ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.1, commi  da
661 a 676,  della  legge  27  dicembre  2019,  n.  160  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2020  e  bilancio
pluriennale  per  il  triennio  2020-2022),  promosso  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  per  il  Lazio,   sezione   seconda,   nel
procedimento vertente tra Assobibe - Associazione  italiana  tra  gli
industriali  delle  bevande  analcoliche  e  altri  e  il   Ministero
dell'economia e delle finanze e altri, con ordinanza del 14  novembre
2022, iscritta al n. 4 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  6,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2023. 
    Visti gli atti di costituzione di  Sibeg  srl  e  di  Assobibe  -
Associazione italiana tra gli industriali delle bevande  analcoliche,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udita nell'udienza  pubblica  del  7  febbraio  2024  la  Giudice
relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi; 
    uditi  gli  avvocati  Saverio  Sticchi  Damiani  per  Sibeg  srl,
Marcello  Clarich  per  Assobibe  -  Associazione  italiana  tra  gli
industriali delle bevande analcoliche e l'avvocato dello Stato Amedeo
Elefante per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 14 novembre 2022 (reg.ord. n. 4 del  2023),
il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione  seconda,
ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi da 661 a 676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2020  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2020-2022), in riferimento agli artt. 3 e
53 della Costituzione, «nella parte in cui ha assoggettato ad imposta
sul consumo i soli prodotti rientranti nelle  voci  NC  2009  e  2202
della nomenclatura combinata dell'Unione europea (ossia certe bevande
analcoliche) ottenuti con l'aggiunta  di  edulcoranti,  e  non  anche
altri  prodotti  alimentari  diversi  dalle  bevande   ma   parimenti
contraddistinti dall'aggiunta dei medesimi edulcoranti». 
    1.1.- Il TAR Lazio premette di essere stato  adito  per  ottenere
l'annullamento del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze
12 maggio 2021 (Imposta di consumo sulle bevande  edulcorate)  e  dei
modelli a esso collegati, nonche' di ogni atto presupposto,  connesso
o consequenziale,  nell'ambito  di  due  distinti  giudizi  promossi,
rispettivamente, il primo da Assobibe - Associazione italiana tra gli
industriali delle bevande analcoliche, associazione di categoria  che
rappresenta  le  imprese  produttrici  e  distributrici  di   bevande
analcoliche in Italia,  nonche'  da  due  imprese  iscritte  a  detta
associazione (Fonti di Posina spa e Romanella Drinks srl), il secondo
da Sibeg srl (societa' che produce, e commercializza  sul  territorio
siciliano le bevande a marchio "The Coca Cola Company"). 
    Riuniti i giudizi in considerazione della  connessione  oggettiva
tra i medesimi, il TAR Lazio  si  pronuncia,  preliminarmente,  sulle
eccezioni  di   inammissibilita'   dei   ricorsi,   sollevate   dalle
amministrazioni resistenti nel  giudizio  principale,  e  le  ritiene
tutte  prive  di  fondamento,  con  conseguente  affermazione   della
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata. 
    1.2.- In particolare, il rimettente esclude  la  sussistenza  del
preteso  difetto  di  giurisdizione  in  quanto  i  ricorsi  non   si
risolverebbero - come  assunto  dalle  amministrazioni  resistenti  -
nell'impugnazione di una legge, inammissibile dinanzi al TAR,  bensi'
di  un  atto  amministrativo,  presuntivamente  affetto  da  vizi  di
illegittimita'  derivata  dall'illegittimita'  costituzionale   della
legge di cui esso costituisce applicazione. Pertanto,  il  rimettente
rileva, in linea con quanto costantemente affermato da questa Corte e
da quella amministrativa, che il medesimo giudice  amministrativo  e'
comunque chiamato ad esercitare il potere di annullamento  dell'atto,
anche in caso di declaratoria di illegittimita' costituzionale  della
norma  di  legge  su  cui  poggia  l'atto  impugnato,  non  essendovi
coincidenza fra la questione  principale  di  merito  (relativa  alla
legittimita' dell'atto) e la questione, che si rivela  pregiudiziale,
di legittimita' costituzionale della legge. 
    Egualmente priva  di  fondamento  sarebbe,  poi,  l'eccezione  di
inammissibilita' per carenza di  interesse  ad  agire,  per  asserita
assenza di lesivita' del decreto ministeriale impugnato. 
    Le previsioni contenute in quest'ultimo  -  secondo  il  Collegio
rimettente -  sarebbero,  all'opposto,  idonee  a  produrre,  in  via
diretta e immediata, una  lesione  concreta  e  attuale  della  sfera
giuridica delle ricorrenti, a prescindere dall'adozione di  qualsiasi
atto  applicativo  successivo.  Tale  decreto  conterrebbe,  infatti,
obblighi gia' di per se' stringenti a carico  dei  produttori  e  dei
soggetti  che  commercializzano  bevande  edulcorate  (tra  cui,   ad
esempio, quello di denuncia all'ufficio dell'Agenzia delle  dogane  e
dei  monopoli  competente  territorialmente,  nonche'  quello   della
redazione  di  specifici  prospetti  riepilogativi  ove  annotare   i
quantitativi  di  bevande  edulcorate   ottenuti   nell'impianto   di
produzione). Gli adempimenti contabili e amministrativi previsti  nel
decreto sarebbero, peraltro, preparatori e strumentali rispetto  alla
fase di autoliquidazione e versamento del tributo, sicche'  priva  di
rilievo sarebbe pure la circostanza che tale tributo  non  sia  stato
ancora applicato in conseguenza di  reiterate  proroghe  del  termine
fissato  per  l'acquisto  di  efficacia  della  relativa   normativa.
Sussisterebbe,  pertanto,  nella  specie,  un  tangibile  e  concreto
interesse delle ricorrenti a una  pronuncia  sulla  legittimita'  del
decreto impugnato, immediatamente produttivo di effetti. 
    1.3.- Pure l'eccezione  di  incompatibilita'  delle  disposizioni
censurate con la normativa dell'Unione europea - che, ove  accertata,
eventualmente anche all'esito di un rinvio pregiudiziale ex art.  267
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, potrebbe condurre
alla   disapplicazione   delle   stesse   e   all'annullamento    del
provvedimento impugnato - sarebbe priva di fondamento. 
    Il rimettente ricorda che  l'imposta  sulle  bevande  analcoliche
contenenti sostanze edulcoranti (cosiddetta sugar  tax)  rientra  nel
novero delle imposte  speciali  sui  consumi,  relative  a  «prodotti
diversi dai prodotti sottoposti ad accisa» armonizzata, che,  secondo
la  direttiva  2008/118/CE  del  Consiglio,  del  16  dicembre  2008,
relativa al regime generale delle accise e che  abroga  la  direttiva
92/12/CEE, gli Stati membri sono abilitati ad applicare a  condizione
che non introducano alcuna «formalita'  connessa  all'attraversamento
delle frontiere». 
    Nella specie, la normativa in esame non avrebbe introdotto alcuna
formalita' connessa all'attraversamento  delle  frontiere  e  non  si
porrebbe, quindi, in  contrasto  con  alcuno  dei  parametri  europei
evocati (artt. 49, 56 e 101 TFUE),  ne'  con  principi  di  carattere
generale. L'imposta si applica, infatti, nella stessa maniera, sia ai
prodotti nazionali, sia a  quelli  di  provenienza  da  Stati  membri
dell'Unione europea (con cio' si esclude la violazione degli artt. 30
e 110 TFUE), nonche' a tutti i  prodotti  immessi  in  commercio  nel
territorio dello Stato (con cio' scongiurandosi la  violazione  degli
artt. 34 e 35 TFUE). 
