ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  commi
1-septies, lettere a),  b),  c)  ed  e),  1-octies  e  1-novies,  del
decreto-legge 10 settembre 2021,  n.  121  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  investimenti  e  sicurezza  delle  infrastrutture,   dei
trasporti e della circolazione stradale,  per  la  funzionalita'  del
Ministero delle infrastrutture e  della  mobilita'  sostenibili,  del
Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale  per
la  sicurezza  delle  ferrovie  e  delle  infrastrutture  stradali  e
autostradali), convertito, con modificazioni, nella legge 9  novembre
2021, n. 156, promossi dalla Regione Toscana e dalla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia con ricorsi notificati il 5  e  il  10  gennaio
2022, depositati in cancelleria il 12 e il 17 gennaio 2022, iscritti,
rispettivamente, ai  numeri  3  e  4  del  registro  ricorsi  2022  e
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 6  e  7,
prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  18  ottobre  2022  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    uditi gli avvocati Marcello Cecchetti  per  la  Regione  Toscana,
Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  e
l'avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti per il Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 novembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Toscana, con ricorso iscritto al n.  3  reg.  ric.
2022, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.
4,  commi  1-septies,  lettere  a),  b)  ed  e),  e   1-novies,   del
decreto-legge 10 settembre 2021,  n.  121  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  investimenti  e  sicurezza  delle  infrastrutture,   dei
trasporti e della circolazione stradale,  per  la  funzionalita'  del
Ministero delle infrastrutture e  della  mobilita'  sostenibili,  del
Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale  per
la  sicurezza  delle  ferrovie  e  delle  infrastrutture  stradali  e
autostradali), introdotti, in sede  di  conversione,  dalla  legge  9
novembre 2021, n. 156, in  riferimento  agli  artt.  9,  77,  secondo
comma, 117, terzo e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, della
Costituzione,  nonche'  per  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    Tali norme determinano una sostanziale modifica dell'art. 5 della
legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in  materia
portuale) concernente la programmazione dei  sistemi  portuali  e  la
pianificazione dei porti, sostituendone i  commi  da  1  a  1-sexies,
aggiungendovi il comma 1-septies, ed ancora sostituendone i commi  da
2 a 2-sexies, 3, 4-ter e 5, nonche' la sua rubrica. 
    La ricorrente premette che la normativa  nazionale  riconosce  un
significativo ruolo alle regioni in materia di  porti  nazionali  con
coinvolgimento   nel   procedimento   di   nomina   del    Presidente
dell'Autorita' di sistema portuale (AdSP) (art. 8 della legge  n.  84
del 1994), con trasferimento di funzioni amministrative in materia di
concessione del demanio marittimo anche in ambito portuale  nazionale
(art. 105 del decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.  112,  recante
«Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59») e, sino alla entrata in vigore delle disposizioni
censurate, con attribuzione del potere di approvazione del  documento
di «programmazione» strategica (recte: allora di  pianificazione)  di
sistema (DPSS) e del piano regolatore portuale (PRP). 
    1.1.- Con il primo motivo di ricorso la Regione  lamenta  che  le
lettere a) e b) dell'art. 4, comma 1-septies, del  d.l.  n.  121  del
2021, come convertito, violerebbero gli artt.  117,  terzo  e  quarto
comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., nonche' il  principio  di
leale collaborazione. 
    La normativa impugnata conterrebbe, infatti, una  disciplina  non
di principio, ma di dettaglio  in  materie  di  potesta'  legislativa
regionale  concorrente  e  residuale  delle  regioni  («governo   del
territorio», «commercio, attivita' produttive e turismo»,  «tutela  e
sicurezza  del  lavoro»  e   «politiche   attive   del   lavoro»)   e
determinerebbe una indebita riduzione delle competenze  regionali  in
ordine ai porti di interesse nazionale, con vanificazione tanto della
legislazione  regionale  in  materia  urbanistica   con   riferimento
all'ambito portuale dei medesimi porti, quanto  della  programmazione
regionale degli interventi infrastrutturali. 
    Nello specifico i parametri sarebbero lesi per quattro profili. 
    In primo luogo - si duole  la  ricorrente  -  la  lettera  a)  ha
ridefinito il ruolo della Regione nella procedura di  emanazione  del
DPSS, che definisce gli obiettivi di sviluppo del porto  e  individua
gli  ambiti  portuali,  attribuendogli  un   ruolo   consultivo   non
vincolante  e  prescindibile  (con  un  parere   da   rendere   entro
quarantacinque giorni trascorsi i quali «si intende  espresso  parere
non ostativo») in luogo  della  precedente  competenza  regionale  di
approvazione. La norma ha anche eliso la previsione  di  approvazione
del documento d'intesa con il Ministero delle  infrastrutture  e  dei
trasporti con devoluzione, in mancanza di suo  raggiungimento,  della
decisione al Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art.  14-quinquies
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi). 
    In secondo luogo, similmente, la lettera b) del  comma  1-septies
del medesimo articolo ha sottratto alla  Regione  l'approvazione  del
PRP dei porti amministrati dalle Autorita' di  sistema  portuale  (di
interesse internazionale e  nazionale),  prevedendo  ancora  un  mero
ruolo consultivo non vincolante e prescindibile  (con  un  parere  da
rendere entro quarantacinque giorni, trascorsi i  quali  «si  intende
espresso» in termini «non ostativ[i]»), «limitatamente alla  coerenza
di quanto previsto con riguardo alle aree portuali  e  retro-portuali
perimetrali  con  i  contenuti  degli  strumenti  di   pianificazione
urbanistica vigenti relativi alle aree contigue a quelle  portuali  e
retro-portuali sulle quali le previsioni  del  PRP  potrebbero  avere
impatto». 
    In terzo luogo, la medesima lettera b) avrebbe mutato la  valenza
del  PRP  dei  porti   nazionali,   divenuto   «"piano   territoriale
sovraordinato"» in quanto definito piano  territoriale  di  rilevanza
statale e  «unico  strumento  di  pianificazione  e  di  governo  del
territorio nel proprio perimetro di competenza» e in quanto e' venuta
meno la prescrizione di non contrasto con gli  strumenti  urbanistici
vigenti. 
    In ultimo - lamenta la ricorrente - il comma 1-sexies dell'art. 5
della legge n.  84  del  1994,  come  modificato  dalla  disposizione
impugnata, prevede che per i porti con PRP approvati antecedentemente
alla sua entrata in vigore, nelle more dell'adozione del nuovo piano,
le opere  in  via  di  urgenza  possono  essere  previste  nel  piano
operativo triennale dell'Autorita' di sistema portuale approvato  dal
solo Ministero delle infrastrutture e  della  mobilita'  sostenibili.
Con  cio'  si  introdurrebbe  una  sostanziale  "deroga"  al   quadro
pianificatorio regionale e comunale per  le  trasformazioni  di  tali
aree. 
    In specie alla Regione Toscana - che con gli artt.  44  e  44-bis
della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per  il  governo
del territorio) ha disciplinato  nel  dettaglio  i  procedimenti  per
l'approvazione di DPSS  e  PRP  dei  porti  di  interesse  nazionale,
affidatagli dal previgente art. 5  della  legge  n.  84  del  1994  -
verrebbero sottratte le  verifiche  previste  dalla  legge  regionale
sulla coerenza di tali  atti  generali  con  il  piano  di  indirizzo
territoriale (PIT) con  valenza  di  piano  paesaggistico  e  con  il
Masterplan  dei  porti  toscani  che  del  primo  costituisce   parte
integrante con riguardo ai porti di interesse statale. Il  Masterplan
dei porti toscani perderebbe, in particolare, il ruolo  di  documento
di pianificazione e programmazione per i porti statali divenendo solo
atto di indirizzo e programmazione. 
    1.1.2.-  La  violazione  dei  parametri  costituzionali  sarebbe,
secondo la ricorrente, ravvisabile anche  giustificando  l'intervento
normativo statale con la «chiamata in sussidiarieta'» delle  funzioni
attinenti alla «pianificazione strategica della portualita'  e  della
logistica»,  per  difetto  di  previsione  di   adeguate   forme   di
coinvolgimento delle regioni, da realizzare nelle forme dell'intesa. 
    1.2.- Con il secondo  motivo  di  ricorso,  la  Regione  denuncia
l'ulteriore  illegittimita'   costituzionale   dell'art.   4,   comma
1-septies, lettera a), del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, per
violazione degli artt. 9 e 117, terzo comma, Cost., in relazione alle
norme interposte contenute negli artt. 135, commi l e 2,  143,  comma
2, e 145, comma 3, del decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    La disposizione prevede l'equiparazione degli ambiti portuali  di
interesse statale alle zone territoriali  omogenee  di  tipo  B,  con
conseguente loro estromissione dalle zone di interesse  paesaggistico
e dalla disciplina della tutela dei beni paesaggistici  prevista  dal
d.lgs. n. 42  del  2004.  Tale  unilaterale  sottrazione  delle  aree
costiere portuali dalla tutela paesaggistica  contrasterebbe  con  le
competenze  regionali  nelle  materie  «governo  del  territorio»   e
«valorizzazione dei beni culturali  ed  ambientali»  e  nella  tutela
paesaggistica in relazione al principio di copianificazione tra Stato
e regioni. 
    In  particolare,  la  norma  violerebbe  l'art.  135  cod.   beni
culturali, ove prevede l'elaborazione dei piani paesaggistici in  via
congiunta tra Ministero e regione, l'art. 143  cod.  beni  culturali,
ove dispone che i piani sono oggetto di apposito accordo e  approvati
con provvedimento regionale, e l'art. 145  cod.  beni  culturali  che
sancisce l'inderogabilita'  di  tali  atti  pianificatori  da  piani,
programmi e progetti nazionali di sviluppo economico. 
    La  ricorrente  osserva  che  alla  denuncia  di   illegittimita'
costituzionale per violazione di  parametri  diversi  da  quelli  che
regolano il riparto  di  competenza  sarebbe  legittimata  in  quanto
l'intervento normativo statale, per il  suo  contenuto  conformativo,
lederebbe in via indiretta le  predette  attribuzioni  regionali.  In
particolare,  la  norma  censurata  comporterebbe  la  necessita'  di
sopprimere gli indirizzi dettati per la portualita'  commerciale  nel
Masterplan dei porti toscani, parte integrante del PIT della  Regione
Toscana. 
    1.3.- Con il terzo motivo di ricorso la Regione  Toscana  impugna
l'art. 4, comma 1-septies, lettera e), del d.l. n. 121 del 2021, come
convertito. La norma  interviene  nel  procedimento  di  approvazione
delle modifiche che non alterano in modo sostanziale la struttura del
PRP, parificate agli adeguamenti tecnico-funzionali (ATF), eliminando
la previgente necessita' di dichiarazione di non  contrasto  con  gli
strumenti urbanistici vigenti da parte dei comuni interessati. 
    Consentendo  tali  interventi  a  prescindere  dalla  conformita'
urbanistica,  anche   in   relazione   alle   aree   di   interazione
porto-citta', la disposizione violerebbe le attribuzioni regionali in
materia di governo del  territorio,  previste  dall'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    1.4.- Con il quarto  motivo  di  ricorso  la  ricorrente  censura
l'intera novella per contrasto con l'art. 77, secondo comma, Cost. 
    Lamenta la Regione Toscana, per un  verso,  che  le  «invasiv[e]»
disposizioni non erano contenute nel  testo  trasmesso  alle  regioni
nell'iter  parlamentare  della  legge  di  conversione,   in   quanto
modificata alla Camera dei deputati con numerosi emendamenti  e,  per
altro verso, che esse  sono  del  tutto  estranee  al  contenuto  del
decreto-legge originario non contenente norme in materia portuale. 
    Il  dedotto  vizio  e'  fatto  valere  dalla  Regione  in  quanto
lederebbe in  via  indiretta  le  proprie  competenze  legislative  e
amministrative. 
    1.5.-  La  Regione  Toscana  promuove,   infine,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma l-novies, del d.l.  n.
121 del 2021, come convertito, in  riferimento  agli  artt.  9,  117,
terzo e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., nonche' al
principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    La norma impugnata, nell'imporre alle regioni l'adeguamento  alla
novella  entro  tre  mesi  dall'entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione, vanificherebbe la normativa e gli atti di programmazione
regionali vigenti. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  promosse   questioni   siano   dichiarate
manifestamente infondate. 
    2.1.- La difesa statale premette che la novella dell'art. 5 della
legge n. 84 del 1994 ad opera  dell'art.  4,  commi  da  1-septies  a
1-nonies, del d.l. n. 121  del  2021,  come  convertito,  apporta  la
riforma della pianificazione  portuale  per  realizzare  la  Missione
«Sviluppo del sistema portuale» (M3C2-1) ricompresa tra gli obiettivi
del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). 
    Proprio  al  fine  di   incentivare   investimenti   e   sviluppo
infrastrutturale dei porti,  il  legislatore  ha  ritenuto  di  dover
semplificare   la   procedura   di   approvazione   degli   strumenti
pianificatori: infatti, pur a fronte degli  interventi  normativi  di
semplificazione di cui al decreto legislativo 4 agosto 2016, n.  169,
recante «Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione  della
disciplina concernente le Autorita' portuali di  cui  alla  legge  28
gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  lettera
f), della legge 7 agosto 2015, n. 124», e al decreto  legislativo  13
dicembre 2017, n.  232  (Disposizioni  integrative  e  correttive  al
decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, concernente  le  Autorita'
portuali), pochi sono i PRP adottati a seguito  della  legge  quadro,
rimanendo per lo piu' vigenti piani approvati negli anni  Sessanta  e
Settanta, i quali  si  caratterizzano  per  avere  solo  funzione  di
programmazione  delle  infrastrutture  strumentali  allo  svolgimento
delle attivita' nel  porto  e  non  anche  funzione  di  governo  del
territorio. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri,  dopo  aver  ripercorso
l'evoluzione  normativa  in  materia  di   pianificazione   portuale,
sottolinea i plurimi interessi costituzionali in  essa  rilevanti  di
dimensione sovraregionale  e  sovracomunale,  ulteriori  rispetto  al
governo del territorio, specie per i  porti  di  rilevanza  economica
internazionale e nazionale. In particolare, evidenzia essere il porto
parte di un sistema integrato di trasporto  con  funzione  strategica
per  la  logistica  e  lo  sviluppo  commerciale  del  Paese  e   per
l'incentivazione delle relazioni internazionali: cio' e' testimoniato
dal piano generale dei trasporti approvato con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 10 aprile 1986,  dal  piu'  recente  piano
generale strategico della portualita' e della logistica approvato con
d.P.C.m. 26 agosto 2015, dalla possibilita' attribuita alla Autorita'
portuale  di  costituire  sistemi  logistici  per  infrastrutture  di
collegamento  tra  porti  e  aree   retro-portuali,   nonche'   dalla
trasformazione delle  vecchie  Autorita'  portuali  in  Autorita'  di
sistema portuale per la razionalizzazione della governance dei  porti
e delle attivita' portuali. 
    Ancora,  la  difesa  statale   sottolinea   che   l'esigenza   di
modernizzazione   del   settore   gia'   da   tempo   richiedeva   la
semplificazione dell'iter di formazione  e  approvazione  degli  atti
pianificatori portuali e la ridefinizione del loro rapporto  con  gli
strumenti urbanistici comunali, aspetti che erano  stati  individuati
dalla dottrina come fattori di rallentamento del sistema. 
    2.2.- Tanto premesso, il  resistente  si  difende  analiticamente
sulle singole questioni proposte. 
    2.2.1.- Riguardo al primo  gruppo  di  censure  (introduzione  di
disciplina  di  dettaglio  in   materie   di   potesta'   legislativa
concorrente  e   residuale   con   compressione   deelle   competenze
regionali), la difesa statale giustifica l'intervento normativo nelle
materie  di  competenza  legislativa  concorrente  con   i   predetti
interessi  nazionali,  sovraordinati  alle  pur  importanti  esigenze
locali, tra cui la pianificazione urbanistica delle aree interessate. 
    L'Avvocatura generale dello Stato, inoltre, da un lato,  respinge
l'affermazione che il coinvolgimento di regioni e comuni debba essere
necessariamente assicurato  con  lo  strumento  dell'intesa,  essendo
sufficiente la partecipazione procedimentale  garantita  dalle  norme
statali censurate e, dall'altro, afferma che la  qualificazione  come
strumento di pianificazione speciale rende ragionevole  che  ad  esso
sia richiesta la sola coerenza con i piani urbanistici. 
    Il resistente ricorda, d'altronde, che il legislatore statale  ha
gia' sperimentato procedure di semplificazione assicuranti il  celere
perseguimento   di   obiettivi   di   rilevanza    strategica,    con
partecipazione degli enti locali nella sola misura  proporzionata  al
grado di interesse  dell'opera  e  senza  lesione  delle  prerogative
riconosciute alle regioni a livello costituzionale (modello  previsto
dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, recante «Delega al  Governo  in
materia di infrastrutture ed insediamenti  produttivi  strategici  ed
altri interventi per il rilancio  delle  attivita'  produttive»,  poi
confluito negli artt. 161  e  seguenti  del  decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici  relativi
a  lavori,  servizi  e  forniture  in  attuazione   delle   direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE»; art. 44 del decreto-legge 31  maggio  2021,
n.  77,  recante  «Governance  del  Piano  nazionale  di  ripresa   e
resilienza  e  prime  misure   di   rafforzamento   delle   strutture
amministrative e di accelerazione  e  snellimento  delle  procedure»,
convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 2021, n. 108). 
    Piu' specificamente, lo Stato deduce che  l'intervento  normativo
censurato si giustifica con la  chiamata  in  sussidiarieta'  per  la
presenza dei rilevanti interessi nazionali in gioco, anche per il suo
coinvolgimento nel PNRR, e che esso e'  rispettoso  dei  principi  di
proporzionalita' e ragionevolezza  e  garantisce  adeguate  forme  di
coinvolgimento   delle   regioni   tramite   i    previsti    apporti
partecipativi. 
    In particolare, la leale collaborazione sarebbe  garantita  dalle
previsioni secondo cui le regioni, in uno con i comuni,  fanno  parte
del Comitato di  gestione  dell'Autorita'  di  sistema  portuale  che
adotta il piano regolatore portuale, esprimono parere sulla  coerenza
del PRP con gli strumenti urbanistici locali in relazione  alle  aree
contigue  a  quelle  portuali  e  retroportuali,   partecipano   alla
conferenza  dei  servizi   per   l'approvazione   del   DPSS,   hanno
determinante  ruolo  nelle  procedure   di   valutazione   ambientale
strategica  (VAS)  e  valutazione  di   impatto   ambientale   (VIA),
necessarie per l'approvazione degli strumenti pianificatori portuali. 
    2.2.2.-  Con  riferimento  alla  seconda  questione   (violazione
dell'interesse  paesaggistico),  il   resistente   ne   ha   eccepito
preliminarmente l'inammissibilita', non avendo la Regione  ricorrente
adeguatamente motivato  in  ordine  alle  ragioni  per  le  quali  la
violazione dell'art. 9 Cost. ridonderebbe sulle competenze  regionali
costituzionalmente rilevanti, specie a fronte dell'essere  la  tutela
del paesaggio  tra  le  materie  di  competenza  legislativa  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Nel merito il Presidente del Consiglio dei ministri ha contestato
la lettura della ricorrente della disposizione impugnata  in  termini
di esonero dei nuovi PRP dal  rispetto  delle  norme  in  materia  di
paesaggio.   L'intervento   normativo   esclude,    unicamente,    la
sottoposizione delle aree costiere ricomprese nei DPSS al  regime  di
tutela ex lege di cui  all'art.  142  cod.  beni  culturali,  ma  non
comporta affatto la pretermissione di  tutti  gli  eventuali  vincoli
paesaggistici  specifici   insistenti   sulle   aree   medesime.   La
valutazione della compatibilita'  paesaggistica  degli  strumenti  di
pianificazione portuale persiste e avviene in sede di  conferenza  di
servizi del novellato art. 5, comma 1-bis,  della  legge  n.  84  del
1994. 
