ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  75  della
legge della Regione Piemonte 9 luglio 2020, n. 15 (Misure urgenti  di
adeguamento della legislazione regionale - Collegato),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25-28
agosto 2020, depositato in cancelleria il 28 agosto 2020, iscritto al
n. 71 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    udita nell'udienza pubblica  del  23  novembre  2021  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maria Luisa Spina per il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Eleuterio  Zuena  per  la
Regione Piemonte; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 25-28 agosto 2020, depositato il 28
agosto 2020 e iscritto  al  n.  71  del  registro  ricorsi  2020,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  l'art.  75  della
legge della Regione Piemonte 9 luglio 2020, n. 15 (Misure urgenti  di
adeguamento della legislazione regionale - Collegato). 
    Tale disposizione prevede che, «[f]ino al termine dello stato  di
emergenza sanitaria di cui alla delibera del Consiglio  dei  ministri
31  gennaio  2020  (Dichiarazione  dello  stato   di   emergenza   in
conseguenza  del  rischio  sanitario   connesso   all'insorgenza   di
patologie derivanti da agenti virali trasmissibili) e, comunque, fino
al 31 dicembre 2020,  in  considerazione  dei  motivi  imperativi  di
interesse  generale  attinenti  al  raggiungimento  di  obiettivi  di
politica sociale e delle relative esigenze, di tutela dei lavoratori,
di sostegno al reddito e alle imprese, i soggetti aggiudicatori della
Regione possono introdurre  criteri  premiali  di  valutazione  delle
offerte e relativa attribuzione  di  punteggi,  nei  confronti  degli
operatori economici che, in caso di aggiudicazione, per  l'esecuzione
dell'appalto o della  concessione,  si  impegnano  a  utilizzare,  in
misura  prevalente,  manodopera  o  personale  a  livello  regionale,
attribuendo un peso specifico  alle  ricadute  occupazionali  sottese
alle  procedure  di  accesso  al  mercato  degli  appalti   e   delle
concessioni, in ottemperanza alle esigenze inderogabili di promozione
della continuita' dei livelli  occupazionali  e  nel  rispetto  delle
disposizioni dell'Unione europea». 
    Nonostante la  formale  dichiarazione  di  rispetto  del  diritto
europeo,  l'art.  75  della  legge  reg.  Piemonte  n.  15  del  2020
contrasterebbe con i principi  di  parita'  di  trattamento,  di  non
discriminazione e di tutela della concorrenza affermati agli artt. 3,
49 e  seguenti,  101,  102  e  106  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del  Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato  dalla  legge  2  agosto
2008, n. 130, in quanto l'attribuzione di punteggi premiali a  coloro
che, nel presentare offerte nelle  pubbliche  gare,  si  impegnino  a
utilizzare in misura prevalente la manodopera di un  dato  territorio
(quello regionale) a scapito della manodopera di un altro  (nazionale
o europeo), privilegerebbe  uno  o  piu'  concorrenti  in  base  alla
territorialita' della manodopera impiegata, introducendo in tal  modo
un criterio protezionistico. 
    La disposizione regionale violerebbe pertanto l'art.  117,  primo
comma,  della  Costituzione,  in  relazione   ai   citati   parametri
interposti. 
    Sarebbe violato anche l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., per  invasione  della  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia  di   tutela   della   concorrenza.   L'impugnato   art.   75
introdurrebbe, infatti, criteri premiali di valutazione delle offerte
in contrasto con l'art. 30 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.
50 (Codice dei  contratti  pubblici),  secondo  cui  nell'affidamento
degli appalti e  delle  concessioni  le  stazioni  appaltanti  devono
rispettare i principi di libera concorrenza e non  discriminazione  e
non possono limitare in alcun modo  artificiosamente  la  concorrenza
allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni  operatori
economici. 
