ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 8,
della legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema  di  informazione  per  la
sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto),  promossi
dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione  Lazio,
con quattro ordinanze del 3 febbraio 2021, iscritte, rispettivamente,
ai numeri  133,  134,  135  e  136  del  registro  ordinanze  2021  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di costituzione di A. M. D. M. e altri, di R. N. e
G. R., di P. D. e altri, di G. L. e altri, di G. B. e  altri,  di  A.
L.B. e L. R. e di A. A. e altri, nonche' gli atti di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  1°  dicembre  2021  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi gli avvocati Massimiliano Fazi per A. M.  D.  M.  e  altri,
Antonio Mancini per G. B. e altri e gli avvocati dello  Stato  Gianni
De Bellis e Fabrizio Fedeli  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 1° dicembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con quattro ordinanze di identico contenuto  del  3  febbraio
2021, emesse in  altrettanti  giudizi,  rispettivamente  iscritte  ai
numeri 133, 134, 135 e 136 del registro ordinanze 2021, la Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale per la  Regione  Lazio,  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 8, della
legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza
della Repubblica e nuova disciplina del segreto), in riferimento agli
artt.  3,  24,  secondo  comma,  103,  secondo  comma,  e  111  della
Costituzione. 
    La disposizione  censurata  -  attinente  alla  disciplina  delle
classifiche di segretezza, attribuite per circoscrivere la conoscenza
di informazioni, documenti, atti e attivita' al fine di proteggere la
sicurezza  dello  Stato  -   prevede   che   «[q]ualora   l'autorita'
giudiziaria ordini l'esibizione di documenti classificati per i quali
non sia opposto  il  segreto  di  Stato,  gli  atti  sono  consegnati
all'autorita' giudiziaria richiedente, che ne cura  la  conservazione
con modalita' che ne tutelino la riservatezza, garantendo il  diritto
delle parti nel  procedimento  a  prenderne  visione  senza  estrarne
copia». 
    2.- Il rimettente  premette  di  essere  stato  investito,  quale
giudice delle pensioni pubbliche, dai ricorsi collettivi  di  diversi
ex dipendenti del comparto degli Organismi  di  informazioni  per  la
Sicurezza (OO.I.S.), i quali  domandavano  che  venisse  accertato  e
dichiarato,  nei  confronti  della  Presidenza  del   Consiglio   dei
ministri, il loro diritto  alla  riliquidazione  del  trattamento  di
quiescenza, previo computo, nella base pensionabile, delle indennita'
di cui all'art. 18 del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 21 novembre 1980, n.  8,  loro  corrisposte  nel  corso  del
rapporto di impiego  e  denominate  «di  funzione»  o  «operativa»  a
seconda che si trattasse di personale  munito  o  meno  di  qualifica
dirigenziale. 
    2.1.- Nel corso  dell'istruttoria,  proseguono  le  ordinanze  di
rimessione,    ritenendo    indispensabile    l'acquisizione    della
documentazione amministrativa  e  contabile  concernente  l'ammontare
delle indennita' corrisposte, il giudice ordinava all'amministrazione
di «rilasciare ai difensori dei ricorrenti» una copia del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2008,  n.  1  (Criteri
per  l'individuazione  delle   notizie,   delle   informazioni,   dei
documenti, degli atti, delle  attivita',  delle  cose  e  dei  luoghi
suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato), del decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2011, n.  1  (Obblighi
di comunicazione in caso di esame o interrogatorio) e della circolare
CESIS n. 325/26/3136 del 23 gennaio  1998,  relativi  al  trattamento
economico del personale OO.I.S.; ordinava, inoltre, di «consentire ai
medesimi  difensori,  nei   luoghi   indicati   dall'Amministrazione,
l'accesso  alla  documentazione  concernente  la  corresponsione   ai
ricorrenti,  durante  il  periodo  di  servizio,  dell'indennita'  di
funzione od operativa, ivi compresa  quella  inerente  le  trattenute
fiscali operate sulle indennita' medesime, nel rispetto delle  misure
di cautela e di riservatezza che la stessa  Amministrazione  riterra'
piu' idonee». 
