ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  629  del
codice penale, promossi dal Tribunale ordinario di  Firenze,  sezione
prima penale, in  composizione  monocratica,  con  ordinanza  del  20
giugno 2022, e  dal  Tribunale  ordinario  di  Roma,  sezione  ottava
penale, in composizione collegiale, con ordinanza del 18 luglio 2022,
iscritte rispettivamente ai numeri 91 e 126  del  registro  ordinanze
2022 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 36
e 44, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visti l'atto di costituzione  di  T.  P.,  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica e nella camera di  consiglio  del  24
maggio 2023 il Giudice relatore Stefano Petitti; 
    uditi l'avvocato Rocco Marsiglia per T.  P.  e  l'avvocato  dello
Stato  Enrico  De  Giovanni  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 maggio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 giugno  2022,  iscritta  al  n.  91  del
registro ordinanze 2022, il Tribunale ordinario di  Firenze,  sezione
prima  penale,  in  composizione  monocratica,  ha  sollevato  -   in
riferimento agli artt. 3 e 27,  terzo  comma,  della  Costituzione  -
questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  629  del  codice
penale, «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata
sia diminuita in misura non eccedente i due  terzi  quando  il  fatto
risulti di lieve entita'», e, in via subordinata, «nella parte in cui
non prevede che la pena da esso comminata  sia  diminuita  quando  il
fatto risulti di lieve entita'». 
    Il rimettente espone di  dover  giudicare  su  un'imputazione  di
estorsione, reato che sarebbe stato consumato in danno di una  minore
d'eta', la quale, perduto  il  possesso  del  telefono  cellulare  in
conseguenza di un furto patito durante i festeggiamenti notturni  del
capodanno del 2022, lo aveva riacquistato solo  dietro  il  pagamento
della somma di quaranta euro, preteso dall'imputato quale  condizione
per la restituzione dell'oggetto. 
    1.1.- Ad avviso del rimettente, il  fatto  estorsivo  sarebbe  di
lieve entita',  atteso  il  carattere  estemporaneo  della  condotta,
l'esiguita' del danno patrimoniale e del profitto, nonche' la  scarsa
incidenza della minaccia, limitatasi alla prospettazione del  mancato
recupero del bene. 
    Considerata tuttavia la severita' del minimo edittale della  pena
detentiva per il reato di estorsione,  la  sanzione  da  irrogare  in
concreto  risulterebbe  irragionevole  e  sproporzionata,  nonostante
l'eventuale  riduzione  per  l'attenuante   comune   della   speciale
tenuita', di cui all'art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen. 
    1.2.-  L'omessa  previsione  nell'art.  629  cod.  pen.  di   una
specifica attenuante per lieve entita' violerebbe l'art. 3 Cost., sia
per l'irragionevolezza intrinseca del trattamento sanzionatorio,  sia
in comparazione con altre ipotesi delittuose. 
    L'attestarsi del minimo edittale per  il  delitto  di  estorsione
alla soglia  dei  cinque  anni  di  reclusione  sarebbe  di  per  se'
irragionevole,  in  quanto  riferibile  anche  a  fatti  connotati  -
soprattutto per la natura solo patrimoniale della minaccia - da  «una
gravita' modesta, se non addirittura bagatellare». 
    Sul piano comparativo, il rimettente insiste sulla diminuzione di
pena fino a due terzi prevista dall'art. 609-bis, terzo  comma,  cod.
pen. per la violenza sessuale di minore gravita'. 
    A suo avviso, si avrebbe  il  paradosso  per  cui,  nel  caso  di
specie, considerato il minimo edittale di sei anni di reclusione  per
la violenza sessuale, «se in funzione della restituzione del telefono
l'imputato avesse preteso e ottenuto un  atto  sessuale,  si  sarebbe
potuta applicare  -  qualora  il  fatto  fosse  risultato  di  minore
gravita' - la pena di anni due di reclusione», cioe' una  pena  assai
inferiore al minimo edittale del reato di estorsione, pur ridotto  di
un terzo ai sensi dell'art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen. 
    Altri tertia comparationis sono individuati nei reati di violenza
o minaccia  a  pubblico  ufficiale  e  di  violenza  o  minaccia  per
costringere a commettere reato, rispettivamente  puniti  dagli  artt.
336  e  611  cod.  pen.  con  un  massimo  edittale  pari  al  minimo
dell'estorsione, nonostante l'analogia strutturale delle  fattispecie
tipiche. 
    1.3.- A parere del  giudice  a  quo,  la  mancata  previsione  di
un'ipotesi  attenuata  di  estorsione  di  lieve  entita'  violerebbe
altresi' la finalita' rieducativa della pena, enunciata dall'art. 27,
terzo comma, Cost. 
