ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 16 e  17,
comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma  di  Trento
27 dicembre 2021, n.  22  (Legge  provinciale  di  stabilita'  2022),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 25 febbraio  2022,  depositato  in  cancelleria  il  25
febbraio 2022,  iscritto  al  n.  14  del  registro  ricorsi  2022  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  12,  prima
serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  gennaio  2023  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Sabrina  Azzolini  per  la
Provincia autonoma di Trento; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 gennaio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato e depositato il 25 febbraio 2022 (reg.
ric. n. 14 del  2022)  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  16  e
17, comma 1, lettera a), della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Trento 27 dicembre 2021,  n.  22  (Legge  provinciale  di  stabilita'
2022), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma,  lettera
l), della Costituzione, e agli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige). 
    1.1.- Il ricorrente rappresenta che l'art. 16 della  legge  prov.
Trento n. 22 del 2021 dispone: «[n]el comma 1 dell'articolo 31  della
legge provinciale n. 7 del 2021 le  parole:  "sono  prorogati  al  30
giugno 2022" sono sostituite dalle seguenti: "e nel  corso  dell'anno
2022 sono prorogati al 31 marzo 2023"», e che, per  effetto  di  tale
modifica, il  comma  1  dell'art.  31  della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento 17 maggio  2021,  n.  7  (Prime  misure  del  2021
connesse  all'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19  e  conseguente
variazione al bilancio di  previsione  della  Provincia  autonoma  di
Trento per  gli  esercizi  finanziari  2021-2023),  stabilisce:  «[i]
termini di validita' delle graduatorie per le assunzioni di personale
provinciale a tempo  indeterminato  relative  al  comparto  autonomie
locali in scadenza entro il 31 dicembre 2021 e  nel  corso  dell'anno
2022 sono prorogati al 31 marzo 2023». 
    Ad avviso della difesa statale, la disposizione impugnata viola i
«principi  di  uguaglianza,  buon  andamento  e  imparzialita'  della
pubblica  amministrazione  di  cui  agli   artt.   3   e   97   della
Costituzione», la  competenza  legislativa  statale  esclusiva  nella
materia «ordinamento civile» di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., nonche' gli artt. 4 e 8  dello  statuto  speciale,
«in relazione all'art. 35, comma 5-ter, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165,
ante novella operata dall'art. 1, comma 149, l. 27 dicembre 2019,  n.
160», e all'art. 91 del decreto legislativo 18 agosto  2000,  n.  267
(Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). 
    Il ricorrente ricorda la costante  giurisprudenza  costituzionale
secondo cui la disciplina delle graduatorie concorsuali e della  loro
durata e' riconducibile alla competenza legislativa  residuale  delle
regioni in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa  di
cui all'art. 117, quarto comma, Cost., e  che  tale  competenza  deve
essere esercitata «nel rispetto dei canoni  costituzionali  del  buon
andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione  (artt.  3  e  97
Cost.), a  tal  fine  garantendo  il  reclutamento  imparziale  degli
idonei, nonche' verificando la  perdurante  attitudine  professionale
degli stessi». 
    Tuttavia,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ritiene  che  la
disciplina   delle   graduatorie   dei   concorsi   nella    pubblica
amministrazione  andrebbe  valutata  in  una   «diversa   prospettiva
interpretativa,  di  tipo  sistematico-evolutivo,  che  lasci   cioe'
emergere le diverse declinazioni che i citati  canoni  costituzionali
del buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione  possono
assumere e, in conseguenza, le differenti possibili  violazioni  che,
dall'accogliere questa  o  quella  prospettiva  ermeneutica,  possono
scaturire», tenuto altresi' conto delle recenti novita' in materia di
disciplina della mobilita' nell'ambito del pubblico impiego. 
    In particolare, assume che «una disciplina delle graduatorie  non
uniforme su tutto il territorio nazionale, poiche' rimessa, sotto  il
profilo dei termini di durata e di validita',  alla  regolamentazione
di ciascuna Regione, determina una frammentazione parimenti idonea  a
generare una disciplina differenziata in relazione a  situazioni  del
tutto analoghe, senza fornire adeguata motivazione del diverso e piu'
favorevole trattamento». 
    Al riguardo, la difesa dello Stato evidenzia  che  il  «personale
reclutato dalle regioni assume a tutti gli effetti  la  qualifica  di
dipendente pubblico, potendo di fatto transitare anche nei  ruoli  di
amministrazioni centrali,  per  cui,  anche  sotto  questo  ulteriore
profilo, non si comprende il motivo della disparita'  di  trattamento
che discenderebbe dal persistente orientamento  che  ammette  criteri
non uniformi sull'intero territorio nazionale». 
    Il ricorrente  pone  l'accento  sulle  modifiche  in  materia  di
mobilita' del personale introdotte dall'art. 3  del  decreto-legge  9
giugno 2021, n. 80, recante  «Misure  urgenti  per  il  rafforzamento
della  capacita'  amministrativa  delle   pubbliche   amministrazioni
funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza
(PNRR)  e  per  l'efficienza  della   giustizia»,   convertito,   con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2021, n. 113,  che  «hanno  fatto
venir meno l'obbligo del previo nulla  osta  dell'amministrazione  di
provenienza, rendendo omogenea  la  disciplina  della  mobilita'  per
tutti i dipendenti pubblici, compresi i dipendenti regionali e  degli
enti locali». 
    Secondo la difesa statale, «[i]n tale  contesto  di  riforma,  le
disposizioni  statali  sulla  durata  delle  graduatorie  concorsuali
devono essere  concepite  e  quindi  applicate  in  termini  uniformi
sull'intero territorio nazionale, ponendosi nella prospettiva di  una
progressiva limitazione di operativita' temporale  delle  graduatorie
stesse». In caso contrario, vi sarebbe «il rischio che  il  personale
di talune amministrazioni  regionali  possa  essere  surrettiziamente
ammesso, per la peculiarita' della disciplina ad esso applicabile, ai
generali procedimenti, volontari o obbligatori, di mobilita' verso le
altre amministrazioni regionali o statali». 
    Per  quanto  cosi'  rilevato,  il  ricorrente  ritiene   che   la
fattispecie delle  graduatorie  concorsuali  sia  riconducibile  alla
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   in   materia   di
ordinamento civile, «trattandosi di una fase prodromica e  funzionale
all'instaurazione del rapporto di lavoro». 
    In ordine  alle  disposizioni  statali  relative  alla  efficacia
temporale delle graduatorie, la difesa statale rappresenta  che  essa
e' sottoposta al regime di validita' triennale, sia  ai  sensi  della
formulazione dell'art. 35, comma 5-ter, del  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel testo precedente  la
modifica recata dall'art. 1, comma 149, della legge 27 dicembre 2019,
n. 160 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2020  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio  2020-2022),   «che
dell'art. 91 del TUEL che, nella sua formulazione vigente, ne prevede
la validita' triennale per gli Enti Locali». 