    In esecuzione di tali ordinanze istruttorie,  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri depositava, presso la Segreteria principale di
sicurezza della Corte dei conti, uno stralcio  dei  decreti  e  copia
della  circolare,  nonche'   un   documento   denominato   "relazione
illustrativa" nel quale giustificava la mancata produzione di  quanto
ulteriormente disposto con «la peculiarita' del regime di gestione  e
documentazione cui e' assoggettata l'indennita' in parola, sin  dalla
sua istituzione, in ragione dell'assoluta specialita' dell'indennita'
medesima». 
    I  documenti  prodotti  venivano  classificati  come  «riservati»
dall'amministrazione resistente. 
    2.2.- Il rimettente riferisce poi che, all'udienza  successiva  a
tale   deposito,   i   difensori   dei   ricorrenti   rappresentavano
«l'impossibilita' per la difesa di adempiere il  mandato  ricevuto  a
causa della mancata acquisizione al fascicolo di  causa  [...]  della
documentazione  contabile   concernente   la   corresponsione   delle
indennita' di cui si chiede la valutazione ai fini pensionistici»  e,
insistendo  per  l'accoglimento  del  ricorso,  formulavano   istanza
subordinata perche' fosse  «promossa  la  questione  di  legittimita'
costituzionale della legge n. 124 del 2007». 
    Di qui la decisione del giudice a quo di promuovere, con distinte
ordinanze, i presenti giudizi. 
    3.- Le ordinanze affrontano prioritariamente  i  profili  di  non
manifesta infondatezza delle questioni, che  vengono  illustrati  con
riferimento «alla portata letterale della norma e alla  sua  concreta
attuazione operata dall'Amministrazione». 
    3.1.- La norma censurata si porrebbe, anzitutto, in contrasto con
l'art.  103,  secondo  comma,   Cost.,   perche',   non   consentendo
l'acquisizione al fascicolo d'ufficio  dei  documenti  richiesti  dal
giudice, violerebbe «il  principio  di  effettivita'  della  funzione
giurisdizionale», che nel caso di specie  «si  estrinseca  [...]  nel
potere-dovere [...] del giudice  contabile,  quale  giudice  naturale
delle pensioni pubbliche ai sensi dell'art. 103, comma 2,  Cost.,  di
formare il proprio convincimento sulla base degli elementi  di  prova
che ritiene rilevanti ai fini della decisione della causa e di cui ha
disposto l'acquisizione». 
    3.2.- In secondo luogo, sussisterebbe violazione  «dei  principii
del giusto processo sanciti dall'art. 111 Cost.». 
    In tal  senso,  il  rimettente  assume  che  la  norma  censurata
attribuirebbe   all'amministrazione   un   potere   di    supremazia,
consistente   nella   facolta'   di   attribuire   la   clausola   di
«riservatezza» a documentazione diversa da quella sulla  quale  viene
apposto il segreto di Stato, senza neppure consentire al giudice  del
rapporto controverso di valutare l'adeguatezza di tale decisione;  di
qui la violazione  della  regola  della  "parita'  delle  armi",  che
costituisce emanazione del principio del contraddittorio. 
    3.3.- Ancora, la norma censurata violerebbe  l'art.  24,  secondo
comma, Cost., determinando la «compressione del diritto di difesa dei
ricorrenti [...] sia nella fase  di  impostazione  della  causa,  non
conoscendo   [essi]   in   dettaglio   se    il    quantum    erogato
dall'amministrazione   sia,   ed   in   quale   misura,   rispondente
all'effettivo servizio prestato, sia nel corso del  giudizio,  atteso
che della documentazione  comprovante  la  fondatezza  della  domanda
detti ricorrenti (o i loro difensori) possono solo  prendere  visione
senza estrarre copia». 
    3.4.- Infine, ed in via consequenziale, sarebbe violato anche  il
principio di eguaglianza di cui all'art.  3  Cost.,  atteso  che  «al
pensionato che ha prestato  la  propria  attivita'  lavorativa  negli
[OO.I.S.] non e' consentita [...] la piena esplicazione  del  diritto
costituzionale di difendere in giudizio i propri legittimi interessi,
subendo con cio' una ingiustificata discriminazione rispetto a  tutti
gli altri pensionati pubblici». 
