ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della
legge  della  Regione  Puglia  15  giugno  2023,   n.   13,   recante
«Disposizioni per prevenire e contrastare condotte di  maltrattamento
o di abuso, anche di  natura  psicologica,  in  danno  di  anziani  e
persone con disabilita' e modifica  alla  legge  regionale  9  agosto
2006,  n.  26  (Interventi  in  materia  sanitaria)»,  promosso   dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  17
agosto 2023, depositato  in  cancelleria  il  successivo  18  agosto,
iscritto al n. 25  del  registro  ricorsi  2023  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  38,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2023. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  20  marzo  2024  la   Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    uditi l'avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Isabella  Fornelli  per  la
Regione Puglia; 
    deliberato nella camera di consiglio del 20 marzo 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso  iscritto  al  n.  25  del  reg.  ric.  2023,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge  della  Regione
Puglia 15 giugno 2023, n. 13, recante «Disposizioni per  prevenire  e
contrastare condotte di maltrattamento o di abuso,  anche  di  natura
psicologica, in danno di anziani e persone con disabilita' e modifica
alla legge regionale 9 agosto 2006,  n.  26  (Interventi  in  materia
sanitaria)», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l),
della Costituzione, con riguardo alle materie «ordinamento civile»  e
«ordinamento penale», e per violazione dell'art.  117,  primo  comma,
Cost.,  in  relazione  sia  al  regolamento  (UE)  n.  679/2016   del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla
protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati e che abroga
la direttiva 95/46/CE  (regolamento  generale  sulla  protezione  dei
dati), sia alla direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e  del
Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone
fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle
autorita' competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento  e
perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonche'  alla
libera circolazione di tali dati e che  abroga  la  decisione  quadro
2008/977/GAI del Consiglio. 
    1.1.- La disposizione impugnata si colloca nel  contesto  di  una
legge regionale che  intende  prevenire  e  contrastare  condotte  di
maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in  danno  di
anziani  e  persone  con  disabilita'  nell'ambito  delle   strutture
socio-sanitarie  e  socio-assistenziali  a  carattere   residenziale,
semi-residenziale o diurno (art. 1 della legge reg. Puglia n. 13  del
2023). A tal fine, l'art. 4 della medesima  legge  regionale  prevede
l'installazione  di  sistemi  di  videosorveglianza  quale  requisito
necessario  a  conseguire  l'accreditamento  istituzionale   con   il
Servizio   sanitario   regionale   e   a   ottenere    o    mantenere
l'autorizzazione  all'esercizio   dell'attivita'   da   parte   delle
strutture private richiedenti. 
    L'impugnato art. 3 regola  la  «[i]nstallazione  dei  sistemi  di
videosorveglianza e [la] tutela della privacy». 
    In particolare, il legislatore regionale, oltre a  stabilire  che
l'installazione dei sistemi di videosorveglianza  sia  effettuata  in
conformita' al decreto legislativo 10 agosto 2018,  n.  101,  recante
«Disposizioni  per  l'adeguamento  della  normativa  nazionale   alle
disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento  europeo  e
del Consiglio, del 27 aprile 2016,  relativo  alla  protezione  delle
persone fisiche con  riguardo  al  trattamento  dei  dati  personali,
nonche' alla libera  circolazioni  di  tali  dati  e  che  abroga  la
direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)»,
al regolamento n. 679/2016/UE, nonche' alla Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti delle persone con disabilita' fatta a New  York  il
13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009,
n.   18,   introduce   alcune   puntuali   previsioni,   riguardanti:
l'installazione dei sistemi di videosorveglianza, che  deve  avvenire
con modalita' atte a garantire la sicurezza dei dati  trattati  e  la
loro protezione da accessi abusivi; la necessita'  che  l'attivazione
degli impianti sia preceduta  dall'acquisizione  del  consenso  degli
ospiti o dei loro tutori; l'esigenza di una adeguata segnalazione dei
sistemi di videosorveglianza a tutti i soggetti che accedono all'area
interessata;  l'esecuzione  delle  registrazioni,  che  deve   essere
effettuata in modalita'  criptata;  la  visione  delle  registrazioni
stesse, che viene riservata esclusivamente all'autorita' giudiziaria. 
    2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  che  la
disposizione si ponga in contrasto con tre parametri costituzionali. 