    Infatti, «ogniqualvolta il fatto  estorsivo  abbia  una  gravita'
contenuta»,  una  pena  resa  sproporzionata  dall'assenza   di   una
previsione   moderatrice   «sara'   avvertita   inevitabilmente   dal
condannato come ingiusta». 
    1.4.- Il rimettente chiede quindi che, utilizzando la tecnica del
"ritaglio", all'interno della censurata norma  incriminatrice  questa
Corte enuclei una fattispecie attenuata di lieve entita', come  nella
sentenza n. 68 del 2012 relativa al delitto di sequestro di persona a
scopo di estorsione, e come del resto previsto dalla legge per  altri
reati contro il patrimonio, segnatamente la ricettazione attenuata di
cui all'art. 648, quarto comma, cod. pen., e anche per delitti contro
la persona, quale appunto la violenza sessuale di minore gravita'  di
cui all'art. 609-bis, terzo comma, cod. pen. 
    Proprio in quest'ultima  disposizione  il  rimettente  indica  la
grandezza predata per la richiesta pronuncia additiva,  che  dovrebbe
quindi consentire al giudice di diminuire la pena fino  a  due  terzi
quando il fatto estorsivo risulti di lieve entita'. 
    In subordine, lo stesso rimettente chiede che  per  tale  ipotesi
sia introdotta un'attenuante ad effetto comune, tale da permettere la
riduzione della pena fino a un  terzo,  secondo  la  regola  prevista
dall'art. 65 cod. pen. e sul modello della citata sentenza n. 68  del
2012. 
    1.5.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni  inammissibili  o,  in
subordine, non fondate. 
    Ad avviso  dell'interveniente,  il  giudice  a  quo  non  avrebbe
considerato tutti gli strumenti normativi funzionali  all'adeguamento
della  pena,  in  particolare  il  riconoscimento  delle  circostanze
attenuanti generiche  di  cui  all'art.  62-bis  cod.  pen.,  la  cui
applicazione nel caso concreto, unitamente a  quella  dell'attenuante
di cui all'art. 62,  primo  comma,  numero  4),  cod.  pen.,  avrebbe
consentito di moderare la  pena  entro  i  limiti  della  sospensione
condizionale. 
    In ogni caso, le sollevate questioni sarebbero rivolte «a mettere
in discussione scelte di politica criminale preordinate a  soddisfare
precise esigenze di difesa sociale», mentre la  commisurazione  delle
sanzioni penali, al pari della configurazione  delle  fattispecie  di
reato, e' riservata alla discrezionalita' del legislatore. 
    2.- Con ordinanza del 18 luglio 2022,  iscritta  al  n.  126  del
registro ordinanze 2022, il  Tribunale  ordinario  di  Roma,  sezione
ottava  penale,  in  composizione  collegiale,  ha  sollevato  -   in
riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost. - questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 629, primo e secondo  comma,
cod. pen., «nella parte in cui non preved[e]  una  diminuente  quando
per la natura, la specie, i mezzi,  le  modalita'  o  le  circostanze
dell'azione, ovvero per la  particolare  tenuita'  del  danno  o  del
pericolo, il fatto risulti di lieve entita'». 
    Il rimettente espone di  dover  giudicare  su  un'imputazione  di
estorsione, aggravata dalla commissione  da  parte  di  piu'  persone
riunite, reato che sarebbe stato consumato da  due  autori,  entrambi
recidivi, i quali, dopo aver sottratto le chiavi  dal  blocchetto  di
accensione  di  un  motociclo,  avrebbero  preteso  e  ottenuto   dal
proprietario la  dazione  di  cento  euro  quale  condizione  per  la
restituzione del bene. 
    2.1.- Richiamata la pacifica natura estorsiva  della  fattispecie
concreta, designata nella prassi giurisprudenziale con l'immagine del
"cavallo di ritorno", poiche' l'autore del furto estorce alla persona
offesa una somma di danaro quale prezzo della refurtiva, il giudice a
quo osserva che la pena detentiva minima applicabile a  entrambi  gli
imputati sarebbe pari a otto anni e quattro mesi di reclusione. 
    Determinata  in  applicazione  del  criterio  di   concorso   tra
aggravanti di cui  all'art.  63,  quarto  comma,  cod.  pen.,  quindi
facendo prevalere sull'aggravante della pluralita' di persone riunite
ex artt. 629, secondo comma, e 628, terzo comma, numero 1), cod. pen.
l'aggravante della recidiva reiterata, specifica per  un  imputato  e
infraquinquennale  per  l'altro,  la  predetta  misura  sanzionatoria
appare al Tribunale di Roma irragionevole  e  sproporzionata,  attesa
l'estemporaneita'  dell'azione  delittuosa  nonche'  l'esiguita'  del
danno e del profitto. 