    Da ultimo, il ricorrente afferma che la disposizione  provinciale
impugnata, nel violare  la  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.,  esula
dalle attribuzioni conferite alla Provincia autonoma di Trento  dagli
artt. 4 e 8 dello statuto speciale. 
    1.2.- Il ricorrente impugna altresi' l'art. 17, comma 1,  lettera
a), della legge prov. Trento  n.  22  del  2021,  per  lesione  della
competenza legislativa statale esclusiva nella  materia  «ordinamento
civile» di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  e
degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale, in relazione all'art.  113,
commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016,  n.  50  (Codice
dei contratti pubblici). 
    La disposizione impugnata modifica il  comma  1  dell'art.  5-bis
della legge della Provincia autonoma di Trento 9  marzo  2016,  n.  2
(Recepimento della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e  del
Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di
concessione, e della direttiva 2014/24/UE del  Parlamento  europeo  e
del  Consiglio,  del  26  febbraio  2014,  sugli  appalti   pubblici:
disciplina delle procedure di appalto e  di  concessione  di  lavori,
servizi e forniture  e  modificazioni  della  legge  provinciale  sui
lavori  pubblici  1993  e  della  legge  sui  contratti  e  sui  beni
provinciali 1990. Modificazione della legge provinciale  sull'energia
2012), inserendo, dopo le parole «e ai componenti  della  commissione
tecnica»,  il  seguente  periodo:  «[l]a  contrattazione   collettiva
provinciale puo' individuare altre funzioni per  il  cui  svolgimento
sono  riconosciute  retribuzioni  incentivanti  ai  sensi  di  questo
comma». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione scrutinata si porrebbe  in
contrasto con le previsioni dei commi 2 e 3 dell'art. 113 del  d.lgs.
n. 50 del 2016, che individuano tassativamente  le  attivita'  svolte
delle amministrazioni aggiudicatrici di appalti pubblici per le quali
sono riconosciuti gli incentivi per funzioni tecniche (comma 2) e che
assegnano alla contrattazione decentrata integrativa del personale il
solo compito di definire le modalita' e i criteri per la ripartizione
delle risorse  finanziarie  del  fondo  appositamente  istituito  per
corrispondere tali incentivi,  sulla  base  di  apposito  regolamento
adottato  dalle  amministrazioni  secondo  i  rispettivi  ordinamenti
(comma 3). 
    La difesa statale afferma che solo il  legislatore  statale  puo'
intervenire nella materia della retribuzione per  gli  incentivi  per
funzioni tecniche corrisposte ai pubblici  dipendenti  per  attivita'
nell'ambito degli appalti, atteso il richiamato  carattere  tassativo
dell'elenco delle predette attivita'. 
    Rappresenta che la predetta tassativita' e' stata ribadita  dalla
giurisprudenza contabile a ragione del  carattere  derogatorio  degli
incentivi in oggetto rispetto al «principio di onnicomprensivita' del
trattamento economico dei dipendenti pubblici ex art.  24,  comma  3,
del d.lgs. n.  165  del  2001  e  della  perentoria  struttura  della
retribuzione per gli stessi stabilita dai  contratti  collettivi,  ex
art. 45, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 165 del 2001 (cfr. ex multis
Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n. 121/2020)». 
    Secondo il ricorrente, il carattere tassativo delle attivita'  in
oggetto preclude non solo alla  contrattazione  collettiva,  ma  alla
stessa legge provinciale la possibilita'  di  individuare  «ulteriori
funzioni  per  il  cui  svolgimento  sono  riconosciute  retribuzioni
incentivanti  in  materia  di  contratti   pubblici»,   poiche'   «le
disposizioni  della  normativa  statale  in  materia  di  appalto  si
impongono anche alle Province autonome (art. 2, comma 3,  d.lgs.  50/
2016)». 
    La  disposizione  impugnata,  pertanto,  nel  collidere  con   la
disciplina statale evocata come  parametro  interposto,  invaderebbe,
conseguentemente, la sfera  dell'ordinamento  civile  riservato  alla
legislazione esclusiva dello  Stato  dall'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., «discostandosi dalle norme che a tale  ordinamento
si riconducono nel caso di  specie  ed  alle  quali  sono  tenute  ad
adeguarsi  anche  le  Province  autonome  in  base  alle   specifiche
disposizioni  di  legge  e  consolidato  orientamento   della   Corte
Costituzionale (cfr. in materia di pubblico impiego, art. 1, comma  3
del d.lgs. 165/2001 e Corte Cost. sent. n.  16/2020;  in  materia  di
contratti pubblici, art. 2, comma 3 del d.lgs. 50/2016 e Corte  Cost.
sent. n. 269/2014)». 
    La lesione  del  predetto  parametro  afferente  alla  competenza
legislativa statale determina, secondo il ricorrente, la  conseguente
violazione degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale, laddove  prevede
che  la  legislazione  regionale  e  delle  province  autonome  debba
svolgersi  in  armonia  con   la   Costituzione,   con   i   principi
dell'ordinamento giuridico e con le norme fondamentali delle  riforme
economico-sociali  della  Repubblica,  di  cui  le  norme  richiamate
costituiscono espressione. 
    2.- La Provincia autonoma di Trento si e' costituita in giudizio,
con atto depositato il 30 marzo  2022,  contestando  le  censure  del
ricorrente e chiedendo di dichiarare non fondato il ricorso. 
    2.1.- In ordine alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
relativa all'art. 16 della legge prov. Trento  n.  22  del  2021,  la
difesa provinciale confuta l'assunto del ricorrente  secondo  cui  la
disposizione sarebbe lesiva della  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato nella materia «ordinamento civile». 
    La resistente premette di  essere  «titolare  di  una  competenza
legislativa  primaria  in  materia  di  "ordinamento   degli   uffici
provinciali e del personale ad essi addetto" ex art. 8, num. 1, dello
Statuto speciale di autonomia della Reg. Trentino-Alto Adige» e  che,
inoltre, le «spetta la piu' ampia  competenza  legislativa  residuale
nella materia "ordinamento e organizzazione amministrativa regionale"
di cui all'art. 117, quarto  comma,  della  Costituzione,  in  virtu'
della clausola di maggior favore contenuta nell'art. 10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». 
    La   Provincia   resistente   afferma   di   aver   disciplinato,
nell'esercizio di  tale  autonomia  legislativa,  «l'efficacia  delle
graduatorie concorsuali nel regolamento previsto dall'art.  40  della
L.P. sul personale  della  Provincia  3  aprile  1997,  n.  7  e,  in
particolare,  all'art.  26,  comma  1,  del  D.P.P.  12/10/2007,   n.