    Pertanto, il giudice a quo ritiene che l'art. 1, commi da  661  a
676, della legge n. 160 del 2019 non possa  essere  disapplicato,  in
quanto conforme ai parametri europei evocati, e che non sussistano le
condizioni per  il  rinvio  pregiudiziale  alla  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea. 
    1.4.-   Con   riferimento   all'illegittimita'    derivata    del
provvedimento impugnato, il TAR Lazio  respinge  alcuni  profili  che
ritiene, prima  facie,  manifestamente  infondati,  alla  luce  della
ricostruzione della disciplina di legge che ha  introdotto  l'imposta
in esame e delle finalita' da essa perseguite. 
    Il rimettente ricorda che l'art. 1 della legge n. 160 del 2019 ha
introdotto, ai commi da  661  a  676,  l'imposta  sul  consumo  delle
bevande analcoliche, «rientranti nelle voci  NC  2009  e  2202  della
nomenclatura combinata dell'Unione europea», cui siano state aggiunte
sostanze  edulcoranti,  di  origine   naturale   o   sintetica,   con
l'obiettivo - indicato nella relazione  illustrativa  al  disegno  di
legge di bilancio integrato 2020-2022  -  di  ridurre  la  diffusione
dell'obesita'  e  del  diabete,  correlate  all'abuso   di   zuccheri
aggiunti, nonche' l'eccessivo uso di sostanze edulcoranti sintetiche,
che hanno effetti collaterali dannosi per la salute dell'uomo. 
    Il  TAR  Lazio  ritiene,  pertanto,   manifestamente   prive   di
fondamento   le   censure   di   violazione    del    principio    di
proporzionalita',  rivelandosi  tale  misura  idonea  allo  scopo  di
ridurre il consumo delle  bevande  in  questione  per  preservare  al
meglio  la  salute  pubblica,  in  un'ottica  precauzionale,  nonche'
necessaria e proporzionata, in assenza  di  misure  omologhe  che,  a
parita' di efficacia,  producano  minori  sacrifici  a  carico  delle
aziende produttrici e dei consumatori. 
    Egualmente ritenuta non  idonea  a  superare  il  vaglio  di  non
manifesta  infondatezza  e',  inoltre,   la   censura   -   anch'essa
prospettata dalle ricorrenti - di irragionevolezza  della  disciplina
in esame, in considerazione della prevalente  finalita'  extrafiscale
del  tributo,  costituita  dal  contrasto  di  specifiche  patologie,
nonche'  della  elevata  elasticita'   della   domanda   di   bevande
edulcorate,  che  rende  la  sugar  tax  meno  penalizzante  per   il
produttore rispetto a qualsiasi nuova imposta gravante sul  medesimo,
essendo quest'ultima  poi  traslata  economicamente  sul  consumatore
finale. 
    Infine, il rimettente non condivide la censura di violazione  del
principio di capacita' contributiva di cui  all'art.  53  Cost.,  dal
momento  che  l'imposta  in  esame  e'  parametrata  alla   quantita'
dell'intero  prodotto  messo  in  commercio  e  quindi  riflette   la
concezione relativa di  capacita'  contributiva  consolidatasi  nella
giurisprudenza di questa Corte, secondo  cui  «il  potere  impositivo
puo' colpire  anche  fatti  non  patrimoniali,  purche'  naturalmente
rilevabili e misurabili in denaro». 
    1.5.- Il TAR Lazio ritiene, invece, non manifestamente  infondata
la censura di violazione del principio di eguaglianza tributaria,  di
cui agli artt. 3 e 53 Cost., secondo cui «a situazioni eguali  devono
corrispondere  uguali  regimi  impositivi  e,   correlativamente,   a
situazioni diverse un trattamento tributario diseguale» (e' citata la
sentenza di questa Corte n. 120 del 1972). 
    Il Collegio rimettente prende le mosse  da  alcuni  elementi  che
contraddistinguono  la  disciplina  delle  imposte  sui  consumi,   a
cominciare dalla circostanza che la loro applicazione puo' avere  non
solo  funzione  di  gettito  fiscale,  ma  anche  scopi  extrafiscali
strumentali a scelte di carattere politico-economico, fra cui  quello
di disincentivare il  consumo  dei  beni  che  generano  esternalita'
negative a danno della collettivita'  ovvero  anche  solo  quello  di
aumentare le entrate pubbliche senza eccessivi costi di  accertamento
e di riscossione. Rileva, inoltre, che, sul piano  economico,  simili
tributi hanno  effetti  regressivi  o  progressivi  a  seconda  delle
tipologie di consumo e della elasticita' delle curve di domanda e  di
offerta. 
    Il TAR Lazio richiama, a tal proposito, il consolidato  indirizzo
di questa Corte secondo cui il «legislatore ordinario puo'  assumere,
quali soggetti passivi di imposta idonei a concorrere alle  pubbliche
spese, anche coloro che pongono  in  essere  presupposti  aventi  una
rilevanza   economico-sociale,   ma   non    necessariamente    anche
patrimoniale», a condizione che siano oggettivamente  rilevabili,  si
prestino  ad  essere  comparati  con  altre  situazioni   fiscalmente
rilevanti e siano misurabili economicamente (sono citate le  sentenze
n. 102 del 1993 e n. 201 del 1975). Secondo tale  orientamento,  ogni
prelievo tributario deve trovare la causa giustificatrice in  «indici
concretamente rilevatori di  ricchezza»  da  cui  sia  «razionalmente
deducibile l'idoneita' soggettiva all'obbligazione  d'imposta»  (sono
citate le sentenze n. 387 del 1989, n. 200  del  1976  e  n.  45  del
1964). Il rimettente sottolinea che, sebbene  la  determinazione  dei
singoli fatti espressivi della capacita' contributiva, desumibile  da
qualsiasi indice rivelatore di  ricchezza  e  non  solo  dal  reddito
individuale, rientri - secondo la giurisprudenza di  questa  Corte  -
nella discrezionalita' del legislatore (sono citate  le  sentenze  n.
156 del 2001, n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995  e  n.
159 del 1985), quest'ultimo deve  tuttavia  operare  il  riparto  del
carico  pubblico   secondo   criteri   di   coerenza   interna,   non
contraddittorieta', adeguatezza e non arbitrarieta', assicurando  che
a situazioni di fatto uguali corrispondano uguali  regimi  impositivi
e, in via correlata, a situazioni diverse corrisponda un  trattamento
tributario diseguale. 
    Sulla base  di  tali  premesse,  il  TAR  Lazio  ritiene  che  la
disciplina  censurata  contrasti  con  il  principio  di  eguaglianza
tributaria risultante dal combinato  disposto  degli  artt.  3  e  53
Cost., andando a colpire  fiscalmente  le  sole  bevande  analcoliche
contenenti sostanze edulcoranti (eccedenti una certa  soglia)  e  non
anche altri prodotti alimentari contenenti le medesime sostanze. 
