ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 27, comma
2, e 28, comma 4, del decreto legislativo 30  ottobre  1992,  n.  443
(Ordinamento del personale del  Corpo  di  polizia  penitenziaria,  a
norma dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990,  n.  395),
promosso dal Consiglio di Stato, sezione  seconda,  nel  procedimento
vertente tra Ministero della giustizia e A. C., con ordinanza del  18
gennaio 2023, iscritta  al  n.  12  del  registro  ordinanze  2023  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima
serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visto l'atto di costituzione di A. C.; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  24  ottobre  2023  il  Giudice
relatore Marco D'Alberti; 
    uditi gli avvocati Sara Di Cunzolo e Pier Paolo Polese per A. C.; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 ottobre 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 18 gennaio 2023,  iscritta  al  n.  12  del
registro ordinanze 2023, il Consiglio di Stato, sezione  seconda,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale  degli  artt.  27,
comma 2, e 28, comma 4, del decreto legislativo 30 ottobre  1992,  n.
443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria,  a
norma dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990,  n.  395),
nella parte in cui tali disposizioni non prevedono che le  vincitrici
del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria  -
ammesse  a  partecipare  al  primo  corso  di  formazione  successivo
all'assenza dal lavoro per maternita' - siano immesse  in  ruolo  con
medesima decorrenza giuridica attribuita  agli  altri  vincitori  del
medesimo concorso. 
    Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 3, 31, 37 e
117, primo  comma,  della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione
all'art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
agli artt. 2, paragrafo 2, lettera c), e 14, paragrafo 1, lettera a),
della direttiva n. 2006/54/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio
del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle  pari
opportunita' e della parita' di trattamento fra  uomini  e  donne  in
materia di occupazione e impiego  (rifusione),  nonche'  all'art.  11
della  Convenzione   sull'eliminazione   di   tutte   le   forme   di
discriminazione contro le donne (Convention on the Elimination of all
forms  of   Discrimination   Against   Women   -   CEDAW),   adottata
dall'Assemblea generale delle Nazioni  Unite  il  18  dicembre  1979,
ratificata e resa esecutiva in Italia con legge  14  marzo  1985,  n.
132. 
    1.1.- La prima delle disposizioni censurate, l'art. 27, comma  2,
disciplina i casi di dimissione dal corso di formazione per la nomina
a vice ispettore di Polizia penitenziaria. Nel testo vigente  ratione
temporis, questa disposizione prevedeva che «[g]li allievi  ispettori
di sesso femminile, la cui assenza  oltre  novanta  giorni  e'  stata
determinata da maternita', sono ammessi a partecipare al primo  corso
successivo  ai  periodi  di  assenza  dal   lavoro   previsti   dalle
disposizioni sulla tutela delle lavoratrici madri». 
    La seconda disposizione censurata e' dedicata al procedimento  di
nomina a vice ispettore a seguito di concorso interno  e,  nel  testo
vigente ratione temporis, stabiliva che «[i]l corso semestrale di cui
al comma 2 puo' essere ripetuto  una  sola  volta.  Gli  allievi  che
abbiano superato gli esami finali del  corso  conseguono  l'idoneita'
per la nomina a vice ispettore. Gli allievi che non abbiano  superato
i predetti esami  sono  restituiti  al  servizio  d'istituto  e  sono
ammessi alla frequenza del corso successivo». 
    1.2.- Il giudice a quo dubita della  legittimita'  costituzionale
delle disposizioni richiamate innanzitutto in riferimento all'art.  3
Cost.,  per  la  discriminazione  delle  donne   in   ragione   della
maternita', che deriverebbe dal differimento dell'immissione in ruolo
rispetto agli altri vincitori dello stesso concorso, nonche'  per  la
disparita' di trattamento rispetto ai vincitori ammessi a ripetere il
corso per infermita', rispetto ai quali l'art.  18,  comma  5,  dello
stesso d.lgs. n. 443 del 1992 prevede la retrodatazione della  nomina
ai soli effetti giuridici. 
