ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma  1,
del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia
di  federalismo  Fiscale  Municipale),  promossi   dalla   Corte   di
cassazione, sezione tributaria, con ordinanze  del  13  aprile  2023,
iscritte ai numeri 84 e 85 del registro ordinanze 2023  e  pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  26,  prima   serie
speciale, dell'anno 2023. 
    Visti gli atti di costituzione di casa di cura Valle Fiorita srl; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 marzo 2024 il Giudice  relatore
Angelo Buscema; 
    udito l'avvocato  Rosamaria  Nicastro  per  casa  di  cura  Valle
Fiorita srl; 
    deliberato nella camera di consiglio del 5 marzo 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con due ordinanze di identico tenore, iscritte ai numeri 84 e
85 del registro ordinanze  2023,  la  Corte  di  cassazione,  sezione
tributaria, ha sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo  2011,  n.  23
(Disposizioni in materia di federalismo  Fiscale  Municipale),  nella
sua formulazione originaria applicabile ratione temporis, nella parte
in cui non prevede l'esenzione dal pagamento dell'imposta  municipale
unica (IMU) nell'ipotesi di occupazione abusiva dell'immobile che non
possa essere  liberato  pur  in  presenza  di  denuncia  agli  organi
istituzionali preposti, per violazione degli artt.  3,  primo  comma,
53, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione e  dell'art.
1 del Protocollo addizionale alla  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo. 
    2.- Riferisce il rimettente che la controversia nasce  a  seguito
di due ricorsi della casa  di  cura  Valle  Fiorita  srl  avverso  il
silenzio rifiuto opposto da Roma Capitale  sull'istanza  di  rimborso
del versamento IMU, rispettivamente per le annualita'  2013  e  2014,
relativo  a  un  immobile  di  proprieta'  della  suddetta  societa',
occupato abusivamente da terzi a  partire  dal  dicembre  2012.  Tale
societa'  aveva  dimostrato  che  erano  state  attivate   tutte   le
necessarie  iniziative  per  prevenire  l'occupazione   dell'immobile
(«dalla predisposizione della chiusura a mezzo blocchetti di  cemento
delle aperture [...] alla attivazione di un servizio di  sorveglianza
privata ancorche' non armata sin dal mese di marzo 2012») e che aveva
altresi'  provveduto  a   denunciare   immediatamente   all'autorita'
preposta l'avvenuta sua occupazione abusiva e tuttavia, benche' fosse
stato disposto un sequestro preventivo  dell'immobile  da  parte  del
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario  di  Roma
nell'agosto 2013, lo stesso non aveva avuto esecuzione per motivi  di
ordine pubblico. 
    Secondo il giudice a quo, dunque, casa di cura Valle Fiorita  srl
era proprietaria dell'immobile, ma al contempo ne  aveva  perduto  il
possesso, sicche' non sussisterebbe il presupposto per l'applicazione
dell'imposta di cui era stato chiesto  il  rimborso,  atteso  che  la
predetta societa' - pur  avendo  ottenuto  un  decreto  di  sequestro
preventivo dall'autorita' giudiziaria che aveva ipotizzato  il  reato
di occupazione abusiva  di  immobile  sanzionato  dall'art.  633  del
codice  penale  -  non  era  riuscita  a  ripristinare  il  «contatto
materiale con il bene». Dalle indagini giudiziarie risultava  infatti
che gli occupanti avevano modificato i locali  occupati,  installando
tra l'altro cancellate volte a limitare l'accesso all'immobile. 
    Stante la mancata esecuzione del provvedimento di sequestro, casa
di cura Valle Fiorita srl ha  proposto,  in  data  21  ottobre  2013,
ricorso innanzi alla Corte europea dei  diritti  dell'uomo  ai  sensi
dell'art. 34 CEDU; con la sentenza 13 dicembre  2018,  Casa  di  cura
Valle Fiorita srl contro Italia, la Corte EDU ha accolto  le  istanze
della societa' e condannato lo Stato  italiano  al  risarcimento  del
danno, affermando che la  mancata  esecuzione  del  provvedimento  di
sequestro preventivo era riconducibile  alla  previsione  di  cui  al
primo capoverso del  primo  comma  dell'art.  1  Prot.  addiz.  CEDU,
secondo  cui,  l'esercizio  reale  ed  effettivo  del  diritto   alla
protezione della proprieta', puo' «esigere delle misure  positive  di
tutela, in particolare laddove sussista  un  legame  diretto  tra  le
misure che un ricorrente  potrebbe  legittimamente  attendersi  dalle
autorita' e il godimento effettivo da parte di quest'ultimo dei  suoi
beni», rilevando che tale assunto, combinato con il  principio  della
preminenza del diritto, giustifica l'irrogazione di  una  sanzione  a
danno dello Stato che non abbia  dato  esecuzione  ovvero  che  abbia
impedito l'esecuzione di una decisione giudiziaria. 