    2.1.- Anzitutto, l'art. 3  invaderebbe  la  materia  «ordinamento
civile», di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,
poiche' detterebbe una disciplina concernente il trattamento dei dati
personali, ambito che questa Corte avrebbe gia' ascritto alla  citata
competenza legislativa esclusiva dello  Stato  (viene  richiamata  in
proposito la sentenza n. 271 del 2005). 
    La disposizione impugnata opererebbe un  generico  richiamo  alle
disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati e del
d.lgs. n. 101 del 2018, anziche' rinviare all'intero plesso normativo
di riferimento, e oltretutto evocherebbe le citate fonti con riguardo
alla sola fase di installazione del sistema di videosorveglianza. 
    La disciplina regionale alluderebbe poi alla mera necessita'  del
consenso degli ospiti (o dei tutori), senza indicare le modalita' con
cui il consenso deve  essere  prestato,  ne'  i  caratteri  che  deve
presentare;  cosi'  come  non   sarebbero   regolati   i   tempi   di
conservazione delle videoriprese. 
    Inoltre, l'art.  3  trascurerebbe  del  tutto  la  posizione  dei
lavoratori e le garanzie loro assicurate dalla disciplina statale con
l'art. 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
dell'attivita'  sindacale  nei  luoghi  di   lavoro   e   norme   sul
collocamento),  che  regola  le  condizioni  di  ammissibilita'   dei
controlli a distanza dei lavoratori sul luogo di lavoro. 
    Ne  deriverebbe   una   violazione   anche   del   principio   di
proporzionalita', in quanto si farebbe ricorso  a  uno  strumento  di
monitoraggio particolarmente invasivo senza che  sia  dimostrato  che
esso risulti sempre quello piu' adeguato. 
    In  generale,  secondo  il   ricorrente,   la   Regione   sarebbe
intervenuta «in  un  ambito  riservato  al  legislatore  statale  cui
spett[erebbe] il bilanciamento [degli] interessi giuridici in gioco». 
    Da ultimo, il ricorso rinviene ulteriori indici della  competenza
esclusiva statale sia nell'art. 5-septies, comma 2, del decreto-legge
18 aprile 2019, n. 32  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  del
settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli  interventi
infrastrutturali,  di  rigenerazione  urbana  e  di  ricostruzione  a
seguito di eventi  sismici),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 14 giugno 2019,  n.  55,  che  prevede  un  fondo  destinato  a
finanziare  l'installazione  dei  sistemi  di   videosorveglianza   a
circuito chiuso  presso  le  strutture  di  residenza  e  cura  degli
anziani, sia nell'art. 4, comma 2, lettera r), della legge  23  marzo
2023, n. 33 (Deleghe al Governo in materia  di  politiche  in  favore
delle persone anziane),  che  annovera  la  presenza  di  sistemi  di
videosorveglianza a circuito chiuso fra i criteri di accreditamento e
autorizzazione di tali strutture  (la  delega  conferita  al  Governo
dall'art. 4 appena citato e' stata esercitata, in epoca successiva al
ricorso statale, con l'art. 31 del decreto legislativo 15 marzo 2024,
n. 29, recante «Disposizioni in materia di politiche in favore  delle
persone anziane, in attuazione della delega di cui agli articoli 3, 4
e 5 della legge 23 marzo 2023, n. 33»). 
    2.2.-  Quanto  alla  materia  «ordinamento  penale»,  ad   avviso
dell'Avvocatura,  la  disposizione  impugnata   si   limiterebbe   ad
attribuire all'autorita' giudiziaria la competenza  all'accesso  alle
videoriprese,  senza  individuare  l'intero   plesso   normativo   di
riferimento, da rinvenirsi anche nel decreto  legislativo  18  maggio
2018, n. 51, recante «Attuazione della direttiva  (UE)  2016/680  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla
protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali da parte delle autorita' competenti a fini di  prevenzione,
indagine, accertamento e  perseguimento  di  reati  o  esecuzione  di
sanzioni penali, nonche' alla libera circolazione di tali dati e  che
abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio». 
    2.3.- Infine, a fronte di una disciplina del trattamento dei dati
personali prevalentemente regolata da fonti dell'Unione  europea,  il
Presidente del Consiglio dei ministri  lamenta  la  violazione  anche
dell'art. 117, primo comma, Cost., in  relazione  al  regolamento  n.
679/2016/UE e alla direttiva 2016/680/UE. 
    3.- La Regione Puglia si  e'  costituita  in  giudizio  con  atto
depositato il 20 settembre 2023. 
    3.1.- In rito, solleva tre eccezioni. 
