ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
90, 92, 93, 115, 202, 597 e 649, della legge 30 dicembre 2020, n. 178
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2021  e
bilancio pluriennale  per  il  triennio  2021-2023),  promosso  dalla
Regione Campania con ricorso notificato il 1° marzo 2021,  depositato
in cancelleria il 4 marzo  2021,  iscritto  al  n.  12  del  registro
ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  21  giugno  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi  l'avvocato  Almerina  Bove  per  la  Regione  Campania   e
l'avvocato dello  Stato  Eugenio  De  Bonis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 21 giugno 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 1° marzo 2021  e  depositato  il  4
marzo 2021 (reg. ric.  n.  12  del  2021),  la  Regione  Campania  ha
promosso, tra le  altre,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, commi 90, 92, 93, 115, 202, 597 e 649,  della  legge  30
dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il  triennio  2021-2023),
complessivamente in riferimento agli artt. 97,  117,  commi  terzo  e
quarto, 118 e 119  della  Costituzione,  e  del  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    1.1.- In merito all'impugnativa  dell'art.  1,  comma  90,  della
legge n. 178  del  2020,  la  ricorrente  precisa  che  questa  norma
prevede, congiuntamente al comma 89, non impugnato, l'istituzione  di
un fondo che, al fine di incentivare la ripresa dei flussi di turismo
di ritorno,  consente  ai  cittadini  italiani  residenti  all'estero
l'ingresso gratuito nella rete dei musei, delle  aree  e  dei  parchi
archeologici di pertinenza pubblica, senza prevedere  alcun  tipo  di
coinvolgimento  regionale  nella   determinazione   delle   modalita'
attuative di tale misura. 
    Secondo la  Regione  Campania,  la  norma  impugnata,  in  quanto
finalizzata a «incentivare  la  ripresa  dei  flussi  di  turismo  di
ritorno», afferirebbe, «in via principale e  diretta»,  alla  materia
del turismo,  di  competenza  legislativa  residuale  delle  regioni.
Inoltre, in quanto volta a  realizzare  questa  finalita'  attraverso
l'accesso gratuito alla rete dei  musei,  delle  aree  e  dei  parchi
archeologici di  pertinenza  pubblica,  interverrebbe  nella  materia
della «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione  e
organizzazione  di  attivita'  culturali»,  oggetto   di   competenza
concorrente, «peraltro involgendo istituzioni museali  pubbliche  non
statali, in assenza di alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni». 
    Pertanto, la disposizione in esame si porrebbe in  contrasto  con
gli artt. 117, commi terzo e  quarto,  118  e  119  Cost.  e  con  il
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    1.2.- Anche le disposizioni di cui ai commi 92 e 93  dell'art.  1
della legge n. 178 del 2020 interverrebbero, secondo  la  ricorrente,
nelle materie del turismo e della «valorizzazione dei beni  culturali
e ambientali e promozione e organizzazione di  attivita'  culturali»,
istituendo un fondo «al precipuo scopo di tutelare e  valorizzare  le
aree di particolare interesse geologico e  speleologico,  nonche'  di
sostenerne lo sviluppo e la gestione ambientalmente sostenibile e  di
promuoverne la fruizione  pubblica,  [...]  omettendo,  tuttavia,  di
prevedere   alcuna   forma   di   coinvolgimento   regionale    nella
determinazione dei criteri di ripartizione delle somme stanziate  nel
fondo». 
    Pertanto, anche queste disposizioni violerebbero gli  artt.  117,
commi terzo e quarto, 118  e  119  Cost.  e  il  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    1.3.- La disposizione di cui all'art. 1, comma 115,  della  legge
n. 178 del 2020 afferirebbe, invece, alla materia  dello  spettacolo;
sarebbe  pertanto  riconducibile  alla   «valorizzazione   dei   beni
culturali e ambientali e promozione  e  organizzazione  di  attivita'
culturali»,  comprensiva  anche  delle  azioni   a   sostegno   dello
spettacolo. 
    Di conseguenza, «le norme statali avrebbero dovuto  prevedere  il
previo coinvolgimento e [la previa]  condivisione  delle  Regioni  in
ordine ai criteri  e  modalita'  di  riparto  delle  risorse  statali
stanziate, [...] trattandosi di  materia  di  competenza  legislativa
concorrente». 
    Di qui la violazione degli artt. 117,  terzo  comma,  118  e  119
Cost., e del principio di leale collaborazione di  cui  all'art.  120
Cost. 
    1.4.- In merito al comma 202 dell'art. 1 della legge n.  178  del
2020, la ricorrente lamenta il fatto che le disposizioni  di  cui  ai
commi 201 e 202 prevedono la costituzione  di  un  fondo  finalizzato
alla  concessione  di  contributi  alle  imprese   non   industriali,
«incidendo  in  settori   notoriamente   attratti   alla   competenza
regionale,  quali,  a  titolo   esemplificativo,   il   commercio   o
l'agricoltura».  In  particolare,  si  tratterebbe  di   materie   di
competenza   legislativa   residuale   delle   regioni   (a    titolo
esemplificativo, commercio e agricoltura)  e  concorrente  (commercio
con l'estero e sostegno all'innovazione per  i  settori  produttivi).
Quanto  detto  renderebbe  necessario  il  «ricorso  ad   un'adeguata
attivita' di coordinamento» (e' richiamata in tal senso  la  sentenza
n. 63 del 2008 di questa Corte). 
    Pertanto, la disposizione di cui al  comma  202,  non  prevedendo
alcuna forma di coinvolgimento  delle  regioni  nella  determinazione
delle modalita' e dei criteri di ripartizione delle somme  stanziate,
si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, quarto comma, 118  e  119
Cost., e con il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120
Cost. 
    1.5.- Il comma 597 dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020 -  che
ha sostituito il comma 4 dell'art.  13-quater  del  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita  economica  e  per  la
risoluzione di  specifiche  situazioni  di  crisi),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 28  giugno  2019,  n.  58  -  e',  invece,
impugnato perche' interverrebbe in  materia  di  turismo,  rientrante
nella competenza legislativa residuale delle regioni. In particolare,
la creazione di una  banca  dati  statale  -  in  aggiunta  a  quelle
regionali  -  delle  strutture  ricettive  nonche'   degli   immobili
destinati alle locazioni brevi,  invaderebbe  l'anzidetta  competenza
legislativa residuale (e' citata al riguardo la sentenza  n.  84  del
2019). 
    La  ricorrente  sottolinea  inoltre  che,  in  base  alla   norma
impugnata, le regioni trasmettono  al  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali e per il turismo i dati inerenti  alle  strutture
ricettive, mentre il quarto periodo dello  stesso  comma,  stabilendo
che con decreto del medesimo ministro sono definite le  modalita'  di
acquisizione dei codici identificativi regionali, non  prevede  alcun
coinvolgimento delle regioni nella definizione delle stesse. 
    La difesa regionale aggiunge che, se anche si volesse  ricondurre
la disciplina in esame alla competenza legislativa statale in materia
di coordinamento informativo statistico e informatico (ex  art.  117,
secondo comma, lettera r, Cost.), siffatta  competenza  dovrebbe,  in
ragione  dell'interferenza  con  la  materia  del   turismo,   essere
esercitata nel rispetto del principio  di  leale  collaborazione  (e'
richiamata la sentenza n. 384 del 2005). 
    Pertanto, il comma 597 violerebbe gli artt. 117, quarto comma,  e
118 Cost. e il principio di leale collaborazione di cui all'art.  120
Cost. Sarebbe inoltre violato l'art. 97 Cost. «in considerazione  del
danno, in termini di certezza  dell'attivita'  amministrativa  e  del
buon andamento pregiudicato dalla duplicazione di  adempimenti  e  di
dati informativi oltre che della sovrapposizione tra le finalita' del
codice identificativo previsto dalle disposizioni impugnate e  quelli
che le singole Regioni - quali la Regione Campania - hanno previsto». 
    1.6.- Da ultimo, la Regione Campania ha impugnato  il  comma  649
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020 - che ha sostituito i commi 1
e 2 dell'art. 85 del decreto-legge 14 agosto  2020,  n.  104  (Misure
urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni, nella legge 13 ottobre  2020,  n.  126  -,  in  quanto
interverrebbe in materia di  trasporto  pubblico  locale,  rientrante
nella competenza residuale delle regioni. 
    La difesa regionale richiama, sul punto, la sentenza n.  211  del
2016 di questa Corte,  sull'assunto  che  da  siffatta  decisione  si
deduca  l'illegittimita'  costituzionale  di   disposizioni   statali
istitutive di fondi nel settore dei trasporti che  non  prevedono  un
adeguato coinvolgimento delle regioni. 
