ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma
9, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante  «Modifiche
e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi
degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e)
e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r),
s)  e  z),  della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in  materia  di
riorganizzazione  delle  amministrazioni  pubbliche»,  promosso   dal
Tribunale ordinario di Massa, in funzione di giudice del lavoro,  nel
procedimento vertente tra M. F. e il Comune di  Massa  e  altri,  con
ordinanza del 2  novembre  2020,  iscritta  al  n.  23  del  registro
ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione di M. F.; 
    udito nell'udienza pubblica  del  10  novembre  2021  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Sergio Vacirca e Daniele Biagini per M. F.; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 novembre 2020 (reg. ord. n. 23 del 2021),
il Tribunale ordinario di Massa, in funzione di giudice  del  lavoro,
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 20,  comma  9,  del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e  integrazioni
al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli
16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1,
lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della
legge 7 agosto 2015, n. 124, in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche», nella parte in cui esclude  i  lavoratori
utilizzati in base a contratti di somministrazione di  lavoro  presso
le   pubbliche   amministrazioni   dalla   possibilita'   di   essere
"stabilizzati"  alle  dipendenze  di  quest'ultime,  alle  condizioni
previste dai commi 1 e 2 del medesimo art. 20, rispettivamente, per i
lavoratori titolari di contratto di  lavoro  a  tempo  determinato  e
quelli titolari di contratto di lavoro flessibile. 
    Pero' il censurato comma 9 dell'art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017
- emanato in attuazione della delega di cui alla legge 7 agosto 2015,
n. 124 (Deleghe al  Governo  in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni   pubbliche)   -   esclude   l'applicabilita'   delle
disposizioni   contenute   nell'articolo   medesimo   ai   lavoratori
somministrati; esclusione questa che concerne,  in  primo  luogo,  la
possibilita' di "stabilizzazione" mediante assunzione con contratto a
tempo  indeterminato,  la  quale,  al  verificarsi   di   determinate
condizioni, e' invece riconosciuta ai lavoratori titolari di rapporto
di lavoro a termine, ai sensi del comma 1 dell'articolo in esame. 
    L'esclusione, inoltre, riguarda la  possibilita'  di  partecipare
alle procedure  concorsuali  eventualmente  bandite  dalle  pubbliche
amministrazioni ai  sensi  del  comma  2  dello  stesso  articolo,  e
riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento  dei  posti
disponibili, al personale non dirigenziale che risulti titolare di un
contratto di lavoro flessibile. 
    Secondo   il   rimettente,   la   disposizione   sospettata    di
illegittimita'  costituzionale,  nella  parte  in  cui  espressamente
prevede  le  suddette  esclusioni,   determina   una   ingiustificata
discriminazione  a  scapito  dei  lavoratori   somministrati,   avuto
riguardo, per un verso, alla ratio  della  disciplina  contenuta  nel
citato art. 20  (norma  ispirata  dall'esigenza  di  superamento  del
precariato nelle pubbliche amministrazioni) e, per altro verso,  alla
sostanziale analogia sussistente  tra  la  posizione  del  lavoratore
subordinato a termine e quella del lavoratore somministrato  a  tempo
determinato,  sebbene  quest'ultimo,  a  differenza  del  primo,  sia
formalmente alle dipendenze dell'agenzia di somministrazione. 
    L'ordinanza di rimessione  e'  stata  emessa  nell'ambito  di  un
giudizio  introdotto  da  un   lavoratore   somministrato   a   tempo
determinato    nei    confronti     dell'amministrazione     comunale
utilizzatrice. 
    Il giudice a quo riferisce, in punto di fatto, che il ricorrente,
M. F. ha premesso di aver prestato  attivita'  lavorativa  presso  il
Comune di Massa, per oltre dodici anni e dunque ben oltre  il  limite
di trentasei mesi previsto dal decreto legislativo 6 settembre  2001,
n. 368 (Attuazione della direttiva  1999/70/CE  relativa  all'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e
dal CES), e poi  dal  decreto  legislativo  15  giugno  2015,  n.  81
(Disciplina organica  dei  contratti  di  lavoro  e  revisione  della
normativa in tema di mansioni, a  norma  dell'articolo  1,  comma  7,
della legge 10 dicembre 2014, n.  183),  svolgendo  continuativamente
mansioni di autista di scuolabus, sulla base di  reiterati  contratti
di somministrazione di lavoro. 