    3.1.1.- Con la prima, contesta che nella delibera  del  Consiglio
dei ministri non vi sarebbe alcun  riferimento  all'art.  117,  primo
comma, Cost. e alla violazione dei parametri sovranazionali. 
    La difesa  regionale  fa  pertanto  valere,  rispetto  al  citato
parametro, la ritenuta eccedenza della censura contenuta nel  ricorso
rispetto alla  volonta'  dell'organo  politico  (sono  richiamate  in
proposito le sentenze n. 147 del 2022 e n. 109  del  2018  di  questa
Corte). 
    3.1.2.- Con la seconda eccezione di inammissibilita', concernente
la questione sollevata in riferimento all'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., con riguardo alla materia «ordinamento civile», la
Regione Puglia rileva il mancato riferimento a  norme  interposte  e,
ancor prima, una inadeguata individuazione  della  specifica  materia
rientrante nell'alveo della menzionata competenza. 
    3.1.3.- Infine, la  difesa  regionale  adduce  l'inconferenza  di
tutti parametri costituzionali evocati, osservando che una disciplina
relativa  l'installazione   degli   impianti   di   videosorveglianza
afferirebbe alla materia «ordine pubblico  e  sicurezza»  (art.  117,
secondo comma,  lettera  h)  o,  in  subordine,  alla  «tutela  della
salute», materia attribuita dal terzo comma dell'art. 117 Cost.  alla
competenza legislativa concorrente delle regioni. 
    3.2.- Nel merito, la Regione Puglia sostiene  la  non  fondatezza
delle  questioni  sollevate,  sottolineando  come   la   disposizione
impugnata si inquadri nell'ambito di una legge regionale che nasce in
conseguenza «di gravissimi  episodi  di  maltrattamento  e  di  abuso
riportati dalle cronache che riferiscono di anziani  e  disabili  che
all'interno delle  strutture  sociosanitarie  o  assistenziali  hanno
subito inaccettabili violenze fisiche e psicologiche». 
    In simile contesto, l'impugnato art. 3 introdurrebbe  un  obbligo
di installazione di  sistemi  di  videosorveglianza,  allo  scopo  di
prevenire  i  maltrattamenti  e  per  individuarne  gli  autori.   La
previsione  corrisponderebbe,  al   contempo,   all'interesse   degli
operatori sociosanitari che svolgono il proprio lavoro con impegno  e
correttezza e la cui immagine e professionalita' sarebbero lese dalle
condotte di colleghi irresponsabili. 
    La Regione Puglia aggiunge che, ai sensi dell'art. 4 della stessa
legge regionale, l'installazione degli impianti di  videosorveglianza
entra a far parte dei requisiti delle strutture private per  ottenere
l'accreditamento presso il Servizio sanitario regionale, nonche'  per
conseguire   o   mantenere   l'autorizzazione   all'esercizio   delle
attivita'. 
    Questo, oltre a confermare  l'ascrivibilita'  della  disposizione
impugnata  alla  materia  «tutela  della  salute»,  dimostrerebbe  la
mancata interferenza con l'ambito materiale del trattamento dei  dati
personali, anche perche' non  sarebbe  stata  introdotta  «una  nuova
disciplina»  in  materia,  essendo  «richiama[ta]  espressamente   la
normativa statale e comunitaria sul punto». 
    Dopo aver evocato alcuni passaggi della sentenza di questa  Corte
n. 271 del 2005, dai quali, a suo avviso, si comprenderebbe come  non
sussista una incompetenza del legislatore regionale a disciplinare il
trattamento dei dati personali, quando siano integralmente rispettate
le norme statali sulla loro protezione, la difesa regionale passa  in
rassegna i vari profili oggetto di  impugnazione,  sottolineando  per
ciascuno di essi la ritenuta conformita'  alle  norme  contenute  nel
regolamento n. 679/2016/UE e nel decreto legislativo 30 giugno  2003,
n. 196, recante «Codice in materia di protezione dei dati  personali,
recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale  al
regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del  Consiglio,
del 27 aprile 2016, relativo alla protezione  delle  persone  fisiche
con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche'  alla  libera
circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE». 
    Quanto alla omessa menzione del d.lgs. n. 51 del 2018, la Regione
sostiene che tale disciplina riguarderebbe il  trattamento  dei  dati
personali delle persone fisiche da parte delle autorita'  competenti,
a fini penalistici, e si collocherebbe, pertanto,  al  di  fuori  del
perimetro applicativo dell'art. 3 impugnato. 