    2.2.- In particolare, l'omessa  previsione  di  un'attenuante  di
lieve entita' per il reato di estorsione violerebbe il  principio  di
uguaglianza in base alla comparazione con l'art. 630  cod.  pen.  sul
sequestro di persona a  scopo  di  estorsione,  come  emendato  dalla
sentenza n. 68 del 2012, e con l'art. 609-bis, terzo comma, cod. pen.
sulla violenza sessuale di minore gravita'. 
    Altri  tertia  comparationis  sono  individuati  nel   reato   di
sequestro di persona a scopo di coazione,  di  cui  all'art.  289-ter
cod. pen., e nel  reato  di  atti  sessuali  con  minorenne,  di  cui
all'art. 609-quater cod. pen., per i quali sono previste  diminuzioni
di pena in ipotesi di lieve entita' e minore gravita' del fatto. 
    Si richiamano altresi' la diminuente della lieve entita' prevista
dall'art. 311 cod. pen. per i delitti contro  la  personalita'  dello
Stato, quella della particolare tenuita' prevista  dall'art.  323-bis
cod. pen. in materia di delitti contro la pubblica amministrazione  e
quella della speciale tenuita' prevista  dall'art.  518-septiesdecies
cod. pen. per i reati contro il patrimonio culturale. 
    Si fa infine riferimento alla disposizione dell'art. 73, comma 5,
del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,  prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di  tossicodipendenza),  che
riduce la pena edittale quando la condotta di produzione, traffico  e
detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope e' di lieve
entita'. 
    Oltre che  in  un'ottica  comparativa,  l'art.  3  Cost.  sarebbe
violato   per   l'irragionevolezza   intrinseca    del    trattamento
sanzionatorio del delitto di estorsione, la cui  eccessiva  severita'
non rifletterebbe l'«intera gamma dei fatti riconducibili al  modello
legale», il che impedirebbe al giudice «di adattare  la  sanzione  al
caso  concreto,  mitigando  la  risposta  punitiva,  in  presenza  di
elementi oggettivi rivelatori di una limitata gravita' del fatto». 
    2.3.- L'assenza di un'attenuante di lieve entita' per il reato di
estorsione  violerebbe  anche  il  principio  di  personalita'  della
responsabilita' penale e il finalismo rieducativo della pena, sanciti
rispettivamente dai commi primo e terzo dell'art. 27 Cost. 
    Infatti, la sproporzione che potrebbe derivare da tale  omissione
ostacolerebbe  l'individualizzazione  della  pena,   corollario   del
carattere personale della responsabilita' penale, e ne svilirebbe  la
funzione rieducativa, giacche' una sanzione manifestamente  eccessiva
e' sempre avvertita dal condannato come ingiusta. 
    2.4.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni non fondate. 
    Rammentato che  le  scelte  di  dosimetria  penale  competono  in
esclusiva al legislatore e sono sindacabili unicamente se  arbitrarie
o  manifestamente  sproporzionate,  l'interveniente  assume  che   la
disposizione censurata sia immune da tali vizi, «in quanto  tende  ad
attuare una forma di prevenzione generale rispetto  ad  una  condotta
odiosa,  quella  di  estorsione,  che  genera   particolare   allarme
sociale». 
    Si contesta che la disciplina del sequestro di persona a scopo di
estorsione, come integrata dalla ricordata sentenza n. 68  del  2012,
possa costituire un tertium omogeneo, trattandosi di una  fattispecie
criminosa punita con un  minimo  edittale  incommensurabilmente  piu'
elevato rispetto all'estorsione. 
    La difesa  statale  aggiunge  che  la  gravita'  del  delitto  di
estorsione non puo' essere misurata solo in termini patrimoniali, «ma
occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione  del
bene personale». 
    Reputa infine l'Avvocatura generale che, attesa la facoltativita'
dell'applicazione della recidiva, il giudice a quo sia  in  grado  di
adeguare la sanzione alla gravita' del fatto. 
    2.5.- Si e' costituito in giudizio T. P., uno dei coimputati  nel
giudizio principale, aderendo interamente agli  argomenti  spesi  dal
rimettente e sollecitando  pertanto  l'accoglimento  delle  sollevate
questioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Firenze (reg. ord. n. 91 del 2022),
in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma,  Cost.,  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  629  cod.  pen.,
«nella parte in cui non prevede che la pena  da  esso  comminata  sia
diminuita in misura non eccedente i due terzi quando il fatto risulti
di lieve entita'», e, in via subordinata, «nella  parte  in  cui  non
prevede che la pena da esso comminata sia diminuita quando  il  fatto
risulti di lieve entita'». 
    1.1.- Il Tribunale ordinario di Roma (reg. ord. n. 126 del 2022),
in riferimento agli stessi parametri nonche' al primo comma dell'art.