    4.- Quanto, poi, alla rilevanza delle  questioni,  il  rimettente
afferma che i giudizi promossi  dai  ricorrenti  non  possono  essere
definiti nel merito «se  non  previa  risoluzione  della  prospettata
questione di legittimita' costituzionale». 
    5.- Alcuni dei ricorrenti nei giudizi principali sono intervenuti
nei giudizi presso questa Corte con atto depositato in data 8 ottobre
2021, concludendo per l'accoglimento delle questioni sulla base degli
stessi argomenti esposti nelle ordinanze di rimessione. 
    Un secondo gruppo di ricorrenti, intervenuto nei giudizi con atto
depositato il 12 ottobre 2021, ha invece svolto  considerazioni  piu'
articolate. 
    Detti ultimi intervenienti, in particolare, hanno  sostenuto  che
la norma censurata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte
in  cui  non  consente  ai  difensori   di   estrarre   copia   della
documentazione classificata che sia  stata  consegnata  all'autorita'
giudiziaria;  tale  divieto,  infatti,  impedirebbe  alle  parti   di
conservare gli atti per le loro esigenze difensive -  ad  esempio  in
funzione dell'eventuale rilascio di un nuovo mandato, o dell'avvio di
una diversa iniziativa in giudizio  -  e  renderebbe  impossibile  un
esame approfondito dei documenti nel corso dell'istruttoria. 
    La norma, pertanto, sarebbe frutto di un inadeguato bilanciamento
fra le esigenze difensive delle parti e  la  tutela  della  sicurezza
dello Stato; essa  andrebbe  pertanto  dichiarata  costituzionalmente
illegittima, se del caso  con  pronunzia  additiva  che  consenta  ai
difensori  delle  parti  private  di  estrarre  copia  del  documento
classificato adottando le opportune cautele. 
    Tutti i  ricorrenti  intervenuti  hanno  ribadito  le  rispettive
posizioni con il deposito di una memoria integrativa  in  prossimita'
dell'udienza. 
    6.- Con memorie depositate in data 12 ottobre 2021 e' intervenuto
nei giudizi, con  atti  di  contenuto  sostanzialmente  identico,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    6.1.-   In   via   preliminare,   l'interveniente   ha   eccepito
l'inammissibilita' delle questioni per difetto di rilevanza. 
    Al riguardo,  ha  osservato  anzitutto  che  la  norma  censurata
consente  al  giudice  di  ordinare  l'esibizione  in  giudizio   dei
documenti classificati e di acquisirli a fini probatori; le questioni
di legittimita' costituzionale, pertanto, sarebbero  ininfluenti  per
la definizione del giudizio. In ogni caso, ha rilevato che la domanda
formulata dai ricorrenti nei giudizi  principali,  volta  al  computo
pensionistico dell'indennita' «di  funzione»  e  «operativa»,  poteva
essere definita dal giudice a quo sulla base del quadro normativo  di
riferimento, con il quale  il  rimettente  non  si  era  confrontato,
nonche' delle rispettive allegazioni e dei documenti gia' prodotti. 
    Secondo l'Avvocatura, inoltre,  la  Corte  dei  conti  non  aveva
indicato le ragioni per le quali la norma censurata inciderebbe sulla
conoscibilita'  dei  documenti  da  parte  del  giudice,  che   resta
pienamente abilitato ad acquisirli, nonche'  sul  concreto  esercizio
del diritto  di  difesa,  ben  potendosi  surrogare  la  facolta'  di
estrarre copia dell'atto  con  la  possibilita',  per  la  parte,  di
trascriverne il contenuto di suo interesse. 