    Ne' la disposizione oggetto di scrutinio  contrasterebbe  con  il
d.l. n. 32 del 2019, come convertito, o con la legge di delega n.  33
del 2023, posto che, al contrario, tali  normative  mostrerebbero  un
«favore per l'adozione, da parte delle  strutture  ivi  indicate,  di
sistemi di videosorveglianza per la  medesima  finalita'  di  tutela,
consacrata nell'art. 1 della legge regionale 13/2023 in disamina,  ed
in tale quadro normativo ben  si  incaston[erebbe]  allora  la  norma
inopinatamente impugnata, che riprende  a  livello  regionale  quanto
gia' previsto a livello statale». 
    Da ultimo, la difesa regionale  rammenta  che  anche  la  Regione
Lombardia avrebbe normato nel medesimo settore e negli stessi termini
adottati dalla  legislazione  pugliese,  senza,  tuttavia,  suscitare
alcuna impugnativa da parte statale. 
    4.- Successivamente, in data 27 febbraio 2024, la Regione  Puglia
ha depositato una memoria integrativa, con la quale ha  reiterato  le
eccezioni di rito e di merito gia' proposte in sede di costituzione. 
    5.- All'udienza del 20 marzo 2024,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato e la difesa regionale hanno insistito per l'accoglimento  delle
conclusioni rassegnate negli scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 25 reg. ric. 2023,  depositato  il
18  agosto  2023,  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  3  della
legge reg. Puglia n. 13  del  2023,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  con   riguardo   alle   materie
«ordinamento civile» e «ordinamento penale», nonche'  per  violazione
dell'art. 117, primo comma, Cost., in  relazione  al  regolamento  n.
679/2016/UE e alla direttiva 2016/680/UE. 
    1.1.- L'impugnato art. 3 regola la «[i]nstallazione  dei  sistemi
di videosorveglianza e [la] tutela della privacy», con  cinque  commi
che,  oltre   a   prevedere   il   rispetto   -   nella   sola   fase
dell'installazione - del d.lgs. n. 101 del 2018, del  regolamento  n.
679/2016/UE e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle
persone con disabilita', dettano specifiche prescrizioni  concernenti
la raccolta e il trattamento dei dati personali. 
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che le norme
si pongano in contrasto con tre parametri costituzionali. 
    2.1.- Anzitutto, l'art. 3 violerebbe l'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., invadendo  la  materia,  di  esclusiva  competenza
legislativa  statale,  «ordinamento  civile»,  alla   quale   sarebbe
ascrivibile il trattamento dei dati personali. 
    La  disciplina  impugnata,  da  un  lato,  opererebbe  un  rinvio
limitato solo ad alcune fonti previste dal legislatore statale e  con
riferimento  alla  mera  fase  di  installazione   del   sistema   di
videosorveglianza,  e,  da  un  altro  lato,  introdurrebbe  puntuali
prescrizioni, il cui implicito effetto  sarebbe  quello  di  derogare
alla  complessiva  regolamentazione  della   materia   disposta   dal
legislatore statale competente. 
    2.2.-  Di  seguito,  secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, sarebbe altresi' violata la materia  «ordinamento  penale»,
di cui al medesimo art. 117, secondo comma,  lettera  l),  Cost.,  in
quanto l'art. 3, comma 5, della legge reg.  Puglia  n.  13  del  2023
attribuirebbe all'autorita' giudiziaria il compito di  accedere  alle
videoriprese,  senza  individuare  l'intero   plesso   normativo   di
riferimento, da rinvenirsi anche nel d.lgs. n. 51 del 2018. 
    2.3.- Infine, il ricorso lamenta anche  la  violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost., in relazione al regolamento n. 679/2016/UE e
alla direttiva 2016/680/UE. 
    3.- La Regione Puglia si e' costituita  in  giudizio,  sollevando
tre eccezioni di inammissibilita' e chiedendo nel merito  il  rigetto
del ricorso. 
    3.1.- Con  la  prima  eccezione  di  rito,  la  Regione  contesta
l'eccedenza  della  censura  contenuta  nel  ricorso  rispetto   alla
volonta' dell'organo  politico,  assumendo  che  nella  delibera  del
Consiglio dei ministri non vi sarebbe alcun riferimento all'art. 117,
primo comma, Cost. e alla violazione dei parametri sovranazionali. 
    3.1.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Una piana lettura  della  delibera  del  Consiglio  dei  ministri
palesa come l'organo politico ravvisi nell'art. 3  della  legge  reg.