27 Cost.,  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 629, primo e secondo comma, cod. pen., «nella parte in  cui
non preved[e] una diminuente quando  per  la  natura,  la  specie,  i
mezzi, le modalita' o  le  circostanze  dell'azione,  ovvero  per  la
particolare tenuita' del danno o del pericolo, il  fatto  risulti  di
lieve entita'». 
    2.- Entrambi i rimettenti devono giudicare su imputazioni per  il
reato di estorsione - in forma  semplice  il  Tribunale  di  Firenze,
aggravata dalla pluralita' di persone il Tribunale di Roma - riguardo
a fatti di coartazione  tramite  minaccia,  perpetrati  ai  danni  di
vittime di furto, le quali, per recuperare  il  bene  loro  sottratto
(rispettivamente, un telefono cellulare e le chiavi di un motociclo),
sono  state  costrette  a  pagare  somme,  pur  modeste,  di   danaro
(rispettivamente, quaranta e cento euro). 
    I giudici a quibus ritengono che i fatti estorsivi oggetto  delle
imputazioni siano di lieve entita',  per  il  carattere  estemporaneo
della condotta, per l'esiguita' del danno patrimoniale e  del  lucro,
per la scarsa incidenza della  minaccia  di  definitiva  perdita  del
bene. 
    Essi lamentano tuttavia che  la  severita'  del  minimo  edittale
della pena  impedisca  di  irrogare  una  sanzione  proporzionata  al
concreto, modesto,  disvalore  del  fatto,  al  netto  dell'eventuale
applicazione dell'attenuante comune della speciale tenuita' del danno
e del lucro, di cui all'art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen. 
    L'impedimento  discenderebbe   in   particolare   dalla   mancata
previsione di un'attenuante  di  lieve  entita'  per  il  delitto  di
estorsione, la cui introduzione e' oggetto  della  richiesta  di  una
pronuncia additiva, formulata da entrambi  i  rimettenti  evocando  a
modello la sentenza di questa Corte n. 68 del 2012. 
    3.-  Il  Tribunale  di  Firenze  ritiene  che  la   mancanza   di
un'attenuante di lieve entita'  per  il  reato  di  estorsione  violi
l'art. 3 Cost.,  perche'  il  conseguente  trattamento  sanzionatorio
risulterebbe irragionevole, sia considerato intrinsecamente,  sia  in
comparazione con altre ipotesi delittuose, segnatamente  a  confronto
con la diminuente  di  pena  fino  a  due  terzi  prevista  dall'art.
609-bis, terzo comma, cod. pen. per la violenza  sessuale  di  minore
gravita'; la sproporzione per eccesso  della  pena  in  concreto  non
potrebbe d'altronde conciliarsi con la finalita' rieducativa  che  ad
essa attribuisce l'art. 27, terzo comma, Cost. 
    Da qui  la  richiesta  additiva,  che  il  Tribunale  di  Firenze
riferisce, in via principale, ad  un'attenuante  fino  a  due  terzi,
estesa per comparazione dall'art. 609-bis, terzo comma, cod. pen., e,
in via subordinata, ad un'attenuante fino a  un  terzo,  sull'esempio
della gia' citata sentenza n. 68 del 2012. 
    3.1.- Nell'ordinanza del Tribunale  di  Roma  vengono  sviluppati
argomenti simili, con l'evocazione aggiuntiva del parametro di cui al
primo comma dell'art. 27  Cost.,  sotto  il  profilo  del  canone  di
personalita' della responsabilita' penale, che il  rimettente  assume
violato   dall'ostacolo   normativo   all'individualizzazione   della
sanzione. 
    Il Tribunale di Roma non formula istanze subordinate,  ma  chiede
unicamente che il trattamento sanzionatorio del reato  di  estorsione
sia ricondotto a legittimita' costituzionale tramite  una  diminuente
ad effetto comune, la medesima gia' introdotta nella  disciplina  del
sequestro di persona a scopo di estorsione dalla menzionata  sentenza
n. 68 del 2012. 
    4.- Attesa l'ampia sovrapponibilita' delle questioni,  i  giudizi
vanno riuniti, per essere decisi con unica sentenza. 
    5.- Nel giudizio promosso dal Tribunale di Firenze, il Presidente
del Consiglio dei ministri, intervenuto tramite l'Avvocatura generale
dello Stato, ha  sollevato  un'eccezione  di  inammissibilita'  delle
questioni, per non avere il rimettente considerato la possibilita' di
mitigare la  pena  attraverso  il  riconoscimento  delle  circostanze
attenuanti generiche. 
    Questa Corte  ha  tuttavia  gia'  osservato  che  le  circostanze
attenuanti generiche hanno, di regola, la  funzione  di  adeguare  la
misura concreta della pena, e non quella  di  correggere  l'eventuale
sproporzione dei minimi edittali (sentenza n. 63 del 2022). 
