ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 120,  comma
5, dell'Allegato 1 (Codice del processo  amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino  del  processo  amministrativo),  promosso   dal   Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione  staccata  di  Lecce,
nel procedimento vertente tra la Sincon srl e il Comune di Latiano  e
altri, con ordinanza del  2  marzo  2020,  iscritta  al  n.  107  del
registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti di costituzione della Sincon srl e del  Comune  di
Latiano, nonche' l'atto di intervento del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  5  ottobre  2021  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato Francesco Caricato per  la  Sincon  srl,  Pietro
Quinto per il Comune di Latiano, in collegamento da remoto, ai  sensi
del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte  del  18  maggio
2021, e l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 marzo 2020 (reg. ord. n. 107  del  2020),
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata
di Lecce,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  120,  comma  5,  dell'Allegato  1  (Codice  del   processo
amministrativo)  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo) in riferimento all'art. 24 della Costituzione,  nella
parte in cui fa decorrere il termine per  proporre  motivi  aggiunti,
nelle  controversie  di  cui  al  comma  1,  dalla  ricezione   della
comunicazione di cui all'art. 79 del decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE). 
    2.- Il giudice rimettente riferisce che gli atti di una procedura
di affidamento di un appalto di servizi sono stati impugnati  con  un
ricorso proposto ai sensi dell'art. 120 dell'Allegato 1 al d.lgs.  n.
104 del 2010 (d'ora in avanti: cod.  proc.  amm.),  a  seguito  della
comunicazione di aggiudicazione a favore della  controinteressata  in
data 29 maggio 2019. 
    Fin dal 30 maggio 2019 la ricorrente ha  chiesto  l'accesso  agli
atti di gara, che e' stato consentito dalla stazione appaltante  solo
il 15 luglio successivo. 
    A cio' e' seguita la proposizione di motivi aggiunti al  ricorso,
notificati il 31 luglio 2019. Pertanto, a parere del giudice  a  quo,
essi sarebbero  irricevibili  per  tardivita',  in  applicazione  del
denunciato art. 120, comma  5,  cod.  proc.  amm.  Ne  seguirebbe  la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della  norma
censurata. 
    3.-  Con  riferimento  alla  non   manifesta   infondatezza,   il
rimettente ritiene di essere vincolato ad applicare l'art. 120, comma
5, cod. proc. amm. nell'univoco senso espresso  dalla  lettera  della
disposizione, che riconnetterebbe la decorrenza del termine alla sola
ricezione  della  comunicazione  di  aggiudicazione,   inviata   agli
operatori concorrenti alla gara ai sensi dell'art. 79 del  d.lgs.  n.
163 del 2006 (d'ora in avanti: "primo" cod. contratti pubblici). 
    Posto che i vizi da porre a base dei motivi  aggiunti,  tuttavia,
ben potrebbero essere conosciuti  solo  in  data  successiva  a  tale
ricezione, in forza dell'accesso  agli  atti  di  gara,  tale  regime
processuale sarebbe palesemente in contrasto  con  l'art.  24  Cost.,
perche', comportando che il termine per la  proposizione  dei  motivi
medesimi decorra prima della cognizione del  vizio,  impedirebbe  "di
fatto" la tutela giurisdizionale. 
    4.- Il giudice a quo stima poi inadeguata a risolvere il  profilo
di illegittimita' costituzionale la soluzione interpretativa  invalsa
in giurisprudenza, secondo la quale, in caso di accesso agli atti  di
gara, il termine di trenta giorni per  proporre  ricorso,  anche  con
motivi aggiunti, va incrementato di un numero di giorni pari a quelli
che l'art. 79 del "primo" cod. contratti  pubblici  assegna  ai  fini
dell'accesso. 
    Il rimettente da' atto che  l'art.  79  appena  citato  e'  stato
abrogato, e che, ad oggi, la giurisprudenza si e' attestata nel senso
che il rinvio operato dall'art. 120, comma 5, cod. proc. amm. a  tale
disposizione vada ora indirizzato al nuovo  art.  76,  comma  2,  del
decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei  contratti
pubblici), che, pur con una diversa formula  letterale,  assegnerebbe
quindici  giorni,   anziche'   dieci,   dalla   comunicazione   della
aggiudicazione per un tempestivo accesso.  Il  termine  per  proporre
motivi aggiunti potrebbe essere percio' incrementato di conseguenza. 