Puglia n. 13 del 2023 una disciplina che si  porrebbe  «in  contrasto
con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario  in  riferimento
alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 2016/679  (cfr.  art.  117,
comm[a] primo [...], Cost.» (pagina 12 della delibera). 
    E', dunque, evidente che  l'organo  politico  ha  manifestato  la
volonta'  di  censurare  la   violazione   dei   «vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario», di  cui  all'art.  117,  primo  comma,
Cost. 
    3.2.-  La   seconda   eccezione   di   inammissibilita'   attiene
all'asserita mancanza, nel ricorso statale, di riferimenti alle norme
interposte e,  ancor  prima,  l'omessa  esatta  individuazione  della
materia specifica rientrante nell'ordinamento civile. 
    3.2.1.- Anche questa eccezione va disattesa. 
    A prescindere  dall'improprio  utilizzo  della  locuzione  "norma
interposta" per una  competenza  legislativa  statale  esclusiva,  e'
comunque agevole osservare che il ricorso contiene il  riferimento  a
numerose norme di livello primario che costituirebbero espressione di
tale competenza nel  settore  del  trattamento  dei  dati  personali.
Inoltre, attraverso il richiamo ai contenuti della sentenza di questa
Corte n. 271 del 2005, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha
adeguatamente  specificato  in  che  termini  e  per  quali   ragioni
l'oggetto della disposizione regionale impugnata  rientrerebbe  nella
materia «ordinamento civile». 
    3.3.- Infine, con una terza eccezione di rito, la Regione  Puglia
sostiene  l'inesatta  individuazione  del  parametro   costituzionale
violato, che non combacerebbe con quelli di cui il ricorrente lamenta
la lesione, posto che l'ambito normato dall'art. 3 della  legge  reg.
Puglia n. 13 del 2023 sarebbe, viceversa, ascrivibile  all'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost., con riguardo alla  materia  «ordine
pubblico e sicurezza», o, in subordine, alla  competenza  legislativa
regionale concorrente nella materia «tutela  della  salute»,  di  cui
all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    3.3.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Secondo  la   giurisprudenza   di   questa   Corte,   l'eventuale
«inconferenza del  parametro  indicato  dal  ricorrente  rispetto  al
contenuto sostanziale  della  doglianza  costituisce  motivo  di  non
fondatezza della questione (sentenze n. 132 del 2021  e  n.  286  del
2019)» (di recente sentenze  n.  163  e  n.  53  del  2023),  sicche'
l'eccezione attiene al merito e non al rito. 
    4.- Nel merito, le questioni sollevate  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  con  riguardo  alla  materia
«ordinamento  civile»,  e  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,   in
relazione al regolamento n. 679/2016/UE, sono fondate. 
    5.- Come questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  precisare,  la
protezione  delle  persone  con  riguardo  al  trattamento  dei  dati
personali afferisce alla materia «ordinamento civile», sia per quanto
concerne le norme  sostanziali,  che  disciplinano  le  modalita'  di
raccolta e il trattamento dei dati personali, sia per quanto riguarda
le «tutele giurisdizionali delle situazioni soggettive  del  settore»
(sentenza n. 271 del 2005; in senso analogo, anche  sentenza  n.  177
del 2020). Tali profili attengono, infatti, al «riconoscimento di una
serie di diritti alle persone fisiche e giuridiche  relativamente  ai
propri  dati,   diritti   di   cui   sono   regolate   analiticamente
caratteristiche, limiti, modalita' di esercizio, garanzie,  forme  di
tutela in sede amministrativa e giurisdizionale» (ancora sentenza  n.
271 del 2005). 
    Al  contempo,  l'Unione   europea,   nell'esercizio   della   sua
competenza  in  materia  di  protezione  delle  persone  fisiche  con
riguardo al trattamento dei dati di carattere personale e  di  libera
circolazione  dei  dati  (art.  16  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione  europea),  ha  ampiamente  regolamentato   la   materia,
lasciando limitati spazi alla normazione degli Stati membri. 
    L'attuale disciplina  della  protezione  dei  dati  personali  si
compone, pertanto, di una complessa trama di fonti, il cui fulcro  e'
rappresentato dalla  normativa  eurounitaria  di  carattere  generale
affidata al regolamento n. 679/2016/UE,  che  trova  completamento  e
integrazione nelle fonti nazionali, a partire dal d.lgs. n.  196  del
2003 (come modificato e integrato) e dal d.lgs. n. 101 del 2018,  che
ha  coordinato  le  disposizioni  nazionali  vigenti  in  materia  di
protezione dei dati  personali  con  il  regolamento  generale  sulla
protezione  dei  dati  (sentenza  n.  260  del  2021).  Ne'   mancano
discipline di settore, quale la  direttiva  n.  680/2016/UE,  cui  il
legislatore nazionale ha dato attuazione con  il  d.lgs.  n.  51  del
2018. 
