ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
480, 500, 501, 511, 757, 758, 759 e  821,  della  legge  30  dicembre
2020,  n.  178  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il  triennio  2021-2023),
promosso dalla Regione Campania con ricorso notificato  il  1°  marzo
2021, depositato in cancelleria il 4 marzo 2021, iscritto  al  n.  12
del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2022 il Giudice relatore
Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato Almerina Bove per  la  Regione  Campania  e  gli
avvocati dello Stato Chiarina  Aiello  e  Eugenio  De  Bonis  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 1° marzo 2021  e  depositato  il  4
marzo 2021 (reg. ric.  n.  12  del  2021),  la  Regione  Campania  ha
promosso, tra le  altre,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, commi 480, 500, 501, 511, 757, 758,  759  e  821,  della
legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2021-2023). 
    1.1.- La Regione Campania impugna  l'art.  1,  comma  480,  della
legge n. 178 del 2020,  il  quale  prevede  che  «[c]on  decreto  del
Ministro della salute sono stabiliti le  modalita'  di  accesso  e  i
requisiti per l'erogazione delle risorse del fondo di  cui  al  comma
479, anche al fine del rispetto del  limite  di  spesa  previsto  dal
medesimo comma». 
    Il citato comma 479 istituisce «a decorrere dall'anno 2021, nello
stato di previsione del Ministero della salute [...]  un  fondo,  con
una dotazione di 20 milioni di euro annui, destinato, nei limiti  del
medesimo stanziamento, al rimborso  diretto,  anche  parziale,  delle
spese sostenute per l'acquisto da parte degli ospedali, sia  pubblici
sia privati convenzionati, di test genomici per il carcinoma mammario
ormonoresponsivo in stadio precoce». Tale  disposizione  persegue  il
«fine di garantire alle donne con carcinoma mammario ormonoresponsivo
in  stadio  precoce  un  trattamento  personalizzato  sulla  base  di
informazioni   genomiche,   evitando   il   ricorso   a   trattamenti
chemioterapici e l'aggravamento del rischio di contagio  da  COVID-19
per la riduzione delle difese immunitarie». 
    Secondo la ricorrente, l'impugnato art. 1, comma 480,  violerebbe
gli artt. 117, terzo comma, 118, 119 e 120 della Costituzione,  nella
parte in cui non prevede alcuna forma di coinvolgimento  del  sistema
delle autonomie territoriali, necessaria in forza  del  principio  di
leale collaborazione, in quanto il fondo istituito dal  citato  comma
479 afferirebbe alla materia  «tutela  della  salute»  di  competenza
legislativa concorrente. 
    1.2.- Vengono dalla Regione impugnati anche i  commi  500  e  501
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020, i quali danno attuazione  al
comma 499 della medesima legge. Tale ultima disposizione prevede che,
per le finalita' di cui alla legge 10 febbraio 2020, n. 10 (Norme  in
materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a
fini  di  studio,  di  formazione  e  di  ricerca  scientifica),  «e'
autorizzata la spesa di 4 milioni di euro  per  ciascuno  degli  anni
2021, 2022 e 2023». 
    A parere della ricorrente, i citati commi 500, il  quale  prevede
che «[i]l Ministro della salute,  con  proprio  decreto  da  adottare
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore  della  presente
legge,  individua  i  centri  di  riferimento  e  le   modalita'   di
svolgimento della formazione e della simulazione  sui  cadaveri»,  e,
501, il quale statuisce che «[i]l Ministro della salute, con  proprio
decreto da adottare entro novanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge, stabilisce i criteri e le modalita'  per
la ripartizione delle risorse di cui al comma 499 anche  al  fine  di
individuare  le  specifiche  attivita'  oggetto  di   finanziamento»,
ometterebbero  di  assicurare   il   coinvolgimento   delle   Regioni
nell'individuazione dei centri di riferimento, previsti  dalla  legge
n. 10 del 2020, e delle modalita' e  dei  criteri  di  riparto  delle
risorse espressamente demandati ad  un  decreto  del  Ministro  della
salute. Cosi' disponendo, le  impugnate  disposizioni  si  porrebbero
altresi' in contrasto con l'art. 4, comma 1, della legge  n.  10  del
2020, in base al quale «[i]l Ministro della salute, di  concerto  con
il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  individua
le  strutture  universitarie,  le   aziende   ospedaliere   di   alta
specialita' e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico
(IRCCS)  da  utilizzare  quali   centri   di   riferimento   per   la
conservazione e l'utilizzazione dei corpi dei defunti ai fini di  cui
alla presente legge». 
    I commi 500 e 501 dell'art. 1 della legge  n.  178  del  2020  si
porrebbero in contrasto con gli artt. 117, terzo comma,  118,  119  e
120  Cost.  nella  parte  in  cui  non  prevedono  alcuna  forma   di
coinvolgimento del sistema delle autonomie  territoriali,  necessaria
in forza del principio di leale collaborazione  in  quanto  il  fondo
suddetto afferirebbe alla materia «tutela della salute» di competenza
legislativa concorrente. 
    1.3.- L'impugnazione regionale verte  anche  sull'art.  1,  comma
511, della legge n. 178  del  2020,  il  quale  prevede  che,  «[c]on
decreto del Ministro dell'istruzione, da emanare entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge,  sono  definite
le modalita' di utilizzazione delle risorse del fondo di cui al comma
510».  Tale  ultima  disposizione  ha  istituito  «nello   stato   di
previsione del Ministero dell'istruzione  [...]  un  fondo,  con  una
dotazione di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021»,  al
«fine di ampliare l'offerta formativa dei licei musicali e consentire
l'attivazione dei corsi a indirizzo jazzistico e nei nuovi  linguaggi
musicali». 
    A parere della ricorrente le citate disposizioni,  istituendo  il
suddetto fondo e determinando l'istituzione di nuovi corsi di studio,
afferirebbero alla materia dell'istruzione, «coperta»  da  competenza
legislativa regionale concorrente  e  tuttavia  l'impugnato  art.  1,
comma 511, della legge n. 178 del 2020, non prevedrebbe alcuna  forma
di coinvolgimento delle Regioni nella determinazione dei  criteri  di
ripartizione della somme stanziate, cosi'  violando  gli  artt.  117,
terzo comma, 118, 119 e 120 Cost. 
    1.4.- La Regione ha impugnato anche i commi 757 e 758 dell'art. 1
della legge n. 178 del 2020, i quali prevedono, rispettivamente,  che
«[e']  istituito,   nello   stato   di   previsione   del   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo  per
il recupero della fauna selvatica, con una dotazione di 1 milione  di
euro per l'anno 2021. Il Fondo e'  destinato  al  fine  di  sostenere
l'attivita' di tutela e  cura  della  fauna  selvatica  svolta  dalle
associazioni ambientaliste riconosciute  ai  sensi  dell'articolo  13
della legge 8 luglio 1986, n. 349, il cui statuto  preveda  finalita'
di tutela e cura della fauna selvatica e che gestiscano centri per la
cura e il recupero della fauna selvatica  ai  sensi  della  legge  11
febbraio 1992,  n.  157,  con  particolare  riferimento  alle  specie
faunistiche di interesse comunitario di cui alle direttive  92/43/CEE
del Consiglio, del 21  maggio  1992,  e  2009/147/CE  del  Parlamento
europeo e del Consiglio,  del  30  novembre  2009.  Con  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  da
adottare entro sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente  legge,  sentiti  il  Ministro  delle   politiche   agricole
alimentari e forestali e il Ministro della salute, sono  definite  le
modalita' di utilizzo del Fondo di  cui  al  presente  comma»  (comma
757); e che, «[e]ntro novanta giorni dalla data di entrata in  vigore
della presente legge, le regioni e le province autonome di  Trento  e
di Bolzano trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela  del
territorio e del mare l'elenco dei centri per il recupero della fauna
selvatica  operanti  nel  rispettivo  territorio  e  afferenti   alle
associazioni di cui al comma 757» (comma 758). 