    Ha  quindi  agito   nei   confronti   del   citato   Comune   per
l'accertamento della illegittimita' della  condotta  da  esso  tenuta
«nella prosecuzione di  offerte  e  sottoscrizioni  di  contratti  di
somministrazione e/o di missioni a termine» con tre  diverse  agenzie
di  somministrazione,  in  quanto  stipulati  in   violazione   della
direttiva 1999/70/CE del Consiglio,  del  28  giugno  1999,  relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato,
degli artt. 1344 e 1418 del codice civile e degli artt. 35 e  36  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  recante  «Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche», nonche' per l'accertamento della nullita', illegittimita'
o simulazione dei contrati di lavoro subordinato stipulati nel  corso
del tempo con le stesse agenzie di somministrazione, e,  infine,  per
la condanna del Comune al risarcimento  dei  danni  subiti,  mediante
corresponsione dell'indennita' forfetizzata  prevista  dall'art.  32,
comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al  Governo  in
materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di  congedi,
aspettative e permessi, di ammortizzatori  sociali,  di  servizi  per
l'impiego,  di  incentivi  all'occupazione,  di   apprendistato,   di
occupazione femminile, nonche' misure contro  il  lavoro  sommerso  e
disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro),
e poi dall'art. 39, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, nella  misura
di dodici mensilita' della retribuzione globale di fatto percepita. 
    Il rimettente espone, poi, che, in seguito alla  costituzione  in
giudizio del Comune resistente e all'integrazione del contraddittorio
nei confronti delle tre societa' di somministrazione,  il  segretario
generale dell'ente locale,  nel  corso  dell'interrogatorio  reso  in
udienza, ha dichiarato  che  sussisterebbe  la  possibilita'  di  una
conciliazione   della   controversia,    essendo    l'amministrazione
disponibile a "stabilizzare"  il  ricorrente  mediante  assunzione  a
tempo indeterminato. 
    Il segretario generale, precisamente, avrebbe evidenziato che  il
Comune  intenderebbe  realizzare  tale  "stabilizzazione"  attraverso
l'esercizio della facolta' attribuitagli dall'art. 20 del  d.lgs.  n.
75 del 2017, a mente del quale le pubbliche  amministrazioni  possono
assumere a tempo indeterminato il personale non dirigenziale gia'  in
servizio con  contratti  a  tempo  determinato  che  si  trovi  nelle
condizioni previste dall'articolo medesimo. 
    La  concreta  percorribilita'  di  questa  ipotesi  conciliativa,
tuttavia, troverebbe un unico ma insuperabile ostacolo  nel  comma  9
del  medesimo  art.  20,  che  esclude   dalla   possibilita'   della
"stabilizzazione" i lavoratori utilizzati sulla base di contratti  di
somministrazione. 
    1.1.-   Il   rimettente,   nel   sospettare   di   illegittimita'
costituzionale  quest'ultima  disposizione,  nella   parte   in   cui
stabilisce  la  predetta  esclusione,  ritiene,  anzitutto,  che   la
questione sia rilevante  nel  giudizio  a  quo,  poiche',  a  seguito
dell'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale,  il
ricorrente otterrebbe  una  piu'  ampia  tutela  della  sua  precaria
situazione lavorativa, con l'instaurazione di un rapporto  di  lavoro
subordinato a tempo  indeterminato,  rispetto  alla  semplice  tutela
risarcitoria prevista dal  combinato  disposto  degli  artt.  36  del
d.lgs. n. 165 del 2001 e 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010; il
lavoratore, inoltre, fruirebbe di una piu' rapida  definizione  della
controversia introdotta con il ricorso proposto  contro  la  pubblica
amministrazione. 
    1.2.-  La  questione  sarebbe,   altresi',   non   manifestamente
infondata. 
    Avuto riguardo alla ratio della disciplina  recata  dall'art.  20
del d.lgs. n. 75 del 2017 e alla sostanziale sovrapponibilita'  della
posizione del lavoratore somministrato a tempo determinato rispetto a
quella del lavoratore subordinato  a  termine,  non  sarebbe  infatti
sorretta  da  alcuna  ragione   giustificativa   la   disparita'   di
trattamento tra il primo ed il secondo ai fini della possibilita'  di
essere   assunti    a    tempo    indeterminato    alle    dipendenze
dell'amministrazione  presso  la  quale  viene   svolta   l'attivita'
lavorativa,  allorche'  il  lavoratore   somministrato   possegga   i
requisiti soggettivi previsti dalle lettere a) e c) di cui al comma 1
dello stesso art. 20 (risulti, cioe',  in  servizio,  successivamente
alla data di entrata in vigore della legge n. 124  del  2015,  presso
l'amministrazione che procede all'assunzione  e  ivi  abbia  maturato
almeno tre anni di servizio, anche  non  continuativi,  negli  ultimi
otto anni) e sia privo soltanto del requisito di cui alla lettera b),
relativo  all'avvenuto  reclutamento  a  tempo  determinato  mediante
procedura concorsuale, il quale requisito non potrebbe sussistere  in
capo  ad  un  lavoratore  utilizzato  sulla  base  di  contratti   di
somministrazione. 