    L'illegittimita'  costituzionale  non   si   potrebbe   escludere
invocando l'art. 1, comma 1, lettera ddd),  della  legge  28  gennaio
2016, n. 11 (Deleghe al  Governo  per  l'attuazione  delle  direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di
concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli
enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti  e
dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente
in materia  di  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e
forniture), che aveva  previsto  la  «valorizzazione  delle  esigenze
sociali e di  sostenibilita'  ambientale,  mediante  introduzione  di
criteri  e  modalita'  premiali  di  valutazione  delle  offerte  nei
confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino,
per l'esecuzione dell'appalto, a utilizzare anche in parte manodopera
o personale a livello locale». A parte la non  sovrapponibilita'  tra
la norma statale delegante (che  consentiva  di  premiare  l'utilizzo
della manodopera locale «anche in parte») e quella regionale (che  ne
premia  l'utilizzo  «in  misura  prevalente»),  sarebbe  decisiva  la
«indebita ingerenza» del legislatore regionale nell'ambito  riservato
alla competenza esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela  della
concorrenza. Una previsione come  quella  censurata  potrebbe  essere
adottata solo con effetto  su  tutto  il  territorio  nazionale,  per
evitare che «la manodopera piemontese sia avvantaggiata in Piemonte e
il lavoratore di altre regioni non possa godere di analogo  vantaggio
nella propria regione». 
    2.- La Regione Piemonte si e' costituita in giudizio con  memoria
depositata il 28 settembre 2020, concludendo per  la  non  fondatezza
delle questioni. 
    Pur riconoscendo che  la  disciplina  del  codice  dei  contratti
pubblici sulle procedure di gara e' riconducibile alla materia  della
tutela  della  concorrenza,   la   resistente   da'   evidenza   alla
peculiarita' della  fattispecie,  rilevando  che  si  tratta  di  una
previsione temporanea - efficace fino alla cessazione dello stato  di
emergenza sanitaria derivante dalla pandemia in atto e comunque  fino
al 31 dicembre 2020 - e  preordinata  a  coniugare  il  principio  di
libera concorrenza e di  non  discriminazione  con  il  sostegno  dei
lavoratori in  un  ambito  territoriale  economicamente  tra  i  piu'
colpiti dalla pandemia. 
    La disposizione impugnata sarebbe quindi rispettosa del d.lgs. n.
50 del 2016 (d'ora in  avanti:  codice  dei  contratti  pubblici),  e
segnatamente dei suoi artt. 2 e  30,  anche  alla  luce  dei  criteri
direttivi dettati all'art. 1, comma  1,  lettera  ddd),  della  legge
delega n. 11 del 2016, citata dal ricorrente. 
    3.- La stessa Regione ha poi depositato il 29  ottobre  2021  una
memoria illustrativa. 
    In essa ha  preliminarmente  chiesto  di  dichiarare  cessata  la
materia del contendere per  sopravvenuto  difetto  di  interesse  del
ricorrente, sull'assunto  che  la  disposizione  impugnata  -  i  cui
effetti sono cessati  con  lo  spirare  del  termine  ultimo  del  31
dicembre 2020 - non avrebbe  avuto  medio  tempore  applicazione.  In
proposito, allega  nota  del  Dirigente  del  Settore  trasparenza  e
anticorruzione della Regione Piemonte, nella quale  si  comunica  che
«nel periodo di vigenza» della stessa disposizione, «da un  controllo
a campione effettuato sul portale di pubblicazione  dell'Osservatorio
dei contratti pubblici, sui bandi indetti nel periodo luglio/dicembre
2020, non e' stato riscontrato l'utilizzo  dei  criteri  premiali  di
valutazione delle offerte previste dall'articolo 75». 
    Nel  merito,  ribadisce  che  non  sussisterebbe  la   violazione
dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  agli   evocati
parametri interposti, trattandosi di norma temporanea dettata in  una
situazione di estrema urgenza  e  straordinarieta',  nella  quale  il
Governo  aveva  disposto  la  chiusura  dei   confini   nazionali   e
restrizioni allo spostamento tra regioni, onde il  principio  europeo
di libera concorrenza, se inteso in senso eccessivamente restrittivo,
di fatto non avrebbe potuto essere garantito. 