22-102/Leg.  ["Regolamento  per  l'accesso  all'impiego   presso   la
Provincia Autonoma di Trento e per la costituzione, il  funzionamento
e la  corresponsione  dei  compensi  delle  commissioni  esaminatrici
(articoli 37 e 39 della legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7)"],  il
quale dispone: "La graduatoria finale di concorso conserva  validita'
per un periodo di tre anni dalla data di approvazione e  puo'  essere
escussa per eventuali  coperture  di  posti  che  successivamente  al
concorso si rendessero disponibili entro tale periodo"». 
    Cio'  premesso,  la  difesa  provinciale  richiama  la   costante
giurisprudenza   costituzionale   che   riconduce    la    disciplina
dell'efficacia delle graduatorie per l'assunzione del personale  alla
materia dell'ordinamento  e  dell'organizzazione  della  regione,  in
quanto  riguarda  profili  pubblicistico-organizzativi   dell'impiego
pubblico regionale e non quelli privatizzati del relativo rapporto di
lavoro rispetto ai quali e'  ravvisabile  la  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato (sono citate, tra le piu' recenti, le  sentenze
n. 58 del 2021, n. 273 e n. 126 del 2020). 
    Rileva, inoltre, che il ricorrente non contesta  questo  criterio
di  discrimine,  ma  ritiene  che  l'esigenza  di  uniformita'  della
disciplina dettata dagli artt. 3  e  97  Cost.  possa  comportare  la
sottrazione   di   un   istituto    pubblicistico    dalla    materia
dell'organizzazione regionale e/o provinciale e la  sua  riconduzione
nella materia dell'ordinamento civile. 
    Tuttavia, secondo la resistente, tale assunto  sarebbe  infondato
poiche' «il giudizio della riconducibilita' al perimetro del  diritto
civile di un istituto della disciplina  del  lavoro  alle  dipendenze
delle pubbliche amministrazioni si svolge in virtu' della  disciplina
delle fonti dettata dall'art. 5 D.Lgs. 165/2001, tenuto  conto  della
natura  giuridica  di  ciascun   istituto   e   del   riparto   della
giurisdizione   declinato   nell'art.   63   del   medesimo   decreto
legislativo,  e  non  puo'  essere  condizionato  dalla  esigenza  di
uniformita' della disciplina ai  sensi  degli  artt.  3  e  97  della
Costituzione». 
    In proposito, la difesa della Provincia evidenzia che  lo  stesso
legislatore  statale  ha  escluso,  in   ragione   della   competenza
legislativa primaria riconosciuta dagli statuti speciali a regioni  e
province autonome, quell'esigenza  di  uniformita'  della  disciplina
delle procedure concorsuali asserita dal ricorrente,  poiche'  l'art.
1, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce che non le  singole
disposizioni ma soltanto «i principi  desumibili  dall'art.  2  della
legge n. 421 del 1992 [...] costituiscono  [...]  per  le  Regioni  a
statuto speciale e per le Province autonome di Trento e  di  Bolzano,
norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica». 
    2.1.1.-  Quanto  alla  dedotta  lesione  dell'art.  3  Cost.,  la
resistente rileva che questa Corte, a fronte di analoga  censura,  ha
osservato che il riconoscimento stesso della  competenza  legislativa
della regione comporta l'eventualita',  legittima  alla  stregua  del
sistema costituzionale, di una disciplina  divergente  da  regione  a
regione, nei limiti dell'art. 117 Cost. 
    Ad avviso della difesa della Provincia, l'esigenza  rappresentata
dal ricorrente di uniformita' della disciplina  dell'efficacia  delle
graduatorie  concorsuali,  pertanto,  «non  costituisce  la   ragione
giustificatrice  della  sussunzione  di  un  particolare  istituto  o
profilo nella materia dell'ordinamento civile». 
    2.1.2.- Relativamente alla congruita' della durata complessiva di
efficacia delle graduatorie per effetto della disposizione impugnata,
la difesa provinciale, in via preliminare, sottolinea che  lo  stesso
legislatore statale ha consentito l'utilizzo  fino  al  30  settembre
2020 delle graduatorie approvate negli anni dal 2012 al  2017,  senza
prevedere  a  tal  fine  l'espletamento  di  corsi  di  aggiornamento
professionale e di colloqui finalizzati ad  accertare  la  perdurante
idoneita' del personale (art. 1, comma 147, lettera b, della legge n.
160 del 2019). 
    Con specifico riferimento alla valutazione degli  effetti  recati
dalla disposizione impugnata in termini di rispetto del principio del
buon andamento, la difesa della resistente rappresenta che  la  norma
proroga cinque graduatorie  non  attualmente  esaurite,  approvate  a
partire dal mese di giugno  2018:  «1.  la  graduatoria  per  Operaio
qualificato stradale, approvata con deliberazione n. 1065 di data  22
giugno 2018 [...], modificata con deliberazione n. 1195  di  data  13
luglio 2018 [...], con  scadenza  originaria  al  luglio  2021,  gia'
prorogata al 30 giugno 2022 ex art. 30 L.P.  7/2021,  nella  versione
previgente rispetto alle modifiche apportate dall'art. 16 della  L.P.
22/2021,  impugnata  in  questo  giudizio;  2.  la  graduatoria   per
Assistente indirizzo socio/assistenziale approvata con  deliberazione
n. 1153 di data 6 luglio  2018  [...],  con  scadenza  originaria  al
luglio 2021, gia' prorogata al 30 giugno 2022 ex art. 30 L.P. 7/2021,
nella versione previgente rispetto alle modifiche apportate dall'art.
16  della  L.P.  22/2021,  impugnata  in  questo  giudizio;   3.   la
graduatoria per Coadiutore di volo approvata con deliberazione n. 432
di data 29 marzo 2019 [...],  in  scadenza  al  29  marzo  2022  (due
candidati  idonei);  4.  la  graduatoria  per  Funzionario  abilitato
geologo, approvata con delibera n. 1133, di data 1 agosto 2019 [...],
in scadenza il giorno 1 agosto 2022 (quattro candidati idonei); 5. la
graduatoria per Agente forestale approvata con  delibera  n.  456  di
data 29 marzo 2019 [...], gia' prorogata con deliberazione n. 394  di
data 19 marzo 2021 fino al 29 marzo 2022 [...]». 
    La difesa della Provincia evidenzia che le prime due  graduatorie
vedono l'originaria efficacia  triennale  prorogata  prima  di  circa
undici mesi e mezzo (fino al 30 giugno 2022) e poi di ulteriori  nove
mesi (fino al marzo 2023), per una durata  complessiva  di  efficacia
della graduatoria pari a 4 anni e 9 mesi, ma sottolinea «che trattasi
di  professioni  rispetto  alle  quali  si  pongono  in  misura  meno
pressante quelle esigenze di  periodico  aggiornamento  professionale
derivanti  dalle  "frequenti   innovazioni   normative"   tenute   in
considerazione nella giurisprudenza costituzionale (C. Cost. 241/2018
par. 6 del Considerato in Diritto)». 