    In altri termini, con  la  richiamata  previsione  sarebbe  stata
introdotta una differenziazione di trattamento fiscale non supportata
da alcun criterio giustificativo. Considerato che l'imposta in  esame
(sugar tax) e' un tributo introdotto allo  scopo  di  contrastare  il
fenomeno dell'obesita' e del diabete,  nonche'  la  diffusione  degli
effetti  collaterali  dannosi   degli   edulcoranti   sintetici,   il
rimettente ritiene  che,  al  fine  di  soddisfare  il  principio  di
eguaglianza e ragionevolezza, il legislatore avrebbe dovuto  spiegare
le ragioni per cui tale obiettivo  deve  essere  perseguito  colpendo
solo gli edulcoranti contenuti nelle bevande analcoliche e non quelli
contenuti in altri prodotti alimentari. In questa direzione - ricorda
ancora il rimettente - si sarebbero mosse  due  decisioni  di  questa
Corte:  con  la  sentenza  n.  83  del  2015,  e'  stata   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale di una normativa che tassava in egual
misura due fattispecie (quella dei tabacchi  lavorati  e  quella  dei
prodotti non contenenti nicotina idonei a sostituire il  consumo  dei
tabacchi lavorati) obiettivamente diverse tra loro, di  cui  solo  la
prima poteva ricondursi all'ambito di  applicazione  della  finalita'
disincentivante; con la sentenza n. 201 del 2014,  invece,  e'  stata
dichiarata non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata in relazione a una disposizione di legge con cui era  stato
introdotto - nel contesto della crisi finanziaria internazionale  del
2011 - un prelievo aggiuntivo a carico dei soli dirigenti del settore
finanziario e non anche di quelli di  settori  merceologici  diversi,
trattandosi di situazioni solo apparentemente omogenee. 
    Nel caso di specie, il TAR Lazio ritiene che la  diversa  «regola
fiscale» applicata a due fattispecie apparentemente omogenee («id est
da un lato l'imposizione della "sugar  tax"  alle  bibite  contenenti
edulcoranti, dall'altro lato la mancata imposizione della "sugar tax"
agli altri prodotti alimentari diversi  dalle  bevande  contenenti  i
medesimi edulcoranti») non trovi alcuna giustificazione ne' nel testo
della legge, ne' nella relazione illustrativa del disegno di legge: e
cio' in spregio del  fatto  che  il  fine  ultimo  di  tale  prelievo
(contrastare  l'obesita',  il  diabete  e  il  consumo  di   sostanze
edulcoranti sintetiche)  ben  avrebbe  potuto  realizzarsi  incidendo
anche su prodotti alimentari diversi dalle bevande analcoliche. 
    Nessuna lesione del citato principio  di  eguaglianza  tributaria
viene, invece, ravvisata nel fatto  che  la  sugar  tax  si  applichi
indistintamente sia agli edulcoranti naturali che a quelli sintetici,
essendo predicabile sia per i primi che per i  secondi  la  finalita'
disincentivante in vista dell'obiettivo  ultimo  di  contrastare  non
solo le patologie  associate  agli  edulcoranti  naturali,  ma  anche
effetti  nocivi  correlati  all'eccessivo  consumo   di   edulcoranti
sintetici. 
    2.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha  chiesto  che  questa  Corte  dichiari  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 661  a  676,  della
legge n. 160 del 2019 manifestamente infondata. 
    La parte interveniente premette che  la  previsione  dell'imposta
riferita alle sole bevande e non agli altri  prodotti  alimentari  e'
conforme ad analoghi provvedimenti gia' adottati  in  altri  Paesi  o
regioni autonome (Francia, Regno Unito, Irlanda, Belgio,  Portogallo,
Catalogna, Norvegia, Finlandia, Ungheria, Estonia e Lettonia)  ed  e'
in  linea  con  le  indicazioni  dell'Organizzazione  mondiale  della
sanita' (OMS), che, dopo aver annoverato le bevande  dolcificate  fra
le principali responsabili di obesita' e  diabete  (rapporto  "Fiscal
Policies for Diet and Prevention  of  Noncommunicable  Diseases"  del
2015), ha anche  pubblicato,  nel  2022,  uno  studio  sui  risultati
dell'applicazione  della   sugar   tax   in   altri   Paesi   europei
(Sugar-sweetened Beverage Taxes in the WHO European  Region:  Success
through Lessons Learned and Challenges Faced). 
    Pertanto, la scelta disincentivante del legislatore - operata con
l'introduzione  della   citata   tassa   -   non   risulterebbe   ne'
irragionevole, ne' arbitraria, ne'  ingiustificata  quanto  alla  sua
limitazione  alle  sole  bevande  edulcorate  rispetto   a   prodotti
alimentari di altro tipo. 
    La parte interveniente evidenzia,  altresi',  che  la  decorrenza
dell'efficacia delle disposizioni disciplinanti l'imposta in esame e'
stata ripetutamente rinviata fino  al  1°  gennaio  2024,  mentre  il
decreto del Ministro dell'economia e  delle  finanze  (impugnato  nei
giudizi a quibus) e' stato adottato il 12 maggio 2021,  all'esito  di
approfondimenti condotti nel  corso  di  specifici  incontri  con  le
associazioni di categoria, nonche' di tavoli ministeriali. 
    Considerato che lo scopo extrafiscale «di matrice costituzionale»
del tributo in  esame  e'  la  tutela  della  salute  dei  cittadini,
perseguita indirizzando i comportamenti della collettivita' verso una
limitazione del consumo di bevande con elevato contenuto di  sostanze
edulcoranti  aggiunte,  con  la  sugar  tax  il  legislatore  avrebbe
correttamente  applicato  il  principio  di  precauzione  di  matrice
eurounitaria, invocabile ove vi  siano  evidenze  scientifiche  della
nocivita' di un prodotto e ricorrano possibili rischi per la salute e
l'ambiente. In virtu' di tale principio, al sussistere di  incertezze
riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la  salute  della
persona, l'azione dei pubblici poteri puo' tradursi nell'adozione  di
misure incidenti sulle liberta' dei singoli, purche'  rispettose  del
principio di proporzionalita'. 
    Nel  caso  in  esame,  l'imposizione  fiscale   rappresenterebbe,
propriamente, uno  strumento  di  disincentivo  al  consumo  di  tali
prodotti, in modo da evitarne abusi con  effetti  pregiudizievoli  o,
addirittura, l'assuefazione. 
    L'Avvocatura  ritiene,  inoltre,   che   il   legislatore   abbia
compiutamente individuato  e  selezionato  i  beni  da  sottoporre  a
imposta sul consumo, avendo cura di non introdurre alcuna limitazione
all'esercizio dell'attivita' delle aziende operanti nel settore,  ne'
restrizioni all'accesso nel mercato. Cio'  in  linea  con  l'art.  41
Cost., e con la giurisprudenza costituzionale  che  ha  ripetutamente
riconosciuto la possibilita'  del  legislatore  di  «intervenire  per
salvaguardare la continuita' produttiva  in  settori  strategici  per
l'economia  nazionale  e  per  garantire  i  correlati   livelli   di
occupazione», ma  solo  attraverso  «un  ragionevole  ed  equilibrato
bilanciamento dei valori  costituzionali  in  gioco»  (e'  citata  la
sentenza n. 58 del 2018), tale da non consentire  ne'  la  prevalenza
assoluta di uno dei valori coinvolti, ne'  il  sacrificio  totale  di
alcuno di loro (sono citate le sentenze n. 63 del  2016,  n.  85  del
2013 e n. 264 del 2012). 
    Tanto considerato, la parte interveniente ritiene -  anche  sulla
scia della sentenza di questa Corte n. 83  del  2015  in  materia  di
tassazione dei prodotti da fumo - che una  incondizionata  tassazione
di  tutti  i  prodotti  contenenti  zuccheri  aggiunti   risulterebbe
irragionevole e sproporzionata rispetto allo scopo  perseguito  e  ai
dati scientifici disponibili. 