    Invero, il Tribunale di Firenze, come quello di Roma, deduce  che
il minimo edittale del reato di estorsione sia di  tale  asprezza  da
non poter essere ricondotto  a  legittimita'  costituzionale  se  non
attraverso l'operativita' di un'ulteriore e specifica attenuante, che
consenta la riduzione della pena nei casi di lieve entita' del fatto. 
    5.1.- Per analoghe ragioni non e'  pertinente  quanto  la  difesa
statale ha eccepito nel  giudizio  promosso  dal  Tribunale  di  Roma
riguardo  alla  facoltativita'  dell'applicazione   della   recidiva,
deduzione che sembra alludere a un esercizio  della  discrezionalita'
del giudice per fini diversi da quelli propri dell'istituto. 
    6.- Nel merito, non  sono  fondate  le  questioni  sollevate  dal
Tribunale di Firenze in via principale. 
    6.1.- Esse tendono a ottenere l'addizione di una diminuente  fino
a due terzi, che il rimettente compara all'attenuante prevista per il
reato di violenza sessuale dall'art. 609-bis, terzo comma, cod.  pen.
(«[n]ei casi di minore gravita' la pena e' diminuita  in  misura  non
eccedente i due terzi»). 
    Tuttavia,  per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,   il
raffronto  tra  fattispecie   normative   diretto   a   vagliare   la
ragionevolezza delle scelte legislative  di  dosimetria  penale  deve
avere  ad  oggetto   casistiche   omogenee,   risultando   altrimenti
improponibile la stessa comparazione (sentenze n. 136  del  2020,  n.
282 del 2010 e n. 161 del 2009), rilievo tanto piu' ovvio  quando  si
prospetti l'estensione di un'attenuante ad effetto speciale, che, per
sua stessa natura, deroga all'ordinario effetto diminuente. 
    Rispetto all'oggettivita' giuridica  e  all'evoluzione  normativa
del reato di estorsione,  il  tertium  proveniente  dalla  disciplina
della violenza  sessuale  e'  invece  del  tutto  eterogeneo,  quindi
radicalmente inidoneo alla comparazione. 
    6.2.- Infatti, l'attenuante di cui all'art. 609-bis, terzo comma,
cod. pen. si inscrive nel contesto di  un'operazione  legislativa  di
generale riconfigurazione dei delitti sessuali, alla quale  il  reato
di estorsione e' estraneo. 
    La legge 15 febbraio  1996,  n.  66  (Norme  contro  la  violenza
sessuale), ha infatti unificato il  trattamento  sanzionatorio  della
violenza carnale, di cui all'originario art. 519 cod. pen., e  quello
degli atti di libidine violenti, di cui all'anteriore art.  521  cod.
pen., nel nuovo reato di violenza sessuale, di cui  all'attuale  art.
609-bis cod. pen. 
    Questa Corte ha avuto modo di sottolineare che l'attenuante della
minore gravita' e' stata introdotta in sede di  riforma  dei  delitti
sessuali appunto per temperare gli effetti della concentrazione in un
unico  titolo  di  reato  di  condotte  tra  loro  assai  differenti,
inclusive  tanto  della  congiunzione  carnale  quanto  dell'atto  di
libidine (sentenze n. 106 del 2014 e n. 325 del 2005). 
    6.3.- Oltre che sul piano  della  costruzione  legislativa  delle
fattispecie, l'eterogeneita' tra l'estorsione e la violenza  sessuale
si misura nella stessa peculiare configurazione che  l'attenuante  di
cui all'art. 609-bis, terzo comma, cod. pen.  ha  assunto  presso  la
giurisprudenza di legittimita'. 
    Infatti,  coerentemente  con  il  bene   tutelato   dalla   norma
incriminatrice, la Corte  di  cassazione  collega  il  riconoscimento
dell'attenuante in questione a  una  valutazione  globale  del  fatto
guidata  da   indici   palesemente   inconferenti   alla   dimensione
patrimoniale  dell'estorsione,  in  quanto  rapportati  al  grado  di
compressione della liberta' sessuale e al conseguente danno  arrecato
alla vittima in termini psichici (sezione terza penale,  sentenze  18
settembre-14 dicembre 2020, n. 35695, e 10 ottobre-12 dicembre  2019,
n. 50336). 
    7.- Sono invece fondate le questioni sollevate dal  Tribunale  di
Roma e, in via subordinata, dal Tribunale di Firenze. 
    7.1.-  In  base  al  primo  comma  dell'art.   629   cod.   pen.,
l'estorsione e', nella forma semplice, la  condotta  di  «[c]hiunque,
mediante violenza  o  minaccia,  costringendo  taluno  a  fare  o  ad
omettere qualche cosa, procura a se' o ad altri un ingiusto  profitto
con altrui danno». 