    In ordine alle altre  graduatorie,  la  difesa  della  resistente
rappresenta che: quella di coadiutore di volo e' prorogata di un solo
anno  per  un'efficacia  complessiva  pari  a  4  anni;  quella   per
funzionario abilitato  geologo  e'  prorogata  di  soli  8  mesi  per
un'efficacia complessiva pari a circa 3 anni e 8 mesi; infine, quella
per agente forestale avente un'originaria  efficacia  biennale,  gia'
prorogata di  un  anno,  e'  prorogata  di  un  ulteriore  anno,  per
un'efficacia complessiva pari a 4 anni. 
    Quanto alle argomentazioni svolte dal ricorrente  in  riferimento
alla disciplina della mobilita' dei pubblici  dipendenti,  la  difesa
provinciale afferma che «[i]n ogni caso le diverse forme di mobilita'
del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni non  pongono
quell'esigenza  di  uniformita'  della  disciplina  delle   procedure
concorsuali e  dell'efficacia  delle  graduatorie  che  intravede  il
Ricorrente in ragione del rispetto dei principi dettati dagli artt. 3
e 97 della Costituzione». 
    Sono richiamate le numerose disposizioni statali che  negli  anni
hanno promosso fortemente la mobilita' volontaria del personale nelle
sue diverse forme, «nel presupposto implicito  della  pari  capacita'
selettiva delle procedure concorsuali indette dalle regioni  e  dalle
province autonome, oltre che in considerazione dell'obbligo, a carico
dell'amministrazione di destinazione, di provvedere in ogni caso alla
"riqualificazione dei dipendenti la cui domanda di  trasferimento  e'
accolta" (comma  1-bis  inserito  dall'art.  4,  comma  1,  del  D.L.
90/2014)». 
    In tale contesto, secondo la stessa difesa  provinciale,  non  si
comprenderebbe  l'assunto  del  ricorrente  secondo  cui   l'asserita
esigenza  di  uniformita'  nella  disciplina  della  validita'  delle
graduatorie dei  concorsi  indetti  dalle  pubbliche  amministrazioni
sarebbe stata accentuata dall'art. 3, comma 7, del  d.l.  n.  80  del
2021,  come  convertito,  che  ha  eliminato,  in  via  generale,  la
necessita' del previo assenso dell'amministrazione di appartenenza al
passaggio diretto del dipendente presso altra  amministrazione.  Cio'
perche' il ricorso non avrebbe  spiegato  come  il  predetto  assenso
possa costituire una garanzia della conformita'  dell'assunzione  del
dipendente ai principi dettati dagli artt. 3 e 97 Cost. 
    In ogni caso, poiche' il citato art. 3, comma 7, non ha in  alcun
modo modificato la natura giuridica pubblicistica  del  provvedimento
di approvazione della graduatoria conclusiva, il  timore  prospettato
dal  ricorrente  non  giustificherebbe,  secondo  la   difesa   della
Provincia,   il   superamento    della    ricordata    giurisprudenza
costituzionale in materia di competenza legislativa delle  regioni  e
delle province autonome  in  materia  di  procedure  concorsuali  per
l'assunzione  del  personale  e,  in  particolare,  in  ordine   allo
specifico profilo della durata dell'efficacia delle graduatorie. 
    Da ultimo, la difesa della resistente  evidenzia  che  l'indicato
art. 3, comma 7, interviene su un istituto di diritto  civile,  quale
e'  quello  della  mobilita'  volontaria,  «che  presuppone  la  pari
capacita'  selettiva  delle  procedure  concorsuali  disciplinate   e
indette dalle regioni e dalle province  autonome  in  conformita'  ai
principi dettati dagli artt. 3 e 97 della Costituzione». 
    2.2.- La difesa della Provincia confuta, altresi', la  fondatezza
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1,
lettera a), della legge prov. Trento n.  22  del  2021,  promossa  in
riferimento all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  in
relazione ai commi 2 e 3 dell'art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016. 
    Richiamati i contenuti delle disposizioni dettate dai  primi  tre
commi della predetta disposizione statale, la difesa della resistente
rileva che l'avverbio  «esclusivamente»,  impiegato  dal  legislatore
statale nel  comma  2  per  individuare  le  attivita'  per  funzioni
tecniche  svolte  dai  dipendenti  pubblici,  retribuibili   con   lo
specifico incentivo previsto dalla stessa  disposizione  di  legge  e
finanziato dall'apposito fondo  costituito  ai  sensi  del  comma  1,
sembrerebbe  effettivamente  deporre  per  il   carattere   tassativo
dell'elencazione delle predette attivita', ma che lo stesso  comma  2
non prevede l'istituzione del  predetto  fondo  da  parte  di  quelle
amministrazioni aggiudicatrici per le quali sono in essere  contratti
o convenzioni che prevedono modalita'  diverse  per  la  retribuzione
delle funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti. 
    Quanto alla lesione del  principio  di  onnicomprensivita'  della
retribuzione dei  pubblici  dipendenti  dedotta  dal  ricorrente,  la
difesa della Provincia rileva che esso trova applicazione per il solo
personale dirigenziale. 
    In ogni caso la resistente afferma  che,  in  considerazione  dei
titoli di competenza provinciale e  delle  previsioni  dello  statuto
speciale, spetta alla Provincia stessa disciplinare le  modalita'  di
perseguimento  dell'obiettivo  di  contenimento   della   spesa   per
incarichi tecnici posto dall'art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016. 
    In  proposito  viene  richiamata,  altresi',  la   giurisprudenza
costituzionale in materia di coordinamento  della  finanza  pubblica,
secondo cui il legislatore statale puo' stabilire  per  le  autonomie
speciali solo un limite complessivo che lasci ad esse ampia  liberta'
di allocazione tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (e'  citata,
in particolare, la sentenza n. 43 del 2016). 
    Alla luce di  tali  considerazioni,  la  difesa  della  Provincia
afferma che il richiamato art. 113  «non  reca  un  elenco  tassativo
delle  funzioni  incentivabili  dettato  esercitando  la   competenza
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile ex  art.  117,
comma II, lett. l), della Costituzione, bensi'  reca  un  vincolo  di
destinazione finanziaria, da applicare in caso di mancata  previsione
di  retribuzioni  incentivanti   nell'ambito   della   contrattazione
collettiva, la cui diretta applicabilita' alle province autonome deve
ritenersi comunque esclusa ai sensi dell'art. 2, comma 3, del  D.Lgs.
50/2016, trattandosi di una disciplina di dettaglio di uno  strumento
specifico di perseguimento del ridetto obiettivo». 
    Secondo la difesa  della  Provincia,  la  disposizione  impugnata
sarebbe, comunque, «pienamente conforme al  sistema  delle  fonti  in
materia di trattamento del personale alle dipendenze delle  pubbliche
amministrazioni», come delineato  dalle  disposizioni  dettate  dagli
artt. 2, comma 3, 40 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001,  che  demandano
alla  contrattazione  collettiva  la  definizione   dei   trattamenti
economici. 