    Dalle richiamate  fonti  si  evince  una  regolamentazione  della
videosorveglianza che scandisce molteplici fasi: dalle condizioni che
consentono  l'installazione,  agli  strumenti  e  alle  modalita'  di
raccolta dei dati; dalla  informativa  preventiva,  al  consenso  dei
titolari dei dati che vengono raccolti;  dal  successivo  trattamento
dei dati, all'accesso ai supporti contenenti  questi  ultimi  e  alla
loro utilizzazione. 
    In  particolare,  la  videosorveglianza   presso   le   strutture
socio-sanitarie e  socio-assistenziali  investe  due  campi  d'azione
particolarmente delicati: da un lato, determina un  monitoraggio  che
comprende la raccolta e il trattamento di dati sensibili  relativi  a
persone anziane, malate o disabili, con  inevitabili  ricadute  sulla
riservatezza e sulla dignita' di persone fragili; da un  altro  lato,
implica un controllo sull'attivita' lavorativa del personale operante
all'interno   delle   strutture   (medici,   infermieri,    operatori
socio-sanitari  e  socio-assistenziali,   personale   amministrativo,
addetti alle pulizie e altri) e di eventuali lavoratori  esterni,  la
cui attivita' si svolge, in tutto o in  parte,  presso  le  strutture
medesime. 
    Da ultimo, non puo' tacersi  il  rilievo  che,  nella  disciplina
della  materia,  rivestono  i  provvedimenti  del  Garante   per   la
protezione dei dati personali (Sezione II, Capo VI,  del  regolamento
n. 2016/679/UE), a partire dal provvedimento di carattere generale in
materia  di  videosorveglianza,  adottato  l'8  aprile  2010,  e  dal
provvedimento del 22  febbraio  2018,  che  contiene  le  indicazioni
preliminari  volte  a  favorire  la   corretta   applicazione   delle
disposizioni del regolamento n. 679/2016/UE. 
    6.- A fronte della complessita' e ampiezza dei profili  implicati
nel  trattamento  dei  dati  personali,   che   richiedono   delicati
bilanciamenti fra diritti spesso di rango  inviolabile,  l'intervento
della  Regione  viola  i  vincoli  derivanti  dall'UE  e  invade   la
competenza legislativa esclusiva spettante allo Stato, in  quanto  si
sovrappone con proprie previsioni autonome e con un rinvio  selettivo
al delicato intreccio di fonti dettate dall'Unione  europea  e  dallo
Stato. 
    6.1.- Come si inferisce, infatti, sin dalla sua rubrica, l'art. 3
regola l'«[i]nstallazione dei sistemi  di  videosorveglianza  e  [la]
tutela della privacy». 
    La disciplina si articola in cinque commi che, oltre a  prevedere
- con riferimento alla sola fase dell'installazione - il rispetto del
d.lgs. n. 101 del 2018, del regolamento n. 679/2016/UE, nonche' della
Convenzione  delle  Nazioni  Unite  sui  diritti  delle  persone  con
disabilita'   (comma   3),   stabiliscono   le   seguenti    puntuali
prescrizioni: 
    «1.  Le  strutture   private   adibite   all'attivita'   di   cui
all'articolo  1  provvedono   autonomamente   all'installazione delle
telecamere a circuito chiuso e ne danno  comunicazione  alle  aziende
sanitarie   locali   in   caso   di   strutture   socio-sanitarie   e
socio-assistenziali. 
    2. I sistemi di videosorveglianza a circuito  chiuso  di  cui  al
comma 1 devono essere installati con modalita' atte  a  garantire  la
sicurezza dei dati trattati e la loro protezione da accessi  abusivi.
Nelle strutture di  cui  all'articolo  1  e'  vietato  l'utilizzo  di
webcam. 
    3. [...] Per l'attivazione e' necessario  acquisire  il  consenso
degli ospiti o dei loro tutori. 
    4. La  presenza  dei  sistemi  di  videosorveglianza  e'  inoltre
adeguatamente segnalata a tutti  i  soggetti  che  accedono  all'area
video sorvegliata. 