    Da   quanto   detto   la   ricorrente   trae    la    conclusione
dell'illegittimita' costituzionale del comma 649, nella parte in  cui
non prevede che i criteri di riparto del fondo previsto  nella  norma
impugnata siano definiti d'intesa  con  le  regioni,  per  violazione
degli artt. 117, quarto comma, 118 e 119 Cost., e  del  principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    2.- Con atto depositato il  9  aprile  2021,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, si e' costituito  in  giudizio,  chiedendo  che
siano dichiarate inammissibili o non fondate tutte  le  questioni  di
legittimita' costituzionale promosse con il ricorso. 
    2.1.- In premessa, l'Avvocatura generale rileva che la  legge  n.
178 del 2020 avrebbe introdotto una serie di  misure  finalizzate  ad
attuare obiettivi di  politica  economica,  anche  in  considerazione
dell'evoluzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19,  le  quali
concorrerebbero a superare la crisi economica e sociale, rafforzando,
altresi', alcuni rilevanti settori;  a  tal  fine,  la  citata  legge
conterrebbe una serie di disposizioni  che  prevedono  finanziamenti,
con vincolo di destinazione, relativi a diversi ambiti di competenza. 
    Chiarito cio', in via preliminare, la  difesa  statale  eccepisce
l'inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale, in
primo luogo, per la genericita' dei motivi dedotti dalla  ricorrente,
la  quale  muoverebbe  dall'erroneo  presupposto   che   le   singole
disposizioni impugnate abbiano inteso disciplinare direttamente e  in
modo esclusivo  le  materie  espressamente  indicate  e  di  asserita
competenza  concorrente  e  residuale.  Cosi'  facendo,  la   Regione
Campania darebbe per  scontata  e  presupposta  la  violazione  delle
proprie    prerogative    costituzionali,     omettendo     qualsiasi
interpretazione delle disposizioni denunciate, rispetto alle quali si
sarebbe limitata  alla  mera  trascrizione.  Inoltre,  la  ricorrente
avrebbe omesso  qualsiasi  indagine  circa  l'eventuale  collegamento
sistematico con altre disposizioni  e  altre  materie  «trasversali»,
nelle  quali  risulterebbero  prevalenti  contenuti  e  finalita'  di
politica economica  generale  o  la  fissazione  dei  livelli  minimi
uniformi di prestazione. 
    In secondo luogo, il ricorso sarebbe inammissibile anche  per  la
genericita' con la quale sono invocate le norme parametro, in  quanto
le   relative   disposizioni   costituzionali   sarebbero   meramente
richiamate nelle rubriche dei singoli motivi e mancherebbe  qualsiasi
articolazione tesa alla  dimostrazione  delle  violazioni  lamentate.
Cosi' operando - continua la difesa statale - la  ricorrente  avrebbe
fatto ricadere su questa Corte «il duplice compito di interpretare le
norme denunciate e di operarne  il  raccordo  (di  concordanza  o  di
dissonanza) con i parametri costituzionali». 
    In  terzo  luogo,  il   ricorso   apparirebbe   «complessivamente
inammissibile» in quanto  le  doglianze  sul  mancato  coinvolgimento
della Regione, nella fase attuativa dei singoli  fondi  previsti,  si
risolverebbe in  una  denuncia  «astratta  e  formale»,  poiche'  non
verrebbe concretamente  dimostrato  il  pregiudizio  che  il  mancato
coinvolgimento     provocherebbe      sull'esercizio      dell'azione
amministrativa di quest'ultima. 
    Tutti i motivi di ricorso sarebbero, comunque sia, non fondati. 
    2.2.-  In  particolare,  quanto  all'impugnativa  del  comma   90
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020, il Presidente del  Consiglio
dei ministri ne deduce preliminarmente l'inammissibilita', poiche' la
presunta invasione delle competenze regionali discenderebbe,  semmai,
dal comma 89, che ha istituito il fondo, e non dal comma 90, che reca
la disciplina sull'utilizzazione del fondo in  esame.  Peraltro,  nei
confronti di  quest'ultima  disposizione  non  sarebbe  stata  svolta
alcuna censura, mentre il comma 89 non e' stato impugnato. 
    Nel merito, la difesa statale ritiene  che  il  turismo  non  sia
«l'oggetto primario della disciplina», bensi' soltanto «lo  strumento
di attuazione di una disciplina che mira a finalita' piu' ampie». 
    In particolare, secondo l'Avvocatura generale, la norma impugnata
costituirebbe «una misura di promozione  della  cittadinanza  attiva»
degli italiani  residenti  all'estero.  Pertanto,  se  lo  status  di
cittadinanza deve intendersi come «la  qualificazione  giuridica  del
legame particolare tra un dato soggetto e un  dato  territorio  e  la
societa' ivi insediata», nella nozione di cittadinanza rientrerebbero
«tutte le  misure  idonee  a  garantire  e  a  rafforzare  il  legame
effettivo del soggetto con il territorio e la societa'  nazional[e]».
Da quanto detto la difesa statale trae la conclusione che la norma di
cui al comma 90 rientrerebbe nella competenza  statale  esclusiva  ex
art.  117,  secondo  comma,  lettera  i),   Cost.   in   materia   di
«cittadinanza». 
    Inoltre, in ragione del fatto che la misura prevista dalla  norma
impugnata attiverebbe «un proficuo  flusso  di  interscambio  a  base
culturale tra l'Italia e il  resto  del  mondo»,  essa  costituirebbe
anche «una forma di esercizio della competenza statale  esclusiva  in
materia di "rapporti internazionali dello Stato" ex art. 117, secondo
comma, lettera a), Cost.». 
    2.3.- Inammissibile sarebbe anche l'impugnativa del comma 92, che
individua le finalita' del fondo di cui al comma 91 (non  impugnato),
non  essendo  rinvenibili  nel  ricorso  «censure   specifiche»   nei
confronti di questa disposizione. 
    Non fondate sarebbero poi le questioni promosse nei confronti del
comma 93, in quanto le previsioni da esso recate rientrerebbero nella
competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni  culturali
e di tutela dell'ambiente, mentre sarebbe estranea  la  finalita'  di
valorizzazione dei beni stessi. In  particolare,  la  difesa  statale
richiama la giurisprudenza di  questa  Corte  per  sottolineare  come
siano riconducibili alla «tutela dei beni culturali» i  provvedimenti
diretti a garantire la conservazione, l'integrita' e la sicurezza dei
beni culturali, come appunto gli «interventi di riqualificazione e di
adeguamento degli impianti di illuminazione ordinaria, di sicurezza e
di fruibilita' multimediale», finanziati con il fondo statale di  cui
si discute. 
    Di qui la conseguenza che, trattandosi di  normativa  che  ricade
nel perimetro delle potesta' legislative statali di  tipo  esclusivo,
non  sarebbe  configurabile  in   capo   allo   Stato   alcun   onere
procedimentale   di   leale   collaborazione;   peraltro,    aggiunge
l'Avvocatura generale, la denunciata violazione dell'art.  120  Cost.
sarebbe «del tutto fuori quadro», poiche' l'esercizio  dell'attivita'
legislativa sfuggirebbe alle procedure di leale collaborazione. 
    Secondo la difesa statale, la lamentata lesione  della  sfera  di
competenza regionale non si  determinerebbe  neppure  se  la  materia
disciplinata dalla normativa impugnata fosse ritenuta attinente  alla
«valorizzazione», anziche'  alla  «tutela»  dei  beni  culturali.  In
questo caso, infatti, un'interpretazione costituzionalmente orientata
dovrebbe indurre a ritenere che spetti al  Ministro  per  gli  affari
regionali e le autonomie l'individuazione dei soggetti legittimati  a
ottenere le risorse del fondo di  cui  al  comma  91  e  che  sia  di
competenza  delle  regioni  il  trasferimento  delle  stesse  secondo
criteri determinati dai medesimi enti territoriali. 
    2.4.-  Non  fondate  sarebbero  anche  le  censure  promosse  nei
confronti del comma 115.  In  particolare,  la  Regione  non  avrebbe
contestato  che  rientri   nella   competenza   legislativa   statale
l'istituzione  del  fondo  di  cui  al  comma  114;  sarebbe   quindi
«conseguenziale   che   la   mera   attivita'    amministrativa    di
individuazione dei progetti e dei beneficiari ammessi alle erogazioni
del fondo, che sono finanziate con risorse integralmente gravanti sul
bilancio statale, competa ad un decreto del ministro competente  alla
cui adozione le Regioni non hanno titolo a prendere parte». 
    Nel caso di specie, il fondo di cui si discute  costituirebbe  lo
strumento attraverso il quale lo Stato avrebbe operato «la necessaria
avocazione per sussidiarieta' della materia del  finanziamento  delle
attivita' di spettacolo»; e' richiamata sul punto la sentenza n.  255
del 2004 di questa Corte. 
