ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  696-bis,
primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile,  promosso
dal  Tribunale  ordinario  di  Bari,  sezione  seconda   civile,   in
composizione monocratica, nel procedimento vertente tra C. F. e F. T.
ed altri, con ordinanza del 16 marzo 2021,  iscritta  al  n.  15  del
registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 2023  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 novembre 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 16  marzo  2021,  iscritta  al  n.  15  del
registro ordinanze 2023, il  Tribunale  ordinario  di  Bari,  sezione
seconda  civile,  in  composizione  monocratica,  ha  sollevato,   in
riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art.  696-bis,  primo  comma,  primo
periodo, del codice di procedura civile,  «nella  parte  in  cui  non
prevede che l'espletamento della consulenza tecnica in via preventiva
possa  essere   richiesto   ai   fini   dell'accertamento   e   della
determinazione  dei  crediti  derivanti  dalla  mancata  o   inesatta
esecuzione,  oltre  che  di  obbligazioni  contrattuali  o  da  fatto
illecito, di obbligazioni derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo
a produrle in conformita' dell'ordinamento giuridico». 
    1.1.- Il giudice rimettente espone di essere chiamato a  decidere
il ricorso proposto, ex art. 696-bis, da C. F., la quale, premesso di
avere acquistato un immobile nell'ambito di una  procedura  esecutiva
promossa in danno di F. T.,  P.  T.,  M.L.  T.  e  A.  T.,  di  avere
sostenuto spese per ristrutturarlo e di avere poi scoperto  che,  per
un errore nella immissione nel possesso del bene, le  opere  edilizie
avevano  interessato  non  l'unita'  immobiliare  aggiudicatale,   ma
un'altra, ad essa adiacente, in comproprieta' degli stessi esecutati,
ha chiesto disporsi una consulenza tecnica preventiva ai  fini  della
quantificazione dell'indennizzo dovuto da questi ultimi a  titolo  di
ingiustificato arricchimento. 
    Il giudice a quo riferisce che i resistenti, nel  costituirsi  in
giudizio, hanno eccepito l'inammissibilita' del ricorso, sul  rilievo
che il credito indennitario dedotto a fondamento  della  domanda  non
rientra nell'ambito applicativo della consulenza  tecnica  preventiva
finalizzata alla composizione della lite. 
    Osserva,  quindi,  il  rimettente  che  tale  eccezione   sarebbe
destinata all'accoglimento, posto  che,  effettivamente,  il  diritto
all'indennizzo per arricchimento senza causa non e' riconducibile ne'
all'inadempimento di una obbligazione contrattuale, ne' ad  un  fatto
illecito, ma  e'  correlato  ad  una  obbligazione  «d'altro  genere,
derivata da un fatto determinato, selezionato dalla legge come idoneo
a produrla, secondo  la  previsione  classificatoria  generale  delle
fonti delle obbligazioni di cui all'art. 1173 c.c.». 
    1.2.- Cio' posto, il giudice a quo ritiene, tuttavia, che  l'art.
696-bis, primo comma, primo periodo, cod. proc. civ. «nella parte  in
cui non prevede che l'espletamento della consulenza  tecnica  in  via
preventiva possa essere richiesto ai fini dell'accertamento  e  della
determinazione  dei  crediti  derivanti  dalla  mancata  o   inesatta
esecuzione (anche) di obbligazioni derivanti da  ogni  altro  atto  o
fatto idoneo a produrle in conformita'  dell'ordinamento  giuridico»,
contrasti con gli artt. 3 e 24 Cost. 
    1.2.1.- Sarebbe, anzitutto, da escludere la possibilita'  di  una
interpretazione costituzionalmente  orientata,  ostandovi  il  tenore
letterale della disposizione in scrutinio, la quale, nell'individuare
le ipotesi nelle quali e' ammesso il ricorso alla consulenza  tecnica
preventiva a fini conciliativi, fra  i  tre  generi  di  obbligazioni
indicati dall'art.  1173  del  codice  civile,  seleziona  quelle  da
contratto e da fatto illecito,  cosi'  escludendo  inequivocabilmente
quelle derivanti da «ogni altro atto o fatto  idoneo  a  produrle  in
conformita' dell'ordinamento giuridico». 
    Ne' indicazioni utili ad una diversa  interpretazione  potrebbero
trarsi dalla giurisprudenza di legittimita' o dagli orientamenti  dei
giudici di merito, non  registrandosi  ancora  pronunce  che  abbiano
indagato la ratio di una siffatta esclusione o che  abbiano  valutato
la possibilita' di estendere l'ambito  dell'art.  696-bis  cod.  proc
civ.  alle  «obbligazioni  del  c.d.  terzo   genere   per   via   di
un'operazione ermeneutica lato sensu non testuale sulla  disposizione
codicistica scrutinata». 
    Osserva, ancora, il giudice  a  quo  che  la  formulazione  della
disposizione  censurata  riproduce  puntualmente  «una   fondamentale
classificazione normativa civilistica (art. 1173 cod.  civ.)»,  cosi'
che  la  sua  applicazione  estensiva  si  tradurrebbe  in  una   non
consentita integrazione, ad  opera  del  giudice,  di  una  omissione
legislativa, alla quale puo' ovviarsi soltanto  «percorrendo  la  via
maestra» del sindacato di legittimita' costituzionale. 
    Il ricorso al «criterio principe» di interpretazione della legge,
dettato dall'art. 12 delle Preleggi, impedirebbe, in definitiva,  una
lettura diversa da quella «fatta palese dal significato proprio delle
parole secondo la loro connessione». 
    1.3.- Cio' premesso, il rimettente assume che  la  soluzione  del
dubbio di legittimita' costituzionale  sollevato  sia  rilevante  nel
procedimento   pendente   innanzi   a   se',   dipendendo   da   essa
l'ammissibilita' della domanda proposta. 
    1.4.- In punto di non manifesta infondatezza,  nell'ordinanza  di
rimessione si rileva che la consulenza  tecnica  preventiva  ai  fini
della composizione della lite  viene  configurata  dall'art.  696-bis
c.p.c. principalmente come strumento alternativo per  la  risoluzione
delle  controversie,  la  cui  finalita'   deflattiva   si   realizza
attraverso la possibilita' di una soluzione  conciliativa  prima  che
sia dato corso al giudizio di merito, mediante la  formazione  di  un
processo verbale cui e' conferita dal giudice l'efficacia esecutiva. 