    2.- Non e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, mentre si e' costituito M. F.,  il  quale  ha  invocato
l'accoglimento della questione  sollevata,  sul  presupposto  di  una
progressiva, sostanziale e tendenzialmente  effettiva  equiparazione,
sotto il profilo della tutela, tra la somministrazione  di  lavoro  a
termine e il contratto di lavoro a tempo determinato. 
    3.- La Confederazione generale  italiana  del  lavoro  (CGIL)  ha
depositato  un'opinione  scritta,  in  qualita'  di  amicus   curiae,
sottolineando,  in  particolare,  il  carattere   discriminatorio   e
ingiustificato dell'esclusione, operata dall'art. 20 del d.lgs. n. 75
del 2017, della possibilita' che i lavoratori  somministrati  possano
partecipare alle procedure concorsuali riservate di cui  al  comma  2
del medesimo art. 20. 
    4.- In prossimita' dell'udienza pubblica, M. F. ha depositato una
memoria con cui ha insistito nella richiesta  di  accoglimento  della
questione di legittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 novembre 2020 (reg. ord. n. 23 del 2021),
il Tribunale ordinario di Massa, in funzione di giudice  del  lavoro,
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 20,  comma  9,  del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e  integrazioni
al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli
16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1,
lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della
legge 7 agosto 2015, n. 124, in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche», nella parte in cui esclude  i  lavoratori
utilizzati in base a contratti di somministrazione di  lavoro  presso
le  pubbliche   amministrazioni,   dalla   possibilita'   di   essere
"stabilizzati"  alle  dipendenze  di  quest'ultime,  alle  condizioni
previste dai commi 1 e 2 del medesimo art. 20, rispettivamente, per i
lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo  determinato  e
quelli titolari di un contratto di lavoro flessibile. 
    Con norma di chiusura, l'ultimo periodo del comma  9  del  citato
art.  20  esclude  l'applicabilita'  delle   disposizioni   contenute
nell'articolo  medesimo  ai  lavoratori  utilizzati  sulla  base   di
contratti di somministrazione. 
    Tale esclusione concerne, in  primo  luogo,  la  possibilita'  di
essere assunti con contratto a  tempo  indeterminato,  la  quale,  al
verificarsi di determinate  condizioni,  e'  invece  riconosciuta  ai
lavoratori titolari di rapporto di lavoro a  termine,  ai  sensi  del
comma 1 dell'articolo in esame. 
    L'esclusione, in  secondo  luogo,  riguarda  la  possibilita'  di
partecipare alle procedure concorsuali  eventualmente  bandite  dalle
pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 dello stesso articolo,
e riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti
disponibili, al personale non dirigenziale che risulti titolare di un
contratto di lavoro flessibile. 
    L'art. 20, comma 9, del d.lgs.  n.  75  del  2017  -  emanato  in
attuazione della delega di cui alla  legge  7  agosto  2015,  n.  124
(Deleghe  al   Governo   in   materia   di   riorganizzazione   delle
amministrazioni  pubbliche)  -  sarebbe,  dunque,  costituzionalmente
illegittimo,  sia  nella  parte   in   cui   esclude   i   lavoratori
somministrati  dalla  possibilita'  di   essere   assunti   a   tempo
indeterminato  prevista  dal  comma  1,  quando  pure  posseggano   i
requisiti di cui alle lettere a) e c)  del  detto  comma  (risultino,
cioe', in servizio, successivamente alla data di  entrata  in  vigore
della legge n. 124 del  2015  presso  l'amministrazione  che  procede
all'assunzione o presso le amministrazioni con  servizi  associati  e
ivi  abbiano  maturato  almeno  tre  anni  di  servizio,  anche   non
continuativi, negli ultimi otto anni), sia  nella  parte  in  cui  li
esclude dalla possibilita' di partecipare alle procedure  concorsuali
riservate di cui al comma 2, pur possedendo gli  specifici  requisiti
da esso stabiliti (sebbene risultino, cioe', titolari di contratto di
lavoro flessibile successivamente all'entrata in vigore  della  legge
n. 124 del 2015 e abbiano maturato  almeno  tre  anni  di  contratto,
anche   non   continuativi,   negli   ultimi   otto   anni,    presso
l'amministrazione che bandisce il concorso). 
    Il  dubbio   di   legittimita'   costituzionale,   formulato   in
riferimento all'art. 3 Cost., si fonda sul rilievo  della  disparita'
di  trattamento  che,  in  ragione  della  predette  esclusioni,   si
determinerebbe tra i lavoratori somministrati a tempo determinato e i
lavoratori subordinati a termine, avuto  riguardo,  da  un  lato,  al
fondamento della disciplina contenuta nell'art. 20 del d.lgs.  n.  75
del 2017, consistente nell'esigenza di superamento del  fenomeno  del
«precariato» nelle pubbliche  amministrazioni,  e,  dall'altro  lato,
alla sostanziale sovrapponibilita' tra  le  due  posizioni,  che  non
giustificherebbe siffatta differenziata disciplina. 