    Secondo il giudice rimettente, casa di  cura  Valle  Fiorita  srl
avrebbe pertanto potuto trasferire la proprieta' dell'immobile ma non
il possesso, almeno fino a quando lo sgombero degli occupanti abusivi
non fosse stato eseguito. 
    3.- Ritiene il  giudice  a  quo  che  non  assumerebbe  rilevanza
l'entrata in vigore, nelle more, dell'art. 1, comma 81,  della  legge
29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2023  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2023-2025), che, a decorrere dal 1° gennaio 2023, modificando  l'art.
1, comma 759, della legge 27  dicembre  2019,  n.  160  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2020  e  bilancio
pluriennale  per  il  triennio  2020-2022),  concernente  i  casi  di
esenzione dall'imposta municipale propria, ha  previsto  che  «[s]ono
esenti dall'imposta,  per  il  periodo  dell'anno  durante  il  quale
sussistono le condizioni prescritte: [...] g-bis)  gli  immobili  non
utilizzabili ne'  disponibili,  per  i  quali  sia  stata  presentata
denuncia all'autorita' giudiziaria in relazione ai reati di cui  agli
articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale  o  per  la  cui
occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o  iniziata  azione
giudiziaria penale». 
    Cio'  in  quanto  tale  disposizione  non  potrebbe  considerarsi
retroattiva, ai sensi dell'art. 11 delle disposizioni preliminari  al
codice civile, in mancanza di indicazioni espresse in tal senso,  ne'
potrebbe  qualificarsi  come  interpretativa,  perche'  il  contenuto
precettivo di essa non si ricollegherebbe ad altra norma preesistente
da chiarire o da precisare. 
    Il dato normativo su cui si baserebbe l'ente  impositore  per  il
diniego  dell'istanza  di  rimborso  della  societa'  sarebbe  dunque
costituito dai previgenti artt. 13,  comma  2,  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n.  214  -  secondo  cui
«[l]'imposta municipale propria ha per  presupposto  il  possesso  di
immobili di cui all'articolo 2 del decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 504» - e 9, comma 1, del d.lgs. n.  23  del  2011,  i  quali
prevedono che «[s]oggetti  passivi  dell'imposta  municipale  propria
sono il proprietario  di  immobili,  inclusi  i  terreni  e  le  aree
edificabili,  a  qualsiasi  uso  destinati,   ivi   compresi   quelli
strumentali alla cui produzione o scambio e' diretta  l'attivita'  di
impresa, ovvero il titolare  di  diritto  reale  di  usufrutto,  uso,
abitazione,  enfiteusi,  superficie  sugli  stessi  [...].  Per   gli
immobili, anche da costruire o in corso di costruzione,  concessi  in
locazione finanziaria, soggetto passivo e' il locatario  a  decorrere
dalla data della stipula  e  per  tutta  la  durata  del  contratto»,
applicabili ratione temporis. 
    Da cio' conseguirebbe che, ai fini impositivi, sarebbe  rilevante
non gia' il possesso del bene, bensi' solo l'esistenza di un titolo. 
    4.- Il rimettente sostiene che la questione sia rilevante ai fini
della  decisione  dei  giudizi   a   quibus,   giacche'   l'eventuale
declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale   della   disposizione
censurata  inciderebbe  sul  diritto  vivente  (favorevole   all'ente
impositore) ormai consolidatosi. Sussisterebbe, difatti, un effettivo
e concreto rapporto di strumentalita' tra la definizione del giudizio
principale  e  la  risoluzione  della   questione   di   legittimita'
costituzionale in quanto il rimettente, ai fini della  decisione  dei
giudizi a  quibus,  dovrebbe  fare  applicazione  della  disposizione
censurata. 
    5.- Quanto alla non  manifesta  infondatezza  il  giudice  a  quo
dubita, anzitutto, della compatibilita' della disposizione  in  esame
con gli artt. 53 e 3 Cost. 