    In  definitiva,  sostiene  l'Avvocatura  generale,  le  peculiari
caratteristiche dell'attivita' di spettacolo (nella specie, musicale)
renderebbero  «imprescindibile»  che  «lo  Stato  sia   autonomamente
presente sia a livello finanziario  che  a  livello  operativo,  onde
prevenire le inevitabili lacune dell'intervento regionale, ostacolato
dalla frammentarieta' territoriale e dalla ristrettezza  dei  bilanci
regionali». 
    Da  ultimo,  la  difesa  statale  sottolinea  come   l'intervento
finanziario statale contestato dalla ricorrente si ponga come  misura
economica adottata per fronteggiare  l'emergenza  pandemica,  il  che
rafforzerebbe la competenza statale in materia. 
    2.5.- Anche con riguardo alla disposizione recata dal comma  202,
l'Avvocatura  generale  ritiene  che  si  tratti  di  «un  intervento
finanziario emergenziale interamente a carico del  bilancio  statale,
non contestato  in  quanto  tale  dalla  ricorrente».  Pertanto,  non
sarebbe chiara la ragione per  la  quale  la  Regione  rivendica  una
competenza a  partecipare  alla  determinazione  dei  criteri,  degli
importi e delle modalita' di erogazione di un fondo, istituito con il
comma 201 e la cui legittimita' non e' contestata. 
    Peraltro, precisa la difesa statale, la misura di  cui  al  comma
201 (non impugnato) costituirebbe esercizio della competenza  statale
esclusiva in materia di «tutela della concorrenza», da intendersi «in
senso "propositivo", cioe' come ristabilimento  delle  condizioni  di
una corretta concorrenza tra imprese, alcune delle quali siano  state
poste in condizioni concorrenziali  deteriori  da  eventi  calamitosi
loro non imputabili». In particolare, si tratterebbe di un intervento
statale rientrante tra gli  aiuti  esenti  dall'obbligo  di  notifica
preventiva alla Commissione europea, ai sensi del regolamento (CE) n.
651/2014/UE del 17 giugno 2014,  che  dichiara  alcune  categorie  di
aiuti compatibili  con  il  mercato  interno  in  applicazione  degli
articoli 107 e 108 del trattato, in quanto volti a rimediare ai danni
provocati da terremoti, valanghe, frane, inondazioni, trombe  d'aria,
uragani, eruzioni vulcaniche e incendi boschivi di origine naturale. 
    Al riguardo, la  previsione  di  tali  misure  nell'ambito  della
normativa  europea  sugli  aiuti  di  Stato  dimostrerebbe  la   loro
«ontologica connessione con la materia della concorrenza». 
    2.6.- Sarebbero non  fondate  anche  le  questioni  promosse  nei
confronti del comma 597, che  ha  sostituito  il  comma  4  dell'art.
13-quater del d.l. n.  34  del  2019,  come  convertito,  istituendo,
presso il Ministero per i beni e le  attivita'  culturali  e  per  il
turismo (oggi: Ministero del turismo), una banca dati delle strutture
ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi. 
    La   disposizione   impugnata   rientrerebbe   nella   competenza
legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., essendo volta a tutelare i consumatori e a evitare
l'evasione  fiscale  nel   settore   turistico.   Peraltro,   osserva
l'Avvocatura  generale,  la  norma  in  esame  farebbe  salvo  quanto
stabilito  nelle  leggi  regionali,  prevedendo  l'inclusione,  nella
suddetta banca  dati,  dei  dati  regionali  con  i  relativi  codici
identificativi, «ove adottati». 
    Sarebbe dunque incomprensibile la ragione per la quale il decreto
del Ministro del turismo (previsto nell'impugnato comma 597) dovrebbe
coinvolgere le regioni nell'attivita' di acquisizione dei  codici  da
queste adottati. 
    2.7.- Quanto all'impugnativa del comma 649, l'Avvocatura generale
ricostruisce, preliminarmente,  il  quadro  normativo  nel  quale  si
inserisce la norma impugnata, sottolineando che quest'ultima modifica
l'art. 85 del d.l. n. 104 del 2020, come convertito, che  aveva  gia'
previsto l'istituzione di un fondo a favore delle  imprese  esercenti
servizi di trasporto di passeggeri mediante autobus, non  soggetti  a
obblighi di servizio pubblico. 
    La difesa statale ritiene manifestamente infondate  le  questioni
promosse, in ragione del fatto che la norma impugnata disciplinerebbe
l'erogazione di risorse a favore di soggetti che  svolgono  attivita'
non  riconducibili  al  trasporto  pubblico  locale.  I  servizi   di
quest'ultima   tipologia   si   caratterizzerebbero    infatti    per
l'imposizione di obblighi di servizio pubblico, espressamente esclusi
dalla disposizione in esame. 
    Pertanto, l'attivita' di gestione e di erogazione  delle  risorse
prevista nel fondo di cui al comma 649 dell'art. 1 della legge n. 178
del 2020 sarebbe estranea alla competenza legislativa residuale delle
regioni. 
    Peraltro, la misura in esame si collocherebbe «in un contesto  di
interventi di sostegno ai settori piu' direttamente interessati dalle
misure di contenimento dell'epidemia da Covid-19»; di conseguenza, la
normativa impugnata sarebbe riconducibile alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di «sistema tributario  e  contabile
dello  Stato»,  di  «perequazione  delle  risorse  finanziarie»,   di
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali», di «profilassi internazionale» (ex  art.
117, secondo comma, lettere e, m e q), nonche'  «alla  determinazione
dei principi fondamentali, riservata alla  legislazione  dello  Stato
nelle materie di legislazione concorrente, ai  sensi  dell'art.  117,
terzo comma, Cost.». 
    3.- In prossimita' della data fissata per  l'udienza  la  Regione
Campania ha depositato una memoria con  la  quale  comunica  di  aver
deliberato la rinuncia al ricorso limitatamente alle disposizioni  di
cui all'art. 1, commi 90, 92, 93 e 115, della legge n. 178 del  2020.
In particolare, la  difesa  regionale  dichiara  di  non  avere  piu'
interesse a coltivare il giudizio in quanto, in  sede  attuativa,  il
Governo ha coinvolto le regioni e quindi «e' stato di fatto  riparato
il vulnus  arrecato  dalle  indicate  disposizioni  alle  prerogative
regionali». 
    Quanto invece ai commi 202, 597 e 649, la  Regione  dichiara  che
persiste l'interesse alla coltivazione del giudizio. 
    3.1.- Preliminarmente, la difesa regionale replica  alle  diverse
eccezioni di inammissibilita' sollevate dal resistente. 
    Innanzitutto, ritiene che l'atto  introduttivo  non  incorra  nel
vizio di genericita' lamentato dalla controparte, sia in ordine  alle
censure mosse sia in ordine alle norme costituzionali  invocate  come
parametro (a tal fine richiama le sentenze n. 123 e n. 114 del  2022,
con le quali questa Corte ha deciso le altre questioni  promosse  con
il medesimo ricorso). 
    Prive   di   fondamento   sarebbero   anche   le   eccezioni   di
inammissibilita'  relative  all'asserita  mancata  impugnativa  delle
disposizioni istitutive dei fondi oggetto  dei  commi  impugnati.  Al
riguardo, la Regione precisa di aver  inteso  impugnare  soltanto  le
norme che disciplinano le modalita' di riparto dei fondi - dei  quali
non e' invece contestata ne' l'istituzione ne' le finalita'  -  senza
prevedere  alcuna  forma  di  coinvolgimento  delle   regioni   (sono
richiamate, in proposito, le sentenze n. 123 e n. 40 del 2022). 
    3.2.- Nel merito, quanto al comma 202,  la  ricorrente  ribadisce
che «la legittimita' costituzionale  di  disposizioni  che  prevedono
misure di sostegno alle imprese  in  difficolta',  la  cui  scomparsa
costituirebbe un danno  che  esorbita  la  dimensione  regionale,  e'
subordinata alla previsione di un'intesa con le regioni  condotta  in
base al  principio  di  leale  collaborazione»  (sono  richiamate  le
sentenze n. 63 del 2008 e n. 303  del  2003).  Siffatta  affermazione
varrebbe a maggior ragione nel caso di specie poiche' si  tratterebbe
di un fondo che «non e' indistintamente destinato a tutte le  imprese
in difficolta', ma soltanto a quelle non industriali». 
    Peraltro - aggiunge la difesa regionale - anche a voler  ritenere
la normativa impugnata afferente  alla  materia  della  tutela  della
concorrenza,  il  coinvolgimento  delle  regioni   sarebbe   comunque
necessario, in ragione della sua trasversalita' e dell'intreccio  con
le  materie  del  commercio,  dell'agricoltura  e  del  turismo,   di
competenza residuale regionale (sono richiamate le sentenze n. 123  e
n. 114 del 2022). 