    2.2.3.- In ordine al  terzo  motivo  di  ricorso  (pretermissione
della valutazione di non contrasto con gli strumenti urbanistici  per
l'approvazione delle modifiche non sostanziali del PRP),  il  Governo
ne deduce la non fondatezza in quanto la norma non modificherebbe  la
disciplina dell'adozione degli adeguamenti  tecnico-funzionali,  gia'
novellata dall'art. 48  del  decreto-legge  16  luglio  2020,  n.  76
(Misure urgenti per la  semplificazione  e  l'innovazione  digitale),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120,
ma ad essi assimilerebbe l'adozione di modifiche non  sostanziali  al
PRP. Nota, dunque, il resistente che la prima disposizione non e' mai
stata contestata dalle regioni. 
    2.2.4.-  Con  riguardo  agli  ultimi  due   motivi   di   censura
(disomogeneita' della legge di conversione rispetto al  decreto-legge
e immediatezza dell'entrata in vigore della normativa),  l'Avvocatura
dello Stato rammenta, per un verso, l'attenuazione del  principio  di
leale collaborazione con riguardo a norme contenute in  decreti-legge
e,  per  altro  verso,  la  coerenza  dell'intervento  in   tema   di
pianificazione  portuale  introdotto  nella  legge   di   conversione
rispetto  al  contenuto  dell'originario  decreto-legge   che,   come
testimoniato dalla sua rubrica,  aveva  ad  oggetto  disposizioni  in
materia di investimenti di infrastrutture e trasporti. 
    3.- In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione  Toscana  ha
depositato memoria,  insistendo  per  l'accoglimento  delle  promosse
questioni, deducendo  la  non  fondatezza  delle  argomentazioni  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    In particolare, la ricorrente ha replicato agli  argomenti  della
difesa statale richiamando e  approfondendo  quanto  prospettato  nel
ricorso e aggiungendo: a) che nulla aveva previsto  il  decreto-legge
in punto  di  atti  di  programmazione  e  pianificazione  dei  porti
nazionali, piuttosto interessati dalla novella inserita  nella  legge
di conversione con recepimento della riforma ordinamentale  contenuta
in una precedente proposta di legge (AC n. 2807,  recante  «Modifiche
alla legge 28 gennaio 1994,  n.  84,  e  altre  disposizioni  per  la
semplificazione nel settore portuale»), presentata  alla  Camera  dei
deputati il 30 novembre 2020 e assegnata alla  Commissione  trasporti
in sede referente; b) che, diversamente dal decreto-legge  contenente
le norme impugnate, le modifiche apportate alla legge n. 84 del  1994
dal d.lgs. n. 169 del 2016 erano state emanate sulla base dei criteri
della relativa legge delega a  seguito  di  parere  della  Conferenza
Stato-regioni; c) che le invocate esigenze di sviluppo strategico del
Paese non sono titolo legittimante per la chiamata in sussidiarieta';
d)  che  alcun  ritardo  e'   rimproverabile   alla   Toscana   nella
pianificazione  portuale,  complessivamente  rinnovata  nell'arco  di
cinque anni; e) che il  ritenuto  necessario  strumento  concertativo
dell'intesa, in luogo dell'ora previsto parere, non darebbe  luogo  a
situazione di stallo decisionale, in quanto sarebbero applicabili gli
strumenti di superamento del dissenso di  cui  all'art.  14-quinquies
della legge n. 241 del 1990 o, per analogia, di cui all'art.  13  del
d.l. n. 77 del  2021,  come  convertito;  f)  che  insufficienti  per
l'attuazione  del  principio  della  leale  collaborazione  sono   le
previsioni invocate dallo Stato. In particolare, irrilevante  sarebbe
la presenza nel Comitato di Gestione dell'AdSP di  membri  di  nomina
regionale e comunale, in quanto figure di profilo tecnico-scientifico
e  non  rappresentanti  istituzionali;  non  sarebbe  conferente   il
richiamo  alle  procedure  di  VIA  e  VAS,  sul  DPSS,   in   quanto
quest'ultimo e' sottratto dalla novella alla  valutazione  ambientale
strategica; infine inconferente sarebbe il richiamo alla VAS  per  il
PRP in quanto avente ad oggetto non le previsioni pianificatorie,  ma
le opere infrastrutturali. 
    4.-  La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  con  ricorso
iscritto al n. 4  reg.  ric.  2022,  ha  impugnato  l'art.  4,  commi
1-septies, lettere a), b), c) ed e), 1-octies e 1-novies, del d.l. n.
121 del 2021, come convertito, per  violazione  degli  artt.  9,  72,
primo comma, 77, secondo comma, 117, secondo comma, lettera s), terzo
e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost. e  del  principio
di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. Ed ancora per
violazione degli artt. 4, primo comma, numeri 9), 11) e 12), 5, primo
comma, numero 12), 6, primo comma, numero 3), 8 e  11,  primo  comma,
legge cost. n. 1 del  1963,  con  le  relative  norme  di  attuazione
(dettate dal decreto legislativo 1°  aprile  2004,  n.  111,  recante
«Norme  di  attuazione   dello   statuto   speciale   della   regione
Friuli-Venezia Giulia concernenti il  trasferimento  di  funzioni  in
materia di viabilita'  e  trasporti»),  nonche'  con  i  principi  di
legalita', uguaglianza,  ragionevolezza  e  buon  andamento,  di  cui
complessivamente agli artt. 3, 23 e 97 Cost. 
    Il ricorso si articola in quattro gruppi di censure suddivisi in:
a)  illegittimita'  costituzionale  di  tutte  le  disposizioni,  per
violazione   delle   norme   sul   procedimento    legislativo;    b)
illegittimita' costituzionale delle norme relative  al  documento  di
programmazione   strategica    di    sistema;    c)    illegittimita'
costituzionale delle norme relative al piano regolatore portuale;  d)
illegittimita' costituzionale  delle  norme  relative  al  regime  di
applicativo della novella. 
    4.1.- La ricorrente ricostruisce in premessa il quadro  normativo
delle competenze legislative e  amministrative  a  lei  spettanti  in
materia di porti civili. 
    Rammenta, infatti: a) di avere potesta' legislativa  primaria  in
materia  di  «viabilita'»,  «trasporti»  e  «urbanistica»,  ai  sensi
dell'art. 4, primo  comma,  numeri  9),  11)  e  12),  dello  statuto
speciale; b)  di  avere  conseguentemente  adottato  la  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 14 agosto 1987, n. 22 (Norme in materia
di portualita' e vie  di  navigazione  nella  regione  Friuli-Venezia
Giulia); c) che i rispettivi rapporti di competenza tra lo Stato e la
Regione Friuli-Venezia Giulia sono stati disciplinati con le norme di
attuazione dello statuto di cui al d.lgs. n. 111 del 2004,  il  quale
ha previsto il  trasferimento  alla  Regione  di  tutte  le  funzioni
amministrative, salvo quelle  espressamente  mantenute  dallo  Stato,
relative ai servizi pubblici di trasporto di  interesse  regionale  e
locale, relative a trasporto merci, motorizzazione e circolazione  su
strada, navigazione interna e porti  regionali  -  ad  eccezione  dei
porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato,
dei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale  e  delle
aree di  preminente  interesse  nazionale  -  nonche'  relative  alle
concessioni dei beni  del  demanio  marittimo  e  di  zone  del  mare
territoriale per finalita' diverse da  quelle  di  approvvigionamento
energetico; d)  che  con  protocollo  d'intesa  sottoscritto  tra  il
Ministero dei trasporti e la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
in data 23 ottobre 2006  a  quest'ultima  sono  state  trasferite  le
funzioni delle aree portuali di Monfalcone; e) che  con  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2012, n. 12 (Disciplina della
portualita' di competenza  regionale),  sono  state  disciplinate  le
procedure di approvazione dei piani regolatori portuali dei Porti  di
Monfalcone e di Porto Nogaro; f) che con il d.P.R. 29 marzo 2018,  n.
57  (Regolamento  recante  inserimento  del   Porto   di   Monfalcone
nell'Autorita' di sistema portuale del Mar  Adriatico  orientale)  e'
stato inserito il Porto di Monfalcone nell'ambito  dell'Autorita'  di
sistema portuale del Mare Adriatico orientale. 
    La Regione autonoma rimarca, inoltre, che le spetta  la  potesta'
legislativa concorrente nelle materie «porti [...] civili» e «governo
del territorio» ove piu' ampie  rispetto  a  quelle  gia'  attribuite
dallo statuto, secondo  quanto  previsto  dall'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione). 
    Alla luce di tale quadro normativo, la ricorrente esclude che  le
riduzioni e gli spostamenti di competenza apportati con la  impugnata
modifica della legge quadro sul sistema portuale  si  applichino  nei
suoi confronti, in virtu' della clausola  di  salvaguardia  contenuta
nel comma 1-novies dell'art. 4 dello stesso  decreto-legge,  a  mente
della quale le disposizioni novellate «si applicano nelle  regioni  a
statuto speciale compatibilmente con i rispettivi statuti  e  con  le
relative norme di attuazione». 
    Tuttavia, essa chiarisce di proporre il ricorso  per  la  diversa
ipotesi in cui si ritenga che la novella dell'art. 5 della  legge  n.
84 del 1994 incida  anche  sulle  proprie  competenze  relative  alla
pianificazione portuale per rientrare  nella  materia  dei  «porti  e
aeroporti civili», non annoverata tra quelle nelle quali  lo  statuto
le conferisce potesta'  legislativa  primaria,  «per  come  affermato
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 378  del  2004,  sebbene
anteriormente alle norme di attuazione del d.lgs. n. 111 del 2004». 
    4.2.- Tanto premesso, la ricorrente promuove plurime questioni di
legittimita' costituzionale. 
    4.2.1.- Con un primo gruppo di  questioni,  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia lamenta la violazione da  parte  del  complesso
delle  disposizioni  impugnate   delle   norme   costituzionali   sul
procedimento  legislativo,  con  conseguente  negativa  ripercussione
sulla potesta' legislativa  regionale  nelle  materie  «urbanistica»,
«governo del territorio» e «porti» e sulle competenze  amministrative
a lei spettanti, in uno con gli  enti  locali,  in  base  alle  norme
statutarie ed a quelle ad esse  integrative,  nonche'  in  base  agli
artt. 117, terzo comma, Cost. e 10 della legge cost. n. 3  del  2001.
La riforma, in particolare, arrecherebbe limitazioni alle  competenze
regionali  in  tema  di  pianificazione  delle  aree  e  dei  sistemi
portuali. 
    4.2.2.- In  primo  luogo,  la  ricorrente  deduce  la  violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost. per difetto di  omogeneita'  delle
norme impugnate rispetto all'oggetto del decreto-legge e per  difetto
delle ragioni di necessita' e di urgenza. 
    La  stessa  ricorda  che  le  disposizioni  sono  state  inserite
nell'art. 4 del d.l. n. 121 del 2021, come convertito,  il  quale  e'
stato adottato per la straordinaria urgenza di favorire  l'attuazione
del Piano nazionale di ripresa  e  resilienza,  la  realizzazione  di
investimenti  delle  infrastrutture   e   l'incremento   della   loro
sicurezza. 
    Lamenta, tuttavia, che le disposizioni impugnate sono  frutto  di
un emendamento aggiuntivo in sede di conversione  con  cui  e'  stata
trasposta una proposta di legge autonoma (il gia' citato AC n. 2807),
recante una vera e propria riforma ordinamentale delle  procedure  di
adozione degli atti  generali  della  pianificazione  portuale.  Tale
inserimento esorbiterebbe dalla logica e dall'oggetto dell'originario
decreto-legge in tema di infrastrutture. 
    Inoltre, il difetto di  qualsivoglia  legame  delle  disposizioni
impugnate con quelle del decreto-legge sarebbe  confermato  dal  loro
difetto  di  urgenza,  in  quanto  recanti  norme  di  non  immediata
applicazione, ma rivolte a regolare la futura pianificazione. 
    4.2.3.- In secondo luogo, la ricorrente  denuncia  la  violazione
del medesimo art. 77, secondo comma, Cost. sotto il  diverso  profilo
dell'inidoneita' del decreto-legge ad introdurre riforme di  sistema.
Si sarebbe, infatti, modificata la parte centrale della legge  quadro
in materia portuale. 
    4.2.4.-  In  terzo  luogo,  il  ricorso  lamenta   il   contrasto
dell'intervento normativo con l'art. 72, primo comma, Cost. per abuso
del  procedimento  di  conversione  del  decreto-legge  per   diversi
profili. 
    Il parametro costituzionale, ove prevede l'esame del  disegno  di
legge da parte di una commissione e l'approvazione della  Camera  dei
deputati articolo per articolo, sarebbe violato oltre che per la gia'
prospettata disomogeneita' dell'emendamento  aggiuntivo  in  sede  di
conversione rispetto al decreto-legge originario,  anche  perche'  la
riforma  e'  stata  approvata  dalle   Assemblee,   senza   specifica
discussione, con voto  finale,  a  seguito  di  sottoposizione  della
questione di fiducia, sull'articolo unico della legge di  conversione
come  emendato  dalle  Commissioni  competenti,   riunite   in   sede
(formalmente) referente. 
    Infine, si assume che l'iter percorso si sarebbe concretizzato in
un procedimento per  Commissione  redigente  al  di  fuori  dei  casi
consentiti dai regolamenti parlamentari. 
    4.2.5.-  In  quarto  luogo,  la  Regione  autonoma  sostiene   la
violazione del principio costituzionale di  leale  collaborazione  di
cui all'art. 120, secondo comma, Cost. e del  necessario  adeguamento
dei  principi  e   dei   metodi   di   legislazione   alle   esigenze
dell'autonomia di cui all'art. 5 Cost., anche in riferimento all'art.
11 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Le norme contestate, infatti, non sarebbero  state  precedute  da
alcuna forma  di  consultazione  del  sistema  delle  autonomie,  per
mancanza di interpello della Conferenza Stato-regioni o  di  adozione
di forme  equivalenti,  oltre  che  per  difetto  di  ogni  forma  di
discussione in aula. 
    4.3.- Con ulteriori due gruppi di  censure  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  ha  impugnato  le  singole  disposizioni   di
modifica dell'art. 5 della legge n. 84 del  1994,  rivolgendo  alcune
censure verso le modifiche riguardanti il documento di programmazione
strategica  di  sistema  e  altre  verso  quelle  relative  al  piano
regolatore portuale. 
    4.3.1.- Muovendo dalle  censure  rivolte  alle  disposizioni  del
DPSS, la  Regione,  anzitutto,  impugna  l'art.  4  comma  1-septies,
lettera a), del d.l. n. 121 del 2021, come convertito,  per  triplice
contrasto  con  la  potesta'  legislativa  primaria  in  materia   di
«viabilita'», «trasporti» e «urbanistica» e con quella concorrente in
materia di «linee marittime» (artt. 4, primo comma, numeri  9,  11  e
12, e 5, numero 12, dello statuto speciale)  e,  corrispondentemente,
con l'attribuzione delle relative  funzioni  amministrative  (art.  8
dello statuto e norme di sua attuazione di cui agli artt. 9 e 11  del
d.lgs. n. 111 del 2004). 
    Anzitutto, e' contestata la norma  nella  parte  in  cui  prevede
l'approvazione del DPSS da parte del Ministero delle infrastrutture e
della mobilita' sostenibili previo semplice ed eventuale parere della
regione e dei comuni interessati (comma 1-bis del sostituito  art.  5
della legge n.  84  del  1994):  le  disposizioni  degraderebbero  la
competenza  della  Regione  autonoma  da  approvazione  dell'atto  di
programmazione, precedentemente prevista, a mero  apporto  consultivo
prescindibile e sminuirebbero il ruolo dei Comuni con spostamento del
loro parere dalla  fase  di  elaborazione  del  documento  alla  fase
successiva della sua adozione. 
    La disposizione statale, in  particolare,  eliminerebbe  l'intesa
con la Regione, richiesta dall'art. 11 del d.lgs. n. 111 del 2004 per
l'esercizio delle funzioni rimaste allo Stato in materia di porti  di
interesse nazionale ed internazionale ed  esproprierebbe  la  Regione
stessa  dalle  funzioni  programmatorie  sui  porti  «regionali»   di
Monfalcone e Porto Nogaro garantite dall'art. 9 del d.lgs. n. 111 del
2004. 
    Ove si escludesse, poi, il ricorrere della  competenza  primaria,
ad  avviso  della  Regione   autonoma   Friuli-Venezia   Giulia,   la
disposizione contrasterebbe, comunque, con l'art. 117,  terzo  comma,
Cost. per illegittima  chiamata  in  sussidiarieta'  per  un  duplice
verso. 
    Da  un  lato,  infatti,  l'attrazione  in  sussidiarieta'   della
funzione legislativa da parte dello Stato sarebbe avvenuta senza  una
valutazione  dell'interesse  nazionale  allo  sviluppo  dei   sistemi
portuali rispettosa di proporzionalita' e  ragionevolezza,  interesse
che era, piuttosto, in precedenza  soddisfatto  con  il  determinante
coinvolgimento dello Stato nell'approvazione del DPSS. L'intento  del
legislatore statale, come evincibile dalla relazione alla  originaria
proposta di legge AC n. 2807  del  2020,  sarebbe  stato,  piuttosto,
quello di superare  «le  tensioni  esistenti  con  la  pianificazione
territoriale». 
    Dall'altro   lato,   allo   spostamento   di    competenza    non
corrisponderebbe una  adeguata  partecipazione  della  Regione  nella
forma dell'intesa. 
    4.3.2.- La modifica normativa contrasterebbe,  altresi',  con  la
competenza legislativa primaria  in  materia  di  urbanistica  e  con
quella concorrente in materia di governo del territorio, non solo  in
relazione  al  territorio  portuale,  ma  anche  in  relazione   alle
interconnessioni tra funzioni portuali  e  urbanistica  generale  del
territorio cittadino extraportuale. Cio' in quanto il DPSS  individua
gli ambiti portuali comprensivi delle «ulteriori  aree,  pubbliche  e
private, assoggettate alla giurisdizione  dell'Autorita'  di  sistema
portuale» (art. 5, comma 1, lettera b, della legge n. 84  del  1994),
le aree «di interazione tra porto e citta'» (art. 5, comma 1, lettera
c) e «i collegamenti infrastrutturali di ultimo miglio di tipo viario
e ferroviario con i singoli  porti  del  sistema  esterni  all'ambito
portuale nonche' gli attraversamenti dei centri urbani  rilevanti  ai
fini dell'operativita' dei singoli porti del sistema» (art. 5,  comma
1, lettera d). 
    Con  tali  determinazioni  gli  organi  centrali  dello  Stato  e
l'Autorita' portuale determinerebbero il destino di fondamentali aree
e percorsi di sviluppo della citta' senza intesa con regione e comuni
e, dunque, con esproprio della  Regione  dalla  potesta'  legislativa
primaria statutaria in materia «urbanistica» e concorrente in materia
«governo del territorio». 
    4.3.3.- I contenuti  assegnati  al  documento  di  programmazione
strategica dalle menzionate lettere c)  e  d)  lederebbero  anche  le
competenze amministrative delle  regioni  o  dei  comuni,  proprie  o
conferite secondo il principio di sussidiarieta' verticale, ex  artt.
118 Cost. e 11, primo comma, dello statuto speciale. All'allontanarsi
dall'area strettamente portuale si attenuerebbe, infatti, l'interesse
amministrato   dall'Autorita'    statale    e,    di    contro,    si
intensificherebbero quelli di comuni e regione sulla destinazione del
proprio territorio. 