    Tale soluzione, secondo il rimettente, non e' compatibile con  la
lettera della norma censurata, che continua a  rinviare  all'art.  79
del "primo" cod. contratti pubblici, per quanto abrogato. 
    Inoltre, essa comporterebbe lo slittamento anche del termine  per
proporre  il  ricorso  principale,  «in  radicale  contrasto  con  la
previsione  del  rito  speciale  accelerato  in  materia  di  appalti
pubblici». 
    5.- E' intervenuto nel giudizio  incidentale  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, eccependo la inammissibilita' della  questione,
e, nel merito, chiedendo che essa sia dichiarata non fondata. 
    6.- La questione sarebbe inammissibile perche' il rimettente  non
indica quale sia il regime «alternativo e  conforme  a  Costituzione»
rispetto a quello imposto dalla norma censurata. 
    Inoltre, essa sarebbe inammissibile perche' il rimettente  si  e'
sottratto  al  dovere  di  interpretazione  conforme,   mancando   di
uniformarsi   all'indirizzo   giurisprudenziale   che   permette   di
incrementare il termine per proporre motivi aggiunti. 
    Il  giudice  a   quo   non   avrebbe   inoltre   considerato   la
giurisprudenza secondo cui, nell'ipotesi in  cui  l'accesso  non  sia
permesso tempestivamente dalla stazione appaltante, il giudice dovra'
escludere  che  il  termine  per  proporre  motivi  aggiunti  decorra
comunque. 
    7.- Le medesime considerazioni appena svolte sull'interpretazione
conforme renderebbero la questione, ove ammissibile, in ogni caso non
fondata. 
    8.- Si e'  costituito  il  Comune  di  Latiano,  gia'  parte  del
giudizio  principale,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile o non fondata. 
    Il Comune sostiene, al  pari  dell'Avvocatura  generale,  che  la
soluzione praticata dalla giurisprudenza respinta dal rimettente  sia
corretta, e superi ogni dubbio di legittimita' costituzionale. 
    Tale indirizzo, si aggiunge, e' stato di recente  ribadito  dalla
Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 24  giugno-2
luglio 2020, n.  12,  che  ha  confermato  come  il  rinvio  disposto
dall'art. 120, comma 5, cod. proc. amm. all'art. 79 del "primo"  cod.
contratti pubblici vada ora riferito all'art. 76 del d.lgs. n. 50 del
2016 (d'ora in avanti: "secondo" cod. contratti pubblici). 
    Il Comune condivide la «svalutazione del  criterio  letterale»  a
favore di una «interpretazione sistematica delle norme»,  e  aggiunge
che, nel caso di specie, si e' in presenza  di  un  mero  difetto  di
coordinamento tra l'art. 120 cod. proc.  amm.  e  il  "secondo"  cod.
contratti pubblici. 
    9.- Si e' costituita  la  Sincon  srl,  ricorrente  nel  giudizio
principale, chiedendo che la questione sia accolta. 
    La parte premette di avere notificato il ricorso principale il 27
giugno 2019, quando ancora non era stata posta in grado di  percepire
la sussistenza dei vizi poi dedotti con motivi aggiunti, posto che la
istanza di accesso del 30 maggio  precedente  non  era  stata  ancora
soddisfatta. 
    A parere della Sincon srl, i motivi  aggiunti  notificati  il  31
luglio 2019 sarebbero tempestivi, perche' intervenuti nel termine  di
trenta giorni dalla conoscenza degli atti, conseguita  il  15  luglio
precedente. La  parte  aggiunge  che  non  vi  sarebbero  motivi  per
derogare al principio generale che  fa  decorrere  il  termine  dalla
conoscenza del vizio, ottenuta a seguito di accesso. 