    Pur  riconoscendo  che  il  delineato  sistema  si  impone  quale
normativa  fondamentale  di  riforma  economico-sociale   anche   nei
confronti  delle  regioni  a  statuto  speciale,  la   difesa   della
resistente rappresenta  che  la  Provincia  autonoma  di  Trento  «e'
abilitata alla contrattazione collettiva dall'art. 46, comma 13,  del
D.Lgs. 165/2001 il quale prevede che "[l]e regioni a statuto speciale
e le province  autonome  possono  avvalersi,  per  la  contrattazione
collettiva di loro competenza,  di  agenzie  tecniche  istituite  con
legge  regionale  o  provinciale  [...]"»  e  che,  pertanto,   nella
fattispecie,  il  legislatore   provinciale   avrebbe   correttamente
«rimesso alla contrattazione collettiva la disciplina del trattamento
economico accessorio spettante al personale provinciale che assume lo
svolgimento di funzioni  tecniche  relative  ad  appalti  di  lavori,
servizi e forniture». 
    In riferimento al perimetro delle funzioni incentivabili definito
dalla disposizione impugnata, la difesa della Provincia  afferma  che
essa «si inserisce, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 113
del  D.Lgs.  50/2016,  nell'ambito  dell'articolo  5-bis  della  L.P.
2/2016, il cui ambito  di  applicazione,  come  emerge  dalla  stessa
rubrica, e' limitato agli incentivi per lo svolgimento  di  "funzioni
tecniche" nell'ambito degli appalti di lavori, servizi e forniture». 
    Cio' troverebbe conferma  nello  stesso  tenore  letterale  della
disposizione impugnata laddove,  nel  rimettere  alla  contrattazione
collettiva  l'individuazione  di  ulteriori  funzioni  incentivabili,
limita l'ambito di intervento alla individuazione  di  «competenze  e
responsabilita'  che  siano  legate,  o   comunque   connesse,   allo
svolgimento di funzioni tecniche nell'ambito della procedura di gara,
nel rispetto della finalita' propria dell'istituto delle retribuzioni
incentivanti». 
    2.3.- Con memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  la
difesa della Provincia autonoma, nel ribadire e precisare quanto gia'
affermato nell'atto di costituzione, ha sollevato  due  eccezioni  di
inammissibilita': in ordine alla  questione  promossa  nei  confronti
dell'art. 16 della legge prov. Trento n. 22 del 2021, ha eccepito  la
mancanza di motivazione della censura riferita alla violazione  degli
artt.  4  e  8  dello  statuto  speciale;  riguardo  alla   questione
concernente l'art. 17, comma 1,  lettera  a),  della  medesima  legge
provinciale, ha affermato che il ricorrente non avrebbe  motivato  le
ragioni per  le  quali  la  disposizione  dovrebbe  conformarsi  alle
previsioni dell'art. 113, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe (reg. ric. n.  14  del  2022),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale di due  disposizioni  della  legge  prov.
Trento n. 22 del 2021. 
    1.1.- E' innanzitutto impugnato l'art. 16  della  predetta  legge
provinciale che proroga al 31 marzo 2023 i termini di validita' delle
graduatorie  per  l'assunzione  di  personale  provinciale  a   tempo
indeterminato relative al comparto autonomie locali in scadenza entro
il 31 dicembre 2021 e nel corso dell'anno 2022. 
    Secondo  il  ricorrente,  la  disposizione  impugnata  violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. - in relazione  all'art.
35, comma 5-ter, del d.lgs. n. 165 del  2001  (nel  testo  precedente
alle modifiche apportate dall'art. 1, comma 149, della legge  n.  160
del 2019) e all'art. 91 del d.lgs.  n.  267  del  2000  -  in  quanto
interviene   sulla   disciplina   delle   graduatorie    concorsuali,
riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella
materia «ordinamento civile», trattandosi di una  fase  prodromica  e
funzionale  all'instaurazione  del  rapporto   di   lavoro   pubblico
contrattualizzato. 
    Sarebbero, altresi', violati gli artt. 3  e  97,  secondo  comma,
Cost.,  poiche'  la  disposizione  impugnata,   nel   prevedere   una
disciplina diversa da quella statale di cui al parametro  interposto,
lederebbe  i  principi  di  uguaglianza,  di  buon  andamento  e   di
imparzialita' della pubblica amministrazione, senza fornire  adeguata
motivazione in ordine al piu' favorevole trattamento  cosi'  disposto
relativamente  alla  durata   della   validita'   delle   graduatorie
concorsuali  e  senza  contemplare  la  verifica   della   perdurante
attitudine professionale degli idonei. 
    Infine, la disposizione impugnata, nel disciplinare  una  materia
di competenza legislativa esclusiva  dello  Stato,  esulerebbe  dalle
attribuzioni conferite alla Provincia autonoma di Trento dagli  artt.
4 e 8 dello statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige. 
    1.2.- E', altresi', impugnato l'art. 17,  comma  1,  lettera  a),
della medesima legge prov. Trento n. 22 del 2021 che, nel  modificare
l'art. 5-bis, comma 1, della  legge  prov.  Trento  n.  2  del  2016,
consente alla contrattazione collettiva  provinciale  di  individuare
altre  funzioni  nell'ambito  dei  contratti  pubblici  per  il   cui
svolgimento  possono  essere  riconosciuti  incentivi  per   funzioni
tecniche, oltre a quelle gia' individuate dalla originaria previsione
della legge provinciale novellata. 
    Secondo il ricorrente, sarebbe violato l'art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., in relazione alle disposizioni  dettate  dall'art.
113, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, che individuano in  modo
tassativo  le  attivita'  che  costituiscono  esercizio  di  funzioni
tecniche relative agli appalti svolte dai dipendenti pubblici, per le
quali puo' essere corrisposto  lo  specifico  incentivo  previsto,  e
demandano alla contrattazione collettiva la sola determinazione delle
modalita' e dei criteri di riparto delle risorse  disponibili  e  non
gia' l'individuazione di  ulteriori  attivita'  o  funzioni  tecniche
retribuibili con il predetto incentivo, come  invece  previsto  dalla
disposizione provinciale impugnata. 
    Contestualmente, sarebbero altresi' lesi gli artt. 4  e  8  dello
statuto speciale, laddove prevedono che la legislazione  regionale  e
delle  province  autonome  deve   svolgersi   in   armonia   con   la
Costituzione, con i principi  dell'ordinamento  giuridico  e  con  le
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della  Repubblica,
di  cui  le  norme  statali   evocate   come   parametri   interposti
costituiscono espressione. 
    1.3.- La  Provincia  autonoma  di  Trento  si  e'  costituita  in
giudizio il 30 marzo 2022 e ha depositato il  20  dicembre  2022  una
memoria conclusionale nella  quale  ha  sollevato  due  eccezioni  di
inammissibilita' delle questioni per  difetto  di  motivazione  e  ha
ribadito e integrato quanto dedotto nell'atto di costituzione. 