    Secondo la ricorrente, le disposizioni impugnate sarebbero  volte
a sostenere i cosiddetti  «"centri  di  recupero  fauna  selvatica  o
animali selvatici" (acronimo CRAS)» e cio' sarebbe «desumibile  anche
dall'onere imposto alle regioni di  comunicare  l'elenco  dei  centri
gestiti dalle suddette associazioni». 
    Le disposizioni sarebbero  pertanto  inquadrabili  nella  materia
della tutela dell'ambiente,  di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., di esclusiva competenza statale, e in  quella  del
prelievo venatorio, di competenza residuale delle Regioni,  ai  sensi
del quarto comma della citata disposizione costituzionale. 
    La Regione Campania mette, poi, in evidenza come, a  rilevare  in
materia, sia la  legge  11  febbraio  1992,  n.  157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio), che - secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  (si
citano le sentenze n. 104 [recte: 107] del 2014, n. 303 del 2013,  n.
278, n. 116 e n. 106 del 2012 e n. 233 del 2010) -  costituirebbe  il
livello  minimo  di  salvaguardia  della  fauna  selvatica,  le   cui
previsioni  di  tutela  possono  essere  dalle   Regioni   modificate
nell'esercizio della loro competenza residuale in materia di  caccia,
nella sola direzione dell'innalzamento del livello di salvaguardia. 
    Tale legge - ricorda ancora la ricorrente - pur  non  menzionando
espressamente i centri di recupero  della  fauna  selvatica,  avrebbe
individuato  un  nucleo  minimo  di  tutela  e,  del  pari,   avrebbe
attribuito alle Regioni e alle Province autonome la  regolamentazione
delle attivita' di  soccorso  della  fauna  selvatica.  Cio'  sarebbe
ricavabile, per un verso, dall'art. 1, comma 3, della  legge  n.  157
del 1992, in  base  al  quale  le  Regioni  e  le  Province  autonome
potrebbero introdurre «autonomamente» le norme relative alla gestione
e alla tutela della fauna selvatica, in conformita' alle  convenzioni
internazionali, alle direttive comunitarie e alla stessa legge n. 157
del 1992; per l'altro, dall'art. 4,  comma  6,  della  citata  legge,
secondo cui le Regioni prevedono le norme in ordine al soccorso, alla
detenzione  temporanea  e  alla  successiva  liberazione   di   fauna
selvatica. 
    In  altri  termini,  seppur  la   legge   statale   non   preveda
espressamente i centri di  recupero  della  fauna  selvatica,  questi
dovrebbero essere intesi come una  delle  forme  in  cui  le  Regioni
attuano la tutela della fauna selvatica che lo Stato ha  inteso  loro
attribuire. Tant'e' che, a partire dal 1992, le Regioni e le Province
autonome avrebbero provveduto autonomamente a legiferare in  materia,
essendone  derivato  un  quadro  normativo  eterogeneo,   nel   quale
risultano  individuati,  con  caratteristiche  proprie,  i  requisiti
autorizzatori,  le  modalita'  di  svolgimento  delle  attivita'   di
recupero, le forme di finanziamento  e  le  formole  organizzative  e
gestionali dei suddetti centri. Proprio con riguardo  a  tali  ultimi
aspetti si registrerebbe - cosi' ancora la ricorrente - una  varieta'
di moduli: gestione diretta pubblica regionale, delega alle Province,
affidamento  a  istituzioni  scientifiche  pubbliche  o  private   in
convenzione,   ad   associazioni   di   protezione   ambientale,   ad
associazioni venatorie o ad organizzazioni professionali agricole. 
    Per quanto riguarda la Regione Campania, la gestione della  fauna
selvatica sarebbe disciplinata dalla legge della Regione  Campania  9
agosto 2012, n. 26 (Norme per la protezione della fauna  selvatica  e
disciplina dell'attivita' venatoria in Campania), la quale,  all'art.
4, comma 1, prevede che «[l]a Giunta  regionale,  sentito  l'Istituto
superiore per la ricerca ambientale (ISPRA), autorizza  l'istituzione
di centri di recupero della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 4,
comma 6,  della  legge  157/1992  con  le  finalita'  di  soccorrere,
riabilitare e reintrodurre esemplari di fauna selvatica feriti.  Tali
autorizzazioni possono  essere  concesse  al  Corpo  Forestale  dello
Stato,  ai   dipartimenti   scientifici   delle   universita',   alle
associazioni venatorie, alle associazioni  di  protezione  ambientale
riconosciute dal Ministero dell'ambiente che operano in Campania». Ai
sensi  dell'art.  4,  comma  2,   della   citata   legge   regionale,
l'autorizzazione, poi, «e' subordinata  alla  predisposizione  di  un
progetto esecutivo  che  illustri  nel  dettaglio  le  strutture,  le
funzioni e le risorse, sia finanziarie sia  professionali,  e  di  un
dettagliato programma di gestione». 
    Alla luce del delineato contesto normativo, secondo la ricorrente
i commi  757  e  758  dell'art.  1  della  legge  n.  178  del  2020,
violerebbero gli artt. 3, 97, 118, 119 e 120 Cost. 
    In particolare, le disposizioni impugnate sarebbero in  contrasto
con gli artt. 3 e 97  Cost.,  poiche',  in  modo  «irrazionale  e  in
spregio al buon andamento e al corretto funzionamento della  pubblica
amministrazione», limiterebbero il finanziamento ai  soli  centri  di
recupero  gestiti  dalle  associazioni  di   protezione   ambientale,
determinando, in presenza di una esplicita  eterogeneita'  regionale,
una disparita'  di  trattamento  a  causa  delle  differenti  realta'
organizzative e gestionali individuate dalle singole Regioni. 
    Cio' risulterebbe con evidenza proprio  nel  caso  della  Regione
Campania, dove, pur in presenza di diverse strutture private  gestite
da associazioni di protezione ambientale, «l'unico CRAS  autorizzato»
e' «il CRAS  "ex  Frullone"  dell'Istituto  di  Patologia  e  Sanita'
animale  dell'Universita'  Federico  II  -   Facolta'   di   Medicina
Veterinaria, presso il presidio Ospedaliero Veterinario di  Napoli  -
ASL». 
    Le disposizioni impugnate si porrebbero in  contrasto  anche  con
l'art. 118 Cost., in quanto inciderebbero sui principi di adeguatezza
e  sussidiarieta'  nell'esercizio  delle   funzioni   amministrative,
poiche' il meccanismo  di  finanziamento  non  risulterebbe  omogeneo
rispetto alle stesse funzioni amministrative  che  lo  Stato  avrebbe
inteso conferire alle Regioni, determinando anche il  condizionamento
di altri compiti regionali in tema di  prelievo  venatorio,  a  causa
dell'impatto che l'attivita' delle strutture in parola avrebbe  sulla
pianificazione venatoria e sulle modalita' di esercizio della caccia. 
    Le disposizioni impugnate violerebbero altresi' gli artt.  118  e
120  Cost.,  poiche',   nell'istituire   il   suddetto   fondo,   non
prevedrebbero  alcuna  forma  di  coinvolgimento  del  sistema  delle
autonomie  territoriali,  necessaria  a  causa   dell'intreccio   tra
competenze statali  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e  quelle
regionali in materia di caccia; e l'art.  119  Cost.,  «correlato  al
precedente»,  per  il  mancato  coinvolgimento  delle  Regioni  nella
istituzione  del  suddetto   fondo,   il   quale   costituirebbe   un
finanziamento a destinazione vincolata in un ambito  in  cui  sarebbe
presente un intreccio di materie di competenza statale  e  di  quella
regionale. 