    6.2.-  Quanto  al  merito  delle  questioni,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha chiesto che le stesse siano dichiarate  non
fondate, evidenziando che, rispetto alla  disciplina  generale  delle
prove  documentali  nel  giudizio  contabile,  la   norma   censurata
differisce soltanto nella parte in cui non  consente  all'interessato
di estrarre copia dell'atto  acquisito  al  fascicolo  d'ufficio;  e,
richiamata la giurisprudenza di questa Corte, ha evidenziato che tale
scelta consente un equo contemperamento fra le contrapposte esigenze,
entrambe costituzionalmente  rilevanti,  di  tutela  della  sicurezza
della Repubblica e di assicurazione della difesa della parte  privata
nel giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con quattro ordinanze di identico contenuto  del  3  febbraio
2021, emesse in  altrettanti  giudizi,  rispettivamente  iscritte  ai
numeri 133, 134, 135 e 136 del registro ordinanze 2021, la Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale per la  Regione  Lazio,  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 8, della
legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza
della Repubblica e nuova disciplina del segreto), in riferimento agli
artt.  3,  24,  secondo  comma,  103,  secondo  comma,  e  111  della
Costituzione. 
    2.-  La  disposizione   censurata   stabilisce   che   «[q]ualora
l'autorita' giudiziaria ordini l'esibizione di documenti classificati
per i quali non sia opposto  il  segreto  di  Stato,  gli  atti  sono
consegnati all'autorita' giudiziaria  richiedente,  che  ne  cura  la
conservazione  con  modalita'  che  ne  tutelino   la   riservatezza,
garantendo il  diritto  delle  parti  nel  procedimento  a  prenderne
visione senza estrarne copia». 
    Di  tale  disposizione,  nei   giudizi   principali,   ha   fatto
applicazione la Presidenza del Consiglio dei ministri, resistendo  al
ricorso promosso da alcuni ex dipendenti del comparto degli Organismi
di informazioni per la sicurezza  (OO.I.S.)  per  l'accertamento  del
loro diritto al computo, nel rispettivo  trattamento  di  quiescenza,
delle indennita' «di funzione» o «operativa» di cui all'art.  18  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21  novembre  1980,
n. 8, loro corrisposta nel corso del rapporto di impiego. 
    Il giudice a quo,  infatti,  aveva  ordinato  all'amministrazione
convenuta di produrre in giudizio tutta la  documentazione  contabile
donde risultassero l'effettiva corresponsione di tali indennita' e le
relative  trattenute  a  fini  previdenziali,  onde   accertarne   il
complessivo ammontare. 
    3.- Secondo il rimettente, la previsione  censurata  si  porrebbe
anzitutto in contrasto con l'art. 103, secondo comma, Cost.,  poiche'
non  consentirebbe  al  giudice  contabile  di  formare  il   proprio
convincimento sulla base degli elementi di prova  rilevanti  ai  fini
della decisione, dei quali ha disposto l'acquisizione al giudizio. 
    Essa, inoltre, violerebbe il disposto di cui all'art. 111  Cost.,
alterando, in favore dell'amministrazione legittimata ad  apporre  la
classificazione di segretezza, la regola  della  cosiddetta  "parita'
delle  armi",  che  costituisce  estrinsecazione  del  principio  del
contraddittorio. 
    Ancora, sarebbe violato l'art. 24, secondo comma, Cost.,  poiche'
la limitazione che la  norma  arreca  all'accesso  delle  parti  alla
documentazione classificata e alla possibilita' di estrarne copia  ne
comprimerebbe il diritto alla difesa. 
    Infine, sussisterebbe  anche  una  violazione  del  principio  di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., avuto riguardo al diverso regime
probatorio che si configura a carico del pubblico  impiegato  facente
parte del personale degli OO.I.S.,  rispetto  alle  pretese  inerenti
all'accertamento del trattamento di quiescenza avanzate da tutti  gli
altri pubblici impiegati. 
    4.- Poiche' i quattro giudizi  incidentali  concernono  identiche
questioni, sollevate in riferimento ai  medesimi  parametri  e  sulla
base  delle  stesse  argomentazioni,  se  ne   rende   opportuna   la
trattazione unitaria. 
    Cio' posto, va preliminarmente osservato che, nei  suoi  atti  di
intervento in giudizio, dal contenuto  sostanzialmente  identico,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   ha   sollevato   eccezione
d'inammissibilita' delle questioni per difetto di rilevanza. 
    Secondo la difesa statale, in particolare, le  domande  formulate
dai ricorrenti potevano essere decise  sulla  base  delle  rispettive
allegazioni e senza  dar  corso  all'attivita'  istruttoria,  che  ha
invece  reso  necessario  il  ricorso  alle  cautele  previste  dalla
disposizione oggetto di censura. 