    2.- Preliminarmente, va osservato che sussiste la rilevanza,  nel
giudizio a quo, della questione di  legittimita'  costituzionale  del
comma 9 del citato art. 20, sollevata con riferimento  all'esclusione
di cui al precedente comma 1,  mentre  non  e'  rilevante  la  stessa
questione riferita all'esclusione di cui al comma 2. 
    In generale, la rilevanza, presupponendo, ai sensi dell'art.  23,
secondo comma,  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale),  un
rapporto  di  strumentalita'  necessaria  tra  la  risoluzione  della
questione e la decisione  del  giudizio  principale  (tra  le  tante,
sentenza  n.  158  e  ordinanza  n.  92  del  2019),  deve  ritenersi
sussistente quando la norma della cui legittimita' costituzionale  il
giudice dubiti debba essere applicata nel giudizio a quo per decidere
il  merito  della  controversia  o  una   questione   processuale   o
pregiudiziale,  oppure  quando  la  decisione  della  Corte  comunque
influisca sul percorso argomentativo che il giudice  rimettente  deve
seguire per rendere la decisione. 
    Tuttavia, la rilevanza  della  questione  ricorre  anche  ove  la
strumentalita' sussista rispetto ad una possibile diversa definizione
della lite, non strettamente a mezzo dalla decisione della causa. 
    Cio'  accade  quando  il  giudice  -  che  formuli  una  proposta
conciliativa    o    transattiva    all'esito    (e    sulla    base)
dell'interrogatorio libero delle parti, secondo la regola processuale
introdotta, nel 2010, nel rito del lavoro (art. 420, primo comma, del
codice di procedura civile) e  poi  estesa,  nel  2013,  a  tutte  le
controversie civili  (art.  185-bis  cod.  proc.  civ.)  -  trovi  un
ostacolo nel contenuto normativo di una disposizione appartenente  al
quadro normativo in cui puo' collocarsi la  lite,  che  sia  connessa
strettamente  al  relativo  thema  decidendum;  ostacolo   costituito
dall'asserito   vizio   di   illegittimita'   costituzionale    della
disposizione stessa. 
    Sussiste la rilevanza se, soltanto a seguito  della  reductio  ad
legitimitatem  di   tale   disposizione,   il   giudice,   adempiendo
all'incombente processuale posto a suo carico  dall'art.  420,  primo
comma, cod. proc. civ., puo' formulare  una  proposta  transattiva  o
conciliativa, la cui idoneita' alla risoluzione della lite,  mediante
transazione o conciliazione, sia  plausibile  in  ragione  dell'esito
dell'interrogatorio libero delle parti. 
    Cio'  assicura  la  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  diretta  a  rimuovere  il  denunciato   vizio   della
disposizione, la quale, nella sua portata vigente, non  consentirebbe
siffatta proposta perche' quest'ultima risulterebbe contra legem. 
    2.1.- Nella vicenda in esame, il  rappresentante  della  pubblica
amministrazione  datrice  di  lavoro  ha  dichiarato,  in   sede   di
interrogatorio  libero,  la  disponibilita'  all'assunzione  a  tempo
indeterminato del lavoratore utilizzato per molti anni (piu' di  tre)
sulla base di contratti  di  somministrazione  a  tempo  determinato,
ripetutamente rinnovati, si' da integrare tutti i requisiti  previsti
dall'art.  20,  comma  1,  del  d.lgs.  n.  75  del   2017   per   la
stabilizzazione del personale precario con anzianita' di  almeno  tre
anni. 
    Il  giudice,  tenendo  conto  di  tale  disponibilita',  potrebbe
formulare ex art. 420, primo comma, cod.  proc.  civ.,  una  proposta
transattiva o conciliativa che contempli siffatta assunzione  diretta
e che plausibilmente potrebbe  risolvere  la  lite  solo  se  venisse
rimosso,  con  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale,  il
divieto di applicazione del  citato  art.  20,  comma  1,  posto  dal
successivo comma 9, che, con prescrizione derogatoria,  esclude  tale
forma di stabilizzazione in  caso  di  utilizzo  del  lavoratore  con
contratto di somministrazione a tempo determinato. 