    Tuttavia,  ove   si   intendesse   aderire   alla   ricostruzione
ermeneutica fatta propria dal giudice a quo, e  quindi  si  ritenesse
che il termine di decadenza  per  proporre  motivi  aggiunti  decorra
dalla comunicazione dell'aggiudicazione, la questione di legittimita'
costituzionale sarebbe da accogliere,  perche'  tale  interpretazione
lederebbe il diritto di difesa. 
    10.- Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  la  Sincon  srl  ha
depositato memoria, insistendo sulle conclusioni gia' formulate.  Nel
caso di specie, i motivi aggiunti proposti  nel  processo  principale
sarebbero tempestivi, in quanto  la  conoscenza  dei  vizi  con  essi
dedotti sarebbe stata raggiunta solo a seguito di accesso agli  atti,
ai  sensi  dell'art.  52,  comma  2,  del  "secondo"  cod.  contratti
pubblici. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia,  sezione
staccata di Lecce, ha sollevato, con ordinanza del 2 marzo 2020 (reg.
ord. n. 107  del  2020),  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  120,  comma  5,  dell'Allegato  1  (Codice  del   processo
amministrativo)  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo) in riferimento all'art. 24 della Costituzione,  nella
parte in cui fa decorrere il termine per  proporre  motivi  aggiunti,
nelle  controversie  di  cui  al  comma  1,  dalla  ricezione   della
comunicazione di cui all'art. 79 del decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE). 
    Il rimettente giudica della  legittimita'  di  una  procedura  di
affidamento  di  appalto  pubblico  di  servizi,   nella   quale   e'
controversa la tempestivita' della proposizione di motivi aggiunti al
ricorso. 
    Questi ultimi, infatti, sono stati notificati il 31 luglio  2019,
a seguito di accesso agli  atti  di  gara  conseguito  il  15  luglio
precedente.   Tuttavia,    la    comunicazione    dell'aggiudicazione
(disciplinata ora, a seguito dell'abrogazione dell'indicato  art.  79
del d.lgs. n. 163 del 2006 - d'ora in avanti: "primo" cod.  contratti
pubblici - dall'art. 76 del decreto legislativo 18  aprile  2016,  n.
50, recante «Codice dei contratti pubblici») era pervenuta alla parte
ricorrente nel processo principale fin dal 29 maggio  2019,  sicche',
assumendo tale ultima data a dies a quo per computare il  termine  di
decadenza  per  proporre  i  motivi  aggiunti,  sarebbe   palese   la
tardivita' di questi ultimi  e  la  conseguente  irricevibilita'  del
ricorso che li contiene. 
    Il giudice a quo muove da tale  presupposto  interpretativo,  che
reputa  imposto  dal  chiaro  tenore  letterale  della   disposizione
censurata, e ne denuncia gli esiti come difformi dalle  garanzie  del
diritto di difesa assicurate dall'art. 24 Cost. Infatti,  il  termine
di decadenza per proporre motivi aggiunti decorrerebbe  da  una  data
nella quale la parte ricorrente ben  potrebbe  ignorare  i  vizi  che
affliggono la procedura di gara, e la cui conoscenza potrebbe seguire
non gia' alla mera  comunicazione  dell'aggiudicazione  a  favore  di
altro concorrente, ma alla visione degli atti del  procedimento,  per
effetto dell'istanza di accesso. 
    2.-   L'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita'   della   questione    per    «mancata    compiuta
individuazione del petitum», ovvero perche' il rimettente non avrebbe
indicato quale soluzione compatibile con la Costituzione questa Corte
dovrebbe adottare, al  fine  di  superare  il  prospettato  vizio  di
illegittimita' costituzionale. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' affermato  che  «l'ordinanza  di  rimessione
delle questioni di legittimita'  costituzionale  non  necessariamente
deve concludersi con un  dispositivo  recante  altresi'  un  petitum,
essendo sufficiente che  dal  tenore  complessivo  della  motivazione
emerga[no] con chiarezza il contenuto  ed  il  verso  delle  censure»
(sentenze n. 150 e n. 123 del 2021). 