    Neppure sarebbe violato l'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),
Cost., stante la coincidenza quasi totale tra l'art. 75  della  legge
reg. Piemonte n. 15 del 2020 e il citato art.  1,  comma  1,  lettera
ddd), della legge n. 11 del 2016, nonche', in ogni  caso,  l'«assenza
di contrasto con  l'orientamento  nazionale».  Inoltre,  si  dovrebbe
considerare che  l'art.  95,  comma  13,  del  codice  dei  contratti
pubblici consente  il  ricorso  a  un  criterio  premiale  legato  al
territorio, prevedendo che le amministrazioni aggiudicatrici  possono
indicare, nel bando di gara, nell'avviso o  nell'invito,  il  maggior
punteggio  relativo  all'offerta  per  beni,  lavori  o  servizi  che
presentano un minore impatto sulla  salute  e  sull'ambiente.  Questo
sarebbe il caso oggetto della disposizione impugnata, diretta  a  far
fronte all'emergenza sanitaria. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  l'art.  75
della legge della Regione Piemonte  9  luglio  2020,  n.  15  (Misure
urgenti di adeguamento della  legislazione  regionale  -  Collegato),
secondo cui, «[f]ino al termine dello stato di emergenza sanitaria di
cui  alla  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  31  gennaio  2020
(Dichiarazione dello stato di emergenza in  conseguenza  del  rischio
sanitario connesso all'insorgenza di patologie  derivanti  da  agenti
virali trasmissibili) e, comunque,  fino  al  31  dicembre  2020,  in
considerazione dei motivi imperativi di interesse generale  attinenti
al raggiungimento di obiettivi di politica sociale e  delle  relative
esigenze, di tutela dei lavoratori, di sostegno  al  reddito  e  alle
imprese, i soggetti aggiudicatori della  Regione  possono  introdurre
criteri premiali di valutazione delle offerte e relativa attribuzione
di punteggi, nei confronti degli operatori economici che, in caso  di
aggiudicazione, per l'esecuzione dell'appalto o della concessione, si
impegnano a utilizzare, in misura prevalente, manodopera o  personale
a livello regionale, attribuendo  un  peso  specifico  alle  ricadute
occupazionali sottese alle procedure  di  accesso  al  mercato  degli
appalti  e  delle  concessioni,   in   ottemperanza   alle   esigenze
inderogabili   di   promozione   della   continuita'   dei    livelli
occupazionali e nel rispetto delle disposizioni dell'Unione europea». 
    La disposizione impugnata violerebbe, in primo luogo, l'art. 117,
primo comma, della Costituzione, in relazione  agli  artt.  3,  49  e
seguenti, 101, 102 e 106 del Trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130.
L'attribuzione di punteggi premiali  a  coloro  che,  nel  presentare
offerte nelle pubbliche gare, si impegnino  a  utilizzare  in  misura
prevalente la manodopera o il personale di un dato territorio (quello
regionale), a scapito della manodopera o il  personale  di  un  altro
territorio (nazionale o europeo), contrasterebbe con  i  principi  di
parita' di trattamento, di non  discriminazione  e  di  tutela  della
concorrenza posti dal diritto dell'Unione europea, privilegiando  uno
o piu' concorrenti rispetto ad altri  in  base  alla  territorialita'
della manodopera impiegata e introducendo in  tal  modo  un  criterio
protezionistico. 
    Sarebbe violato anche l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., per  invasione  della  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela  della  concorrenza.  L'introduzione  dei  previsti
criteri premiali di valutazione delle offerte  nelle  gare  pubbliche
contrasterebbe con l'art. 30 del decreto legislativo 18 aprile  2016,
n. 50 (Codice dei contratti pubblici), alla cui stregua  le  stazioni
appaltanti,  nell'affidamento  degli  appalti  e  delle  concessioni,
devono  rispettare  i  principi   di   libera   concorrenza   e   non
discriminazione, non potendo in alcun modo artificiosamente  limitare
la concorrenza allo scopo di favorire  o  svantaggiare  indebitamente
taluni operatori economici. 
    2.-  Il  legislatore  regionale  ha  limitato   l'efficacia   del
censurato art. 75 della legge reg. Piemonte n. 15 del 2020 «[f]ino al
termine dello stato di emergenza sanitaria di cui alla  delibera  del
Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 [...] e, comunque, fino al  31
dicembre 2020». Quest'ultimo termine finale e' medio tempore scaduto,
non essendo state adottate disposizioni di proroga. 
    La  Regione  Piemonte  chiede  per  questo  che  si  dichiari  la
cessazione  della  materia  del  contendere,  sull'assunto   che   la
disposizione impugnata, la cui efficacia e'  nel  frattempo  cessata,
non avrebbe avuto applicazione. Allega  a  tale  fine  una  nota  del
dirigente del settore  trasparenza  e  anticorruzione  della  Regione
stessa, nella quale si dichiara  che  «da  un  controllo  a  campione
effettuato  sul  portale  di  pubblicazione   dell'Osservatorio   dei
contratti pubblici, sui bandi  indetti  nel  periodo  luglio/dicembre
2020, non e' stato riscontrato l'utilizzo  dei  criteri  premiali  di
valutazione delle offerte previste dall'articolo 75», nel periodo «di
[sua] vigenza». 