    3.3.-  La  Regione  Campania  contesta,  poi,  le  argomentazioni
addotte a sostegno della non fondatezza delle questioni  relative  al
comma 597, non avendo precisato, il  resistente,  «a  quali,  tra  le
plurime ed eterogenee materie» previste dall'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., si ritenga ascritta la  disposizione.  Secondo  la
ricorrente,  la  disposizione  di  cui  al  comma   597   afferirebbe
chiaramente  alla  materia  del  turismo,  di  competenza   residuale
regionale, poiche' la  previsione  di  un  codice  identificativo  di
riferimento   per   ogni   singola   unita'   ricettiva   invaderebbe
«apertamente» la sfera di competenza delle regioni, a cui  spetta  di
esercitare  le  funzioni  di  promozione,   vigilanza   e   controllo
sull'esercizio delle attivita' turistiche. 
    Al  riguardo,  la  difesa  regionale  da'   conto   dell'avvenuta
emanazione del decreto del Ministro del turismo 29 settembre 2021, n.
161 (Regolamento recante modalita' di  realizzazione  e  di  gestione
della banca di  dati  delle  strutture  ricettive  e  degli  immobili
destinati alle locazioni brevi  di  cui  all'articolo  13-quater  del
decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 28 giugno  2019,  n.  58),  previsto  nella  disposizione
impugnata,  precisando  che  esso  e'  stato  adottato   sentita   la
Conferenza unificata, che ha espresso,  il  20  maggio  2021,  parere
favorevole sul relativo schema. Cio' nondimeno, siffatto  parere  non
sarebbe idoneo a garantire un adeguato coinvolgimento delle  regioni,
che,  trattandosi  di  un  intervento  attinente  a  una  materia  di
competenza residuale (turismo),  avrebbe  dovuto  assumere  la  forma
dell'intesa (e' richiamata la sentenza di questa  Corte  n.  123  del
2022). 
    La  ricorrente  sottolinea,  inoltre,  come  il  citato   decreto
ministeriale abbia espressamente previsto  la  generazione  da  parte
della banca dati statale di un codice  alfanumerico  in  sostituzione
del codice identificativo nel caso in cui una regione  non  ne  abbia
adottato uno proprio, disponendo «impegni  a  carico  delle  regioni,
uniche titolari  delle  informazioni  necessarie  ad  implementarla».
Quanto    appena    detto    confermerebbe    l'incidenza    negativa
dell'intervento  legislativo  impugnato  sulla  sfera  di  competenza
regionale. 
    3.4.- Infine, la ricorrente contesta l'assunto di  parte  avversa
secondo  cui  la  disposizione  di  cui  al  comma  649  non  sarebbe
ascrivibile alla materia del trasporto pubblico  locale,  in  ragione
dell'assenza di obblighi di servizio pubblico. Al riguardo, la difesa
regionale fa notare come sia pacifico che nell'ambito dei servizi  di
trasporto  pubblico   sono   ricompresi   anche   quelli   cosiddetti
autorizzati. 
    Pertanto, anche a voler ritenere che  la  disposizione  impugnata
afferisca alle materie  del  sistema  tributario  e  contabile  dello
Stato,  della   perequazione   delle   risorse   finanziarie,   della
determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni  concernenti
diritti  civili  e  sociali,  e  di  profilassi  internazionale,   il
coinvolgimento delle regioni in sede di determinazione dei criteri di
riparto sarebbe necessario, a  causa  del  chiaro  intreccio  con  la
materia del trasporto pubblico locale. 
    4.- All'udienza del 21 giugno 2022  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha comunicato  l'accettazione,  da  parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, della rinuncia parziale al ricorso presentata
dalla difesa regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Campania ha promosso, con il ricorso  indicato  in
epigrafe (reg. ric. n. 12 del  2021),  fra  le  altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 90, 92, 93, 115,  202,
597 e 649,  della  legge  30  dicembre  2020,  n.  178  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2021  e  bilancio
pluriennale  per  il   triennio   2021-2023),   complessivamente   in
riferimento agli artt. 97, 117, commi terzo e quarto, 118 e 119 della
Costituzione, e del principio di leale collaborazione di cui all'art.
120 Cost. 
    2.- Con separate decisioni (sentenze n. 123 e n.  114  del  2022)
questa Corte ha gia'  definito  le  altre  questioni  promosse  dalla
Regione Campania con il medesimo ricorso. 
    3.- In via  preliminare  occorre  rilevare  che  sulle  questioni
aventi ad oggetto l'art. 1, commi 90, 92, 93 e 115,  della  legge  n.
178 del 2020 e' intervenuta la rinuncia al  ricorso  da  parte  della
Regione Campania,  con  accettazione  da  parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri. Con riferimento alle citate  disposizioni  va
dichiarata, pertanto, l'estinzione del processo  ai  sensi  dell'art.
23, vigente ratione temporis, delle Norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale (tra le piu' recenti,  sentenze  n.
123 e n. 114 del 2022; ordinanze n. 142, n. 133 e n. 130 del 2022). 
    4.- Quanto alle questioni di legittimita' costituzionale che  non
sono  state  oggetto  di   rinuncia,   questa   Corte   e'   chiamata
preliminarmente  ad  esaminare  le  eccezioni   di   inammissibilita'
formulate dall'Avvocatura generale dello Stato. Si tratta, per  vero,
di eccezioni prospettate in relazione a tutte le norme  impugnate  e,
quindi, non solo a quelle oggetto dell'odierno giudizio. 
    In  proposito,   valgono   anche   nel   presente   giudizio   le
considerazioni svolte da questa Corte, in occasione dei giudizi sulle
altre norme impugnate con il medesimo ricorso (sentenze n. 123  e  n.
114 del 2022), in relazione  all'eccezione  di  inammissibilita'  per
genericita' dei motivi dedotti, a quella per difetto  di  motivazione
delle lamentate violazioni dei singoli  parametri  costituzionali  e,
infine, a quella concernente il  presunto  carattere  astratto  delle
censure formulate. 
    4.1.- Nessuna di queste eccezioni e' fondata. 
    4.1.1.- Nella specie, le  questioni,  pur  formulate  in  maniera
estremamente sintetica, superano la soglia  minima  di  chiarezza  e,
quindi, consentono lo scrutinio del merito. 
    Risulta,   infatti,   chiaro   che    la    ricorrente    lamenta
l'illegittimita' costituzionale di tutte le disposizioni in esame per
il solo fatto che esse, dopo  aver  istituito  fondi  a  destinazione
vincolata - che inciderebbero su  materie  di  competenza  regionale,
concorrente o residuale, di volta in volta espressamente  individuate
- e aver istituito una banca dati - che anch'essa interferirebbe  con
materia di attribuzione regionale -, non hanno previsto alcuna  forma
di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali, ne',  per
un verso, nella determinazione  dei  criteri  di  ripartizione  delle
risorse dei fondi stessi, ne', per l'altro,  nella  disciplina  delle
modalita' di raccolta  e  gestione  dei  dati.  Vi  sarebbe,  dunque,
violazione del principio di leale collaborazione  e  delle  sfere  di
autonomia costituzionalmente assegnate alla Regione. 
    Tutte le censure  sono,  inoltre,  correttamente  prospettate  in
riferimento ai parametri cumulativamente indicati. E', infatti, dalla
violazione del principio di leale  collaborazione  -  da  rispettare,
secondo  la  ricorrente,  anche  quando  vi  sia  una   chiamata   in
sussidiarieta' - che si assume derivi la violazione  delle  sfere  di
competenza regionale. 
    Privo di fondamento e'  infine  l'assunto  della  difesa  statale
secondo cui, per superare il vaglio di ammissibilita',  le  questioni
devono essere suffragate dalla dimostrazione del pregiudizio concreto
che  sarebbe  derivato   all'esercizio   dell'azione   amministrativa
regionale  dal  mancato  coinvolgimento  delle  regioni  (in   questi
termini, sentenze n. 123 e n. 114 del 2022). 
    5.- Prima di procedere all'esame delle singole  censure,  occorre
precisare che - quanto alle questioni aventi ad oggetto i commi 202 e
649 - la Regione non contesta la  legittimita'  costituzionale  delle
norme istitutive dei fondi (contenute, rispettivamente, nel comma 201
e nello stesso comma 649), ma si limita a impugnare  le  disposizioni
che attribuiscono a  decreti  ministeriali,  senza  prevedere  alcuna
forma di coinvolgimento delle  regioni,  il  compito  di  definire  i
criteri di riparto, gli importi e le modalita'  di  erogazione  delle
risorse stanziate con  i  fondi  in  parola,  sebbene  questi  ultimi
incidano su materie che si assumono essere  di  competenza  regionale
concorrente o residuale. 
    Pertanto, non e' chiesta la caducazione  della  norma  istitutiva
del fondo -  che  produrrebbe  un  danno  agli  stessi  enti  campani
destinatari delle risorse - ma e' invocata  una  pronuncia  additiva,
che imponga il coinvolgimento delle regioni al fine di determinare  i
criteri di ripartizione delle stesse risorse. 