    L'eventuale  risoluzione  della  lite  in  accoglimento  di   una
proposta conciliativa o transattiva avente per oggetto l'assunzione a
tempo indeterminato del lavoratore utilizzato sulla base di reiterati
contratti  di  somministrazione,  in  conformita'   alla   dichiarata
disponibilita'  del  rappresentante  della  pubblica  amministrazione
datrice di lavoro in sede  di  interrogatorio  libero,  da  un  lato,
troverebbe il suo presupposto nella rimozione del  divieto  normativo
di   estensione    ai    somministrati    della    possibilita'    di
"stabilizzazione" pura e semplice contemplata dall'art. 20, comma  1,
del d.lgs. n. 75 del 2017. 
    Dall'altro lato, consentirebbe  al  ricorrente  di  ottenere  una
tutela che, sebbene non perfettamente coincidente  con  il  "petitum"
della domanda proposta in  giudizio,  sarebbe  tuttavia  strettamente
connessa  con  esso,  ove  si  consideri  che  nel  pubblico  impiego
privatizzato, nell'ipotesi di illegittima successione di contratti di
somministrazione di lavoro a termine, il  lavoratore  che  chiede  il
risarcimento del danno ha diritto, oltre all'indennita'  forfetizzata
di cui all'art. 28 del decreto legislativo  15  giugno  2015,  n.  81
(Disciplina organica  dei  contratti  di  lavoro  e  revisione  della
normativa in tema di mansioni, a  norma  dell'articolo  1,  comma  7,
della legge 10 dicembre 2014, n. 183), anche al ristoro  del  maggior
pregiudizio di cui fornisca la  prova,  il  quale  compensa,  per  il
lavoratore pubblico, proprio l'impossibilita' della  conversione  del
rapporto, consentita, invece, nel caso del lavoratore privato  (Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 febbraio  2021,  n.  3815;
sezioni unite civili, sentenza 15 marzo 2016, n. 5072). Il tema della
conversione del rapporto appartiene quindi  alla  causa,  seppur  sub
specie del pregiudizio per la mancata "assunzione". 
    Non presenta, invece, analoga stretta connessione  con  il  thema
decidendum, ne'  appartiene  al  quadro  normativo  in  cui  potrebbe
collocarsi la  proposta  conciliativa  o  transattiva  potenzialmente
capace di risolvere la lite,  la  disposizione  di  cui  al  comma  2
dell'art. 20, la quale abilita le pubbliche amministrazioni ad indire
procedure   concorsuali   riservate   in   vista   della   successiva
stabilizzazione  di  personale  titolare  di  contratto   di   lavoro
flessibile. 
    Questa seconda norma,  infatti,  al  contrario  della  prima,  fa
riferimento ad una eventualita' che non solo  e'  estranea  al  thema
decidendum, ma neppure e' stata  evocata  dal  legale  rappresentante
della pubblica amministrazione convenuta  nell'interrogatorio  libero
reso nel giudizio principale  si'  che,  pertanto,  rispetto  a  tale
giudizio, resta meramente ipotetica ed astratta. 
    La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma
9, del d.lgs. n. 75 del 2017, posta  con  riguardo  al  comma  2  del
medesimo articolo, va dunque dichiarata inammissibile per difetto  di
rilevanza,  dovendosi  condurre  la  delibazione  del  merito   della
questione unicamente in quanto posta con riferimento al comma 1. 
    3.-  Prima  di  esaminare  il  merito  della   questione,   giova
premettere, innanzi tutto, una  sintetica  ricostruzione  del  quadro
normativo di riferimento,  quanto  alla  disciplina  del  lavoro  con
contratto di somministrazione a tempo determinato presso la  pubblica
amministrazione in comparazione con quella del contratto di lavoro  a
termine; comparazione posta a fondamento della censura, sollevata dal
giudice  rimettente,  di  ingiustificato  trattamento   differenziato
quanto alla richiamata disciplina  straordinaria  di  stabilizzazione
del precariato. 
    3.1.- La regolamentazione del contratto a  tempo  determinato  e,
piu' ampiamente, delle forme di  impiego  flessibili  nella  pubblica
amministrazione, e' contenuta, nelle sue linee generali, nell'art. 36
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), il quale, dopo aver subito, nel corso del tempo, ripetute
modifiche, operate nell'ambito  di  una  pluriennale  successione  di
norme novellatrici, e'  stato  di  recente  ulteriormente  modificato
proprio dal d.lgs. n. 75 del 2017 (art. 9). 
    Nell'attuale formulazione, l'art. 36 del d.lgs. n. 165 del  2001,
dopo aver previsto, quale  principio  generale,  quello  secondo  cui
«[p]er le esigenze connesse con il proprio  fabbisogno  ordinario  le
pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente  con  contratti  di
lavoro subordinato a tempo indeterminato  seguendo  le  procedure  di
reclutamento previste dall'articolo 35» (comma 1),  aggiunge  che  il
ricorso  alla  flessibilita',  sempre  nel  rispetto  delle  medesime
modalita' di reclutamento, e'  consentito  «soltanto  per  comprovate
esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» (comma
2). 
