  gli
enti locali, essi consistono: 1) nella  copertura  dei  debiti  fuori
bilancio; 2) nella salvaguardia degli equilibri di  bilancio  di  cui
all'art. 193 del d.lgs. n. 267 del 2000, ove  non  possa  provvedersi
con mezzi ordinari; 3) nel finanziamento delle spese di investimento;
4) nel finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente;
5) nell'estinzione anticipata dei prestiti. 
    Tale ordine viene temporaneamente derogato dall'art.  109,  comma
2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, che, mantenendo solo  le
priorita' relative alla copertura dei debiti fuori  bilancio  e  alla
salvaguardia degli equilibri di bilancio, consente agli  enti  locali
l'impiego della  quota  libera  dell'avanzo  di  amministrazione  per
finanziare le spese correnti  connesse  all'emergenza  sanitaria  con
precedenza rispetto al finanziamento di quelle di investimento. 
    La disposizione impugnata, al fine di coinvolgere anche i  Comuni
nel  supporto  alle  categorie  economiche   colpite   dalle   misure
restrittive,  consente  di   raddoppiare   potenzialmente   l'impatto
dell'intervento  e  di  realizzarlo  in  via  immediata   (senza   lo
svolgimento di un'attivita' provvedimentale amministrativa).  In  tal
modo essa, da un lato, evita  la  potenziale  formazione  di  crediti
inesigibili e, dall'altro, permette di ridurre la  pressione  fiscale
attraverso l'impiego dell'avanzo disponibile, cosi' optando  per  una
soluzione alternativa all'erogazione diretta di  contributi  a  fondo
perduto. 
    Proprio  tale  alternativita'   consente   di   ravvisare   nella
temporanea riduzione delle entrate  una  sostanziale  ed  equivalente
contribuzione indiretta  e  non  permanente  a  favore  dei  soggetti
beneficiati  che,  ove   realizzata   direttamente,   sarebbe   stata
senz'altro da  ascrivere  a  spesa  corrente,  nel  cui  ambito  sono
ricompresi i contributi per  il  funzionamento  cui  sono  assimilati
quelli erogati dalle amministrazioni territoriali a  soggetti  terzi,
sia in conto capitale che in conto  interessi  (Allegato  4/2,  punto
5.2, lettera c, del d.lgs. n. 118 del 2011). 
    Cio' induce a ricondurre la previsione  regionale  alla  medesima
ratio espressa dal legislatore statale in tema di impiego dell'avanzo
disponibile  per  finanziare  la  spesa  corrente,  con  il  che   lo
scostamento rispetto  alla  disciplina  nazionale  e'  solo  formale,
poiche' detta  previsione  non  collide  con  i  precetti  ricavabili
direttamente dalle specifiche norme interposte evocate dal ricorrente
(sentenze n. 80 del 2017 e n. 184 del 2016) e non frustra le esigenze
a cui  la  disciplina  di  armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e'
funzionale, tra cui si annovera quella di preservare gli equilibri di
bilancio (sentenze n. 80 del 2017 e  n.  184  del  2016),  che  nella
specie  sono  salvaguardati  attingendo  anche  alla   quota   libera
dell'avanzo di amministrazione. 
    5.3.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,
comma 1, secondo periodo, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9
del 2020 sono in parte inammissibili e in parte non fondate. 
    5.3.1.- E' inammissibile la questione promossa in riferimento  ai
principi espressi dalla legge n. 212 del 2000. 
    Essa sembra  fondarsi  sulla  presunta  violazione  dell'art.  1,
secondo cui «[l]e disposizioni della presente  legge,  in  attuazione
degli articoli 3, 23,  53  e  97  della  Costituzione,  costituiscono
principi  generali  dell'ordinamento  tributario  e  possono   essere
derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali». 
    Tuttavia,  questa  Corte  ha  piu'  volte  affermato   che   tali
disposizioni  non  possono  essere   assunte   quale   parametro   di
legittimita' costituzionale, in quanto hanno rango di legge ordinaria
(ex plurimis, sentenza n. 247 del 2011). 