    In primo luogo, il  rimettente  ritiene  sussistano  elementi  di
contrasto con il principio di capacita' contributiva di cui  all'art.
53 Cost. e con il principio di uguaglianza  tributaria,  in  base  al
quale a situazioni  uguali  dovrebbero  corrispondere  uguali  regimi
impositivi  e,  correlativamente,  a  situazioni   diverse   dovrebbe
corrispondere un trattamento tributario diseguale. 
    Ritiene il rimettente che, per le  annualita'  d'imposta  in  cui
permane l'occupazione abusiva per scelte degli organi  amministrativi
preposti allo sgombero degli  immobili,  il  prelievo  tributario  si
porrebbe in contrasto con i principi costituzionali evocati. Difatti,
il possesso legittimante il sorgere della  soggettivita'  passiva  ai
fini IMU, per essere effettivo, presupporrebbe che  la  cosa  rientri
materialmente nella disponibilita'  individuale  del  possessore,  di
talche' quest'ultimo possa esercitare le prerogative discendenti  dal
diritto ricadente sul bene. 
    Nella fattispecie in esame, in cui casa  di  cura  Valle  Fiorita
srl, proprietaria dell'immobile, e' stata privata della  possibilita'
di esercitare qualsivoglia diritto sulla cosa, secondo il  rimettente
l'originaria  ricorrente  non  avrebbe  dovuto   essere   considerata
soggetto passivo ai fini IMU, stante l'assenza dei  requisiti  minimi
affinche'  possa   configurarsi   una   situazione   possessoria   e,
conseguentemente, una capacita' contributiva. 
    Ai  fini  del  verificarsi  o  meno  del  presupposto  impositivo
dell'IMU, nei casi come quello in esame, assumerebbe precipuo rilievo
la perdita del possesso in relazione alle dichiarazioni degli  organi
di polizia che attestino l'impossibilita' di  sgomberare  l'immobile.
Se infatti gli organi istituzionali preposti non fossero in grado  di
difendere il diritto di  proprieta'  costituzionalmente  sancito,  il
proprietario, di riflesso, rimarrebbe senza  tutela  e  quindi  senza
possesso. 
    Innanzi a una condizione «patologica»  come  quella  relativa  ai
giudizi a quibus, ove un soggetto  si  trovi  nell'impossibilita'  di
recuperare il possesso del proprio immobile per scelta  degli  organi
dello Stato preposti a sgomberare gli immobili occupati  abusivamente
(e non a causa di comportamento illegittimo del  proprietario  o  per
sua inerzia), risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali
imporre il pagamento dell'imposta per gli esercizi  in  cui  permanga
l'occupazione  abusiva,  difettando  la  capacita'  contributiva  del
proprietario. 
    In secondo luogo, la disposizione censurata sarebbe in  conflitto
con l'art. 3 Cost. perche' sarebbe irragionevole che al  proprietario
di un immobile inagibile o inabitabile (eventualmente, a causa  della
sua inerzia) sia riconosciuta, ai sensi dell'art. 13,  comma  3,  del
d.l. n. 201 del 2011,  come  convertito,  una  riduzione  della  base
imponibile IMU, mentre, per il proprietario di un  immobile  occupato
abusivamente per causa non dipendente dalla sua volonta' e  privo  di
strumenti di tutela giuridica per recuperarne il possesso sia  invece
prevista una tassazione integrale. 
    5.1.- La tassazione degli immobili occupati abusivamente,  e  non
«sgomberabili», susciterebbe dubbi di  compatibilita'  costituzionale
anche con gli artt. 42, secondo comma, Cost. e 1 Prot. addiz. CEDU, i
quali garantiscono e tutelano la proprieta' privata. 
    Un'occupazione abusiva dovrebbe permettere, difatti,  l'esercizio
di azioni a tutela della proprieta' o del possesso, cui si accompagni
l'intervento della pubblica  amministrazione  volto  allo  «sgombero»
dell'immobile.  Tuttavia,  se  l'intervento  dell'autorita'  non  sia
risolutivo, con conseguente permanenza dello stato di  illiceita',  e
il   diritto   di   proprieta'   non   riceva   tutela    da    parte
dell'amministrazione   pubblica,   quest'ultima   ne   trarrebbe   un
vantaggio, consistente nella riscossione del tributo pur in  presenza
di una situazione illecita  da  essa  «tollerata»  a  detrimento  del
diritto di proprieta' del proprietario dell'immobile. 