    L'istanza della Regione non puo' essere accolta. 
    Ne' la cessazione di efficacia della disposizione per lo  spirare
del termine, ne' la sua asserita non  applicazione  medio  tempore  -
peraltro non  dimostrata,  in  quanto  il  documento  prodotto  dalla
Regione si limita ad attestare  il  risultato  negativo  di  un  mero
controllo a campione dei bandi di gara - determinano il  sopravvenuto
difetto dell'interesse al ricorso. 
    Secondo la costante giurisprudenza  costituzionale,  infatti,  il
giudizio promosso  in  via  principale  e'  giustificato  dalla  mera
pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva  della  ripartizione
di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia o non abbia
prodotto (ex plurimis, sentenze n. 156 del 2021, n. 166 del 2019,  n.
195 del 2017 e n. 262 del 2016), consistendo  l'interesse  attuale  e
concreto del ricorrente esclusivamente «nella tutela delle competenze
legislative nel rispetto del riparto  delineato  dalla  Costituzione»
(sentenza n. 195 del 2017). 
    3.-  Il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   propone,
nell'ordine, una questione diretta  a  denunciare  la  violazione  di
vincoli europei, ai  sensi  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  e
un'altra relativa al  riparto  interno  di  competenza  tra  Stato  e
regioni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Si deve tuttavia invertire l'ordine  di  esame  delle  questioni,
giacche' la  censura  relativa  al  riparto  di  competenza  presenta
carattere prioritario, sotto il  profilo  logico-giuridico,  rispetto
all'altra, che investe il  contenuto  della  scelta  legislativa  (ex
plurimis, sentenze n. 38 del 2021, n. 114  del  2017  e  n.  209  del
2013). 
    4.- La questione riferita all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
e), Cost. e' fondata. 
    4.1.- Questa Corte e' costante nell'affermare che la  nozione  di
«concorrenza» di cui al secondo  comma,  lettera  e),  dell'art.  117
Cost. «non puo' non riflettere  quella  operante  in  ambito  europeo
(sentenze n. 83 del 2018, n. 291 e n. 200 del 2012, n. 45 del  2010).
Essa comprende, pertanto, sia le  misure  legislative  di  tutela  in
senso proprio, intese a contrastare gli atti e i comportamenti  delle
imprese che incidono negativamente  sull'assetto  concorrenziale  dei
mercati, sia le misure legislative di promozione, volte  a  eliminare
limiti  e  vincoli   alla   libera   esplicazione   della   capacita'
imprenditoriale e della competizione tra  imprese  (concorrenza  "nel
mercato"), ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che
assicurino la piu' ampia apertura del mercato a tutti  gli  operatori
economici  (concorrenza  "per  il  mercato").   In   questa   seconda
accezione,  attraverso  la  "tutela   della   concorrenza",   vengono
perseguite finalita' di ampliamento dell'area di  libera  scelta  dei
cittadini e delle imprese, queste ultime  anche  quali  fruitrici,  a
loro volta, di beni e di servizi (sentenze n. 299 del 2012 e  n.  401
del 2007)» (sentenza n. 137 del 2018). 
    Sulla scorta di tale nozione di tutela della concorrenza "per  il
mercato", questa Corte ha altresi' affermato che «la disciplina delle
procedure  di  gara,  la  regolamentazione  della  qualificazione   e
selezione dei concorrenti,  delle  procedure  di  affidamento  e  dei
criteri di aggiudicazione [...] mirano a garantire che le medesime si
svolgano nel rispetto delle  regole  concorrenziali  e  dei  principi
comunitari  della  libera  circolazione  delle  merci,  della  libera
prestazione dei servizi, della liberta' di stabilimento, nonche'  dei
principi costituzionali  di  trasparenza  e  parita'  di  trattamento
(sentenze n. 431, n. 401 del 2007, n. 411 del  2008)»,  sicche'  tali
discipline, in quanto «volte  a  consentire  la  piena  apertura  del
mercato nel settore  degli  appalti,  sono  riconducibili  all'ambito
della  tutela  della  concorrenza,  di   esclusiva   competenza   del
legislatore statale (sentenze n. 401 del  2007,  n.  345  del  2004)»
(sentenza n. 186 del 2010; nello stesso  senso,  sentenze  n.  2  del
2014, n. 259 del 2013 e  n.  339  del  2011),  costituendo  esse  uno
strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza  in
modo uniforme sull'intero territorio nazionale (sentenze  n.  39  del
2020, n. 28 del 2014, n. 339 del 2011, n. 1 del 2008  e  n.  401  del
2007). 