    Nel ricordare che l'imposta in esame risponde  a  un'esigenza  di
ordine  sanitario,  l'Avvocatura  osserva  che  il  prelievo  fiscale
dovrebbe provocare,  attraverso  la  sua  traslazione  economica,  un
aumento del prezzo di tali prodotti e, quindi, una minore propensione
al loro acquisto da parte dei consumatori. 
    La selezione di una determinata  produzione  come  meritevole  di
tassazione  sarebbe,  pertanto,  giustificabile  anche  rispetto   al
principio   di   eguaglianza    tributaria,    che    consente    una
differenziazione del sistema impositivo per settori produttivi,  aree
economiche o tipologia  di  contribuenti,  purche'  non  degeneri  in
arbitraria discriminazione. Tale assunto troverebbe,  d'altro  canto,
conferma nella circostanza che, nel  caso  dell'IVA,  il  trattamento
tributario  riservato  ai  singoli  prodotti   alimentari   e'   gia'
ampiamente differenziato, secondo quanto disposto  dalla  Tabella  A,
allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre  1972,
n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul  valore  aggiunto),
in linea con  il  diritto  dell'Unione  europea  in  materia  di  IVA
armonizzata, che prevede aliquote diverse (4, 5, 10 o 22  per  cento)
per tipologie di prodotti, in base a ragioni commerciali, politiche o
anche solo di opportunita'. Un  simile  trattamento  differenziato  -
ricorda ancora la parte interveniente - e' d'altronde previsto  anche
nel regolamento  (UE)  n.  952/2013  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio,  del  9  ottobre  2013,  istitutivo  del  codice  doganale
dell'Unione. In specie,  si  sottolinea  che  la  suddetta  normativa
europea stabilisce che  alle  merci  contemplate  dalla  nomenclatura
combinata, destinate all'esportazione e all'importazione da  e  verso
il territorio dell'Unione europea, debbano essere  applicati  i  dazi
convenzionali  o  autonomi  normali  previsti  in  corrispondenza  di
ciascuna voce della medesima nomenclatura combinata, sicche' non puo'
dirsi che la tassazione dei prodotti in questione avvenga  in  misura
omogenea. 
    A  tali  considerazioni  la  parte  interveniente  aggiunge   che
l'imposta in questione non e' applicata  alle  sostanze  edulcoranti,
bensi' alle bevande analcoliche cui siano aggiunti edulcoranti  oltre
un quantitativo percentuale prestabilito. Base imponibile del tributo
e' il quantitativo di bevanda  prodotta  e  confezionata  per  essere
preordinata al consumo finale;  pertanto,  l'aliquota  di  tassazione
(fissata dal comma 665  del  censurato  art.  1  in  euro  10,00  per
ettolitro di  bevanda  nonche'  euro  0,25  per  chilogrammo,  per  i
prodotti predisposti  ad  essere  utilizzati  previa  diluizione)  e'
stabilita in relazione al volume della bevanda da tassare, risultando
irrilevante il quantitativo di  edulcoranti  effettivamente  presenti
nella bevanda finita. 
    Inoltre,  evidenzia  l'Avvocatura  che  i  prodotti  colpiti  dal
tributo sono compiutamente  e  organicamente  individuati  attraverso
l'indicazione  delle  voci   di   nomenclatura   combinata   dell'UE,
utilizzate in ambito doganale per riferirsi  a  insiemi  di  prodotti
commercialmente uniformi e fungibili, corrispondenti, nella specie, a
succhi di frutta o di ortaggi (NC  2009)  e  acque  con  aggiunta  di
zuccheri o di altri dolcificanti (NC 2202), che  vengono  qualificati
come bevande e che  non  avrebbero  nulla  a  che  vedere  con  altri
alimenti di uso comune. Questi ultimi potrebbero  contenere  sostanze
edulcoranti, ma avrebbero caratteristiche funzionali  e  nutrizionali
del tutto distinte dalle bevande edulcorate. Tali bevande, viceversa,
sono oggetto di tassazione senza alcuna distinzione, con  l'eccezione
di quelle assimilate  a  sostanze  alimentari  nutrienti,  in  quanto
elaborate «per la gestione delle specifiche esigenze nutrizionali  di
soggetti che, in dipendenza di particolari  condizioni  cliniche  che
comportano  una  limitata  o  alterata  capacita'   di   assumere   o
metabolizzare determinati alimenti o sostanze nutrienti,  necessitano
di tali bevande o  preparati  per  completare  o  integrare  la  loro
alimentazione»,  nonche'  delle  bevande  analcoliche  con   aggiunte
modestissime di zuccheri naturali o sintetici, oltre a quelle con  un
titolo alcolometrico superiore a 1,2 per cento in volume. 
    Sarebbe,  pertanto,  evidente  l'intrinseca  razionalita'   della
scelta legislativa di introdurre un nuovo tributo  su  una  specifica
fattispecie di  prodotti,  le  bevande  edulcorate,  compiutamente  e
organicamente individuata, il  cui  consumo  risulta  particolarmente
diffuso soprattutto nella fascia  di  consumatori  di  giovane  eta',
arrecando obesita', sovrappeso, malattie cardiovascolari e diabete. 
    La differenziazione del trattamento fiscale fra bevande  e  altri
prodotti alimentari  edulcorati  troverebbe  la  sua  giustificazione
nella necessita' di coniugare diverse  esigenze  sottese  a  principi
costituzionali, attraverso un'opera di bilanciamento complessa, i cui
effetti non sarebbero ne' distorsivi,  ne'  irragionevoli.  La  parte
interveniente osserva che l'applicazione rigorosa  del  principio  di
capacita' contributiva -  che  «costituisce  una  specificazione  del
principio di eguaglianza»  -  spingerebbe  verso  la  moltiplicazione
delle distinzioni tra situazioni differenti, con evidenti distorsioni
all'interno del sistema. Per questa ragione - osserva ancora la parte
interveniente - spetterebbe al legislatore coniugare razionalmente il
citato principio con altri principi costituzionali e con «le esigenze
sottese alla c.d. "ragion fiscale"» (quali, ad esempio, la tempestiva
ed efficace realizzazione della pretesa  tributaria,  la  repressione
dell'evasione  fiscale,  la   semplificazione   degli   adempimenti),
esigenze   che,   nella   specie,   sarebbero   state   adeguatamente
considerate,  attraverso  una  delicata  opera  di  bilanciamento  di
diversi obiettivi. 
    L'interveniente    ricorda,    altresi',     che,     ai     fini
dell'individuazione del perimetro di applicazione  della  sugar  tax,
nel rispetto della  normativa  europea  in  materia  di  utilizzo  di
additivi alimentari, e' stato  necessario  stilare  un  elenco  delle
sostanze in grado di conferire sapore  dolce  alle  bevande,  nonche'
fissare - con decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze  15
ottobre 2020 (Imposta sul  consumo  delle  bevande  edulcorate),  nel
rispetto del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento  europeo  e
del  Consiglio,  del  16  dicembre  2008,  relativo   agli   additivi
alimentari - i valori afferenti al potere edulcorante che rendono una
bevanda  tassabile.  Successivamente,  con   decreto   del   Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  12  maggio  2021  (appunto   quello
impugnato nei giudizi a quibus) sono state disciplinate le  modalita'
attuative dell'imposta e individuati i relativi adempimenti contabili
e dichiarativi. 