    Il Consiglio di Stato  denuncia,  inoltre,  la  violazione  degli
artt. 31 e 37 Cost. che  tutelano  la  maternita',  l'infanzia  e  il
lavoro femminile. Ad avviso del giudice rimettente,  il  differimento
dell'immissione in ruolo rispetto agli altri vincitori  dello  stesso
concorso determinerebbe un «effetto distorsivo e penalizzante per  la
carriera delle  allieve  vice  ispettrici»,  tale  da  costituire  un
disincentivo alla partecipazione delle  donne  al  concorso,  nonche'
alla maternita'. 
    Sarebbe altresi' violato  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 23 CDFUE; agli artt. 2, paragrafo 2, lettera c), e
14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n.  2006/54/CE,  nonche'
all'art. 11 CEDAW. 
    2.- Nel giudizio a quo, il  Consiglio  di  Stato  e'  chiamato  a
decidere sull'appello proposto da un'ispettrice del Corpo di  Polizia
penitenziaria per la riforma della  sentenza  con  cui  il  Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso volto  a
ottenere   l'annullamento   dell'atto   con   cui   il   Dipartimento
dell'amministrazione  penitenziaria  ha   stabilito   la   decorrenza
dell'immissione in ruolo della  ricorrente  come  vice  ispettore  in
prova dal 18 dicembre 2014, al pari degli altri partecipanti al corso
di formazione successivo a quello cui la ricorrente non aveva  potuto
partecipare. 
    Il giudice a quo riferisce che il 9 luglio 2001 l'appellante  era
stata dichiarata vincitrice del concorso pubblico  per  allievi  vice
ispettori e che - in considerazione dell'astensione obbligatoria  dal
lavoro per le condizioni della gravidanza,  ai  sensi  dell'art.  17,
comma 2, lettera a), del decreto legislativo 26 marzo  2001,  n.  151
(Testo unico delle disposizioni legislative in materia  di  tutela  e
sostegno della maternita' e della paternita', a  norma  dell'art.  15
della legge 8 marzo 2000, n. 53) - era stata ammessa a partecipare al
primo  corso  di  formazione  successivo  all'assenza   dal   lavoro.
Tuttavia, questo corso veniva attivato solo dodici anni  piu'  tardi,
l'11 novembre 2013, per i vincitori del concorso successivo. 
    Dopo  avere  superato  gli  esami  finali  di  questo  corso   di
formazione,  con  il  provvedimento  impugnato  l'appellante   veniva
finalmente immessa nel ruolo dei vice ispettori del Corpo di  Polizia
penitenziaria, a decorrere dalla data  del  giuramento,  al  pari  di
coloro che avevano frequentato lo stesso corso. 
    2.1.- Quanto  alla  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale, il  giudice  a  quo  osserva,  in  primo  luogo,  che
l'amministrazione avrebbe  correttamente  applicato  le  disposizioni
censurate ai fini  dell'ammissione  dell'appellante  al  primo  corso
successivo al periodo di  assenza  obbligatoria  dal  lavoro.  Questa
disciplina, tuttavia, non prevede  la  retrodatazione  della  nomina:
pertanto, nel caso in esame, la decorrenza degli effetti giuridici e'
stata  stabilita  dalla  data  del  giuramento,  anziche'  da  quella
precedente, stabilita per gli altri vincitori dello  stesso  concorso
cui aveva partecipato l'appellante. 
    D'altra parte, la possibilita' di una lettura  costituzionalmente
orientata sarebbe esclusa  sia  dal  chiaro  tenore  letterale  delle
disposizioni  censurate,  sia  dal  raffronto   con   la   differente
disciplina prevista dall'art. 18, comma 4 (recte:  comma  5),  per  i
concorrenti dimessi dal corso per  infermita'  contratta  durante  il
corso o dipendente da causa di servizio, ai quali e' riconosciuta  la
retrodatazione, ai soli effetti  giuridici,  della  decorrenza  nella
qualifica. Tuttavia, questa previsione non sarebbe  applicabile  alle
vincitrici assenti per maternita', sebbene entrambe le  categorie  di
personale considerate abbiano diritto a partecipare  al  primo  corso
successivo. 
    Il Consiglio di  Stato  ritiene,  inoltre,  che  le  disposizioni
censurate  siano  incompatibili  anche  con  il  diritto  dell'Unione
europea e che cio' renda opportuno un  intervento  con  effetti  erga
omnes di questa Corte (a questo riguardo, sono richiamate le sentenze
n. 112, n. 63 e n. 20 del 2019 e l'ordinanza n. 117 del 2019). 