    L'art. 75 della legge reg. Piemonte n. 15 del 2020 -  attribuendo
ai «soggetti aggiudicatori della  Regione»  il  potere  di  prevedere
criteri  premiali  di  valutazione  delle  offerte  a  favore   degli
operatori  economici  che  si  impegnino  a  utilizzare   in   misura
prevalente manodopera o personale a livello regionale - e'  idoneo  a
produrre effetti diretti sull'esito  delle  gare  e,  indirettamente,
sulla scelta degli operatori economici in ordine alla  partecipazione
alle stesse, incidendo in questo  modo  sulla  concorrenzialita'  nel
mercato.  Dall'introduzione  dei  detti  criteri  premiali,  infatti,
possono derivare conseguenze sulla minore o maggiore possibilita'  di
accesso delle imprese al mercato regionale dei contratti pubblici. 
    La disposizione regionale impugnata si pone inoltre in  contrasto
con l'esigenza di assicurare procedure di evidenza pubblica  uniformi
su tutto il territorio nazionale, in  modo  che  siano  rispettati  i
principi di libera concorrenza e  di  non  discriminazione  ai  sensi
dell'art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016 (d'ora in avanti:  codice  dei
contratti  pubblici).  Quest'ultima  disposizione   -   assunta   dal
ricorrente   a   norma   interposta   -    prevede    infatti    che,
«[n]ell'affidamento degli appalti e delle  concessioni,  le  stazioni
appaltanti rispettano [...] i principi  di  libera  concorrenza,  non
discriminazione,   trasparenza,    proporzionalita',    nonche'    di
pubblicita'»  (comma  1)  e  «non  possono  limitare  in  alcun  modo
artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare
indebitamente taluni operatori economici» (comma 2). 
    La possibilita' di introdurre, anche in via transitoria,  criteri
premiali di valutazione delle offerte per far fronte alle ineludibili
esigenze sorte dall'emergenza  sanitaria  e'  dunque  riservata  allo
Stato, cui spetta in generale, nell'esercizio  della  sua  competenza
esclusiva in materia di tutela della concorrenza, definire  il  punto
di equilibrio tra essa e la tutela di altri  interessi  pubblici  con
esso interferenti (ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020 e n.  30  del
2016,  con  riferimento  al  libero   esercizio   dell'attivita'   di
trasporto), come quelli sottesi al raggiungimento  di  «obiettivi  di
politica sociale [...], di tutela  dei  lavoratori,  di  sostegno  al
reddito e alle imprese», che l'art. 75 della legge reg.  Piemonte  n.
15 del 2020 dichiara di perseguire. 
    Esigenze simili - anche se non collegate all'epidemia in atto, ma
riconducibili al piu' ampio tema dell'uso "strategico" dei  contratti
pubblici per la realizzazione di  obiettivi  sociali,  oltre  che  di
tutela ambientale e di sviluppo sostenibile, ulteriori rispetto  alle
finalita' proprie dei contratti stessi -  sono  state  effettivamente
considerate dal legislatore statale, in attuazione di scopi enunciati
dalle stesse direttive europee in materia di appalti. 