    Cio' contrasterebbe con quanto affermato piu' volte  dalla  Corte
EDU, secondo la quale non e' consentito alla pubblica amministrazione
trarre  vantaggio  da  propri  comportamenti  illeciti  e,  piu'   in
generale, da una situazione di illegalita' dalla  stessa  determinata
(sono richiamate Corte EDU, sentenze 13 ottobre 2015  [recte:  2005],
La Rosa e Alba contro Italia e 6 marzo 2007, Scordino contro Italia).
Questo principio avrebbe trovato ingresso anche nella  giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 71 del 2015 e n.  293  del
2010). 
    5.2.- In definitiva, il  rimettente  ritiene  non  manifestamente
infondata, in riferimento agli artt.  3,  primo  comma,  42,  secondo
comma, e 53, primo comma, Cost., anche in relazione all'art. 1  Prot.
addiz. CEDU, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9,
comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011  (nel  testo  applicabile  ratione
temporis), nella parte  in  cui  non  prevede  l'esenzione  d'imposta
nell'ipotesi di  occupazione  abusiva  dell'immobile  che  non  possa
essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali
preposti. 
    6.- Si e' costituita in giudizio casa di cura Valle Fiorita srl. 
    Sostiene la difesa di parte che l'art. 9, comma 1, del d.lgs.  n.
23 del 2011 violerebbe l'art. 53 Cost., poiche', nell'ipotesi in  cui
un soggetto sia sprovvisto sia  della  disponibilita'  materiale  del
bene, in quanto abusivamente  occupato,  sia  della  possibilita'  di
esercitare  qualsivoglia  diritto  sullo   stesso   e   di   ricevere
dall'ordinamento una adeguata tutela nella  fase  dell'esercizio  del
proprio diritto possessorio, difetterebbe l'effettivita', la certezza
e  l'attualita'  del  presupposto  d'imposta   e,   conseguentemente,
difetterebbe la capacita' contributiva, che quel presupposto dovrebbe
esprimere. 
    Una pretesa impositiva potrebbe considerarsi conforme all'art. 53
Cost.  soltanto  se  collegata  a  fatti  espressivi   di   capacita'
contributiva. 
    In particolare, in base all'art. 8 del d.lgs. n. 23 del 2011,  il
presupposto dell'IMU dovrebbe individuarsi nel «possesso di  immobili
diversi   dall'abitazione   principale».   Tuttavia,   il    possesso
legittimante il sorgere della soggettivita' passiva ai fini  IMU,  ex
art. 9 del medesimo d.lgs. n. 23  del  2011,  per  essere  effettivo,
concreto e attuale,  presupporrebbe  che  il  bene  da  sottoporre  a
tassazione  sia  nella  disponibilita'  del  possessore  di   talche'
quest'ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal  diritto
ricadente  sul  bene.  Nell'ipotesi  in  cui  il   proprietario   sia
sprovvisto  della  disponibilita'  materiale   del   bene   e   della
possibilita' di ripristinare tale disponibilita' verrebbe  a  mancare
il presupposto dell'imposta, che si concretizzerebbe  nell'effettiva,
concreta  e  attuale  possibilita'  di  esercizio   dei   poteri   di
disposizione e  godimento  del  bene,  in  quanto  manifestazioni  di
capacita' contributiva. 
    Dunque, non sarebbe configurabile  in  capo  al  titolare  di  un
immobile occupato abusivamente, che abbia  esperito  infruttuosamente
tutti  i  mezzi  a  tutela  del  proprio  diritto,   una   situazione
possessoria espressiva di capacita' contributiva. Pertanto,  per  gli
esercizi in cui permanga l'occupazione abusiva per cause indipendenti
dalla volonta' del proprietario del bene che abbia esperito  i  mezzi
di tutela approntati  dall'ordinamento,  mancherebbe  il  presupposto
d'imposta, cosicche' l'imposizione si porrebbe in  contrasto  con  il
principio di capacita' contributiva ex art. 53 Cost. 
    L'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23  del  2011  violerebbe  anche
l'art. 3 Cost., in quanto determinerebbe una  ingiustificata  lesione
del principio di uguaglianza, e si porrebbe in contrasto anche con il
criterio di ragionevolezza. 