    Nel caso di specie, il tenore dell'ordinanza di rimessione  rende
esplicito che il giudice a quo ravvisa una  soluzione  al  dubbio  di
legittimita' costituzionale nel regime generale di  proposizione  dei
motivi aggiunti regolato dall'art. 43 dell'Allegato 1  al  d.lgs.  n.
104 del 2010 (d'ora in avanti: cod. proc.  amm.),  per  il  quale  il
termine non puo' che decorrere  da  quando  chi  abbia  interesse  al
ricorso sia stato posto  nelle  condizioni  di  percepire  il  vizio,
suscettibile di essere reso oggetto del motivo aggiunto. 
    3.- L'Avvocatura ha altresi'  eccepito  l'inammissibilita'  della
questione,  perche'  il  giudice  rimettente  avrebbe   omesso   ogni
tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme. 
    Cio' sarebbe particolarmente grave, secondo l'interveniente, alla
luce della giurisprudenza amministrativa maturata sul censurato  art.
120, comma 5, cod. proc. amm., che avrebbe gia' offerto  una  lettura
della disposizione tale da renderla del tutto  conforme  all'art.  24
Cost. 
    La giurisprudenza, per la  sua  parte  largamente  maggioritaria,
aveva infatti gia' precisato, al  tempo  in  cui  e'  stata  adottata
l'ordinanza di  rimessione,  che  il  rinvio  contenuto  nella  norma
censurata all'art. 79 del "primo"  cod.  contratti  pubblici  va  ora
riferito al vigente art. 76 del "secondo"  cod.  contratti  pubblici,
che disciplina l'analogo istituto delle informazioni da comunicare  a
candidati e offerenti nella gara pubblica. Si era aggiunto  che,  per
effetto di tale rinvio, il termine di trenta giorni per  proporre  il
ricorso e' suscettibile di essere incrementato (cosiddetta  dilazione
temporale) con riferimento agli ulteriori quindici giorni che  l'art.
76, comma 2, prima  parte,  del  "secondo"  cod.  contratti  pubblici
prevede ai fini dell'accesso agli atti di gara, e che, in ogni  caso,
per le ipotesi in cui l'amministrazione non permetta l'accesso, o  lo
procrastini  indebitamente,  il  termine  decorre  solo   da   quando
l'interessato abbia conosciuto gli atti della procedura. 
    Successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  tale   indirizzo
giurisprudenziale ha incontrato l'avallo della Adunanza plenaria  del
Consiglio di Stato, con la sentenza 24 giugno-2 luglio 2020, n. 12. 
    3.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Il giudice rimettente si e' mostrato  consapevole  dell'indirizzo
ermeneutico appena rammentato, ma ha dichiarato di ritenerlo precluso
all'interprete dalla univoca formulazione  letterale  dell'art.  120,
comma 5, cod.  proc.  amm.,  la  quale  imporrebbe  di  computare  la
decorrenza  del  termine   per   proporre   motivi   aggiunti   dalla
comunicazione  dell'aggiudicazione,  senza   alcun   correttivo   che
permetta in ogni caso al ricorrente di godere pienamente del  termine
assegnato dal legislatore,  ove  il  profilo  di  illegittimita'  non
potesse  essere  colto  sulla  base   del   solo   provvedimento   di
aggiudicazione. 
    Questa Corte ha ripetutamente affermato, a  tale  proposito,  che
«l'effettivo  esperimento  del  tentativo  di   una   interpretazione
costituzionalmente orientata - ancorche' risolto dal  giudice  a  quo
con esito negativo  per  l'ostacolo  ravvisato  nella  lettera  della
disposizione  denunciata  -  consente  di  superare  il   vaglio   di
ammissibilita' della questione incidentale sollevata. La  correttezza
o  meno  dell'esegesi  presupposta  dal  rimettente  -  e,  piu'   in
particolare, la superabilita'  o  non  superabilita'  degli  ostacoli
addotti  a  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata   della
disposizione censurata - attiene  invece  al  merito,  e  cioe'  alla
successiva verifica di fondatezza della questione  stessa»  (sentenza
n. 189 del 2019; in tal senso, sentenze n. 172 del 2021, n. 262 e  n.
221 del 2015). 