    5.- L'eccezione e' fondata per le ragioni che seguono. 
    5.1.- Ai fini dell'apprezzamento del  requisito  della  rilevanza
nei giudizi incidentali, questa Corte ha ripetutamente affermato  che
«cio' che  conta  e'  la  valutazione  che  il  giudice  a  quo  deve
effettuare in ordine alla possibilita' che il  procedimento  pendente
possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione  della
questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione
solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento
(sentenza n. 71 del 2015)» (sentenze n. 208 e n. 122 del 2019). 
    In  tal  senso,  il  giudice  a  quo,  dopo  aver  sinteticamente
descritto il contenuto  della  pretesa  dei  ricorrenti  nei  giudizi
principali e l'oggetto della propria ordinanza istruttoria, si limita
ad affermare  in  modo  tautologico,  nella  parte  conclusiva  delle
ordinanze di rimessione, che i giudizi principali non possono  essere
definiti nel merito «se  non  previa  risoluzione  della  prospettata
questione di legittimita' costituzionale». 
    Nessuna spiegazione,  pertanto,  viene  fornita  in  ordine  alla
necessita' di fare applicazione di una norma destinata a  spiegare  i
suoi   effetti   in   ambito   istruttorio,   e    cio'    quantunque
l'amministrazione avesse espressamente dedotto  che  la  pretesa  dei
ricorrenti era infondata quanto all'an debeatur e,  conseguentemente,
che l'istruttoria disposta sul quantum era, in realta', da  ritenersi
del tutto superflua. 
    Di conseguenza, non viene nemmeno illustrata la  ragione  per  la
quale la decisione sulle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
risulterebbe  pregiudiziale   per   la   definizione   del   processo
principale; e  la  mancata  indicazione  di  plausibili  ragioni  che
depongano per tale rilievo  di  pregiudizialita'  si  risolve  in  un
difetto  di  motivazione  sulla   rilevanza,   dal   quale   consegue
l'inammissibilita' della questione stessa (ex multis, sentenze n.  23
del 2019, n. 209 e n. 119 del 2017; ordinanza n. 202 del 2018). 
    A  cio'  si  aggiunga  che  il  rimettente  svolge   le   proprie
considerazioni   con   riguardo   alle   modalita'   con   le   quali
l'amministrazione convenuta nei giudizi principali ha dato esecuzione
alla norma censurata;  non  a  caso,  e  come  si  e'  accennato,  le
denunziate  criticita'  vengono  ricostruite  con  riferimento  «alla
portata letterale della norma e alla sua concreta attuazione  operata
dall'Amministrazione». 
    Pertanto, il denunciato pregiudizio alla funzione giurisdizionale
e al diritto di difesa  delle  parti  private  non  e'  dipeso  dalla
previsione impugnata, in se' considerata, ma dall'applicazione che ne
avrebbe fatto l'amministrazione nel caso  concreto;  e  questo  rende
irrilevante il sindacato di legittimita' costituzionale richiesto  ai
medesimi fini. 
    5.2.- L'inadeguatezza della  motivazione  sulla  rilevanza  delle
questioni emerge poi con riguardo ad un ulteriore, specifico profilo. 
    In proposito, giova procedere  ad  una  breve  ricostruzione  del
quadro normativo sotteso al tema dei giudizi principali. 
    5.2.1.- La disciplina del rapporto d'impiego del personale  degli
OO.I.S. non si sottrae ai principi generali e alle norme  comuni  del
pubblico impiego. 
    Gia' la legge 24 ottobre 1977, n. 801 (Istituzione e  ordinamento
dei servizi per le informazioni  e  la  sicurezza  e  disciplina  del
segreto di Stato), nel disporre che il personale  di  tali  organismi
fosse «costituito da dipendenti civili e  militari  dello  Stato  che
vengono trasferiti, con il loro consenso [...] nonche'  da  personale
assunto  direttamente»  (art.  7,  comma  1),  avuto  riguardo   alla
peculiarita'  delle   relative   attribuzioni   aveva   operato   una
delegificazione della disciplina del relativo  rapporto  di  impiego,
devolvendo  in  modo  permanente  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, ovvero al Ministro della difesa od al Ministro dell'interno
(su parere del Comitato interministeriale per le  informazioni  e  la
sicurezza, di concerto con  il  Ministro  del  tesoro),  la  relativa
potesta' normativa, esercitabile anche in  deroga  alle  disposizioni
legislative vigenti. 