    1.5.- La ricorrente impugna anche  l'art.  1,  comma  759,  della
legge n. 178 del 2020, il quale prevede che «[a]l fine di  realizzare
progetti pilota di educazione ambientale destinati a  studenti  degli
istituti  comprensivi  delle   scuole   dell'infanzia,   primarie   e
secondarie di primo grado, site nei comuni che  ricadono  nelle  zone
economiche ambientali di cui all'articolo 4-ter del decreto-legge  14
ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla  legge  12
dicembre  2019,  n.  141,  nelle  riserve  MAB-UNESCO  e   nei   siti
naturalistici dichiarati  dall'UNESCO  patrimonio  dell'umanita',  e'
istituito, nello stato di previsione del  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare, un fondo con una dotazione di
4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e  2022.  Con  decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
di concerto con il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  sono
definiti i criteri e le modalita' di riparto  del  fondo  di  cui  al
periodo precedente.  Alle  attivita'  previste  dal  presente  comma,
comprese quelle che coinvolgono i docenti scolastici, si provvede nel
limite delle risorse del fondo di cui al primo periodo, oltre che nei
limiti  delle  disponibilita'  del   fondo   per   il   miglioramento
dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica interessata». 
    Secondo la difesa regionale tale disposizione contrasterebbe  con
gli  artt.  117,  terzo  comma,  118,  119  e  120  Cost.,   poiche',
intervenendo  in  materia  «istruzione»,  di  competenza  legislativa
concorrente, non  prevedrebbe  alcuna  forma  di  coinvolgimento  del
sistema  delle  autonomie  territoriali,  necessaria  in  forza   del
principio di leale collaborazione. 
    1.6.- La Regione Campania impugna, da  ultimo,  l'art.  1,  comma
821, della legge n. 178 del 2020, il quale prevede che «[a]l fine  di
concorrere agli oneri sostenuti dalle regioni per  l'esercizio  della
funzione di concessione  degli  indennizzi  in  favore  dei  soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazioni   di
emoderivati di cui alla legge 25 febbraio 1992,  n.  210,  trasferita
alle stesse regioni in attuazione del decreto  legislativo  31  marzo
1998, n. 112, e' istituito, nello stato di previsione  del  Ministero
dell'economia e delle finanze, un  fondo  con  una  dotazione  di  50
milioni di  euro  per  l'anno  2021.  Il  fondo  di  cui  al  periodo
precedente e' ripartito tra le regioni interessate  con  decreto  del
Ministro della salute, di concerto con il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, da adottare sentita la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, entro il 28 febbraio 2021, in proporzione  al  fabbisogno
derivante dagli indennizzi corrisposti». 
    La disposizione  impugnata,  poiche'  inciderebbe  sulla  materia
«tutela della salute», di competenza legislativa  concorrente,  e  le
ripartizioni da essa previste avrebbero rilevanti  ripercussioni  sul
sistema regionale, violerebbe gli artt. 117, terzo comma, 118, 119  e
120 Cost. nella parte in cui prevede  che  debba  essere  sentita  la
Conferenza  Stato-Regioni,  anziche'  che  debba   essere   acquisita
l'intesa. 
    2.- Con atto depositato il  9  aprile  2021,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, si e' costituito  in  giudizio,  chiedendo  che
siano dichiarate inammissibili e, comunque sia, non fondate tutte  le
questioni di legittimita' costituzionale promosse con il ricorso. 
    2.1.- In premessa, l'Avvocatura generale rileva che la  legge  n.
178 del 2020 avrebbe introdotto una serie di  misure  finalizzate  ad
attuare obiettivi di  politica  economica,  anche  in  considerazione
dell'evoluzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19,  le  quali
concorrerebbero a superare la crisi economica e sociale, rafforzando,
altresi', alcuni rilevanti settori;  a  tal  fine,  la  citata  legge
conterrebbe una serie di disposizioni  che  prevedono  finanziamenti,
con vincolo di destinazione, relativi a diversi ambiti di competenza. 
    Chiarito cio', in via preliminare, la  difesa  statale  eccepisce
l'inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale, in
primo luogo, per la genericita' dei motivi dedotti dalla  ricorrente,
la  quale  moverebbe  dall'erroneo   presupposto   che   le   singole
disposizioni impugnate abbiano inteso disciplinare direttamente e  in
modo esclusivo  le  materie  espressamente  indicate  e  di  asserita
competenza  concorrente  e  residuale.  Cosi'  facendo,  la   Regione
Campania darebbe per  scontata  e  presupposta  la  violazione  delle
proprie    prerogative    costituzionali,     omettendo     qualsiasi
interpretazione delle disposizioni denunciate, rispetto alle quali si
sarebbe limitata  alla  mera  trascrizione.  E  si  aggiunge  che  la
ricorrente  avrebbe,  inoltre,  omesso   qualsiasi   indagine   circa
l'eventuale collegamento sistematico con altre disposizioni ed  altre
materie; operazione, quest'ultima,  che,  se  fosse  stata  compiuta,
avrebbe mostrato come, in realta', le norme impugnate interverrebbero
in materie trasversali, rispetto alle quali risulterebbero prevalenti
contenuti e finalita'  di  politica  economica  generale,  ovvero  la
fissazione dei livelli minimi uniformi di prestazione. 
    In secondo luogo, il ricorso sarebbe inammissibile anche  per  la
genericita' con la quale sono evocate le norme parametro,  in  quanto
le   relative   disposizioni   costituzionali   sarebbero   meramente
richiamate nelle rubriche  dei  singoli  motivi,  rispetto  ai  quali
mancherebbe qualsiasi articolazione  tesa  alla  dimostrazione  delle
norme che, volta a volta, si riterrebbero violate. Cosi'  operando  -
continua la difesa statale - la ricorrente avrebbe fatto ricadere  su
questa Corte il duplice compito di interpretare le norme denunciate e
di operare il raccordo di concordanza o di dissonanza con i parametri
costituzionali. 
    In  terzo  luogo,   il   ricorso   apparirebbe   complessivamente
inammissibile in quanto le doglianze sul mancato coinvolgimento della
Regione,  nella  fase  attuativa  dei  singoli  fondi  previsti,   si
risolverebbe in una denuncia astratta e formale, poiche' non verrebbe
concretamente dimostrato il pregiudizio che il mancato coinvolgimento
provocherebbe   sull'esercizio    dell'azione    amministrativa    di
quest'ultima. 
    Tutti i motivi di ricorso sarebbero, comunque sia, non fondati. 
    2.2.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  non
fondata la questione relativa all'art. 1, comma 480, della  legge  n.
178 del 2020. Tale disposizione recherebbe una norma di principio  in
materia di coordinamento della finanza pubblica  e  di  tutela  della
salute, e afferirebbe,  altresi',  alla  materia  della  perequazione
delle risorse  finanziarie  statali  di  competenza  esclusiva  dello
Stato. 
    La norma censurata, lungi  dall'ingerirsi  in  profili  meramente
gestori  del   servizio   sanitario   regionale,   introdurrebbe   un
finanziamento con il precipuo  obiettivo  di  consentire  una  rapida
valutazione del rischio ereditario per specifiche tipologie di tumori
alla mammella e alle ovaie, mediante ricerca di  mutazioni  nei  geni
BRCA1 e BRCA2. In definitiva, l'art. 1, comma 480, della legge n. 178
del 2020 non perseguirebbe l'obiettivo  di  regolamentare  i  profili
organizzativi  del  sistema  sanitario  regionale,   ma   quello   di
introdurre uno specifico finanziamento finalizzato alla  prevenzione.
Cosi' operando, il legislatore statale, nell'esercizio della  propria
competenza in materia di «tutela della salute», non farebbe altro che
individuare una specifica area di intervento, cui  destinare  risorse
pubbliche, in modo da assicurare una distribuzione uniforme in  tutto
il territorio nazionale delle risorse stanziate. Alla  luce  di  tali
considerazioni,  secondo  la  difesa  statale,  sarebbe   palese   la
competenza dello Stato a disciplinare anche l'accesso e  l'erogazione
di tali risorse. 