    Pertanto, alla luce della motivazione offerta dal rimettente  per
contrapporsi all'interpretazione  costituzionalmente  orientata,  pur
predominante in giurisprudenza, la questione e' ammissibile. 
    4.- Nel merito, essa non e' fondata. 
    Anzitutto, va osservato che non sussiste  alcuno  degli  ostacoli
ravvisati  dal  giudice  a  quo,  quanto  alla  praticabilita'  della
interpretazione  adeguatrice  da  ultimo  sposata  dalla   menzionata
Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. 
    4.1.- Il giudice a quo ritiene, in primo  luogo,  che  il  rinvio
operato dalla norma censurata alla comunicazione  dell'aggiudicazione
di cui all'art. 79 del "primo" cod. contratti pubblici, ai fini della
decorrenza del termine per proporre motivi aggiunti, non permetta  di
postergare in nessun caso il dies a quo,  neppure  per  l'ipotesi  di
accesso agli atti di gara, ne' di adottare soluzioni  correttive  che
garantiscano l'esercizio del diritto  di  difesa,  nonostante  simile
decorrenza. 
    Viene  cosi'  ravvisato   un   impedimento   letterale   che   si
frapporrebbe all'interpretazione invalsa in giurisprudenza durante la
vigenza dell'art. 79 appena citato, e che e' stata poi riproposta con
riferimento al sopravvenuto art.  76  del  "secondo"  cod.  contratti
pubblici. 
    Tuttavia,  il  rimettente   non   considera   che   entrambe   le
disposizioni appena ricordate disciplinano  non  solo  l'informazione
attinente  alla  aggiudicazione,  ma  anche  quelle  successive   che
l'amministrazione  e'  tenuta  a  rendere   disponibili,   ovvero   a
comunicare, a seguito di richiesta di accesso  agli  atti  (art.  79,
comma 5-quater, del "primo" cod. contratti pubblici; art.  76,  comma
2, del "secondo" cod. contratti pubblici). Fermo  restando,  percio',
che l'inizio del termine per proporre il ricorso coincide (in  questo
caso e  salve  le  altre  ipotesi  individuate  dalla  giurisprudenza
amministrativa) con la data della comunicazione della aggiudicazione,
e' proprio  il  rinvio  al  testo  integrale  (e  dunque  comprensivo
dell'attivita' conseguente alla richiesta di  accesso)  dell'art.  79
del "primo" cod. contratti pubblici (ed ora a quello del sopravvenuto
art. 76 del "secondo"  cod.  contratti  pubblici)  a  ricondurre  nel
cerchio delle interpretazioni compatibili con la lettera della legge,
secondo il contesto logico-giuridico al quale pertiene la  norma,  la
lettura che impone una dilazione temporale,  correlata  all'esercizio
dell'accesso nei quindici giorni previsti  attualmente  dall'art.  76
del vigente "secondo" cod. dei contratti pubblici (e, in  precedenza,
ai dieci  giorni  indicati  invece  dall'art.  79  del  "primo"  cod.
contratti pubblici). 
    4.2.- Il rimettente, in secondo luogo, osserva che  il  censurato
art. 120, comma 5, cod. proc. amm. continua a  rinviare  all'art.  79
del "primo" cod. contratti pubblici, pur dopo l'abrogazione  di  esso
ad opera dell'art. 217, comma  1,  lettera  e),  del  "secondo"  cod.
contratti pubblici. Il giudice a quo  ricava  da  cio'  un  ulteriore
elemento letterale sfavorevole  all'applicabilita'  alla  fattispecie
del sopraggiunto art. 76 del "secondo" cod. contratti pubblici, sulla
quale ormai si  fonda  l'interpretazione  adeguatrice  accolta  dalla
giurisprudenza amministrativa. 