    Sostiene la difesa di parte che in virtu' del  principio  secondo
cui  a  situazioni  uguali  debbono   corrispondere   uguali   regimi
impositivi  e,  correlativamente,  situazioni  diverse,  per  propria
natura  sia  giuridica  che  fattuale,  devono   avere   un   diverso
trattamento tributario, sarebbe evidente che  non  potrebbero  essere
sovrapposte e trattate  in  modo  eguale  due  situazioni  giuridiche
strutturalmente diverse  che  esprimerebbero  una  diversa  capacita'
contributiva: da un  lato,  quella  del  proprietario  che  abbia  il
possesso della res e, dall'altro, quella  del  proprietario  che  non
abbia tale possesso. 
    Inoltre, la disposizione censurata sarebbe in  contrasto  con  il
parametro di ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.,  in  quanto  le
scelte  legislative  sarebbero  incoerenti  e   contraddittorie.   In
particolare, sarebbe irragionevole che al proprietario di un immobile
inagibile o inabitabile sia riconosciuta  una  riduzione  della  base
imponibile IMU, ex art. 13, comma 3, del d.l. n. 201 del  2011,  come
convertito,  mentre,  al  proprietario  di   un   immobile   occupato
abusivamente, e al quale l'ordinamento non offra strumenti di  tutela
efficaci, sia applicata una tassazione integrale. 
    L'art. 9,  comma  l,  del  d.lgs.  n.  23  del  2011  (nel  testo
applicabile ratione temporis) violerebbe altresi' l'art. 42,  secondo
comma, Cost., che sancisce il diritto fondamentale  -  tutelato  erga
omnes - della proprieta' privata, e l'art. 1 Prot. addiz. CEDU. 
    Sostiene la difesa  di  parte  che,  in  ipotesi  di  occupazione
abusiva di un immobile, laddove il proprietario abbia posto in essere
inutilmente le azioni a tutela della proprieta' e del possesso  volte
al ripristino della legittima situazione possessoria, il  diritto  di
proprieta', pur costituzionalmente  garantito,  non  riceverebbe  una
tutela effettiva da parte dell'ordinamento.  In  tali  ipotesi,  alla
luce  della  disposizione  censurata  ratione  temporis  vigente,  la
pubblica   amministrazione   avrebbe   addirittura   un    vantaggio,
consistente nella riscossione di un tributo, pur in presenza  di  una
situazione  illegale  in  relazione  alla  quale   si   e'   astenuta
dall'esercizio dei propri poteri coercitivi. 
    Non  sarebbe  ammissibile,  in  uno   stato   di   diritto,   che
l'ordinamento contempli gli strumenti  necessari  alla  tutela  della
posizione giuridica soggettiva del privato,  imponendo  a  costui  di
avvalersene per poter realizzare il proprio interesse secundum ius  e
poi non faccia in modo che l'interesse del singolo sia soddisfatto in
sede esecutiva con la forza  che  solo  lo  Stato  e'  autorizzato  a
dispiegare, ma ritenga, comunque, che quel  soggetto  venga  ritenuto
centro  di  imputazione  di  obblighi   tributari   indefettibilmente
connessi alla possibilita' di esercizio dei titoli possessori. 
    La disposizione  censurata  sarebbe  in  contrasto  altresi'  con
l'art.  l  Prot.  addiz.  CEDU  che  tutela  la  proprieta'  privata,
cosicche'  una  restrizione  della   tutela   proprietaria   dovrebbe
rispondere a un giusto equilibrio tra esigenze pubbliche ed  esigenze
di tutela dei diritti  fondamentali  dell'individuo  e  non  potrebbe
essere determinata dall'inerzia totale e prolungata della  competente
autorita',  la  quale  non  potrebbe  «trarre  vantaggio  da   propri
comportamenti illeciti e, piu' in  generale,  da  una  situazione  di
illegalita' dalla stessa determinata» (sono  richiamate  le  sentenze
della Corte EDU, La Rosa e Alba e Scordino). 
    Ritiene  dunque  la  difesa  della  parte  che  la   disposizione
censurata, consentendo alla pubblica amministrazione di riscuotere un
tributo sulla base di  una  situazione  di  illegalita'  (occupazione
abusiva di un immobile) da essa tollerata e non opposta, a detrimento
del diritto di proprieta', sia in contrasto con gli artt. 42, secondo
comma, Cost. e l Prot. addiz. CEDU. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Con  le  ordinanze  indicate  in  epigrafe,  la   Corte   di
cassazione,   sezione   tributaria,   ha   sollevato   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1, del  d.lgs.  n.  23
del 2011,  nella  sua  formulazione  originaria  applicabile  ratione
temporis, nella parte in cui non prevede  l'esenzione  dal  pagamento
dell'IMU nell'ipotesi di immobile occupato abusivamente nonostante la
denuncia agli organi istituzionali  preposti,  per  violazione  degli
artt. 3, primo comma, 53, primo comma, 42, secondo comma, Cost.  e  1
Prot. addiz. CEDU. 