    Il rimettente ricorda,  altresi',  che  l'istituto  in  scrutinio
persegue,  sia  pure  soltanto   eventualmente,   la   finalita'   di
anticipazione dell'attivita' istruttoria del processo di  cognizione,
potendo la relazione del consulente tecnico, elaborata all'esito  del
procedimento ex art. 696-bis cod. proc. civ.,  essere  acquisita  nel
successivo giudizio di merito, a richiesta della parte interessata. 
    La consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi, aggiunge il
giudice a quo, si inscrive nella piu' generale tendenza  legislativa,
registratasi nell'ultimo ventennio, «a proporre con differenti schemi
procedurali,  interni  o  esterni  al  processo,   varie   forme   di
composizione  stragiudiziale  delle  liti,  generali  o   settoriali,
obbligatorie o facoltative,  che,  anche  in  funzione  del  doveroso
allineamento con il diritto dell'Unione Europea, risultano  tutte  in
qualche misura complementari rispetto al diritto di adire il  giudice
per ottenere la definizione giudiziale della controversia,  ancorche'
non  sostitutive  ne'  impeditive  dell'esercizio  di  detto  diritto
fondamentale». 
    Al pari degli altri istituti  di  definizione  alternativa  delle
liti, la consulenza ex art. 696-bis cod. proc. civ. risponderebbe  ad
«interessi generali e di sistema», in quanto,  da  un  lato,  sarebbe
volta a contenere il contenzioso civile, nella prospettiva  del  buon
funzionamento della giustizia, e, dall'altro, mirerebbe ad assicurare
che le pretese creditorie - specie quelle «in origine non  supportate
da  evidenze  probatorie  qualificate  e  connotate  da  margini   di
controvertibilita', soprattutto fattuale» - possano, sotto  la  guida
dell'ausiliario del giudice, pervenire ad  un  soddisfacimento  «piu'
agile e rapido di quello conseguibile attraverso il processo». 
    Tuttavia - osserva il  rimettente  -  alla  stregua  dell'attuale
formulazione, l'art. 696-bis cod. proc. civ.  riserva  la  consulenza
tecnica preventiva alle sole controversie riguardanti  l'accertamento
e la determinazione dei crediti derivanti dalla  mancata  o  inesatta
esecuzione  di  obbligazioni  ex  contractu  ed  ex  delicto,   cosi'
escludendo la terza fonte delle obbligazioni  che  l'art.  1173  cod.
civ. individua, in via residuale, in ogni altro atto o fatto idoneo a
produrle in conformita' dell'ordinamento giuridico. 
    Il giudice a quo sottolinea che di tale ultima  categoria,  nella
quale trovano collocazione le figure negoziali tipizzate dallo stesso
cod. civ. agli artt. 1987 e seguenti, si e' avvalsa la giurisprudenza
per inquadrare «situazioni  atipiche  [...]  generatrici  di  pretese
creditorie non inscrivibili nelle due categorie principali, ma aventi
comunque fondamento nella legge, intesa come l'insieme dei principi e
dei  criteri  desumibili  dall'ordinamento  considerato   nella   sua
interezza, complessita' ed  evoluzione»  (viene  citata  la  sentenza
della Corte di cassazione, sezione seconda civile, 16 dicembre  2015,
n. 25292). 
    Aggiunge il rimettente che, poiche' i crediti esclusi dalla norma
censurata sono, al pari di quelli derivanti da contratto e  da  fatto
illecito, coessenziali alla realizzazione del  sistema  dei  diritti,
«risulta arduo individuare quale sia la ratio  ad  excludendum»  alla
base della scelta del legislatore di non  prevedere  che,  anche  per
l'accertamento e la determinazione di crediti derivanti da altri atti
o fatti idonei, possa farsi ricorso alla consulenza ex  art.  696-bis
cod. proc. civ. 
    La disposizione censurata sarebbe irragionevolmente omissiva,  in
quanto  determinerebbe  «un'incoerenza  interna  dell'istituto»,   in
contrasto con l'art. 3 Cost. 
    La  previsione  in   scrutinio   realizzerebbe,   altresi',   una
disparita' di trattamento tra i titolari di posizioni sostanziali  di
eguale natura (diritti di obbligazione), il cui tratto differenziale,
da individuarsi nella fonte, non solo risulterebbe piu'  marcato  tra
le due categorie di obbligazioni ammesse di quanto  non  lo  sia  tra
ciascuna di esse e la categoria esclusa, ma si atteggerebbe «in  modo
del tutto neutro per la funzionalita' e  l'utilita'  dello  strumento
processuale ex art.  696-bis  c.p.c.».  Ai  fini  della  composizione
stragiudiziale della lite attraverso il consulente  tecnico  nominato
dal giudice, non sarebbero, infatti, ravvisabili differenze  tra  una
pretesa di indennizzo per ingiustificato arricchimento,  come  quella
generata dalla esecuzione di miglioramenti sulla cosa altrui,  e  una
richiesta di garanzia rivolta dal committente all'appaltatore  per  i
vizi dell'opera o il risarcimento  preteso  dal  proprietario  per  i
danni subiti dal proprio immobile a causa della  negligente  custodia
di quello confinante. 
    Il rimettente ricorda che  la  discrezionalita'  del  legislatore
nella conformazione degli istituti  processuali  incontra  il  limite
della manifesta irragionevolezza o arbitrarieta', ed  evidenzia  come
manifestamente irragionevole si riveli la scelta legislativa  di  non
includere tra le posizioni sostanziali legittimanti  la  proposizione
del ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ. quella di  chi  vanti  un
credito non derivante dal contratto o dal fatto illecito, ma  da  una
fattispecie  inscrivibile  nella  terza  categoria  di  fonti   delle
obbligazioni contemplata dell'art. 1173 cod. civ. 
    Da ultimo, l'ingiustificata restrizione  dell'ambito  applicativo
della consulenza tecnica preventiva inciderebbe  negativamente  sulla
pienezza del potere di agire in giudizio  dei  titolari  dei  diritti
esclusi, i quali resterebbero privi  «di  uno  strumento  alternativo
all'ordinaria tutela giurisdizionale nonche'  ad  essa  eventualmente
preordinato», cosi' ponendosi in contrasto con l'art. 24 Cost. 