    2.2.- Quanto alla non  manifesta  infondatezza  delle  questioni,
l'ordinanza di rimessione riporta  ampi  passaggi  della  motivazione
della sentenza del Consiglio di Stato, sezione seconda,  24  dicembre
2021, n. 8578,  che  ha  ritenuto  illegittima  l'esclusione  di  una
candidata in stato di gravidanza dal concorso per allievi finanzieri,
ritenendola in contrasto sia con il quadro normativo di  riferimento,
sia con i principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza, volti ad
evitare ogni forma di discriminazione fondata sul sesso e a garantire
la parita' di trattamento tra uomo  e  donna  anche  con  riferimento
all'accesso al lavoro. 
    2.3.- Il giudice a quo fa inoltre rilevare che, nella sentenza 16
febbraio 2006, in causa C-294/04,  Sarkatzis  Herrero,  la  Corte  di
giustizia  dell'Unione  europea  ha  ritenuto  che  il   differimento
dell'entrata in servizio come  dipendente  di  ruolo  conseguente  al
congedo di maternita' costituisce un trattamento sfavorevole vietato,
poiche' in contrasto con la direttiva CEE n. 76/207 del Consiglio del
9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della  parita'
di trattamento  fra  gli  uomini  e  le  donne  per  quanto  riguarda
l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione  professionali
e le condizioni di lavoro. 
    Il giudice rimettente richiama, altresi', la sentenza della  CGUE
6 marzo 2014, in causa C-595/12, Napoli, che ha ritenuto non conforme
al principio di proporzionalita' l'esclusione automatica dal corso di
formazione per  vice  commissario  di  Polizia  penitenziaria,  senza
tenere conto ne' della fase del corso in cui  si  verifica  l'assenza
per congedo di  maternita',  ne'  della  formazione  gia'  acquisita.
Infatti, nel caso sottoposto  all'esame  della  CGUE,  la  disciplina
statale italiana si limitava a  riconoscere  alla  donna  che  avesse
fruito del congedo per maternita' il  diritto  di  partecipare  a  un
corso di formazione organizzato in data successiva  ma  incerta,  non
essendo le autorita' competenti obbligate a organizzare  detto  corso
secondo cadenze prestabilite. 
    2.4.- Con riferimento al caso in esame, il giudice a quo  osserva
che le disposizioni censurate, pur consentendo la  partecipazione  al
primo corso di  formazione  successivo  ai  periodi  di  assenza  per
maternita',   tuttavia   non   temperano   l'effetto   distorsivo   e
penalizzante per la carriera delle allieve vice ispettrici, derivante
dal differimento dell'immissione in ruolo rispetto ai  vincitori  del
loro  stesso  concorso.  Ad  avviso  del  Consiglio  di  Stato,  tale
disciplina  -  oltre  a  costituire  un  disincentivo  rispetto  alla
partecipazione delle donne al concorso, nonche' alla maternita' - non
garantirebbe l'uguaglianza e la parita' di  trattamento  tra  uomo  e
donna con riferimento  all'accesso  al  lavoro  e  comporterebbe  una
discriminazione delle donne a causa della maternita'. 
    D'altra parte, non potrebbe essere invocata, in senso opposto, la
discrezionalita'  del  legislatore  nel  contemperamento  dei  valori
costituzionali,  poiche'  la   limitata   tutela   assicurata   dalla
disciplina  in  esame  non  sarebbe  rispettosa  del   principio   di
proporzionalita', come interpretato dalla giurisprudenza della CGUE. 
    Il giudice a quo sottolinea, infine, che la retrodatazione  degli
effetti  giuridici  della  nomina  in  ruolo  alla  stessa  data   di
decorrenza attribuita agli idonei del corso di formazione  originario
e' gia' prevista per i vincitori assenti dal  corso  per  infermita',
indipendentemente dall'epoca in cui gli stessi, in concreto,  abbiano
potuto ripetere il corso (art. 18, comma 5, del  d.lgs.  n.  443  del
1992). 