    4.3.4.- Con ulteriore motivo la  ricorrente  censura  la  novella
della lettera b) dell'art. 5, comma 1, della legge  n.  84  del  1994
nella parte in cui prevede che il DPSS individua gli ambiti  portuali
comprensivi «oltre alla circoscrizione territoriale dell'Autorita' di
sistema  portuale,  [del]le  ulteriori  aree,  pubbliche  e  private,
assoggettate alla giurisdizione dell'Autorita' di  sistema  portuale»
(art. 4, comma 1-septies, lettera a, del d.l. n. 121 del  2021,  come
convertito). 
    La norma, nel determinare imprecisate aree  soggette  a  potesta'
non specificate, conferirebbe un potere generico ed indeterminato  al
documento di programmazione, in violazione del principio di legalita'
di cui agli  artt.  3,  primo  comma,  23  e  97  Cost.,  nonche'  in
violazione  della  competenza  primaria  statutaria  in  materia   di
urbanistica e  di  quella  concorrente  in  materia  di  governo  del
territorio: tali aree,  infatti,  risulterebbero  sottratte,  a  mera
discrezione  dell'Autorita'  portuale  e  del  Ministero,  al  regime
generale del territorio regionale (artt. 4, primo comma, numeri  9  e
11, e 8 dello statuto speciale, e art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Il tutto, ancora, ove  si  giustificasse  la  previsione  con  il
principio di  sussidiarieta',  senza  previsione  di  intesa  con  la
Regione, in spregio agli artt. 120 e 5 Cost. 
    4.3.5.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia denuncia,  poi,
l'art. 4, comma 1-septies, lettera a), del d.l. n. 121 del 2021, come
convertito, nella parte in cui sopprime dal previgente art. 5,  comma
1-bis, lettera c), della legge  n.  84  del  1994  la  previsione  di
accompagnamento del DPSS ad una relazione illustrativa «che  descrive
gli  obiettivi  e  le  scelte  operate  e  i  criteri  seguiti  nella
identificazione  dei  contenuti   sistemici   di   pianificazione   e
rappresentazioni grafiche in numero e scala  opportuni,  al  fine  di
descrivere l'assetto territoriale del sistema, nonche' per assicurare
una chiara e univoca identificazione degli indirizzi, delle  norme  e
delle procedure per la redazione dei piani regolatori portuali». 
    Tale abrogazione sarebbe costituzionalmente  illegittima,  da  un
lato, per violazione del principio del buon andamento della  pubblica
amministrazione, in quanto l'omissione  priverebbe  irragionevolmente
la  programmazione  del  suo  fondamentale   documento   esplicativo,
rendendone  oscuri  scelte  e  criteri,  e,  dall'altro   lato,   per
violazione delle stesse norme che prevedono le  competenze  regionali
in  materia  di  «porti  civili»,  «urbanistica»   e   «governo   del
territorio», in  quanto  ostacolerebbe  l'esercizio  da  parte  della
Regione   dei   poteri    decisionali    che,    statutariamente    e
costituzionalmente, le spetterebbero e, persino, del  ridotto  potere
consultivo attribuito dalla riforma. 
    4.4.- Con ulteriore gruppo di questioni, la ricorrente impugna le
norme sulla pianificazione  portuale  contenute  nell'art.  4,  comma
1-septies, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito. 
    4.4.1.- Anzitutto, la Regione autonoma dubita, con  un  complesso
motivo, della legittimita' costituzionale delle lettere a) e  b)  del
menzionato   articolo   nella   parte   in   cui,    rispettivamente,
sostituiscono i commi 1-quater, 1-quinquies  e  1-sexies  e  i  commi
2-bis, 2-ter e 3 dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994, assumendo la
violazione  della  potesta'  legislativa   primaria   nelle   materie
«urbanistica», «viabilita'»  e  «trasporti»  (previste  dall'art.  4,
primo comma, numeri 9, 11 e 12 dello statuto, per come attuate  dagli
artt. 9 e 11 del d.lgs. n. 111 del 2004), e in subordine degli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo e secondo  comma,  Cost.  per  difetto
delle condizioni di  chiamata  in  sussidiarieta'  nelle  materie  di
legislazione concorrente «governo del territorio» e  «porti  civili»,
nonche' la violazione  delle  competenze  urbanistiche  spettanti  ai
comuni, ai sensi dell'art. 118, secondo comma, Cost. e dell'art.  11,
primo comma, dello statuto speciale. Le norme lederebbero, infine,  i
principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. 
    Le censure, in particolare, sono rivolte, per quanto  concerne  i
porti amministrati dalle Autorita'  di  sistema  portuale  (porti  di
interesse internazionale  e  nazionale):  a)  alla  disposizione  che
affida  la  pianificazione   portuale   alla   competenza   esclusiva
dell'Autorita' di sistema delle aree portuali e retro-portuali  (art.
5, comma 1-quinquies, primo periodo, della legge n. 84 del 1994, come
modificato dall'art. 4, comma 1-septies, lettera a, del d.l.  n.  121
del 2021, come convertito); b) alle disposizioni che  definiscono  il
PRP come «piano territoriale di  rilevanza  statale»  e  come  «unico
strumento di pianificazione e di governo del territorio  nel  proprio
perimetro di competenza» (art. 5, comma 2-ter, della legge n. 84  del
1994, come modificato dall'art. 4, comma 1-septies,  lettera  b,  del
d.l. n. 121 del 2021, come  convertito);  c)  alle  disposizioni  che
limitano la partecipazione regionale e comunale  alla  redazione  del
piano ad un parere relativo alla coerenza  «di  quanto  previsto  con
riguardo alle  aree  portuali  e  retro-portuali  perimetrali  con  i
contenuti  degli  strumenti  di  pianificazione  urbanistica  vigenti
relativi alle aree contigue a quelle portuali e retro-portuali  sulle
quali le previsioni del PRP potrebbero avere impatto» (art. 5,  comma
2-bis, della legge n. 84 del 1994, come modificato dall'art. 4, comma
1-septies, lettera b, del d.l. n. 121  del  2021,  come  convertito),
assegnando la competenza dell'approvazione del piano al  Comitato  di
gestione  dell'Autorita'   portuale   e   non   alla   regione   come
precedentemente previsto (art. 5, comma 2-bis, della legge n. 84  del
1994, come modificato dall'art. 4, comma 1-septies,  lettera  b,  del
d.l. n. 121 del 2021, come  convertito);  d)  alla  disposizione  che
affida all'Autorita' portuale, anziche' al  comune,  l'individuazione
nelle aree retro-portuali delle attivita'  accessorie  alle  funzioni
previste dall'art. 4,  comma  3,  ammesse  dai  PRP  (art.  5,  comma
1-quater, della legge n. 84 del 1994, come  modificato  dall'art.  4,
comma  1-septies,  lettera  a,  del  d.l.  n.  121  del  2021,   come
convertito); e) alle disposizioni che prevedono per i porti  con  PRP
approvati antecedentemente alla approvazione della  legge  quadro,  e
nelle more dell'adozione del nuovo piano, che  le  opere  in  via  di
urgenza  possono  essere  previste  nel  piano  operativo   triennale
dell'Autorita' del sistema  portuale  approvato  dal  solo  Ministero
delle  infrastrutture  e  della  mobilita'  sostenibile  con  effetto
sostanziale di variante al piano regolatore portuale (art.  5,  comma
1-sexies, della legge n. 84 del 1994, come  modificato  dall'art.  4,
comma  1-septies,  lettera  a,  del  d.l.  n.  121  del  2021,   come
convertito). 
    La complessiva e  lesiva  portata  delle  suddette  disposizioni,
secondo  la  ricorrente  starebbe  nell'assegnazione  della   valenza
preminente assegnata al piano, nell'eliminazione della necessita' del
PRP di armonizzazione con gli strumenti  urbanistici  vigenti,  nella
marginalizzazione di regione e comune cui e' richiesto di rendere  un
mero parere di compatibilita' del PRP con i piani urbanistici  locali
sulle sole aree contigue a quelle portuali e retro-portuali. 
    4.4.1.1.- La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  lamenta,
specificamente,  che  la  detta  privazione   della   competenza   di
approvazione del PRP contrasterebbe, in prima battuta, con la propria
potesta'   legislativa   primaria   nelle   materie    «urbanistica»,
«viabilita'» e «trasporti». 
    In subordine, ove si giustificasse l'intervento normativo con  la
chiamata in sussidiarieta' nella materie di legislazione  concorrente
«governo del territorio» e «porti civili», secondo la  ricorrente  vi
sarebbe,  comunque,  una  illegittima   attrazione   della   funzione
legislativa,  per  un  verso,   perche'   priva   della   valutazione
dell'interesse   nazionale   rispettosa   di    proporzionalita'    e
ragionevolezza   -   sufficientemente   tutelato   nella   previgente
disciplina in base a  cui  il  PRP  era  adottato  dall'Autorita'  di
sistema portuale, nonche' subordinato al piano  strategico  nazionale
della portualita' e della logistica, al DPSS e  alle  apposite  linee
guida emanate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e approvate
dal Ministero delle infrastrutture e della mobilita' sostenibili - e,
per altro verso,  perche'  difettosa  della  previsione  di  adeguata
concertazione con la Regione nella forma dell'intesa. 
    4.4.1.2.- Secondo la Regione autonoma sarebbe illogico,  inoltre,
sia affidare una funzione attratta  in  sussidiarieta'  ad  autorita'
periferiche, sia assegnare alla Regione il giudizio di  coerenza  del
contenuto del PRP relativo alle aree portuali  e  retro-portuali  con
gli strumenti di pianificazione vigenti relativi alle  aree  ad  esse
contigue in quanto giudizio naturalmente proprio  del  comune  e  non
della Regione, priva di specifica competenza pianificatoria. 
    4.4.1.3.- La ricorrente assume, altresi',  la  lesione  da  parte
delle suddette norme  alle  attribuzioni  dei  comuni,  lesione  che,
secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,  le  regioni   sarebbero
legittimata a far valere. 
    L'incisiva  portata  delle  disposizioni  sui   PRP   dei   porti
internazionali   e    nazionali    estrometterebbero    in    maniera
sproporzionata  gli  enti  locali  dalla  pianificazione  urbanistica
portuale, loro riservata da norme statutarie e  costituzionali  quale
funzione fondamentale. 
    4.4.1.4.-  Con  lo  stesso  motivo   si   impugna,   ancora,   la
disposizione che affida al  PRP  dei  porti  di  rilevanza  economica
regionale  e   interregionale   (II   categoria,   III   classe)   la
specificazione dell'ambito  e  dell'assetto  complessivo  del  porto,
l'individuazione delle caratteristiche e la  destinazione  funzionale
delle aree interessate (art. 5, comma 3, della legge n. 84 del  1994,
come modificato dall'art. 4, comma 1-septies, lettera c, del d.l.  n.
121 del 2021, come convertito). 
    Il riformato comma 3 dell'art. 5, letto unitamente al comma 3-bis
- che prevede per tali porti l'adozione  e  l'approvazione  da  parte
della regione del  piano  regolatore  portuale  solo  in  difetto  di
«istituzione» di una Autorita'  di  sistema  portuale  -  manterrebbe
l'approvazione regionale del  PRP  solo  per  i  porti  regionali  ed
interregionali non rientranti  nel  perimetro  di  una  Autorita'  di
sistema  portuale,  sottraendola,  invece,  per  i  porti   regionali
ricadenti in tale perimetro. La Regione autonoma assume  siano  cosi'
vulnerate le competenze amministrative  regionali  nelle  materie  di
potesta' primaria e il principio di sussidiarieta', in quanto per  la
natura  regionale  del  porto  la  funzione  amministrativa  e',  per
definizione, di interesse sub statale. 
    4.4.2.- La Regione impugna, altresi', l'art. 4, comma  1-septies,
del d.l. n. 121 del 2021, come convertito: 1) alla lettera a),  nella
parte in cui introduce il comma 1-septies nell'art. 5 della legge  n.
84 del 1994, equiparando gli ambiti portuali delimitati dal  DPSS,  o
in mancanza dal PRP, alle zone territoriali omogenee di tipo  B,  con
conseguente  sottrazione  dalla  disciplina   delle   aree   tutelate
dall'art. 142, comma 1, cod. beni  culturali;  2)  alla  lettera  b),
nella parte in cui, sostituendo il comma 2 dell'art. 5 della legge n.
84 del 1994, omette di specificare  che  tale  piano  e'  redatto  in
conformita' al piano paesaggistico regionale; 3) ancora alla  lettera
b), anche nella parte in cui introduce il  comma  2-ter  nell'art.  5
della stessa legge n. 84 del 1994, qualificando  il  PRP  come  piano
territoriale  di  rilevanza  statale  e  come  unico   strumento   di
pianificazione e di governo del territorio nel proprio  perimetro  di
competenza. 
    Le disposizioni violerebbero tutte gli artt.  9  e  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., nonche' l'art. 6, primo comma,  numero  3),
dello statuto speciale, dando prevalenza agli  interessi  commerciali
ed urbanistici su quello ambientale. Tali vizi  ridonderebbero  sugli
obblighi competenziali della Regione in tema di  «ambiente»,  nonche'
sulla potesta' legislativa, di carattere  attuativo  ed  integrativo,
riconosciuta  dallo  statuto  speciale  in  materia  di  «tutela  del
paesaggio». 
    In particolare, con la prima norma si sacrificherebbe l'interesse
paesaggistico  dei  territori  costieri  portuali  con   forzosa   ed
irragionevole   assimilazione   ad   aree   sottratte   dal   vincolo
paesaggistico  posto  dal  comma  1  dell'art.  142   per   specifica
previsione  di  edificabilita'  risalente  al  lontano   1985   (zone
territoriali omogenee di tipo B)  e  cio'  con  ulteriore  violazione
dell'art. 3, primo comma, Cost. 
    Con la seconda norma e terza norma si prevederebbe la soggiacenza
del PRP - unico strumento di pianificazione del perimetro portuale  -
al piano  strategico  della  portualita'  e  alle  linee  guida,  con
conseguente illegittima esclusione  della  sua  soggezione  al  piano
paesaggistico regionale. 
    La Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  corrobora  la  tesi
dell'esonero  della  pianificazione  portuale  dal   rispetto   delle
prescrizioni  paesaggistiche,  con  la   circostanza   fattuale   che
l'Autorita' di sistema portuale del  Mare  Adriatico  orientale,  con
nota del 15 dicembre 2021, ha ritirato le proprie istanze dirette  al
rilascio di autorizzazione paesaggistica. 
    4.4.3.-   Il   ricorso   denuncia,    ancora,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1-septies, lettera e), del d.l.  n.
121 del 2021, come convertito, che sostituendo il comma 5 dell'art. 5
della legge n. 84  del  1994,  elimina,  per  le  modifiche  che  non
alterano  in  modo  sostanziale  il  PRP   -   definite   adeguamenti
tecnico-funzionali -, la previgente previsione della verifica di  non
contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti per le aree destinate
a funzioni di interazione porto-citta' (previgente art. 5,  comma  5,
della legge n. 84 del 1994). 
    Comportando la possibile contrarieta' degli interventi  ai  piani
urbanistici, la norma impugnata violerebbe le  prerogative  regionali
sia legislative, nel  fissare  il  valore  dei  piani  comunali,  sia
amministrative, relative all'indirizzo e all'approvazione  dei  piani
comunali,  nonche'  le  prerogative  comunali  e  il   principio   di
ragionevolezza («Violazione dell'art. 4, numeri 9,  11  e  12,  dello
statuto, come attuato dagli artt. 9 e 11 del d.lgs. n. 111 del  2004.
Violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo  comma,
Cost., e del principio di leale  collaborazione  [...],  nonche'  del
principio di ragionevolezza»). 
    4.5.- Con l'ultimo  gruppo  di  questioni,  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia assume  l'illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni concernenti l'applicazione della novella. 
    4.5.1.- Anzitutto, la Regione censura l'art. 4,  comma  1-octies,
del d.l. n. 121  del  2021,  come  convertito,  che  prevede  la  non
applicazione della riforma ai DPSS approvati alla data di sua entrata
in vigore, in quanto sancirebbe a contrario la  retroattivita'  della
disciplina in relazione ai PRP gia' approvati. 
    La  disposizione  violerebbe  i  piu'  volte  evocati   parametri
relativi a competenze di regione e comuni (art. 4, numeri  11  e  12,
dello statuto, come attuato dagli artt. 9 e 11 del d.lgs. n. 111  del
2004; artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.,  e
il principio di  leale  collaborazione),  invertendo  i  rapporti  di
gerarchia tra atti pianificatori gia' emanati. 
    Inoltre, sarebbero vulnerati anche i principi di ragionevolezza e
di legalita', di cui agli artt. 3 e  97,  secondo  comma,  Cost.  per
immotivata deroga al principio generale del tempus regit actum. 
    4.5.2.-  In  ultimo,  la  ricorrente  impugna  l'art.  4,   comma
1-novies, primo periodo, del d.l. n. 121 del 2021,  come  convertito,
ove  dispone  l'obbligo  delle  regioni  di  adeguamento  dei  propri
ordinamenti alle disposizioni dell'art. 5 della legge n. 84 del  1994
per come modificate, nel termine di tre mesi. 
    Tutte le illegittimita' costituzionali prospettate in ordine alla
riforma  si  riverberebbero,  conseguenzialmente,   sull'obbligo   di
adeguamento. 
    5.- Anche in questo giudizio si e' costituito il  Presidente  del
Consiglio dei ministri chiedendo  che  le  promosse  questioni  siano
dichiarate manifestamente infondate. 
    5.1.- La difesa statale svolge la  medesima  premessa  rassegnata
nel giudizio iscritto al reg. ric.  n.  3  del  2022  sull'essere  la
novella preordinata a realizzare la Missione  «Sviluppo  del  sistema
portuale» (M3C2-1) ricompresa tra gli obiettivi del PNRR e,  per  tal
fine,  sul  necessario  intervento  sugli   strumenti   pianificatori
portuali, per lo piu' risalenti, sia in  termini  di  semplificazione
nella procedura di approvazione, sia in termini di ridefinizione  del
rapporto  con  gli  strumenti  urbanistici   comunali.   L'intervento
normativo statale sarebbe volto a superare le criticita' del  sistema
e  si  giustificherebbe  per  il   rilievo   di   plurimi   interessi
costituzionali  di  dimensione   nazionale   di   cui,   nel   tempo,
l'evoluzione normativa ha preso atto nella materia portuale. 
    5.1.2.-  In   esito   a   tale   inquadramento,   la   resistente
preliminarmente contesta l'assunto principale del ricorso secondo cui
le  disposizioni  impugnate  non  si  applicherebbero  alla   Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
    La materia «porti e aeroporti civili» non figurerebbe, secondo la
ricorrente, tra quelle  in  cui  lo  statuto  speciale  le  riconosce
potesta'  legislativa  primaria,  sicche'  essa  e'  da   ricondurre,
piuttosto,   alla   potesta'   legislativa   concorrente.   In   tale
prospettiva, in ragione  della  rilevanza  strategica  dei  porti  di
rilevanza economica internazionale e nazionale, le norme della  legge
n. 84 del 1994, relative a  conformazione  e  disciplina  dei  poteri
delle AdSP, compresi i suoi rapporti con le Regioni nella regolazione
e nella gestione degli ambiti portuali, dovrebbero qualificarsi quali
principi fondamentali della materia. 
    5.2.- Nel merito lo Stato si difende, anzitutto, dal primo gruppo
di  questioni  concernenti  i  vizi  nell'iter  di  formazione  delle
disposizioni censurate. 