    2.- Riferisce il giudice a quo che nel dicembre  2012  era  stato
occupato abusivamente un edificio della casa di  cura  Valle  Fiorita
srl e che questa aveva  proposto  due  ricorsi  avverso  il  silenzio
rifiuto  opposto  da  Roma  Capitale  sull'istanza  di  rimborso  del
versamento IMU, rispettivamente per le annualita' 2013  e  2014.  Nei
ricorsi venivano evidenziate la perdita  del  possesso  dell'immobile
nonche' la denuncia immediata del fatto in sede penale, e la  mancata
esecuzione   del   sequestro   preventivo   dell'immobile    disposto
dall'autorita' giudiziaria. 
    Il rimettente afferma  che  la  suddetta  societa',  pur  essendo
proprietaria dell'immobile, ne aveva al contempo perduto il possesso,
sicche' non sussisterebbe il presupposto impositivo dell'IMU. 
    Ritiene dunque il giudice a quo che, in virtu'  della  disciplina
censurata e del relativo diritto vivente, ai fini impositivi  sarebbe
rilevante solo l'esistenza di un titolo che attesti un diritto  reale
sull'immobile o un  contratto  di  leasing,  non  anche  il  relativo
possesso del bene. 
    La questione sarebbe non manifestamente  infondata  con  riguardo
agli artt.  53,  primo  comma,  e  3,  primo  comma,  Cost.,  perche'
l'immobile occupato abusivamente non costituirebbe un  valido  indice
di capacita' contributiva e si determinerebbe  cosi'  un  trattamento
uguale di situazioni diseguali, in quanto verrebbero sottoposti  alla
stessa imposizione sia gli immobili occupati abusivamente sia  quelli
che non lo siano. 
    La perdita del possesso assumerebbe  un  particolare  significato
alla luce, da un lato, della denuncia agli  organi  istituzionali  da
parte  del  proprietario  dell'immobile  occupato   abusivamente   e,
dall'altro, dell'inerzia delle autorita' preposte  al  suo  sgombero,
cosicche' sarebbe irragionevole riconoscere  al  proprietario  di  un
immobile inagibile o inabitabile (eventualmente, a  causa  della  sua
inerzia) una riduzione della base imponibile IMU e prevedere, invece,
la tassazione integrale a carico  del  proprietario  di  un  immobile
occupato abusivamente per causa non dipendente dalla sua  volonta'  e
privo di strumenti di tutela giuridica per recuperarne il possesso. 
    La disposizione censurata sarebbe in contrasto anche  con  l'art.
42, secondo comma, Cost. e con l'art. 1 Prot. addiz.  CEDU,  i  quali
garantiscono e tutelano la proprieta' privata,  perche'  quest'ultima
dovrebbe attribuire l'esercizio di azioni a tutela della proprieta' o
del possesso, ivi incluso l'intervento della forza  pubblica  per  lo
«sgombero» dell'immobile e per di piu' non  sarebbe  consentito  alla
pubblica amministrazione trarre  vantaggio  da  propri  comportamenti
illeciti. 
    3.- I giudizi hanno ad oggetto  la  stessa  disposizione  che  e'
censurata con riferimento agli stessi parametri  e  con  le  medesime
argomentazioni; ponendo, pertanto, identiche questioni, vanno riuniti
e decisi con un'unica pronuncia. 
    4.- La questione e' rilevante in quanto la disposizione censurata
- pur successivamente abrogata dall'art. 1, comma 780, della legge n.
160 del 2019 a decorrere  dal  1°  gennaio  2020  -  trova  effettiva
applicazione nei giudizi a quibus,  ove,  di  fronte  alla  Corte  di
cassazione, si discute circa  la  debenza  o  meno  dell'IMU  per  le
annualita' d'imposta relative al 2013 e al 2014. 
    5.- Preliminarmente, e' necessaria una breve premessa normativa e
giurisprudenziale relativa ai presupposti impositivi dell'IMU. 