    2.3.- Anche le doglianze relative all'art. 1, commi  500  e  501,
della legge n. 178 del 2020 sarebbero non  fondate.  Le  disposizioni
impugnate darebbero attuazione alla disciplina introdotta dalla legge
n. 178 del 2020,  la  quale  sarebbe  riconducibile  alla  competenza
esclusiva statale in materia di determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale,  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    In quest'ottica, i commi 500 e 501 dell'art. 1 della legge n. 178
del 2020 sarebbero finalizzati a ragioni di studio, di  formazione  e
di ricerca scientifica, e non violerebbero le  competenze  regionali,
in quanto si porrebbero in rapporto di coessenzialita'  e  necessaria
integrazione con le norme-principio  che  connotano  il  settore  (si
richiama la sentenza di questa Corte n. 192 del 2017). 
    A cio' la difesa  statale  aggiunge  che  la  Regione,  non  solo
avrebbe invocato genericamente la materia «tutela della  salute»,  ma
non avrebbe neppure considerato che la  destinazione  di  corpi  post
mortem a finalita' di ricerca, studio  e  formazione,  troverebbe  il
proprio fondamento anche nel principio di  solidarieta'  sociale,  di
cui all'art. 2 Cost. Inoltre, la donazione del  proprio  corpo  o  di
parti di esso - favorendo lo sviluppo, la ricerca  scientifica  e  il
progresso della scienza medica - perseguirebbe anche il  fine  ultimo
dell'accrescimento  della   tutela   della   salute   individuale   e
collettiva. 
    Secondo  l'Avvocatura  generale,  il  richiamo  a  tutti   questi
principi costituzionali non potrebbe che  indurre  a  concludere  nel
senso della legittimita' dell'intervento  statale,  il  quale,  sulla
base  di  riferimenti  tecnico-scientifici,  individua  i  centri  di
riferimento e le modalita' di svolgimento della  formazione  e  della
simulazione  sui  cadaveri,  con   strumenti   idonei   a   garantire
l'attuazione e il rispetto dei predetti principi,  in  condizioni  di
eguaglianza sul territorio nazionale. 
    Con  specifico  riferimento,  poi,  al  dettato  del  comma   500
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020,  la  difesa  statale  rileva
come tale disposizione vada letta in coordinamento con l'art. 4 della
legge n. 10 del 2020, ove gia' sono previste forme di  coinvolgimento
anche   delle   Regioni,    nell'individuazione    delle    strutture
universitarie, delle aziende ospedaliere di alta specialita' e  degli
istituti di ricovero e cura a carattere  scientifico,  da  utilizzare
come centri di riferimento per la conservazione e l'utilizzazione dei
corpi dei defunti. 
    2.4.- Non fondata sarebbe  anche  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 511, della legge n. 178  del  2020,
il quale darebbe attuazione a quanto previsto  dal  precedente  comma
510. Tale  ultima  disposizione,  mirando  a  favorire  l'ampliamento
dell'offerta  formativa   dei   licei   musicali   e   a   consentire
l'attivazione dei corsi di indirizzo jazzistico e di nuovi  linguaggi
musicali, esprimerebbe, infatti, un  principio  fondamentale  rivolto
direttamente alle istituzioni scolastiche e fisserebbe, altresi',  un
obiettivo comune sul territorio nazionale, riguardante il servizio di
istruzione. Da cio' conseguirebbe che non  sarebbe  necessario  alcun
coinvolgimento delle Regioni, in  quanto  la  disposizione  impugnata
sarebbe espressione dell'esercizio della legittima competenza statale
a determinare i principi fondamentali nella materia «istruzione». 
    2.5.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  non
fondate anche le questioni relative all'art.  1,  commi  757  e  758,
della legge n. 178 del 2020. 
    La difesa statale premette che l'art. 4, comma 6, della legge  n.
157 del 1992 avrebbe previsto che le Regioni adottino norme in ordine
al soccorso, alla detenzione temporanea e alla successiva liberazione
della fauna selvatica in difficolta'. 
    In base a tale disposizione,  le  Regioni  avrebbero  autorizzato
l'istituzione di strutture qualificate  come  «"pronto  soccorso  per
animali selvatici autoctoni o  migratori",  conosciute  nella  prassi
come CRAS». Secondo l'Avvocatura, in tali strutture potrebbero essere
curati solo gli animali selvatici, sia autoctoni,  sia  migratori,  e
tale limite discenderebbe dall'art. 2, comma 1, della citata legge n.
157 del 1992. 
    Il CRAS, pertanto, costituirebbe una delle forme di tutela  della
fauna selvatica di competenza delle Regioni. 
    Su tali  presupposti,  le  norme  impugnate,  le  quali  peraltro
avrebbero  valenza  esclusivamente  annuale,  sostanziandosi  in   un
contributo una tantum, non inciderebbero sul sistema delineato  dalle
singole Regioni, ne' invaderebbero le prerogative di queste ultime in
ordine all'istituzione e gestione dei CRAS  e  neppure  inciderebbero
sulle risorse economiche destinate allo scopo. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri, rileva, inoltre, che il
citato comma 757 si limiterebbe all'intervento di sostegno  economico
destinato alle associazioni ambientalistiche  riconosciute  ai  sensi
dell'art. 13 della legge 8  luglio  1986,  n.  349  (Istituzione  del
Ministero dell'ambiente e norme  in  materia  di  danno  ambientale).
Dette associazioni svolgono,  per  statuto,  l'attivita'  di  cura  e
tutela della fauna  selvatica,  e  gestiscono,  nell'ambito  di  tale
attivita', i centri istituiti ai sensi della citata legge n. 157  del
1992,  con  particolare  riferimento  alle  specie   faunistiche   di
interesse comunitario di cui alla direttiva 92/43/CEE del  Consiglio,
del  21  maggio  1992,  relativa  alla  conservazione  degli  habitat
naturali e seminaturali e della flora e  della  fauna  selvatiche,  e
alla direttiva 2009/147/CEE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,
del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli.  In
altri termini, il contributo statale non sarebbe rivolto direttamente
ai soggetti operanti  nel  sistema  CRAS,  ma  si  indirizzerebbe  ad
associazioni ambientalistiche riconosciute  dal  citato  art.  13,  e
sarebbe, pertanto, erronea l'interpretazione regionale secondo cui il
finanziamento sarebbe limitato ai soli  centri  di  recupero  gestiti
dalle associazioni di protezione ambientale, a discapito degli  altri
centri. Il fondo,  cosi'  istituito,  e  il  relativo  meccanismo  di
distribuzione delle relative risorse non creerebbero un disequilibrio
all'interno  delle  reti  di   gestione   CRAS,   ma   svolgerebbero,
eventualmente e tutt'al piu',  una  funzione  suppletiva  rispetto  a
quanto gia' previsto a livello regionale, andando cosi' a  rafforzare
un settore in sofferenza a livello di spazi e strutture. 
    Alla luce di tali considerazioni, secondo l'Avvocatura  generale,
l'intervento economico previsto dal citato comma 757 non  sarebbe  da
ritenersi  lesivo  dei  principi  di  adeguatezza  e   sussidiarieta'
nell'esercizio delle funzioni amministrative  correlate  al  soccorso
della  fauna  selvatica,  poiche'  non  comporterebbe  alcun  impatto
negativo  sulla  pianificazione  venatoria  e  sulle   modalita'   di
esercizio  della  caccia;  funzioni,  queste  ultime,  di  competenza
regionale. 