    Pertanto, lo status giuridico  e  il  trattamento  economico  del
personale di tali organismi erano  stati  regolati  dai  decreti  del
Presidente del Consiglio dei ministri n. 7 e n.  8  del  21  novembre
1980 (non pubblicati nella Gazzetta Ufficiale), che  hanno  delineato
un  regime  atipico,  soggetto   all'applicazione   esclusiva   delle
disposizioni speciali. 
    In particolare, ai fini che rilevano in questa  sede,  l'art.  18
del d.P.C.m. n. 8 del 1980 ha previsto la  corresponsione  sia  della
indennita' «di funzione», per il  personale  provvisto  di  qualifica
dirigenziale, sia della  indennita'  «operativa»,  per  il  personale
sprovvisto di tale qualifica, delle quali,  pero',  ha  espressamente
escluso il computo nella base pensionabile. 
    5.2.2.-  In  epoca  successiva,  tuttavia,  il   trattamento   di
quiescenza dei pubblici impiegati  e'  stato  interessato  da  alcuni
interventi di riforma, fra i quali, in particolare, la legge 8 agosto
1995, n. 335, recante «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio
e complementare» (cosiddetta "riforma Dini"). 
    Quest'ultima,  in  un'ottica  di   armonizzazione   del   sistema
pensionistico obbligatorio e complementare, all'art. 2, comma  9,  ha
disposto che, a far data dal 1° gennaio 1996, per tutti i  dipendenti
delle amministrazioni pubbliche di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto  legislativo  3  febbraio  1993,  n.  29   (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a  norma  dell'articolo  2
della  legge  23  ottobre  1992,  n.   421),   la   base   imponibile
pensionistica va calcolata secondo i criteri  indicati  dall'art.  12
della legge 30 aprile  1969,  n.  153  (Revisione  degli  ordinamenti
pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), vale  a  dire
includendovi non solo la retribuzione dell'impiegato, ma anche  tutti
gli elementi accessori del relativo trattamento economico, eccettuate
alcune indennita'. 
    5.2.3.- Fra tali ultime non risultavano  comprese  le  indennita'
«di funzione» e  «operativa»  previste  nell'ambito  del  trattamento
economico del personale OO.I.S. 
    Da tanto era quindi derivato un nutrito contenzioso su iniziativa
di numerosi dipendenti di tali organismi, collocati a riposo dopo  il
1° gennaio 1996; costoro, come i ricorrenti nei  giudizi  principali,
hanno infatti chiesto alla Corte dei conti, in veste di giudice delle
pensioni pubbliche, una  rideterminazione  del  loro  trattamento  di
quiescenza,  previa  inclusione  nella   base   pensionistica   delle
indennita' di cui all'art.  18  del  d.P.C.m.  n.  8  del  1980,  sul
presupposto dell'intervenuta abrogazione  di  quest'ultimo  da  parte
dell'art. 2, comma 9, della legge n. 335 del 1995. 
    Tale contenzioso  e'  stato,  per  la  maggior  parte  dei  casi,
definito in senso contrario alle pretese dei dipendenti OO.I.S.,  con
qualche limitata eccezione; a comporre definitivamente ogni contrasto
sono quindi intervenute le sezioni riunite  in  sede  giurisdizionale
della Corte dei conti, che, investite della decisione su questione di
massima, hanno escluso la dedotta  abrogazione  con  la  sentenza  n.
2/2018/QM del 29 gennaio 2018. 
    5.2.4.- Con quest'ultima decisione, in  particolare,  le  Sezioni
riunite hanno anzitutto sottolineato che le disposizioni del d.P.C.m.
n. 8 del 1980, in quanto connotate da specialita', non possono essere
derogate da una legge generale successiva, quale  quella  di  riforma
del sistema pensionistico, ne'  ritenersi  dalla  stessa  tacitamente
abrogate per incompatibilita'. 