    2.- Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   concludendo   per    la
inammissibilita' e comunque per la  non  fondatezza  delle  questioni
sollevate. 
    2.1.- L'interveniente ricorda, anzitutto, che il legislatore gode
di ampia discrezionalita' nell'individuare, tra i diritti di  credito
nascenti dalle fonti individuate  dall'art.  1173  cod.  civ.,  quali
siano  meritevoli  di  essere  tutelati   attraverso   strumenti   di
risoluzione concordata delle liti. 
    Non sarebbe, pertanto, irragionevole la  scelta  di  limitare  la
speciale  procedura   conciliativa   in   esame   alle   controversie
riguardanti le due categorie di obbligazioni «fondamentali». 
    2.1.1.- Sarebbe, inoltre,  insussistente  la  dedotta  violazione
dell'art. 24 Cost., la quale postula «una valutazione in  termini  di
irragionevolezza della operata distinzione». 
    L'eguaglianza   della   disciplina    legislativa    -    osserva
l'interveniente - presuppone una parita' di condizioni,  non  essendo
consentito regolare allo stesso  modo  situazioni  di  interesse  che
presentino, come nel caso di specie, «differente rilevanza». 
    Infine,  la  difesa  statale  rileva  che  il  provvedimento  che
accoglie o respinge il ricorso ex art. 696-bis cod.  proc.  civ.  non
contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi e, quindi, non
pregiudica  il  diritto  alla   prova,   ne'   la   possibilita'   di
conciliazione (e'  citata  l'ordinanza  della  Corte  di  cassazione,
sezione sesta civile, 21 maggio 2018, n. 12386). 
    2.2.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  inoltre,
depositato una memoria illustrativa, con la quale  ha  confermato  le
conclusioni assunte e ribadito le argomentazioni svolte nell'atto  di
intervento a confutazione delle censure del rimettente. 
    In particolare, richiamando la sentenza n. 87 del 2021 di  questa
Corte,  ha  rimarcato  come  la  consulenza  tecnica  preventiva  sia
finalizzata non solo  alla  definizione  della  controversia  in  via
conciliativa, ma anche alla anticipazione di un segmento  istruttorio
fondamentale per la risoluzione di cause caratterizzate da  questioni
soprattutto di carattere tecnico. 
    Non sarebbe, pertanto, irragionevole la limitazione di tale mezzo
istruttorio a crediti «accertabili e determinabili», come  quelli  di
natura  risarcitoria  o  restitutoria  derivanti  dalle  obbligazioni
contrattuali o da fatto illecito. 
    Per converso, il rimedio ex art.  696-bis  cod.  proc.  civ.  non
sarebbe invocabile nelle controversie in cui la domanda sia volta  ad
ottenere il solo adempimento dell'obbligazione  contrattuale  di  cui
sia controversa l'entita', o la soddisfazione di crediti  indennitari
o restitutori non connessi all'adempimento, come nella fattispecie ex
art. 2041 cod. civ. 
    Ad avviso dell'interveniente, nel caso di  specie  l'accertamento
richiesto  dalla   ricorrente   nel   giudizio   principale   involge
«molteplici fatti (anche  delle  condizioni  sociali  e  patrimoniali
delle parti) che non si conciliano con la finalita' dell'istituto» in
esame  e  puo'  richiedere  una  valutazione,  anche  d'ufficio,   di
carattere equitativo, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ. 
    Da ultimo, l'Avvocatura generale dello Stato ha sottolineato  che
la limitazione stabilita dalla  previsione  censurata  si  giustifica
anche in ragione del «notevole dispendio di energia processuale»  che
l'intervento anticipato del giudice  a  fini  meramente  conciliativi
comporta e  la  conseguente  inopportunita'  di  una  estensione  del
rimedio ex art. 696-bis cod. proc. civ. al di fuori dell'ambito delle
azioni risarcitorie  in  cui  «si  instaura  con  piu'  frequenza  il
contenzioso». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Bari, sezione  seconda  civile,  in
composizione monocratica, dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 696-bis, primo  comma,  primo  periodo,  cod.  proc.  civ.,
«nella parte in cui non prevede che l'espletamento  della  consulenza
tecnica  in  via  preventiva   possa   essere   richiesto   ai   fini
dell'accertamento e della determinazione dei crediti derivanti  dalla
mancata o inesatta esecuzione, oltre che di obbligazioni contrattuali
o da fatto illecito, di obbligazioni derivanti da ogni altro  atto  o
fatto idoneo a produrle in conformita' dell'ordinamento giuridico». 
    1.1.- Ad avviso del rimettente,  tale  previsione  contrasterebbe
con l'art. 3 Cost., in  quanto,  escludendo  irragionevolmente  detta
ultima categoria di crediti - i quali, al pari di quelli nascenti dal
contratto o dal fatto illecito, sono coessenziali alla «realizzazione
del sistema dei diritti» -, si risolverebbe in «un'evidente aporia, o
comunque in un'incoerenza interna dell'istituto». 
    1.1.1.- La disposizione censurata  realizzerebbe,  altresi',  una
ingiustificata disparita' di trattamento tra i titolari di  posizioni
sostanziali  di  eguale  natura,  il  cui  tratto  differenziale,  da
individuarsi  nella  fonte,  non  solo  risulta  «illogicamente  piu'
marcato» tra le  due  categorie  di  obbligazioni  per  le  quali  la
consulenza tecnica preventiva e' ammessa di quanto  non  lo  sia  tra
ciascuna di esse e la categoria esclusa, ma «si atteggia in modo  del
tutto neutro  per  la  funzionalita'  e  l'utilita'  dello  strumento
processuale ex art. 696-bis c.p.c.». 
    1.2.- Sarebbe,  inoltre,  violato  l'art.  24  Cost.,  in  quanto
l'ingiustificata restrizione dell'ambito applicativo del procedimento
ex art. 696-bis cod. proc.  civ.  soltanto  ad  alcune  categorie  di
crediti inciderebbe negativamente «sulla pienezza del potere di agire
in giudizio» dei titolari dei diritti esclusi, i quali restano  privi
di uno strumento alternativo all'ordinaria tutela  giurisdizionale  -
nonche' «ad essa eventualmente preordinato (laddove non sia raggiunta
la conciliazione)»  -,  che  ne  consentirebbe  una  piu'  pronta  ed
efficace realizzazione. 