    5.2.1.- In primo luogo, il resistente confuta  la  prima  dedotta
violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,   Cost.,   assumendo   la
pertinenza della disciplina della pianificazione portuale  introdotta
con  la  legge  di  conversione  rispetto   alla   disciplina   degli
investimenti in materia di infrastrutture oggetto del  decreto-legge.
Questi  ultimi,  infatti,  secondo  il   suo   preambolo,   sarebbero
preordinati a migliorare la mobilita' tra le regioni e a  ridurre  il
divario  infrastrutturale  esistente,  mentre  la  necessita'   della
sollecita entrata in vigore della disciplina si giustificherebbe  per
la sua stretta connessione con gli impegni del PNRR. 
    5.2.2.- In  secondo,  luogo  l'Avvocatura  dello  Stato  nega  il
contrasto con lo stesso parametro costituzionale con riferimento alla
pretesa introduzione con decreto-legge di  una  riforma  di  sistema,
contestando tale qualificazione. 
    Le norme impugnate si occuperebbero, piuttosto, del solo  aspetto
pianificatorio,   seguendo   e   integrando   precedenti   interventi
normativi, e in particolare il d.lgs. n.  169  del  2016,  che  hanno
realmente innovato la disciplina sul regime dei porti. 
    5.2.3.-  Il  resistente  ritiene,  ancora,  non   meritevoli   di
accoglimento le censure di  violazione  dell'art.  72,  primo  comma,
Cost. 
    Richiamando  quanto  gia'  argomentato  in  punto  di  violazione
dell'art. 77 Cost., il Presidente del Consiglio dei  ministri  deduce
il rispetto da parte delle Camere della  disciplina  dei  regolamenti
parlamentari  relativa  all'approvazione  dei  disegni  di  legge  di
conversione con l'esame in sede referente  e  con  l'approvazione  in
aula:  cio'  escluderebbe  la  violazione  delle  norme   procedurali
contenute   nell'art.   72   Cost.,   secondo    la    giurisprudenza
costituzionale in tema di maxi-emendamenti in sede di conversione  di
decreti-legge. 
    5.2.4.- La difesa statale reputa, poi, non fondata la censura  di
violazione degli artt. 120, secondo comma, e 5 Cost. 
    In  proposito,  l'atto  di  costituzione  invoca,   in   diritto,
l'orientamento di questa Corte che esclude che il principio di  leale
collaborazione  si  traduca  in  vincoli  a  carico  della   funzione
legislativa e  rammenta,  in  fatto,  che  l'urgenza  dell'intervento
normativo per rispettare gli impegni europei e i tempi imposti  dalla
conversione del decreto-legge  non  consentivano  l'acquisizione  del
parere della Conferenza Stato-regioni, ma  che  queste  ultime  erano
state debitamente consultate durante l'esame parlamentare della legge
di conversione. 
    5.3.- Il resistente si sofferma, di seguito, sulla non fondatezza
delle censure di illegittimita' costituzionale relative al  contenuto
delle singole disposizioni. 
    5.3.1.-  L'Avvocatura  dello  Stato  ritiene  non  meritevoli  di
accoglimento le questioni promosse con  riguardo  all'art.  4,  comma
1-septies, lettera a), del d.l. n. 121  del  2021,  come  convertito,
nella parte in cui modifica l'art. 5 della legge n. 84  del  1994  in
relazione al documento di programmazione strategica di sistema. 
    A dire del resistente non sarebbero, anzitutto, configurabili  le
invocate competenze statutarie. 
    In secondo luogo, ripercorrendo gli assunti della  difesa  svolta
nei confronti della Regione Toscana, il Presidente del Consiglio  dei
ministri esclude anche le lesioni delle prerogative  regionali  nelle
invocate materie concorrenti di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.:
in ragione degli  interessi  nazionali  coinvolti  sarebbe  legittimo
l'intervento   del   legislatore   statale   con   la   chiamata   in
sussidiarieta' nel rispetto dei principi  di  proporzionalita'  e  di
ragionevolezza, e risulterebbe sufficientemente  garantito  l'apporto
partecipativo con il previsto parere regionale, senza  la  necessita'
dell'intesa o  del  riconoscimento  di  una  specifica  comptenza  ad
approvare il DPSS. 
    5.3.2.-   La   rilevanza    nazionale    degli    interessi    di
infrastrutturazione, sviluppo commerciale e  relazioni  politiche  ed
economiche  internazionali  giustificherebbe  anche   la   previsione
secondo cui il DPSS debba interessarsi delle  aree  retro-portuali  e
delle aree di interazione porto-citta', oltre che di  ulteriori  aree
pubbliche o private rientranti nella competenza dell'AdSP, stante  la
nozione  fluida  ed  espansiva  della  nozione  di  ambito  portuale.
Evidenzia, inoltre, lo Stato che di queste  aree  ulteriori,  in  cui
effettivamente si attenua l'interesse statale, il DPSS si limita alla
loro individuazione senza incidere  sui  poteri  pianificatori  degli
enti locali. 
    5.3.3.- Infine, il resistente contesta che  l'eliminazione  della
relazione di accompagnamento possa ridondare in lesione di competenze
regionali,  in  ragione  della  rinnovata  natura  e  finalita'   del
Documento di programmazione strategica di sistema, di per se'  idoneo
a esternare le scelte di fondo con esso compiute. 
    5.4.- Il Governo ritiene, ancora, non meritevoli di  accoglimento
le questioni rivolte verso l'art. 4, comma 1-septies,  lettere  a)  e
b), del d.l. n. 121 del 2021, come convertito,  nella  parte  in  cui
modificano l'art. 5 della legge n. 84 del 1994 in relazione  all'iter
di formazione e valenza del piano regolatore portuale. 
    5.4.1.- Richiamando quanto dedotto in ordine alle modifiche della
disciplina del DPSS, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva
che il PRP va  annoverato  tra  gli  strumenti  della  pianificazione
speciale, cui ragionevolmente conseguirebbe che  il  rapporto  con  i
piani urbanistici comunali sia di sola coerenza, in  luogo  del  «non
contrasto». Cio' giustificherebbe anche la scelta di  semplificazione
del  procedimento  di  adozione   e   approvazione   del   PRP,   con
coinvolgimento della regione nella  fase  di  redazione,  tramite  la
partecipazione al Comitato di  gestione  delle  AdSP,  e  nella  fase
procedimentale, con l'acquisizione del suo parere obbligatorio  sulla
coerenza con i piani locali delle aree contigue a quelle  portuali  e
retro-portuali. 
    5.4.2.- Per quanto concerne la presunta violazione dei  parametri
afferenti la tutela dell'interesse ambientale, il  resistente  ne  ha
eccepito preliminarmente l'inammissibilita' per non avere la  Regione
ricorrente adeguatamente motivato sulla loro  negativa  ripercussione
sulle competenze regionali costituzionalmente rilevanti. 
    Nel merito, al pari di quanto dedotto nel  giudizio  iscritto  al
registro ricorsi n. 3 del 2022, il Presidente del Consiglio ha negato
che i nuovi PRP siano esonerati dal rispetto delle norme  in  materia
di tutela  del  paesaggio:  ha,  infatti,  affermato  la  persistente
necessita' tanto del loro rispetto  di  eventuali  specifici  vincoli
paesaggistici,  quanto   della   valutazione   della   compatibilita'
paesaggistica  in  sede   di   loro   approvazione,   attraverso   la
partecipazione delle Autorita' preposte alla tutela  ambientale  alla
conferenza di servizi obbligatoria, contemplata dal novellato art. 5,
comma 1-bis, della legge n. 84 del 1994. 
    5.4.3.- In ordine alla doglianza  relativa  alla  adozione  degli
adeguamenti  tecnico-funzionali,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ne deduce la non fondatezza  in  quanto  la  semplificazione
relativa all'adozione degli ATF e' da ricondurre all'art. 48 del d.l.
n. 76 del 2020, come convertito, mentre  la  norma  impugnata  si  e'
ragionevolmente  limitata  ad  assimilare  ad  essi   l'adozione   di
modifiche minori al PRP. 
    5.5.- Con riguardo alle ultime due censure,  inerenti  al  regime
applicativo delle previsioni censurate, l'Avvocatura genericamente ne
fa discendere la non fondatezza da quella prospettata in relazione al
loro contenuto. 
    6.- La Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  in  prossimita'
dell'udienza pubblica, ha depositato memoria in cui ha replicato alla
difesa  statale  con  ulteriore  illustrazione   delle   ragioni   di
fondatezza delle proposte questioni. 
    In  via  aggiuntiva  al  ricorso  ha  dedotto:  a)  che   nessuna
consultazione delle regioni e' avvenuta  sull'emendamento  censurato;
b) l'irrilevanza ai fini collaborativi della presenza nel Comitato di
gestione dell'AdSP di un componente designato dalla regione e di  uno
designato dai comuni, in quanto essi non  fanno  parte  degli  organi
politico-rappresentativi  muniti  delle  competenze  di  indirizzo  e
pianificazione; c) che l'illegittima applicazione  retroattiva  delle
nuove norme si tradurrebbe in sanatoria di eventuali vizi  dei  piani
portuali per contrasto con strumenti urbanistici e paesaggistici. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso iscritto al n. 3 reg. ric.  2022,  la  Regione
Toscana ha impugnato l'art. 4, commi 1-septies, lettere a), b) ed e),
1-novies del d.l. n. 121 del 2021, introdotti in sede di conversione,
per violazione degli artt. 9, 77, secondo comma, 117, terzo e  quarto
comma, 118, primo e secondo comma, Cost. e  del  principio  di  leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    Con il ricorso iscritto al  n.  4  reg.  ric.  2022,  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia ha censurato le medesime disposizioni,
nonche' la lettera c) del comma 1-septies e il comma  1-octies  dello
stesso art. 4 del d.l. n. 121 del 2021, anch'essi introdotti  con  la
relativa legge di conversione, per contrasto con i predetti parametri
nonche' con l'art. 72, primo comma, e 117, secondo comma, lettera s),
Cost. e con gli artt. 4, primo comma, numeri 9), 11) e 12), 5,  primo
comma, numero 12), 6, primo comma, numero 3), 8 e  11,  primo  comma,
della legge cost. n. 1 del 1963, con le relative norme di  attuazione
(dettate dal d.lgs. n. 111 del  2004),  nonche'  con  i  principi  di
legalita', uguaglianza,  ragionevolezza  e  buon  andamento,  di  cui
complessivamente agli artt. 3, 23 e 97 Cost. 
    Le disposizioni contestate: a) novellano l'art. 5 della legge  n.
84 del 1994, il quale, nel piu' ampio contesto della legge quadro sui
porti, regolamenta la programmazione complessiva dei  porti  inseriti
nella circoscrizione di  una  Autorita'  di  sistema  portuale  e  la
pianificazione dei singoli porti (art. 4, comma 1-septies, lettere a,
b, c ed e); b) delimitano l'efficacia temporale della novella, che si
applica solo ai DPSS approvati dopo l'entrata in vigore  della  legge
di conversione (art. 4, comma  1-octies);  c)  prevedono  il  termine
entro cui le regioni, tenute ad attuare la novella, devono adeguare i
propri ordinamenti (art. 4, comma 1-novies). 
    2.- In considerazione della identita', anche solo parziale, delle
norme impugnate e delle censure proposte,  i  giudizi  devono  essere
riuniti per essere trattati  congiuntamente  e  decisi  con  un'unica
sentenza. 
    3.- Vanno, innanzitutto,  esaminati  i  profili  preliminari  che
interessano i due giudizi. 
    3.1.-  In   relazione   al   ricorso   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,   deve   essere   previamente   valutato   il
significato della clausola di salvaguardia dettata dall'art. 4, comma
1-novies, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, per le regioni a
statuto speciale. 
    La ricorrente,  infatti,  sostiene  in  via  principale  che  per
effetto di tale  previsione,  letta  in  combinazione  con  le  norme
statutarie e con quelle di relativa attuazione, le  disposizioni  del
d.l. n. 121 del 2021, come convertito, non le siano applicabili e  ne
propone  l'impugnazione  solo  nell'ipotesi  in  cui   si   ritengano
applicabili. 
    L'invocato art. 4, comma 1-novies, del d.l. n. 121 del 2021, come
convertito, prevede, al secondo periodo,  che  «Le  disposizioni  del
citato articolo 5 si  applicano  nelle  regioni  a  statuto  speciale
compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative  norme  di
attuazione» e ha  la  precisa  funzione  di  rivolgere  la  normativa
statale anche agli enti ad autonomia speciale, a condizione che  essa
non  sia  lesiva  delle  prerogative  loro  riservate  dai  parametri
statutari (si vedano le sentenze n. 94 del 2018, n. 191 del 2017,  n.
215 del 2013 e n. 241 del 2012). 
    L'assunto in via  principale  della  Regione  ricorrente  non  e'
fondato. 
    La menzionata clausola  non  determina  una  radicale  esclusione
della citata Regione dai  destinatari  della  riforma  statale  sulla
programmazione e pianificazione portuale. Essa, piuttosto, impone  la
verifica,  di  volta  in  volta,  dell'applicabilita'  delle  singole
previsioni statali, in quanto compatibili con i parametri  statutari,
o,  all'opposto,  della  loro  inapplicabilita'  per  effetto   della
clausola (sentenze n. 46 del 2022, n. 154 del 2017, n. 40 e n. 31 del
2016, n. 215 del 2013 e n. 241 del 2012). 
    Tale verifica e', quindi, rimessa alla valutazione nel merito. 
    3.2.- Per entrambi i ricorsi  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha eccepito l'inammissibilita' delle censure  relative  alla
lesione, ad opera di talune delle disposizioni impugnate, dei  valori
ambientali, in quanto tali censure non sarebbero  accompagnate  dalla
deduzione della contestuale violazione di prerogative regionali. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Le  due  Regioni,  nell'evocare  parametri   costituzionali   non
attinenti al riparto delle attribuzioni tra Stato e regioni, indicano
i titoli di competenza indirettamente lesi dalle norme impugnate  (la
Regione Toscana le competenze in materia di governo del territorio  e
valorizzazione dei beni culturali e ambientali di cui agli artt. 117,
terzo  comma,  Cost.  e  in  in  particolare  quelle  relative   alla
pianificazione  paesaggistica;  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia le competenze legislative in materia di tutela del  paesaggio,
previste dall'art. 6 dello statuto speciale, le competenze  regionali
nella salvaguardia del paesaggio  esercitate  con  la  pianificazione
paesaggistica) e motivano sulle ragioni di tale lesione. 
    Tale prospettazione della ridondanza delle censure sulla sfera di
competenza   regionale   rispetta,   quindi,   le    condizioni    di
ammissibilita' costantemente richieste da questa Corte (tra le tante,
sentenze n. 40 del 2022, n. 187 del 2021, n. 56 del 2020, n. 194  del
2019, n. 198 del 2018 e n. 145 del 2016). 
    3.3.-   Inammissibile    per    tardivita'    risulta,    invece,
l'impugnazione da parte della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia
dell'art. 4, comma 1-septies, lettera c), del d.l. n. 121  del  2021,
come convertito, di riforma dell'art. 5, comma 3, della legge  n.  84
del 1994, relativo  al  contenuto  dei  PRP  dei  porti  regionali  e
interregionali (II categoria, III classe, secondo la  classificazione
dell'art. 4 della legge n. 84 del 1994). 
    La disposizione riformulata prevede  che  «l'ambito  e  l'assetto
complessivo del  porto  sono  specificati  dal  PRP,  che  individua,
altresi', le caratteristiche e la destinazione funzionale delle  aree
interessate».  Tuttavia,  a  dire  della   ricorrente,   la   portata
dispositiva di quest'ultima andrebbe individuata per il tramite della
lettura congiunta con il successivo comma 3-bis dell'indicato art. 5.
Questo - introdotto non gia' dal d.l. n. 121 del 2021, ma dal  d.lgs.
n. 169 del 2016, per come modificato dal d.lgs. n.  232  del  2017  -
dispone, a sua volta, che «Nei porti di cui al comma 3, nei quali non
e' istituita l'Autorita' di sistema portuale, il piano regolatore  e'
adottato e approvato dalla regione di pertinenza  o,  ove  istituita,
dall'Autorita' di sistema portuale regionale, previa  intesa  con  il
comune o i comuni interessati, ciascuno  per  il  proprio  ambito  di
competenza, nel rispetto delle  normative  vigenti  e  delle  proprie
norme regolamentari». 
    La   Regione   autonoma   Friuli-Venezia   Giulia   deduce    che
illegittimamente l'intervento normativo del  2021  assegnerebbe  alle
regioni la competenza all'approvazione dei piani regolatori dei porti
regionali e interregionali solo se non ricompresi  nel  perimetro  di
una Autorita' di sistema portuale. Per contro, per gli  stessi  porti
ricompresi  in  un  sistema,  l'approvazione  del  PRP  sarebbe  loro
sottratta e attribuita alla relativa AdSP  su  intesa  con  i  comuni
interessati. 
    Risulta, tuttavia, evidente,  che  la  Regione  autonoma  impugna
nominalmente il novellato comma 3,  senza  contestarne  la  rinnovata
disciplina  dell'oggetto  del  PRP,  ma  denunciando,  piuttosto,  la
differente  disciplina  della  relativa  procedura  di  approvazione,
contenuta nel diverso comma 3-bis, non modificato dal d.l. n. 121 del
2021, come convertito. 
    La proposta lettura congiunta delle due disposizioni  non  trova,
peraltro, alcun riscontro letterale e sistematico. 
    La ricorrente, cosi', finisce per impugnare norme introdotte  nel
2016 e non intaccate dall'intervento riformatore  del  2021:  di  qui
l'inammissibilita'  delle  relative  questioni,  per   essere   state
proposte oltre il termine di sessanta  giorni  di  cui  all'art.  127
Cost. 
    3.4.-  Sempre  in  via  preliminare,  va  di   contro   affermata
l'ammissibilita'  delle  questioni  con  cui  le  Regioni  ricorrenti
denunciano la lesione delle  prerogative  costituzionali  degli  enti
locali. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  infatti,
tale legittimazione sussiste (ex multis, sentenze n. 108 del 2021, n.
195 del 2019 e n. 17 del 2018), in quanto la stretta connessione  tra
le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di
ritenere che la lesione delle competenze  locali  sia  potenzialmente
idonea a determinare  una  vulnerazione  delle  competenze  regionali
(sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417  del  2005  e  n.  196  del
2004). 
    4.- L'esame del merito  delle  questioni  promosse  richiede  una
ricostruzione del quadro normativo su cui ha inciso il  d.l.  n.  121
del 2021, come convertito, e  della  sua  portata  riformatrice,  nei
limiti di quanto di interesse. 
    4.1.- La  legge  n.  84  del  1994,  nel  riordinare  la  materia
portuale, ha, per la prima volta, dato una disciplina sistematica dei
piani regolatori portuali (art. 5). 
    Innovando rispetto al passato, il legislatore e'  intervenuto  in
ordine ai profili della funzione dei  piani  e  della  competenza  ad
approvarli: da un lato, i piani di nuovo conio non si atteggiano piu'
a meri strumenti di programmazione di opere e sono divenuti strumenti
pianificatori settoriali - seppur (almeno sino alla novella del 2021)
sui generis, in quanto  non  prevalenti  per  specialita'  sul  piano
regolatore comunale - e, dall'altro, la loro approvazione non e' piu'
devoluta esclusivamente allo Stato, ma vede coinvolti anche comuni  e
regioni, in considerazione dei rispettivi interessi nel tempo emersi. 
    4.2.- Successivamente, i decreti legislativi n. 169 del 2016 e n.
232 del 2017 hanno profondamente inciso sulla predetta legge quadro. 