    A fronte di questa tipizzazione legislativa,  rimasta  inalterata
dall'entrata in vigore del codice, il trattamento  sanzionatorio  del
titolo di reato ha registrato un  progressivo  inasprimento,  che  ha
interessato sia la pena detentiva, sia la  concorrente  multa,  anche
con riguardo all'ipotesi aggravata prevista dal secondo  comma  dello
stesso art. 629. 
    Uno snodo cruciale di  tale  percorso  -  anche  per  la  diretta
incidenza sulle odierne questioni - va identificato nell'innalzamento
del minimo edittale della pena detentiva per l'estorsione semplice da
tre a cinque anni, operato dall'art. 8 del decreto-legge 31  dicembre
1991, n. 419 (Istituzione del Fondo di sostegno  per  le  vittime  di
richieste estorsive), convertito, con modificazioni, nella  legge  18
febbraio 1992, n. 172. 
    Siffatto incremento del minimo edittale ha invero determinato una
sostanziale impossibilita' per l'autore del reato  di  estorsione  di
accedere al beneficio della sospensione condizionale della pena,  ove
pure  il  fatto-reato  sia  in  concreto,  non  soltanto  esente   da
circostanze aggravanti, ma finanche connotato dalla speciale tenuita'
del danno patrimoniale e del lucro. 
    Era questo, d'altronde, l'obiettivo  dichiarato  del  legislatore
del tempo, ai fini del contrasto dell'allora  dilagante  criminalita'
estorsiva di stampo mafioso, obiettivo verso il quale pure convergeva
la contestuale istituzione del Fondo di sostegno per  le  vittime  di
richieste estorsive. 
    7.2.- Chiamata a pronunciarsi sulla  legittimita'  costituzionale
di tale innalzamento di pena, al metro degli  artt.  3  e  27,  terzo
comma, Cost., questa  Corte  dichiaro'  le  questioni  manifestamente
infondate, con un argomento in linea con  le  finalita'  emergenziali
del d.l. n. 419 del 1991, come convertito. 
    Si osservo' infatti che detto inasprimento,  «come  emerge  dalla
Relazione accompagnatrice del disegno di  legge  di  conversione  del
decreto, appare comunque giustificato dalla esigenza di  evitare  che
possano essere irrogate pene che, con il concorso  delle  circostanze
attenuanti, si mantengano nei limiti per la concessione del beneficio
della sospensione condizionale della pena, a  causa  della  difficile
individuazione  in  concreto  dell'aggravante   di   far   parte   di
un'associazione di  stampo  mafioso»  (ordinanza  n.  368  del  1995,
sostanzialmente confermata dall'ordinanza n. 460 del 1997). 
    7.3.- Riguardando specificamente l'entita' del  minimo  edittale,
questo precedente non pregiudica  le  questioni  ora  in  esame,  che
concernono il diverso profilo dell'inesistenza  di  un'attenuante  di
lieve entita'. 
    Maggiore  attinenza  ha  quindi  la  sentenza  n.  68  del  2012,
sull'attenuante di lieve entita' nel sequestro di persona a scopo  di
estorsione, cui infatti gli odierni rimettenti affidano  larga  parte
delle loro tesi. 
    7.4.- Con la sentenza appena indicata, questa Corte ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 630 cod. pen., nella  parte
in cui non prevedeva che la pena da esso  comminata  fosse  diminuita
quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o  circostanze
dell'azione, ovvero per la  particolare  tenuita'  del  danno  o  del
pericolo, il fatto risultasse di lieve entita'. 
    Come il reato di estorsione, anche quello di sequestro di persona
a  scopo  di  estorsione,  previsto  dall'art.  630  cod.  pen.,   ha
conosciuto un progressivo inasprimento del trattamento sanzionatorio,
sebbene  ovviamente  in  una  diversa,  e  piu'  elevata,  scala   di
grandezza. 
    Le tappe e le ragioni di questo  percorso  di  aggravamento  sono
illustrate nella medesima sentenza n. 68 del 2012,  che  ricostruisce
gli interventi normativi, sviluppatisi «con  i  tratti  tipici  della
legislazione "emergenziale"», i quali, negli anni settanta e  ottanta
del secolo scorso, hanno inteso  contrastare,  anche  mediante  forti
inasprimenti sanzionatori, lo «straordinario, inquietante incremento,
in quel periodo, dei sequestri di persona a scopo estorsivo,  operati
da  pericolose  organizzazioni  criminali,  con  efferate   modalita'
esecutive (privazione pressoche' totale della liberta'  di  movimento
della vittima, sequestri protratti per lunghissimi  tempi,  invio  di
parti  anatomiche  del  sequestrato  ai  familiari  come   mezzo   di
pressione) e richieste di riscatti  elevatissimi,  al  cui  pagamento
spesso non seguiva la liberazione del sequestrato, che trovava invece
la morte in conseguenza del fatto». 