    2.-  Preliminarmente,  deve  essere  esaminata   l'eccezione   di
inammissibilita' delle questioni, sollevata dall'Avvocatura  generale
dello Stato alla stregua del  rilievo  secondo  il  quale  spetta  al
legislatore, nell'esercizio della sua  discrezionalita',  selezionare
gli interessi meritevoli  di  essere  tutelati  attraverso  strumenti
processuali con funzione conciliativa. 
    L'eccezione non e' meritevole di accoglimento. 
    Essa attiene, invero, al merito delle questioni. Il giudice a quo
ha, infatti, censurato la differenziazione nella tutela  dei  diritti
di credito operata dalla norma in scrutinio, motivando diffusamente e
mostrando piena consapevolezza  della  giurisprudenza  costituzionale
secondo cui il legislatore dispone di un'ampia discrezionalita' nella
conformazione degli istituti processuali. 
    Ed e' sulla scorta di tali ampie  argomentazioni  che  lo  stesso
rimettente chiede a questa Corte di  emendare  il  denunciato  vulnus
estendendo l'ambito di applicazione dell'art. 696-bis cod. proc. civ.
ai diritti di credito derivanti da fonti diverse dal contratto e  dal
fatto illecito, che ne risultano esclusi. 
    3.- Cio' posto, e'  opportuno  premettere  allo  scrutinio  delle
questioni di legittimita' costituzionale una sintetica  ricostruzione
della genesi e della portata precettiva  della  previsione  investita
dal sospetto di illegittimita' costituzionale. 
    3.1.-  L'art.  696-bis  cod.  proc.  civ.  consente  alla   parte
interessata di richiedere, prima dell'inizio del giudizio e anche  in
assenza del presupposto dell'urgenza di cui all'art. 696  cod.  proc.
civ., l'espletamento di una  consulenza  tecnica  avente  ad  oggetto
l'accertamento  e  la  determinazione  dei  crediti  derivanti  dalla
mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto
illecito. 
    La  stessa  disposizione  attribuisce   al   consulente   tecnico
designato  dal  giudice  il  compito  di   promuovere,   sulla   base
dell'elaborato peritale, la definizione concordata della lite. 
    Se  la  conciliazione   e'   raggiunta,   l'accordo   transattivo
confluisce in un verbale, al quale lo stesso giudice attribuisce, con
proprio decreto, efficacia di titolo esecutivo. In caso contrario, la
relazione tecnica depositata dal consulente puo' essere acquisita, su
istanza della parte interessata e previo vaglio di  ammissibilita'  e
rilevanza, nel successivo (ed  eventuale)  processo  di  merito,  con
l'efficacia propria della consulenza tecnica d'ufficio ex artt. 191 e
seguenti cod. proc. civ. 
    3.2.- L'art. 696-bis cod. proc.  civ.  e'  stato  inserito  nella
Sezione IV del Capo III del Titolo I del Libro Quarto del  Codice  di
procedura  civile,  contenente  la  disciplina  dei  procedimenti  di
istruzione preventiva, dall'art. 2, comma 3, lettera  e-bis),  n.  6,
del  decreto-legge  14  marzo  2005,  n.  35  (Disposizioni   urgenti
nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale  e
territoriale), convertito, con modificazioni, nella legge  14  maggio
2005, n. 80. 
    La nuova disciplina, introdotta in sede di conversione del citato
decreto-legge, non rinviene precedenti nell'esperienza  del  processo
civile  italiano  -  non  potendo  ritenersi  tale  la   pur   affine
fattispecie di cui all'art. 198, primo comma, cod. proc. civ.,  nella
quale e' il giudice, e non la  legge,  a  incaricare  il  consulente,
nominato  nel  corso  del  giudizio  di  cognizione,  di  tentare  la
conciliazione   -,   ma   considera   e   sviluppa   le   indicazioni
programmatiche e i contenuti di alcuni precedenti progetti di  legge,
riguardanti  analoghe  figure  di  anticipazione  istruttoria  absque
periculo, che non erano stati portati a compimento. 
    La  possibilita'  di  richiedere  la  nomina  giudiziale  di   un
consulente al quale affidare, anche al di fuori delle  condizioni  di
cui al primo comma dell'art. 696 cod. proc. civ., l'accertamento e la
determinazione  dei  crediti  derivanti  dalla  «mancata  o  inesatta
esecuzione delle obbligazioni contrattuali o da fatto  illecito»  era
stata, infatti, gia' prospettata,  con  una  formulazione  analoga  a
quella poi adottata per l'art. 696-bis cod. proc. civ., nell'art.  11
della  proposta  di  legge  di  iniziativa  parlamentare   n.   6052,
presentata alla Camera dei deputati il 20 maggio 1999. 
    In merito all'ambito di applicazione dell'istituto - di specifico
interesse nel presente giudizio - la relazione illustrativa  di  tale
articolato chiariva che  la  finalita'  principale  della  consulenza
preventiva  sarebbe  stata  quella  di   apprestare   uno   strumento
attraverso  il  quale  le  parti  avrebbero   potuto,   «pur   sempre
nell'ambito della  giurisdizione  e  con  le  garanzie  di  terzieta'
proprie  di  un  consulente  nominato  dal  giudice»,   ottenere   la
«determinazione  delle  eventuali  conseguenze  lesive  connesse   ad
inadempimenti  nell'esecuzione  di  prestazioni   obbligatorie   (nei
contratti di opera, di appalto, di compravendita, eccetera) o a fatti
dannosi di natura extracontrattuale  (tra  cui,  in  primo  luogo,  i
sinistri  stradali),  oltreche'  ad   una   pluralita'   di   vicende
all'origine di svariate tipologie di controversie  (infiltrazioni  di
acqua tra fondi contigui, danni ad abitazioni, eccetera)». 
    Una disposizione di analogo contenuto fu riproposta dall'art.  21
del disegno di legge ministeriale n. 7185 presentato alla Camera  dei
deputati il 7 luglio 2000. 