    3.- Si e' costituita in giudizio la parte appellante nel giudizio
a  quo,  chiedendo  l'accoglimento  delle  questioni  sollevate   dal
Consiglio di Stato. 
    La  parte  fa  rilevare  che  le  disposizioni  censurate  -  pur
consentendo  alla  donna  di  partecipare  al  corso  di   formazione
successivo -  determinano  tuttavia  il  differimento  degli  effetti
giuridici della nomina rispetto ai colleghi di sesso  maschile.  Cio'
si risolverebbe in un trattamento discriminatorio nei confronti delle
donne, in ragione dello stato di maternita', ponendosi  in  contrasto
sia con  i  principi  costituzionali,  sia  con  quelli  del  diritto
europeo. Le  disposizioni  produrrebbero  effetti  disincentivanti  e
discriminatori per le donne rispetto all'accesso ai  medesimi  ruoli,
in quanto solo loro risulterebbero penalizzate nella progressione  in
carriera. 
    La  discriminazione  denunciata  sarebbe  ravvisabile  non   solo
rispetto  agli  altri  vincitori  del  medesimo  concorso,  ma  anche
rispetto a coloro che, nell'ambito della stessa procedura  selettiva,
non abbiano  partecipato  al  corso  di  formazione  per  infermita'.
Rispetto ad essi, infatti, l'art. 18, comma 5, dello stesso d.lgs. n.
443 del  1992  prevede  -  sia  pure  ai  soli  effetti  giuridici  -
l'immissione nei ruoli con la medesima decorrenza ai  fini  giuridici
attribuita agli altri idonei del corso. 
    Le disposizioni censurate violerebbero, altresi',  gli  artt.  4,
31, secondo comma, 37 e 117,  primo  comma,  Cost.  Al  riguardo,  e'
richiamata la sentenza di questa Corte n. 158 del 2018. 
    4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri non  e'  intervenuto
in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Consiglio di  Stato,
sezione   seconda,   ha   sollevato   questioni    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del d.lgs.  n.
443 del 1992, nella parte in cui tali disposizioni non prevedono  che
le vincitrici del concorso per vice ispettori del  Corpo  di  Polizia
penitenziaria - ammesse a partecipare al primo  corso  di  formazione
successivo all'assenza dal lavoro per maternita' - siano  immesse  in
ruolo con la medesima  decorrenza  giuridica  attribuita  agli  altri
vincitori del medesimo concorso. 
    Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 3, 31, 37 e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 23 CDFUE,
agli artt. 2, paragrafo 2, lettera c), e 14, paragrafo 1, lettera a),
della direttiva 2006/54/CE, nonche' all'art. 11 CEDAW. 
    2.- Occorre premettere che  nell'ordinamento  del  personale  del
Corpo di Polizia penitenziaria, stabilito dal d.lgs. n. 443 del 1992,
i vincitori del concorso per vice  ispettori  sono  nominati  allievi
vice ispettori e devono frequentare un apposito corso  di  formazione
(art. 25, comma 1), al termine del  quale  gli  allievi  che  abbiano
superato gli esami e le prove pratiche e abbiano  cosi'  ottenuto  il
giudizio di idoneita' al  servizio  sono  immessi  in  ruolo  con  la
qualifica di vice ispettore (art. 25, comma 4). 
    L'immissione in ruolo dei vincitori del concorso interno  avviene
secondo analoghe modalita'. L'art. 28, al comma 4, stabilisce infatti
che i vincitori del concorso interno che abbiano superato  gli  esami
finali del corso semestrale conseguono l'idoneita' per  la  nomina  a
vice ispettore, secondo l'ordine della graduatoria finale. 
    L'art. 27, comma 2, regola gli effetti dei periodi di assenza dal
lavoro previsti dalle disposizioni  sulla  tutela  delle  lavoratrici
madri e consente  alle  allieve  ispettrici,  assenti  dal  corso  di
formazione per maternita', di partecipare al primo  corso  successivo
ai periodi di assenza dal lavoro. 