    5.1.- L'IMU e' un'imposta che grava  sugli  immobili,  introdotta
sulla base degli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 23 del 2011  (disposizioni
modificate molte volte nel corso degli anni) e 13 del d.l. n. 201 del
2011, come convertito (disposizione anch'essa piu' volte modificata),
in  sostituzione  dell'imposta   comunale   sugli   immobili   (ICI),
quest'ultima, istituita con il decreto legislativo 30 dicembre  1992,
n. 504 (Riordino della  finanza  degli  enti  territoriali,  a  norma
dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421),  puo'  essere
considerato il tributo precursore dell'IMU. 
    A decorrere dal  2014  e  fino  al  2019,  poi,  l'IMU  e'  stata
disciplinata  dalla  legge  27  dicembre  2013,   n.   147,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2014)» quale imposta facente  parte,
insieme al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui
rifiuti (TARI), dell'imposta unica comunale (IUC). 
    La legge n. 160 del 2019 ha successivamente abolito, a  decorrere
dall'anno 2020, la IUC e - tra i tributi che ne facevano parte  -  la
TASI. Sono, invece, rimasti in vigore tra quelli che  componevano  la
medesima IUC, la TARI e l'IMU, quest'ultima come  disciplinata  dalla
stessa legge n. 160 del 2019. 
    Secondo l'art. 9 del d.lgs. n. 23 del 2011, nel testo applicabile
ratione temporis, e in particolare con  riferimento  alle  annualita'
d'imposta 2013 e 2014 oggetto delle due ordinanze di rimessione:  «1.
[s]oggetti  passivi   dell'imposta   municipale   propria   sono   il
proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili,  a
qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o  alla  cui
produzione o scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa,  ovvero  il
titolare di diritto reale di usufrutto, uso,  abitazione,  enfiteusi,
superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di  aree  demaniali,
soggetto passivo e' il concessionario. Per  gli  immobili,  anche  da
costruire  o  in  corso  di  costruzione,   concessi   in   locazione
finanziaria, soggetto passivo e' il locatario a decorrere dalla  data
della stipula e per tutta la durata del contratto.  2.  L'imposta  e'
dovuta per anni  solari  proporzionalmente  alla  quota  ed  ai  mesi
dell'anno nei quali si e' protratto il possesso; a tal fine  il  mese
durante il quale il possesso si  e'  protratto  per  almeno  quindici
giorni  e'  computato  per  intero.  A  ciascuno  degli  anni  solari
corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria». 
    Inoltre, secondo il precedente  art.  8,  comma  2,  «[l]'imposta
municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili»; negli
stessi identici termini si esprime l'art. 13, comma 2,  del  d.l.  n.
201  del  2011,  come  convertito,  nel  testo  applicabile   ratione
temporis. 
    Da ultimo, l'art. 1, comma 81, della legge n.  197  del  2022  ha
modificato l'art. 1, comma 759, della  legge  n.  160  del  2019,  il
quale, nel testo attualmente in vigore, prevede che, a decorrere  dal
1° gennaio 2023, «[s]ono esenti dall'imposta per il periodo dell'anno
durante il quale sussistono le condizioni prescritte [...] g-bis) gli
immobili non utilizzabili ne' disponibili,  per  i  quali  sia  stata
presentata denuncia all'autorita' giudiziaria in relazione  ai  reati
di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del  codice  penale  o
per la cui  occupazione  abusiva  sia  stata  presentata  denuncia  o
iniziata azione giudiziaria penale». 
    6.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  9,  comma  1,  del  d.lgs.  n.  23  del  2011,  nel  testo
applicabile ratione temporis, sollevata in riferimento agli artt.  3,
primo comma, e 53, primo comma, Cost. e'  fondata,  nei  termini  che
seguono. 
    Indipendentemente dalla  nozione  di  possesso  cui  debba  farsi
riferimento a proposito  dell'IMU,  e'  irragionevole  affermare  che
sussista la capacita' contributiva del proprietario che abbia  subito
l'occupazione abusiva di un immobile che lo  renda  inutilizzabile  e
indisponibile  e  si  sia  prontamente   attivato   per   denunciarne
penalmente l'accaduto, tanto che il legislatore, come gia'  rilevato,
e' intervenuto con la legge n. 197 del 2022 per dichiarare non dovuta
l'imposta in questione. 