    5. Le registrazioni  sono  effettuate  in  modalita'  criptata  e
possono essere visionate esclusivamente dall'autorita' giudiziaria, a
seguito di segnalazioni da parte dei soggetti interessati,  familiari
o degenti». 
    6.2.- Una tale disciplina  non  puo'  essere  ricondotta  -  come
invece sostiene la difesa della Regione Puglia - all'esercizio  della
competenza legislativa regionale concorrente  nella  materia  «tutela
della salute». 
    Simile  affermazione  si  potrebbe  comprendere,   ove   riferita
all'art. 4 della medesima legge reg.  Puglia  n.  13  del  2023,  che
prevede l'installazione degli  impianti  di  videosorveglianza  quale
requisito   ai   fini   dell'accreditamento   o   dell'autorizzazione
all'esercizio delle attivita' socio-sanitarie e  socio-assistenziali,
disposizione che trova corrispondenza  anche  in  quanto  disposto  a
livello statale sia dall'art. 31, comma 7, lettera d), del d.lgs.  n.
29 del 2024, che ha attuato l'art. 4,  comma  2,  lettera  r),  della
legge n. 33  del  2023,  annoverando  la  previsione  di  sistemi  di
videosorveglianza   a   circuito   chiuso   fra   i    criteri    per
l'accreditamento e l'autorizzazione di  strutture  socio-sanitarie  e
socio-assistenziali per anziani, sia dall'art.  5-septies,  comma  2,
del d.l. n. 32 del 2019, come convertito,  che  istituisce  un  fondo
destinato   a   finanziare    l'installazione    dei    sistemi    di
videosorveglianza a circuito chiuso presso le strutture di  residenza
e cura degli anziani 
    Viceversa, la competenza legislativa  concorrente  nella  materia
«tutela della salute»  non  e'  in  alcun  modo  pertinente  rispetto
all'art. 3. Infatti, tale competenza puo' consentire alla Regione  di
prevedere  un  onere  concernente  l'installazione  di  impianti   di
videosorveglianza, al piu' evocando - tramite un rinvio mobile  -  il
doveroso rispetto di tutta la disciplina dettata dall'Unione  europea
e dallo Stato nel campo della videosorveglianza e del trattamento dei
dati personali, ma certo non  autorizza  la  Regione  a  operare  una
cernita delle fonti rilevanti e  a  dettare  essa  stessa  le  regole
concernenti i citati ambiti. 
    6.2.1.-  L'invasione  della  competenza  legislativa  statale  si
rileva gia' solo  in  presenza  di  una  novazione  delle  fonti  (di
recente, sentenza n. 239  del  2022  e,  nella  materia  «ordinamento
civile», sentenze n. 153 del 2021 e n. 234 del 2017), che  nel  tempo
sono suscettibili  di  modificazioni  e  integrazioni  da  parte  dei
legislatori competenti. 
    6.2.2.- Inoltre, e soprattutto, non spetta alla  Regione  operare
una selezione di fonti e di regole - quale emerge nella disciplina in
esame - che, all'interno dell'articolato plesso normativo contemplato
sia dall'Unione europea sia dal legislatore statale, sono chiamate  a
disciplinare questa complessa e delicata materia. 
    In tal modo, la Regione non solo  si  sovrappone  alle  normative
eurounitaria  e  statale,  travalicando  le  proprie  competenze,  ma
oltretutto  effettua  una  arbitraria  scelta,   il   cui   contenuto
precettivo equivale a ritenere vincolanti le sole regole  individuate
dal legislatore regionale e non anche le altre. 
    6.2.2.1.- Non e' innocuo, in tale prospettiva, che l'art. 3 abbia
individuato, quali fonti da rispettare, il d.lgs. n. 101 del 2018, il
regolamento n. 679/2016/UE e la Convenzione delle Nazioni  Unite  sui
diritti delle persone con disabilita', cosi' escludendo il d.lgs.  n.
196 del 2003  e  le  altre  fonti,  emanate  dall'UE  e  attuate  dal
legislatore statale. 
    In particolare, quanto al d.lgs. n. 196 del 2003, esso e' tuttora
vigente e le sue previsioni sono  state  solo  in  parte  abrogate  o
modificate dal d.lgs. n. 101  del  2018,  che  ha  operato  opportuni
raccordi con il regolamento n. 679/2016/UE (cosi' la sentenza n.  260
del 2021). 