    Il richiamo alla «assenza determinata  da  maternita'»  contenuto
nella disposizione censurata deve intendersi riferito  agli  istituti
disciplinati dal d.lgs. n. 151 del 2001.  Esso  pone  il  divieto  di
adibire al lavoro le donne durante i  due  mesi  precedenti  la  data
presunta del parto - ovvero, ove il parto avvenga  oltre  tale  data,
anche per il periodo intercorrente tra la data  presunta  e  la  data
effettiva del parto - nonche' durante i tre mesi dopo il parto  (art.
16, comma 1, lettere a, b e c). E'  inoltre  prevista  l'interdizione
anticipata dal lavoro, di cui all'art.  17,  comma  2,  dello  stesso
d.lgs. n. 151 del 2001, che prevede per le lavoratrici  in  stato  di
gravidanza un ulteriore periodo di astensione dal lavoro, che  si  va
ad aggiungere a quello di congedo  obbligatorio  per  maternita',  in
caso di gravi o particolari motivi, valutati dal  servizio  ispettivo
del Ministero del  lavoro,  avvalendosi  dei  competenti  organi  del
Servizio sanitario nazionale. 
    Al fine di contemperare il diritto della donna in  maternita'  di
conservare la posizione di vincitrice del concorso  con  le  esigenze
della par condicio, della completezza della formazione degli allievi,
nonche'  dell'ordinato  e  sollecito  svolgimento   della   procedura
selettiva, la disposizione censurata riconosce  dunque  alle  allieve
ispettrici assenti per maternita' la possibilita' di  partecipare  al
corso di formazione immediatamente successivo ai periodi di  assenza.
Essa e' volta ad evitare che si rifletta in  danno  delle  vincitrici
del concorso un evento, quale la  maternita',  attinente  alla  sfera
personale,  che  impedisce  la  frequenza  del  corso  di  formazione
propedeutico all'immissione in ruolo e all'avanzamento in carriera. 
    2.1.- In effetti, pur consentendo la partecipazione al  corso  di
formazione successivo al periodo  di  assenza,  la  disciplina  posta
dalle  disposizioni  censurate  non  consente  alle  vincitrici   del
concorso per vice ispettore, nel caso di loro congedo per maternita',
la possibilita' di essere immesse in ruolo nella  stessa  data  degli
altri vincitori del medesimo concorso. 
    Al riguardo, va evidenziato che la giurisprudenza amministrativa,
con  orientamento  costante,  ha  stabilito  che   l'istituto   della
retrodatazione della nomina ha carattere eccezionale e  pertanto  non
e' suscettibile di interpretazioni  estensive  (Consiglio  di  Stato,
sezione seconda, sentenze 29 agosto 2022, n. 7498, e 22 luglio  2022,
n. 6463; sezione quarta,  27  novembre  2020,  n.  7504;  TAR  Lazio,
sezione prima-quater, 29 maggio 2023, n. 9056, e 7  maggio  2019,  n.
5723). Dunque, esso richiede, ai fini della sua  applicabilita',  una
norma espressa, che non si rinviene nel caso in esame. 
    2.2.- Va inoltre sottolineato che,  in  tempi  piu'  recenti,  il
legislatore  ha  avvertito  l'esigenza  di  introdurre  nello  stesso
ordinamento della Polizia penitenziaria  un  meccanismo  come  quello
invocato dal giudice a quo. Per le candidate in maternita'  e'  stata
infatti prevista  -  oltre  all'ammissione  al  corso  di  formazione
successivo  -  anche  la  retrodatazione  degli   effetti   giuridici
dell'immissione in ruolo. 
    In particolare, l'art. 39,  comma  1,  lettera  b),  del  decreto
legislativo 27 dicembre 2019,  n.  172  (Disposizioni  integrative  e
correttive, a norma dell'articolo 1, commi 2  e  3,  della  legge  1°
dicembre 2018, n. 132, al decreto legislativo 29 maggio 2017, n.  95,
recante: «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle  Forze
di polizia, ai sensi dell'articolo 8,  comma  1,  lettera  a),  della
legge 7 agosto 2015, n. 124, in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche»), ha introdotto il comma 14-bis  dell'art.
44 del d.lgs. n.  95  del  2017.  Questa  disposizione  riconosce  il
meccanismo della retrodatazione ai fini giuridici dell'immissione  in
ruolo a beneficio delle vincitrici dei concorsi per tutti i  ruoli  e
per tutte le qualifiche della Polizia penitenziaria. 