    2.6.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  deduce  la  non
fondatezza anche della questione  relativa  all'art.  1,  comma  759,
della legge n. 178 del 2020. Riguardo a tale disposizione, la  difesa
statale pone in evidenza come il fondo  dalla  stessa  istituito  sia
destinato a siti che ricadono nelle aree protette nazionali,  nonche'
nei siti riconosciuti a livello internazionale dall'UNESCO,  al  fine
di sostenere iniziative di educazione ambientale a favore dei  comuni
ricadenti in tali territori. Tali iniziative si inserirebbero  quindi
nel novero delle attivita' che gli enti gestori gia'  promuovono  nel
proprio  comprensorio,  in  base  a   finalita'   individuate   dalla
legislazione vigente, e in particolare dalla legge 6  dicembre  1991,
n. 394 (Legge quadro sulle aeree protette), o in  base  a  strategie,
programmi  e  piani  che  avrebbero  accompagnato  il  riconoscimento
internazionale dei siti UNESCO. 
    In altri  termini,  si  tratterebbe  di  attivita'  istituzionali
destinate ad un «target predeterminato, quello dei piu'  giovani»,  e
slegate dalla programmazione ordinaria scolastica. 
    A tal riguardo, la difesa statale  pone  in  evidenza  che,  come
avrebbe ripetutamente statuito questa Corte (si citano le sentenze n.
315 e n. 193 del 2010, n. 44, n. 269 [recte: 263] e n. 325 del  2011,
n. 14 del 2012, n. 212 del 2014 e n.  36  del  2017),  la  disciplina
delle aree protette rientrerebbe  nella  competenza  esclusiva  dello
Stato, nella materia «tutela dell'ambiente», ed  e'  contenuta  nella
legge n. 394 del 1991, che detterebbe anche i  principi  fondamentali
della materia, ai quali la legislazione regionale sarebbe chiamata ad
adeguarsi (si richiamano le sentenze n. 44 del 2011, n. 315 e  n.  20
del 2010). 
    In definitiva, si tratterebbe - come avrebbe gia' chiarito questa
Corte (si  cita  la  sentenza  n.  367  del  2007)  -  di  interventi
ascrivibili, in base al criterio della  prevalenza,  alla  competenza
dello Stato. 
    2.7.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  deduce,  da
ultimo, la non fondatezza anche della questione relativa all'art.  1,
comma 821, della legge n. 178 del 2020. 
    Innanzitutto, la difesa statale rileva  che  il  fondo  istituito
dalla disposizione impugnata costituirebbe  il  seguito  dell'accordo
del 5 novembre 2020, raggiunto in sede di  Conferenza  Stato-Regioni,
al fine di realizzare il concorso statale all'onere  sostenuto  dalle
Regioni per la concessione degli  indennizzi  a  favore  di  soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni. 
    Le doglianze della ricorrente, secondo la quale  la  disposizione
impugnata - incidendo nella materia concorrente  della  tutela  della
salute - avrebbe dovuto prevedere lo strumento operativo dell'intesa,
sarebbero non fondate, atteso che si tratta di intervento dello Stato
a   titolo   di   concorso.   Non   sarebbe,   pertanto,   necessaria
l'acquisizione dell'intesa, risultando, invece, sufficiente che venga
sentita la Conferenza permanente per i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
Regioni  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di   Bolzano.   La
ripartizione  del  fondo  avverrebbe,  infatti,  in  proporzione   al
fabbisogno derivante dagli indennizzi corrisposti  e,  dunque,  sulla
base  di  criteri  di  carattere  tecnico-matematico,  i  quali   non
implicherebbero l'esercizio di scelte tali da essere assoggettate  ad
una previa intesa. 
    3.- All'udienza pubblica del  22  marzo  2022,  la  difesa  della
Regione Campania ha depositato delibera della Giunta regionale del 21
marzo 2022, n. 130  di  rinuncia  parziale  al  ricorso,  per  quanto
interessa in questa sede, limitatamente agli impugnati  commi  511  e
821. 
    4.-  L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  previo  consenso   al
deposito in udienza di tale  atto,  ha  dichiarato  di  accettare  la
rinuncia al ricorso presentata dalla difesa regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Campania, con ricorso notificato il 1° marzo  2021
e depositato il 4 marzo 2021 (reg. ric. n. 12 del 2021), ha promosso,
fra le altre, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,
commi 480, 500, 501, 511,  757,  758,  759  e  821,  della  legge  30
dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il  triennio  2021-2023),
in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 97, 117, terzo comma,
118, 119 e 120 della Costituzione. 
    2.- Resta riservata a separate  decisioni  la  definizione  delle
altre questioni promosse  dalla  Regione  Campania  con  il  medesimo
ricorso. 
    3.- In via  preliminare  occorre  rilevare  che  sulle  questioni
aventi ad oggetto l'art. 1, commi 511 e 821, della legge n.  178  del
2020 e' intervenuta la rinuncia in udienza  della  Regione  Campania,
con accettazione da parte dell'Avvocatura generale dello  Stato.  Con
riferimento  alle  citate  disposizioni  va   dichiarata,   pertanto,
l'estinzione del processo ai  sensi  dell'art.  23,  vigente  ratione
temporis delle Norme integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale (sentenze n. 199 e n. 63 del 2020; ordinanza n. 23 del
2020). 
    4.-  Ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
costituitosi  in  giudizio  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato,  le  rimanenti  questioni  sarebbero  nel  loro
complesso inammissibili in  quanto  generiche  ed  indeterminate.  La
ricorrente si sarebbe limitata, infatti, a riportare le  disposizioni
impugnate, a traverso la loro mera  trascrizione,  e  ad  individuare
apoditticamente gli ambiti materiali di competenza regionale ai quali
le prime asseritamente afferirebbero, senza il corredo  argomentativo
necessario  alla  dimostrazione  della   violazione   delle   proprie
competenze costituzionali.  La  Regione  non  avrebbe,  poi,  neppure
dimostrato il concreto  pregiudizio  che  il  mancato  coinvolgimento
nella determinazione dei criteri e delle  modalita'  di  riparto  del
fondo provocherebbe alle proprie attribuzioni. 
    4.1.- Salvo che per la questione  avente  ad  oggetto  l'art.  1,
comma 759, della legge n. 178 del 2020 (la quale, come si dira', deve
essere dichiarata inammissibile  per  difetto  di  motivazione  delle
censure), l'eccezione di inammissibilita' deve essere respinta. 
    Il  ricorso  introduttivo  del   presente   giudizio,   se   pure
effettivamente   caratterizzato   da   una    marcata    sinteticita'
dell'impianto argomentativo,  presenta,  comunque  sia,  i  requisiti
minimi di ammissibilita' richiesti  dalla  giurisprudenza  di  questa
Corte.  La  ricorrente,  infatti,  ha  individuato  le   disposizioni
impugnate  e  i  parametri  costituzionali  dei  quali   lamenta   la
violazione e, seppur in modo succinto, ha esplicitato,  in  modo  non
meramente assertivo  (sentenza  n.  23  del  2022),  le  ragioni  del
contrasto delle singole norme  impugnate  con  i  parametri  evocati,
potendo cosi' ritenersi raggiunta quella soglia minima di chiarezza e
completezza atta  a  consentire  l'esame  nel  merito  delle  censure
(sentenza n. 195 del 2021). 
    5.- Prima  di  passare  all'esame  delle  singole  questioni,  e'
opportuno ricordare come questa Corte abbia piu' volte  affermato  la
necessita' di applicare il principio di leale collaborazione nei casi
in  cui  lo  Stato  preveda  un   finanziamento,   con   vincolo   di
destinazione, incidente su materie di competenza regionale (residuale
o concorrente): ipotesi nella quale, ai fini  della  salvaguardia  di
tali  competenze,  la  legge  statale  deve  prevedere  strumenti  di
coinvolgimento  delle  Regioni  nella  fase   di   attuazione   della
normativa, nella forma  dell'intesa  o  del  parere,  in  particolare
quanto alla determinazione dei criteri e delle modalita' del  riparto
delle risorse destinate agli enti territoriali. 
    La necessita' di predisporre simili strumenti e' stata  affermata
da questa Corte principalmente in  due  evenienze:  in  primo  luogo,
quando vi sia un intreccio (ovvero una interferenza  o  concorso)  di
competenze legislative, che non permetta di  individuare  un  «ambito
materiale che possa considerarsi nettamente prevalente  sugli  altri»
(sentenza n. 71 del 2018; ex plurimis, sentenze n. 40  del  2022,  n.