    Ove ricorrano  tali  esigenze,  «[l]e  amministrazioni  pubbliche
possono  stipulare  contratti   di   lavoro   subordinato   a   tempo
determinato,  contratti  di  formazione  e  lavoro  e  contratti   di
somministrazione di lavoro a  tempo  determinato,  nonche'  avvalersi
delle forme contrattuali flessibili  previste  dal  codice  civile  e
dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa, esclusivamente
nei limiti e con le modalita' in cui  se  ne  preveda  l'applicazione
nelle amministrazioni pubbliche». 
    Sono possibili anche contratti di somministrazione  di  lavoro  a
tempo determinato, che sono disciplinati dagli artt.  30  e  seguenti
del d.lgs. n. 81  del  2015,  fatta  salva  la  disciplina  ulteriore
eventualmente prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro. 
    Nel  complesso,  dunque,   sono   consentite   tutte   le   forme
contrattuali flessibili previste dal  codice  civile  e  dalle  altre
leggi sui rapporti  di  lavoro  nell'impresa  e  sono  specificamente
menzionati, oltre a quello di formazione e lavoro,  il  contratto  di
lavoro a tempo determinato e il contratto di somministrazione a tempo
determinato, che resta  escluso  solo  per  l'esercizio  di  funzioni
direttive e dirigenziali. 
    Con riguardo alla somministrazione a tempo determinato, il rinvio
agli artt. 30 e seguenti del medesimo decreto legislativo consente di
ritenere estesa al datore di lavoro pubblico  la  nozione  stessa  di
somministrazione,   quale   contratto   con   cui    un'agenzia    di
somministrazione mette a disposizione di un utilizzatore uno  o  piu'
lavoratori suoi dipendenti,  i  quali,  per  tutta  la  durata  della
missione, svolgono la propria attivita'  nell'interesse  e  sotto  la
direzione e  il  controllo  dell'utilizzatore.  Il  rinvio  consente,
inoltre, di ritenere applicabili le regole in  tema  di  divieti,  di
forma, di regime contrattuale e di parita' di trattamento. 
    Invece, quanto al contratto a tempo determinato, il  rinvio  alla
disciplina prevista dagli artt. 19 e seguenti del d.lgs.  n.  81  del
2015, rende applicabili  le  norme  generali  in  tema  di  lavoro  a
termine, con particolare riferimento a quelle concernenti  la  durata
massima, i divieti, le proroghe e i rinnovi. 
    3.2.- La disciplina della somministrazione a tempo determinato  e
quella del contratto di lavoro a termine convergono, poi, quanto alla
prevista  esclusione  della  trasformazione  in  rapporto   a   tempo
indeterminato per il caso di inosservanza delle regole richiamate,  a
differenza di quanto stabilito per il lavoro privato. 
    Il comma 5 dell'art. 36 del d.lgs. n. 165  del  2001  stabilisce,
infatti,  che,  «[i]n  ogni  caso,  la  violazione  di   disposizioni
imperative riguardanti l'assunzione o  l'impiego  di  lavoratori,  da
parte  delle  pubbliche  amministrazioni,  non  puo'  comportare   la
costituzione di rapporti di  lavoro  a  tempo  indeterminato  con  le
medesime   pubbliche    amministrazioni,    ferma    restando    ogni
responsabilita' e sanzione. Il lavoratore interessato ha  diritto  al
risarcimento del danno  derivante  dalla  prestazione  di  lavoro  in
violazione di disposizioni imperative». 
    Il  divieto   della   trasformazione   del   rapporto   a   tempo
indeterminato e' espressamente richiamato dal d.lgs. n. 81  del  2015
nell'ambito delle norme deputate alla disciplina del lavoro  a  tempo
determinato (art. 29, comma 4).  Sicche',  nel  caso  di  illegittimo
ricorso al contratto a termine, la forma  di  tutela  del  lavoratore
pubblico consiste, dunque, nello strumento risarcitorio. 
    Analoga limitazione e' prevista per la somministrazione (art. 31,
comma 4). 
    Questa Corte ha da tempo chiarito (sentenza n. 89 del  2003)  che
tale diversificazione, tra il settore pubblico e il settore  privato,
della disciplina dei rimedi dell'inosservanza delle regole imperative
sul contratto di lavoro a termine non si traduce in una illegittima e
discriminatoria  riduzione  della  tutela  attribuita   al   pubblico
dipendente, ma integra la necessaria  implicazione  dell'esigenza  di
rispettare il canone espresso dall'ultimo comma dell'art.  97  Cost.,
secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni  si  accede
mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge; canone che,  a
sua volta, costituisce proiezione del principio  di  eguaglianza,  il
quale esige che tutti, secondo capacita' e merito,  valutati  per  il
tramite di una procedura di concorso,  possano  accedere  all'impiego
pubblico e che all'opposto non consente l'accesso  in  ruolo  stabile
per altra via, tanto piu' se segnata da illegalita'. 