    Cosi', l'art. 1, comma 1, lettera ddd), della  legge  28  gennaio
2016, n. 11 (Deleghe al  Governo  per  l'attuazione  delle  direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di
concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli
enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti  e
dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente
in materia  di  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e
forniture), include, tra i principi e i criteri direttivi dettati  al
Governo per l'adozione del nuovo codice dei  contratti  pubblici,  la
«valorizzazione  delle   esigenze   sociali   e   di   sostenibilita'
ambientale, mediante introduzione di criteri e modalita' premiali  di
valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di
aggiudicazione,  si  impegnino,  per  l'esecuzione  dell'appalto,   a
utilizzare anche in parte manodopera o  personale  a  livello  locale
ovvero in via prioritaria gli addetti  gia'  impiegati  nel  medesimo
appalto, in ottemperanza ai principi  di  economicita'  dell'appalto,
promozione   della    continuita'    dei    livelli    occupazionali,
semplificazione ed implementazione dell'accesso delle micro,  piccole
e medie imprese, tenendo anche in considerazione  gli  aspetti  della
territorialita' e della filiera corta e attribuendo un peso specifico
anche alle ricadute occupazionali sottese alle procedure  di  accesso
al mercato degli appalti pubblici, comunque nel rispetto del  diritto
dell'Unione europea». 
    Inoltre,  il  gia'  citato  art.  30  del  codice  dei  contratti
pubblici, dopo avere affermato che «[l]'affidamento e l'esecuzione di
appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, [...]  si
svolge  nel  rispetto  dei  principi  di   economicita',   efficacia,
tempestivita' e correttezza» (comma 1, primo  periodo),  precisa  che
«[i]l principio di economicita' puo' essere subordinato,  nei  limiti
in cui e' espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente
codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze  sociali,
nonche' alla  tutela  della  salute,  dell'ambiente,  del  patrimonio
culturale e alla promozione dello  sviluppo  sostenibile,  anche  dal
punto di vista energetico» (comma 1, terzo periodo). 
    Ne' dall'una, ne' dall'altra  delle  richiamate  disposizioni  e'
tuttavia  possibile   trarre   argomenti   a   sostegno   della   non
illegittimita' costituzionale dell'art. 75 della legge reg.  Piemonte
n. 15 del 2020, assumendo, come prospetta  la  Regione,  che  il  suo
contenuto si porrebbe in linea, nella  sostanza,  con  gli  obiettivi
sociali perseguiti dal legislatore statale. A parte il rilievo che al
legislatore  regionale  e'  precluso  finanche  di  riprodurre   tali
disposizioni, per il divieto di novazione della fonte  in  un  ambito
materiale di competenza esclusiva statale (ex plurimis,  sentenze  n.
16 del 2021, n. 40 del 2017 e n. 98 del  2013),  e'  decisivo  quanto
gia' rilevato sopra circa la  riserva  allo  Stato  della  scelta  di
introdurre  ulteriori  criteri  premiali  fondati  sull'utilizzo   di
personale locale. Solo allo  Stato  spetta  infatti  la  facolta'  di
adottare, in esito al bilanciamento tra l'interesse alla  concorrenza
e altri interessi pubblici e nell'ambito di una  disciplina  uniforme
per l'intero territorio nazionale, eccezionali restrizioni al  libero
accesso degli operatori economici al mercato, che,  ove  disposte  da
differenti normative  regionali,  sarebbero  suscettibili  di  creare
dislivelli  di  regolazione,  produttivi  di  barriere   territoriali
(sentenza n. 283 del 2009). 
    Per le stesse ragioni non puo' essere invocato a  sostegno  della
non fondatezza dell'odierna questione di legittimita'  costituzionale
quanto previsto dall'art. 95, comma  13,  del  codice  dei  contratti
pubblici, in tema di criteri premiali di valutazione  delle  offerte,
che consente  alle  amministrazioni  aggiudicatrici  di  indicare  il
«maggiore punteggio relativo all'offerta concernente beni,  lavori  o
servizi  che  presentano   un   minore   impatto   sulla   salute   e
sull'ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o  a
chilometro zero». E'  evidente,  infatti,  l'eterogeneita'  del  fine
cosi' perseguito - di tutela della salute e dell'ambiente -  rispetto
a quello che  ispira  la  norma  impugnata,  diretta  a  favorire  la
"territorialita'"  del  personale   impiegato   nell'esecuzione   del
contratto, e in via mediata delle imprese esecutrici,  a  prescindere
dall'impatto della prestazione affidata su diversi  interessi,  quali
fra gli altri la salute o l'ambiente. 
    5.-  Va   dunque   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 75 della legge reg. Piemonte n. 15 del 2020. 
    La questione proposta con riferimento all'art. 117, primo  comma,
Cost.,  per  la  lamentata  violazione   dei   menzionati   parametri
interposti del diritto dell'Unione europea, resta assorbita.