    Successivamente, il progetto  di  legge  delega  per  la  riforma
organica del processo civile n.  4578,  presentato  alla  Camera  dei
deputati il 19 dicembre 2003, all'art. 49 propose «a) la possibilita'
di utilizzare  i  procedimenti  di  istruzione  preventiva  anche  in
assenza di pericolo nel ritardo; b) la possibilita' di  generalizzare
la consulenza tecnica prima della proposizione della domanda». 
    Nella relazione di accompagnamento si constatava che spesso nelle
controversie civili il  contrasto  tra  le  parti  riguarda  la  sola
quaestio facti, cosi' che, svolta l'istruttoria,  se  non  sussistono
ragioni  di  contestazione  sul  suo  espletamento,  la  lite   viene
conciliata. 
    Si  evidenziava,  quindi,   l'opportunita'   di   anticipare   la
formazione della prova rispetto all'inizio del processo, al  fine  di
evitare che tutte le liti caratterizzate da un contrasto in punto  di
fatto fossero portate davanti al giudice. 
    La  stessa   relazione   esplicitava   la   notevole   latitudine
applicativa  della  progettata   riforma,   evidenziando   che,   con
l'eliminazione del presupposto del pericolo nel ritardo, al quale  la
disciplina  allora  vigente  condizionava  l'accesso   all'istruzione
preventiva, sarebbe  stato  possibile  «generalizzare  la  formazione
pre-processuale delle prove costituende». 
    3.3.- Le  forme  di  anticipazione  istruttoria  elaborate  dalle
proposte  legislative  passate  in  rassegna  tenevano  conto   degli
omologhi  istituti  sperimentati   in   altri   ordinamenti   e,   in
particolare, del refere'  probatoire  del  processo  francese  e  del
selbstÄndiges Beweisverfahren del codice di procedura civile tedesco. 
    Analogamente a quanto  avvenuto  nel  processo  civile  italiano,
anche in tali sistemi la formazione della prova ante causam e'  stata
potenziata attraverso il superamento del requisito del  periculum  in
mora,  ma  questa  comune  istanza  si  e'  tradotta  in   discipline
significativamente diversificate. 
    3.3.1.- Nell'ordinamento francese  l'esigenza  di  anticipare  la
formazione dei mezzi di prova rispetto al processo di merito  si  e',
infatti, inverata  in  una  disposizione,  l'art.  145  del  Code  de
procedure civile,  che,  attraverso  una  formula  sintetica,  ma  di
amplissima  portata,  consente  di  assumere,  prima   di   qualsiasi
processo, qualsivoglia mezzo  di  prova  su  richiesta  di  qualunque
interessato, purche' ricorra un motif légitime e il mezzo  richiesto
tenda a conservare o stabilire la prova  di  fatti  da  cui  potrebbe
dipendere la soluzione di una controversia. 
    Tale disciplina, qualificata in dottrina come modello "forte"  di
istruzione preventiva, sottende non solo una finalita' di  deflazione
del carico degli uffici giudiziari, ma anche l'obiettivo di una  piu'
efficace attuazione del diritto alla prova. 
    3.3.2.- Nel procedimento di  istruzione  probatoria  ante  causam
dell'ordinamento tedesco l'anticipazione istruttoria  in  assenza  di
pericolo nel ritardo  ha,  invece,  una  portata  piu'  circoscritta,
perche' riguarda la sola consulenza tecnica ed e'  condizionata  alla
sussistenza  di  un  interesse  giuridico,  il   quale   si   presume
sussistente quando l'accertamento del fatto e'  utile  a  evitare  il
processo. 
    Tale  istituto   e'   disciplinato   dall'art.   485,   II,   del
Zivilprozessordnung, a mente del quale, quando non vi  è  ancora  un
giudizio pendente, una parte  puo'  proporre  istanza  di  consulenza
tecnica   scritta,   purche'    abbia    un    interesse    giuridico
all'accertamento: 1) delle condizioni di una  persona,  ovvero  delle
condizioni o del valore di una cosa;  2)  delle  cause  di  un  danno
prodotto a una persona o a una cosa, ovvero delle cause del vizio  di
una cosa; 3) della spesa sostenuta per eliminare il danno prodotto  a
una persona o a una cosa, ovvero per eliminare il vizio di una cosa. 
    La stessa disposizione precisa che si presume la  sussistenza  di
un interesse giuridico quando l'accertamento puo' servire  a  evitare
l'instaurazione di un giudizio contenzioso. 
    Detto  strumento  processuale,   essendo   limitato   alla   sola
consulenza tecnica e avendo una funzione preminentemente  deflattiva,
puo'  essere  considerato  come  modello  di  istruzione   preventiva
"debole". 
    3.4.- La novella introdotta nel nostro ordinamento dal d.l. n. 35
del 2005, come convertito, pur raccordandosi  con  le  direttrici  di
fondo del ricordato disegno di legge delega per la  riforma  organica
del processo civile n. 4578 del 19 dicembre 2003 - il quale,  per  la
sua   ampiezza   applicativa,   si   allineava   alla    logica    di
generalizzazione propria del modello "forte" del sistema francese  -,
ha optato per una  forma  di  istruzione  preventiva  in  assenza  di
periculum in mora piu' circoscritta - e sostanzialmente  coincidente,
quanto alla portata applicativa, con quelle  delineate  dall'art.  11
della ricordata proposta di legge n. 6052, presentata  il  20  maggio
1999, e dall'art. 21 del disegno di legge n. 7185,  presentato  il  7
luglio 2000 -  e,  dunque,  piu'  vicina  al  modello  di  istruzione
preventiva "debole" di ascendenza tedesca. 
    3.5.- Una parte della dottrina ha rilevato  l'incongruita'  della
scelta legislativa di delimitare lo spazio applicativo  dell'istituto
selezionando ex ante le  situazioni  giuridiche  soggettive  rispetto
alle quali e' ammesso, e ha proposto di  superare  tale  formulazione
ricorrendo all'interpretazione estensiva o al procedimento  analogico
ovvero attribuendo portata  meramente  esemplificativa  alle  ipotesi
espressamente considerate dalla norma in scrutinio. 
    La tesi che reputa praticabile il procedimento analogico  esclude
che alla disciplina della consulenza  conciliativa  possa  ascriversi
carattere eccezionale. 
    L'art. 696-bis cod. proc. civ., nella parte in cui  ammette  che,
in determinati casi, l'accertamento tecnico  possa  essere  espletato
prima del giudizio,  perche'  tale  anticipazione  puo'  favorire  la
composizione della controversia, esprimerebbe un principio  generale,
capace di estendersi  per  analogia  a  fattispecie  simili,  dovendo
negarsi che il legislatore, nel menzionare il contratto  e  il  fatto
illecito,   abbia   inteso    escludere    dall'ambito    applicativo
dell'istituto le  obbligazioni  di  fonte  diversa,  non  costituendo
l'origine causale una valida ragione giustificativa  del  trattamento
processuale differenziato. 
    Una diversa impostazione e', invece, incline ad escludere che  la
inequivoca  formulazione  dell'art.  696-bis,  primo   comma,   primo
periodo, cod. proc. civ. si presti ad  una  dilatazione  semantica  o
all'applicazione analogica a situazioni giuridiche soggettive diverse
da quelle ivi esplicitate.  Il  campo  di  applicazione  privilegiato
della consulenza conciliativa sarebbe, quindi, da individuarsi  nelle
liti relative alla esecuzione di contratti - e,  in  particolare,  di
contratti di prestazione d'opera  o  di  appalto,  qualora  la  parte
contesti l'esattezza dell'adempimento o le  conseguenze  risarcitorie
dell'inadempimento parziale o totale - ovvero in quelle in materia di
responsabilita' civile e, in particolare, nelle cause di risarcimento
dei danni derivanti dalla circolazione di veicoli. Cio' in quanto  in
tali  controversie   le   questioni   di   fatto   risultano   spesso
preponderanti rispetto  a  quelle  di  diritto,  potendo  per  questo
rivelarsi particolarmente prezioso, anche in vista di una definizione
anticipata della  lite,  l'intervento  di  un  esperto  in  grado  di
valutare  tecnicamente  il  fatto  dannoso  o  l'entita'  del  danno,
fornendo alle parti una  prognosi  sufficientemente  attendibile  sul
possibile esito della causa di merito. 
    3.6.- Anche  nella  giurisprudenza  di  merito  si  registra  una
tendenza ad interpretare in senso letterale la limitazione  oggettiva
operata dalla norma in scrutinio e dunque ad ammettere la  consulenza
in funzione  conciliativa  soltanto  nelle  liti  in  cui  si  faccia
questione di crediti  di  fonte  contrattuale  ed  extracontrattuale,
denegandola, per  converso,  in  relazione  alle  pretese  creditorie
nascenti da altre fattispecie, come l'indebito  oggettivo  (Tribunale
di Bologna,  sezione  seconda  civile,  ordinanza  4  febbraio  2022;
Tribunale di Torino, sezione prima civile, ordinanza 28 ottobre 2019;
Tribunale di Trani, ordinanza 12 febbraio 2009). 
    3.7.- Tanto premesso, non puo' trascurarsi di  rilevare  come  il
legislatore, per definire l'ambito di applicazione  della  consulenza
tecnica  preventiva,  ricorra  ad  un  duplice  criterio   selettivo,
individuando sia il tipo di attivita'  demandata  all'ausiliario  del
giudice (l'«accertamento» e la «determinazione»), sia  le  situazioni
soggettive  i  cui  fatti  costitutivi  possono  formare  oggetto  di
indagine e valutazione tecnica. 
    La disposizione in oggetto si riferisce ad una precisa classe  di
diritti soggettivi, quelli  di  credito,  per  di  piu'  ritagliando,
all'interno di questa, una  sottoclasse  ancora  piu'  specificamente
connotata sotto il profilo genetico, ossia  quella  dei  crediti  che
sorgono  «dalla  mancata  o  inesatta  esecuzione   di   obbligazioni
contrattuali o fa fatto illecito». 
    3.8.- Alla luce delle considerazioni  che  precedono,  certamente
plausibile e' l'esito ermeneutico  al  quale  il  giudice  a  quo  e'
pervenuto - argomentando pianamente sulla base del dato letterale  -,
in ordine alla impossibilita'  di  sperimentare  una  interpretazione
costituzionalmente orientata che implichi  l'espansione  semantica  o
l'applicazione analogica della disposizione oggetto di censura. 
    4.- Tanto chiarito, le questioni sono fondate in  riferimento  ad
entrambi i parametri invocati dal rimettente. 
    4.1.-  Come  recentemente  ribadito  da  questa  Corte,  con   la
consulenza  tecnica  conciliativa  «il  legislatore  ha  in  sostanza
offerto alle parti la possibilita' di  ottenere,  in  via  preventiva
rispetto all'instaurazione del processo, una valutazione  tecnica  in
ordine all'esistenza del fatto e all'entita' del danno, nell'auspicio
che, proprio sulla scorta  di  tale  valutazione,  le  parti  possano
trovare un accordo - al quale  il  giudice  attribuisce  con  decreto
efficacia di titolo esecutivo - che renda  superflua  l'instaurazione
del giudizio contenzioso» (sentenza n. 202  del  2023;  nello  stesso
senso la sentenza n. 87 del 2021). 
    Nel caso, poi,  in  cui  non  si  pervenga  a  tale  accordo,  la
relazione  depositata  dall'ausiliario  puo'  essere  acquisita,   su
istanza della parte interessata e previo vaglio di  ammissibilita'  e
rilevanza, nel successivo processo di merito, con l'efficacia propria
della consulenza tecnica d'ufficio ex artt. 191 e seguenti cod. proc.
civ. 
    4.2.- Il procedimento introdotto  dall'art.  696-bis  cod.  proc.
civ. si inscrive, dunque, nella  tendenza  legislativa,  registratasi
negli ultimi anni, alla diffusione e al potenziamento dei  rimedi  di
Alternative  dispute  resolution  (ADR),  di  cui  sono   espressione
paradigmatica le procedure di mediazione, di negoziazione assistita e
di trasferimento della lite alla sede arbitrale. 
    In tale cornice si inserisce anche la recente riforma attuata con
il decreto legislativo 10 ottobre  2022,  n.  149  (Attuazione  della
legge 26 novembre  2021,  n.  206,  recante  delega  al  Governo  per
l'efficienza del processo civile e per la revisione della  disciplina
degli strumenti  di  risoluzione  alternativa  delle  controversie  e
misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti  in  materia  di
diritti  delle  persone  e  delle  famiglie  nonche'  in  materia  di
esecuzione forzata), la quale ha ampliato e  reso  piu'  vantaggioso,
anche sul piano fiscale, il ricorso ai predetti mezzi di  risoluzione
concordata delle controversie. 
    La  propensione  del  legislatore  a  promuovere   simili   forme
definitorie poggia sulla «consapevolezza, sempre piu' avvertita, che,
a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione  del
riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non
illimitata e  che  misure  di  contenimento  del  contenzioso  civile
debbano essere messe in opera» (sentenza n. 77 del 2018). 
    Il favor per la  risoluzione  concordata  delle  liti,  sia  essa
affidata al giudice o a  soggetti  estranei  all'ordine  giudiziario,
risponde,  dunque,  principalmente  all'esigenza   pubblicistica   di
deflazione  del   carico   degli   uffici   giudiziari,   strumentale
all'interesse generale dell'ordinamento, rilevante  anche  sul  piano
costituzionale, alla ragionevole durata del processo (sentenza n. 202
del 2023). 
    4.3.- Nel sistema delle misure di definizione conciliativa  delle
controversie e' possibile distinguere tra meccanismi  che,  ponendosi
all'esterno del processo contenzioso, consentono una composizione del
conflitto alternativa all'accesso  alla  giurisdizione,  e  forme  di
conciliazione endoprocessuale, al cui fruttuoso esperimento segue una
deviazione   dello   stesso   giudizio    contenzioso    verso    una
regolamentazione concordata della lite sostitutiva della decisione. 
    4.3.1.-  Tra  questi  ultimi,  fondamentale  rilievo  sistematico
assume  la  conciliazione  giudiziale,  con  la  quale,   per   mezzo
dell'attivita' del giudice svolta in posizione di terzieta', le parti
addivengono ad un accordo sulla res controversa produttivo di effetti
sostanziali  e   processuali,   coincidenti,   rispettivamente,   con
l'attuazione del rapporto  giuridico  in  contesa  secondo  l'assetto
concordato e con la cessazione del processo in corso e la  formazione
di un titolo esecutivo. 
    La conciliazione giudiziale, pur offrendo «la possibilita' di una
risoluzione conveniente e  rapida  delle  controversie  nel  processo
analoga  a  quella  realizzata   in   sede   extragiudiziaria   dalla
Alternative Dispute Resolution - ADR» (sentenza n. 110 del 2013), non
si traduce, quindi, soltanto in una definizione negoziata della lite,
essendo le  determinazioni  delle  parti  coadiuvate  dall'intervento
dell'organo giurisdizionale. 
    Quando esperisce il tentativo di conciliazione (artt. 185  e  420
cod. proc. civ.) o formula la  proposta  conciliativa  (art.  185-bis
cod. proc. civ.), il giudice esercita, infatti, una funzione che, pur
essendo riconducibile all'aequitas, intesa come  giustizia  del  caso
singolo,  costituisce   comunque   estrinsecazione   della   potesta'
giurisdizionale e, per tale ragione,  rinviene  nella  imparzialita',
costituzionalmente sancita, una fondamentale garanzia. 
    In aggiunta, al giudice compete sia di verificare ex ante che  la
conciliazione verta su situazioni giuridiche soggettive  disponibili,
sia di convalidare ex  post  il  regolamento  di  interessi  divisato
nell'accordo che pone fine al giudizio. 
    4.4.- Tali connotati  strutturali  ed  effettuali  si  rinvengono
anche  nella  fattispecie,  ora  all'esame,  disciplinata   dall'art.
696-bis cod. proc. civ. 
    La  definizione  concordata  della  lite  si  inserisce   in   un
articolato procedimento in cui l'attivita' conciliativa e' svolta dal
consulente tecnico sotto la direzione del magistrato ed e'  preceduta
e seguita da statuizioni giudiziali. 
    4.4.1.- Al giudice e', in primo luogo, demandata la verifica  dei
presupposti di ammissibilita' della consulenza, la quale investe,  da
un lato, la  non  manifesta  inammissibilita'  o  infondatezza  delle
domande oggetto della  eventuale  futura  causa,  e,  dall'altro,  la
rilevanza, rispetto al potenziale giudizio di merito, dei fatti per i
quali  si  richiede  l'indagine  peritale,   nonche'   la   effettiva
necessita' di ricorrere  alle  conoscenze  esperte  per  il  relativo
accertamento. 
    Lo stesso giudice deve, inoltre, verificare se  la  controversia,
come sommariamente delineata nel ricorso ex art. 696-bis  cod.  proc.
civ., si presti ad  una  soluzione  conciliativa,  e  che  non  siano
ravvisabili  ostacoli  giuridici  alla  conclusione  di  un   accordo
transattivo. 
    4.4.2.- Se  ammette  la  consulenza,  il  giudice  deve  nominare
l'esperto e formulare i quesiti in modo da  circoscrivere  l'incarico
peritale alla sola verifica dei fatti  rilevanti  e  necessitanti  di
valutazione tecnico-scientifica, ovvero alla loro diretta percezione,
quando si tratti di elementi fattuali che  solo  un  tecnico  sia  in
grado di accertare per mezzo delle conoscenze e  degli  strumenti  di
cui dispone (ex multis, Corte di cassazione,  sezione  sesta  civile,
ordinanza 3 luglio 2020, n. 13736; sezione seconda  civile,  sentenza
22 gennaio 2015, n. 1190). 
    4.4.3.- Nel caso in cui il  tentativo  di  conciliazione  produca
esito positivo, al giudice spetta l'ulteriore  pregnante  verifica  -
che concerne la disponibilita' delle posizioni  soggettive  investite
dalla  transazione  e  la  conformita'  dell'accordo   raggiunto   ai
presupposti  della  consulenza  tecnica   preventiva   -   prodromica
all'attribuzione al verbale di conciliazione  dell'efficacia  propria
del titolo esecutivo. 
    4.5.-  Tale  articolato  procedimento  risponde  alla   specifica
esigenza della parte interessata di conseguire la  soddisfazione  dei
propri diritti e interessi disponibili  senza  accedere  al  giudizio
contenzioso. 