    Hanno quindi ritenuto che la natura  eccezionale  delle  funzioni
svolte  dagli  appartenenti  agli  OO.I.S.  giustifichi   una   certa
discrezionalita' nelle  previsioni  di  organizzazione  dei  relativi
servizi, anche per i profili del trattamento giuridico ed  economico,
e funga  altresi'  da  parametro  interpretativo  delle  disposizioni
adottate al riguardo,  cosi'  da  giustificare  la  previsione  delle
indennita' in questione, volte a coprire, anche con riferimento  alla
varieta' degli apporti personali nelle missioni compiute, i disagi  e
i pericoli connessi all'attivita' svolta, e aventi  una  funzione  di
rimborso forfetario ed omnicomprensivo di  qualsivoglia  altro  onere
sostenuto. 
    Infine, le Sezioni riunite hanno osservato  che  la  riforma  dei
servizi di informazione e sicurezza dello Stato, intervenuta  con  la
legge n. 124 del 2007, nel disporre  l'abrogazione  della  previgente
legge n.  801  del  1977  e  di  «tutte  le  disposizioni  interne  e
regolamentari  in  contrasto  o,  comunque,  non   compatibili»,   ha
espressamente  fatte  salve  «le  norme  dei  decreti  attuativi  che
interessano il contenzioso del personale in quiescenza dei servizi di
informazione per la sicurezza ai fini della tutela giurisdizionale di
diritti  e  interessi»  (art.  44,  comma   1),   cosi'   consentendo
l'ultrattivita' della previsione di cui all'art. 18 del d.P.C.m. n. 8
del 1980, il cui contenuto e' stato poi trasfuso  nell'art.  103  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2008, n. 1
(Criteri per l'individuazione delle notizie, delle informazioni,  dei
documenti, degli atti, delle  attivita',  delle  cose  e  dei  luoghi
suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato), e nell'art.  105
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo  2011,
n. 1 (Obblighi di comunicazione in caso di esame o interrogatorio). 
    5.3.-  Nelle  ordinanze  di  rimessione,  che   si   limitano   a
tratteggiare in fatto il contenuto della pretesa dei  ricorrenti  nei
giudizi principali, e' omesso  ogni  riferimento  a  tale  articolato
quadro normativo e giurisprudenziale. 
    La Corte dei conti, infatti, si duole di una carenza informativa,
da parte della Presidenza del Consiglio dei  ministri,  in  relazione
all'accertamento dell'importo esatto delle indennita'  percepite  dai
ricorrenti, ma non svolge alcuna  considerazione  sul  tema,  a  cio'
pregiudiziale, del possibile computo di tali  indennita'  nella  base
pensionabile. 
    In altri termini, e' evidente che, nel procedere  all'istruttoria
sull'entita' delle indennita' versate ai ricorrenti, il giudice a quo
ne ha ritenuto ammissibile il computo nella  base  pensionistica;  di
una tale possibilita',  tuttavia,  le  ordinanze  di  rimessione  non
adducono neppure le ragioni, e cio' sebbene in presenza di un assetto
interpretativo chiaramente consolidatosi in senso  opposto,  peraltro
in forza di una decisione resa dall'autorita' cui  e'  attribuita  la
funzione nomofilattica nel settore pensionistico. 
    Una tale lacuna ricostruttiva si traduce dunque in un difetto  di
motivazione in punto di rilevanza, poiche' il rimettente, seguendo il
percorso interpretativo piu' sopra descritto, avrebbe dovuto indicare
le ragioni per le quali ha ritenuto di superarlo. 
    6.- In definitiva, l'omessa ricostruzione della cornice normativa
e  giurisprudenziale  di  riferimento  compromette  irrimediabilmente
l'iter logico argomentativo posto a fondamento delle valutazioni  del
rimettente  sulla  rilevanza;   cio'   che,   secondo   il   costante
orientamento  di  questa  Corte,  rende  inammissibili  le  questioni
sollevate (ex plurimis, sentenze n. 61 e n. 15 del 2021, n. 264 e  n.
228 del 2020, e n. 150 del 2019).