    6.- Sempre in relazione alle questioni concernenti i commi 202  e
649, si deve, inoltre, ricordare come questa Corte abbia  piu'  volte
affermato  la  necessita'  di  applicare  il   principio   di   leale
collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con
vincolo di destinazione, incidente su materie di competenza regionale
(residuale  o  concorrente):  ipotesi  nella  quale,  ai  fini  della
salvaguardia di tali competenze,  la  legge  statale  deve  prevedere
strumenti di coinvolgimento delle regioni nella  fase  di  attuazione
della normativa, nella forma dell'intesa o del parere, in particolare
quanto alla determinazione dei criteri e delle modalita' del  riparto
delle risorse destinate agli enti territoriali (da  ultimo,  sentenze
n. 123 e n. 114 del 2022). 
    La necessita' di predisporre simili strumenti e' stata  affermata
da questa Corte principalmente in  due  evenienze:  in  primo  luogo,
quando vi sia un intreccio (ovvero una interferenza  o  concorso)  di
competenze legislative, che non permetta di  individuare  un  «ambito
materiale che possa considerarsi nettamente prevalente  sugli  altri»
(sentenza n. 71 del 2018; in senso analogo, sentenze n. 114 e  n.  40
del 2022, n. 104 del 2021, n. 74 e n. 72 del 2019 e n. 185 del 2018);
in secondo luogo, nei casi in cui  la  disciplina  del  finanziamento
trovi giustificazione nella cosiddetta attrazione  in  sussidiarieta'
della stessa allo Stato, ai sensi dell'art. 118, primo  comma,  Cost.
(ex plurimis, sentenze n. 123, n. 114 e n. 40 del  2022,  n.  74  del
2019, n. 71 e n. 61 del 2018). 
    7.-   Passando   alle   singole   questioni    di    legittimita'
costituzionale, si deve prendere le  mosse  dalle  censure  formulate
dalla Regione Campania nei confronti del comma 202 dell'art. 1  della
legge n. 178 del 2020. 
    La ricorrente lamenta che le disposizioni dei  commi  201  e  202
prevedono la costituzione di un fondo finalizzato alla concessione di
contributi  alle  imprese  non  industriali,  «incidendo  in  settori
notoriamente attratti alla  competenza  regionale,  quali,  a  titolo
esemplificativo, il commercio o  l'agricoltura».  Si  tratterebbe  di
materie  di  competenza  legislativa  regionale  di  tipo   residuale
(commercio e agricoltura) e - sebbene non sia indicato come parametro
asseritamente violato l'art. 117, terzo comma,  Cost.  -  concorrente
(commercio con l'estero e  sostegno  all'innovazione  per  i  settori
produttivi). La disposizione contenuta al comma 202,  non  prevedendo
alcuna forma di coinvolgimento  delle  regioni  nella  determinazione
delle modalita' e dei criteri di ripartizione delle somme  stanziate,
si porrebbe quindi in contrasto con gli artt. 117, quarto comma,  118
e 119 Cost., e con  il  principio  di  leale  collaborazione  di  cui
all'art. 120 Cost. 
    L'Avvocatura  generale  contesta  questa  lettura   della   norma
impugnata, ritenendo che si  tratti  di  «un  intervento  finanziario
emergenziale  interamente  a  carico  del   bilancio   statale,   non
contestato  in  quanto  tale  dalla  ricorrente»,  ascrivibile   alla
competenza  statale   esclusiva   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza», da  intendersi  «in  senso  "propositivo",  cioe'  come
ristabilimento delle  condizioni  di  una  corretta  concorrenza  tra
imprese,  alcune  delle  quali  siano  state  poste   in   condizioni
concorrenziali deteriori da eventi calamitosi loro  non  imputabili».
In particolare, si tratterebbe di un  intervento  statale  rientrante
tra  gli  aiuti  esenti  dall'obbligo  di  notifica  preventiva  alla
Commissione europea, ai sensi del regolamento (CE) n. 651/2014/UE del
17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie  di  aiuti  compatibili
con il mercato interno in applicazione degli  artt.  107  e  108  del
Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea   (TFUE),   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2017 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008,  n.  130,  in  quanto  volti  a
rimediare  ai  danni  provocati  da   terremoti,   valanghe,   frane,
inondazioni, trombe d'aria, uragani, eruzioni  vulcaniche  e  incendi
boschivi di origine naturale. 
    7.1.- La questione e' fondata. 
    La  norma  impugnata  rimette   a   un   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con quello dello  sviluppo
economico, la determinazione  dei  criteri,  degli  importi  e  delle
modalita' di erogazione del fondo istituito al comma 201. 
    Quest'ultimo, a sua volta, istituisce un fondo con una  dotazione
di 500.000 euro per l'anno 2021  per  l'erogazione  di  contributi  a
fondo perduto a favore  «delle  imprese  non  industriali,  con  sede
legale o unita' produttiva nei comuni in cui si sono verificati,  nel
corso dell'anno 2020,  interruzioni  della  viabilita'  causat[e]  da
crolli  di  infrastrutture  stradali  rilevanti  per   la   mobilita'
territoriale». 
    L'ampiezza della formula utilizzata dal legislatore («imprese non
industriali») per indicare le imprese beneficiarie del fondo e'  tale
da intercettare anche ambiti materiali di sicura competenza regionale
(ad es. commercio e agricoltura). Al contempo, non vi e'  dubbio  che
le  funzioni  amministrative  relative  a  un   intervento   unitario
nazionale a favore delle imprese che abbiano subito danni a causa del
crollo  di  infrastrutture  stradali  rilevanti  per   la   mobilita'
territoriale  si  devono  radicare  a  livello  statale,   risultando
evidente  che  solo  a  questo  livello  di  governo   e'   possibile
realizzare, nel rispetto dei principi di concorrenza  e  di  equita',
adeguate politiche di sostegno economico per ridurre  i  disagi  e  i
maggiori costi derivanti dalle circostanze di cui si tratta. 
    Scrutinando una norma statale istitutiva di  un  fondo  a  favore
delle imprese in difficolta' operanti in vari  settori  (agricoltura,
commercio, industria, pesca, turismo ecc.), questa Corte ha affermato
che «il Fondo in esame risulta  diretto  a  perseguire  finalita'  di
politica  economica  -  costituite  dal  sostegno  alle  imprese   in
difficolta', la cui scomparsa dal  mercato  potrebbe  danneggiare  il
sistema economico  produttivo  nazionale  -  che,  almeno  in  parte,
sfuggono alla sola dimensione regionale [...]; e che  sono,  percio',
tali da giustificare la deroga al normale riparto di  competenze  fra
lo Stato e le Regioni e la conseguente "attrazione in sussidiarieta'"
allo  Stato  della  relativa  disciplina,  in  base  ai  principi  di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza (sentenza n. 242  del
2005)» (sentenza n. 63 del 2008). 
    Nel caso di specie, questa  Corte  ha  poi  concluso  dichiarando
l'illegittimita'  della  norma  impugnata  nella  parte  in  cui  non
prevedeva  che  i  criteri  e  le   modalita'   di   attuazione   dei
finanziamenti fossero determinati d'intesa con la  citata  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano. 
    Si tratta - com'e'  evidente  -  di  conclusioni  che,  sia  pure
relative a finanziamenti  a  favore  anche  di  imprese  industriali,
espressamente escluse dal novero dei beneficiari del fondo  istituito
dal comma 201 e ripartito secondo quanto previsto dal comma  202  qui
in esame, possono essere estese al presente giudizio. 
    Anche in esso, infatti, a fronte di un intervento statale volto a
sostenere economicamente imprese  operanti  in  piu'  ambiti  (tranne
quello industriale), alcuni dei quali di competenza  regionale,  deve
ritenersi operante  il  meccanismo  della  cosiddetta  attrazione  in
sussidiarieta' delle relative funzioni legislative;  meccanismo  che,
all'allocazione a livello statale delle competenze amministrative, fa
seguire un analogo "adeguamento" delle competenze legislative,  solo,
tuttavia, alle condizioni individuate da  questa  Corte  in  numerose
decisioni, a partire dalla sentenza n. 303 del 2003. In  particolare,
in  quest'ultima  pronuncia  si  e'  precisato  che  «i  principi  di
sussidiarieta' e di adeguatezza convivono con il normale  riparto  di
competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne
una  deroga  soltanto  se  la  valutazione  dell'interesse   pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato
sia proporzionata,  non  risulti  affetta  da  irragionevolezza  alla
stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita', e sia  oggetto
di un accordo stipulato con la Regione interessata» (sentenza n.  303
del 2003, punto 2.2. del Considerato in diritto). 