    Gli interventi modificativi hanno  dato  risposta  alle  esigenze
derivate: a) dall'inserimento di taluni  porti  italiani  nella  rete
transeuropea dei trasporti, di cui al regolamento (UE) n.  1315/2013,
del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, «sugli
orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea  dei
trasporti e  che  abroga  la  decisione  n.  661/2010/UE»;  b)  dalla
valorizzata visione di insieme  degli  scali,  per  mezzo  del  Piano
strategico nazionale della  portualita'  e  della  logistica  (PNPL),
adottato in attuazione dell'art. 29 del  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133, recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione  del  Paese,
la   semplificazione   burocratica,    l'emergenza    del    dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive»,
convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n.  164;
c) dalla necessita' di contingentare la tempistica  dei  procedimenti
di adozione degli strumenti pianificatori. 
    Innanzitutto, nella governance dei porti, le  Autorita'  portuali
"mono-scalo" sono state sostituite dalle Autorita' con competenza  su
una  circoscrizione  territoriale  comprendente  piu'  porti,   cosi'
inseriti in un sistema (le  Autorita'  di  sistema  portuale  di  cui
all'art. 6 della legge n. 84  del  1994,  con  competenza  sui  porti
individuati dall'Allegato A della stessa legge). 
    Correlativamente  sono  state  riformate  la  programmazione  del
sistema e la pianificazione dei singoli scali. 
    Per ogni AdSP tali riforme,  infatti,  hanno,  innovativamente  e
coerentemente, previsto l'adozione di  uno  strumento  programmatorio
dell'intera area del sistema, che si aggiunge ai piani  portuali  dei
singoli porti in esso ricompresi, i quali  al  primo,  oltre  che  al
PNPL,  devono  dar  attuazione.  Tutti  erano  ricompresi  nell'unico
documento costituito dal Piano regolatore  di  sistema  portuale  ora
eliminato dall'intervento del 2021. 
    Al nuovo documento di pianificazione strategica di sistema (DPSS)
e' stato affidato il compito di definire gli obiettivi di sviluppo  e
i contenuti sistemici di pianificazione nonche'  di  individuare  gli
ambiti portuali (con perimetrazione  delle  relative  aree  portuali,
retro-portuali e di interazione porto-citta') e i  loro  collegamenti
viari  e  ferroviari  con  l'esterno.  L'illustrazione  delle  scelte
operate  e  dei  criteri  seguiti  e  le  rappresentazioni   grafiche
dell'assetto del  sistema  dovevano  -  secondo  una  previsione  ora
abrogata - essere contenute in apposita  relazione,  che  consentisse
anche di guidare la redazione dei singoli piani. 
    Per cio' che concerne i meccanismi decisionali,  le  riforme  del
2016-17 avevano previsto  (con  disposizioni  oggi  modificate  dalle
norme impugnate): a) per il nuovo documento  di  area  vasta  (DPSS),
l'adozione da parte del Comitato di gestione della AdSP su parere dei
comuni (da rendere  entro  quarantacinque  giorni)  e  l'approvazione
della regione (nei  sessanta  giorni  successivi  alla  adozione)  su
intesa con il Ministero delle infrastrutture (art. 5, comma 1-quater,
della legge  n.  84  del  1994,  nel  testo  anteriore  alla  novella
impugnata);  b)  per  i  piani  regolatori  dei  porti  di  rilevanza
nazionale e internazionale  ricompresi  nel  sistema,  l'adozione  da
parte del Comitato di gestione della AdSP  su  intesa  con  i  comuni
interessati (da raggiungere entro il termine di quarantacinque giorni
dal  ricevimento  dell'atto),  limitatamente  alla  coerenza  con  la
pianificazione urbanistica delle aree di interazioni porto-citta',  e
l'approvazione  della  regione  (entro  quarantacinque  giorni  dalla
conclusione della VAS) (art. 5, comma 1-sexies, della legge n. 84 del
1994, nel testo anteriore alla novella impugnata). 
    Per superare gli eventuali stalli decisionali dovuti alle mancate
predette intese, era prevista la convocazione di apposita  conferenza
di servizi in forma simultanea e il ricorso al  meccanismo  dell'art.
14-quinquies della legge n. 241 del 1990 e,  dunque,  in  ultimo,  in
caso di persistenza del disaccordo, la devoluzione della decisione al
Consiglio dei ministri (art.  5,  commi  1-quinquies  e  2-quinquies,
della legge  n.  84  del  1994,  nel  testo  anteriore  alla  novella
impugnata). 
    4.3.- Le disposizioni contenute nel d.l. n. 121  del  2021,  come
convertito, hanno nuovamente inciso sull'art. 5 della legge n. 84 del
1994 in relazione ai contenuti  e  ai  procedimenti  di  approvazione
tanto del DPSS quanto dei PRP. 
    4.3.1.-  In  particolare,  il  legislatore  e'  intervenuto   sul
documento di pianificazione strategica  di  sistema  con  riguardo  a
denominazione, contenuto e procedimento di approvazione (prima  parte
dall'art. 4, comma 1-septies, lettera a, del d.l. n.  121  del  2021,
come convertito, nella parte in cui riformula l'art.  5,  commi  1  e
1-bis, della legge n. 84 del 1994). 
    Ne e' mutata la denominazione  in  «documento  di  programmazione
strategica  di  sistema»,  che  ne  pone   in   risalto   il   valore
programmatico; gli  e'  correlativamente  sottratta  la  funzione  di
definire  i  contenuti  sistemici  di  pianificazione;  viene  meglio
descritto il contenuto relativo a individuazione e ripartizione degli
ambiti portuali - estesi sino a  ricomprendere  le  «ulteriori  aree,
pubbliche e private, assoggettate alla  giurisdizione  dell'Autorita'
di sistema portuale» - ed e'  eliminato  il  suo  accompagnamento  ad
apposita relazione illustrativa. 
    Per quel che concerne l'aspetto procedimentale,  il  comma  1-bis
del novellato art. 5 prevede l'adozione, da  parte  del  Comitato  di
gestione,  dell'AdSP,  l'acquisizione,  in  conferenza   di   servizi
asincrona, del parere di comuni e  regioni  da  rendere  in  quaranta
giorni, scaduti i quali si intende espresso «parere non ostativo»,  e
l'approvazione da parte del Ministero delle  infrastrutture  e  della
mobilita' sostenibili (MIMS). 
    4.3.2.- Ancora nei limiti tracciati dalle  censure,  l'intervento
di riforma ha inciso sui piani  regolatori  dei  porti  di  rilevanza
economica nazionale e internazionale (categoria II, classe  I  e  II,
secondo la classificazione di cui all'art. 4 della legge  n.  84  del
1994), in relazione al meccanismo di  approvazione  (novellato  comma
2-ter dell'art. 5; resta, invece, immutata e distinta  la  disciplina
dei porti rilevanza economica regionale e interregionale di categoria
II, classe III, pur se ricompresi in un  sistema,  di  cui  al  comma
3-bis che fa «salve, altresi', le disposizioni legislative  regionali
in materia di pianificazione dei porti di interesse regionale»). 
    L'adozione del  PRP  e'  ora  rimessa  al  Comitato  di  gestione
dell'AdSP, su parere - da rendere  in  quarantacinque  giorni  e  con
valutazione contenutistica (ancora) «limitat[a] alla coerenza» tra le
sue  previsioni  relative  alle   aree   portuali   e   retroportuali
perimetrali e le previsioni degli strumenti urbanistici relative alle
aree ad esse contigue - del comune e della regione, nonche' su parere
(da rendere entro 90 giorni) del Ministero. I  pareri  non  resi  nel
previsto termine si  intendono  espressi  in  senso  «non  ostativo».
Infine, il PRP, in esito alla VAS, e' approvato ancora  dal  Comitato
di gestione (prima parte dell'art. 4, comma 1-septies, lettera b, del
d.l. n. 121 del 2021, come convertito, che riformula l'art. 5,  comma
2-bis, della legge n. 84 del 1994). 
    4.3.3.- Per effetto di piu' disposizioni del decreto-legge,  come
convertito, il piano regolatore portuale non e' piu' subordinato alla
generale pianificazione  urbanistica  territoriale  (e'  abrogata  la
previgente previsione  «non  p[uo']  contrastare  con  gli  strumenti
urbanistici vigenti»), ma e' su di essa prevalente. 
    Il PRP e' definito, infatti,  «piano  territoriale  di  rilevanza
statale [ch]e rappresenta l'unico strumento di  pianificazione  e  di
governo del territorio nel proprio perimetro di competenza» (art.  4,
comma 1-septies, lettera b, del d.l. n. 121 del 2021 nella  parte  in
cui riformula l'art. 5, comma 2-ter, della legge n. 84 del  1994),  e
nella   pianificazione   di   tale   perimetro   (aree   portuali   e
retro-portuali) ha  «esclusiva  competenza»  l'Autorita'  di  sistema
(art. 4, comma 1-septies, lettera a, del d.l. n. 121 del  2021,  come
convertito, nella parte in cui riformula l'art. 5, comma 1-quinquies,
della legge n. 84 del 1994 primo periodo), che come detto, acquisisce
il  solo  parere  di  regione  e  comune  sulla   coerenza   con   la
pianificazione delle aree contigue. 
    Le  disposizioni,  in   ragione   del   dato   letterale,   della
collocazione sistematica e del raccordo con la apposita procedura  di
approvazione, sono da intendere limitate ai soli  porti  nazionali  e
internazionali. 
    4.3.4.- Con le ulteriori previsioni impugnate, il d.l. n. 121 del
2021, come convertito, ha: a) sottratto le aree  costiere  dei  porti
ricompresi nel sistema portuale dalle  aree  tutelate  per  legge  ai
sensi dell'art. 142, comma 1, del d.lgs. n.  42  del  2004  (art.  4,
comma 1-septies, lettera a, di modifica del comma 1-septies dell'art.
5 della legge n. 84 del 1994), tramite  la  loro  equiparazione  alle
zone territoriali omogenee B di cui al decreto  del  Ministro  per  i
lavori pubblici 2  aprile  1968,  n.  1444  (Limiti  inderogabili  di
densita' edilizia, di  altezza,  di  distanza  fra  i  fabbricanti  e
rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e
produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, al
verde pubblico o a parcheggi da osservare ai  fini  della  formazione
dei  nuovi  strumenti  urbanistici  o  della  revisione   di   quelli
esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.  765);
b) previsto una procedura semplificata di  adozione  delle  modifiche
non sostanziali al piano regolatore portuale (cosiddetti  adeguamenti
tecnico-funzionali,  ex  art.  4,  comma  1-septies,  lettera  e,  di
modifica del comma 5 dell'art. 5 della legge  n.  84  del  1994);  c)
disposto  che,  per  i  porti  ancora   dotati   di   PRP   approvati
antecedentemente al 1994 (meri piani di opere), nell'ipotesi  in  cui
il Comitato di gestione dell'AdSP ravvisi la necessita' di realizzare
opere in via d'urgenza, il  piano  operativo  triennale  (POT)  puo',
transitoriamente, definire la destinazione funzionale delle  relative
aree, ed e', in tal caso,  soggetto  ad  approvazione  del  Ministero
delle infrastrutture e della mobilita'  sostenibile  (art.  4,  comma
1-septies, lettera a, che novella l'art.  5,  comma  1-sexies,  della
legge n. 84 del 1994). 
    Il medesimo decreto-legge, come convertito,  detta,  infine,  due
regole sul proprio regime applicativo: 1) il comma  1-octies  prevede
che le modifiche apportate all'art. 5 non si applicano  ai  documenti
di pianificazione strategica di sistema approvati  prima  della  loro
entrata in vigore; 2)  il  comma  1-novies  prevede  l'obbligo  delle
regioni  di  adeguamento  dei  propri  ordinamenti   alle   novellate
disposizioni entro 3 mesi dalla loro entrata in vigore. 
    5.- Venendo al merito  delle  numerose  questioni  promosse  alle
ricorrenti, per  norme  impugnate  e  parametri  evocati,  esse,  per
ragioni sistematiche ed espositive, vanno  disaminate  suddividendole
per gruppi tematici, individuati secondo il loro oggetto. 
    6.-   Prioritario   ad   ogni   altro,    per    pregiudizialita'
logico-giuridica, e'  lo  scrutinio  del  gruppo  di  vizi  attinenti
all'esercizio della funzione legislativa  (da  ultimo,  ex  plurimis,
sentenze n. 8 del 2022, n. 186 e n. 115 del 2020). 
    Nel sostenere le doglianze, le ricorrenti indicano chiaramente ed
esaustivamente le competenze legislative e amministrative,  regionali
e  comunali,  asseritamente  lese  dall'atto  legislativo  impugnato,
sicche' anche per esse risulta assolto l'onere di  motivazione  sulla
ridondanza dei vizi. 
    6.1.- L'analisi delle diverse  censure  richiede  di  soffermarsi
sull'iter legislativo delle disposizioni impugnate. 
    Le norme di riforma  della  pianificazione  portuale  sono  state
introdotte dalla legge di conversione (n. 156 del 2021) del  d.l.  n.
121 del 2021. 
    In particolare, risulta dagli atti parlamentari della Camera  dei
deputati  che,  nel  corso  dell'esame  del  disegno  di   legge   di
conversione (AC n. 3278) da parte delle Commissioni  riunite  VIII  e
IX, e' stato proposto, esaminato e approvato  (tra  il  18  e  il  25
ottobre  2021)  un  emendamento  aggiuntivo  contenente  la   riforma
dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994. Di seguito,  l'Assemblea  (il
28  ottobre  successivo)  ha  approvato  il  testo  sottoposto  dalle
Commissioni, esprimendo il voto sull'articolo unico  della  legge  di
conversione, su cui era stata posta la questione di fiducia. 
    Dai lavori parlamentari del Senato della Repubblica (AS n.  2437)
emerge, inoltre, che il testo  e'  approdato  alla  VIII  Commissione
permanente il 2 novembre  2021,  nell'imminenza  della  scadenza  del
termine per convertire il decreto-legge (9 novembre 2021), e, dopo il
suo esame e il parere favorevole, in esito a quattro sedute, e' stato
sottoposto (4 novembre  2021)  alla  votazione  dell'Aula  l'articolo
unico della legge di conversione, con apposizione della fiducia. 
    Le  disposizioni  approvate,   per   come   rappresentato   dalle
ricorrenti e riscontrabile  nei  lavori  parlamentari,  corrispondono
sostanzialmente  a  quelle  contenute   nella   proposta   di   legge
presentata, presso la Camera dei deputati, il 30 novembre 2020  dagli
onorevoli Paita e Nobili (AC n. 2807) per la riforma, tra gli  altri,
dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994, rimasto  all'esame  della  IX
Commissione, in sede referente, nell'aprile del 2021. 
    6.2.- Alla luce di tale premessa, tutte  le  questioni  in  esame
risultano non fondate. 
    6.2.1.- Si dolgono, anzitutto, le ricorrenti della disomogeneita'
delle norme impugnate rispetto al decreto-legge in  esame,  deducendo
la violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,  e  (la  sola  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia) dell'art. 72, primo comma, Cost.  per
abuso del procedimento di conversione. 
    Il difetto di collegamento tra i due atti normativi  risiederebbe
nella circostanza che il primo conteneva disposizioni attinenti  solo
agli investimenti e alla sicurezza  del  trasporto  marittimo  e  non
anche alle competenze amministrative in materia portuale, oggetto  di
una distinta proposta  di  legge.  L'insussistenza  della  necessaria
correlazione sarebbe, poi, confermata dal difetto di urgenza di norme
che sono di non immediata applicazione,  ma  rivolte  a  regolare  la
futura pianificazione. 
    Le doglianze non hanno fondamento. 
    Secondo il costante orientamento di questa  Corte,  la  legge  di
conversione rappresenta una legge «funzionalizzata  e  specializzata»
alla   stabilizzazione   dell'originario   decreto-legge,   con    la
conseguenza che non puo' aprirsi  a  oggetti  eterogenei  rispetto  a
quelli originariamente contenuti nel d.l.,  ma  puo'  solo  contenere
disposizioni coerenti  con  quelle  originarie  dal  punto  di  vista
materiale o finalistico (da ultimo, sentenze n. 245 del 2022, n.  210
del 2021 e n. 226  del  2019).  Diversamente,  l'iter  procedimentale
semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, «potrebbe essere
sfruttato per scopi estranei a quelli  che  giustificano  l'atto  con
forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche  di  confronto
parlamentare» (sentenza n. 32 del 2014). 
    La Corte ha, peraltro, precisato che la violazione  dell'art.  77
Cost. si determina solo quando le disposizioni aggiunte  in  sede  di
conversione siano  totalmente  «estranee»  o  addirittura  «intruse»,
cioe' tali da interrompere ogni correlazione tra il  decreto-legge  e
la legge di conversione (sentenza n. 251 del  2014),  rimarcando  che
solo la palese estraneita' delle norme impugnate rispetto all'oggetto
e alle finalita' del decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012),  oppure
la «evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra
le disposizioni incorporate  nella  legge  di  conversione  e  quelle
dell'originario decreto-legge» (sentenza n. 154  del  2015),  possono
inficiare di per  se'  la  legittimita'  costituzionale  delle  norme
introdotte con la legge di conversione (sentenze n. 247 e n. 226  del
2019). 
    Nella specie, l'assunto che le norme censurate, approvate in sede
di conversione, siano del tutto estranee al contenuto originario  del
decreto-legge che le contiene non puo' essere condiviso  per  diverse
ragioni. 
    Come evincibile dal titolo, dal preambolo e dall'esame delle  sue
disposizioni, il decreto-legge adottato dal Governo  e'  intervenuto,
tra l'altro, in tema di investimenti e sicurezza delle infrastrutture
e dei trasporti ai dichiarati scopi di migliorare la mobilita' tra le
diverse regioni, ridurre  il  divario  infrastrutturale  esistente  e
incrementare la sicurezza della circolazione e delle infrastrutture. 
    Ai trasporti marittimi, in particolare, era gia' dedicato  l'art.
4, il quale e' intervenuto anche sulla  legge  n.  84  del  1994  con
modifiche alle circoscrizioni territoriali delle AdSP  della  Regione
Siciliana e della Regione  autonoma  Sardegna,  per  «assicurare  una
programmazione sistemica delle  infrastrutture  portuali  distribuite
lungo» le loro coste. 
    Inoltre, deve considerarsi che il d.l. n. 121 del  2021  contiene
norme (nel preambolo e agli articoli da 10 a 12) per l'attuazione del
Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato il 13 luglio  2021
dal Consiglio Ecofin dell'Unione europea, tra i cui obiettivi in tema
di  «infrastrutture»  (missione  3)  vi  e'  il  potenziamento  della
competitivita'  del  sistema  portuale  con  implemento   della   sua
integrazione nella catena logistica (componente 2  «intermodalita'  e
logistica integrata»). Tra le  prime  misure  da  realizzare  per  il
raggiungimento di tali  traguardi,  il  Piano  individua  proprio  la
«Semplificazione delle procedure per il  processo  di  pianificazione
strategica» avente ad oggetto «l'aggiornamento  della  pianificazione
portuale per garantire una visione strategica  del  sistema  portuale
italiano». 
    E' pertanto evidente che  la  riforma  della  programmazione  dei
sistemi  portuali  e  della  pianificazione  dei  porti  -   atta   a
valorizzare, con la razionalizzazione di opere  e  servizi,  il  loro
ruolo  di  snodo  logistico   in   un   contesto   sistemico   e   di
interconnessione alle infrastrutture di terra - non  puo'  dirsi  del
tutto estranea, per oggetto e  finalita',  all'originario  intervento
normativo in tema di sviluppo delle infrastrutture e dei trasporti. 