104 del 2021, n. 74 e n. 72 del 2019 e n. 185 del 2018);  in  secondo
luogo,  nei  casi  in  cui  la  disciplina  del  finanziamento  trovi
giustificazione nella cosiddetta attrazione in  sussidiarieta'  della
stessa allo Stato, ai sensi dell'art. 118,  primo  comma,  Cost.  (ex
plurimis, sentenze n. 40 del 2022, n. 74 del 2019, n. 71 e n. 61  del
2018). 
    6.- Cio' premesso, la Regione impugna anzitutto l'art.  1,  comma
480, della legge n. 178 del 2020, con il quale si prevede che  «[c]on
decreto del Ministro della salute  sono  stabiliti  le  modalita'  di
accesso e i requisiti per l'erogazione delle risorse del fondo di cui
al comma 479, anche al fine del rispetto del limite di spesa previsto
dal medesimo comma». 
    Il citato comma 479 statuisce che «[a]l fine  di  garantire  alle
donne con carcinoma mammario ormonoresponsivo in  stadio  precoce  un
trattamento personalizzato  sulla  base  di  informazioni  genomiche,
evitando il ricorso a trattamenti chemioterapici e l'aggravamento del
rischio di  contagio  da  COVID-19  per  la  riduzione  delle  difese
immunitarie, a decorrere dall'anno 2021, nello  stato  di  previsione
del Ministero della salute, e' istituito un fondo, con una  dotazione
di 20 milioni di euro  annui,  destinato,  nei  limiti  del  medesimo
stanziamento,  al  rimborso  diretto,  anche  parziale,  delle  spese
sostenute per l'acquisto da parte degli ospedali,  sia  pubblici  sia
privati convenzionati, di test genomici  per  il  carcinoma  mammario
ormonoresponsivo in stadio precoce». 
    Secondo la ricorrente, l'impugnato art. 1, comma 480, della legge
n. 178 del 2020, violerebbe gli artt. 117, terzo comma,  118,  119  e
120  Cost.,  nella  parte  in  cui  non  prevede  alcuna   forma   di
coinvolgimento del sistema delle autonomie  territoriali,  necessaria
in forza del principio di leale collaborazione, in  quanto  il  fondo
istituito dal citato comma 479 afferirebbe alla materia «tutela della
salute», di competenza legislativa concorrente. 
    La questione e' fondata. 
    6.1.- Come dichiarato espressamente dall'art. 1, comma 479, della
legge n. 178 del 2020, lo stanziamento  delle  risorse  dallo  stesso
previste persegue il  fine  di  garantire  alle  donne,  colpite  dal
carcinoma mammario in stadio precoce, un  trattamento  personalizzato
sulla base di informazioni genomiche, che non comporti l'utilizzo  di
chemioterapie, evitando cosi' anche  l'aggravamento  del  rischio  di
contagio da COVID-19 per la riduzione delle difese immunitarie. 
    Le risorse di cui alla citata disposizione vengono stanziate  per
il rimborso diretto dei test prognostici multigenici o test genomici,
ossia per dei particolari strumenti di  valutazione  prognostica  del
carcinoma mammario, volti ad  individuare  le  pazienti  cui  non  e'
possibile assicurare un significativo beneficio  mediante  l'utilizzo
della chemioterapia adiuvante, evitando in tali ipotesi l'esposizione
agli  effetti  tossici  dei  chemioterapici   durante   e   dopo   il
trattamento. 
    In altri termini, tali  test  genomici  sono  strumenti  volti  a
supportare il medico  oncologo  nella  individuazione  del  piano  di
trattamento piu' appropriato per la singola paziente. 
    Seppur i test prognostici  multigenici  non  siano  inseriti  nei
livelli essenziali di assistenza, di cui al  decreto  del  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  del  12  gennaio  2017  (Definizione  e
aggiornamento  dei  livelli  essenziali   di   assistenza,   di   cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502),  le  previsioni  di  cui  al  citato   comma   479   e   quelle
dell'impugnato comma 480, dell'art. 1 della legge n.  178  del  2020,
che alle prime danno attuazione, sono  espressione  della  competenza
esclusiva statale in materia di definizione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale,  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto volte a disciplinare
la qualita' e gli esiti delle cure oncologiche. 
    Le richiamate  previsioni,  tuttavia,  indubbiamente  afferiscono
anche all'ambito  materiale  «tutela  della  salute»,  di  competenza
concorrente,  poiche'   coinvolgono   necessariamente   profili   che
attengono alla concreta erogazione delle prestazioni in parola. 
    E', del resto, in tal  senso  significativa  la  posizione  della
difesa statale, la quale, nel tentare di giustificare la disposizione
impugnata, afferma che le previsioni in essa  contenute  fisserebbero
principi fondamentali della materia «tutela della salute». 
    L'assunto,  di  per  se'  non  fondato  -   non   potendo   certo
considerarsi alla stregua di un principio fondamentale la  previsione
concernente l'attuazione di uno specifico e determinato  stanziamento
di risorse - conferma  tuttavia  l'afferenza  della  norma  impugnata
all'ambito materiale di competenza concorrente. 
    Ricorre, pertanto, quella situazione di concorso  di  competenze,
nessuna delle quali puo'  considerarsi  prevalente,  che,  alla  luce
della richiamata giurisprudenza costituzionale, rende applicabile  il
principio di leale collaborazione. 
    Del resto, come ha avuto modo  di  chiarire  questa  Corte  nella
recente sentenza n. 40 del 2022, accogliendo analoga questione  sullo
stanziamento  di  risorse  per   il   potenziamento   dei   test   di
Next-Generation  Sequencing  di  profilazione  genomica  dei  tumori,
l'incremento delle risorse destinate al  finanziamento  del  Servizio
sanitario nazionale, anche quando detto incremento attiene al riparto
delle disponibilita' finanziarie  necessarie  ad  assicurare  livelli
essenziali di assistenza, «non puo'  prescindere  dal  coinvolgimento
delle   Regioni,   alle   quali   compete   la    programmazione    e
l'organizzazione dei  servizi  sanitari  sul  territorio,  fino  alla
concreta erogazione  delle  prestazioni»,  poiche'  e'  solo  per  il
tramite della «leale collaborazione orientata al bene comune  che  il
modello  pluralistico  riconosciuto  dalla  Costituzione  puo'  [...]
svilupparsi, "in una prospettiva generativa"  (sentenza  n.  168  del
2021), verso la migliore tutela del diritto alla salute». 
    6.2.- L'art. 1, comma 480, della legge n. 178 del  2020,  poiche'
rimette  esclusivamente  al  decreto  ministeriale  le  modalita'  di
attuazione del comma 479 dell'art. 1 della medesima legge,  viola  il
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.,  nonche'
gli  altri  parametri  evocati  dalla  ricorrente,  che  tutelano  le
competenze regionali nella materia in esame. 
    Alla luce delle considerazioni svolte, va,  pertanto,  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 480,  della  legge
n. 178 del 2020, nella parte in cui non prevede che  il  decreto  del
Ministero della  salute  sia  adottato  d'intesa  con  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano. 
    6.3.-  La  natura  delle  prestazioni  contemplate  dalla   norma
censurata, il loro rilievo in termini di adeguatezza del trattamento,
e, quindi, la rilevanza per il diritto  alla  salute  delle  pazienti
colpite  da  carcinoma  mammario,  impongono  che  sia  garantita  la
continuita' nella erogazione delle risorse finanziarie (disposta  dal
decreto del Ministro della salute 18 maggio 2021, recante  «Modalita'
di riparto e requisiti di utilizzo del  fondo  per  i  test  genomici
ormonoresponsivo per  il  carcinoma  mammario  in  stadio  precoce»),
dovendo di conseguenza rimanere «"salvi gli eventuali procedimenti di
spesa in corso, anche se non esauriti"» (sentenze n. 71 del 2018 e n.