    5.3.2.- Non e'  fondata  la  questione  promossa  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    La materia interessata dall'art. 3,  comma  1,  secondo  periodo,
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020  -  secondo  cui
«[l]e deliberazioni di riduzione ed esenzione possono essere adottate
anche successivamente all'approvazione del bilancio di previsione per
l'esercizio 2020» - va identificata nell'armonizzazione  dei  bilanci
pubblici. Cio' in quanto, come gia' osservato da questa  Corte,  tale
competenza e' finalizzata «a  realizzare  l'omogeneita'  dei  sistemi
contabili per rendere i bilanci delle amministrazioni  aggregabili  e
confrontabili, in modo da soddisfare le esigenze informative connesse
a  vari  obiettivi  quali  la  programmazione  economico-finanziaria»
(sentenze n.  80  del  2017  e  n.  184  del  2016)  -  evidentemente
influenzata dal coordinamento tra le deliberazioni che incidono sulle
entrate comunali e la predisposizione del bilancio di previsione -  e
ad essa va ricondotta «la scansione temporale degli  adempimenti  del
ciclo di bilancio, dettati  dalla  normativa  statale  [...  che]  si
impone anche alle Regioni a statuto speciale, in quanto  parti  della
"finanza pubblica allargata"» (sentenza n. 250 del 2020). 
    Il ricorrente evoca, quali parametri interposti, l'art. 1,  comma
169, della legge n. 296 del 2006 e l'art. 53, comma 16,  della  legge
n. 388 del 2000: la prima disposizione prevede che «[g]li enti locali
deliberano le tariffe e le  aliquote  relative  ai  tributi  di  loro
competenza  entro  la  data  fissata  da   norme   statali   per   la
deliberazione  del  bilancio  di  previsione   [...]»;   la   seconda
statuisce, in maniera sostanzialmente omogenea, che «[i]l termine per
deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi  locali  [...]  e  le
tariffe  dei  servizi  pubblici  locali,  nonche'  per  approvare   i
regolamenti relativi alle entrate degli  enti  locali,  e'  stabilito
entro la data fissata da  norme  statali  per  la  deliberazione  del
bilancio di previsione [...]». 
    Entrambe le disposizioni, dunque, individuano nella data  fissata
per la deliberazione del bilancio  il  termine  finale  per  incidere
sulle entrate locali (lo stesso, peraltro,  fissato  per  le  tariffe
relative alla TARI, a regime, dall'art. 1, comma 683, della legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Legge di stabilita' 2014»). 
    Poiche' la disposizione impugnata non prevede che, per  il  2020,
le delibere comunali  di  esenzione  o  riduzione  della  TARI  o  di
riduzione di TOSAP e  COSAP  possano  intervenire  oltre  il  termine
fissato dalla legislazione statale per l'approvazione del bilancio  -
slittato, per l'esercizio in considerazione, al 31 ottobre  2020,  in
virtu' del  decreto  del  Ministro  dell'interno  30  settembre  2020
(Differimento del  termine  per  la  deliberazione  del  bilancio  di
previsione 2020/2022 degli enti locali dal 30 settembre  2020  al  31
ottobre 2020), adottato ai sensi dell'art. 151, comma 1,  del  d.lgs.
n. 267 del 2000 - essa non contrasta con le norme interposte  evocate
dal ricorrente, riferendosi esclusivamente all'eventualita' che  tale
approvazione sia gia' intervenuta. 
    In sostanza, la statuizione regionale e'  diretta  a  ovviare  al
rischio che ai Comuni piu' solerti - e agli operatori  economici  del
loro territorio - possa risultare precluso l'impiego del sopravvenuto
meccanismo  contributivo  predisposto  dal   legislatore   regionale,
evitando cosi' una discriminazione a loro  danno  rispetto  a  quegli
enti locali che, viceversa, al momento della  sua  introduzione,  non
abbiano ancora provveduto ad approvare il bilancio. 
    E' evidente che  l'adozione  della  delibera  modificativa  delle
entrate  in  considerazione  in  un  momento  successivo   a   quello
dell'approvazione   del   bilancio   richiede   un   adeguamento   di
quest'ultimo agli effetti da essa prodotti, onde salvaguardarne,  nel
rispetto del principio di trasparenza,  l'equilibrio  e  la  funzione
programmatoria e di accountability (sentenza n. 49 del 2018) che  gli
appartengono. 
    5.3.3.- Parimenti non fondata e'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1,  secondo  periodo,  della  legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2020 in riferimento  all'art.  23
Cost. 
    Questa Corte ha avuto modo  di  precisare  ripetutamente  che  la
riserva relativa di legge di cui all'art.  23  Cost.  e'  soddisfatta
tanto dalla legge statale  quanto  da  quella  regionale  (ex  aliis,
sentenza n. 435 del 2001). 
    Ne consegue che, in disparte il  profilo  della  competenza,  non
riconducibile al parametro evocato, quest'ultimo non e' violato dalla
disposizione legislativa regionale oggetto d'impugnazione. 
    6.- La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,
commi da 1 a 4, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del  2020
e' fondata in riferimento all'art. 4, numero 1-bis), dello statuto. 