    Atteso che la fattispecie descritta dall'art. 630  cod.  pen.  e'
capace di includere «anche episodi marcatamente dissimili, sul  piano
criminologico e del tasso di disvalore, rispetto a  quelli  avuti  di
mira dal legislatore dell'emergenza», in particolare «per la  piu'  o
meno marcata "occasionalita'" dell'iniziativa delittuosa», oltre  che
per la ridotta entita' dell'offesa alla  vittima  e  la  non  elevata
utilita' pretesa, questa  Corte  ne  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale, nei termini sopra ricordati, sulla scorta del tertium
comparationis della  diminuente  della  «lieve  entita'  del  fatto»,
prevista dall'art. 311 cod. pen. per i delitti contro la personalita'
dello Stato,  tra  i  quali  il  sequestro  di  persona  a  scopo  di
terrorismo o eversione, punito dall'art. 289-bis cod. pen. 
    Infatti,  rilevato  che  il  sequestro  terroristico  o  eversivo
offende  l'ordine  costituzionale,  quindi  un  bene   superiore   al
patrimonio viceversa colpito dal sequestro estorsivo, questa Corte ha
ritenuto manifestamente irrazionale - e  dunque  lesiva  dell'art.  3
Cost. - la mancata previsione, in rapporto al sequestro di persona  a
scopo di estorsione, di una attenuante per i fatti di lieve  entita',
analoga a quella applicabile alla fattispecie "gemella" che,  ceteris
paribus, aggredisce l'interesse di rango piu' elevato. 
    La  sentenza  ha  inoltre  ritenuto  sussistente  la   violazione
dell'art.  27,  terzo   comma,   Cost.,   nella   prospettiva   della
proporzionalita'   della   pena   come   premessa   della   finalita'
rieducativa, «tanto piu' ove si  consideri  la  particolare  funzione
assolta da detta attenuante, rientrante nel novero delle  circostanze
cosiddette indefinite o  discrezionali  (non  avendo  il  legislatore
meglio precisato il concetto di "lievita'" del fatto):  funzione  che
consiste propriamente nel mitigare -  in  rapporto  ai  soli  profili
oggettivi del fatto (caratteristiche dell'azione  criminosa,  entita'
del danno o del  pericolo)  -  una  risposta  punitiva  improntata  a
eccezionale asprezza e che, proprio per questo, rischia di  rivelarsi
incapace di  adattamento  alla  varieta'  delle  situazioni  concrete
riconducibili al modello legale». 
    7.5.- Un analogo iter argomentativo  e'  stato  seguito  piu'  di
recente dalla sentenza  n.  244  del  2022,  relativa  al  cosiddetto
sabotaggio  militare,  con  la  quale  questa  Corte  ha   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  167,  primo  comma,  del
codice penale militare di pace, nella parte in cui non prevedeva  che
la pena fosse  diminuita  se  il  fatto  di  rendere  temporaneamente
inservibili, in tutto o in parte, navi, aeromobili, convogli, strade,
stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite  al  servizio
delle  Forze  armate  dello  Stato  risultasse,  per  la  particolare
tenuita' del danno causato, di lieve entita'. 
    Il minimo edittale di otto anni di  reclusione,  stabilito  dalla
richiamata norma per  ogni  fattispecie  di  sabotaggio,  anche  solo
temporaneo, e' parso a questa Corte determinare  una  situazione  «in
larga misura corrispondente a quella oggetto della pronuncia con  cui
e' stata dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  630
cod. pen.», per l'assenza di una «valvola di sicurezza» a  fronte  di
una risposta punitiva improntata a eccezionale asprezza. 
    L'irrazionalita' della carenza normativa e'  emersa  anche  dalla
comparazione  con  la  parallela  figura  delittuosa  del  sabotaggio
comune, che l'art. 253 cod. pen. sanziona con uguale  asprezza,  alla
quale risulta tuttavia applicabile l'attenuante della  lieve  entita'
di cui all'art. 311 cod. pen. 
    Pur ritenendo impraticabile un'estensione di tale attenuante  dal
sabotaggio comune al sabotaggio militare, questa Corte  ha  osservato
che «[l]'indisponibilita' di  un'analoga  valvola  di  sicurezza  nel
sistema penale  militare  comporta,  invece,  che  anche  rispetto  a
condotte  del  militare  che   non   provochino   alcun   disservizio
significativo, il tribunale militare sia vincolato  ad  applicare  la
pena  della  reclusione  non  inferiore  a  otto  anni»,  trattamento
sanzionatorio che puo' risultare, anche per il militare in  servizio,
«manifestamente sproporzionato rispetto  alla  gravita'  oggettiva  e
soggettiva del  fatto,  e  comunque  incapace  di  adeguarsi  al  suo
concreto  disvalore,  con  pregiudizio  allo  stesso   principio   di
individualizzazione  della  pena  e  alla  sua  necessaria   funzione
rieducativa». 