    Quanto  ora  affermato  vale  a  superare  anche  gli   ulteriori
argomenti in proposito spesi dalle ricorrenti, tutti ancora  volti  a
dimostrare la - insussistente, come si e' detto - eterogeneita' delle
norme aggiunte rispetto all'originario decreto-legge. 
    6.2.2.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  lamenta,  poi,
la violazione dell'art. 77 Cost. per inidoneita' del decreto-legge  a
introdurre riforme di sistema. 
    Anche questa censura non e' fondata. 
    Deve rilevarsi che il d.l. n.  121  del  2021,  come  convertito,
modifica si' la legge n. 84  del  1994,  intitolata  «Riordino  della
legislazione in materia portuale», ma la sua  portata  innovativa  e'
solo parziale (si veda, similmente, per l'esclusione della portata di
sistema di talune riforme, perche' limitate a  interventi  settoriali
sulla disciplina, sentenze n. 33 del 2019, n. 99 del 2018  e  n.  287
del 2016). 
    La novella, infatti, ha ad oggetto solo  le  previsioni  relative
alla  programmazione  dell'area   del   sistema   portuale   e   alla
pianificazione dei porti, mentre la legge quadro ha  un  respiro  ben
piu' ampio,  disciplinando  anche  l'organizzazione  e  le  attivita'
portuali, le funzioni delle Autorita' di sistema  portuale  (AdSP)  e
taluni aspetti lavoristici e previdenziali dei  lavoratori  portuali.
La circostanza che le norme impugnate riguardino solo taluni  profili
della legge quadro, per quanto importanti, vale di per se', e  al  di
la' d'ogni altra considerazione, a escludere che quella  in  discorso
possa considerarsi una "riforma di sistema". 
    6.2.3.- La Regione autonoma denuncia, ancora, che le modalita' di
approvazione delle norme censurate violino l'art.  72,  primo  comma,
Cost.  per  radicale  alterazione  del  procedimento   ordinario   di
approvazione della legge. 
    Secondo la ricorrente,  l'apposizione  in  entrambi  i  rami  del
Parlamento della questione di fiducia sull'articolo unico della legge
di conversione, da un lato,  avrebbe  impedito  l'approvazione  della
riforma articolo per articolo da parte  di  ciascuna  Assemblea,  per
come prescritto dalla norma costituzionale,  e,  dall'altro,  avrebbe
dato luogo  ad  un  procedimento  per  commissione  «sostanzialmente»
redigente,  al  di  fuori  dei  casi   consentiti   dai   regolamenti
parlamentari, impedendo  ancora  una  volta  all'aula  l'esame  delle
singole disposizioni. 
    La questione non e' fondata. 
    Va, anzitutto,  rammentato  che  questa  Corte  e'  competente  a
giudicare in  ordine  al  rispetto  delle  norme  costituzionali  sul
procedimento legislativo, ma non anche in ordine  al  rispetto  delle
previsioni dei regolamenti parlamentari della Camera  e  del  Senato,
per la cui eventuale violazione operano rimedi interni alle Assemblee
parlamentari,  alle  quali   sole   spetta   il   giudizio   relativo
all'interpretazione e all'applicazione delle previsioni regolamentari
(cosi', per tutte, sentenze n. 237 del 2013, n. 78 del 1984  e  n.  9
del 1959). 
    Cio' premesso, nella specie non e' ravvisabile alcuna  violazione
dell'art. 72 Cost. 
    La discussione e la votazione delle Assemblee - che, come  si  e'
poc'anzi visto, sono state precedute dall'esame in sede referente  da
parte  delle   commissioni   competenti   -   si   sono   concentrate
sull'articolo  unico  del  disegno  di  legge  di   conversione   del
decreto-legge: il che, come  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
rilevare, non e' di per se' lesivo di quanto  disposto  dall'art.  72
Cost. (sentenze n. 237 del 2013 e n. 391 del 1995). 
    Invero, la circostanza che esame e votazione si siano manifestati
con tali modalita'  «non  significa,  peraltro,  che  le  Camere  non
abbiano  potuto  decidere  con   piena   cognizione   di   tutte   le
modificazioni apportate» (sentenza n. 391 del 1995),  essendo  queste
tutte allegate all'articolo unico, sicche'  tutte  potevano  «formare
oggetto, se non di  voto  separato,  di  discussione  nell'ambito  di
ciascuna Camera» (ancora sentenza n. 391 del 1995). 
    6.2.4.- In ultimo, entrambe le Regioni  ricorrenti  lamentano  la
violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt.  5
e 120 Cost. nel procedimento di approvazione delle norme impugnate. 
    Anche queste questioni non sono fondate. 
    La giurisprudenza di questa Corte afferma  costantemente  che  il
principio di  leale  collaborazione  non  si  impone,  di  norma,  al
procedimento legislativo, salvo per il caso di legislazione  delegata
ove ricorra uno stretto intreccio fra materie e  competenze  (tra  le
tante, sentenze n. 169 del 2020, n. 44 del 2018, n. 237 e n. 192  del
2017, nonche' n. 251 del 2016). 
    Il rilievo, sul piano della  legittimita'  costituzionale,  della
consultazione con le regioni e' esclusa a maggior  ragione  nel  caso
del decreto-legge - la cui adozione e' condizionata dal secondo comma
dell'art. 77 Cost. soltanto al presupposto dei casi  straordinari  di
necessita' e urgenza (sentenze n. 194 del 2019, n. 137 e  n.  17  del
2018) - e, soprattutto, nell'ipotesi, come  quella  in  esame,  della
conversione  in  legge,  il  cui  procedimento  ha   tempi   stretti,
costituzionalmente stabiliti. 
    7.-  Occorre  a  questo  punto  esaminare  i  diversi  gruppi  di
questioni aventi ad oggetto il  contenuto  precettivo  delle  singole
norme statali di riforma dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994. 
    7.1.- Posto che in tutte dette censure e' lamentata, quale motivo
principale, la violazione del riparto di  competenze,  diretta  o  in
ridondanza, occorre anzitutto  identificare  l'ambito  materiale  cui
ricondurre la disciplina impugnata. 
    La Regione Toscana lamenta,  in  particolare,  l'invasione  della
potesta' legislativa  attribuita  in  via  concorrente  alle  regioni
dall'art. 117, terzo comma, Cost. nelle materie «porti [...] civili»,
«governo del territorio», «tutela e sicurezza del lavoro», e, in  via
residuale,  dall'art.  117,  quarto  comma,   Cost.   nelle   materie
«turismo», «attivita' produttive» e «commercio». 
    La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  assume,  in  prima
battuta, il contrasto delle  disposizioni  statali  con  i  parametri
statutari che le attribuiscono competenza legislativa primaria  nelle
materie «urbanistica», «viabilita'» e «trasporti» (art. 4, numeri 12,
9 e 11 dello statuto speciale, per come attuato dagli artt. 9  e  11,
comma 1, lettera aa, del d.lgs. n. 111 del 2004). In seconda battuta,
anche la Regione  autonoma  lamenta  la  violazione  dei  criteri  di
riparto  della  potesta'  legislativa  concorrente  stabilita   dalla
Costituzione nelle  materie  «porti  [...]  civili»  e  «governo  del
territorio», nonche' dall'art. 5, numero 12), dello statuto  speciale
nella materia «linee marittime». 
    In  via  subordinata,  le  ricorrenti  censurano  le  norme   per
illegittima chiamata in sussidiarieta', per difetto di presupposto  e
per carenza  di  previsione  di  adeguata  forma  di  collaborazione,
individuata nell'intesa. 
    7.1.1.- Ai fini  dell'individuazione  dell'ambito  materiale  cui
ricondurre la disciplina impugnata, occorre tener  conto,  secondo  i
criteri enunciati dalla  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
della sua ratio, della finalita' che persegue e  del  suo  contenuto,
tralasciando  la  considerazione  degli  aspetti  marginali  e  degli
effetti riflessi (tra le altre, sentenze n. 193 e n. 70 del 2022,  n.
56 del 2020, n. 164, n. 137 e n. 116 del 2019). 
    Ebbene, e' agevole, anzitutto,  rilevare  che,  nella  disciplina
statale in esame, non vengono in rilievo, se non marginalmente  o  di
riflesso,   le   materie   «viabilita'»,   «trasporto»,    «turismo»,
«commercio», «attivita' produttive», «tutela e sicurezza del lavoro». 
    Essa,   piuttosto,   attenendo   in    estrema    sintesi    alla
"programmazione e pianificazione portuale",  incide  contestualmente,
come ne rivela anche il nome, sulle materie «porti  [...]  civili»  e
«governo  del   territorio»,   e,   dunque,   anche   sulla   materia
«urbanistica», di cui all'art. 4, numero 12), dello statuto speciale. 
    Tale  interferenza  materiale  deve  essere  risolta  secondo  il
criterio della prevalenza (tra le altre, sentenze n. 35 del 2021,  n.
170 del 2019 e n. 126 del 2014); ne consegue che, in ragione del  suo
nucleo essenziale, la disciplina contestata va ascritta alla  materia
«porti [...] civili». 
    La  pianificazione   portuale   e',   infatti,   regolamentazione
settoriale dell'assetto dell'area portuale  preordinata  al  corretto
svolgimento e allo sviluppo  dei  relativi  traffici  e,  come  tale,
prevale per "specialita'"  sulla  regolazione  generale  propria  del
governo del territorio e  dell'urbanistica.  Questa,  pur  nella  sua
nozione  piu'  ampia  di  globale   disciplina   dell'uso   e   delle
trasformazioni del territorio, «non esclude la configurabilita' [...]
di valutazioni e discipline diverse, neppure se improntate anche esse
ad analoghe esigenze di integralita' e di globalita'» (cosi' sentenza
n. 359 del 1985). 
    A tale ascrizione materiale questa Corte ha gia', d'altro  canto,
proceduto per il piano strategico nazionale della portualita' e della
logistica cui il DPSS deve essere coerente e a cui il PRP, nei  porti
amministrati  dalle  Autorita'  di  sistema,  deve  dare   attuazione
(sentenza n. 261 del 2015). 
    Non sono fondate, dunque, le censure con cui in via principale le
Regioni ricorrenti invocano titoli di competenza in  materia  diversa
dai «porti [...] civili». 
    7.2.- Dalla riconducibilita' delle disposizioni impugnate a  tale
materia di legislazione concorrente deriva che le norme dettate dallo
Stato possano trovare legittimazione se ne  stabiliscono  i  principi
fondamentali, secondo quanto previsto  dall'art.  117,  terzo  comma,
Cost., o se dettate per effetto della «chiamata in sussidiarieta'». 
    Quanto ai primi occorre ricordare che, secondo la  giurisprudenza
costante di questa Corte, la qualificazione di  una  norma  di  fonte
statale, quale principio fondamentale di una  materia  di  competenza
legislativa concorrente cui le Regioni devono adeguarsi, deve  essere
valutata, avendo riguardo  al  contenuto  della  stessa  e  alla  sua
funzione nel sistema (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 44 del  2021,
n. 78 del 2020, n. 94 del 2018, n. 16 del  2010),  in  considerazione
delle «esigenze di coerenza sistematica e di  uniformita'  a  livello
nazionale della disciplina» (sentenza n. 166 del 2021). 
    Quanto  al  meccanismo  della  chiamata   in   sussidiarieta'   -
costantemente richiamato da questa Corte a partire dalle sentenze  n.
303 del 2003 e n. 6 del 2004 -  pur  nelle  materie  di  legislazione
concorrente o residuale, le esigenze di carattere unitario  abilitano
lo Stato ad accentrare l'esercizio delle funzioni amministrative,  ai
sensi dell'art. 118 Cost., e al tempo stesso a regolarne l'esercizio.
Affinche'  l'intervento  normativo  statale   "in   attrazione"   sia
costituzionalmente legittimo e' necessario che la disciplina  dettata
sia logicamente pertinente, risulti limitata  a  quanto  strettamente
indispensabile e preveda adeguati meccanismi di  cooperazione  con  i
livelli di governo coinvolti per l'esercizio concreto delle  funzioni
amministrative allocate in capo agli organi  centrali  (ex  plurimis,
sentenze n. 123 e n. 40 del 2022, n. 246 del 2019, n. 142 e n. 7  del
2016). 
    7.3.- Con riferimento alla fattispecie  in  esame,  questa  Corte
ritiene, innanzitutto, che l'intervento statale in  attrazione  trovi
presupposto legittimante nelle esigenze unitarie, che  risultino  non
sproporzionate o irragionevoli (tra le altre,  sentenze  n.  170  del
2017 e n. 142 del 2016). 
    Le modifiche apportate alla programmazione  dei  diversi  sistemi
portuali  e  alla  pianificazione  dei  singoli  porti  di  rilevanza
internazionale   e   nazionale   -   in   disparte   la   valutazione
contenutistica delle diverse norme - sono atte ad accelerare i  tempi
di adozione dei relativi  strumenti  regolatori  (DPSS  e  PRP)  e  a
razionalizzarne il contenuto, per  consentire  il  potenziamento  dei
porti in termini di opere strutturali e di connessione con la  catena
logistica nazionale e internazionale. 
    L'intervento  del  legislatore  ha  voluto  dare  risposta   agli
elementi di criticita' del sistema portuale italiano costituiti dalla
carenza di opere, servizi e interconnessione.  Criticita'  accentuate
dal rilievo che, pur a seguito della riforma del 2016-17,  persistono
scali con piani adottati antecedentemente alla legge n. 84 del 1994 e
dunque privi di valore pianificatorio. 
    La novella del 2021, proprio in tale ottica, e' stata  assunta  a
tassello degli interventi di rilancio economico  ed  infrastrutturale
del paese previsti nel PNRR («Riforma  1.1  -  Semplificazione  delle
procedure per il processo di pianificazione strategica»  del  sistema
portuale  italiano  come  misura  di  attuazione  della  Missione   3
componente 2 «Intermodalita' e logistica integrata»), la cui puntuale
e sollecita attuazione  e'  normativamente  definita  di  «preminente
valore di interesse nazionale» (art. 1, comma 2, del d.l. n.  77  del
2021, come convertito). 
    D'altronde, questa Corte aveva gia' prefigurato che il  carattere
di rilevanza  economica  internazionale  o  di  preminente  interesse
nazionale  dei  porti  avrebbe  potuto  «giustificare  la  competenza
legislativa ed amministrativa dello Stato su di essi  sulle  connesse
aree portuali» (sentenze n. 412 del 2008, n. 255 del 2007, n. 90 e n.
89 del 2006). 
    7.4.- Quanto al riscontro dei necessari strumenti  collaborativi,
i ricorsi assumono che, per il  tipo  di  interessi  coinvolti,  essi
dovrebbero necessariamente consistere nell'intesa in senso forte. 
    7.4.1.-Tale  forma  di   collaborazione   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia ritiene  sia,  anzi,  imposta  dalle  norme  di
attuazione dello statuto per il trasferimento di funzioni in  materia
di viabilita' e trasporti. 
    L'invocazione da parte della Regione autonoma  di  una  specifica
previsione normativa non ha fondamento. 
    L'art. 11, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 111 del 2004,  nel
disciplinare il  trasferimento  delle  funzioni  amministrative  alla
Regione in materia di trasporti, individua tra  quelle  rimaste  allo
Stato, per esigenze  di  unitarieta',  la  «fissazione  dei  principi
fondamentali [...] nei porti di rilievo  nazionale  e  internazionale
[...] per la pianificazione,  programmazione  e  progettazione  degli
interventi aventi ad oggetto la costruzione, la gestione, la bonifica
e la manutenzione dei porti e delle vie di navigazione,  delle  opere
edilizie  a  servizio  dell'attivita'   portuale,   dei   bacini   di
carenaggio, di fari e fanali» e prescrive che la  fissazione  avvenga
«previa intesa». 
    La norma risulta non conferente con la  regolazione  territoriale
in termini di ripartizione  di  essa  in  aree  (zonizzazione)  e  di
individuazione della collocazione di  future  opere  (localizzazione)
propria dei  piani  urbanistici,  essendo  piuttosto  sussumibile  in
quella attivita', sicuramente con  la  prima  connessa,  ma  da  essa
distinta  e  successiva,  di  previsione  e  progettazione  di  opere
pubbliche. 
    7.4.2.- Escluso, dunque, il ricorrere nella  specie  di  puntuali
previsioni che impongano l'intesa, come di norme  costituzionali  che
impongano che la collaborazione regionale debba  consistere  in  essa
(sentenza  n.  214  del  2006),  deve  rammentarsi  che  i  necessari
strumenti di collaborazione non sono univoci, ma si diversificano «in
relazione  al  tipo  di  interessi  coinvolti   e   alla   natura   e
all'intensita' delle esigenze unitarie che devono essere soddisfatte»
(sentenza n. 62 del 2005) nonche' alle competenze incise. 
    In   particolare,   nelle   materie   di   potesta'   legislativa
concorrente, la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto adeguato il
parere obbligatorio,  anche  non  vincolante,  per  atti  generali  o
regolatori  di  carattere  "tecnico"  e  per  provvedimenti  puntuali
incidenti su interessi specifici (sentenze n. 278 del  2010,  n.  214
del 2006, n. 285 e n. 383 del 2005), e piuttosto, richiesto l'intesa,
ora nella forma debole ora in quella forte, in relazione ad  atti  di
programmazione o di ripartizione delle risorse o ad atti incidenti su
rilevanti interessi regionali (tra le  altre,  sentenze  n.  123  del
2022, n. 165 del 2011 e n. 285  del  2005;  nella  specifica  materia
portuale, sentenze n. 261 del 2015, n. 79  del  2011  e  n.  378  del
2005). 
    La  non  univocita'  di  funzioni  disciplinate  e  di  interessi
coinvolti dalle disposizioni impugnate non rende,  allora,  possibile
individuare, in termini  generali,  l'adeguatezza  di  una  specifica
forma  collaborativa,  che  va  pertanto  valutata  in  concreto  con
riferimento all'oggetto della disciplina (DPSS, PRP, piano  operativo
triennale). 
    8.- In relazione al DPSS, le Regioni deducono, in primo luogo, la
violazione del principio di leale  collaborazione  perche'  e'  stata
loro sottratta la competenza ad approvarlo; si  dolgono,  poi,  dello
slittamento  dell'acquisizione  del  parere   comunale   dalla   fase
precedente l'adozione del DPSS a quella  ad  esso  successiva  (vizio
dedotto dalla sola Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia) e, infine,
della previsione che il parere  comunale  e  regionale  debba  essere
espresso  in  quarantacinque  giorni  e  che  la  sua  omissione  sia
superabile con il meccanismo devolutivo  del  silenzio  significativo
(il parere non espresso e' ritenuto infatti «non ostativo»). 
    In via ulteriore, la Regione autonoma si duole,  anche  sotto  il
profilo  della  violazione  del   principio   del   buon   andamento,
dell'abrogazione della norma che prevedeva la relazione  illustrativa
di accompagnamento al DPSS (previgente art. 5, comma  1-bis,  lettera
c, della legge n.  84  del  1994),  perche'  l'eliminazione  di  essa
costituirebbe  ostacolo  alle  valutazioni  sul  documento   a   essa
spettanti. 
    Le questioni promosse sono fondate nei termini che seguono. 
    8.1.- Il principio  di  leale  collaborazione  impone,  in  primo
luogo, che  l'AdSP  accompagni  il  DPSS  redatto  con  un  documento
esplicativo. Diversamente, per i  ristretti  termini  assegnati  alle
valutazioni e per la complessita' di queste anche sul piano  tecnico,
regioni e comuni non sarebbero posti nella condizione  di  esprimersi
con la dovuta consapevolezza. 
    Va, pertanto, dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 4,
comma  1-septies,  lettera  a),  del  d.l.  n.  121  del  2021,  come
convertito, nella parte in cui, sostituendo l'art. 5, comma 1,  della
legge n. 84 del 1994, non prevede che il DPSS sia accompagnato da una
relazione illustrativa che descriva i criteri seguiti  nel  prescelto
assetto del sistema e gli indirizzi per la futura pianificazione. 