    Analogamente alla conciliazione giudiziale, la composizione della
lite raggiunta in seno al procedimento ex  art.  696-bis  cod.  proc.
civ. non costituisce un'alternativa alla tutela  giurisdizionale,  ma
una diversa forma con la quale la giurisdizione realizza  la  propria
funzione. 
    In definitiva, la  consulenza  tecnica  preventiva  consente  una
tutela complementare  a  quella  accordata  attraverso  la  decisione
giudiziale. 
    Essa  costituisce,  pertanto,  una  peculiare  declinazione   del
diritto di azione garantito dall'art. 24  Cost.,  senza  che  a  tale
inquadramento osti  la  natura  processuale  dell'interesse  protetto
(sentenza n. 202 del 2023) o l'assenza di contenuto  decisorio  nelle
statuizioni giudiziali che  impostano  l'accertamento  tecnico  e  la
conciliazione che ne scaturisce. 
    5.- E' appunto da quanto fin  qui  considerato  che  discende  la
conclusione, cui questa Corte  e'  pervenuta,  secondo  la  quale  la
limitazione dell'ambito oggettivo di  operativita'  della  consulenza
preventiva operato dalla  disposizione  in  scrutinio  contrasta  con
l'art. 3 Cost., sia sotto  il  profilo  dell'eguaglianza,  sia  sotto
quello della  ragionevolezza,  e  con  l'art.  24  Cost.,  in  quanto
realizza una differenziazione nella tutela dei diritti non supportata
da una ragionevole giustificazione. 
    5.1.-  Come  dianzi  evidenziato,  la   ragione   giustificatrice
dell'art. 696-bis cod. proc. civ.  va  rinvenuta  nella  esigenza  di
aggiungere alla tutela giurisdizionale  una  forma  complementare  di
attuazione dei  diritti,  per  mezzo  della  quale  il  conflitto  e'
definito in via negoziale, ma all'esito di un  apposito  procedimento
nel quale la conciliazione e' coadiuvata dall'esperto in posizione di
terzieta' ed e' impostata, diretta e convalidata dal giudice. 
    Ebbene, la scelta di limitare lo strumento  in  esame  alle  sole
controversie relative ai crediti ex contractu ed  ex  delicto,  cosi'
privando delle peculiari  utilita'  connesse  al  suo  esperimento  i
titolari di tutti gli altri crediti di fonte  diversa,  non  rinviene
ne' nel titolo ne' nel  contenuto  dei  diritti  ammessi  una  valida
ragione di diversificazione. 
    Le obbligazioni correlate ai diritti di credito esclusi dall'art.
696-bis, primo comma, primo periodo, cod. proc. civ. condividono  con
quelle collegate ai crediti dallo stesso  ammessi  la  substantia  di
specifici obblighi giuridici in forza dei quali un soggetto e' tenuto
ad  una   determinata   prestazione   patrimoniale   per   soddisfare
l'interesse di un altro soggetto. 
    D'altro canto, l'obbligazione costituisce una  nozione  giuridica
unitaria, che si identifica autonomamente, a prescindere dalla  fonte
dalla quale scaturisce. 
    5.2.- Deve, ancora, considerarsi che la discrezionalita'  di  cui
gode il legislatore nella conformazione  degli  istituti  processuali
incontra  il  limite   della   non   manifesta   irragionevolezza   o
arbitrarieta' delle soluzioni adottate (ex plurimis, sentenze  n.  67
del 2023, n. 247, n. 230 e n. 74 del 2022, n. 213 del 2021). 
    Per converso, la previsione oggetto di censura palesa un  deficit
di  ragionevolezza  strumentale,  posto  che   la   selezione   delle
fattispecie ammesse al rimedio si  rivela  eccessiva  -  sacrificando
inutilmente e arbitrariamente la posizione dei titolari  dei  crediti
esclusi  -  rispetto  alla  pur  legittima  finalita'  di   contenere
l'impiego dell'istituto in modo da  evitare  approfondimenti  tecnici
inutili o meramente esplorativi. 
    Alla segnalata  esigenza  sopperisce,  infatti,  la  verifica  di
ammissibilita' affidata al giudice, la quale, come sopra evidenziato,
investe sia la  rilevanza  dell'accertamento  rispetto  all'eventuale
futuro giudizio di merito, sia la coincidenza del quid disputatum con
i soli aspetti tecnici della questione di fatto. 
    5.3.-  In  ogni  caso,  il  limite  alla   discrezionalita'   del
legislatore nella conformazione  degli  istituti  processuali  e'  da
ritenersi, nella specie, valicato  in  quanto,  per  i  titolari  dei
crediti non ricompresi nell'ambito applicativo dell'art. 696-bis cod.
proc. civ., la delimitazione oggettiva operata dal primo comma, primo
periodo, di tale disposizione si traduce nella negazione di una forma
di tutela dotata di specifica utilita' e, in considerazione delle sue
caratteristiche di  giurisdizionalita',  non  surrogabile  dalle  pur
contigue  misure  di  composizione  alternativa  delle  liti,   cosi'
determinando «un'ingiustificabile compressione del diritto di  agire»
(ex multis, sentenze n. 128 e n. 87 del 2021, n. 271 del 2019, n. 225
del 2018, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). 
    6.- In conclusione,  la  disposizione  censurata,  ammettendo  la
consulenza tecnica preventiva per  i  soli  crediti  derivanti  dalla
mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni di fonte contrattuale o
da fatto illecito, e  non  anche  per  tutti  i  diritti  di  credito
derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformita'
dell'ordinamento giuridico, secondo la indicazione fornita  dall'art.
1173 cod. civ., da'  luogo  ad  una  differenziazione  priva  di  una
ragionevole giustificazione e alla violazione, in danno dei  titolari
dei crediti esclusi, della garanzia ex art. 24 Cost.,  cui  non  osta
l'ampia discrezionalita' del legislatore in ambito  processuale,  che
pure questa Corte ha piu' volte affermato. 
    6.1.-  Deve,   pertanto,   essere   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 696-bis, primo comma,  primo  periodo,  cod.
proc. civ., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte  in
cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da  ogni  altro
atto o  fatto  idoneo  a  produrli  in  conformita'  dell'ordinamento
giuridico».