    Nel caso oggetto  del  presente  giudizio,  risultano  senz'altro
sussistere  le  prime  due   condizioni,   dovendosi   ritenere   non
irragionevole  ne'  sproporzionata  la   valutazione   dell'interesse
pubblico che ha condotto all'assunzione da parte  dello  Stato  delle
attribuzioni  esercitate,  quand'anche  interferenti  con  competenze
regionali.  La  considerazione  della  ricaduta  che  il  crollo   di
infrastrutture stradali rilevanti per la mobilita' territoriale  puo'
avere  sul  «tessuto  economico  e  produttivo  delle   imprese   non
industriali»  e'  cosi'  evidente   da   non   richiedere   ulteriori
apprezzamenti circa la sicura rilevanza  dell'interesse  pubblico  in
materia e l'esigenza dell'esercizio unitario della relativa funzione.
Si tratta, infatti, di imprese che, per dimensioni  e  per  tipologia
dell'attivita' svolta (si pensi  a  quelle  agricole),  si  avvalgono
principalmente delle infrastrutture stradali, il cui venir  meno  non
puo' essere agevolmente sostituito da altre  modalita'  di  trasporto
delle materie prime e dei  prodotti,  e  si  tratta  al  contempo  di
realta' economiche non solo assolutamente vitali per il  contesto  in
cui si collocano ma altresi' di potenziale decisivo  rilievo  per  la
stessa economia nazionale. 
    Carente - e non a caso oggetto del petitum della ricorrente -  e'
invece la terza condizione richiesta dalla giurisprudenza  di  questa
Corte per consentire l'attrazione in sussidiarieta': non e' previsto,
infatti, un adeguato coinvolgimento delle regioni  interessate,  che,
nel caso di specie, potrebbe  proficuamente  realizzarsi  nella  sede
istituzionale della Conferenza Stato-regioni. 
    Muovendo dalla  prospettiva  indicata,  dunque,  la  disposizione
contenuta al comma  202  deve  essere  dichiarata  costituzionalmente
illegittima nella parte  in  cui  non  prevede  che  il  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con quello  dello
sviluppo economico, di determinazione dei criteri,  degli  importi  e
delle modalita' di erogazione del fondo di  cui  al  comma  201,  sia
adottato previa intesa nella Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. 
    8.- Oggetto  dell'impugnativa  regionale  e'  poi  il  comma  597
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020, che ha sostituito il comma 4
dell'art. 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n.  34  (Misure
urgenti di crescita economica e  per  la  risoluzione  di  specifiche
situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella  legge  28
giugno 2019, n. 58. 
    Secondo  la  Regione   Campania,   la   disposizione   impugnata,
prevedendo la creazione di una banca dati statale  -  in  aggiunta  a
quelle regionali - delle strutture ricettive nonche'  degli  immobili
destinati alle locazioni brevi, invaderebbe  l'ambito  di  competenza
legislativa  residuale  regionale   in   materia   di   turismo.   In
particolare, in base al terzo periodo del citato  comma  4  dell'art.
13-quater del d.l. n. 34 del 2019, come convertito e  poi  sostituito
dalla norma impugnata, le regioni sarebbero tenute a  trasmettere  al
Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo i dati
inerenti alle strutture ricettive, mentre  il  quarto  periodo  dello
stesso comma affiderebbe  a  un  decreto  del  medesimo  Ministro  la
definizione delle modalita' di acquisizione dei codici identificativi
regionali, e tutto cio' senza che sia previsto  alcun  coinvolgimento
delle regioni nella definizione delle stesse. 
    Anche a voler ricondurre la disciplina in esame  alla  competenza
legislativa  statale  in   materia   di   coordinamento   informativo
statistico e informatico (ex art.  117,  secondo  comma,  lettera  r,
Cost.) -  aggiunge  la  difesa  regionale  -  si  dovrebbe  nondimeno
ritenere che la stessa competenza debba, in ragione dell'interferenza
con la materia  del  turismo,  essere  esercitata  nel  rispetto  del
principio di leale collaborazione. 
    In definitiva, il comma 597  violerebbe  gli  artt.  117,  quarto
comma, 118 e 119 Cost. (quest'ultimo, indicato solo  nel  titolo  del
punto 13 del ricorso, dedicato al comma 597) e il principio di  leale
collaborazione di cui all'art.  120  Cost.  Sarebbe  inoltre  violato
l'art. 97 Cost. «in considerazione del danno, in termini di  certezza
dell'attivita' amministrativa e del buon andamento pregiudicato dalla
duplicazione di adempimenti e di dati  informativi  oltre  che  della
sovrapposizione tra le finalita' del codice  identificativo  previsto
dalle disposizioni impugnate e quelli che le singole Regioni -  quali
la Regione Campania - hanno previsto». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che le questioni
promosse nei confronti del comma 597 non siano fondate, in quanto  la
disposizione, diretta a tutelare i consumatori e a evitare l'evasione
fiscale  nel  settore  turistico,   costituirebbe   esercizio   della
competenza legislativa esclusiva statale,  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. Essa farebbe comunque  salvo  quanto
stabilito  nelle  leggi  regionali,  prevedendo  l'inclusione,  nella
suddetta banca  dati,  dei  dati  regionali  con  i  relativi  codici
identificativi, «ove adottati». 
    8.1.- Preliminarmente, occorre rilevare d'ufficio che difetta  ab
imis, nella delibera di  autorizzazione  ad  impugnare  della  Giunta
regionale  della  Campania,  approvata  il  22  febbraio   2021,   il
riferimento  al  parametro  di  cui  all'art.  119  Cost.  (peraltro,
indicato nel ricorso senza  alcuna  motivazione),  quale  ragione  di
impugnativa dell'art. 1, comma 597, della legge n. 178 del 2020. 
    La giurisprudenza di questa Corte e' costante nel richiedere, nei
giudizi di legittimita' costituzionale in via principale, «"una piena
e necessaria corrispondenza tra la  deliberazione  con  cui  l'organo
legittimato  si  determina  all'impugnazione  ed  il  contenuto   del
ricorso,  attesa  la  natura   politica   dell'atto   d'impugnazione"
(sentenze n. 154 del 2017 e n.  110  del  2016;  nello  stesso  senso
sentenze n. 46 del 2015, n. 198 del 2012),  poiche'  "l'omissione  di
qualsiasi accenno ad un parametro costituzionale  nella  delibera  di
autorizzazione  all'impugnazione   dell'organo   politico,   comporta
l'esclusione della volonta' del ricorrente di promuovere la questione
al riguardo, con conseguente inammissibilita'  della  questione  che,
sul medesimo parametro, sia stata proposta dalla difesa nel  ricorso"
(sentenza n. 239 del 2016)» (sentenza n.  128  del  2018,  richiamata
nella sentenza n. 166 del 2021; in  termini,  tra  le  piu'  recenti,
anche sentenza n. 129 del 2021). 
    Di conseguenza, la censura relativa alla violazione dell'art. 119
Cost., promossa con riguardo all'art. 1, comma 597,  della  legge  n.
178 del 2020 deve essere dichiarata inammissibile. 
    8.2.- La questione prospettata non e' invece fondata in relazione
agli altri parametri invocati, che, sebbene plurimi,  possono  essere
trattati congiuntamente, risultando unitaria la ragione di censura. 
    Preliminare  al  suo  esame   e'   l'individuazione   dell'ambito
materiale inciso dalla disposizione impugnata, nonche', ancor  prima,
la ricostruzione della ratio e delle finalita' da essa perseguite,  e
del quadro normativo in cui si inserisce. 
    8.2.1.- Il comma 597 dell'art. 1 della legge n. 178 del  2020  ha
sostituito il comma 4 dell'art. 13-quater del d.l. n.  34  del  2019,
come convertito, prevedendo,  tra  l'altro,  che,  «[a]i  fini  della
tutela dei consumatori, presso il Ministero per i beni e le attivita'
culturali e per il turismo e'  istituita  una  banca  di  dati  delle
strutture ricettive, nonche' degli immobili destinati alle  locazioni
brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile  2017,  n.
50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96,
identificati mediante un codice da utilizzare in  ogni  comunicazione
inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza,  fermo
restando quanto stabilito in materia dalle leggi regionali. La  banca
di dati raccoglie e ordina le informazioni  inerenti  alle  strutture
ricettive e agli immobili di cui al presente comma. Le regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono al Ministero per
i beni e le attivita' culturali e per il turismo i dati inerenti alle
strutture ricettive e agli immobili di cui al presente  comma  con  i
relativi codici identificativi regionali, ove adottati.  Con  decreto
del Ministro per i beni e le attivita' culturali e per il turismo, da
adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  della
presente disposizione, sono stabilite le modalita' di realizzazione e
di gestione  della  banca  di  dati  e  di  acquisizione  dei  codici
identificativi  regionali  nonche'  le  modalita'  di  accesso   alle
informazioni che vi sono contenute». 
    La Regione Campania appunta le sue censure solo sul terzo  e  sul
quarto periodo del comma 4 dell'art. 13-quater del  d.l.  n.  34  del
2019, come convertito, nel testo sostituito dall'impugnato comma 597,
sicche' il thema decidendum deve intendersi cosi' delimitato. 