    La ragione della differenza del regime di tutela  del  lavoratore
contro l'illegittimo ricorso al contratto a temine nel  contesto  del
lavoro pubblico rispetto a quello vigente  nel  contesto  del  lavoro
privato,  risiede  proprio  nell'esigenza  di  rispetto   di   questo
principio, posto a presidio delle esigenze di  imparzialita'  e  buon
andamento dell'amministrazione, previste dallo stesso art. 97  Cost.,
che  rende  evidente  la  disomogeneita'  tra  le  due  situazioni  e
giustifica la scelta del legislatore di ricollegare  alla  violazione
di  norme  imperative  riguardanti  l'assunzione  o   l'impiego   dei
lavoratori da parte delle amministrazioni  pubbliche  conseguenze  di
carattere esclusivamente risarcitorio. 
    3.3.- In via ancora preliminare, va considerato che il  frequente
ricorso, da parte delle pubbliche  amministrazioni,  ai  contratti  a
termine, di formazione e lavoro, di somministrazione  e,  in  genere,
alle forme contrattuali flessibili - pur consentito solo per esigenze
di carattere  esclusivamente  temporaneo  o  eccezionale,  ma  spesso
reiterato  oltre  i  previsti  limiti  temporali  -  ha   determinato
situazioni di precariato, cronicizzate nel tempo. 
    Cio'  ha  indotto  il  legislatore  ad  introdurre  procedure  di
"stabilizzazione", finalizzate  all'obiettivo  dell'assorbimento  dei
lavoratori precari  nel  personale  stabile  con  contratti  a  tempo
indeterminato. 
    Le procedure di stabilizzazione costituiscono  uno  strumento  di
reclutamento derogatorio rispetto a  quello  ordinario  del  pubblico
concorso, in quanto introducono un percorso riservato ad  una  platea
ristretta di soggetti,  che  risultino  in  possesso  di  determinati
requisiti e abbiano maturato un  determinato  periodo  di  esperienza
lavorativa  in  ambito  pubblico,  secondo  dettagliate  disposizioni
previste da specifiche leggi. 
    Siffatte procedure sono  state  previste,  inizialmente,  con  le
norme contenute nell'art. 1, commi 519 e 528, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria  2007)»  e
nell'art. 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2008)»,  riservate  al  personale  non
dirigenziale a termine che potesse vantare  o  fosse  per  conseguire
specifici requisiti di anzianita' e fosse  stato  reclutato  mediante
«procedure selettive di natura concorsuale o  previste  da  norme  di
legge». 
    Successivamente, altre procedure di  stabilizzazione  sono  state
introdotte  dalla  legge  24   dicembre   2012,   n.   228,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2013)» e dall'art. 4, comma  6,  del
decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101  (Disposizioni  urgenti  per  il
perseguimento  di  obiettivi  di  razionalizzazione  nelle  pubbliche
amministrazioni),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  30
ottobre 2013, n. 125. 
    Piu' recentemente - come gia' ricordato - un'ipotesi  ancor  piu'
ampia di stabilizzazione del precariato nel pubblico impiego e' stata
introdotta proprio dall'art. 20 del d.lgs. n. 75  del  2017,  il  cui
comma 9 costituisce oggetto della sollevata questione incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    4.- Cio' premesso, la questione non e' fondata. 
    5.- L'art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017 consente,  sino
al 31 dicembre 2022, l'assunzione a tempo indeterminato del personale
non dirigenziale, con contratto di lavoro a  tempo  determinato,  che
possegga i seguenti requisiti: a) risulti in servizio, anche  per  un
solo giorno, successivamente  alla  data  del  28  agosto  2015,  con
contratto di lavoro a tempo determinato presso l'amministrazione  che
deve  procedere  all'assunzione;  b)  sia  stato  assunto   a   tempo
determinato attingendo ad una  graduatoria,  a  tempo  determinato  o
indeterminato, riferita ad una procedura concorsuale - ordinaria, per
esami o per titoli, ovvero anche prevista in una normativa di legge -
in relazione alle medesime attivita' svolte e  intese  come  mansioni
dell'area o categoria professionale di appartenenza, procedura  anche
espletata da amministrazioni pubbliche diverse da quella che  procede
all'assunzione;  c)  abbia  maturato,  al  31  dicembre  2022,   alle
dipendenze della stessa amministrazione che  procede  all'assunzione,
almeno tre anni di servizio, anche  non  continuativi,  negli  ultimi
otto anni. 