    Tuttavia, tale argomento e'  inidoneo  a  sorreggere  una  simile
conclusione. L'abrogazione dell'art. 79 del  "primo"  cod.  contratti
pubblici, e la perdurante vigenza dell'art. 120, comma 5, cod.  proc.
amm. censurato, infatti, pone un dubbio  ermeneutico  concernente  la
natura formale o materiale del  rinvio  disposto  dalla  disposizione
censurata, e,  nel  caso  in  cui  l'interprete  si  orienti  per  il
carattere formale, un ulteriore profilo concernente l'individuazione,
ove possibile, della  norma  eventualmente  divenuta  applicabile  in
luogo di quella abrogata, e delle forme e dei limiti entro i quali il
rinvio puo' continuare ad operare. Si tratta, vale a dire,  di  tappe
di  un  percorso  integralmente  riconducibile  alla  sfera   propria
dell'interpretazione, ovvero  di  un'attivita'  tipica  del  giudice.
Rispetto ad esso la lettera della legge, per la parte in cui  dispone
un rinvio ad una disposizione successivamente  abrogata,  non  e'  un
ostacolo, ma al contrario il punto di partenza che onera l'interprete
del  compito  di  assegnare  alla  norma  il  significato  che   essa
acquisisce, a seguito dell'abrogazione della disposizione oggetto  di
rinvio. 
    4.3.- Infine, il rimettente sostiene che l'interpretazione intesa
a individuare nel sopraggiunto art. 76 del "secondo"  cod.  contratti
pubblici l'oggetto del rinvio contenuto nell'art. 120, comma 5,  cod.
proc. amm. sarebbe del tutto eccentrica, perche' comporterebbe che il
termine per proporre non solo i motivi aggiunti, ma anche il  ricorso
principale decorra non gia' dalla comunicazione  dell'aggiudicazione,
ma «solo a partire dal  momento  in  cui  l'interessato  abbia  avuto
cognizione degli atti della procedura»  a  seguito  di  richiesta  di
accesso. 
    Il rimettente ritiene tale  effetto,  che  sarebbe  «in  radicale
contrasto con la previsione del rito speciale accelerato  in  materia
di appalti pubblici», una  conseguenza  necessitata  del  presupposto
secondo il quale la norma censurata dispone ora  un  rinvio  all'art.
76, comma 2, del "secondo" cod. contratti pubblici, che disciplina le
comunicazioni rese  dall'amministrazione  a  seguito  di  istanza  di
accesso. 
    Tale convincimento non e' pero' condivisibile, perche' non vi  e'
alcuna ragione per ritenere che la norma censurata  contenga  ora  un
rinvio solo a tale porzione dell'art. 76 del "secondo" cod. contratti
pubblici, e non anche al comma 1 dello stesso articolo, che  continua
a disciplinare la comunicazione dell'aggiudicazione. 
    Ne consegue che il testo dell'art. 120, comma 5, cod. proc.  amm.
e' compatibile con un'interpretazione, come quella da ultimo  seguita
dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo  la  quale  il
dies a quo per proporre il ricorso principale ed  i  motivi  aggiunti
decorre dalla comunicazione dell'aggiudicazione (salve  le  ulteriori
ipotesi di decorrenza  di  altra  natura,  ed  estranee  al  presente
incidente di legittimita' costituzionale), fermo  il  gia'  descritto
meccanismo di dilazione temporale per denunciare i vizi che  emergano
a seguito dell'accesso agli atti di gara. 
    5.- Una volta appurato che non vi e' alcun impedimento  letterale
o  logico  ad  adottare  l'interpretazione  della   norma   censurata
propugnata   dalla   giurisprudenza   amministrativa   maggioritaria,
avvallata dalla Adunanza plenaria, resta da verificare  se  essa  sia
tale da assicurare la  conformita'  della  disposizione  all'art.  24
Cost. 
    Questa Corte  osserva,  in  via  preliminare,  che  senza  dubbio
sarebbe contrario alle garanzie proprie  del  diritto  di  difesa  un
assetto  che  imponga  alla   parte   lesa   dal   provvedimento   di
aggiudicazione di proporre un ricorso recante motivi  aggiunti  prima
che essa sia stata posta nelle condizioni di percepire il  vizio  che
si intende denunciare, o comunque quando non le sia stato assicurato,
a tal fine, l'intero termine di trenta giorni previsto dalla legge, e
non le possa essere mosso alcun  addebito  di  colpevole  inerzia,  o
comunque di negligenza. 