    2.-  La  prima  questione  e',  dunque,  promossa  nei  confronti
dell'art. 16 della legge prov. Trento n. 22 del 2021. 
    2.1.-    Va    preliminarmente    esaminata    l'eccezione     di
inammissibilita' della censura sollevata dalla difesa della Provincia
autonoma a  ragione  della  mancanza  di  motivazione  della  dedotta
violazione degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Secondo il ricorrente, la  disposizione  impugnata  si  pone  «in
contrasto con la riserva statale esclusiva in materia di  ordinamento
civile nella quale rientra la disciplina del pubblico  impiego  [...]
esulando, pertanto dalle attribuzioni conferite alla Provincia  dallo
statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (artt. 8 e  4  del
d.P.R. 670/72)». 
    Come affermato  da  questa  Corte  in  analoghe  fattispecie,  la
censura, formulata in tali termini, esclude di per se' l'utilita'  di
uno  scrutinio  e  di  una  motivazione  piu'  pregnante,  avendo  il
ricorrente ben presente che lo statuto speciale nulla  dispone  sulla
competenza legislativa regionale nella materia  «ordinamento  civile»
(ex plurimis, sentenze n. 11 del 2021 e n. 199 del 2020). 
    2.2.-  La  censura  relativa  alla   lesione   della   competenza
legislativa statale nella materia «ordinamento civile» ha un evidente
carattere  pregiudiziale  rispetto  a  quelle  riferite  agli   altri
parametri (in tal senso, sentenze n. 267 del 2022 e n. 153 del 2021). 
    Infatti, l'asserita  violazione  del  predetto  parametro  assume
carattere   prioritario,   poiche'   ad   essa   viene    ricollegata
eziologicamente non solo quella riferita al parametro statutario,  ma
anche quella degli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost. 
    2.3.- In riferimento a tali  ultimi  parametri  la  questione  va
dichiarata inammissibile per carenza di adeguata motivazione. 
    Questa Corte ha costantemente affermato  che  l'esigenza  di  una
adeguata motivazione a fondamento dell'impugnazione si pone  in  modo
ancor piu' rigoroso nei giudizi promossi in via principale rispetto a
quelli instaurati in via incidentale, e che il ricorrente ha pertanto
l'onere di fornire una illustrazione delle ragioni del contrasto  con
i parametri evocati (ex plurimis, sentenze n. 161 del 2022,  n.  219,
n. 95 e n. 2 del 2021). 
    Nella odierna fattispecie tale onere non e' stato assolto. 
    Si e' gia' rilevato che il ricorrente prospetta  la  lesione  dei
parametri in esame come mero  effetto  sostanziale  della  violazione
della competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella  materia
«ordinamento civile». 
    Il ricorrente non formula alcun rilievo sulla eventuale incidenza
negativa sul buon andamento dell'amministrazione  che  tali  proroghe
potrebbero determinare per effetto della possibile obsolescenza della
competenza professionale acquisita dal  candidato  risultato  idoneo,
per effetto del lasso  temporale  trascorso  dall'approvazione  della
graduatoria stessa; in particolare, omette qualsiasi riferimento alle
procedure  concorsuali  interessate  dalla  disposizione  provinciale
impugnata. 
    2.4.- La questione riferita alla lesione dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. non e' fondata. 
    Questa Corte ha costantemente affermato che la  disciplina  delle
graduatorie,  in  quanto  provvedimento  conclusivo  delle  procedure
concorsuali  pubblicistiche  per  l'accesso  all'impiego   regionale,
afferisce a profili pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico
regionale e non a  profili  privatizzati  del  relativo  rapporto  di
lavoro, che sono  invece  ricondotti  alla  materia  dell'ordinamento
civile, di competenza legislativa esclusiva statale. 
    Pertanto,  la  disciplina  in  esame  rientra  nell'ambito  della
competenza legislativa della Regione  in  materia  di  organizzazione
degli uffici, di cui all'art. 117, quarto comma, Cost.  (sentenze  n.
267  del  2022,  n.  58  del  2021  per  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, n. 273  del  2020  per  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia e n. 42 del 2021  nei  confronti  della  stessa
Provincia autonoma di Trento; ex plurimis, anche le sentenze  n.  126
del 2020 e n. 241 del 2018). 
    L'esercizio di tale competenza  deve,  comunque,  ottemperare  ai
principi costituzionali  di  buon  andamento  e  imparzialita'  della
pubblica amministrazione. 
    E' stata, pertanto, esclusa la compatibilita' costituzionale  con
tali principi di disposizioni regionali che hanno prorogato i termini
di validita' delle graduatorie quando il tempo trascorso  dalla  loro
approvazione abbia determinato una perdita di professionalita'  degli
idonei (ex plurimis, sentenze n. 58 del 2021, n. 273  e  n.  126  del
2020, e n. 241 del 2018). 
    E' con tale quadro giurisprudenziale che si  confronta  l'odierna
fattispecie. 
    Il ricorrente ripropone la tesi secondo cui la  disciplina  della
proroga dei termini di  validita'  delle  graduatorie  relative  alle
procedure  per  il  reclutamento   di   personale   nelle   pubbliche
amministrazioni, comprese le regioni, e' riconducibile  alla  materia
«ordinamento  civile»,  in  quanto  collegata  all'instaurazione  del
rapporto di lavoro di pubblico impiego. 
    Ma tale prospettazione e' stata costantemente disattesa da questa
Corte, da ultimo con la sentenza n. 267 del 2022, avente  ad  oggetto
fattispecie analoga a quella oggi in esame. 
    Nell'odierna questione non si ravvisano elementi per  discostarsi
da tale indirizzo. 
    Il ricorrente adduce una motivazione sintetica e assertiva che si
basa sul quid novi costituito dalle modifiche in materia di mobilita'
del personale nelle pubbliche amministrazioni recate dall'art. 3  del
d.l. n. 80 del 2021, come convertito, che hanno fatto venir meno,  in
via generale, l'obbligo del previo nulla-osta dell'amministrazione di
provenienza. 
    Secondo il ricorrente, tale novita' normativa  enfatizzerebbe  la
necessita' di una omogenea regolazione dei termini di validita' della
graduatoria  ai   fini   di   garantire   l'accesso   alla   pubblica
amministrazione in modo uniforme sotto il profilo del lasso temporale
decorso    dall'approvazione    della    graduatoria    e,    dunque,
dall'accertamento dell'idoneita' professionale del candidato. 
    Tuttavia, la novita' normativa non attiene, se  non  in  via  del
tutto riflessa, alla disciplina in esame poiche' opera  sull'istituto
della mobilita' di cui questa Corte  ha  ripetutamente  affermato  la
riconducibilita' all'ordinamento civile  in  quanto  correlato  a  un
rapporto di pubblico impiego gia' in essere (ex plurimis, sentenze n.
39 del 2022, n. 150 del 2020 e n. 17 del 2014), laddove al  contrario
la  norma  impugnata   interviene   nella   fase   antecedente   alla
costituzione del rapporto. 
    3.- La seconda questione investe l'art. 17, comma 1, lettera  a),
della medesima legge prov. Trento n.  22  del  2021,  in  riferimento
all'art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., nonche' agli artt.  4
e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige,  in  relazione
all'art. 113, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016. 
    3.1.-    Va    preliminarmente    esaminata    l'eccezione     di
inammissibilita' sollevata dalla difesa della Provincia autonoma  che
assume che il ricorrente non avrebbe  spiegato  le  ragioni  per  cui
ritiene che la disciplina dettata dalla disposizione impugnata  debba
conformarsi alle previsioni dell'art. 113, comma 2, del d.lgs. n.  50
del 2016,  in  specie  la'  dove  prevede  che  siano  escluse  dalla
applicazione del vincolo di destinazione  di  risorse  al  fondo  per
l'incentivazione le «amministrazioni aggiudicatrici per le quali sono
in essere contratti o convenzioni che prevedono modalita' diverse per
la  retribuzione  delle   funzioni   tecniche   svolte   dai   propri
dipendenti». In proposito, la difesa rappresenta che la Provincia «si
e'  dotata  di  una  disciplina  del  compenso  incentivante  per  lo
svolgimento delle attivita' tecniche previsto dall'art. 124 del  CCPL
2016/2018». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il ricorrente ha ampiamente argomentato il profilo  di  contrasto
della  disposizione  impugnata  con  quanto  previsto  dal  comma   2
dell'art. 113 del  d.lgs.  n.  50  del  2016,  nel  mentre  l'aspetto
specifico richiamato dalla  difesa  della  Provincia  attiene  a  una
previsione del medesimo comma 2, che non incide sulla  questione  nei
termini prospettati dal ricorrente. 
    3.2.- Nel merito, la questione e' fondata  per  violazione  della
competenza legislativa esclusiva statale nella  materia  «ordinamento
civile». 
    3.2.1.- Punto essenziale e decisivo ai fini del presente giudizio
e'  l'accertamento  della  materia  cui  ascrivere  la   disposizione
provinciale impugnata, a fronte delle  opposte  prospettazioni  delle
parti:  il  ricorrente  la  riconduce  all'ordinamento   civile,   di
competenza legislativa esclusiva dello Stato; la resistente,  invece,
la attribuisce alla propria  competenza  in  materia  di  ordinamento
degli  uffici  provinciali  e,  dunque,   alle   proprie   competenze
statutarie   e,   comunque,   a    quella    residuale    concernente
l'organizzazione e il funzionamento dell'amministrazione. 
    3.2.2.-  La  disposizione  provinciale  impugnata  si   inserisce
nell'art. 5-bis della legge prov. Trento n. 2 del  2016,  concernente
gli «incentivi per funzioni tecniche» che possono essere riconosciuti
ai dipendenti per lo svolgimento di specifiche attivita' inerenti  ai
contratti pubblici. 
    Tale  articolo  declina,  dunque,  nell'ordinamento   provinciale
quanto previsto a livello statale dall'art. 113 del d.lgs. n. 50  del
2016, rubricato parimenti «incentivi per funzioni  tecniche»,  i  cui
commi 2 e 3  sono  evocati  difatti  dal  ricorrente  come  parametri
interposti. 
    L'istituto degli incentivi  per  funzioni  tecniche  costituisce,
pertanto, un aspetto peculiare della disciplina dei  lavori  pubblici
dettata dal citato d.lgs. n. 50 del 2016, il cui  art.  2,  comma  1,
stabilisce che «[l]e disposizioni contenute nel presente codice  sono
adottate  nell'esercizio  della  competenza   legislativa   esclusiva
statale in materia di tutela della concorrenza,  ordinamento  civile,
nonche'  nelle  altre  materie  cui  e'  riconducibile  lo  specifico
contratto». 
    Tuttavia,  tale  auto-qualificazione  da   parte   dello   stesso
legislatore statale non e' di per se' idonea a stabilire  l'effettiva
natura delle specifiche disposizioni dettate in materia di  incentivi
per funzioni tecniche. 
    Questa Corte ha piu' volte affermato che la disciplina dei lavori
pubblici non integra, in assenza di espressa  indicazione  nel  nuovo
art. 117 Cost., una  vera  e  propria  materia,  sicche'  le  diverse
disposizioni vanno qualificate a seconda dell'oggetto cui afferiscono
e conseguentemente possono essere ascritte,  di  volta  in  volta,  a
potesta' legislative statali e regionali (ex plurimis, sentenze n. 43
del 2011 e n. 45 del 2010). 
    A tal fine, e'  necessario  ricorrere  ai  criteri  stabiliti  da
questa Corte in riferimento alla  individuazione  della  ratio  della
specifica disposizione scrutinata, della  sua  finalita'  e  del  suo
contenuto (ex plurimis, sentenza n. 193 del 2022). 
    Quanto  al  primo  aspetto,  la  causa  et  ratio   dell'istituto
dell'incentivo per funzioni tecniche  e'  ravvisabile,  da  un  lato,
nella valorizzazione delle competenze del personale  impegnato  nelle
specifiche  fasi  di  attivita'  connesse   agli   appalti   pubblici
individuate   dal   legislatore,   con   attribuzione   in   funzione
corrispettiva  di  un  peculiare  elemento  della   retribuzione   di
carattere incentivante, dall'altro, nel contenimento  dei  costi  dei
contratti  pubblici  che  deriva  da  tale  affidamento  agli  stessi
dipendenti  dell'amministrazione  aggiudicatrice  di  attivita'   che
dovrebbero essere altrimenti esternalizzate. 
    Quanto al dato  testuale  delle  richiamate  disposizioni  recate
dall'art. 113, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del  2016,  evocate  dal
ricorrente come parametri interposti, va precisato  che  il  comma  2
prevede  che  le  amministrazioni  aggiudicatrici  destinino  ad   un
apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al due per
cento sull'importo dell'appalto per retribuire le  funzioni  tecniche
svolte  dai  propri  dipendenti  «esclusivamente»  per  le   seguenti
attivita': programmazione della spesa per  investimenti;  valutazione
preventiva dei progetti; predisposizione e controllo delle  procedure
di gara e esecuzione dei contratti pubblici; responsabile  unico  del
procedimento   (RUP);   direzione   dei   lavori   ovvero   direzione
dell'esecuzione e collaudo tecnico-amministrativo ovvero verifica  di
conformita'; collaudatore  statico,  ove  necessario  per  consentire
l'esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara,
del  progetto,  dei  tempi  e  costi  prestabiliti.  La  disposizione
stabilisce  che  il  predetto  fondo   non   e'   previsto   per   le
amministrazioni aggiudicatrici che stabiliscono modalita' diverse per
la retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti. 
    Il successivo comma 3 dispone:  che  l'ottanta  per  cento  delle
risorse finanziarie del fondo costituito ai  sensi  del  comma  2  e'
ripartito, per ciascuna opera o lavoro, servizio,  fornitura  con  le
modalita' e i criteri previsti in sede di  contrattazione  decentrata
integrativa  del  personale,  sulla  base  di  apposito   regolamento
adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti,  tra
il responsabile unico del procedimento e i soggetti che  svolgono  le
funzioni  tecniche  indicate  al  comma  2   nonche'   tra   i   loro
collaboratori; che la corresponsione dell'incentivo e'  disposta  dal
dirigente o dal responsabile  di  servizio  preposto  alla  struttura
competente, previo accertamento delle specifiche attivita' svolte dai
predetti dipendenti; che gli incentivi  complessivamente  corrisposti
nel  corso  dell'anno  al  singolo  dipendente,  anche   da   diverse
amministrazioni, non possono superare  l'importo  del  cinquanta  per
cento del trattamento  economico  complessivo  annuo  lordo;  e  che,
infine, le disposizioni non si applicano al personale  con  qualifica
dirigenziale. 
    3.2.3.- La disciplina recata dall'art. 113 del d.lgs. n.  50  del
2016 costituisce l'approdo di una complessa evoluzione normativa,  le
cui tappe salienti sono: l'art. 18 della legge 11  febbraio  1994  n.
109 (Legge quadro in materia di  lavori  pubblici),  concernente  gli
«incentivi  per  la   progettazione»;   le   modifiche   recate   dal
decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101  (Norme  urgenti  in  materia  di
lavori pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge  n.  216
del 1995; la riformulazione dell'art. 18 della legge n. 109 del  1994
operata dall'art. 6, comma 13, della legge 15  maggio  1997,  n.  127
(Misure urgenti per lo snellimento  dell'attivita'  amministrativa  e
dei procedimenti di decisione e di controllo); le ulteriori novazioni
al medesimo art. 18 introdotte dalla legge 16  giugno  1998,  n.  191
(Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo  1997,  n.  59,  e  15
maggio 1997, n. 127, nonche'  norme  in  materia  di  formazione  del
personale  dipendente  e  di  lavoro  a  distanza   nelle   pubbliche
amministrazioni. Disposizioni in materia di  edilizia  scolastica)  e
dalla  legge  17  maggio  1999,  n.  144  (Misure   in   materia   di
investimenti, delega al  Governo  per  il  riordino  degli  incentivi
all'occupazione e della normativa  che  disciplina  l'INAIL,  nonche'
disposizioni per il riordino degli  enti  previdenziali);  infine  la
previsione dell'art. 92 del decreto legislativo 12  aprile  2006,  n.
163 (Codice dei contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE)  che
ha sostituito la  normativa  nei  termini  poi  ripresi,  da  ultimo,
dall'art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016, come poi integrata dall'art.
76 del decreto  legislativo  19  aprile  2017,  n.  56  (Disposizioni
integrative e correttive al decreto legislativo 18  aprile  2016,  n.
50). 
    Di  particolare  rilievo  ai  fini  in  esame   e'   l'evoluzione
dell'originario impianto dell'istituto degli incentivi  in  questione
per quanto riguarda  la  percentuale  degli  importi  destinabili  ai
predetti incentivi, le attivita' per le quali essi sono riconosciuti,
la dialettica fra le fonti regolatrici. 
    A  tale  ultimo  proposito,  occorre  evidenziare  che  l'attuale
disciplina statale attribuisce alla fonte contrattuale  -  a  cui  in
origine era demandata la possibilita' di individuare gli incentivi in
oggetto - il solo compito di disciplinare le modalita' e i criteri di
ripartizione  delle  risorse  finanziarie  destinate  a  tale  scopo,
oltretutto sulla base  di  un  apposito  regolamento  adottato  dalla
singola amministrazione. 
    3.2.4.- Sul carattere tassativo delle attivita'  individuate  dal
comma 2 dell'art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016 si sono ripetutamente
espresse diverse sezioni di controllo della Corte dei conti  (sezione
regionale di controllo per il Veneto, deliberazione 2 marzo 2017,  n.
134; sezione regionale di controllo per la Puglia,  deliberazione  13
dicembre 2016, n. 204;  sezione  delle  autonomie,  deliberazione  13
maggio 2016, n. 18). In particolare, esse hanno piu' volte  affermato
che l'avverbio «esclusivamente» esprime l'intenzione del  legislatore
di riconoscere il compenso incentivante limitatamente alle  attivita'
espressamente previste,  ove  effettivamente  svolte  dal  dipendente
pubblico. 
    3.3.- Deve, dunque, affermarsi che  gli  incentivi  per  funzioni
tecniche  costituiscono  indubbiamente  un  elemento  specifico   del
trattamento  economico  del  pubblico  dipendente   in   termini   di
corrispettivo  di  determinate  attivita'  svolte  nell'ambito  degli
appalti pubblici. 
    Ne consegue che l'istituto in esame fa parte della disciplina del
trattamento retributivo  dei  pubblici  dipendenti  che,  secondo  il
costante indirizzo di questa  Corte,  va  ricondotto  all'ordinamento
civile, anche per  i  dipendenti  delle  regioni  e  delle  autonomie
speciali, e pertanto appartiene alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 253 del 2022,  punto
4.1.2. del Considerato in diritto, e sentenza n. 190 del 2022,  punto
4.1. del Considerato in diritto). 
    3.4.- La disposizione  provinciale  impugnata  lede  pertanto  la
predetta  competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   poiche'
consente alla contrattazione collettiva provinciale  di  ampliare  il
novero delle  funzioni  ammissibili  alle  retribuzioni  incentivanti
rispetto a quelle previste in modo tassativo dall'art. 113 del d.lgs.
n. 50 del 2016. 
    Conseguentemente non rileva il richiamo  da  parte  della  difesa
provinciale alle competenze dell'ente in  materia  di  contrattazione
collettiva territoriale,  poiche'  tali  competenze  devono  comunque
ottemperare  all'assetto  configurato  dal  legislatore  statale   in
materia di trattamento economico dei pubblici dipendenti. 
    Il profilo di contrasto della disposizione provinciale  impugnata
con l'assetto normativo  statale  emerge,  del  resto,  dagli  stessi
lavori preparatori. Si puo' ricordare in proposito il parere negativo
reso dal Consiglio delle autonomie locali della Provincia autonoma di
Trento in  data  15  novembre  2021  con  la  considerazione  che  la
«previsione risulta incoerente con  la  disciplina  nazionale  e  con
l'elaborazione giurisprudenziale sul punto che mira ad individuare in
modo piu' preciso possibile i soggetti destinatari delle retribuzioni
incentivanti». 
    Va,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 17, comma 1, lettera a), della legge prov. Trento n. 22 del
2021. 
    4.- Restano  assorbite  le  censure  riferite  alla  lesione  dei
parametri statutari.