50 del 2008; nello stesso senso, fra le altre, sentenze  n.  246  del
2019 e n. 74 del 2018). 
    7.- Vengono dalla Regione impugnati  anche  i  commi  500  e  501
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020, i quali danno attuazione  al
comma 499 dell'art. 1 della medesima legge. Tale ultima  disposizione
prevede che, per le finalita' di cui alla legge 10 febbraio 2020,  n.
10 (Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei  tessuti
post  mortem  a  fini  di  studio,  di  formazione   e   di   ricerca
scientifica), «e' autorizzata la spesa  di  4  milioni  di  euro  per
ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023». 
    Le disposizioni impugnate  prevedono  che  «[i]l  Ministro  della
salute, con proprio decreto da adottare entro  novanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente legge, individua i centri di
riferimento e le modalita' di svolgimento della  formazione  e  della
simulazione sui cadaveri» (comma 500); e  che  «[i]l  Ministro  della
salute, con proprio decreto da adottare entro  novanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce i  criteri
e le modalita' per la ripartizione delle risorse di cui al comma  499
anche al fine di  individuare  le  specifiche  attivita'  oggetto  di
finanziamento» (comma 501). 
    A  parere  della  ricorrente,  tali  disposizioni,  omettendo  di
assicurare il coinvolgimento delle Regioni,  sia  nell'individuazione
dei centri di riferimento, gia' previsti dalla legge n. 10 del  2020,
sia nella definizione delle modalita' e dei criteri di riparto  delle
risorse espressamente demandati al decreto del Ministro della salute,
si porrebbero in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, 118, 119 e
120  Cost.,  nella  parte  in  cui  non  prevedono  alcuna  forma  di
coinvolgimento del sistema delle autonomie  territoriali,  necessaria
in forza del principio di leale collaborazione, in  quanto  il  fondo
suddetto afferirebbe alla materia «tutela della salute» di competenza
legislativa concorrente. 
    Le questioni sono fondate. 
    7.1.- La legge n. 10 del 2020 all'art.  1  definisce  il  proprio
oggetto,  specificando  che  essa  «detta   norme   in   materia   di
disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem  a  fini  di
studio, di formazione e di ricerca scientifica da parte  di  soggetti
che hanno espresso in vita il loro consenso». 
    Ai fini del presente giudizio meritano di essere ricordati  anche
alcuni  dei  contenuti  dell'art.  4  della  citata  legge,   recante
disposizioni sui «[c]entri di riferimento». 
    Tale articolo, al comma 1, prevede che «il Ministro della salute,
di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca, previa  intesa  in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di  Bolzano,  individua  le  strutture  universitarie,   le   aziende
ospedaliere di alta specialita' e gli Istituti di ricovero e  cura  a
carattere  scientifico  (IRCCS)  da  utilizzare   quali   centri   di
riferimento per la conservazione  e  l'utilizzazione  dei  corpi  dei
defunti ai fini di cui alla presente legge». 
    L'art.  8  della  legge  n.  10  del  2020,  recante  la  rubrica
«[r]egolamento di attuazione», prevede, poi, che,  «su  proposta  del
Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'interno e con
il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano»  venga
adottato un regolamento, «ai sensi dell'art. 17, comma 1, lettera b),
della legge n. 400 del 1988», con il quale - per cio' che  rileva  ai
presenti fini - si provvede a: «a) stabilire le modalita' e i  tempi,
comunque non superiori a dodici mesi, per la  conservazione,  per  la
richiesta, per il trasporto, per l'utilizzo e per la restituzione del
corpo del defunto in condizioni dignitose alla famiglia da parte  dei
centri di riferimento di cui all'articolo 4, prevedendo che si  possa
procedere alla sepoltura dei corpi dei defunti per cui la famiglia di
appartenenza non richiede la restituzione, nonche' le  modalita'  per
le comunicazioni tra l'ufficiale dello stato civile  e  i  centri  di
riferimento»; «b) indicare le cause di esclusione  dell'utilizzo  dei
corpi dei defunti ai fini di cui alla presente legge». 
    Dal raffronto tra le disposizioni  ora  richiamate  e  l'art.  1,
comma 500, della legge n. 178 del 2020,  risulta  chiaramente  che  -
come posto in evidenza  dalla  ricorrente  -  quest'ultimo  reca  una
previsione distonica rispetto a quelle degli artt. 4, comma  1,  e  8
della  legge  n.  10  del  2020,   superando   il   procedimento   di
concertazione da esse prefigurato. 
    7.2.- La disciplina sulla disposizione del proprio  corpo  e  dei
tessuti post mortem, dettata  dalla  legge  n.  10  del  2020  e,  di
conseguenza, gli impugnati commi 500  e  501,  che  ne  costituiscono
attuazione, devono essere ricondotti, in ragione  del  loro  oggetto,
innanzitutto,  alla  competenza  esclusiva  statale   nella   materia
«ordinamento civile» (art. 117,  secondo  comma,  lettera  l,  Cost.)
(sentenze n. 262 del 2016 e n. 253 del 2006). La disciplina in parola
afferisce, peraltro, anche alla materia, di  competenza  concorrente,
«tutela della salute», non solo perche' l'attivita'  di  ricerca  sui
cadaveri e sui relativi  tessuti  e'  finalisticamente  orientata  al
miglioramento delle pratiche mediche, ma anche perche' si prevede  il
coinvolgimento di strutture ospedaliere e degli istituti di  ricovero
e cura a carattere scientifico, incidendo  in  tal  modo  su  aspetti
inerenti all'organizzazione del sistema sanitario. 
    Le previsioni di cui alla legge n. 10 del 2020,  in  forza  degli
obiettivi espressamente richiamati dal citato art. 1, e quelle  degli
impugnati commi 500 e 501 della legge n. 178  del  2020,  afferiscono
altresi'  agli  ambiti  di  competenza  concorrente   della   ricerca
scientifica  e  della  formazione   professionale   degli   operatori
sanitari. 
    L'intreccio di competenze, proprio della disciplina in esame, non
puo' essere composto facendo ricorso al  criterio  della  prevalenza,
poiche' nessuno di tali ambiti, ne' dal punto di  vista  qualitativo,
ne' da quello quantitativo, manifesta  un  rilievo  prevalente  sugli
altri (in senso analogo sentenza n. 72 del 2019). 
    Versandosi, pertanto, in un caso di inscindibile  sovrapposizione
o intreccio di competenze, e' fondata la richiesta  della  ricorrente
di un coinvolgimento regionale tramite  l'intesa,  nell'adozione  dei
decreti ministeriali previsti dagli impugnati commi 500 e 501. 
    Coinvolgimento che, non a caso, era previsto dai richiamati artt.
4, comma 1, e 8 della legge  n.  10  del  2020  e  che  le  impugnate
disposizioni hanno inteso superare. 
    7.3.- I commi 500 e 501 dell'art. 1 della legge n. 178  del  2020
devono essere, pertanto,  dichiarati  costituzionalmente  illegittimi
nella parte in cui non prevedono che il decreto del  Ministero  della
salute sia adottato d'intesa  con  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano. 
    8.- L'impugnazione regionale verte anche  sui  commi  757  e  758
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020. 
    Il comma 757 istituisce, nello stato di previsione del  Ministero
della transizione ecologica, il Fondo per  il  recupero  della  fauna
selvatica, con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2021. 
    Come si legge nella stessa disposizione, «[i]l Fondo e' destinato
al fine di  sostenere  l'attivita'  di  tutela  e  cura  della  fauna
selvatica svolta dalle  associazioni  ambientaliste  riconosciute  ai
sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio  1986,  n.  349,  il  cui
statuto preveda finalita' di tutela e cura della  fauna  selvatica  e
che gestiscano centri per la cura e il recupero della fauna selvatica
ai sensi della legge  11  febbraio  1992,  n.  157,  con  particolare
riferimento alle specie faunistiche di interesse comunitario  di  cui
alle direttive  92/43/CEE  del  Consiglio,  del  21  maggio  1992,  e
2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del  30  novembre
2009. Con decreto del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, da adottare  entro  sei  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge,  sentiti  il  Ministro  delle
politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro della salute,
sono definite le modalita' di utilizzo del Fondo di cui  al  presente
comma». 