    Tale misura si aggiunge a quelle previste dalla prima parte dello
stesso comma 14-bis, rappresentate, da un lato, dalla possibilita' di
rinviare i prescritti accertamenti di idoneita' ed efficienza  fisica
alla prima sessione successiva alla  cessazione  dell'impedimento  e,
dall'altro lato, dall'ammissione al primo corso di formazione  utile,
in  aggiunta  ai  relativi   partecipanti.   Ancorche'   l'intervento
normativo in esame non  sia  applicabile  ratione  temporis  al  caso
oggetto del giudizio a quo, la novita' che esso introduce rappresenta
una   significativa   evoluzione   dell'ordinamento   della   Polizia
penitenziaria   nella   direzione   dell'attuazione    del    diritto
antidiscriminatorio in ambito lavorativo. 
    2.3.- Cosi' ricostruita, la disposizione  censurata  si  pone  in
contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 31 e  37
Cost. 
    Come  si  e'  visto,  per  le  vincitrici  del  concorso  a  vice
ispettore, assenti al corso di formazione a causa  della  maternita',
l'immissione in ruolo viene posticipata  sino  alla  conclusione  del
successivo corso. Cio' determina il  ritardo  nella  progressione  in
carriera e la definitiva perdita di chances. Si tratta, peraltro,  di
un ritardo  che  potrebbe  anche  protrarsi  per  molto  tempo,  come
avvenuto nel caso oggetto del giudizio a quo, in  cui  il  successivo
corso di formazione e' stato attivato a distanza di  dodici  anni  da
quello originario. 
    L'art. 3 Cost. e' violato  poiche'  la  piena  realizzazione  del
diritto fondamentale alla parita' di trattamento tra uomini  e  donne
non risulta  adeguatamente  garantita  dal  solo  riconoscimento  del
diritto a partecipare a un corso di  formazione  organizzato  in  una
data successiva e incerta, non essendo l'amministrazione vincolata ad
attivare  tale  corso  secondo  scadenze  prestabilite.  Il   ritardo
nell'immissione in ruolo  si  riflette  nella  discriminazione  delle
vincitrici assenti  dal  corso  in  considerazione  della  maternita'
rispetto  agli  altri  vincitori  del  medesimo  concorso.  Ne'  puo'
considerarsi rispettato dalle disposizioni censurate il principio  di
ragionevolezza, non essendo giustificabile il  pregiudizio  derivante
dalla negazione del diritto  di  essere  tempestivamente  immesse  in
ruolo, al pari degli altri vincitori del medesimo concorso. 
    Al contempo, questa disciplina viola i principi di cui agli artt.
31 e 37 Cost., che tutelano la maternita' e,  con  essa,  l'interesse
primario dei minori. La giurisprudenza di questa Corte  ha  da  tempo
riconosciuto che «gli istituti nati a salvaguardia  della  maternita'
non hanno piu', come in passato, il fine  precipuo  ed  esclusivo  di
protezione della donna, ma sono destinati  anche  alla  garanzia  del
preminente interesse del minore, che va  tutelato  non  soltanto  per
quanto attiene ai bisogni piu' propriamente fisiologici ma  anche  in
riferimento alle esigenze  di  carattere  relazionale  ed  affettivo,
collegate allo sviluppo della sua personalita'» (sentenza n. 257  del
2012; nello stesso senso, sentenze n. 385  del  2005  e  n.  179  del
1993). 
    A  questo  riguardo,  va  sottolineato   che   alla   progressiva
affermazione dei principi di non  discriminazione  e  di  parita'  di
trattamento tra uomo e donna,  anche  in  ambito  lavorativo,  si  e'
accompagnato il divieto di  «qualsiasi  trattamento  meno  favorevole
riservato ad una donna per ragioni collegate  alla  gravidanza  o  al
congedo per maternita'»  (art.  2,  paragrafo  2,  lettera  c,  della
direttiva  n.  2006/54/CE)  e  qualsiasi  discriminazione  diretta  o
indiretta fondata sul sesso per quanto attiene, non solo  all'accesso
al lavoro, ma anche alla formazione professionale (art. 14, lettere a
e b, della direttiva citata). I principi posti  da  questa  direttiva
sono stati recepiti nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 25
gennaio 2010, n. 5 (Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al
principio delle pari opportunita' e della parita' di trattamento  fra
uomini  e  donne  in  materia  di  occupazione  e  impiego),  che  ha
ricompreso nell'ambito applicativo  del  divieto  di  discriminazioni
dirette e indirette, di cui all'art. 25 del  decreto  legislativo  11
aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunita' tra uomo e donna,
a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246),  «ogni
trattamento meno favorevole in ragione  dello  stato  di  gravidanza,
nonche' di maternita' o paternita', anche adottive, ovvero in ragione
della titolarita' e dell'esercizio dei relativi diritti». 