    Il terzo periodo prevede che «[l]e regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano trasmettono al  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali e per il turismo i dati inerenti  alle  strutture
ricettive e agli immobili di cui al presente  comma  con  i  relativi
codici identificativi regionali, ove adottati». 
    Il quarto periodo, nel testo vigente al momento dell'impugnativa,
stabiliva che «[c]on decreto del Ministro per i beni e  le  attivita'
culturali e per il turismo, da adottare entro sessanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite
le modalita' di realizzazione e di gestione della banca di dati e  di
acquisizione dei codici identificativi regionali nonche' le modalita'
di accesso alle informazioni che vi sono contenute». 
    A tale quarto periodo  sono  state  successivamente  apportate  -
nelle  more  del  presente  giudizio  -  minime  modifiche  ad  opera
dell'art. 1,  comma  373,  della  legge  30  dicembre  2021,  n.  234
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2022  e
bilancio pluriennale per  il  triennio  2022-2024),  che  ha  inoltre
introdotto un quinto periodo,  secondo  cui  «[p]er  le  esigenze  di
contrasto dell'evasione fiscale e  contributiva,  la  banca  dati  e'
accessibile all'amministrazione finanziaria degli enti creditori  per
le finalita' istituzionali». 
    Con il decreto del Ministro del turismo 29 settembre 2021, n. 161
(Regolamento recante modalita' di realizzazione e di  gestione  della
banca di dati delle strutture ricettive e  degli  immobili  destinati
alle locazioni brevi di cui all'articolo 13-quater del  decreto-legge
30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge  28
giugno  2019,  n.  58),  e'  stata  data  attuazione  alla  normativa
impugnata. Dalle premesse del decreto risulta che sul suo  schema  e'
stata sentita la Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che, nella seduta del  20
maggio 2021, ha espresso parere favorevole su di esso. 
    Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, la  Regione
Campania ha dichiarato che l'acquisizione del parere favorevole della
Conferenza unificata non ha fatto venir meno il  suo  interesse  alla
coltivazione del giudizio, giacche' il coinvolgimento  delle  regioni
sarebbe dovuto avvenire nella forma "forte" dell'intesa. 
    8.2.2.- Quanto all'ambito materiale inciso dalla norma impugnata,
la Regione ricorrente ne lamenta l'interferenza con la sua competenza
legislativa residuale in materia di turismo, richiamando  a  sostegno
delle sue censure la sentenza n. 84 del 2019,  con  la  quale  questa
Corte ha sostanzialmente riconosciuto che nella competenza  regionale
residuale in materia di turismo rientra la possibilita' di «prevedere
che anche i locatori turistici  e  i  relativi  intermediari  debbano
munirsi di un apposito codice identificativo di riferimento per  ogni
singola unita' ricettiva,  da  utilizzare  nella  pubblicita',  nella
promozione e nella commercializzazione dell'offerta turistica». 
    Con la sentenza n. 80 del 2012 (con la quale  sono  stati  decisi
alcuni ricorsi regionali avverso il cosiddetto  codice  del  turismo)
questa Corte ha peraltro precisato  che  «la  competenza  legislativa
residuale  delle  Regioni  in  materia  di  turismo  non  esclude  la
legittimita'  di  un  intervento  legislativo  dello  Stato  volto  a
disciplinare   l'esercizio   unitario   di    determinate    funzioni
amministrative nella stessa materia (ex plurimis, sentenze n. 76 e n.
13 del 2009, n. 94 del 2008, n. 339 e n. 88  del  2007,  n.  214  del
2006)». 
    8.2.3.- Alla luce della ricostruzione del quadro normativo, della
delimitazione del thema decidendum e dell'oggetto  delle  censure,  e
infine  della  giurisprudenza  costituzionale   sul   riparto   delle
competenze legislative tra Stato e regioni in materia di turismo,  si
puo' procedere alla definizione dell'ambito  materiale  al  quale  la
disposizione impugnata va ricondotta. 
    Al riguardo, e' evidente che la normativa in esame, per quanto in
effetti intercetti la materia del turismo, e' di per se'  rivolta  ad
assicurare  un'adeguata  tutela  dei  consumatori  e  a   contrastare
l'evasione fiscale attraverso il coordinamento dei dati  a  tal  fine
rilevanti. Quest'ultima finalita' e' divenuta ancora piu' manifesta a
seguito delle modifiche operate dal richiamato  art.  1,  comma  373,
della legge n. 234 del 2021, che hanno reso accessibile la banca dati
«all'amministrazione  finanziaria  degli  enti   creditori   per   le
finalita' istituzionali». 
    Se, dunque, la finalita' primaria della  banca  dati  statale  e'
quella di coordinare i dati regionali  e  di  operare  una  sorta  di
reductio  ad  unitatem   degli   stessi   e   dei   relativi   codici
identificativi, si deve ritenere che la  disposizione  censurata  non
interferisca con le competenze regionali in materia di turismo se non
nei limiti strettamente necessari ai fini di un  mero  coordinamento,
secondo quella logica che  questa  Corte  ha  ritenuto  sottesa  alla
competenza legislativa esclusiva statale in materia di «coordinamento
informativo statistico e informatico  dei  dati  dell'amministrazione
statale, regionale e locale» (art. 117,  secondo  comma,  lettera  r,
Cost.): vale a dire, l'assicurazione di «una comunanza di  linguaggi,
di procedure e  di  standard  omogenei,  in  modo  da  permettere  la
comunicabilita'   tra   i   sistemi   informatici   della    pubblica
amministrazione» (in questo senso, tra le tante, sentenze n. 161  del
2019, n. 139 del 2018, n. 284 e n. 251 del 2016, e n.  17  del  2004;
nello stesso senso, sentenze n. 261 del 2017, n. 23 del 2014 e n.  46
del 2013). 
    Alla luce di questa ricostruzione, la questione promossa  non  e'
fondata. 
    9.- Infine,  la  Regione  Campania  ha  impugnato  il  comma  649
dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020 - che ha sostituito i commi 1
e 2 dell'art. 85 del decreto-legge 14 agosto  2020,  n.  104  (Misure
urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni, nella legge 13 ottobre  2020,  n.  126  -,  in  quanto
interverrebbe in materia di  trasporto  pubblico  locale,  rientrante
nella competenza residuale delle regioni. 
    Piu'  precisamente,  il  comma  649  sarebbe   costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui non prevede che i criteri  di  riparto
del fondo ivi istituito siano definiti d'intesa con le  regioni,  per
violazione degli artt. 117, quarto comma, 118  e  119  Cost.,  e  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    La difesa statale ritiene manifestamente infondate  le  questioni
promosse, in ragione del fatto che la norma impugnata disciplinerebbe
l'erogazione di risorse a favore di soggetti che  svolgono  attivita'
non  riconducibili  al  trasporto  pubblico  locale.  I  servizi   di
quest'ultima   tipologia   si   caratterizzerebbero    infatti    per
l'imposizione di obblighi di servizio pubblico, espressamente esclusi
dalla disposizione in esame. Pertanto, l'attivita' di gestione  e  di
erogazione delle risorse del fondo sarebbe estranea  alla  competenza
legislativa residuale delle regioni. 
    Peraltro, la misura in esame si collocherebbe «in un contesto  di
interventi di sostegno ai settori piu' direttamente interessati dalle
misure di contenimento dell'epidemia da Covid-19»; di conseguenza, la
normativa impugnata sarebbe riconducibile alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di «sistema tributario  e  contabile
dello  Stato»,  di  «perequazione  delle  risorse  finanziarie»,   di
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali», di «profilassi internazionale» (ex  art.
117,  secondo  comma,  lettere  e,  m  e  q,  Cost.),  nonche'  «alla
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione
dello Stato nelle  materie  di  legislazione  concorrente,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost.». 
    9.1.- La questione e' fondata. 
    Anche in questo  caso  la  pluralita'  di  parametri  evocati  e'
funzionale, nella prospettiva della ricorrente, a sostenere  un'unica
ragione  di  censura  della  norma  impugnata.  Infatti,  la  Regione
Campania, sull'assunto che la disposizione in  esame  afferisca  alla
materia di competenza legislativa regionale residuale  del  trasporto
pubblico locale, ritiene che  il  comma  649  sia  costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui, nel sostituire il comma  2  dell'art.
85 del d.l. n. 104 del 2020,  come  convertito,  non  prevede  che  i
criteri di cui al  comma  1  dello  stesso  articolo  siano  definiti
d'intesa con le regioni. Le censure  della  ricorrente  si  appuntano
dunque sul solo comma 2 del citato art.  85,  come  modificato  dalla
norma impugnata. 