    A  ulteriore  sostegno  della   congruita'   delle   disposizioni
censurate, la difesa statale ricorda gli studi scientifici che  hanno
rilevato come le bevande in questione  contengano  zuccheri  semplici
che fanno alzare rapidamente  la  glicemia,  a  differenza  di  altri
alimenti che, a parita' di quantita' di zuccheri,  hanno  un  effetto
diverso  sul  metabolismo,  contenendo  anche  grassi  in  grado   di
rallentare l'assorbimento del glucosio. 
    Pertanto,  secondo   l'Avvocatura   le   disposizioni   censurate
sarebbero immuni dai vizi  paventati  nell'ordinanza  di  rimessione.
Quest'ultima, peraltro, non recherebbe alcuna evidenza delle  ragioni
atte a giustificare la pretesa assimilazione alle bevande degli altri
generi alimentari,  nemmeno  compiutamente  individuati,  sicche'  la
comparazione  in  questione  resterebbe  confinata  ad   uno   stadio
meramente teorico e astratto. 
    3.-  Si   e'   costituita   in   giudizio   Assobibe,   chiedendo
l'accoglimento delle questioni sollevate. 
    In linea con gli argomenti  svolti  dal  giudice  rimettente,  la
difesa della parte sostiene che la  differenziazione  di  trattamento
fiscale, fra bevande analcoliche con sostanze  edulcoranti  eccedenti
una determinata soglia e prodotti alimentari contenenti  le  medesime
sostanze, non sia sostenuta da alcuna ragione oggettiva. Tale diverso
trattamento fiscale sarebbe irragionevole anche  tenuto  conto  delle
finalita'  dell'imposta  (riduzione  di  malattie  quali  obesita'  e
diabete), che imporrebbero di  applicarla  anche  ad  altri  prodotti
alimentari contenenti i medesimi edulcoranti. 
    Nella memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica, la
difesa di  Assobibe  contesta  l'assunto  della  parte  interveniente
secondo cui la misura introdotta dal  legislatore  italiano  mira  ad
allineare l'Italia,  sotto  il  profilo  fiscale,  agli  altri  Paesi
europei, considerato che non  esiste  un  obbligo  di  armonizzazione
delle legislazioni fiscali. Ne' sarebbe corretto evocare il principio
di  precauzione,  in  assenza  di  evidenze  scientifiche  circa   la
nocivita' del prodotto tassato. 
    4.- Si e' costituita in giudizio anche Sibeg srl,  aderendo  alle
conclusioni del rimettente. 
    La difesa della parte  premette  che  la  sugar  tax,  in  quanto
contraddistinta  da  un   ambito   di   applicazione   esclusivamente
nazionale, andrebbe a colpire in modo pesante i soggetti che  -  come
la stessa Sibeg srl - hanno come destinazione naturale di  produzione
il mercato interno, senza che sia  dimostrato  un  effetto  realmente
disincentivante per il consumatore. 
    Nel richiamare gli argomenti svolti nell'ordinanza di rimessione,
la parte ricorda la giurisprudenza di questa Corte secondo cui  «ogni
diversificazione del regime tributario, per  aree  economiche  o  per
tipologia  dei  contribuenti,  deve  essere  supportata  da  adeguate
giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione  degenera
in arbitraria discriminazione» (sono citate le sentenze  n.  288  del
2019, n. 10 del 2015, n. 104 del 1985 e n. 42 del  1980).  In  questa
prospettiva,  la  verifica  della   violazione   del   principio   di
eguaglianza  tributaria  imporrebbe  uno  scrutinio   particolarmente
rigoroso circa la sussistenza di  una  eadem  ratio  che  giustifichi
l'estensione a fattispecie ritenute escluse (e' citata la sentenza n.
120 del 2020 di questa Corte). 
    Considerato che, secondo la difesa di Sibeg  srl,  la  regola  di
giudizio ricavabile dall'art. 53 Cost., letto in  combinato  disposto
con l'art. 3 Cost., e' che il legislatore,  nel  momento  impositivo,
non deve  compiere  discriminazioni  arbitrarie,  nella  specie  tale
regola  sarebbe  stata  violata,  non  risultando  giustificabile  un
trattamento fiscale differenziato tra prodotti alimentari e  bevande,
diretto a colpire solo le seconde e volto a esonerare,  senza  alcuna
giustificazione, i primi. Tale differenziazione si tradurrebbe in una
manifesta discriminazione, anche in ragione del fatto che i  prodotti
dolciari sono in media quelli piu' calorici e di piu' largo  consumo,
specie nella popolazione infantile. A tal proposito, la difesa  della
parte segnala  l'assenza  di  evidenze  scientifiche  che  colleghino
l'obesita' e le  altre  patologie  all'uso  eccessivo  delle  bevande
dolci, laddove anzi il tema  dell'obesita'  sembrerebbe  maggiormente
legato a stili  di  vita  sedentari.  Da  studi  rivolti  al  settore
interessato dalla sugar tax emergerebbe, altresi', che in Italia  non
si riscontra una situazione di emergenza legata al consumo di bevande
edulcorate, di cui viceversa si registrerebbe un  calo  costante.  La
scelta di colpire la categoria delle bevande  edulcorate  apparirebbe
ingiustamente gravosa per le imprese obbligate, anche in ragione  del
fatto che nel settore  alimentare,  pur  a  fronte  di  prodotti  con
identica o maggiore  quantita'  di  edulcoranti,  l'aliquota  sarebbe
compresa fra il 4 e il 10 per cento, laddove l'aliquota prevista  per
le bevande sarebbe del 22 per  cento.  Considerato  che  nel  sistema
tributario ogni trattamento differenziato deve essere giustificato in
ragione della capacita' contributiva e che  quest'ultima  sarebbe  la
medesima nel settore del food e del beverage, l'ingiusto  trattamento
deteriore riservato  al  settore  delle  bevande  dolci  risulterebbe
contrario al principio di eguaglianza tributaria. 
    Pertanto,  il  diverso  trattamento  fiscale  riservato   a   due
fattispecie  in  apparenza  omogenee  sarebbe  privo   di   qualsiasi
giustificazione e, di conseguenza, la previsione che ha introdotto la
nuova imposta si  configurerebbe  come  arbitraria,  irragionevole  e
discriminatoria e tale da danneggiare  irreversibilmente  il  settore
produttivo delle bevande analcoliche edulcorate. 
    5.- All'udienza del 7 febbraio 2024, le parti  e  l'interveniente
hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni formulate  negli
scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  TAR  Lazio  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi da 661 a 676, della  legge  n.  160
del 2019, in riferimento al principio di  eguaglianza  tributaria  di
cui agli artt. 3 e 53 Cost. 
    1.1.- Le citate disposizioni - premette  il  rimettente  -  hanno
introdotto  e  disciplinato  l'«imposta  sul  consumo  delle  bevande
analcoliche [...] denominate bevande edulcorate» (comma 661). Tali si
intendono «i prodotti finiti e  i  prodotti  predisposti  per  essere
utilizzati [...] previa diluizione, rientranti nelle voci NC  2009  e
2202 della nomenclatura combinata dell'Unione  europea»  (comma  662)
(che corrispondono, rispettivamente, a: succhi di frutta e di ortaggi
e legumi, non fermentati, senza aggiunta di alcol, anche  addizionati
di zuccheri o di altri dolcificanti; acque, comprese quelle  minerali
e gassate, con aggiunta di zucchero o  di  altri  dolcificanti  o  di
aromatizzanti e altre bevande non  alcoliche,  esclusi  i  succhi  di
frutta e di ortaggi della voce 2009), con una  percentuale  di  alcol
uguale o inferiore all'1,2 per  cento  in  volume,  cui  siano  state
aggiunte sostanze - di origine naturale o sintetica  -  in  grado  di
conferire un sapore dolce. 
    L'imposta  colpisce  l'immissione  in  commercio  nel  territorio
nazionale delle citate bevande,  nella  misura  di  «euro  10,00  per
ettolitro» per i prodotti finiti e di «euro 0,25 al chilogrammo»  per
i prodotti predisposti per essere utilizzati previa diluizione (comma
665), sia se prodotti da imprese nazionali,  sia  se  provenienti  da
altri Stati membri dell'Unione europea o importati da Stati terzi. La
medesima non si applica ove non sia raggiunta una  certa  "soglia  di
dolcezza"  e,  cioe',  allorquando  il   contenuto   complessivo   di
edulcoranti sia inferiore o uguale  a  25  grammi  per  litro  per  i
prodotti finiti e  a  125  grammi  per  chilogrammo  per  i  prodotti
predisposti ad essere utilizzati previa diluizione (comma 666). 
    Quanto alle  finalita'  dell'introduzione  della  sugar  tax,  il
Collegio rimettente rileva  come,  nella  relazione  illustrativa  al
disegno  di  legge  di  bilancio  integrato  2020-2022,  esse   siano
ravvisate nella riduzione - attraverso la disincentivazione  dell'uso
delle bevande  analcoliche  con  un  contenuto  elevato  di  sostanze
edulcoranti  naturali  o  artificiali  aggiunte  -  della  diffusione
dell'obesita' e del diabete, nonche' di altri effetti dannosi per  la
salute  dell'uomo,  conseguenti   all'eccessivo   uso   di   sostanze
edulcoranti sintetiche. 
    1.2.- Su queste premesse, il TAR Lazio dubita  della  conformita'
al principio di eguaglianza  tributaria  della  disciplina  contenuta
nell'art. 1, commi da 661 a 676, della legge n. 160 del  2019  «nella
parte in cui ha assoggettato ad imposta sul consumo i  soli  prodotti
rientranti nelle voci NC 2009 e  2202  della  nomenclatura  combinata
dell'Unione europea (ossia certe bevande  analcoliche)  ottenuti  con
l'aggiunta di edulcoranti, e  non  anche  altri  prodotti  alimentari
diversi dalle bevande ma parimenti contraddistinti dall'aggiunta  dei
medesimi edulcoranti». 
    A partire dalla considerazione che il  legislatore,  pur  potendo
determinare  discrezionalmente  i  singoli  fatti  espressivi   della
capacita' contributiva, deve comunque operare il riparto  del  carico
pubblico secondo criteri di coerenza interna, non contraddittorieta',
adeguatezza  e  non  arbitrarieta',  al  fine  di  assicurare  che  a
situazioni di fatto eguali corrispondano eguali regimi impositivi  e,
in via correlata, a situazioni  diverse  corrisponda  un  trattamento
tributario diseguale, il rimettente ritiene che, nella  specie,  cio'
non sia avvenuto. 
    La  diversa  «regola  fiscale»  applicata   a   due   fattispecie
apparentemente omogenee («id  est  da  un  lato  l'imposizione  della
"sugar tax" alle bibite contenenti edulcoranti,  dall'altro  lato  la
mancata imposizione della "sugar tax" agli altri prodotti  alimentari
diversi  dalle  bevande  contenenti  i  medesimi  edulcoranti»)   non
troverebbe alcuna  giustificazione  oggettiva  ne'  nel  testo  della
legge, ne' nella relazione illustrativa del disegno di legge: e  cio'
in spregio del fatto che il fine ultimo di tale prelievo (contrastare
l'obesita',  il  diabete  e  il  consumo  di   sostanze   edulcoranti
sintetiche)  ben  avrebbe  potuto  realizzarsi  incidendo  anche  sui
prodotti alimentari diversi dalle bevande analcoliche. 
    2.- In via preliminare, non sussistono ostacoli  all'esame  della
questione nel merito. 
    2.1.- Il TAR Lazio premette di essere stato  adito  per  ottenere
l'annullamento del  d.m.  12  maggio  2021,  impugnato  per  vizi  di
illegittimita'  derivata  dall'illegittimita'  costituzionale   della
normativa che ha introdotto e disciplinato la citata imposta, di  cui
il decreto in discorso costituisce attuazione. 
    Recependo, sia pure sotto il solo profilo  della  violazione  del
principio  di  eguaglianza  tributaria,  i  dubbi  prospettati  dalle
ricorrenti  nei  giudizi  principali  con  riguardo  alla   normativa
contenente la disciplina della  sugar  tax,  il  Collegio  rimettente
riconosce la rilevanza della questione e fornisce  ampie  motivazioni
sul punto, anche per respingere le eccezioni di inammissibilita'  dei
ricorsi formulate dalle  amministrazioni  resistenti  nei  giudizi  a
quibus. 
    2.1.1- In particolare, quanto all'eccezione  di  inammissibilita'
per difetto di incidentalita',  il  rimettente  ha  ritenuto  che  il
ricorso, lungi dal risolversi in un'inammissibile impugnazione di una
legge, miri all'accertamento dei vizi di illegittimita'  di  un  atto
amministrativo, derivati dalla pretesa illegittimita'  costituzionale
della legge di cui il medesimo  costituisce  applicazione.  Pertanto,
anche in caso di declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  di
quest'ultima,  il  giudice  amministrativo  e'  comunque  chiamato  a
esercitare  il  potere  di  annullamento  dell'atto,  non   essendoci
coincidenza fra la questione principale di merito e la  questione  di
legittimita' costituzionale della legge, che risulta pregiudiziale  e
quindi rilevante. 
    Considerato che spetta al giudice rimettente «accertare il  nesso
di rilevanza che deve avvincere  i  due  giudizi,  a  meno  che  tali
valutazioni  non  risultino  manifestamente  e  incontrovertibilmente
carenti,   ovvero   la   motivazione   della   loro   esistenza   sia
manifestamente implausibile» (sentenza n. 240 del 2021), nella specie
tale  onere  risulta  adeguatamente  soddisfatto,  in  linea  con  la
costante giurisprudenza costituzionale. Da tempo risalente,  infatti,
questa Corte ha  riconosciuto  la  sussistenza  del  requisito  della
rilevanza «ogniqualvolta sia individuabile nel giudizio principale un
petitum separato e distinto dalla questione (o  dalle  questioni)  di
legittimita' costituzionale, sul  quale  il  giudice  rimettente  sia
chiamato a pronunciarsi» (sentenza n. 4 del 2000 e ordinanza  n.  103
del 2022; di recente, nello stesso senso, sentenze n. 161 del 2023  e
n. 169 del 2022). Cio' che accade nel  caso  di  specie,  in  cui  si
chiede al TAR Lazio di pronunciare l'annullamento del d.m. 12  maggio
2021, in quanto adottato in applicazione  di  una  normativa  che  si
assume essere costituzionalmente illegittima. 
    2.1.2.- Anche la motivazione svolta dal Collegio rimettente sulla
sussistenza dell'interesse a ricorrere delle ricorrenti nel  giudizio
principale, connessa alla lesivita' del decreto  impugnato,  soddisfa
le condizioni per superare il vaglio di  ammissibilita'  demandato  a
questa Corte. Quest'ultimo «e' meramente estern[o] e  strumentale  al
riscontro di una adeguata motivazione in  punto  di  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale» (sentenze n. 4 del  2024  e
n. 193 del 2022; nello stesso senso sentenze n. 240 del 2021 e n. 224
del 2020), considerato che «la valutazione dell'interesse a ricorrere
e degli altri presupposti concernenti la legittima instaurazione  del
giudizio a quo e' riservata al giudice rimettente» (sentenze n. 4 del
2024 e n. 193 del 2023), con il  solo  limite  che  sia  fornita  una
motivazione «sufficiente e non implausibile»  (sentenza  n.  240  del
2021). 
    Nella specie, infatti,  il  giudice  rimettente  ha  fornito  una
motivazione  non  implausibile,  la'  dove  -   in   linea   con   la
giurisprudenza amministrativa secondo cui  possono  essere  impugnati
gli atti amministrativi  generali  e  i  regolamenti  che  contengano
disposizioni in grado di  ledere  in  via  diretta  ed  immediata  le
posizioni giuridiche soggettive dei destinatari (Consiglio di  Stato,
sezione settima, sentenza 29 marzo 2023,  n.  3216;  sezione  quarta,
sentenze 21 maggio 2021, n. 3953 e 13 febbraio 2020, n.  1159)  -  ha
ritenuto sussistente  l'interesse  a  ricorrere  avverso  il  decreto
impugnato,  in  considerazione  delle  previsioni  dello  stesso  che
impongono  agli  operatori  di  settore  una  serie  di   adempimenti
preliminari rispetto all'istituzione del tributo,  gia'  di  per  se'
stringenti e in grado  di  ledere  in  via  diretta  la  sfera  delle
ricorrenti. 
    Simili adempimenti, contabili e amministrativi (come, ad esempio,
l'obbligo - gravante sugli esercenti di impianti di produzione e  sui
soggetti cedenti bevande  edulcorate  -  di  denuncia  dell'esercizio
dell'attivita' all'ufficio dell'Agenzia delle dogane e  dei  monopoli
competente territorialmente, nonche' l'obbligo di redazione  e  invio
di  specifici  prospetti   riepilogativi   ove   vanno   annotati   i
quantitativi  di  bevande  edulcorate   ottenuti   nell'impianto   di
produzione) sono da ritenersi preparatori e strumentali rispetto alla
fase di autoliquidazione  e  versamento  del  tributo  e  richiedono,
dunque,  che  gli  operatori  del  settore  abbiano   il   tempo   di
adeguarvisi. Il che e', del resto, confermato dalla  circostanza  che
il comma 675 dell'art. 1 della legge n. 160 del 2019,  in  attuazione
del quale il d.m. 12 maggio  2021  e'  stato  adottato,  e'  divenuto
immediatamente efficace, sia pure a fronte  dell'efficacia  differita
delle restanti disposizioni. 
    Sotto  tale  profilo,  nessun  rilievo  riveste,   pertanto,   la
circostanza che il tributo  in  discorso  non  abbia  ancora  trovato
applicazione in conseguenza delle reiterate proroghe del  termine  di
acquisto dell'efficacia della  disciplina  contenuta  nei  richiamati
commi da 661 a 674 (da ultimo ulteriormente differita  al  1°  luglio
2024 per effetto dell'art. 1, comma 44, lettera  b,  della  legge  30
dicembre 2023, n. 213, recante «Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2024-2026»). 
    2.2.- Ancora in via  preliminare,  occorre  rilevare  che,  dalla
lettura dell'ordinanza di rimessione nel suo  complesso,  si  evince,
con sufficiente chiarezza, che il verso dell'intervento  richiesto  a
questa  Corte  per  porre   rimedio   alla   dedotta   illegittimita'
costituzionale e' meramente ablativo della normativa che istituisce e
disciplina l'imposta sulle bevande analcoliche edulcorate. 
    Sebbene, infatti, la formulazione del petitum possa ingenerare il
dubbio che sia stato richiesto un intervento manipolativo-additivo di
estensione del tributo ai prodotti alimentari diversi  dalle  bevande
analcoliche edulcorate, ma egualmente  contraddistinti  dall'aggiunta
di zuccheri, dal tenore  degli  argomenti  svolti  a  sostegno  della
dedotta violazione del principio  di  eguaglianza  tributaria  e  del
conseguente    preteso    ingiustificato    trattamento    tributario
differenziato  a  carico  delle  sole  citate  bevande,  nonche'  dal
richiamo a precedenti pronunce di questa Corte relative  a  questioni
pure inerenti a trattamenti fiscali e differenziati,  di  cui  si  e'
chiesto l'annullamento (sentenza  n.  201  del  2014),  e'  possibile
individuare il contenuto e il verso delle censure  (sentenza  n.  194
del  2021)  e  quindi  anche  dell'intervento  richiesto,  cosi'   da
consentire alla questione di superare il vaglio di ammissibilita'. 
    3.- Nel merito, la questione sollevata non e' fondata. 
    3.1.- Questa Corte ha ripetutamente affermato  che  il  principio
dell'eguaglianza tributaria, desumibile dal combinato disposto  degli
artt. 3 e 53 Cost., impone  che  «ogni  diversificazione  del  regime
tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve
essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali
la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione» (sentenza
n. 288 del 2019). 
    Il legislatore gode, infatti, di  «un'ampia  discrezionalita'  in
relazione alle varie finalita' alle  quali  s'ispira  l'attivita'  di
imposizione fiscale» (sentenza n. 108 del 2023); la sua attivita'  e'
comunque soggetta al controllo di questa Corte circa il rispetto  dei
menzionati principi costituzionali di cui agli artt. 3  e  53  Cost.,
che «si risolve in un giudizio sull'uso ragionevole  o  meno  che  il
legislatore stesso abbia  fatto  dei  suoi  poteri  discrezionali  in
materia tributaria, diretto a verificare [...] la  non  arbitrarieta'
dell'entita' dell'imposizione (ex plurimis, sentenze n. 10 del  2015,
n. 142 del 2014, n. 116 del 2013, n. 223 del 2012 e n. 111 del  1997;
ordinanza n. 341 del 2000)» (ancora, sentenza n. 108 del 2023). 
    In altri termini, «non e' di per  se'  lesivo  del  principio  di
uguaglianza e di capacita' contributiva il fatto che  il  legislatore
individui, di volta in volta, quali indici  rivelatori  di  capacita'
contributiva, le varie specie di  beni  patrimoniali  sia  di  natura
mobiliare che immobiliare (sentenza  n.  111  del  1997)».  Tuttavia,
«[l]a possibilita' di imposizioni differenziate [...], anche  se  non
vietata dagli artt. 3 e 53 Cost., deve pur  sempre  ancorarsi  a  una
adeguata giustificazione obiettiva» (di nuovo, sentenza  n.  108  del
2023; nello stesso senso, sentenze n. 10 del 2015, n. 142 del 2014  e
n. 21 del 2005). 
    Del resto, nell'ordinamento nazionale, il trattamento  tributario
riservato  ai  singoli  prodotti  alimentari   e'   gia'   ampiamente
differenziato: basti pensare al caso dell'IVA che, in base  a  quanto
disposto dalla Tabella A, allegata al d.P.R.  n.  633  del  1972,  in
linea  con  il  diritto  dell'Unione  europea  in  materia   di   IVA
armonizzata, si applica alle varie tipologie di prodotti con aliquote
diverse (4, 5, 10 o 22 per cento), in  base  a  ragioni  commerciali,
politiche o anche solo di opportunita'. 