    Emblematico e' il caso oggetto dei giudizi a  quibus  in  cui  la
societa' proprietaria aveva assunto tutte  le  necessarie  iniziative
per prevenire l'occupazione  dell'immobile  e  aveva  tempestivamente
provveduto a denunciare all'autorita' giudiziaria  penale  l'avvenuta
occupazione contro la sua volonta'. Benche'  nell'agosto  2013  fosse
stato disposto un sequestro preventivo dell'immobile ex art. 321  del
codice di procedura penale da  parte  del  giudice  per  le  indagini
preliminari, lo stesso  sequestro  non  aveva  avuto  esecuzione  per
ragioni di ordine pubblico. Pertanto, la  societa'  proprietaria  non
era riuscita a tornare nel possesso dell'immobile nonostante l'uso di
una diligenza adeguata. 
    Questa  Corte  ha  costantemente  affermato  che  «ogni  prelievo
tributario  deve  avere   una   causa   giustificatrice   in   indici
concretamente rivelatori di ricchezza (ex plurimis, sentenze  n.  156
del 2001, n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del  1995,  n.  179
del 1985 e n.  200  del  1976)»  (sentenza  n.  10  del  2023)  e  ha
sottolineato che «la sottrazione all'imposizione (o la sua riduzione)
e' resa  necessaria  [...]  dal  rilievo  di  una  minore  o  assente
capacita'  contributiva  (che  il  legislatore  puo'  riscontrare  in
relazione ad alcune circostanze  di  fatto)»  (sentenza  n.  120  del
2020). 
    E' dunque irragionevole e contrario al principio della  capacita'
contributiva  che   il   proprietario   di   un   immobile   occupato
abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all'autorita'
giudiziaria penale sia, cio' nonostante, tenuto a versare  l'IMU  per
il periodo decorrente dal momento della  denuncia  a  quello  in  cui
l'immobile venga liberato, perche' la proprieta' di tale immobile non
costituisce, per il periodo  in  cui  e'  abusivamente  occupato,  un
valido indice rivelatore di ricchezza per il  proprietario  spogliato
del possesso. 
    Del resto,  questa  impostazione  e'  coerente  con  una  ipotesi
impositiva per certi versi simile in cui, in caso  di  perdita  della
disponibilita' del bene per fatto di terzo,  l'ordinamento  giuridico
stabilisce il venir meno dell'obbligo del pagamento dell'imposta.  E'
questo  il  caso  della   tassa   automobilistica:   l'art.   5   del
decreto-legge  30  dicembre  1982,  n.   953   (Misure   in   materia
tributaria), convertito, con  modificazioni,  in  legge  28  febbraio
1983,  n.  53,  stabilisce  infatti,  ai  commi   trentasettesimo   e
trentottesimo,  che,  nonostante   il   soggetto   passivo   sia   il
proprietario del bene, «[l]a  perdita  del  possesso  del  veicolo  o
dell'autoscafo  per  forza  maggiore  o  per  fatto  di  terzo  o  la
indisponibilita'   conseguente   a    provvedimento    dell'autorita'
giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate  nei  registri
indicati nel trentaduesimo comma,  fanno  venir  meno  l'obbligo  del
pagamento del tributo per i periodi d'imposta successivi a quello  in
cui  e'  stata  effettuata  l'annotazione.  L'obbligo  del  pagamento
ricomincia a decorrere dal mese in  cui  avviene  il  riacquisto  del
possesso o la disponibilita' del veicolo o dell'autoscafo». 
    7.-  Deve  pertanto  affermarsi  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art.  9,  comma  1,  del  d.lgs.  n.  23  del  2011,  nel  testo
applicabile ratione temporis, per violazione  degli  artt.  3,  primo
comma, e 53, primo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che -
sul modello dell'art. 1, comma 81, della legge n. 197 del 2022 citato
dal rimettente - non sono soggetti  all'imposta  municipale  propria,
per il periodo dell'anno durante il quale  sussistono  le  condizioni
prescritte, gli immobili non  utilizzabili  ne'  disponibili,  per  i
quali sia stata  presentata  denuncia  all'autorita'  giudiziaria  in
relazione ai reati di cui agli artt. 614, secondo comma, o  633  cod.
pen. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o
iniziata azione giudiziaria penale. 
    8.- L'accoglimento della questione in riferimento agli  artt.  3,
primo comma, e 53, primo comma, Cost. permette di ritenere  assorbite
le ulteriori censure.