    I primi due commi dell'art. 85 del citato d.l. n. 104  del  2020,
come convertito, recitano: «1. Al fine di sostenere  il  settore  dei
servizi di  trasporto  di  linea  di  persone  effettuati  su  strada
mediante autobus e non soggetti  a  obblighi  di  servizio  pubblico,
nonche' di mitigare gli  effetti  negativi  derivanti  dall'emergenza
epidemiologica da COVID-19, e' istituito presso  il  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti un fondo,  con  una  dotazione  di  20
milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, destinato: 
    a) nella misura  di  20  milioni  di  euro  per  l'anno  2020,  a
compensare i danni subiti dalle imprese esercenti i  servizi  di  cui
all'alinea del presente comma ai sensi e per gli effetti del  decreto
legislativo  21  novembre  2005,  n.  285,  ovvero  sulla   base   di
autorizzazioni rilasciate dal Ministero delle  infrastrutture  e  dei
trasporti ai sensi del regolamento (CE) n. 1073/2009  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, ovvero  sulla  base  di
autorizzazioni rilasciate dalle regioni e dagli enti locali ai  sensi
delle norme  regionali  di  attuazione  del  decreto  legislativo  19
novembre 1997, n. 422, in ragione dei minori  ricavi  registrati,  in
conseguenza delle misure di contenimento e di contrasto all'emergenza
da COVID-19, nel periodo dal 23 febbraio 2020  al  31  dicembre  2020
rispetto alla media dei ricavi registrati nel  medesimo  periodo  del
precedente biennio; 
    b) nella misura di 20 milioni di euro per l'anno 2021, al ristoro
delle rate di finanziamento o dei canoni  di  leasing,  con  scadenza
compresa anche per effetto di dilazione tra il 23 febbraio 2020 e  il
31 dicembre 2020 e concernenti gli acquisti effettuati, a partire dal
1° gennaio 2018, anche mediante contratti di  locazione  finanziaria,
di veicoli nuovi di fabbrica di  categoria  M2  e  M3,  da  parte  di
imprese esercenti i servizi di cui all'alinea  ai  sensi  e  per  gli
effetti del decreto legislativo 21  novembre  2005,  n.  285,  ovvero
sulla  base  di  autorizzazioni  rilasciate   dal   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti  ai  sensi  del  regolamento  (CE)  n.
1073/2009 del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  21  ottobre
2009, ovvero sulla base di autorizzazioni rilasciate dalle regioni  e
dagli enti locali ai sensi delle norme regionali  di  attuazione  del
decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. 
    2. Con uno o piu' decreti del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono stabiliti i criteri e  le  modalita'  per
l'erogazione delle risorse di cui  al  comma  1.  Relativamente  agli
interventi di cui alla lettera a) del comma 1, tali criteri, al  fine
di evitare sovracompensazioni, sono definiti anche tenendo conto  dei
costi  cessanti,  dei  minori  costi  di  esercizio  derivanti  dagli
ammortizzatori  sociali  applicati  in   conseguenza   dell'emergenza
epidemiologica da  COVID-19  e  dei  costi  aggiuntivi  sostenuti  in
conseguenza della medesima emergenza. Sono in ogni caso  esclusi  gli
importi recuperabili da assicurazione, contenzioso, arbitrato o altra
fonte per il ristoro del medesimo danno». 
    Nelle more del presente giudizio, alla previsione del  comma  649
e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto  del   Ministro   delle
infrastrutture e della mobilita'  sostenibili,  di  concerto  con  il
Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  25  giugno  2021  (Misure
compensative per le imprese esercenti servizi di trasporto passeggeri
con autobus non soggetti ad obblighi di servizio pubblico) e  con  il
decreto  del  Ministro  delle  infrastrutture   e   della   mobilita'
sostenibili, di  concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, 28 ottobre 2021 (Misura per l'erogazione di ristori  per  il
rinnovo del parco rotabile a favore delle  imprese  di  trasporto  di
persone su strada), entrambi adottati senza un  coinvolgimento  delle
regioni in sede di Conferenza Stato-regioni. 
    9.2.- Delimitati il thema decidendum e il contesto  normativo  in
cui si colloca la norma impugnata, si  deve  rilevare  che,  ai  fini
della  definizione  dell'odierno  giudizio,  risulta   dirimente   la
risposta all'obiezione del Presidente del Consiglio dei ministri,  il
quale,  come  visto,  fonda  le  proprie  conclusioni  di   manifesta
infondatezza delle questioni promosse sull'estraneita' all'ambito del
trasporto pubblico locale delle attivita'  finanziate  dal  fondo  in
esame. Il trasporto  pubblico  locale  implicherebbe  infatti  sempre
l'imposizione di obblighi di servizio pubblico, espressamente esclusi
dalla disposizione in contestazione. 
    Al riguardo, questa Corte non puo' non rilevare come,  nell'ampia
platea  di  imprese  beneficiarie  del  fondo  previsto  nella  norma
impugnata,  siano  comprese  (per  espressa  indicazione,  sia  nella
lettera a, sia nella lettera b, del  citato  comma  1)  anche  quelle
«esercenti i servizi di cui all'alinea del presente comma [...] sulla
base di autorizzazioni rilasciate dalle regioni e dagli  enti  locali
ai sensi delle norme regionali di attuazione del decreto  legislativo
19 novembre 1997, n.  422»,  e  dunque  imprese  esercenti  attivita'
riconducibili a quelle oggetto di disciplina regionale. 
    Come questa Corte ha rilevato anche  di  recente,  «[i]l  decreto
legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento  alle  regioni  ed
agli enti locali di  funzioni  e  compiti  in  materia  di  trasporto
pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma  4,  della  legge  15
marzo 1997, n. 59), attuando appunto la delega operata con  la  legge
15 marzo 1997, n. 59  (Delega  al  Governo  per  il  conferimento  di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma  della
pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), ha
attribuito alle Regioni e agli enti locali funzioni e  compiti  nella
materia del trasporto pubblico  locale,  prevedendo,  in  particolare
(art.  6,  comma  1),  la  delega  alle  Regioni   dei   compiti   di
programmazione dei servizi di trasporto pubblico regionale  e  locale
"non gia' compresi  nelle  materie  di  cui  all'articolo  117  della
Costituzione"» (sentenza n. 163 del 2021). 
    La norma impugnata opera,  dunque,  non  un  generico  rinvio  al
decreto legislativo 19  novembre  1997,  n.  422  (Conferimento  alle
regioni ed agli enti locali di  funzioni  e  compiti  in  materia  di
trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4,  comma  4,  della
legge 15 marzo 1997, n. 59),  ma  un  preciso  richiamo  alle  «norme
regionali di attuazione» dello stesso decreto legislativo,  con  cio'
riferendosi chiaramente a un ambito nel quale sussiste la  competenza
legislativa regionale. 
    9.3.- Ricondotta, sia pure solo in parte, la  disciplina  oggetto
dell'impugnativa  regionale  alla  materia  del  trasporto   pubblico
locale, questa  Corte  deve  richiamare  la  costante  giurisprudenza
costituzionale secondo cui «la materia del trasporto pubblico  locale
appartiene alla competenza legislativa residuale regionale,  sia  pur
con i limiti derivanti dall'eventuale rilievo di competenze esclusive
dello Stato» (sentenza n. 163 del 2021; nello stesso senso,  sentenze
n. 129, n. 38 e n. 16 del 2021, n. 163 e n. 56 del 2020,  n.  74  del
2019, n. 137 e n. 78 del 2018, n. 211 del 2016, n. 273 del 2013 e  n.
222 del 2005). 
    Al riguardo, questa Corte ha, in plurime  occasioni,  «dichiarato
costituzionalmente illegittime norme che disciplinavano i  criteri  e
le modalita' ai fini del riparto o riduzione di fondi o trasferimenti
destinati ad enti territoriali nella misura in cui non prevedevano "a
monte" lo strumento dell'intesa con la Conferenza, non solo nel  caso
di intreccio di materie (sentenza n. 168 del 2008), ma anche in  caso
di potesta' legislativa regionale residuale (ex plurimis, la sentenza
n.  27  del  2010  e  di  nuovo  la  n.  222  del  2005),  affermando
costantemente la necessita' dell'intesa (tra le  tante,  sentenze  n.
182 e n. 117 del 2013)» (cosi' la  sentenza  n.  211  del  2016,  che
richiama, a sua volta, la sentenza n. 273 del 2013). 
    Si deve pertanto concludere  nel  senso  della  fondatezza  della
questione promossa e,  di  conseguenza,  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale del comma 649 dell'art. 1 della legge n. 178 del 2020,
nella parte in cui non  prevede  che  -  limitatamente  alle  risorse
destinate alle imprese esercenti servizi di trasporto pubblico locale
- il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (oggi,
Ministro delle infrastrutture  e  della  mobilita'  sostenibili),  di
concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e   delle   finanze,   di
determinazione dei criteri e delle modalita' per  l'erogazione  delle
risorse di cui al comma 1 dell'art. 85 del d.l. n. 104 del 2020, come
convertito, sia adottato previa intesa  nella  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano.