ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma
2, e 21, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Veneto  27  maggio
2022, n.  12  (Disposizioni  di  adeguamento  ordinamentale  2022  in
materia di politiche sanitarie e di politiche sociali), promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  25
luglio 2022, depositato in cancelleria il 27 luglio 2022, iscritto al
n. 50 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2023 il Giudice relatore
Maria Rosaria San Giorgio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Marina Russo per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Enrico Minnei  e  Gaia  Stivali
per la Regione Veneto; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 marzo 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 25  luglio  2022  e  depositato  il
successivo 27 luglio, iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2022, il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma 2, e 21, commi 1, 2
e 3,  della  legge  della  Regione  Veneto  27  maggio  2022,  n.  12
(Disposizioni  di  adeguamento  ordinamentale  2022  in  materia   di
politiche sanitarie e di politiche sociali). 
    1.1.- L'impugnato art. 12,  comma  2,  modifica  l'Allegato  alla
legge  della  Regione  Veneto  28  dicembre  2018,   n.   48   (Piano
socio-sanitario regionale 2019-2023), aggiungendovi il sottoparagrafo
intitolato  «Incremento  del  massimale  di  scelte  degli  incarichi
temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici  in  formazione
specifica in medicina generale», del seguente tenore: «[i]n relazione
alla contingente carenza di medici di  medicina  generale,  aggravata
dagli effetti della recente emergenza epidemiologica da  COVID-19  al
fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e di scongiurare
la possibilita' di interruzioni di pubblico servizio  nell'assistenza
territoriale, le aziende del  servizio  sanitario  regionale  possono
prevedere nelle convenzioni concernenti gli incarichi  temporanei  di
assistenza  primaria  assegnati  ai  medici  iscritti  al  corso   di
formazione specifica in medicina generale un massimale di scelte fino
ad un massimo di 1.000 assistiti  per  il  primo  anno,  e  di  1.200
assistiti per gli anni successivi al primo. Le  ore  di  incarico  di
assistenza primaria risultanti  dalla  convenzione  sottoscritta  dal
medico iscritto al corso di formazione specifica in medicina generale
con  l'azienda  saranno  computabili  quali  attivita'  pratiche  del
corso». 
    1.1.1.- La disposizione in questione recherebbe anzitutto  vulnus
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto  con  il
principio  fondamentale  nelle  materie  di  competenza   legislativa
concorrente «tutela della salute» e «professioni», secondo  il  quale
la partecipazione  al  corso  di  formazione  specifica  in  medicina
generale e' incompatibile con qualsiasi attivita' lavorativa. 
    L'invocato principio fondamentale e' desunto dall'art.  9,  comma
1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135  (Disposizioni  urgenti
in materia di sostegno e semplificazione per  le  imprese  e  per  la
pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge
11 febbraio 2019, n. 12, come modificato dall'art. 12,  comma  3-bis,
lettera a), del decreto-legge 24  marzo  2022,  n.  24  (Disposizioni
urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla  diffusione
dell'epidemia da COVID-19,  in  conseguenza  della  cessazione  dello
stato di emergenza,  e  altre  disposizioni  in  materia  sanitaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 19  maggio  2022,  n.  52;
dall'art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo  2020,
n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e  di
sostegno  economico  per  famiglie,  lavoratori  e  imprese  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 aprile  2020,  n.
27; dall'art. 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
368 (Attuazione  della  direttiva  93/16/CEE  in  materia  di  libera
circolazione dei  medici  e  di  reciproco  riconoscimento  dei  loro
diplomi, certificati ed altri  titoli  e  delle  direttive  97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE). 
    1.1.2.- Rileva il  ricorrente  che  gli  unici  casi  in  cui  la
normativa statale consente di derogare alla regola,  posta  dall'art.
24 del d.lgs. n. 368  del  1999,  che  stabilisce  l'incompatibilita'
della formazione specifica in medicina generale con lo svolgimento di
attivita'   lavorative,   sarebbero   quelli    previsti    dall'art.
2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e
dall'art. 9, commi 1 e 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito. 
    La prima di tali  disposizioni  stabilisce  che,  per  la  durata
dell'emergenza epidemiologica da  COVID-19,  ai  medici  iscritti  al
corso   di   formazione   in   medicina   generale   e'    consentita
l'instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato  con
il Servizio sanitario nazionale (comma 1) e l'assunzione di incarichi
provvisori  o  di  sostituzione  di  medici  di   medicina   generale
convenzionati con il Servizio sanitario nazionale (comma 2). 
    La efficacia di dette previsioni e' stata prorogata dall'art.  4,
comma 2, del decreto-legge 30 dicembre  2021,  n.  228  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di  termini   legislativi),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15. 
    L'art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come  convertito,  modificato,
come gia' precisato, dall'art. 12, comma 3-bis, lettera a), del  d.l.
n. 24 del 2022, come convertito, dispone, al comma 1, che, fino al 31
dicembre 2024, in relazione alla contingente carenza  dei  medici  di
medicina generale,  nelle  more  di  una  revisione  complessiva  del
relativo sistema di formazione, i laureati in  medicina  e  chirurgia
abilitati  all'esercizio  professionale,   iscritti   al   corso   di
formazione specifica in medicina  generale,  possono,  a  determinate
condizioni,    partecipare    all'assegnazione    degli     incarichi
convenzionali e che le regioni e le province autonome,  nel  rispetto
di quanto previsto dall'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999,
prevedono la limitazione del massimale degli assistiti in carico fino
a mille, anche con il supporto dei tutori  di  cui  all'art.  27  del
medesimo d.lgs. n. 368 del 1999,  o  del  monte  ore  settimanale,  e
possono organizzare i corsi anche a tempo  parziale,  garantendo,  in
ogni  caso,  che  l'articolazione  oraria  e  l'organizzazione  delle
attivita' assistenziali non pregiudichino la corretta  partecipazione
alle attivita' didattiche previste per il completamento del corso  di
formazione specifica in medicina generale. 
    Secondo la difesa statale, tali previsioni, essendo  giustificate
da una situazione  contingente  di  carenza  di  medici  di  medicina
generale, hanno carattere «speciale ed eccezionale» e  sono,  quindi,
di stretta applicazione. Esse indicano in modo puntuale i presupposti
in presenza dei quali i medici che frequentano il corso di formazione
specifica in medicina  generale  possono  assumere,  rispettivamente,
incarichi temporanei destinati a trasformarsi  in  rapporti  a  tempo
indeterminato  a  decorrere  dal   conseguimento   del   diploma   di
formazione, e incarichi a tempo determinato (incarichi provvisori  di
sostituzione) che il  medico  ricopre  limitatamente  al  periodo  di
assenza del titolare. 
    1.1.3.- L'art. 12, comma 2, della legge regionale impugnata,  nel
prevedere che al medico in formazione in medicina generale, a partire
dal  secondo  anno  di  corso,  possano  essere  assegnati   fino   a
milleduecento assistiti,  violerebbe  la  regola,  espressiva  di  un
principio fondamentale, di cui al richiamato art. 9 del d.l.  n.  135
del 2018, come convertito, generando  il  rischio  di  erogazione  di
prestazioni  sanitarie  di  livello  non  adeguato  e  incidendo  sul
percorso formativo dei medici. 
    Inoltre,  la  disposizione  regionale,  introducendo  un   regime
diversificato rispetto a quello delineato dalla  disciplina  statale,
lederebbe il principio di uguaglianza, di cui all'art.  3  Cost.,  il
quale impone che le regole fondamentali  sui  rapporti  in  scrutinio
siano uniformi sul territorio nazionale. 
    1.2.- Il ricorso impugna poi l'art. 21, commi 1 e 2, della  legge
reg. Veneto n. 12 del 2022, in riferimento all'art. 117, terzo comma,
Cost.,  per  contrasto  con  i  principi  fondamentali  dettati   dal
legislatore  statale  nella   materia   di   competenza   legislativa
concorrente  «tutela  della  salute».  Le  disposizioni  oggetto   di
impugnazione, nel prevedere procedure concorsuali per il reclutamento
di dirigenti medici che prescindono dalla verifica del  possesso  del
requisito della specializzazione, si discosterebbero dalla disciplina
sul concorso pubblico per l'accesso alla dirigenza sanitaria  dettata
dall'art. 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.
502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). 
    Quest'ultima disposizione prevede che alla dirigenza sanitaria si
accede  mediante  concorso  pubblico  per  titoli  ed   esami,   come
disciplinato dal d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante
la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del  Servizio
sanitario nazionale), il quale, all'art. 24, precisa che i  requisiti
specifici di ammissione a detto concorso sono la laurea in medicina e
chirurgia, la specializzazione nella disciplina oggetto del  concorso
stesso e  l'iscrizione  all'albo  dell'ordine  dei  medici-chirurghi,
attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto  a
quella di scadenza del bando. 
    La difesa dello Stato ritiene che le disposizioni impugnate,  pur
volte a far fronte  alla  carenza  di  personale  nei  servizi  della
medicina d'urgenza, incidano sulle condizioni che assicurano il  buon
andamento   dell'amministrazione   e   la   qualita'   dell'attivita'
assistenziale erogata in tale settore. 
    Sottolinea, al riguardo, il  ricorrente  che  le  previsioni  che
impongono il possesso del diploma di formazione specifica in medicina
generale  esprimono  un  principio  fondamentale  della  legislazione
statale, considerata l'importanza che la formazione del medico assume
ai fini dello svolgimento delle relative funzioni  (viene  citata  la
sentenza n. 38 del 2020 di questa Corte). 
    Le norme di cui si tratta - argomenta, ancora, la difesa  statale
- non solo prorogano di ulteriori tre anni, fino al 31 gennaio  2024,
la possibilita', gia' prevista dall'art. 23,  comma  1,  della  legge
della  Regione  Veneto  24  gennaio  2020,  n.  1  (Disposizioni   di
adeguamento ordinamentale 2019 in materia di politiche sanitarie e di
politiche sociali), di  indire  procedure  concorsuali  per  assumere
medici privi di specializzazione, e  tuttavia  destinati  a  prestare
servizio  a  tempo  indeterminato,  ma,   al   contempo,   dispongono
l'abrogazione del comma 2 dello stesso art.  23  della  citata  legge
reg. Veneto n. 1 del 2020, il quale, consentendo il contestuale avvio
del necessario percorso formativo attraverso l'accesso immediato  del
medico in soprannumero al corso di specializzazione  in  medicina  di
emergenza-urgenza, ove mantenuto, avrebbe attenuato gli effetti della
operata deroga alla disciplina statale. 
    1.2.1.- L'art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del
2022  contrasterebbe,  altresi',  con  l'art.  3  Cost.,  in   quanto
introdurrebbe per la sola Regione Veneto  una  procedura  concorsuale
diversificata rispetto a quella prevista dalla disciplina nazionale. 
    1.2.2.- Sarebbe,  infine,  violato  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., in quanto il  regime  di  accesso  alle  procedure
concorsuali  delineato  dalla  norma   regionale,   coinvolgendo   la
disciplina  del  rapporto  di  lavoro  dei  medici,  invaderebbe   la
competenza legislativa esclusiva statale nella  materia  «ordinamento
civile». 
    1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, impugna,  infine,
l'art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022,  a  mente
del quale, per  il  triennio  2022-2024  i  laureati  in  medicina  e
chirurgia abilitati possono, anche  durante  la  loro  iscrizione  ai
corsi di specializzazione e fatte salve le disposizioni del d.lgs. n.
368 del  1999,  prestare,  al  di  fuori  dell'orario  dedicato  alla
formazione  specialistica  e  fermo  restando  l'assolvimento   degli
obblighi  formativi,  attivita'  di  supporto  presso  i  servizi  di
emergenza-urgenza  ospedalieri  del  servizio   sanitario   regionale
mediante  contratti  libero   professionali   o   di   collaborazione
coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile.  In
tal modo, la disposizione de qua introdurrebbe una deroga  al  regime
delle  incompatibilita'  previste  per  il   medico   in   formazione
specialistica, in contrasto con l'art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    1.3.1.- La  disposizione  impugnata  si  porrebbe  in  contrasto,
pertanto, anzitutto, con l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.3.2.- Inoltre, la norma, in combinato disposto con il  comma  1
dello stesso art. 21, offrendo un canale di accesso alla  professione
che  prescinde  dalla  specializzazione,  porrebbe   una   disciplina
irragionevolmente diversa  da  quella  nazionale,  in  contrasto  con
l'art. 3 Cost. 
    1.3.3.- Essa  violerebbe  altresi'  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera a), Cost., in quanto interverrebbe a disciplinare una materia
di diretta derivazione europea. 
    1.3.4.- Ad avviso del ricorrente, sarebbe,  infine,  leso  l'art.
117, secondo comma, lettera  l),  Cost.,  in  quanto  il  legislatore
regionale avrebbe invaso la competenza legislativa esclusiva  statale
nella materia «ordinamento civile». 
    2.- Si e' costituita in giudizio  la  Regione  Veneto,  chiedendo
pronunciarsi l'inammissibilita' e, comunque, la non fondatezza  delle
questioni promosse o, in via subordinata, dichiararsi le disposizioni
regionali impugnate «provvisoriamente costituzionali  o  latentemente
incostituzionali con monito al  legislatore  di  provvedere  al  piu'
presto». 
    2.1.- In premessa, la resistente ha  sottolineato  la  necessita'
che, in linea con le indicazioni della giurisprudenza costituzionale,
lo scrutinio delle odierne questioni  sia  condotto  non  in  termini
astratti,  ma  tenendo  conto  del  concreto  contesto  in   cui   le
disposizioni impugnate sono destinate  a  operare  e  delle  profonde
trasformazioni che in tempi recenti hanno interessato  la  disciplina
sanitaria risalente agli  anni  Novanta  (viene  richiamata,  tra  le
altre, la sentenza di questa Corte n. 36 del 2022). 
    Ha,  quindi,  diffusamente  argomentato   sulle   ragioni   della
disciplina denunciata, evidenziando come  la  stessa  sia  diretta  a
fronteggiare le rilevantissime difficolta' in cui versano  i  settori
della medicina generale e d'urgenza, nei quali la comprovata  carenza
di personale, aggravata dagli effetti della emergenza  epidemiologica
da COVID-19, e'  particolarmente  avvertita,  rappresentando  che  il
deficit di medici di prima  assistenza  e  dell'emergenza-urgenza  e'
tale da mettere a  rischio  la  concreta  erogazione  di  prestazioni
sanitarie essenziali sul territorio regionale. 
    2.2.- Quanto all'art 12, comma 2, della legge reg. Veneto  n.  12
del  2022,  la   difesa   regionale   ha   eccepito   preliminarmente
l'inammissibilita' delle  questioni  per  carente  ricostruzione  del
quadro giuridico-fattuale di riferimento. 
    2.2.1.- La difesa regionale premette che l'adozione  della  norma
in esame e' stata imposta dalla necessita' di reperire una  soluzione
organizzativa alla grave situazione venutasi a creare in  conseguenza
della mancata assegnazione, attraverso le procedure  di  reclutamento
ordinarie, del sessanta per cento degli incarichi destinati a coprire
ambiti carenti di assistenza primaria. 
    La resistente ricorda, quindi, che gli  incarichi  temporanei  in
tale settore di assistenza primaria assegnati ai medici in formazione
specifica in medicina generale sono previsti anche dalla legislazione
statale - e segnatamente dall'art. 9, comma 1, del d.l.  n.  135  del
2018, come convertito, modificato dall'art. 12, comma 3-bis,  lettera
a),  del  d.l.  n.  24  del  2022,  come  convertito,   e   dall'art.
2-quinquies, comma 1, del d.l. n. 18 del  2021,  come  convertito  -,
evidenziando come la disposizione regionale impugnata  sia  in  tutto
conforme al modello statale, fatta eccezione per  l'innalzamento  del
massimale degli assistiti da mille a milleduecento. 
    La   Regione   Veneto   avrebbe   introdotto   tale   incremento,
nell'esercizio del proprio potere discrezionale di organizzazione del
servizio sanitario sul  territorio,  allo  scopo  di  scongiurare  la
paralisi di un servizio essenziale. 
    Ad avviso della  resistente,  il  massimale  di  mille  assistiti
stabilito dalla normativa statale non esprime, infatti, un  principio
fondamentale non derogabile neanche in via temporanea e  in  presenza
di situazioni di emergenza. 
    Cio' troverebbe conferma  nella  disciplina  degli  incarichi  di
assistenza primaria provvisori e di sostituzione, nella quale non  si
rinvengono limiti come quello in esame. 
    Osserva, ancora, la difesa regionale che l'art. 9 del d.l. n. 135
del 2018,  come  convertito,  impone  che  l'articolazione  oraria  e
l'organizzazione delle attivita' assistenziali non  pregiudichino  la
corretta partecipazione alle attivita'  didattiche  previste  per  il
completamento del corso di formazione specifica in medicina  generale
e concede alle Regioni la possibilita' di organizzare i corsi anche a
tempo parziale. 
    Da tali dati normativi si desumerebbe  che  spetta  alle  regioni
valutare, sulla base delle esigenze imposte  dal  numero  delle  sedi
carenti di medicina  primaria,  l'eventuale  superamento  del  limite
quantitativo indicato dallo Stato e, ove cio' avvenga, fare  in  modo
che i corsi di formazione assicurino  sempre  un  percorso  formativo
adeguato. 
    2.2.2.- La resistente rileva, poi,  l'inconferenza  del  richiamo
alla materia «professioni», sostenendo che la disciplina in scrutinio
ricade nella materia «tutela della salute», e la non fondatezza della
censura formulata in riferimento all'art.  3  Cost.,  non  avendo  il
ricorrente tenuto conto della  specifica  situazione  di  carenza  di
medici di medicina generale della Regione Veneto, ne' considerato che
all'esigenza di rispetto di regole omogenee su  tutto  il  territorio
nazionale corrisponde l'eguale  godimento  del  fondamentale  diritto
alla salute ex art. 32 Cost. 
    2.3.- In merito alle censure rivolte all'art. 21, commi  1  e  2,
della legge reg. Veneto n. 12  del  2022,  la  resistente  evidenzia,
anzitutto, come tale disposizione,  insieme  all'art.  23,  comma  1,
della legge reg. Veneto n. 1 del 2020, di cui la prima  ha  prorogato
la vigenza fino al 31 gennaio 2024, interviene  a  modificare  quanto
gia'  previsto  dal  «Piano  socio  sanitario  regionale  2019-2023»,
approvato con la  legge  reg.  Veneto  n.  48  del  2018,  il  quale,
tuttavia, non e' stato impugnato dallo Stato. 
    2.3.1.- Secondo la difesa regionale, l'impugnato art.  21,  comma
1, e' una norma «eccezionale, emergenziale e  a  efficacia  temporale
definita»,  come  reso  evidente  dalla  finalita'  di  garantire  la
continuita' nell'erogazione  dei  livelli  essenziali  di  assistenza
nell'ambito del sistema di emergenza-urgenza, in un contesto di grave
carenza  di  personale   nonostante   il   reiterato   tentativo   di
reclutamento di  medici  muniti  di  specializzazione;  dal  limitato
ambito di applicazione oggettivo, costituito  dall'emergenza-urgenza;
dall'efficacia a termine (fino al 2024); dal sistema delle cautele  e
dei controlli espressamente previsto. 
    Inoltre, la norma in scrutinio  sarebbe  diretta  a  prevenire  o
limitare l'esternalizzazione dei servizi sanitari di cui  si  tratta,
al fine di non disperdere la professionalita'  del  personale  medico
che, benche' privo di specializzazione,  ha  acquisito  nel  servizio
sanitario regionale una importante esperienza di pronto  soccorso  in
forza di contratti a tempo determinato, contratti  di  collaborazione
coordinata e continuativa e altri rapporti in convenzione. 
    Ancora, in linea con le indicazioni offerte da questa Corte nella
sentenza n. 36 del 2022, la disposizione regionale in  esame  sarebbe
coerente  con   il   quadro   evolutivo   della   normativa   statale
sull'emergenza sanitaria e con la  «relativa  flessibilizzazione  dei
requisiti» di reclutamento. 
    2.3.2.- Ad avviso della resistente, poiche' nel  ricorso  non  e'
stato in alcun modo dato conto dell'evoluzione del  quadro  normativo
nel senso chiarito, anche la censura in esame  sarebbe  inammissibile
in    ragione    dell'incompleta     ricostruzione     del     quadro
giuridico-fattuale  e  per  la  mancata  individuazione  delle  norme
statali in grado di fungere da  parametro  interposto  rispetto  alle
asserite violazioni. 
    2.3.3.- Le censure riguardanti l'art. 21,  commi  1  e  2,  della
legge reg. Veneto n. 12 del  2022  sarebbero  comunque  non  fondate,
perche'  basate  sull'erroneo  presupposto  della  esistenza  di   un
principio fondamentale statale nella materia concorrente della tutela
della salute, in base al quale sarebbe sempre necessario il  possesso
della specializzazione per l'accesso al Servizio sanitario nazionale,
laddove, al contrario, lo stesso principio assumerebbe, in condizioni
emergenziali, carattere recessivo a fronte della preminente  esigenza
di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie. 
    La disposizione impugnata compenserebbe la mancanza del titolo di
specializzazione con il requisito dell'esperienza specifica presso  i
servizi  di  emergenza-urgenza  ospedalieri  del  Servizio  sanitario
nazionale. 
    D'altro canto - osserva la resistente - e' lo stesso  ordinamento
a riconoscere ai medici  laureati  e  abilitati  all'esercizio  della
professione di medico chirurgo la facolta' di svolgere tutti gli atti
medici senza alcun limite e con il  solo  obbligo  di  rispettare  le
regole proprie dell'esercizio dell'attivita'  professionale,  ne'  e'
rinvenibile una disposizione, comunitaria o nazionale, che  impedisca
al medico  abilitato  privo  di  specializzazione  di  esercitare  la
professione sanitaria in qualunque ambito. 
    2.3.4.- Quanto alla prospettata lesione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., la  Regione  eccepisce  l'inconferenza  del
parametro evocato. 
    A  tal   fine,   la   resistente   richiama   la   giurisprudenza
costituzionale  secondo  la  quale  l'ambito  in  cui   ricadono   le
disposizioni impugnate e' quello della tutela della salute  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost.  (vengono  citate  le  sentenze  di
questa Corte n. 174 e n. 38 del 2020),  evidenziando  come,  in  ogni
caso, le disposizioni  regionali  impugnate  operano  «a  livello  di
macro-organizzazione, a monte rispetto alla stipula dei contratti  di
lavoro dei sanitari interessati». 
    2.3.5.- Ad avviso della resistente, la censura con  la  quale  e'
dedotta la violazione dell'art. 3 Cost. e' inammissibile,  in  quanto
non considera che la disciplina dell'organizzazione  e  gestione  del
servizio sanitario regionale puo' essere oggetto di  differenziazione
sui vari territori regionali, sia  pure  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali posti dalla legislazione statale. 
    2.4.- Quanto, infine, all'art. 21,  comma  3,  della  legge  reg.
Veneto n. 12 del 2022, la difesa regionale ripropone, in primo luogo,
le   considerazioni   svolte    a    sostegno    dell'eccezione    di
inammissibilita' delle censure rivolte all'art.  21,  commi  1  e  2,
della medesima legge regionale. 
    Il Governo non avrebbe  considerato  la  tendenza  evolutiva  del
quadro normativo nazionale desumibile dall'art. 9 del d.l. n. 135 del
2018, come convertito, e dall'art. 1, commi 547, 548 e 548-bis, della
legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2019-2021), come modificati dall'art. 12 del decreto-legge 30  aprile
2019, n. 35 (Misure emergenziali  per  il  servizio  sanitario  della
Regione Calabria  e  altre  misure  urgenti  in  materia  sanitaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60. 
    In particolare, il ricorrente  non  avrebbe  tenuto  conto  delle
disposizioni statali che hanno introdotto deroghe al generale  regime
di incompatibilita' delle attivita' lavorative dei medici iscritti ai
corsi di specializzazione o  ai  corsi  di  formazione  specifica  in
medicina generale (art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18  del
2020, come convertito, art. 9, comma 1, del d.l.  n.  135  del  2018,
come convertito, modificato dall'art. 12, comma  3-bis,  lettera  a),
del  d.l.  n.  24  del  2022,  come  convertito),  ne'   dell'inutile
esperimento, da parte della Regione, di ogni tentativo  di  reclutare
personale medico munito di specializzazione. 
    2.4.1.- Ad avviso della difesa regionale, le censure con  cui  e'
denunciata la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere a)  ed
l), Cost. sarebbero  inammissibili  per  inconferenza  dei  parametri
evocati. 
    2.4.2.- Palesemente non fondata  sarebbe,  invece,  la  doglianza
relativa all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Evidenzia, al  riguardo,  la  resistente  che,  contrariamente  a
quanto assunto dall'Avvocatura generale dello Stato,  l'art.  40  del
d.lgs.  n.  368  del  1999  non  impone  al  medico   in   formazione
specialistica un divieto assoluto di svolgere attivita' professionale
al di fuori dell'orario dedicato alla formazione, ma, anzi,  consente
ai tirocinanti l'attivita' libero professionale intra moenia. 
    La disposizione regionale in scrutinio si porrebbe, comunque,  in
linea con la legislazione nazionale gia' richiamata,  la  quale,  nel
contesto dell'emergenza da COVID-19, ha consentito ai medici iscritti
ai corsi di specializzazione o ai corsi di  formazione  specifica  in
medicina generale l'instaurazione  di  rapporti  convenzionali  o  il
conferimento di incarichi provvisori o di sostituzione valevoli  come
attivita' pratiche ai  fini  del  conseguimento  del  titolo  affatto
incompatibili con il percorso formativo. 
    2.4.3.-   In    ultimo,    la    difesa    regionale    eccepisce
l'inammissibilita' della censura che lamenta la violazione  dell'art.
3 Cost. 
    Essa non terrebbe conto delle deroghe al requisito  del  possesso
della specializzazione contemplate nella legislazione statale,  cosi'
equivocando sul tertium comparationis,  e  attribuirebbe  alla  norma
interposta recata  dall'art.  40  del  d.lgs.  n.  368  del  1999  un
contenuto di cui e' priva. 
    2.4.4.- Il motivo sarebbe,  comunque  non  fondato,  perche'  non
terrebbe conto della situazione di carenza di medici di  medicina  di
emergenza-urgenza in cui versa la Regione Veneto. 
    3.- Entrambe  le  parti  hanno  depositato  memorie  illustrative
nell'imminenza dell'udienza pubblica. 
    3.1.-  La  Regione  ha  insistito  nelle  conclusioni  rassegnate
nell'atto di costituzione in giudizio, rilevando,  altresi',  che  lo
ius superveniens costituito dalla legge  24  febbraio  2023,  n.  14,
nella quale e' stato convertito, con modificazioni, il  decreto-legge
29 dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti in materia di  termini
legislativi), ha aggiunto, all'art. 4 di tale decreto-legge, il comma
9-quater,  il  quale  ha  prorogato  fino  al  31  dicembre  2023  le
disposizioni di cui all'art. 2-quinquies del d.l.  n.  18  del  2020,
come convertito, che consentono ai laureati in medicina  e  chirurgia
abilitati di assumere  incarichi  provvisori  o  di  sostituzione  di
medici di medicina generale, nonche' ai medici iscritti al  corso  di
specializzazione  in  pediatria  di  assumere,  durante  il  percorso
formativo, incarichi provvisori o  di  sostituzione  di  pediatri  di
libera scelta convenzionati con il servizio sanitario nazionale. 
    Assume la resistente che la proroga  delle  disposizioni  statali
che realizzano la «flessibilizzazione dei requisiti»,  cui  ha  fatto
riferimento questa Corte nella sentenza n. 36 del 2022, ai  fini  del
reclutamento del personale sanitario anche attraverso il  ricorso  ai
medici privi della specializzazione o non ancora in possesso di essa,
confermerebbe   il   quadro   normativo   descritto   nell'atto    di
costituzione,  al  quale  si  uniforma  la   disposizione   regionale
impugnata dal Governo. 
    3.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  richiamato  e
sviluppato nella memoria  difensiva  le  argomentazioni  addotte  nel
ricorso,  ribadendo  le  conclusioni   ivi   assunte   e   replicando
analiticamente  alle  eccezioni  e  deduzioni  svolte  dalla   difesa
regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale di alcune disposizioni della  legge  reg.
Veneto n. 12 del 2022. 
    2.- E' anzitutto impugnato l'art. 12, comma 2, della citata legge
regionale, il quale modifica l'Allegato alla legge reg. Veneto n.  48
del 2018, aggiungendovi il sottoparagrafo, intitolato «Incremento del
massimale di scelte degli incarichi temporanei di assistenza primaria
assegnati ai medici in formazione specifica  in  medicina  generale»,
secondo cui «[i]n relazione alla contingente  carenza  di  medici  di
medicina generale, aggravata dagli effetti  della  recente  emergenza
epidemiologica da COVID-19 al fine di garantire i livelli  essenziali
di assistenza e di scongiurare la  possibilita'  di  interruzioni  di
pubblico  servizio  nell'assistenza  territoriale,  le  aziende   del
servizio sanitario  regionale  possono  prevedere  nelle  convenzioni
concernenti gli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati
ai medici iscritti al  corso  di  formazione  specifica  in  medicina
generale un massimale di scelte fino ad un massimo di 1.000 assistiti
per il primo anno, e di 1.200 assistiti per gli  anni  successivi  al
primo. Le ore di incarico di  assistenza  primaria  risultanti  dalla
convenzione sottoscritta dal medico iscritto al corso  di  formazione
specifica in medicina  generale  con  l'azienda  saranno  computabili
quali attivita' pratiche del corso». 
    2.1.- La disposizione  impugnata  violerebbe  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., per  contrasto  con  il  principio  fondamentale  nelle
materie «tutela della salute» e «professioni» - desumibile  dall'art.
9, commi 1 e 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, modificato
dall'art. 12, comma 3-bis, lettere a) e b), del d.l. n. 24 del  2022,
come convertito; dall'art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l.  n.  18
del 2020, come convertito, e dall'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368
del 1999 -, in base al quale la partecipazione al corso di formazione
specifica  in  medicina  generale  e'  incompatibile  con   qualsiasi
attivita' lavorativa. 
    2.1.1.-  Ad  avviso  del  ricorrente,   tale   precetto   sarebbe
derogabile  nei  soli  casi  previsti,   rispettivamente,   dall'art.
2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito  -
secondo cui, per la durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19,
i  medici  in  formazione  specifica  in  medicina  generale  possono
assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina
generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed  essere
iscritti negli elenchi della guardia medica e  della  guardia  medica
turistica - e dall'art. 9, commi 1 e 2, del d.l.  n.  135  del  2018,
come convertito, ai sensi del quale, fino  al  31  dicembre  2024,  i
medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale
possono assumere incarichi temporanei di assistenza primaria, con  un
massimale limitato a mille assistiti, nel rispetto di quanto disposto
dall'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    2.2.- Pertanto, l'art. 12, comma 2, della legge reg. Veneto n. 12
del 2022, consentendo alle aziende del servizio  sanitario  regionale
di innalzare fino a milleduecento il numero massimo di pazienti  che,
a partire dal secondo anno  di  corso,  possono  essere  affidati  ai
medici in formazione in medicina generale, si porrebbe  in  contrasto
con l'anzidetto principio fondamentale  della  legislazione  statale,
generando il rischio di erogazione  di  prestazioni  di  livello  non
adeguato e  incidendo  sul  percorso  formativo  degli  esercenti  la
professione sanitaria. 
    2.3.-  Inoltre,  la  disposizione  impugnata,  introducendo   una
disciplina  differenziata  rispetto  a  quella  di   fonte   statale,
violerebbe il principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  Cost.,
declinato   come   uniformita'   sul   territorio   nazionale   della
regolamentazione della fattispecie in scrutinio. 
    3.-  Deve,  preliminarmente,  essere  esaminata  l'eccezione   di
inammissibilita'  sollevata  dalla  Regione  Veneto  per   incompleta
ricostruzione del quadro fattuale e normativo, in quanto  le  censure
non terrebbero conto del concreto contesto in cui le norme  impugnate
sono destinate a operare, ne' delle profonde  trasformazioni  che  la
disciplina sanitaria di fonte statale ha subito nel corso del tempo. 
    3.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    3.1.1.- Il ricorso da' conto della recente normativa eccezionale,
sia  pure  per  trarne,  mediante  argomentazioni  non  implausibili,
conclusioni opposte rispetto a quelle assunte dalla resistente. 
    Nelle previsioni statali valorizzate dalla  difesa  regionale  il
ricorrente individua, infatti, discipline  di  portata  «speciale  ed
eccezionale» e quindi insuscettibili di essere ulteriormente derogate
dalla legislazione regionale. 
    3.1.2.- Neppure puo' imputarsi al ricorrente di  aver  trascurato
il quadro fattuale in cui si inscrivono le norme regionali in  esame,
rinvenendosi, al contrario, tanto nel ricorso, quanto  nella  memoria
illustrativa, riferimenti alla finalita', perseguita dal  legislatore
veneto, di contenimento degli effetti  della  mancanza  di  personale
sanitario, che notoriamente affligge i settori, oggetto  delle  norme
in  scrutinio,   della   medicina   generale   e   dei   servizi   di
emergenza-urgenza. 
    Nondimeno, il Governo menziona dette carenze per evidenziare come
di esse si sia fatto carico lo stesso legislatore nazionale  mediante
previsioni che, in quanto temporanee e contingenti, sono  di  stretta
applicazione e, quindi, non consentono  alle  regioni  di  introdurre
nuove eccezioni alle regole di fonte statale che assicurano  il  buon
andamento  dell'amministrazione  e  la  qualita'  delle   prestazioni
sanitarie. 
    In aggiunta, nella memoria difensiva, il ricorrente rileva che  i
dati piu' recenti mostrano una tendenza all'incremento del  personale
medico del Servizio sanitario nazionale e che le risorse  finanziarie
specificamente destinate alla formazione specialistica e in  medicina
generale dal piano nazionale di ripresa e  resilienza  consentono  di
prevedere il superamento delle descritte  emergenze  nel  volgere  di
pochi anni. 
    3.2.- Sempre in via preliminare, deve rilevarsi che la  doglianza
con la quale e' stata  denunciata  la  violazione  del  principio  di
uguaglianza non ha dignita' di censura  autonoma,  rappresentando  un
aspetto  della  denunciata  violazione  del  principio  di   uniforme
regolazione statale  sul  territorio  nazionale  della  tutela  della
salute e delle professioni (sentenza n. 6 del 2022). 
    4.- La questione promossa  in  riferimento  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. non e' fondata. 
    4.1.- Il ricorrente lamenta che l'art. 12, comma 2,  della  legge
reg. Veneto n. 12 del  2022,  fissando  in  milleduecento  il  numero
massimo di assistiti che, dal secondo anno di corso,  possono  essere
affidati ai medici di medicina generale in formazione - a  fronte  di
un massimale di mille assistiti previsto dal legislatore statale - si
discosterebbe dal principio fondamentale dell'incompatibilita'  della
partecipazione al suddetto percorso formativo con lo  svolgimento  di
attivita' lavorative, al di fuori dei limiti  in  cui  la  disciplina
nazionale consente di derogarvi. 
    4.2.- E' opportuno premettere, in  sintesi,  la  descrizione  del
quadro  normativo  in  cui  si  innestano  le  previsioni   regionali
impugnate. 
    4.2.1.- Il principio della formazione a tempo pieno trae  origine
dalla disciplina europea sulla formazione  specifica  dei  medici  di
medicina generale approntata  al  dichiarato  fine  di  garantire,  a
livello comunitario, un grado di preparazione adeguato a soddisfare i
bisogni formativi peculiari dei professionisti  destinati  a  operare
nell'area delle cure primarie. L'istituzione di un apposito corso  di
formazione  post  lauream  mira,  inoltre,  a  favorire   la   libera
circolazione dei professionisti in  ambito  comunitario,  assicurando
standard  di  formazione  professionale  uniformi  per  il  reciproco
riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli tra  gli  Stati
membri. 
    La prima enunciazione della regola dell'impegno formativo a tempo
pieno si rinviene negli artt. 2, paragrafo 1, lettera b), e 5,  della
direttiva 86/457/CEE del Consiglio, del 15 settembre  1986,  relativa
alla formazione specifica in medicina generale, attuata in Italia con
il decreto legislativo  8  agosto  1991,  n.  256  (Attuazione  della
direttiva  n.  86/457/CEE,  relativa  alla  formazione  specifica  in
medicina generale, a norma dell'art. 5 della legge 30 luglio 1990, n.
212), il quale, all'art. 1, comma 2, disponeva che «[i]l corso, della
durata di anni due, articolato secondo la previsione di cui  all'art.
3, comporta un impegno a tempo pieno  dei  partecipanti  con  obbligo
della frequenza alle attivita' didattiche sia pratiche che teoriche e
si conclude con il rilascio dell'attestato di formazione in  medicina
generale, conforme all'allegato modello». 
    Successivamente il principio della partecipazione a  tempo  pieno
al corso di formazione in  medicina  generale  e'  stato  riaffermato
dall'art. 31 della direttiva 93/16/CEE del Consiglio,  del  5  aprile
1993, intesa ad agevolare la libera  circolazione  dei  medici  e  il
reciproco riconoscimento  dei  loro  diplomi,  certificati  ed  altri
titoli. 
    Di seguito, tale fonte normativa e' stata abrogata  e  sostituita
dalla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,
del 7 settembre 2005, relativa  al  riconoscimento  delle  qualifiche
professionali,  il  cui  art.  28,  paragrafo  3,  ha  riprodotto  la
modalita' del tempo pieno, disponendo che «[l]a formazione  specifica
in medicina generale avviene a tempo pieno sotto il  controllo  delle
autorita' od organi competenti ed  e'  di  natura  piu'  pratica  che
teorica». 
    Nell'ordinamento italiano i  principi  espressi  dalla  direttiva
93/16/CEE, come successivamente modificata, hanno trovato  attuazione
con il d.lgs. n. 368 del 1999, il quale ha abrogato il d.lgs. n.  256
del 1991 e ha ridisegnato la disciplina della formazione  dei  medici
di medicina generale  collocandola,  in  un  sistema  piu'  ampio  ed
organico, accanto a quella dei corsi di formazione specialistica. 
    Nel nuovo assetto normativo, la  modalita'  della  formazione  in
medicina generale a tempo pieno e' consacrata nell'art. 24 del citato
decreto legislativo, il quale, al comma 2, dispone che  il  corso  di
formazione specifica in medicina generale, della durata di tre anni e
riservato  ai   laureati   in   medicina   e   chirurgia,   abilitati
all'esercizio professionale, «comporta un impegno dei partecipanti  a
tempo pieno con obbligo della  frequenza  alle  attivita'  didattiche
teoriche e pratiche, da svolgersi sotto il controllo delle regioni  e
province autonome e degli  enti  competenti»;  mentre,  al  comma  3,
prevede che «[l]a formazione a tempo pieno, implica la partecipazione
alla totalita' delle attivita' mediche  del  servizio  nel  quale  si
effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in
formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta  la  sua
attivita' professionale per l'intera durata della  normale  settimana
lavorativa e per tutta la durata dell'anno». 
    Detta modalita' e', infine, ribadita nell'art. 11, comma  1,  del
decreto del Ministro della salute 7 marzo 2006 (Principi fondamentali
per la disciplina unitaria in  materia  di  formazione  specifica  in
medicina generale), a mente del quale «[i]l corso  e'  strutturato  a
tempo pieno. La formazione a tempo pieno  implica  la  partecipazione
alla totalita' delle attivita' mediche  del  servizio  nel  quale  si
effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in
formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta  la  sua
attivita' professionale per l'intera durata della  normale  settimana
lavorativa e per tutta la durata dell'anno». 
    Conseguentemente, aggiunge la citata disposizione, «e` inibito al
medico in formazione l'esercizio di attivita' libero-professionali ed
ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio
sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o  private,  anche
di carattere saltuario o temporaneo. Durante la frequenza  del  corso
e`, altresi', esclusa la contemporanea iscrizione o frequenza a corsi
di specializzazione o dottorati di ricerca, anche qualora si consegua
tale  stato  successivamente  all'inizio  del  corso  di   formazione
specifica in medicina generale». 
    4.2.2.-  La  modalita'  espressa  dal  plesso   normativo   cosi'
ricomposto  persegue  la  finalita'   di   indirizzare   le   energie
professionali e di apprendimento dei  medici  iscritti  al  corso  di
medicina generale «nell'esclusivo impegno  di  studio,  frequenza  ed
affinamento professionale richiesto dal corso  formativo»  (Consiglio
di Stato, sezione terza, sentenza 5 dicembre 2013, n. 5784). 
    L'esclusivita'   dell'impegno   richiesto    risponde,    quindi,
all'esigenza di  garantire  un  adeguato  livello  qualitativo  della
preparazione professionale dei medici di base -  da  cui  dipende  la
sicurezza e l'efficacia delle cure che gli  stessi  sono  chiamati  a
dispensare -  e  costituisce  una  delle  condizioni  minime  dettate
dall'ordinamento  comunitario  ai  fini  del  rilascio   dei   titoli
comprovanti la  formazione  specifica  in  medicina  generale  e  del
reciproco riconoscimento degli stessi da  parte  degli  stati  membri
(artt. 21 e 28 della direttiva 2005/36/CE). 
    4.2.3.- La frequenza  a  tempo  pieno  identifica,  peraltro,  la
modalita' di svolgimento ordinaria, ma non esclusiva della formazione
dei medici di medicina generale. 
    Il legislatore comunitario, dapprima con la direttiva  86/457/CEE
(art. 5) e poi con quella 93/16/CE (art. 34), ha, infatti,  previsto,
accanto  al   modello   organizzativo   generale   imperniato   sulla
esclusivita' dell'impegno degli iscritti,  la  possibilita',  per  le
autorita' nazionali, di autorizzare la formazione  a  tempo  ridotto,
alla duplice  condizione  che  siano  rispettati  determinati  limiti
quantitativi e sia, in ogni caso, assicurato un  livello  qualitativo
equivalente a quello conseguibile mediante il corso a tempo pieno. 
    Tale possibilita'  e'  stata  poi  ribadita  dall'art.  22  della
richiamata direttiva 2005/36/CE, la quale,  come  gia'  riferito,  ha
abrogato e sostituito quelle del 1986 e del 1993. 
    Questa tipologia alternativa  di  formazione  e'  stata  recepita
anche  dal  legislatore  nazionale,  come  e'  reso  evidente   dalla
formulazione dell'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del  1999  -  a
mente  del  quale  «[l]e  regioni  e  le  province  autonome  possono
organizzare corsi a  tempo  parziale  purche'  siano  soddisfatte  le
seguenti condizioni:  a)  il  livello  della  formazione  corrisponda
qualitativamente a quello della  formazione  a  tempo  pieno;  b)  la
durata complessiva  della  formazione  non  sia  abbreviata  rispetto
quella a tempo pieno; c) l'orario settimanale  della  formazione  non
sia inferiore al 50% dell'orario  settimanale  a  tempo  pieno»  -  e
dall'analoga previsione contenuta nell'art. 12 del d.m. 7 marzo 2006. 
    4.2.4.- La legislazione piu' recente ha ulteriormente  articolato
le  modalita'  della   partecipazione   a   tempo   pieno,   mediante
disposizioni che, sia pure in via transitoria e al precipuo scopo  di
far fronte a situazioni di  grave  carenza  di  personale  sanitario,
hanno previsto  la  possibilita',  per  i  medici  in  formazione  in
medicina generale,  di  instaurare  rapporti  convenzionali  a  tempo
determinato  con  il  Servizio  sanitario  nazionale,   di   assumere
incarichi temporanei di assistenza primaria o incarichi provvisori  o
di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati  con  il
Servizio sanitario nazionale, nonche'  di  iscriversi  negli  elenchi
della guardia medica e della guardia medica turistica. 
    I  richiamati  incarichi  temporanei   sono   stati   introdotti,
anteriormente all'emergenza pandemica da COVID-19,  dall'art.  9  del
d.l. n. 135 del 2018, come convertito,  il  quale,  nella  originaria
formulazione, disponeva, al comma 1, che, fino al 31  dicembre  2021,
in  relazione  alla  contingente  carenza  dei  medici  di   medicina
generale, nelle  more  di  una  revisione  complessiva  del  relativo
sistema di formazione specifica, i laureati in medicina  e  chirurgia
abilitati  all'esercizio  professionale,   iscritti   al   corso   di
formazione specifica  in  medicina  generale,  potessero  partecipare
all'assegnazione degli incarichi convenzionali,  rimessi  all'accordo
collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con  i
medici di medicina generale. 
    Lo stesso art. 9, al comma 2, precisava che «[p]er  le  finalita'
di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nel rispetto di
quanto previsto dall'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 368, possono prevedere limitazioni del  massimale  di
assistiti in carico ovvero organizzare  i  corsi  a  tempo  parziale,
prevedendo in ogni caso che l'articolazione oraria e l'organizzazione
delle  attivita'  assistenziali   non   pregiudichino   la   corretta
partecipazione   alle   attivita'   didattiche   previste   per    il
completamento  del  corso  di  formazione   specifica   in   medicina
generale». 
    Tale  comma,  dopo  aver  subito  alcune  modifiche,   e'   stato
sostituito dall'art. 12, comma 4, lettera b),  del  d.l.  n.  35  del
2019, come convertito, nei seguenti termini: «[p]er le  finalita'  di
cui al comma 1, le regioni e le province autonome,  nel  rispetto  di
quanto previsto dall'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17
agosto 1999,  n.  368,  prevedono  limitazioni  del  massimale  degli
assistiti  in  carico  o  del  monte  ore  settimanale  da   definire
nell'ambito dell'accordo collettivo nazionale, e possono  organizzare
i  corsi  anche  a  tempo  parziale,  garantendo  in  ogni  caso  che
l'articolazione   oraria   e   l'organizzazione    delle    attivita'
assistenziali  non  pregiudichino  la  corretta  partecipazione  alle
attivita' didattiche previste  per  il  completamento  del  corso  di
formazione specifica in medicina generale». 
    4.2.5.- Di seguito, il 17 maggio  2022  e'  stato  pubblicato  in
Gazzetta Ufficiale l'accordo collettivo nazionale  per  i  medici  di
medicina generale, il quale, all'art. 38, comma 10, ha  previsto  che
«[i]n attuazione di quanto disposto dall'articolo  9,  comma  2,  del
D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 convertito,  con  modificazioni,  dalla
Legge 11 febbraio 2019, n. 12 nonche' dall'articolo 12, comma 4,  del
D.L. 30 aprile 2019, n. 35 convertito, con modificazioni, dalla Legge
25 giugno 2019, n. 60, le Regioni, nel rispetto  di  quanto  previsto
dall'articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, possono
prevedere limitazioni del monte ore settimanale o  del  massimale  di
assistiti in carico, ovvero organizzare i  corsi  a  tempo  parziale,
prevedendo in ogni caso che l'articolazione oraria e l'organizzazione
delle  attivita'  assistenziali   non   pregiudichino   la   corretta
partecipazione   alle   attivita'   didattiche   previste   per    il
completamento del corso di formazione specifica in medicina generale.
A tal fine, per il concomitante periodo  di  frequenza  del  corso  a
tempo pieno, si applica un limite di attivita' oraria pari a  24  ore
settimanali.  Per  l'attivita'  a  ciclo  di  scelta  si  applica  il
massimale di 500  assistiti,  fatta  salva  la  possibilita'  per  le
Regioni, in base  alla  loro  programmazione,  di  incrementare  tale
limite fino ad un massimo del 30% secondo modalita' da  definire  con
l'AIR». 
    Da ultimo, il d.l. n. 24 del 2022, come convertito, ha sostituito
il comma 2 dell'art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, con
il seguente: «[p]er le finalita' di cui al comma 1, le regioni  e  le
province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo  24,
comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, prevedono la
limitazione del massimale degli assistiti  in  carico  fino  a  1.000
assistiti, anche con il supporto dei tutori di  cui  all'articolo  27
del medesimo decreto legislativo n. 368 del 1999,  o  del  monte  ore
settimanale e possono organizzare i corsi  anche  a  tempo  parziale,
garantendo in ogni caso che l'articolazione oraria e l'organizzazione
delle  attivita'  assistenziali   non   pregiudichino   la   corretta
partecipazione   alle   attivita'   didattiche   previste   per    il
completamento del corso di formazione specifica in medicina generale.
Le ore di attivita' svolte dai medici assegnatari degli incarichi  ai
sensi del comma 1 devono essere considerate a tutti gli effetti quali
attivita' pratiche, da computare nel monte ore  complessivo  previsto
dall'articolo 26, comma 1, del citato decreto legislativo n. 368  del
1999». 
    4.2.6.- Inoltre, la possibilita', per i medici in  formazione  in
medicina generale, di instaurare  rapporti  di  convenzione  a  tempo
determinato  con   il   Servizio   sanitario   nazionale   e'   stata
riconosciuta, nell'ambito delle misure urgenti rivolte a fronteggiare
l'emergenza pandemica, dall'art. 2-quinquies del d.l. n. 18 del 2020,
come convertito. 
    Esso dispone, al comma  1,  che,  per  la  durata  dell'emergenza
epidemiologica, come  stabilita  dalla  delibera  del  Consiglio  dei
ministri del  31  gennaio  2020,  ai  medici  iscritti  al  corso  di
formazione in medicina generale e' consentita l'instaurazione  di  un
rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio  sanitario
nazionale, con la precisazione che le ore  di  attivita'  svolte  dai
suddetti medici devono essere considerate a tutti gli  effetti  quali
attivita' pratiche, da computare nel monte ore complessivo,  previsto
dall'art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    Il comma 2 dispone, invece, che «[p]er la  durata  dell'emergenza
epidemiologica  da  COVID-19,  come  stabilita  dalla  delibera   del
Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, i laureati in medicina  e
chirurgia abilitati, anche durante la loro  iscrizione  ai  corsi  di
specializzazione o ai  corsi  di  formazione  specifica  in  medicina
generale, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione  di
medici di medicina generale convenzionati con il  Servizio  sanitario
nazionale ed essere iscritti negli elenchi  della  guardia  medica  e
della guardia medica turistica e occupati fino alla fine della durata
dello stato di emergenza». 
    4.2.7.- Entrambe le disposizioni anzidette sono  state  prorogate
fino al 31 dicembre 2023 in forza dell'art. 4, comma 2, del  d.l.  n.
228 del 2021, come modificato dalla legge di conversione  n.  15  del
2022 e, successivamente, dall'art. 4, comma 9-quater, del d.l. n. 198
del 2022, come convertito. 
    4.3.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  le   richiamate   previsioni
emergenziali, pur derogando, in  via  temporanea,  al  vincolo  della
formazione  a  tempo  pieno,  introducono,   proprio   al   fine   di
salvaguardare tale regola, specifici limiti i quali, al pari di essa,
esprimono principi fondamentali  nella  materia  della  tutela  della
salute e delle professioni. 
    Per tale ragione, la fissazione, da parte dell'art. 12, comma  2,
della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, qui in esame, di un massimale
di assistiti in carico ai medici in formazione piu' elevato  rispetto
a quello stabilito dall'art. 9, comma 2, del d.l. n.  135  del  2018,
come  convertito,  non  trovando  copertura  nella   norma   statale,
determinerebbe, di per se' sola, il denunciato vulnus costituzionale. 
    4.3.1.- Tale ricostruzione non puo', tuttavia, essere  condivisa,
in quanto non coglie la ratio del limite quantitativo  fissato  dalla
norma statale interposta. 
    L'abbassamento del massimale degli  assistiti  costituisce  -  al
pari della riduzione del monte ore  degli  incarichi  di  continuita'
assistenziale pure contemplata dalla norma statale  -  uno  strumento
inteso  a  contenere  l'incidenza  che  l'impegno  in  attivita'   di
assistenza  primaria,  pur  imposta  dalla   carenza   di   personale
sanitario,  puo'  avere  sul  percorso  didattico   dei   medici   in
formazione. 
    Alla medesima finalita' di contemperamento delle diverse esigenze
risponde la previsione della possibilita' che,  per  gli  assegnatari
degli incarichi in questione, il corso  sia  organizzato  secondo  il
modulo del tempo parziale. 
    Tale finalita'  era  particolarmente  evidente  nella  originaria
formulazione dell'art. 9 del d.l. n. 135 del 2018,  come  convertito,
volta a conciliare le diverse istanze, formativa  e  di  contenimento
degli  effetti  della  carenza  di  personale  sanitario,  ammettendo
espressamente la possibilita' alternativa di limitare il numero degli
assistiti in carico al medico  in  formazione  -  pur  senza  fissare
precisi limiti quantitativi -  oppure  di  organizzare  il  corso  di
medicina generale secondo la modalita' a tempo parziale. 
    I  lavori  preparatori  confermano  che,  nella  prospettiva  del
legislatore,   la    modulazione    dell'articolazione    oraria    e
l'organizzazione  delle  attivita'  assistenziali  avrebbero   dovuto
combinarsi in modo da non pregiudicare la corretta partecipazione del
medico alle attivita' didattiche prescritte per il completamento  del
corso. 
    4.3.2.- Si tratta di una soluzione aderente alla logica di  fondo
della disciplina statale della formazione in medicina  generale,  che
e' quella di imporre l'obiettivo dell'acquisizione,  da  parte  degli
esercenti   la   professione   sanitaria,   di    una    preparazione
teorico-pratica di livello adeguato e uniforme su tutto il territorio
dell'Unione europea, indicando  nella  frequenza  a  tempo  pieno  la
modalita' organizzativa preferenziale per il suo raggiungimento. 
    D'altro canto, come gia' evidenziato, nel disegno del legislatore
comunitario, recepito dall'art.  24  del  d.lgs.  n.  368  del  1999,
l'articolazione a tempo pieno rappresenta la forma ottimale,  ma  non
esclusiva, in cui  puo'  essere  strutturato  il  corso  di  medicina
generale, ben potendo optarsi, a fronte di specifiche  esigenze,  per
il modulo del tempo ridotto, purche'  venga  garantito  un  risultato
qualitativo equivalente. 
    4.4.- E' dunque nell'obiettivo della qualita' della formazione  -
e non nella regola strumentale che indica  nella  frequenza  a  tempo
pieno la formula organizzativa piu' idonea a conseguirla -  che  deve
individuarsi un principio fondamentale della  materia  «tutela  della
salute». 
    Portata strumentale  deve,  parimenti,  attribuirsi  alla  norma,
espressa dall'art. 9, comma  2,  del  d.l.  n.  135  del  2018,  come
convertito, che fissa  in  mille  assistiti  il  limite  quantitativo
dell'assegnazione di incarichi di assistenza primaria  ai  medici  in
formazione. 
    Essa non prescrive una  modalita'  organizzativa  vincolante,  ma
piuttosto  indica  un  possibile  criterio  di  contemperamento   tra
l'esigenza  contingente,   dettata   dalle   scoperture   dell'ambito
sanitario in  esame,  di  impiegare  nell'attivita'  assistenziale  i
medici che ancora frequentano il corso, e la necessita' di perseguire
il risultato della qualita' della loro formazione. 
    Si tratta, dunque, di una previsione di dettaglio strumentale, ma
non coessenziale, alla norma-principio  stabilita  dall'art.  24  del
d.lgs. n. 368 del 1999 e ribadita dalla  stessa  previsione  speciale
recata dall'art. 9 del d.l. n. 135  del  2018,  come  convertito,  la
quale  impone  che  l'organizzazione  della  formazione  in  medicina
generale   soddisfi   l'interesse   nazionale   alla   competenza   e
professionalita' del medico in  quanto  incidenti  sulla  qualita'  e
sull'adeguatezza delle prestazioni sanitarie e, quindi, sulla  salute
dei cittadini. 
    4.5.- In definitiva, attesa la portata, come sopra chiarita,  del
limite quantitativo indicato dalla norma statale,  l'istituzione,  ad
opera del legislatore veneto,  di  un  massimale  di  incarichi  piu'
elevato non contrasta  con  il  principio  fondamentale  fissato  dal
legislatore statale nella materia, che e' costituito  dal  vincolo  a
garantire adeguati standard qualitativi di  formazione,  individuando
modalita' di organizzazione dell'attivita'  formativa  adeguate  allo
scopo (e quindi comprensive della possibilita' di  una  formazione  a
tempo parziale). 
    5.- Passando all'esame  delle  questioni  relative  all'art.  21,
commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, la  prima  delle
due disposizioni impugnate stabilisce che «[a]l fine di garantire  la
continuita' nell'erogazione  dei  livelli  essenziali  di  assistenza
nell'ambito  del   sistema   di   emergenza-urgenza,   il   comma   1
dell'articolo  23  della  legge  regionale  24  gennaio  2020,  n.  1
"Disposizioni  di  adeguamento  ordinamentale  2019  in  materia   di
politiche sanitarie e di politiche sociali" e` prorogato fino  al  31
gennaio 2024. Il servizio previsto dal comma medesimo, comprovato  da
contratti  a  tempo  determinato,  da  contratti  di   collaborazione
coordinata e continuativa, da rapporti  in  convenzione  o  da  altre
forme  di  rapporto  di  lavoro  flessibile,  ovvero   le   attivita'
documentate da un numero di ore equivalente ad almeno quattro anni di
servizio del personale medico  del  Servizio  sanitario  nazionale  a
tempo pieno, anche non continuative, possono essere maturati fino  al
30 giugno 2022 e nei quindici anni precedenti  presso  i  servizi  di
emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale». 
    Il successivo  comma  2  dispone  che  e'  abrogato  il  comma  2
dell'art. 23 della legge regionale n. 1 del 2020, il quale, dopo aver
previsto, al comma 1, che, «[a]l fine  di  garantire  la  continuita'
nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito  del
sistema  di  emergenza-urgenza,  il  personale  medico  del  servizio
sanitario regionale  che,  alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, abbia  maturato,  negli  ultimi  dieci  anni,  almeno
quattro anni di  servizio,  anche  non  continuativo,  comprovato  da
contratti  a  tempo  determinato,  da  contratti  di   collaborazione
coordinata e continuativa o da altre  forme  di  rapporto  di  lavoro
flessibile,  ovvero  un  documentato  numero  di  ore  di   attivita'
equivalente ad almeno quattro anni di servizio del  personale  medico
del  servizio  sanitario  nazionale  a   tempo   pieno,   anche   non
continuative, presso i servizi di emergenza-urgenza  ospedalieri  del
servizio  sanitario  regionale,  accede  alle  procedure  concorsuali
indette dagli enti  del  servizio  sanitario  regionale  fino  al  31
dicembre  2021,  per  la  disciplina   di   "Medicina   e   chirurgia
d'accettazione e d'urgenza", ancorche' non sia in possesso di  alcuna
specializzazione», al comma 2, stabiliva che «[u]na volta assunti,  i
medici accedono in soprannumero alla scuola  di  specializzazione  in
medicina d'emergenza-urgenza,  sulla  base  di  specifici  protocolli
d'intesa  tra  Regione  e  Universita'  ove  ha  sede  la  scuola  di
specializzazione per la disciplina del numero  di  posti  attivabili,
delle modalita' di frequenza  al  corso  di  specializzazione,  dello
svolgimento presso l'Universita' delle attivita'  teoriche  e  presso
l'Azienda di appartenenza delle attivita' pratiche e di tirocinio». 
    5.1.-  Ad  avviso  del   ricorrente,   le   predette   previsioni
violerebbero,   anzitutto,   l'art.   117,   terzo   comma,    Cost.,
discostandosi dalla disciplina  statale  sul  pubblico  concorso  per
l'accesso alla dirigenza sanitaria dettata dall'art. 15, comma 7, del
d.lgs. n. 502 del 1992. A mente di tale disposizione, alla  dirigenza
sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli  ed  esami,
come  regolato  dal  d.P.R.  n.  483  del  1997,  che,  all'art.  24,
prescrive, tra i requisiti specifici di ammissione  al  concorso  per
titoli  ed  esami  per  il  primo  livello  dirigenziale  medico,  la
specializzazione nella disciplina oggetto del concorso stesso. 
    La difesa dello Stato assume che le previsioni che  impongono  il
possesso del diploma di formazione  specialistica,  essendo  poste  a
presidio della formazione dei medici, e  dunque  del  buon  andamento
dell'amministrazione e della  qualita'  dell'attivita'  assistenziale
erogata,  esprimono  un  principio  fondamentale  della  legislazione
statale in materia di tutela della salute. 
    Sottolinea, ancora, il ricorrente  che,  in  contrasto  con  tale
precetto, l'art. 21, commi 1 e 2, della  legge  regionale  impugnata,
sia pure al fine di porre rimedio alla carenza di medici nel  settore
dell'emergenza-urgenza, per un verso, proroga di ulteriori  tre  anni
la possibilita' di indire procedure concorsuali per  assumere  medici
privi di specializzazione, e tuttavia destinati a prestare servizio a
tempo indeterminato, e, per l'altro, abroga il comma 2  dell'art.  23
della legge reg. Veneto n. 1 del 2020, il  quale,  disponendo  che  i
medici  assunti  mediante  la  descritta  procedura  accedessero   in
soprannumero  al   corso   di   specializzazione   in   medicina   di
emergenza-urgenza, attenuava gli effetti della  operata  deroga  alla
disciplina statale. 
    5.2.-  La  normativa  regionale   impugnata,   introducendo   una
disciplina  della  procedura  concorsuale  per  il  reclutamento  del
personale medico diversificata rispetto a quella nazionale, lederebbe
anche il principio di uguaglianza. 
    5.3.- Sarebbe, infine, violato l'art. 117, secondo comma, lettera
l), Cost., in quanto il regime di accesso alle procedure  concorsuali
delineato dall'art. 21, commi 1 e 2, della legge reg.  Veneto  n.  12
del 2022, riguardando il rapporto di lavoro dei  medici,  invaderebbe
la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. 
    6.-  L'eccezione  di   inammissibilita'   delle   questioni   per
incompleta ricostruzione del quadro  fattuale  e  normativo,  che  la
Regione ripropone anche in relazione a questo motivo di impugnazione,
deve essere disattesa per le ragioni gia' esposte in  riferimento  al
primo nucleo di censure. 
    7.- La questione promossa  in  riferimento  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. e' fondata. 
    7.1.- Occorre, anzitutto, precisare che, diversamente  da  quanto
ritenuto dalla resistente, la mancata impugnazione dell'art. 23 della
legge reg. Veneto n. 1 del 2020, di cui la norma  denunciata  dispone
la proroga, non incide sulla questione di legittimita' costituzionale
all'odierno esame, in quanto, secondo  il  costante  orientamento  di
questa Corte, l'istituto dell'acquiescenza non si applica nei giudizi
in via principale, atteso che la disposizione  contestata,  anche  se
riproduttiva, in tutto  o  in  parte,  di  una  norma  anteriore  non
impugnata, ha comunque l'effetto  di  reiterare  la  lesione  da  cui
deriva l'interesse a ricorrere (ex aliis, sentenze n. 107 e n. 25 del
2021). 
    7.2.- Cio' posto, il  sistema  di  reclutamento  delineato  dalla
disciplina in  scrutinio,  valorizzando,  in  luogo  del  diploma  di
specializzazione, l'esperienza concretamente maturata  dal  candidato
nell'ambito dei servizi di emergenza-urgenza, non  solo  deroga  alle
disposizioni statali - segnatamente all'art. 15, comma 7, del  d.lgs.
n. 502 del 1992 e all'art. 24 del d.P.R.  n.  483  del  1997  -,  che
condizionano l'accesso al concorso per l'immissione nel  ruolo  della
dirigenza medica al possesso del titolo di formazione  specialistica,
ma eccede la stessa disciplina che, in deroga alle citate  previsioni
generali, ammette alla procedura concorsuale  i  medici  iscritti  al
terzo anno del corso di specializzazione,  sia  pur  subordinando  il
consolidamento del  rapporto  di  impiego  cosi'  instaurato  con  il
Servizio sanitario nazionale al conseguimento, da parte del vincitore
del concorso, del diploma di specializzazione. 
    7.2.1.- In particolare, l'art. 21,  comma  1,  della  legge  reg.
Veneto n. 12 del 2022  proroga  al  31  gennaio  2024  le  previsioni
dell'art 23 della legge reg. n. 1  del  2020,  secondo  il  quale  il
personale medico del servizio sanitario regionale che, alla  data  di
entrata in vigore della stessa legge, avesse maturato,  negli  ultimi
dieci anni, almeno quattro anni di servizio, anche non  continuativo,
ovvero un  numero  di  ore,  anche  non  continuative,  di  attivita'
equivalente ad almeno quattro anni di servizio presso  i  sistemi  di
emergenza-urgenza  ospedalieri,  poteva   accedere   alle   procedure
concorsuali indette dagli enti del servizio sanitario regionale  fino
al 31 dicembre 2021, per  la  disciplina  di  «Medicina  e  chirurgia
d'accettazione e d'urgenza»,  ancorche'  non  fosse  in  possesso  di
alcuna specializzazione. 
    Inoltre, la disposizione impugnata amplia l'arco temporale  entro
il quale puo' essere maturato il servizio di emergenza-urgenza  utile
alla partecipazione al concorso  («fino  al  30  giugno  2022  e  nei
quindici anni precedenti»). 
    Il comma 2 dello stesso art. 21, poi, abroga il comma 2 dell'art.
23 della citata legge reg. Veneto n. 12 del 2022, il quale  prevedeva
che, una volta assunti, i medici accedessero in soprannumero al corso
di specializzazione. In tal modo, la disposizione impugnata  cancella
la disciplina volta al conseguimento, da parte dei  medici  privi  di
specializzazione che avessero superato il concorso per la  disciplina
dell'emergenza-urgenza, sia pure successivamente all'istaurazione del
rapporto di servizio, il titolo di formazione specialistica. 
    7.3.-  Cosi'  disponendo,  la  norma   regionale   si   discosta,
innanzitutto, dal principio generale espresso dall'art. 15, comma  7,
del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui alla dirigenza  sanitaria  si
accede  mediante  concorso  pubblico  per  titoli  ed   esami,   come
disciplinato dal d.P.R. n. 483 del 1997. Questo, all'art. 24, precisa
che, per il concorso  per  titoli  ed  esami  per  il  primo  livello
dirigenziale medico i requisiti specifici di ammissione  al  concorso
sono la laurea in medicina e  chirurgia,  la  specializzazione  nella
disciplina oggetto del concorso e l'iscrizione  all'albo  dell'ordine
dei medici-chirurghi, attestata da certificato in data non  anteriore
a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando. 
    7.3.1.- Diversamente da quanto  sostenuto  dalla  resistente,  il
possesso del diploma di  specializzazione  costituisce  un  requisito
indefettibile per l'accesso al ruolo della dirigenza sanitaria. 
    Di cio' si ha conferma non solo da  quanto  disposto  dal  citato
art. 15, comma 7, del d.lgs. n.  502  del  1992  e  dalle  norme,  di
ascendenza comunitaria, sulla formazione specialistica contenute  nel
d.lgs. n. 368 del  1999,  ma  dalla  stessa  disciplina  emergenziale
dettata dall'art. 1, commi 547, 548 e 548-bis, della legge n. 145 del
2018, la quale, pur  ammettendo,  in  deroga  alla  regola  generale,
l'ingresso  del  medico  nel  Servizio  sanitario  nazionale  in  via
anticipata rispetto  alla  conclusione  del  percorso  di  formazione
specialistica,  stabilisce  un   vincolo   di   condizionamento   tra
l'assunzione a tempo indeterminato e il conseguimento del titolo. 
    7.3.2.- La disciplina nazionale che impone il possesso del titolo
di formazione specialistica quale requisito  per  accedere  al  ruolo
della dirigenza medica, essendo volta a garantire la professionalita'
e la competenza tecnico-scientifica degli  esercenti  la  professione
sanitaria e, di conseguenza,  la  qualita'  delle  prestazioni  dagli
stessi rese all'utenza, concerne in via ordinaria un aspetto basilare
dell'organizzazione del servizio sanitario cosi' inscrivendosi tra  i
principi fondamentali della materia della tutela della salute. 
    7.3.3.- Al riguardo, questa Corte ha precisato che  «i  requisiti
di professionalita'  del  personale  medico  prescritti  dalla  legge
statale [...] integrano principi fondamentali in  materia  di  tutela
della  salute,  poiche'  la  competenza  e  la  professionalita'  del
personale  sanitario  sono  idonee  ad  incidere  sulla  qualita'   e
sull'adeguatezza delle prestazioni erogate e,  quindi,  sulla  salute
dei cittadini (ex multis, sentenze n. 9 del 2022, n. 179 del  2021  e
n. 38 del 2020). Esse, pertanto, vanno garantite in modo uniforme  su
tutto il territorio nazionale, senza possibilita' di deroga da  parte
della  legislazione  regionale  di  dettaglio  nell'esercizio   della
propria competenza concorrente (sentenze n. 179 e n.  36  del  2021)»
(sentenza n. 106 del 2022). 
    Questa  Corte  ha,  poi,  riconosciuto  la  natura  di  principio
fondamentale in materia di tutela della salute,  derogabile  soltanto
dal legislatore statale, alla previsione dell'art. 21 del  d.lgs.  n.
368 del 1999,  il  quale  condiziona  l'esercizio  dell'attivita'  di
medico  chirurgo  di  medicina  generale  nell'ambito  del   Servizio
sanitario nazionale al possesso del diploma di  formazione  specifica
in medicina generale (sentenza n. 38 del 2020). 
    7.4.- La normativa regionale impugnata  travalica,  altresi',  la
portata precettiva  delle  stesse  disposizioni  emergenziali  recate
dall'art. 1, commi 547, 548 e 548-bis, della legge n. 145  del  2018,
le  quali,  come  ricordato,  in  deroga  alla  disciplina  generale,
consentono agli iscritti al corso di specializzazione, a partire  dal
terzo anno, di partecipare al concorso per l'accesso  alla  dirigenza
medica, collocandoli, all'esito  positivo  della  selezione,  in  una
graduatoria separata. 
    Tale  disciplina  subordina,  infatti,   l'assunzione   a   tempo
indeterminato dei medici risultati idonei e  utilmente  collocati  in
detta graduatoria al conseguimento del diploma di specializzazione  e
all'esaurimento   della   pertinente   graduatoria    dei    medesimi
professionisti gia' specialisti  alla  data  di  scadenza  del  bando
(comma 548), prescrivendo, altresi',  che  l'interruzione  definitiva
del percorso di  formazione  specialistica  comporta  la  risoluzione
automatica del contratto di lavoro (comma 548-bis). 
    8.-  Va,  pertanto,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n.  12  del  2022,
per contrasto con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    8.1.- Ne' le ragioni che sorreggono la  presente  statuizione  di
illegittimita'  costituzionale  possono  ritenersi  obliterate  dalla
sopravvenienza del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 (Misure urgenti
a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto  di  energia
elettrica e gas naturale, nonche' in materia di salute e  adempimenti
fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio  2023,
n. 56. 
    Questo, a fronte della grave  carenza  di  personale  medico  nel
Servizio  sanitario  nazionale,  all'art.  12,  comma  1,   con   una
formulazione  che,  invero,  riecheggia  quella  della   disposizione
impugnata, ha stabilito che «[f]ino al 31 dicembre 2025,  allo  scopo
di garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali di
assistenza e valorizzare  l'esperienza  professionale  acquisita,  il
personale  medico,  che  alla  data  di  pubblicazione  del  presente
decreto, nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2013  ed  il  30
giugno 2023, abbia maturato, presso i  servizi  di  emergenza-urgenza
del Servizio sanitario nazionale, almeno tre anni di servizio,  anche
non continuativo, con contratti a tempo determinato, con contratti di
collaborazione  coordinata   e   continuativa,   con   contratti   di
convenzione o altre forme di lavoro flessibile, ovvero  abbia  svolto
un documentato numero di ore di attivita', equivalente ad almeno  tre
anni di servizio del personale medico del SSN a  tempo  pieno,  anche
non continuative, presso i predetti servizi, e' ammesso a partecipare
ai concorsi  per  l'accesso  alla  dirigenza  medica  del  SSN  nella
disciplina  di  Medicina  e  chirurgia  d'accettazione  e  d'urgenza,
ancorche' non in possesso di alcun diploma  di  specializzazione.  Il
servizio prestato ai sensi del  presente  comma  e'  certificato,  su
istanza dell'interessato, dalla struttura presso la  quale  e'  stato
svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda». 
    Nonostante la  forte  analogia  contenutistica,  la  disposizione
statale  sopravvenuta  non  fa  venir  meno  il  contrasto   con   la
Costituzione del regime introdotto dalla norma di fonte regionale. 
    La  valutazione  della   legittimita'   costituzionale   di   una
disciplina  regionale  adottata  in   una   materia   di   competenza
concorrente, che sia in contrasto con i principi fondamentali vigenti
al momento della sua adozione e in  linea  con  quelli  sopravvenuti,
deve essere effettuata alla luce dei  principi  fondamentali  vigenti
alla data dell'entrata in vigore della normativa regionale  impugnata
(con riferimento  al  limite  delle  norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale che si impone alle Regioni ad autonomia speciale  e
province autonome, sentenze n. 23 del 2022 e n. 262 del 2021). 
    8.2.-  Restano  assorbite  dalla  pronuncia   di   illegittimita'
costituzionale la censura relativa alla dedotta violazione  dell'art.
3 Cost., priva, del resto, come gia' chiarito, di una  sua  autonomia
funzionale, e quella concernente il lamentato  vulnus  all'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    9.- Da ultimo, il ricorso impugna l'art. 21, comma 3, della legge
reg. Veneto n. 12 del 2022, a mente  del  quale  «[p]er  il  triennio
2022-2024 i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante
la loro iscrizione ai  corsi  di  specializzazione,  fatte  salve  le
disposizioni  del  decreto  legislativo  17  agosto  1999,   n.   368
"Attuazione  della  direttiva   93/16/CE   in   materia   di   libera
circolazione dei  medici  e  di  reciproco  riconoscimento  dei  loro
diplomi, certificati ed altri  titoli  e  delle  direttive  97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE.",
possono prestare, al di fuori dell'orario  dedicato  alla  formazione
specialistica  e  fermo  restando   l'assolvimento   degli   obblighi
formativi,   attivita'   di   supporto   presso    i    servizi    di
emergenza-urgenza  ospedalieri  del  Servizio   sanitario   regionale
tramite contratti libero professionali o di collaborazione coordinata
e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile». 
    9.1.-  Ad  avviso  del  ricorrente,   la   previsione   regionale
confliggerebbe con il principio di uguaglianza,  delineando,  per  un
verso, un canale di accesso alla professione differenziato rispetto a
quello previsto per l'intero territorio  nazionale,  e  introducendo,
per l'altro, una deroga  al  regime  delle  incompatibilita'  per  il
medico in formazione specialistica definito dall'art. 40  del  d.lgs.
n. 368 del 1999. 
    9.2.-  Inoltre,  la  disposizione  impugnata,  disciplinando  una
materia di derivazione europea, quale e' quella  oggetto  del  citato
d.lgs. n. 368 del 1999, invaderebbe un ambito di competenza esclusiva
dello Stato, in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera  a),
Cost. 
    9.3.- La stessa disposizione inciderebbe, al contempo, sul regime
del rapporto di lavoro  dei  medici,  pure  riservato  alla  potesta'
legislativa statale, in  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. 
    9.4.- Sarebbe, infine, violato l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,
per contrasto con il principio  fondamentale  della  materia  «tutela
della salute» espresso dall'art. 40  del  d.lgs.  n.  368  del  1999,
secondo il quale la formazione specialistica  deve  essere  svolta  a
tempo pieno. 
    10.-  Quanto  ai  rilievi  di  inammissibilita'  per   incompleta
ricostruzione del  quadro  fattuale  e  normativo,  articolati  dalla
resistente anche in relazione alle censure ora in esame,  valgono  le
considerazioni svolte in premessa allo scrutinio del primo motivo  di
impugnazione. 
    10.1.- La censura relativa alla presunta violazione  dell'art.  3
Cost. non ha dignita' di censura autonoma, rappresentando un  aspetto
della denunciata violazione del  principio  di  uniforme  regolazione
statale sul territorio nazionale della tutela della  salute  e  delle
professioni (ancora sentenza n. 6 del 2022). 
    10.2.- Non attiene  all'ammissibilita',  ma  al  merito,  cui  si
rinvia, l'eccezione  di  inconferenza  del  parametro  evocato  dalla
censura che lamenta l'invasione, da  parte  del  legislatore  veneto,
della  potesta'  legislativa  esclusiva   statale   in   materia   di
ordinamento civile (ex aliis, sentenze n. 248 del 2022 e n.  198  del
2021). 
    10.3.-    Merita,    infine,    accoglimento    l'eccezione    di
inammissibilita'  della  questione  con  la  quale  e'   dedotta   la
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. 
    10.3.1.-  La  giurisprudenza  di   questa   Corte   e'   costante
nell'affermare  che,  nell'impugnazione   in   via   principale,   il
ricorrente ha l'onere non soltanto  di  individuare  le  disposizioni
impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione,
ma anche di suffragare le ragioni del dedotto  contrasto  sviluppando
un'argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara  e
completa. Nei giudizi  promossi  in  via  principale,  l'esigenza  di
un'adeguata motivazione a  fondamento  della  richiesta  declaratoria
d'illegittimita' costituzionale si pone in termini  addirittura  piu'
stringenti che nei  giudizi  incidentali  (ex  plurimis,  da  ultimo,
sentenze n. 135 e n. 71 del 2022). 
    10.3.2.- Nel caso di specie, la difesa statale si e'  limitata  a
enunciare il titolo di competenza esclusiva dello Stato e l'invasione
dello stesso ad opera del  legislatore  regionale,  senza,  tuttavia,
spiegare le ragioni del preteso vulnus. 
    La rilevata carenza  argomentativa  si  traduce,  quindi,  in  un
difetto di motivazione che inficia l'ammissibilita' della questione. 
    11.- Nel merito, la censura con cui e' denunciata  la  violazione
dell'art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., non e' fondata. 
    11.1.- L'art. 21, comma 3, della legge  reg.  Veneto  n.  12  del
2022, disponendo che, per il triennio 2022-2024, gli  specializzandi,
nel rispetto di specifiche condizioni, possono prestare attivita'  di
supporto  presso  le  strutture  ospedaliere  di   emergenza-urgenza,
autorizza  un  impiego  extra  ordinem  di   medici   in   formazione
nell'erogazione del servizio sanitario, peraltro in linea con  quanto
previsto dalla legislazione statale  in  materia  sanitaria  per  far
fronte ad esigenze straordinarie e urgenti (sentenza n. 36 del  2022,
punto 6.2. del Considerato in diritto). 
    In questo modo, il  legislatore  regionale  appronta  un  rimedio
organizzativo straordinario finalizzato a  garantire  la  continuita'
assistenziale in un settore nevralgico, come quello della medicina di
emergenza,  altrimenti  pregiudicato  dalla  carenza   di   personale
sanitario. 
    11.1.1.- L'art. 21, comma 3, della legge  in  scrutinio  investe,
quindi, un ambito strettamente inerente all'organizzazione sanitaria,
la quale, come ripetutamente affermato da questa  Corte,  costituisce
componente fondamentale della tutela della salute (ex aliis, sentenze
n. 113 e n. 9 del 2022, n. 192 del 2017). 
    Il ricorrente, assumendo che la disposizione in esame invaderebbe
l'ambito della potesta' legislativa esclusiva statale  nella  materia
«ordinamento civile», invoca, dunque, un parametro inconferente,  con
conseguente non fondatezza della questione (ex aliis, sentenza n. 248
del 2022). 
    12.- Non e' fondata neanche la censura con la quale e' denunciato
il contrasto dell'art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del
2022 con il principio fondamentale in materia di tutela della  salute
espresso dall'art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    12.1.- La disposizione statale  evocata  a  parametro  interposto
stabilisce che, per la durata della  formazione  a  tempo  pieno,  al
medico  e'  inibito  l'esercizio  di  attivita'  libero-professionale
all'esterno delle strutture  assistenziali  in  cui  si  effettua  la
formazione e ogni rapporto convenzionale o precario con  il  servizio
sanitario  nazionale  o  enti  e  istituzioni  pubbliche  e  private,
precisando che l'impegno richiesto per la formazione specialistica e'
pari a quello previsto per il personale medico del Servizio sanitario
nazionale a tempo pieno e che deve essere assicurata la sola facolta'
dell'esercizio della libera professione intramuraria (art. 40,  comma
1, d.lgs. n. 368 del 1999). 
    E', inoltre, previsto che il medico in formazione  specialistica,
ove  sussista  un  rapporto  di  pubblico  impiego,   e'   collocato,
compatibilmente  con  le  esigenze  di  servizio,  in  posizione   di
aspettativa  senza  assegni,  secondo  le  disposizioni   legislative
contrattuali  vigenti,  con  la  precisazione  che  il   periodo   di
aspettativa e' utile ai fini della progressione  di  carriera  e  del
trattamento di quiescenza e di previdenza (art. 40, comma  2,  d.lgs.
n. 368 del 1999). 
    12.2.- La regola  dell'esclusivita'  dell'impegno  formativo  del
medico iscritto alla scuola di specializzazione  trae  origine  dalla
direttiva 93/16/CEE - gia' citata con riferimento alla formazione dei
medici di medicina generale - la quale, tra le condizioni  essenziali
per il conseguimento del  diploma,  certificato  o  altro  titolo  di
medico specialista, poneva lo svolgimento della formazione  «a  tempo
pieno e sotto il controllo delle autorita' o degli  enti  competenti»
[art. 24, paragrafo 1, lettera c)], salvo,  poi,  precisare  all'art.
25, paragrafo 1, che «[f]ermo restando il principio della  formazione
a tempo pieno, enunciato nell'articolo 24, paragrafo 1, lettera c), e
in  attesa  delle  decisioni   che   il   Consiglio   deve   prendere
conformemente al paragrafo 3, gli Stati  membri  possono  autorizzare
una formazione specializzata a tempo ridotto, alle condizioni ammesse
dalle  autorita'  nazionali  competenti,  quando,  per  casi  singoli
giustificati, non sia realizzabile una formazione a tempo pieno». 
    Il principio della  formazione  a  tempo  pieno  e'  stato,  poi,
ribadito dalla direttiva 2005/36/CE, la quale, all'art. 25, paragrafi
2 e 3, ha stabilito che la formazione medica specializzata  comprende
un  insegnamento  teorico  e  pratico,  effettuato   in   un   centro
universitario, un  centro  ospedaliero  universitario  o,  anche,  un
istituto di cure sanitarie a tal fine  autorizzato  da  autorita'  od
organi competenti, avviene sotto il controllo di autorita' od  organi
competenti, comporta la partecipazione personale del candidato medico
specialista all'attivita'  e  alle  responsabilita'  dei  servizi  in
questione ed e' svolta «a tempo pieno in luoghi appositi riconosciuti
dalle autorita' competenti e implica la  partecipazione  a  tutte  le
attivita' mediche del dipartimento in cui essa  avviene,  anche  alle
guardie, in modo  che  lo  specialista  in  formazione  dedichi  alla
formazione pratica e teorica tutta la sua attivita' professionale per
tutta la durata della settimana di lavoro e per tutto l'anno, secondo
modalita' fissate dalle competenti autorita'». 
    12.3.-  L'impegno  a  tempo  pieno   risponde   all'esigenza   di
assicurare le condizioni affinche' il  medico  acquisisca  conoscenze
teoriche avanzate e abilita' pratiche di elevato livello  qualitativo
e, quindi, una specifica idoneita' professionale che gli consenta  di
fornire, al termine del percorso  formativo,  prestazioni  sicure  ed
efficaci. 
    Nella disciplina statale  la  regola  dell'impegno  esclusivo  e'
presidiata  dal  divieto,  per  gli  specializzandi,  di   esercitare
attivita'   libero-professionale    all'esterno    delle    strutture
assistenziali in  cui  si  svolge  la  loro  formazione,  nonche'  di
instaurare «ogni rapporto convenzionale o precario  con  il  servizio
sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e  private»  (art.
40, comma 1, d.lgs. n. 368 del 1999). 
    12.4.- Tali prescrizioni non hanno, tuttavia, carattere assoluto,
come dimostrano le numerose eccezioni  contemplate  dalla  disciplina
statale in materia. 
    12.4.1.- Come precisato dallo stesso art. 40, comma 1, del d.lgs.
n. 368 del 1999, e', anzitutto, compatibile con la formazione a tempo
pieno l'esercizio della libera professione intramuraria. 
    Inoltre, l'art. 19, comma 11, della legge 28  dicembre  2001,  n.
448, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)», stabilisce  che  i
partecipanti al corso di specializzazione possono sostituire a  tempo
determinato medici di medicina generale convenzionati con il Servizio
sanitario nazionale ed essere iscritti negli  elenchi  della  guardia
medica notturna e  festiva  e  della  guardia  medica  turistica,  ma
occupati solo in  caso  di  carente  disponibilita'  di  medici  gia'
iscritti negli elenchi della guardia  medica  notturna  e  festiva  e
della guardia medica turistica. 
    La stessa disposizione, come modificata dall'art.  20-ter,  comma
2, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in materia
di sostegno alle imprese  e  agli  operatori  economici,  di  lavoro,
salute e servizi territoriali, connesse  all'emergenza  da  COVID-19,
nonche' per il contenimento degli effetti degli  aumenti  dei  prezzi
nel settore elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28
marzo 2022, n. 25, prevede che, «[f]atte salve  le  disposizioni  del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368», al di fuori  dell'orario
dedicato   alla   formazione   specialistica   e    fermo    restando
l'assolvimento degli obblighi formativi, gli  specializzandi  possono
prestare la propria collaborazione volontaria  a  titolo  gratuito  e
occasionale agli enti e alle associazioni che, senza scopo di  lucro,
svolgono attivita' di raccolta di sangue ed emocomponenti sulla  base
di convenzioni stipulate con le Regioni o con gli enti  del  Servizio
sanitario nazionale. 
    12.4.2.- La  recente  legislazione  statale,  gia'  anteriormente
all'insorgere dell'epidemia  da  COVID-19,  ha  introdotto  ulteriori
deroghe alla regola  della  esclusivita'  dell'impegno  richiesto  ai
medici in formazione specialistica. 
    Anzitutto, come gia' ricordato, a norma dell'art. 1,  comma  547,
della legge n. 145 del 2018, a partire dal terzo anno  del  corso  di
formazione specialistica, i medici regolarmente iscritti sono ammessi
alle procedure concorsuali per l'accesso  alla  dirigenza  del  ruolo
sanitario nella specifica disciplina bandita e  collocati,  all'esito
positivo delle medesime procedure, in graduatoria separata. 
    A norma dell'art. 1,  comma  548-bis,  della  stessa  legge,  gli
specializzandi  utilmente  collocati  in  detta  graduatoria,  «fermo
restando  il  rispetto   dei   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
dell'Unione  europea  relativamente  al  possesso   del   titolo   di
formazione specialistica», sono, quindi,  assunti  con  contratto  di
lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale in
ragione delle esigenze formative, disciplinato dal d.lgs. n. 502  del
1992. 
    Tale contratto  non  puo'  avere  durata  superiore  alla  durata
residua del corso di formazione specialistica,  fatti  salvi,  per  i
medici specializzandi, i periodi  di  sospensione  previsti,  e  puo'
essere prorogato una sola volta fino al conseguimento del  titolo  di
formazione specialistica e comunque per un periodo  non  superiore  a
dodici mesi. 
    Lo stesso art. 1, comma 548-bis, dispone che gli  specializzandi,
che svolgono attivita'  assistenziali  coerenti  con  il  livello  di
competenze e  di  autonomia  raggiunto  e  correlato  all'ordinamento
didattico di corso, alle  attivita'  professionalizzanti  nonche'  al
programma formativo seguito e all'anno di corso  di  studi  superato,
per la durata del rapporto di lavoro  a  tempo  determinato,  restano
iscritti  alla  scuola  di  specializzazione  universitaria   e   «la
formazione specialistica e' a tempo parziale in conformita' a  quanto
previsto  dall'articolo  22  della  direttiva   n.   2005/36/CE   del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005». 
    12.4.3.-  Ancora,  nell'ambito   della   legislazione   volta   a
fronteggiare   l'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19,    l'art
2-quinquies del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha previsto, al
comma 2, che i laureati in  medicina  e  chirurgia  abilitati,  anche
durante la loro iscrizione  ai  corsi  di  specializzazione,  possono
assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina
generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed  essere
iscritti negli elenchi della guardia medica e  della  guardia  medica
turistica e occupati fino alla  fine  della  durata  dello  stato  di
emergenza. 
    Lo stesso art. 2-quinquies, al comma 4, stabilisce  che,  per  la
durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, i  medici  iscritti
al corso  di  specializzazione  in  pediatria,  durante  il  percorso
formativo, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di
pediatri di libera scelta convenzionati  con  il  Servizio  sanitario
nazionale. 
    Ancora,  l'art.  2-quinquies  del  d.l.  n.  18  del  2020,  come
convertito, al comma 2, puntualizza che le ore  di  attivita'  svolte
dai suddetti medici devono essere considerate  a  tutti  gli  effetti
quali attivita' pratiche, da  computare  nel  monte  ore  complessivo
previsto dall'art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999 e che,  in
caso   di   assunzione   di   incarico   provvisorio   che   comporti
l'assegnazione di un  numero  di  assistiti  superiore  a  ottocento,
l'erogazione della borsa di studio e' sospesa. 
    E', inoltre, stabilito che il periodo di  attivita',  svolto  dai
medici specializzandi esclusivamente durante lo stato  di  emergenza,
e'  riconosciuto  ai  fini  del  ciclo  di  studi  che   conduce   al
conseguimento del diploma di specializzazione e che  le  universita',
ferma restando la durata legale del  corso,  assicurano  il  recupero
delle attivita' formative, teoriche e  assistenziali,  necessarie  al
raggiungimento degli obiettivi previsti. 
    Va, infine,  evidenziato  che  l'efficacia  di  tali  previsioni,
originariamente limitata alla durata dell'emergenza epidemiologica da
COVID-19, come stabilita dalla delibera del  Consiglio  dei  ministri
del 31 gennaio 2020, e' stata prorogata al 31 dicembre 2023. Infatti,
la legge n. 14 del 2023, di conversione del d.l. n. 198 del 2022,  ha
aggiunto all'art. 4 di tale decreto il comma 9-quater,  il  quale  ha
riformulato l'art. 4, comma  2,  del  d.l.  n.  228  del  2021,  come
convertito,  nei  seguenti  termini:  «[l]e   disposizioni   di   cui
all'articolo 2-quinquies del decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24  aprile  2020,  n.  27,
relative alla possibilita' per i laureati  in  medicina  e  chirurgia
abilitati di assumere  incarichi  provvisori  o  di  sostituzione  di
medici di medicina generale, nonche' alla possibilita' per  i  medici
iscritti al  corso  di  specializzazione  in  pediatria,  durante  il
percorso  formativo,  di   assumere   incarichi   provvisori   o   di
sostituzione di  pediatri  di  libera  scelta  convenzionati  con  il
servizio sanitario nazionale, sono prorogate al 31 dicembre 2023». 
    12.5.- In  ultimo,  occorre  precisare  che  la  previsione  che,
nell'ambito della formazione a tempo pieno,  inibisce  al  medico  di
svolgere le attivita' indicate nell'art. 40, comma 1, del  d.lgs.  n.
368  del  1999,  non   istituisce   vere   e   proprie   ipotesi   di
incompatibilita', la quale postula un  dovere  di  esclusivita'  che,
nella specie, mancando un rapporto  di  lavoro  alle  dipendenze  del
Servizio sanitario nazionale, non e', all'evidenza, configurabile. 
    La giurisprudenza  di  legittimita'  ha,  infatti,  ripetutamente
chiarito che l'attivita' svolta dai medici iscritti  alle  scuole  di
specializzazione universitarie non e'  inquadrabile  nell'ambito  del
rapporto  di  lavoro  subordinato,  ne'  del  lavoro   autonomo,   ma
costituisce    una    particolare    ipotesi    di    contratto    di
formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina (ex  aliis,  Corte
di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 27 luglio 2017, n. 18670). 
    12.6.- Tanto premesso, l'art.  21,  comma  3,  della  legge  reg.
Veneto n. 12 del 2022, nel prevedere che, per il triennio  2022-2024,
i medici specializzandi possono prestare attivita' di supporto presso
i servizi di emergenza-urgenza  ospedalieri  del  Servizio  sanitario
regionale tramite contratti libero professionali o di  collaborazione
coordinata e continuativa o con altre  forme  di  lavoro  flessibile,
introduce una disciplina che, ancorche' eccezionale,  non  deroga  al
principio fondamentale stabilito dalle norme statali, da individuarsi
nel perseguimento  dell'obiettivo  della  qualita'  della  formazione
medica  specialistica,  da  attuarsi,  di   regola,   attraverso   lo
svolgimento a tempo pieno delle attivita' teorico-pratiche prescritte
dal programma del corso. 
    La disposizione regionale  contiene,  infatti,  una  clausola  di
salvaguardia che fa salve le disposizioni del d.lgs. n. 368 del  1999
e  precisa  che  l'attivita'  di  supporto  presso   i   servizi   di
emergenza-urgenza ospedalieri deve essere prestata dagli iscritti  al
corso di specializzazione «al  di  fuori  dell'orario  dedicato  alla
formazione  specialistica  e  fermo  restando  l'assolvimento   degli
obblighi formativi». 
    La norma, abilitando gli specializzandi a  prestare  un'attivita'
che si colloca al di fuori dell'impegno formativo  e  assoggettandone
lo svolgimento alla condizione  del  pieno  rispetto  degli  obblighi
imposti  dal  corso  di   formazione   specialistica,   risulta,   in
definitiva, aderente alla ratio dei divieti posti  dall'art.  40  del
d.lgs. n. 368 del 1999.