    Gli anni utili da conteggiare ricomprendono tutti i  rapporti  di
lavoro prestato direttamente con l'amministrazione, anche con diverse
tipologie di contratto flessibile,  ma  devono  riguardare  attivita'
svolte o riconducibili alla medesima area o  categoria  professionale
che determina il riferimento per l'amministrazione dell'inquadramento
da  operare,  senza  necessita'  di  vincoli  ai   fini   dell'unita'
organizzativa di assegnazione. 
    Questa facolta' e' riservata al personale con rapporto di  lavoro
a  tempo  determinato   che,   oltre   a   risultare   in   servizio,
successivamente alla data del 28  agosto  2015,  nell'amministrazione
che procede all'assunzione - e oltre ad aver maturato presso di essa,
al  31  dicembre  2022,  almeno  tre  anni  di  servizio,  anche  non
continuativi, negli ultimi otto anni - sia stato altresi'  reclutato,
in relazione  alle  medesime  attivita'  svolte,  mediante  procedure
concorsuali anche espletate presso amministrazioni diverse da  quella
che assume. 
    6.- Dalle procedure di "stabilizzazione"  previste  dall'art.  20
sono esclusi, per effetto  della  norma  di  chiusura  contenuta  nel
censurato  comma  9,  ultimo  periodo,  del  medesimo   articolo,   i
lavoratori  utilizzati  mediante  contratti  di  somministrazione  di
lavoro presso le pubbliche amministrazioni. 
    Tale esclusione, pero',  non  e'  irragionevole,  in  riferimento
all'art.  3  Cost.  La  prescrizione,  contenuta  nella  disposizione
censurata, dell'instaurazione di un rapporto di lavoro a  seguito  di
concorso pubblico, prevista  con  riferimento  alla  fattispecie  del
contratto a termine, non  e'  ipotizzabile  anche  per  la  parallela
fattispecie del contratto di somministrazione  a  tempo  determinato,
poiche' quest'ultimo non comporta l'instaurazione di un  rapporto  di
lavoro diretto tra lavoratore somministrato ed ente utilizzatore. 
    Infatti,  il  contratto  di  somministrazione  -  definito   come
«contratto,  a  tempo  indeterminato  o  determinato,  con  il  quale
un'agenzia di somministrazione  autorizzata,  ai  sensi  del  decreto
legislativo n. 276 del 2003, mette a disposizione di un  utilizzatore
uno o piu' lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta  la  durata
della missione, svolgono la propria attivita' nell'interesse e  sotto
la direzione e il controllo dell'utilizzatore» (art. 30 del d.lgs. n.
81 del 2015) - costituisce una fattispecie  negoziale  complessa,  in
cui due contratti si combinano per realizzare  la  dissociazione  tra
datore di lavoro e fruitore della prestazione di lavoro, secondo  una
interposizione autorizzata  dall'ordinamento  in  quanto  soggetta  a
particolari controlli e garanzie, quali condizioni per  prevenire  il
rischio  che   l'imputazione   del   rapporto   a   persona   diversa
dall'effettivo utilizzatore si  presti  a  forme  di  elusione  delle
tutele del lavoratore. 
    Nell'ambito di tale fattispecie negoziale complessa si ha che  il
rapporto di lavoro e' quello tra agenzia e dipendente e, rispetto  ad
esso, non rilevano le vicende del contratto concluso tra  agenzia  ed
utilizzatore  (Corte  di  cassazione,  sezione  lavoro,  sentenza  18
ottobre 2019, n. 26607). 
    Quindi, il contratto tra l'agenzia  e  il  dipendente  non  trova
origine in una  procedura  selettiva  quando  l'utilizzatore  e'  una
pubblica amministrazione. I lavoratori messi a disposizione di questa
per la  durata  della  missione,  pur  svolgendo  la  loro  attivita'
nell'interesse e sotto la direzione dell'ente, non vengono ovviamente
reclutati mediante l'espletamento di procedure concorsuali. 
    Da cio' consegue che non sussiste l'ingiustificata disparita'  di
trattamento   denunciata   dal   giudice   rimettente   in    ragione
dell'esclusione dei  lavoratori  somministrati  presso  le  pubbliche
amministrazioni  dalla  possibilita'  di  essere  assunti   a   tempo
indeterminato con la modalita' prevista dal comma 1 dell'art. 20  del
d.lgs. n. 75 del 2017. 
    7.-  In  conclusione,  deve  essere  dichiarata  non  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma  9,  del
d.lgs. n. 75 del 2017, sollevata in  riferimento  all'art.  3  Cost.,
nella  parte  in  cui  esclude  i  lavoratori   somministrati   dalla
"stabilizzazione" mediante diretta assunzione a  tempo  indeterminato
presso  la  pubblica  amministrazione   utilizzatrice,   secondo   la
modalita' prevista dal comma 1 della medesima disposizione.