    7.6.- Riferite tali considerazioni alle  questioni  odierne,  non
puo'  che  riscontrarsi  un  vulnus  ai  principi  costituzionali  di
ragionevolezza e finalita' rieducativa della pena. 
    Invero, la mancata previsione di una «valvola di  sicurezza»  che
consenta al giudice di moderare la pena, onde adeguarla alla gravita'
concreta del fatto estorsivo, puo' determinare l'irrogazione  di  una
sanzione non proporzionata ogni  qual  volta  il  fatto  medesimo  si
presenti totalmente immune dai profili di allarme sociale  che  hanno
indotto il legislatore a stabilire per  questo  titolo  di  reato  un
minimo edittale di notevole asprezza. 
    7.7.- Tenuto conto che il reato di estorsione ha  sperimentato  -
come  gia'  detto  -   un   rigido   aggravamento   del   trattamento
sanzionatorio in funzione del contrasto ad un mezzo operativo  tipico
della criminalita' organizzata, puo' per  esso  ripetersi  quanto  la
piu' volte citata sentenza n. 68 del 2012 ha  osservato  a  proposito
del sequestro estorsivo, esso pure interessato, per analoghe ragioni,
da un inasprimento della pena, sebbene su  un  differente  ordine  di
grandezza. 
    Deve cioe' constatarsi che, al  pari  dell'art.  630  cod.  pen.,
anche l'art. 629 del medesimo  codice  e'  capace  di  includere  nel
proprio ambito applicativo «episodi marcatamente dissimili, sul piano
criminologico e del tasso di disvalore, rispetto a  quelli  avuti  di
mira dal legislatore dell'emergenza», in particolare «per la  piu'  o
meno marcata "occasionalita'" dell'iniziativa delittuosa», oltre  che
per la ridotta entita' dell'offesa alla  vittima  e  la  non  elevata
utilita' pretesa. 
    7.8.- L'affinita' tra l'estorsione e il sequestro  di  persona  a
scopo di estorsione, che dunque non emerge  soltanto  dalla  parziale
coincidenza dell'oggettivita' giuridica, ma  anche  dal  parallelismo
evolutivo  dei  rispettivi  trattamenti   sanzionatori,   impone   di
estendere all'un titolo di reato la medesima «valvola  di  sicurezza»
introdotta per l'altro dalla sentenza n. 68 del 2012. 
    Sebbene il Tribunale di Firenze,  con  la  locuzione  «quando  il
fatto risulti di lieve  entita'»,  sembri  esporre  un  petitum  meno
definito rispetto a quello del Tribunale  di  Roma,  e'  tuttavia  da
ritenere, dato il comune richiamo alla sentenza n. 68 del  2012,  che
entrambi i rimettenti intendano riferirsi  all'attenuante  introdotta
da tale sentenza, la quale  ha  riscontro  nell'art.  311  cod.  pen.
(«quando  per  la  natura,  la  specie,  i  mezzi,  le  modalita'   o
circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno
o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'»). 
    7.9.- Gli indici dell'attenuante di lieve entita'  del  sequestro
estorsivo  -  individuati  dalla   giurisprudenza   di   legittimita'
nell'estemporaneita' della condotta, scarsita' dell'offesa  personale
alla vittima, esiguita' delle somme  estorte  e  assenza  di  profili
organizzativi (Corte di cassazione, sezione quinta  penale,  sentenza
22 febbraio-20 aprile 2017, n. 18981) -  risultano  coerenti  con  la
fisionomia oggettiva del delitto di estorsione. 
    Essi garantiscono che la riduzione della pena  -  in  misura  non
eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell'art. 65, primo
comma, numero 3), cod. pen. - sia riservata alle ipotesi di lesivita'
davvero minima, per una condotta che pur sempre incide sulla liberta'
di autodeterminazione della persona. 
    8.-   Tutto   cio'   considerato,    deve    essere    dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  629  cod.  pen.  -   per
violazione degli artt. 3 e  27,  terzo  comma,  Cost.,  assorbita  la
censura di cui al primo comma dello stesso art. 27 - nella  parte  in
cui non prevede che la pena da esso comminata e' diminuita in  misura
non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i  mezzi,  le
modalita'  o  circostanze  dell'azione,  ovvero  per  la  particolare
tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. 
    8.1.-  Vanno  invece  dichiarate  non  fondate  le  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 629 cod. pen. -  sollevate  dal
Tribunale di Firenze con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo  comma,
Cost. - nella parte in cui non prevede che la pena da esso  comminata
e' diminuita in misura non eccedente i  due  terzi  quando  il  fatto
risulti di lieve entita'.