    Rimane assorbita l'ulteriore questione per  violazione  dell'art.
97 Cost. 
    8.2.- Fondata e' anche la censura volta a lamentare l'assenza  di
un idoneo strumento collaborativo nel  procedimento  di  approvazione
del DPSS. 
    Questo riveste i caratteri di documento di programmazione di  una
area vasta (in quanto attiene all'intero sistema portuale)  che  pone
le premesse, i confini e le regole  della  successiva  pianificazione
delle  singole  aree  portuali  e  che  individua  il   reticolo   di
collegamento tra i porti e le infrastrutture logistiche di terra:  in
quanto tale, esso incide su una considerevole porzione del territorio
regionale e involge, si badi,  anche  i  porti  regionali  ricompresi
nella circoscrizione dell'Autorita' di sistema. 
    In particolare, nella funzione  rimessagli  di  individuazione  e
delimitazione dell'ambito portuale e delle sue sotto aree  (portuali,
retroportuali,    interazione     porto-citta'     e     collegamenti
infrastrutturali), tale documento finisce per stabilire cio'  che  e'
di   competenza   pianificatoria   dell'AdSP   (aree    portuali    e
retroportuali) e cio'  che  spetta  alla  pianificazione  di  comune,
regione  e  altri  enti  competenti   (interazione   porto-citta'   e
collegamenti infrastrutturali). 
    Nell'esercizio di tale rilevante funzione programmatoria -  ferme
le previsioni sulla adozione da parte  dell'AdSP  e  sul  parere  del
comune  -  non  si  puo',  allora,  prescindere  da   uno   strumento
collaborativo tra Stato e regioni,  quale  l'intesa,  nella  fase  di
approvazione. 
    La conclusione risulta in linea con la sentenza n. 261  del  2015
con cui questa Corte ha stabilito la necessita' di adozione  in  sede
di Conferenza Stato-regioni  del  documento  di  strategia  nazionale
della portualita' e logistica (PSNPL), con il quale, va ricordato, il
DPSS deve essere coerente (art. 5, comma 1, della  legge  n.  84  del
1994, come novellato dal d.l. n. 121 del 2021, come convertito). 
    Il timore che l'intesa per il DPSS porti a lentezze procedurali e
al rischio di paralisi deve superarsi con la previsione di un termine
per la sua formazione e con il meccanismo di superamento del  mancato
accordo, entrambi  mutuabili  dalle  previgenti  disposizioni,  salva
ovviamente una diversa ed eventuale  disciplina  che  il  legislatore
intendesse adottare. 
    Quanto al primo aspetto, l'art. 5 della legge  n.  84  del  1994,
nella precedente formulazione, assegnava alla regione un termine  per
l'approvazione del DPSS, previa intesa con il  Ministero  (allora  di
sessanta giorni dalla adozione del documento); del pari,  un  termine
deve avere ora il Ministero per l'approvazione del documento,  previa
intesa con la regione, in esito  alla  acquisizione  del  parere  del
comune. Seguendo la tempistica ora imposta  dalla  novella,  esso  va
individuato in quarantacinque giorni: tale termine,  in  particolare,
stabilito dal d.l. n. 121 del 2021, come convertito,  per  il  parere
della regione, va ora a scandire la tempistica per il  raggiungimento
della ritenuta necessaria intesa. 
    Quanto al secondo aspetto, l'art. 5 della legge n.  84  del  1994
nella  precedente  formulazione  prevedeva,  in  caso  di   dissenso,
l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 14-quinquies  della
legge n. 241 del 1990. Del pari, per l'intesa ora ritenuta necessaria
da questa Corte, nel caso in cui essa non sia raggiunta, dovra' farsi
applicazione  di  tali  disposizioni  in  quanto  compatibili.  Esse,
infatti, risultano adeguate al principio di leale collaborazione  per
il previsto procedimento di composizione del dissenso  con  reiterate
trattative (sentenza n. 179 del 2012)  e,  solo  in  ultimo,  di  suo
superamento. 
    Va, dunque, dichiarato costituzionalmente illegittimo  l'art.  4,
comma  1-septies,  lettera  a),  del  d.l.  n.  121  del  2021,  come
convertito, nella parte in cui, sostituendo l'art.  5,  comma  1-bis,
della legge n. 84 del 1994, prevede che il  DPSS  «e'  approvato  dal
Ministero delle infrastrutture e della mobilita' sostenibili, che  si
esprime  sentita  la  Conferenza  nazionale  di  coordinamento  delle
Autorita' di  sistema  portuale  di  cui  all'articolo  11-ter  della
presente legge», a seguito di parere della  regione  territorialmente
interessata  da  esprimere  nel  termine  di  quarantacinque  giorni,
anziche'  «e'  approvato,  nei   quarantacinque   giorni   successivi
all'acquisizione del parere del comune, previa intesa con la  regione
territorialmente interessata, dal Ministero  delle  infrastrutture  e
della mobilita' sostenibili che  si  esprime  sentita  la  Conferenza
nazionale di coordinamento delle Autorita' di sistema portuale di cui
all'articolo 11-ter della presente legge.  In  caso  di  mancanza  di
accordo si applicano le disposizioni  di  cui  all'art.  14-quinquies
della legge 7 agosto 1990, n. 241 in quanto compatibili». 
    8.2.1.- Non risulta, invece, lesivo delle prerogative comunali lo
spostamento del parere dello stesso dalla fase  precedente  a  quella
successiva all'adozione del documento. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, che non da'  specifico
sostegno argomentativo alla doglianza, non tiene in debito conto  che
i comuni gia' partecipano nella fase della adozione del DPSS  tramite
i membri di loro nomina al Comitato di gestione e  che  esprimere  il
parere in seguito alla adozione del documento,  semmai,  potenzia  la
ponderazione consultiva. L'espressione  del  giudizio  sul  documento
formato consente, infatti, da un lato una valutazione  piu'  puntuale
e, dall'altro, evidenzia le criticita'  per  la  successiva  fase  di
approvazione. 
    8.3.- La dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  assorbe
la  censura  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia   Giulia,   nei
confronti dello stesso art. 4, comma 1-septies, lettera a), del  d.l.
n. 121  del  2021,  come  convertito,  nella  diversa  parte  in  cui
riformula il  contenuto  del  documento  (comprensivo,  tra  l'altro,
dell'individuazione   e   ripartizione   degli    ambiti    portuali,
dell'individuazione  dei  collegamenti   infrastrutturali   e   degli
attraversamenti dei centri urbani, di cui al novellato art. 5,  comma
1, lettere b, c, e d, della legge n. 84 del 1994) senza prevedere che
sia raggiunta l'intesa su di esso. 
    8.4.- Le questioni promosse verso tali ultime norme sul contenuto
del  documento,  per  violazione  delle   competenze   amministrative
riservate alla regione e ai comuni dagli artt. 118, primo  e  secondo
comma, Cost. e dall'art. 11 dello statuto speciale, sono, invece, non
fondate. 
    L'affidamento al documento di programmazione  dell'individuazione
e  della  ripartizione  degli  ambiti  portuali  (in  aree  portuali,
retro-portuali e di interazione porto-citta') e dei loro collegamenti
con  l'esterno  non  sottrae  a  regioni  e  comuni   le   competenze
amministrative urbanistiche loro riservate. 
    Il novellato art. 5, comma 1-quinquies, della  legge  n.  84  del
1994 (in parte qua non impugnato), invero,  espressamente  ripartisce
la  funzione  pianificatoria  tra  enti  a  seconda  degli  interessi
tutelati: all'AdSP quella sul perimetro portuale, a comune e  regioni
quella sulle aree di interazione porto-citta' e all'«ente competente»
quella sui diversi collegamenti infrastrutturali. 
    La delimitazione geografica  delle  relative  aree  e',  inoltre,
garantita dalla (sopra ritenuta necessaria) intesa ed e'  sindacabile
dal giudice amministrativo. 
    8.5.- Fondata e', invece, la questione con la  quale  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia si duole della competenza del  DPSS  a
ricomprendere negli ambiti portuali «le ulteriori  aree  pubbliche  e
private assoggettate alla  giurisdizione  dell'Autorita'  di  sistema
portuale», esterne alla sua circoscrizione (art. 4, comma  1-septies,
lettera a, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte  in
cui sostituisce l'art. 5, comma 1, lettera b,  seconda  parte,  della
legge n. 84 del 1994). 
    La norma e' costituzionalmente illegittima perche'  in  contrasto
con  le  necessarie  condizioni  di  esercizio  della   chiamata   in
sussidiarieta'. 
    In particolare, la previsione - peraltro dai  contorni  oscuri  -
contrasta con la necessita' che la disciplina statale "in attrazione"
regoli la funzione amministrativa in termini di pertinenza e  stretta
indispensabilita'. 
    Il legislatore  statale,  infatti,  non  indica  alcun  criterio,
geografico o funzionale, per  l'individuazione  di  tali  imprecisate
zone, esterne tanto all'ambito portuale di ciascun porto,  quanto  al
sistema.  Viene,  cosi',  rimessa  alla  stessa  Autorita'   chiamata
all'esercizio  delle  funzioni  amministrative  l'individuazione  del
perimetro territoriale in cui esse possono essere esercitate. 
    Deve essere, quindi, dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 4, comma 1-septies, lettera a), del d.l. n. 121  del  2021,
come convertito, nella parte in cui sostituisce l'art.  5,  comma  1,
lettera b), della legge n. 84 del  1994,  limitatamente  alle  parole
«che   comprendono,   oltre    alla    circoscrizione    territoriale
dell'Autorita' di sistema portuale, le ulteriori  aree,  pubbliche  e
private, assoggettate alla giurisdizione  dell'Autorita'  di  sistema
portuale». 
    Rimangono  assorbiti  gli  ulteriori  profili  di  illegittimita'
costituzionale dedotti dalla Regione a statuto speciale. 
    9.- Un ulteriore gruppo di questioni ha ad oggetto le  norme  che
danno nuova disciplina ai piani regolatori portuali inerenti ai porti
di rilevanza economica nazionale  e  internazionale  (art.  4,  comma
1-septies, lettere a, b, ed  e,  del  d.l.  n.  121  del  2021,  come
convertito, che hanno novellato l'art. 5 della legge n. 84 del  1994,
rispettivamente, ai commi 1-quater, 1-quinquies,  primo  periodo;  ai
commi 2-bis e 2-ter; e al comma 5). 
    9.1.- Devono essere affrontate, anzitutto, le censure con cui  si
contestano le norme che assegnerebbero nuova valenza al PRP  di  tali
porti in termini di prevalenza sugli strumenti  urbanistici  generali
(art. 4, comma 1-septies, lettere a e b del d.l.  n.  121  del  2021,
come convertito, che modifica i  commi  1-quinquies,  primo  periodo,
2-bis e 2-ter dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994), in primis  per
la  dedotta  violazione  dei  criteri  di  riparto   della   potesta'
legislativa concorrente in materia «porti [...] civili». 
    Le questioni non sono fondate. 
    Le novellate  disposizioni  prevedono  che  «[l]a  pianificazione
delle  aree  portuali  e  retro-portuali  e'   competenza   esclusiva
dell'Autorita' di sistema portuale» (art. 5, comma 1-quinquies),  che
«[Il] PRP e' un piano territoriale di rilevanza statale e rappresenta
l'unico strumento di pianificazione e di governo del  territorio  nel
proprio perimetro di competenza» (art.  5,  comma  2-ter)  e  che  la
valutazione consultiva regionale e comunale su di esso  sia  di  mera
coerenza con le previsioni degli strumenti urbanistici (per  le  sole
aree di cerniera tra il porto e la  citta')  (art.  5,  comma  2-bis,
lettera b). 
    Esse,   tanto   singolarmente   quanto   nel   loro    complesso,
effettivamente, assegnano preminenza al PRP nel suo  rapporto  con  i
piani urbanistici generali. 
    Cio', peraltro, non fa che riportare il piano regolatore portuale
al  generale  principio  urbanistico  della  prevalenza   dei   piani
settoriali,  quali  piani  funzionalmente  finalizzati,   su   quelli
generali.  Il  PRP,  infatti,  deve  dare  speciale   disciplina   al
territorio portuale in quanto preordinato alla tutela dello specifico
interesse pubblico  al  corretto  svolgimento  e  allo  sviluppo  del
traffico marittimo nazionale e internazionale. 
    Il legislatore con le disposizioni impugnate ha, quindi, corretto
l'originaria  distonia  della  previgente  subordinazione  del  piano
regolatore portuale al piano regolatore  generale,  in  coerenza  con
quanto gia' ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 408 del 1995,
secondo cui la  regola  della  prevalenza  dei  piani  settoriali  e'
principio fondamentale della materia urbanistica; e tale  assunto  va
ora confermato  anche  con  riferimento  alla  materia  «porti  [...]
civili». 
    9.2.- La qualificazione della regola della "prevalenza"  del  PRP
dei porti  nazionali  e  internazionali  sui  piani  urbanistici,  in
termini di principio fondamentale della  materia,  conduce  alla  non
fondatezza delle questioni che hanno ad oggetto norme ad esso  legate
per evidente rapporto di coessenzialita' e di necessaria integrazione
(sentenze n. 272 del 2013, n. 16 del 2010, n. 237 del 2009 e  n.  430
del 2007). 
    Sono,  pertanto,  non  fondate  le  questioni   di   legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto: a) la norma che ammette nelle  aree
retro-portuali solo attivita' accessorie alle funzioni portuali (art.
4, comma 1-septies, lettera a, che  ha  modificato  l'art.  5,  comma
1-quater, secondo periodo, della legge n.  84  del  1994).  La  norma
limita il potere pianificatorio "prevalente" dell'Autorita'  portuale
nell'area di sua competenza e, diversamente da quanto sostenuto dalla
ricorrente, tale limitazione e' garanzia  e  non  frustrazione  degli
interessi territoriali, al pari  della  previsione,  contenuta  nello
stesso articolo, secondo cui nelle aree  del  porto  sono  consentite
esclusivamente le funzioni portuali; b) la norma che, per  l'adozione
delle modifiche che non alterano in modo sostanziale la struttura del
PRP (definiti adeguamenti tecnici funzionali), abroga  la  necessita'
della verifica, richiesta in precedenza,  dell'assenza  di  contrasto
con gli strumenti urbanistici in relazione alle aree  di  interazione
porto-citta' (art. 4, comma 1-septies, lettera e, del d.l. n. 121 del
2021, come convertito, che modifica il  comma  5  dell'art.  5  della
legge n. 84 del  1994).  L'abrogazione  e'  logico  corollario  della
necessita'  della  sola  coerenza  tra   pianificazione   perimetrale
portuale e pianificazione urbanistica delle  aree  contigue  (vigente
art. 5, comma 2-bis, della legge n. 84 del 1994).  Le  modifiche  non
sostanziali a un PRP gia' approvato  non  sono,  peraltro,  idonee  a
incidere negativamente sul suo assetto ne' sul rapporto con  le  aree
contigue, rimesse alla pianificazione regionale e comunale. 
    9.3.-  Le  ricorrenti  si  dolgono  anche  della   illegittimita'
costituzionale  delle  norme  che  disciplinano  il  procedimento  di
approvazione del PRP dei porti nazionali e  internazionali  (art.  4,
comma  1-septies,  lettera  b,  del  d.l.  n.  121  del  2021,   come
convertito, nella parte in cui riforma l'art. 5, comma  2-bis,  della
legge n. 84 del 1994), ancora  per  l'inadeguatezza  della  forma  di
concertazione prevista. 
    Le ricorrenti, in particolare, denunciano la marginalizzazione da
parte della novella del loro ruolo nell'ambito  del  procedimento  di
approvazione del PRP, in quanto all'intesa richiesta tra il comune  e
l'AdSP in fase di adozione del piano e alla approvazione di questo da
parte della regione, previste nella previgente disciplina, la riforma
ha  sostituito  la   competenza   all'adozione   e   all'approvazione
dell'Autorita' di sistema su mero parere regionale  e  comunale  (per
giunta, relativo alla mera coerenza con gli strumenti urbanistici  in
relazione  alle  aree  porto-citta')  da  rendere  in  quarantacinque
giorni,  decorsi  i  quali  il  parere  deve  intendersi  come   «non
ostativo». 
    Le questioni non sono  fondate,  diversamente  da  quanto  si  e'
ritenuto per il DPSS. 
    Lo specifico interesse all'ordinato ed efficiente sviluppo  della
zona  portuale,  la  prevalenza  "competenziale"  del  PRP  in   tale
perimetro  e  le  esigenze  unitarie  del  potenziamento  dei   porti
nazionali   e   internazionali   rendono   adeguata   la    descritta
partecipazione procedimentale di comune e regione. 
    Portano, nel loro  complesso,  a  tale  conclusione  le  seguenti
considerazioni: a) l'esclusiva pertinenza dell'atto pianificatorio al
perimetro portuale (aree portuali e retro-portuali, novellato art. 5,
comma 1-quinquies, della legge n. 84  del  1994);  b)  la  prevalenza
dell'interesse  statale  allo  sviluppo  dello  snodo   portuale   di
rilevanza nazionale e  internazionale  sugli  interessi  regionali  o
comunali; c) l'adozione, ma anche l'approvazione dello  strumento  da
parte del Comitato di gestione, cui partecipano, per come illustrato,
membri nominati da comune  e  regione;  d)  e,  infine,  la  prevista
sottoposizione del PRP alla VAS (al contrario di quanto stabilito per
il DPSS). 
    Tali  conclusioni  risultano,  per  vero,  coerenti  con   quella
giurisprudenza (gia' citata al  punto  7.4.2.),  che  ha  escluso  la
necessita' dell'intesa  e  ritenuto  sufficiente  il  parere  per  la
disciplina,  attratta  in  sussidiarieta',  di  atti   amministrativi
puntuali o generali  di  carattere  tecnico  incidenti  su  interessi
territorialmente limitati (in particolare, sentenze n. 278 del 2010 e
n. 285 del 2005). 
    A differenza del DPSS, che e' atto di programmazione di una  area
vasta - cui la riforma ha, in particolare, sottratto la competenza  a
stabilire i contenuti sistemici di pianificazione - infatti, il piano
regolatore portuale e' atto amministrativo  generale  che  regola  lo
sviluppo  dello  specifico  ambito  portuale  con  prescrizioni   che
stabiliscono la caratterizzazione e destinazione delle  aree  nonche'
la localizzazione delle opere pubbliche e di pubblica utilita'. 
    9.4.- La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  contesta  le
predette  disposizioni  anche  per  violazione   del   principio   di
ragionevolezza, sia in quanto sarebbe illogico affidare una  funzione
attratta in sussidiarieta' ad autorita' periferiche, sia in quanto la
richiesta di giudizio di coerenza tra  PRP  e  strumenti  urbanistici
avrebbe senso per il comune ma non per la regione, di cui in tal modo
sarebbero totalmente compromesse le competenze in materia portuale. 
    La censura non e' fondata sotto ambedue i dedotti profili. 
    Per un verso, infatti, l'affidamento da parte dello  Stato  delle
competenze pianificatorie dei porti nazionali e  internazionali  alle
Autorita' di sistema portuale risponde alla logica del decentramento.
Queste sono «enti pubblici non economici  di  rilevanza  nazionale  a
ordinamento speciale» (cosi' sentenza n. 208 del 2020), appositamente
istituiti dalla legge quadro per l'esercizio di plurime funzioni  sul
sistema e sui porti in esso ricompresi: non possono  pertanto  essere
qualificate "autorita' periferiche". 