    L'istituto stesso dei motivi aggiunti, infatti,  e'  finalizzato,
per quanto qui rileva, a permettere  l'introduzione  in  giudizio  di
profili di illegittimita'  dell'atto  impugnato  che  non  era  stato
possibile percepire innanzi, sulla base  della  sola  cognizione  del
provvedimento lesivo. 
    Percio', prevedere che il termine di  decadenza  per  proporre  i
motivi aggiunti maturi, nonostante il  vizio  non  fosse  conoscibile
mediante  l'impiego  della  ordinaria  diligenza,  comporterebbe  una
arbitraria e irragionevole compressione  del  diritto  di  agire  (ex
plurimis, sentenze n. 271 del 2019 e n. 94 del 2017). 
    Oltretutto, nella materia degli affidamenti pubblici  di  lavori,
servizi o forniture soggetti al diritto dell'Unione europea, una tale
previsione sarebbe anche in contrasto con  quest'ultimo,  che  invece
esige che il termine per proporre ricorso decorra dalla data  in  cui
il ricorrente e' venuto  a  conoscenza  o  avrebbe  dovuto  essere  a
conoscenza della illegittimita'  che  intende  denunciare  (Corte  di
giustizia dell'Unione europea, sentenza 28  gennaio  2010,  in  causa
C-406/08, Uniplex, UK, Ltd, e ordinanza 14 febbraio  2019,  in  causa
C-54/18,  Cooperativa  Animazione  Valdocco  S.C.S.  Impresa  sociale
Onlus), formulando cosi' una regola che, in  tale  settore,  concerne
sia il ricorso principale, sia la proposizione di motivi aggiunti. 
    Percio', sono compatibili con l'art. 24 Cost., oltre che  con  il
diritto   dell'Unione   europea,   ove   applicabile,   quelle   sole
interpretazioni del quadro normativo per effetto delle quali la parte
ricorrente disponga di un termine non inferiore a trenta  giorni  per
agire in giudizio, e comunque per proporre  motivi  aggiunti,  tenuto
conto della data in cui essa ha preso conoscenza,  o  avrebbe  potuto
prendere conoscenza usando  l'ordinaria  diligenza,  dei  profili  di
illegittimita' oggetto  dell'impugnativa.  Si  tratta,  infatti,  del
termine discrezionalmente scelto dal legislatore per la  proposizione
sia del ricorso principale, sia dei  motivi  aggiunti,  per  i  quali
ultimi non e' stabilita normativamente alcuna dimidiazione di esso. 
    6.- L'interpretazione respinta dal  rimettente,  ma  avallata  da
ultimo dall'Adunanza plenaria del Consiglio  di  Stato,  rientra  nel
novero appena descritto delle  letture  costituzionalmente  orientate
del censurato art. 120, comma 5, cod. proc. amm. 
    Difatti, essa assicura, mediante il meccanismo  della  cosiddetta
dilazione temporale per i casi di accesso tempestivamente soddisfatto
dall'amministrazione, che il termine per proporre i motivi  aggiunti,
pur decorrendo, per l'ipotesi prevista dalla disposizione  censurata,
dalla  data  di  comunicazione  dell'aggiudicazione,  sia  ugualmente
pieno. 
    Parimenti, per il caso in cui  l'amministrazione,  invece,  neghi
l'accesso o  lo  procrastini  con  condotte  dilatorie,  il  termine,
secondo  tale  lettura  esegetica,  decorre,  quanto  ai   vizi   non
percepibili innanzi, dalla data di effettiva conoscenza degli atti di
gara, sicche' con cio' si assicura alla  parte  ricorrente  di  poter
usufruire dei trenta giorni assegnati dall'art. 120 cod.  proc.  amm.
per articolare le proprie censure in giudizio. 
    7.- La configurabilita' di un'interpretazione  costituzionalmente
orientata della disposizione censurata,  che  supera  il  profilo  di
illegittimita' costituzionale denunciato,  e  che  peraltro  e'  gia'
dominante in giurisprudenza, rende non fondata la questione sollevata
dal rimettente.