    Il comma 758, dal suo canto, dispone che «[e]ntro novanta  giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le
province autonome di Trento e di  Bolzano  trasmettono  al  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  l'elenco  dei
centri per il recupero della fauna selvatica operanti nel  rispettivo
territorio e afferenti alle associazioni di cui al comma 757». 
    Le  associazioni  contemplate   dalle   disposizioni   impugnate,
mediante il richiamo all'art. 13 della legge 8 luglio  1986,  n.  349
(Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di  danno
ambientale), sono quelle «a carattere nazionale e quelle presenti  in
almeno cinque regioni [...]  individuate  con  decreto  del  Ministro
dell'ambiente [ora Ministero della Transizione ecologica] sulla  base
delle finalita' programmatiche e dell'ordinamento interno democratico
previsti dallo statuto, nonche' della continuita' dell'azione e della
sua rilevanza esterna». 
    8.1.- Le doglianze  regionali  muovono  dal  presupposto  che  le
disposizioni  impugnate  afferiscano,  tanto  alla  materia   «tutela
dell'ambiente», di cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., di esclusiva competenza statale, quanto  alla  disciplina  del
prelievo venatorio, riconducibile, ai sensi del  quarto  comma  della
citata  disposizione  costituzionale,  alla  materia   «caccia»,   di
competenza residuale delle Regioni. 
    Su  tali  basi,  a  parere  della  ricorrente,  le   disposizioni
impugnate sarebbero in  contrasto:  con  gli  artt.  3  e  97  Cost.,
poiche', limitando  il  finanziamento  ai  soli  centri  di  recupero
gestiti dalle associazioni di protezione ambientale,  riconosciute  a
norma dell'art. 13 della legge n. 349 del 1986, determinerebbero  una
irragionevole disparita' di  trattamento,  incidente,  altresi',  sul
buon andamento  e  sul  corretto  funzionamento  dell'amministrazione
regionale;  con  l'art.  118  Cost.,  in  quanto  il  meccanismo   di
finanziamento non risulterebbe omogeneo rispetto alle stesse funzioni
amministrative che lo Stato avrebbe inteso  conferire  alle  Regioni;
con gli artt. 118,  119  e  120  Cost.,  poiche',  nell'istituire  il
suddetto fondo, non e' stata prevista alcuna forma di  coinvolgimento
del  sistema  delle  autonomie  territoriali,  necessaria   a   causa
dell'intreccio  tra  le  competenze  statali  in  materia  di  tutela
dell'ambiente e quelle regionali in materia di caccia. 
    Diversamente  dalle  questioni  precedentemente   esaminate,   la
Regione Campania,  nel  censurare  i  richiamati  commi  757  e  758,
denuncia, pertanto, l'illegittimita' costituzionale  dell'istituzione
in se' del fondo e non  solo  del  mancato  coinvolgimento  regionale
nella determinazione dei criteri e delle  modalita'  di  riparto  del
medesimo. 
    Le questioni non sono fondate. 
    8.2.- Contrariamente a quanto assume la ricorrente, i commi 757 e
758 dell'art. 1 della legge  n.  178  del  2020  non  possono  essere
ricondotti anche alla competenza legislativa regionale in materia  di
caccia. 
    Le disposizioni impugnate, destinando risorse alla  tutela,  alla
cura e al recupero della fauna selvatica, perseguono evidentemente  e
in modo esclusivo finalita' di  tutela  ambientale,  ricadendo  cosi'
inequivocabilmente nell'ambito della materia  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    8.3.- Al riguardo, non puo' essere accolta la tesi  della  difesa
regionale, in base alla quale le previsioni contestate afferirebbero,
comunque sia, anche alla richiamata competenza regionale  in  materia
di caccia, in quanto la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio) avrebbe demandato alle Regioni la disciplina sul  recupero
degli  animali  selvatici.  Nella  valutazione  della  conformita'  a
Costituzione dell'istituzione di un fondo  a  destinazione  vincolata
e', infatti, dirimente la titolarita' della competenza costituzionale
nel cui ambito materiale le previsioni possono, anche se solo in modo
prevalente,  essere  ricondotte.  E,  come  si  e'  detto,  le  norme
impugnate rientrano a pieno titolo nella competenza esclusiva statale
in materia di tutela dell'ambiente.  L'istituzione  di  detto  fondo,
concretizzandosi nel sostegno delle associazioni operanti nel sistema
del recupero  degli  animali  selvatici,  non  interferisce,  d'altro
canto, in alcun modo con l'esercizio della potesta' normativa che  lo
Stato, a traverso gli artt. 1, comma 3, e 4, comma 6, della legge  n.
157 del 1992, ha inteso demandare alle Regioni. 
    8.4.- In definitiva, l'erroneita' del presupposto interpretativo,
da cui muove la ricorrente, rende non fondate tutte le  questioni  di
legittimita' costituzionale, promosse in riferimento  agli  artt.  3,
97, 118, 119 e 120 Cost. 
    9.- La ricorrente impugna, da ultimo, anche l'art. 1, comma  759,
della legge n. 178 del 2020, il  quale  prevede  che  «[a]l  fine  di
realizzare progetti  pilota  di  educazione  ambientale  destinati  a
studenti  degli  istituti  comprensivi  delle  scuole  dell'infanzia,
primarie e secondarie di primo grado, site nei  comuni  che  ricadono
nelle zone  economiche  ambientali  di  cui  all'articolo  4-ter  del
decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni,
dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141, nelle riserve MAB-UNESCO e  nei
siti naturalistici dichiarati dall'UNESCO  patrimonio  dell'umanita',
e' istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, un fondo con una dotazione di
4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e  2022.  Con  decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
di concerto con il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  sono
definiti i criteri e le modalita' di riparto  del  fondo  di  cui  al
periodo precedente.  Alle  attivita'  previste  dal  presente  comma,
comprese quelle che coinvolgono i docenti scolastici, si provvede nel
limite delle risorse del fondo di cui al primo periodo, oltre che nei
limiti  delle  disponibilita'  del   fondo   per   il   miglioramento
dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica interessata». 
    Secondo la difesa regionale tale disposizione contrasterebbe  con
gli  artt.  117,  terzo  comma,  118,  119  e  120  Cost.,   poiche',
intervenendo nella materia «istruzione»,  di  competenza  legislativa
concorrente, non prevede alcuna forma di coinvolgimento  del  sistema
delle autonomie territoriali, necessaria in forza  del  principio  di
leale collaborazione. 
    9.1.- La questione e' inammissibile, poiche' la ricorrente non ha
adeguatamente motivato le ragioni del contrasto della norma censurata
con gli evocati parametri costituzionali. 
    Contrariamente a quanto mostra di  ritenere  la  ricorrente,  dal
tenore letterale della disposizione impugnata non emerge affatto,  in
modo chiaro e di immediata evidenza, il collegamento con  la  materia
«istruzione», e, pertanto, tale collegamento  avrebbe  dovuto  essere
specificamente dimostrato nel ricorso. Non risulta,  in  particolare,
chiaro e, comunque sia, non e' spiegato il nesso tra il comma  759  e
la programmazione ordinaria scolastica, non potendo tale nesso  esser
fatto discendere dalla semplice circostanza che i progetti finanziati
dalla disposizione impugnata siano rivolti agli studenti delle scuole
dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado. 
    9.2.- La questione avente ad oggetto l'art. 1, comma  759,  della
legge n. 178 del 2020 deve essere pertanto dichiarata inammissibile.