    Per altro verso, la limitazione della valutazione  regionale  sul
PRP alla suddetta sola «coerenza» con gli  strumenti  urbanistici  e'
conseguenza  logica  della  descritta  ripartizione  della   funzione
pianificatoria delle aree. Inoltre,  essa  non  incide  negativamente
sulla  competenza  amministrativa  portuale  regionale:   la   norma,
infatti, non attiene ai porti di rilevanza  economica  regionale,  ma
riguarda solo quelli di rilievo internazionale e nazionale. 
    9.5.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia deduce, altresi',
l'illegittimita' costituzionale delle norme relative ad  approvazione
e valore del PRP, in quanto sarebbero stati estromessi i comuni dalla
funzione urbanistica loro riservata dalla  Costituzione  (artt.  5  e
118) e dallo statuto speciale (art. 11). 
    Le questioni non sono fondate. 
    La giurisprudenza di questa Corte ammette  la  limitazione  della
funzione urbanistica comunale  per  esigenze  generali  purche'  tale
limitazione sia disposta in termini di adeguatezza  e  necessarieta',
secondo un  corretto  bilanciamento  degli  interessi  coinvolti  (da
ultimo, sentenze n. 202 del 2021, n. 119 del 2020 e n. 126 del 2018). 
    Nel caso  di  specie,  la  funzione  pianificatoria  su  porto  e
retro-porto  e'  sottratta  al   piano   urbanistico   comunale   per
l'attuazione del preminente  interesse  allo  sviluppo  del  traffico
portuale  nazionale  e  internazionale,  mentre   la   pianificazione
urbanistica e' garantita all'ente locale in relazione alle  limitrofe
aree di interazione porto-citta'. 
    La prevista ripartizione della funzione  regolatoria  opera,  del
resto, in senso paritario, in quanto, alla pianificazione delle  aree
di raccordo tra zone portuali e zone cittadine il comune provvede,  a
sua  volta,  su  parere  non  vincolante  dell'Autorita'  di  sistema
portuale (vigente art. 5, comma 1-quinquies, della legge  n.  84  del
1994).  Cio'  ancorche'  alcune   di   tali   zone   possano   essere
immediatamente funzionali alle operazioni portuali. 
    10.-  Entrambe  le  Regioni  impugnano,  poi,  l'art.  4,   comma
1-septies, lettera a), nella parte in cui riformula l'art.  5,  comma
1-sexies, della legge n. 84 del 1994,  ancora  per  violazione  della
leale collaborazione nella chiamata in sussidiarieta'. 
    La censura non e' fondata. 
    La disposizione, inserita ex novo, e' dedicata ai soli  porti  in
cui non sono vigenti piani portuali approvati  antecedentemente  alla
legge quadro. 
    Per questi e'  stabilito  che  l'Autorita'  di  sistema,  laddove
ravvisi la necessita' di realizzare opere in  via  di  urgenza,  puo'
prevedere in via transitoria la  «definizione  funzionale  di  alcune
aree  sulla  base  delle  funzioni  [portuali]  ammesse»  nel   piano
operativo  triennale,  il  quale  (esclusivamente  in  tal  caso)  e'
soggetto alla approvazione del MIMS e alla procedura di VAS. 
    Tale piano, occorre ricordare - a mente  dell'art.  9,  comma  5,
lettera b), della legge n. 84 del 1994 - e' strumento «concernente le
strategie di sviluppo delle attivita' portuali e logistiche» e,  come
tale,  individua  gli  obiettivi  delle  attivita'  portuali  e   gli
interventi,  specie  infrastrutturali,  per  darvi  attuazione.   E',
dunque,  al  contempo  atto  preparatorio  e  attuativo   del   piano
regolatore. 
    Ebbene, con la previsione in esame il legislatore statale intende
ovviare al  problema  della  carenza  in  alcuni  porti  nazionali  e
internazionali di PRP con valore pianificatorio, in  quanto  adottati
antecedentemente al 1994 (meri piani di opere): carenza che impedisce
la realizzazione delle opere infrastrutturali. 
    Per  superare  l'impasse,  il  legislatore   ha   ragionevolmente
affidato in via transitoria la "zonizzazione" delle aree,  prodromica
alla edificazione di opere indispensabili per il  traffico  portuale,
all'unico strumento di programmazione in dotazione in tali porti. 
    Avuto, allora, riguardo al contenuto della  disposizione  e  alla
sua funzione nel sistema, deve ritenersi che  anche  essa  assurga  a
principio fondamentale della materia «porti [...] civili». 
    Lo Stato - sul quale grava, ai sensi dell'art. 5, comma 8,  della
legge quadro n. 84 del 1994, lo specifico onere  della  realizzazione
delle opere di  grande  infrastrutturazione  nei  porti  nazionali  e
internazionali   -   ha,   cosi',   affermato   la    regola    della
indefettibilita',  nei  porti  nazionali  e   internazionali,   degli
strumenti pianificatori necessari per gli interventi infrastrutturali
urgenti, in considerazione anche della loro rilevanza per la compiuta
attuazione del PNRR. 
    11.-  Un  ulteriore  gruppo  di  questioni  ha  ad   oggetto   le
disposizioni che incidono sulla tutela paesaggistica. 
    11.1.- Entrambe le Regioni impugnano, in primo luogo,  l'art.  4,
comma  1-septies,  lettera  a),  del  d.l.  n.  121  del  2021,  come
convertito, che introduce il comma 1-septies all'art. 5  della  legge
n. 84 del 1994. 
    La disposizione, da un lato, equipara le  aree  ricomprese  negli
ambiti  portuali  delimitati  dal  DPSS  (o,  nelle   more   di   sua
approvazione, dai PRP) alle «zone territoriali  omogenee  B  previste
dal decreto del Ministro per i lavori  pubblici  2  aprile  1968,  n.
1444,  ai  fini  dell'applicabilita'   della   disciplina   stabilita
dall'articolo 142, comma 2, del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio» e,  dall'altro,  impone  alle  regioni  l'adeguamento  del
proprio piano paesaggistico nel termine di quarantacinque giorni. 
    Ne e' assunto dalla Regione Toscana il contrasto con gli artt.  9
e 117, terzo comma, Cost. (sub valorizzazione dei  beni  culturali  e
ambientali), per il tramite degli artt. 135,  143  e  145  cod.  beni
culturali  che  fissano  i  principi   di   copianificazione   e   di
inderogabilita'  dei  piani  paesaggistici,  con   ridondanza   sulle
competenze  regionali  in  materia  di  governo  del   territorio   e
valorizzazione  dei  beni  ambientali.   Direttamente   pregiudicate,
sarebbero,  le  previsioni  del  PIT  (e  in  particolare  nella  sua
componente costituita dal Masterplan dei porti)  per  la  portualita'
commerciale. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia lamenta la  violazione,
oltre che dell'art. 9, anche dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost. e, infine, dei principi di uguaglianza e ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost. In particolare,  per  tale  ultimo  profilo,  la
ricorrente contesta la sottrazione  delle  aree  costiere  dei  porti
ricompresi in un sistema  al  vincolo  paesaggistico  previsto  dalla
lettera a) dell'art. 142 cod. beni  culturali,  sottrazione  disposta
tramite la loro equiparazione alle zone territoriali omogenee B, gia'
esentate dalle aree tutelate dalla stessa disposizione statale (comma
2 dell'art. 142). Si tratterebbe, infatti, di  fattispecie  tra  loro
non assimilabili. 
    Secondo la ricorrente tali  violazioni  si  riverberebbero  sulle
competenze  amministrative  regionali  nella   tutela   paesaggistica
ricavabili  dall'art.  9  Cost.,  esercitate  con  l'adottato   piano
paesaggistico,  nonche'  sulla  potesta'  legislativa,  di  carattere
attuativo e  integrativo,  riconosciuta  dall'art.  6  dello  statuto
speciale nella materia «tutela del paesaggio». 
    11.1.1.- Le questioni sono fondate in riferimento agli artt. 3  e
9 Cost., con assorbimento delle ulteriori censure. 
    L'art. 142, comma 1, cod. beni culturali prevede, tra gli  altri,
il  vincolo  paesaggistico  (relativo)  per  «i  territori   costieri
compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea  di
battigia, anche per i terreni elevati sul mare». 
    La  norma  da'  «attuazione  al  disposto  del[l'art.]  9   della
Costituzione, poiche' la prima  disciplina  che  esige  il  principio
fondamentale della tutela del paesaggio e'  quella  che  concerne  la
conservazione della morfologia del territorio e dei  suoi  essenziali
contenuti ambientali» (sentenza n. 367 del 2007). Essa, pertanto,  e'
stata costantemente  qualificata  da  questa  Corte  quale  norma  di
riforma economico-sociale (si vedano, tra le tante, sentenze  n.  108
del 2022, n. 71 del 2020, n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226  e  n.  164
del 2009, n. 51 del 2006). 
    Il legislatore individua, poi, nello stesso art.  142  cod.  beni
culturali ipotesi, «nominat[e] e tassativ[e]» (cosi' sentenza  n.  66
del 2012), di deroga alla protezione  paesaggistica  ex  lege  e  tra
queste  le  «aree  che,  alla  data  del  6  settembre  1985,  "erano
delimitate  [...]  negli  strumenti  urbanistici  [...]   come   zone
territoriali omogenee [...] B"». 
    Tale specifica esclusione dal regime di tutela e' stata  prevista
dal legislatore del 1985, in  una  con  l'introduzione  dei  relativi
vincoli   paesaggistici,   per   consentire   nei   centri    abitati
l'ultimazione delle costruzioni  consentite  dai  PRG  in  precedenza
adottati (decreto-legge 27  giugno  1985,  n.  312,  convertito,  con
modificazioni, in legge 8 agosto 1985, n. 431, recante  «Disposizioni
urgenti  per  la  tutela  delle   zone   di   particolare   interesse
ambientale»). 
    L'assimilazione operata dallo  Stato  tra  tali  zone  urbane  di
completamento  e  le  zone   portuali   e',   ictu   oculi,   forzosa
assimilazione di situazioni eterogenee. 
    Si riscontra, dunque, la lamentata violazione  del  principio  di
uguaglianza per ingiustificata omologazione di situazioni  differenti
(ex plurimis, sentenze n. 165 del 2022, n. 185 e n. 143 del 2021,  n.
212 del 2019). 
    Questa Corte ha, d'altronde,  gia'  giudicato  costituzionalmente
illegittima  una  norma  regionale  che,  tramite   analoga   tecnica
assimilativa, aveva incrementato la tipologia delle aree sottratte al
regime vincolistico e cosi' ristretto l'ambito della tutela (sentenza
n. 66 del 2012). 
    11.1.2.- La disposizione viola, al contempo, l'art.  9  Cost.  in
relazione ai parametri interposti costituiti dagli artt.  135  e  143
cod. beni culturali sulla copianificazione paesaggistica. 
    Questi, in particolare, rispettivamente, impongono  l'obbligo  di
elaborazione  congiunta  del  piano   paesaggistico,   con   espresso
riferimento, tra l'altro, alle aree tutelate direttamente dalla legge
ai sensi dell'art. 142 e, nello specifico, per tali  aree  richiedono
che il piano  provveda  alla  loro  ricognizione  e  identificazione,
nonche'  alla  «determinazione  di  prescrizioni  d'uso   intese   ad
assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e,
compatibilmente con essi, la valorizzazione». 
    Questa Corte ha, anzitutto, gia'  chiarito  che  il  «sistema  di
pianificazione delineato dal  codice  di  settore  rappresenta  [...]
attuazione dell'art. 9, secondo comma, Cost. ed e' funzionale  a  una
tutela organica e  di  ampio  respiro,  che  non  tollera  interventi
frammentari e incoerenti» (sentenza n. 187  del  2022;  nello  stesso
senso, sentenze n. 24 del 2022, n. 257 e n. 124 del 2021). 
    In particolare, la protezione del  paesaggio,  in  quanto  valore
primario e assoluto «richiede una strategia  istituzionale  ad  ampio
raggio,  che  si  esplica  in  un'attivita'   pianificatoria   estesa
sull'intero territorio nazionale [...] affidata  congiuntamente  allo
Stato e alle Regioni» (sentenze n. 240 e n. 130 del 2020, n.  86  del
2019 e n. 66 del 2018) e proprio «in questa prospettiva il codice dei
beni culturali e del paesaggio pone,  all'art.  135,  un  obbligo  di
elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento  [tra
l'altro]  alle  aree  tutelate  direttamente  dalla  legge  ai  sensi
dell'art. 142» (ancora sentenza n. 240 del 2020). 
    La disposizione impugnata nel sottrarre le zone ricomprese  negli
ambiti portuali  al  vincolo  paesaggistico  delle  aree  costiere  e
nell'imporre alle regioni il  conseguente  obbligo  di  modifica  dei
piani  paesistici  incide  in  via  unilaterale  sull'assetto   della
pianificazione  paesaggistica,  in  contrasto   con   il   menzionato
principio,  per  di  piu'  risolvendosi,  a  causa  della   descritta
assimilazione tra zone urbane di completamento e zone potuali, in  un
arretramento della protezione del bene paesaggistico. 
    Va, quindi, dichiarato costituzionalmente illegittimo  l'art.  4,
comma  1-septies,  lettera  a),  del  d.l.  n.  121  del  2021,  come
convertito, che introduce il comma 1-septies all'art. 5  della  legge
n. 84 del 1994. 
    Restano assorbite le ulteriori questioni. 
    11.2.- La Regione  autonoma  censura,  ancora,  l'art.  4,  comma
1-septies, lettera b), del d.l. n. 121  del  2021,  come  convertito,
nella parte in cui modifica i commi 2 e 2-ter dell'art. 5 della legge
n. 84 del 1994, perche' le nuove norme sottrarrebbero in tal modo  il
piano regolatore portuale alla subordinazione al piano paesaggistico. 
    La doglianza non ha fondamento. 
    Prevede la prima disposizione che il piano regolatore portuale e'
redatto  in  attuazione  del   Piano   strategico   nazionale   della
portualita'  e  della  logistica,  del  DPSS  e  delle  linee   guida
appositamente emanate dal Consiglio superiore dei lavori  pubblici  e
approvate  dal  Ministero  delle  infrastrutture  e  della  mobilita'
sostenibili. 
    Secondo la ricorrente tale previsione, in  una  con  la  seconda,
gia'  esaminata,  che  sancisce   l'esclusivita'   della   competenza
pianificatoria del PRP  nel  perimetro  portuale  (comma  2-ter),  ne
consentirebbe la prevalenza sulla pianificazione paesistica. 
    Il presupposto argomentativo su cui  si  fonda  la  questione  e'
errato: questa Corte ha, piu' volte, chiarito che il mancato richiamo
delle previsioni del piano paesaggistico, dotato di  immediata  forza
cogente, non puo' intendersi come deroga a detto piano, se non quando
vi siano specifiche indicazioni in tal senso (per tutte, sentenze  n.
45 del 2022, n. 124 e n. 54 del 2021). 
    Nella specie, non vi sono elementi che conducano ad affermare  la
prevalenza dei piani portuali su quelli paesaggistici, in  deroga  al
principio sancito dall'art. 145, comma 3, cod. beni culturali. 
    12.-  Con  l'ultimo  gruppo  di  questioni  sono   impugnate   le
disposizioni che dettano il regime applicativo della riforma. 
    12.1.- In primo luogo, e' contestata dalla  Regione  autonoma  la
legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1-octies, del d.l.  n.
121  del  2021,  come  convertito,  e  esclude  l'applicazione  delle
modifiche apportate all'art. 5 della legge n. 84  del  1994  ai  DPSS
approvati anteriormente alla sua entrata in vigore. 
    Secondo  la  ricorrente  la   norma   disporrebbe   a   contrario
l'immediata applicazione della novella ai PRP gia' vigenti. Pertanto,
sin da subito i piani regolatori portuali  gia'  approvati  avrebbero
nuova valenza nei rapporti con i piani urbanistici generali con  loro
sottrazione al vincolo del  rispetto  degli  atti  di  pianificazione
urbanistica, in violazione, ancora una volta, non solo degli  evocati
parametri sul riparto di  competenze  delle  funzioni  legislative  e
amministrative nonche' del principio della leale  collaborazione,  ma
anche dei principi di ragionevolezza  e  legalita'  (sub  specie  del
principio del tempus regit actum). 
    12.1.1.- Deve, anzitutto,  precisarsi  la  portata  della  regola
intertemporale di immediata applicabilita'  della  novella  ai  piani
regolatori portuali gia' approvati. 
    Essa, infatti, implica che le future modifiche (sostanziali e non
sostanziali  adottate  rispettivamente  con  varianti  o  adeguamenti
tecnico-funzionali) ai PRP  vigenti  saranno  adottate  con  i  nuovi
procedimenti che, in applicazione  del  principio  della  prevalenza,
consentono interventi nel perimetro  portuale  in  deroga  agli  atti
pianificatori generali,  procedimenti  ritenuti  immuni  da  vizi  di
illegittimita' costituzionale. 
    Per contro, la disposizione transitoria non modifica il contenuto
dei piani gia' vigenti. Questi, infatti,  risultano  ormai  approvati
con i previgenti procedimenti fortemente  partecipati  da  regioni  e
comuni (intesa con i comuni e  approvazione  regionale),  secondo  la
regola del «non contrasto» con la pianificazione territoriale.  Salvo
loro future modifiche, i piani gia' vigenti  non  risultano,  dunque,
intaccati dalla novella. 
    12.1.2.- Tanto chiarito, anzitutto, la questione  per  violazione
delle regole del riparto della potesta' legislativa  concorrente  non
e' fondata. 
    Una disposizione sul  regime  temporale  e'  per  definizione  in
rapporto di coessenzialita' e di necessaria integrazione con la norma
della cui applicazione si occupa. 
    Il comma 1-octies dell'art. 4 del d.l.  n.  121  del  2021,  come
convertito, consente, dunque, l'immediata applicazione del  principio
fondamentale della prevalenza  del  piano  settoriale  nella  materia
«porti [...] civili» su quelli pianificatori generali. 
    12.1.3.-  Non  sono,  infine,  neppure  ravvisabili  le   dedotte
violazioni dei principi di ragionevolezza e legalita'. 
    La norma intertemporale,  nei  termini  precisati,  non  comporta
deviazioni dal principio tempus regit actum e  non  e'  irragionevole
nel  semplificare  le  prossime  scelte  pianificatorie,   anche   in
variazione ai piani gia'  approvati,  in  ragione  degli  evidenziati
scopi  perseguiti  (ordinata  e  celere  pianificazione   dei   porti
nazionali e internazionali,  oltre  che  alle  esigenze  unitarie  di
realizzazione delle infrastrutturazioni previste nel PNRR). 
    12.2.- Entrambi i ricorsi  denunciano,  infine,  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1-novies, del d.l. n. 121 del 2021,
come  convertito,  che  impone  alle  Regioni  entro  tre   mesi   di
«adegua[re] i propri ordinamenti alle  disposizioni  dell'articolo  5
della legge 28 gennaio 1994, n. 84» come modificato. 
    La  disposizione  lederebbe  le   gia'   rivendicate   competenze
legislative e amministrative, il principio della leale collaborazione
e l'art. 9 Cost. 
    Le Regioni censurano, dunque, la norma non per  vizi  propri,  ma
per mera illegittimita' derivata da quelle fatta valere in  relazione
alle singole norme. 
    Anche queste questioni non sono fondate. 
    In   relazione   alle   norme    dichiarate    costituzionalmente
illegittime, infatti, la clausola di adeguamento non e'  operante  e,
pertanto, non e' lesiva. Per cio' che concerne, invece, l'obbligo  di
adeguamento alle altre norme introdotte con il d.l. n. 121 del  2021,
come convertito, la  lesivita'  di  tale  obbligo  va  esclusa  dalla
ritenuta compatibilita' costituzionale delle disposizioni censurate.