    Al dichiarato fine «di fare fronte alla grave e  cronica  carenza
di segretari comunali  iscritti  alla  sezione  regionale  dell'albo,
anche in relazione alla imprescindibile  operativita'  di  tutti  gli
enti locali  della  Regione  nella  fase  successiva  al  superamento
dell'emergenza  epidemiologica»,  il   citato   art.   11   (Reggenza
temporanea delle sedi di segreteria) disciplina,  fino  alla  riforma
dell'ordinamento dei segretari comunali del Friuli-Venezia Giulia  e,
comunque,  non  oltre  dodici  mesi  dall'entrata  in  vigore   delle
disposizioni impugnate, l'individuazione dei soggetti cui  attribuire
il  ruolo  di  segretari  comunali  nelle  sedi  di  segreteria   con
popolazione fino a 3.000 abitanti (comma 1), istituendo l'Elenco  dei
soggetti cui puo' essere attribuita la reggenza temporanea (comma 2),
al quale possono iscriversi i dipendenti  di  ruolo  degli  enti  del
Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale con  contratto
di lavoro a  tempo  indeterminato,  in  possesso  dei  requisiti  per
l'accesso alla qualifica di segretario comunale di cui  all'art.  13,
comma 13, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre
2009, n. 24, recante «Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
pluriennale e annuale della Regione (Legge finanziaria 2010)»  (comma
3). I sindaci, dopo aver esperito  senza  successo  la  procedura  di
pubblicizzazione della sede di  segreteria  vacante,  individuano  il
soggetto  cui  conferire   l'incarico   di   reggenza,   scegliendolo
nell'ambito di una terna di nominativi predisposta sulla  base  delle
manifestazioni  d'interesse  pervenute  dagli  iscritti,  ovvero,  in
mancanza, della vicinanza del luogo  di  residenza  dichiarato  dagli
stessi rispetto alla sede di conferimento dell'incarico (comma 4). 
    Alla stregua del suo oggetto e  della  necessita'  di  soddisfare
contingenti esigenze organizzative  onde  assicurare  la  continuita'
dell'azione amministrativa degli enti locali, la normativa  impugnata
va ricondotta alla materia «ordinamento degli  enti  locali  e  delle
relative circoscrizioni», di cui all'art.  4,  numero  1-bis),  dello
statuto. 
    Per espressa previsione statutaria, tuttavia, l'esercizio di tale
competenza  deve  avvenire  in  armonia  con  i   principi   generali
dell'ordinamento giuridico della  Repubblica.  Tra  di  essi  rientra
quello  per  cui  l'attribuzione  e  la  ripartizione   dei   compiti
istituzionali dei funzionari statali spetta al legislatore statale. 
    Prevedendo e disciplinando,  dunque,  l'attribuzione  transitoria
delle funzioni  vicarie  del  segretario  comunale,  funzionario  del
Ministero dell'interno (sentenza n. 23 del 2019), ai  «dipendenti  di
ruolo degli enti del Comparto unico del pubblico impiego regionale  e
locale», la Regione ha violato tale principio, eccedendo  dal  limite
imposto dallo statuto. 
    Da tanto consegue la fondatezza della questione promossa. 
    Restano assorbiti gli ulteriori motivi d'impugnazione. 
    7.- In ragione della stretta e  inscindibile  connessione  con  i
primi  quattro  commi  (in  particolare,  con   il   comma   4,   cui
espressamente  rinvia)  e  della   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale degli stessi, il comma 6 dell'art. 11 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9  del  2020  -  relativo  all'inquadramento
giuridico ed economico dell'incarico di reggenza e all'esclusione del
relativo onere dal limite di spesa previsto dal  legislatore  statale
per il lavoro flessibile - deve essere dichiarato  costituzionalmente
illegittimo in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della  legge
n. 87 del 1953, senza che a tanto osti la circostanza di essere stato
fatto oggetto di diretta impugnazione (sentenze n. 147 del 2018 e  n.
250 del 2009). 
    Per le medesime ragioni, analoga sorte va riservata ai commi 5, 7
e 8 dello stesso art. 11, che, rispettivamente, sanzionano la mancata
accettazione  della  sede  oggetto   di   incarico,   dispongono   il
collocamento in aspettativa del  dipendente  di  ruolo  incaricato  e
prevedono  un  regolamento  di  disciplina  degli  aspetti   relativi
all'iscrizione, alla tenuta dell'elenco di cui al precedente comma 2,
alla determinazione dei criteri  di  priorita'  per  l'individuazione
delle terne dei nominativi dei possibili incaricati e alle  procedure
di richiesta e assegnazione.