    Fra le previsioni del citato codice della privacy e' doveroso, in
particolare, richiamare  l'art.  114,  secondo  cui:  «[r]esta  fermo
quanto disposto dall'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n.  300»,
il quale  detta  le  condizioni  che  consentono  l'installazione  di
impianti audiovisivi «dai  quali  derivi  anche  la  possibilita'  di
controllo a distanza dell'attivita'  dei  lavoratori»,  vale  a  dire
proprio la fattispecie regolata dal legislatore regionale. 
    6.2.2.2.-  Quanto  alla  raccolta  e  al  trattamento  dei   dati
personali, la disposizione impugnata, da un lato, opera  un  richiamo
al regolamento n. 679/2016/UE e al d.lgs. n. 101 del 2018 riferendosi
alla sola fase dell'installazione della videosorveglianza  e,  da  un
altro lato, entra nel vivo della disciplina sul trattamento dei  dati
personali, prevedendo che sia acquisito il consenso  degli  ospiti  o
dei loro tutori (art. 3, comma 3, della legge reg. Puglia n.  13  del
2023)  e  che  l'installazione  sia  genericamente   effettuata   con
modalita' che garantiscano la sicurezza dei dati e la loro protezione
da accessi abusivi (art. 3, comma 2). 
    Ma, di nuovo, la selezione di fonti e di regole  applicabili  non
prende in considerazione l'imponente corpo normativo che,  in  ambito
eurounitario e statale, oltre a richiedere di regola il  consenso  di
tutti coloro i cui dati vengono trattati (artt. 6 e 7 del regolamento
n. 679/2016/UE, nonche' art. 9 dello stesso regolamento  rispetto  ai
dati  sensibili),  disciplina  dettagliatamente:  l'informativa;   le
modalita' di raccolta del  consenso  e  le  sue  caratteristiche;  le
cautele richieste in ordine ai dati  sensibili;  il  trattamento  dei
dati successivo  alla  raccolta,  a  partire  dalla  durata  e  dalle
modalita' di conservazione dei dati; la garanzia per i  titolari  dei
dati raccolti di poter accedere agli stessi e di poterne bloccare  la
diffusione. Ne' puo' tacersi che, nella scansione  delle  varie  fasi
del trattamento dei dati personali, le fonti emanate dai  legislatori
competenti  riconoscono  ai  loro  titolari   specifiche   situazioni
giuridiche soggettive (a essere informati, a manifestare  o  revocare
il consenso alla raccolta e al trattamento dei dati, a  opporsi  alla
loro divulgazione, a prendere visione  dei  dati  raccolti),  che  si
riflettono su altrettanti strumenti di tutela. 
    6.2.2.3.- Analogamente, anche i commi 1 e  4  dell'art.  3  della
legge reg. Puglia n. 13 del 2023 -  che  prevedono,  rispettivamente,
l'autonoma installazione delle telecamere da  parte  delle  strutture
private,  con  mera  comunicazione  alle  aziende  sanitarie  locali,
nonche' una semplice segnalazione dei sistemi di videosorveglianza  a
tutti i soggetti che accedono all'area - disattendono  il  necessario
rispetto di tutte  le  fonti  eurounitarie  e  statali,  comprese  le
dettagliate prescrizioni  richieste  dal  gia'  citato  provvedimento
generale del Garante per la  protezione  dei  dati  personali  dell'8
aprile 2010. 
    6.3.- In sostanza - come questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
puntualizzare (sentenza n. 271 del 2005) - il contrasto con i vincoli
derivanti dall'UE e con la competenza legislativa  statale  esclusiva
emerge tanto a fronte di rinvii parziali, quanto in presenza  di  una
disciplina puntuale che  individui  solo  una  limitata  porzione  di
regole, trascurando le altre che sono oggetto della fitta  disciplina
eurounitaria e statale. 
    7.- In conclusione, l'art. 3 della legge reg. Puglia  n.  13  del
2023 e' costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art.  117,
primo comma, Cost., in relazione al regolamento n. 679/2016/UE e alla
direttiva 2016/680/UE, e con l'art. 117, secondo comma,  lettera  l),
Cost., con riguardo alla materia «ordinamento civile». 
    E' assorbita ogni ulteriore censura. 
    8.- Resta fermo  che  l'accoglimento  delle  questioni  sollevate
sull'art.  3  non  incide  sull'onere  di  installare   impianti   di
videosorveglianza, previsto  dall'art.  4  della  stessa  legge  reg.
Puglia n. 13 del 2023, e che l'installazione debba essere  effettuata
nel pieno rispetto di tutte le previsioni dettate dall'Unione europea
e dal legislatore statale, nel campo della  videosorveglianza  e  del
trattamento dei dati personali.