    3.2.- E' alla  luce  delle  richiamate  indicazioni  che  occorre
valutare la disciplina sottoposta a scrutinio. 
    L'imposta sul consumo delle bevande  analcoliche  edulcorate,  la
cui istituzione e' prevista dal censurato comma 661 dell'art. 1 della
legge n. 160 del 2019, rientra nel novero dei tributi indiretti sulla
produzione e sul  consumo  di  certi  beni,  contraddistinti  da  una
prevalente finalita' extrafiscale, che, nella specie, e'  individuata
nel contrasto di condotte - dei singoli e delle imprese  -  incidenti
negativamente sulla salute. 
    Tale finalita'  e'  perseguita  mediante  il  disincentivo  della
commercializzazione e del  consumo  di  specifici  prodotti  ritenuti
dannosi appunto per  la  salute,  il  cui  eccessivo  utilizzo  puo',
pertanto, generare anche un aggravio di spesa pubblica, connesso alla
conseguente necessita' di assicurare appropriate cure  attraverso  il
Servizio sanitario nazionale. 
    La relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2020 fa
esplicito riferimento all'intento del  legislatore  di  dare  seguito
all'invito dell'OMS, contenuto nel gia' citato rapporto del  2015,  a
introdurre  una  specifica  tassazione  delle   bevande   analcoliche
prodotte con l'aggiunta di sostanze dolcificanti di origine  naturale
o  sintetica,  con   l'obiettivo   di   limitarne   il   consumo   e,
conseguentemente,  di  contribuire  alla  riduzione  dei   tassi   di
sovrappeso e obesita', oltre che di carie e diabete, anche in  virtu'
dei risultati, attestati dalla medesima  organizzazione  e  da  studi
scientifici su cui si fonda il piu' sopra  richiamato  rapporto,  che
sono stati realizzati nei Paesi in cui la sugar tax  viene  applicata
da tempo. Piu'  di  recente,  in  un  ulteriore  rapporto  pubblicato
dall'Ufficio  europeo  dell'OMS  nel  2022,  e'  stata  ribadita   la
necessita' dell'introduzione di una simile imposta  anche  nei  Paesi
europei che non l'hanno ancora prevista, alla  luce  dei  riscontrati
effetti positivi della  sugar  tax  in  termini  di  limitazione  del
consumo delle bevande  analcoliche  edulcorate  in  correlazione  con
l'aumento del prezzo delle stesse (e/o per effetto  della  riduzione,
da parte delle imprese produttrici,  della  percentuale  di  zuccheri
aggiunti alle bevande in questione) e  del  conseguente  contenimento
delle malattie non trasmissibili  (quali  obesita',  diabete,  eventi
cardiovascolari, ipertensione),  ritenute  responsabili  del  71  per
cento di tutti i decessi  a  livello  globale,  con  correlati  costi
sociali ed economici molto elevati. 
    Seguendo questo invito e allineandosi  a  provvedimenti  analoghi
gia' adottati in numerosi altri ordinamenti, il legislatore nazionale
e' intervenuto a dettare una disciplina  puntuale  della  sugar  tax,
individuando con precisione le bevande edulcorate la cui  cessione  a
opera del produttore nazionale o il cui ricevimento  da  altri  Paesi
dell'Unione europea da parte dell'acquirente nazionale o, ancora,  la
cui importazione  definitiva  nel  territorio  nazionale  e'  colpita
attraverso  l'indicazione  delle  voci  di   nomenclatura   combinata
dell'UE, universalmente utilizzate in ambito doganale per individuare
insiemi   di   prodotti   commercialmente   uniformi   e   fungibili,
corrispondenti, nella specie, a succhi di frutta  o  di  ortaggi  (NC
2009) e acque con aggiunta di zuccheri o di  altri  dolcificanti  (NC
2202). 
    In modo  altrettanto  puntuale  e'  stata  identificata  la  base
imponibile corrispondente  al  quantitativo  di  bevanda  immessa  in
commercio (tale per cui l'imposta e' determinata nella misura di euro
10,00 per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di  euro  0,25  per
chilogrammo  per  i  prodotti  concentrati,  predisposti  per  essere
utilizzati previa diluizione), nonche' la soglia massima di  zuccheri
complessivamente contenuti (25 grammi per litro  o,  per  i  prodotti
predisposti per essere utilizzati previa diluizione,  un  massimo  di
125 grammi per  chilogrammo)  ai  fini  dell'esenzione  dall'imposta:
soglia, quest'ultima, corrispondente a quella stabilita dall'Allegato
al regolamento  (CE)  n.  1924/2006  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  20   dicembre   2006,   relativo   alle   indicazioni
nutrizionali e sulla salute  fornite  sui  prodotti  alimentari,  con
riguardo  alle  bevande  identificate  come  «a  basso  contenuto  di
zuccheri». 
    3.3.- Da quanto richiamato risulta palese che la  giustificazione
dell'introduzione della imposta sulle bevande analcoliche  edulcorate
discende dalla attitudine  delle  stesse,  per  la  loro  particolare
composizione, a provocare diabete, obesita'  e  altre  patologie  non
trasmissibili: attitudine puntualmente attestata da studi scientifici
riversati   in   raccomandazioni    di    organismi    internazionali
specificamente volti a suggerire l'imposizione fiscale sulle medesime
bevande  (cosi'  significativamente  si  legge  nel  gia'  richiamato
rapporto pubblicato dall'Ufficio europeo dell'OMS nel 2022). 
    E'  proprio  tale  specifica  attestazione  scientifica  a  porsi
all'origine  sia  del  presupposto  dell'imposta,  individuato  nella
cessione e/o immissione in commercio sul territorio  nazionale  delle
bevande  analcoliche   edulcorate;   sia   della   base   imponibile,
individuata nel quantitativo di bevanda immessa in commercio  per  il
consumo (e non della  sostanza  edulcorante  in  quanto  tale);  sia,
infine, dei soggetti passivi della medesima imposta, individuati  nei
produttori (condizionatori o acquirenti o importatori) delle medesime
bevande. 
    La  medesima  giustificazione   scientifica   risulta,   inoltre,
sufficiente a impedire che  i  prospettati  profili  di  omogeneita',
rispetto alle citate bevande, di altri prodotti alimentari edulcorati
raggiungano una soglia di evidenza  tale  da  rendere  arbitraria,  e
quindi irragionevolmente discriminatoria, la  scelta  impositiva  del
legislatore (sentenze n. 108 del 2023, n. 240 del  2017,  n.  10  del
2015, n. 142 del 2014 e n. 116 del 2013). Sotto questo  profilo,  va,
altresi', rimarcata  l'estrema  genericita'  con  cui  il  rimettente
individua  il  tertium  comparationis  («altri  prodotti   alimentari
diversi dalle bevande contenenti i medesimi edulcoranti»). Si tratta,
infatti, di un insieme di prodotti con caratteristiche  funzionali  e
nutrizionali  assai  eterogenee  fra  loro,  oltre  che   del   tutto
differenti da quelle delle  bevande  edulcorate,  insieme  come  tale
inidoneo  a  fungere  da  termine  di  riferimento   della   supposta
violazione del principio di eguaglianza tributaria. E cio' a  maggior
ragione  in  quanto  la  nuova  imposta  non  grava  sulle   sostanze
edulcoranti  in  se'  considerate,  ma  propriamente  sulle   bevande
edulcorate e in funzione  della  quantita'  di  edulcoranti  aggiunti
evidentemente calcolata in base alla tipologia di prodotti alimentari
(liquidi) interessata.