    Proprio con riguardo agli effetti del congedo per maternita',  la
CGUE ha ritenuto non  conforme  al  diritto  dell'Unione  europea  la
disciplina italiana concernente i corsi di formazione per la nomina a
vice commissario della Polizia penitenziaria, nella parte in cui tale
normativa si limitava a riconoscere alla donna che avesse fruito  del
congedo per maternita' il  diritto  di  partecipare  a  un  corso  di
formazione organizzato in data successiva ma incerta, non essendo  le
autorita' competenti obbligate  a  organizzare  detto  corso  secondo
scadenze prestabilite (CGUE, prima sezione, sentenza 6 marzo 2014, in
causa C-595/12, Napoli). 
    E' inoltre significativo che nei sistemi giuridici di altri Stati
membri dell'Unione europea - tra i quali Spagna, Francia e Germania -
l'esigenza di preservare la parita' di trattamento nell'accesso  alla
carriera e' soddisfatta attraverso meccanismi che tengono conto,  sia
pure con sfumature differenti,  anche  dei  periodi  di  assenza  per
maternita' ai fini dell'accesso e  della  progressione  in  carriera,
allo scopo di evitare ricadute negative sulla posizione  giuridica  e
lavorativa delle donne. 
    2.4.- In riferimento agli effetti  del  congedo  obbligatorio  di
maternita' sul  diritto  all'immediata  assunzione  in  servizio,  la
giurisprudenza di questa Corte ha gia' ravvisato  la  violazione  dei
principi posti  dagli  artt.  3,  31  e  37  Cost.  nella  disciplina
regionale che determinava una «discriminazione in ragione dello stato
di gravidanza e di maternita', che  si  sostanzia  nella  perdita  di
chance, collegata a  un  effettivo  ingresso  in  ambito  lavorativo»
(sentenza n. 200 del 2020). 
    Il meccanismo della retrodatazione della decorrenza degli effetti
giuridici dell'immissione in ruolo e' volto proprio  a  eliminare  la
penalizzazione delle  donne  assenti  dal  corso  di  formazione  per
maternita', attraverso il riallineamento,  ai  soli  fini  giuridici,
della loro data di nomina a quella degli altri vincitori del medesimo
concorso. 
    Deve pertanto ritenersi che - nel differire l'immissione in ruolo
delle  vincitrici  del  concorso  assenti   per   maternita'   -   le
disposizioni censurate determinano  un'ingiustificata  disparita'  di
trattamento delle donne in ragione della maternita', in contrasto con
i principi di cui agli artt. 3, 31 e 37 Cost., poiche'  compromettono
il tempestivo accesso delle donne all'impiego e comportano il rischio
di disincentivare la partecipazione al concorso e persino  la  scelta
della maternita'. 
    3.- Le questioni di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dal
Consiglio di Stato devono pertanto  essere  accolte.  Gli  artt.  27,
comma 2, e 28, comma 4, del d.lgs. n.  443  del  1992  devono  essere
dichiarati costituzionalmente illegittimi per violazione degli  artt.
3, 31 e 37 Cost., nella parte in cui non prevedono che le  vincitrici
del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria  -
che  abbiano  ottenuto  l'idoneita'  al  servizio  a  seguito   della
partecipazione al primo corso di  formazione  successivo  all'assenza
dal lavoro per maternita' - siano immesse in ruolo  con  la  medesima
decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli  altri  vincitori  del
medesimo concorso. 
    3.1.-  Restano  assorbite  le  questioni  relative   agli   altri
parametri evocati dal rimettente.