ART. 14.

   1. Dopo l'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8,
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82,
introdotto  dall'articolo  12  della  presente  legge, e' inserito il
seguente Capo:
   "CAPO  II-ter.  -  NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI
COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA.
   ART.  16-quater.  -  (Verbale  illustrativo  dei  contenuti  della
collaborazione). - 1. Ai fini della concessione delle speciali misure
di  protezione di cui al Capo II, nonche' per gli effetti di cui agli
articoli  16-quinquies  e 16-nonies, la persona che ha manifestato la
volonta'  di collaborare rende al procuratore della Repubblica, entro
il  termine  di  centottanta  giorni dalla suddetta manifestazione di
volonta',  tutte  le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione
dei  fatti e delle circostanze sui quali e' interrogato nonche' degli
altri  fatti  di  maggiore  gravita'  ed  allarme sociale di cui e' a
conoscenza  oltre  che  alla  individuazione  e alla cattura dei loro
autori   ed   altresi'   le  informazioni  necessarie  perche'  possa
procedersi  alla  individuazione,  al  sequestro  e alla confisca del
denaro,  dei  beni  e di ogni altra utilita' dei quali essa stessa o,
con riferimento ai dati a sua conoscenza, altri appartenenti a gruppi
criminali dispongono direttamente o indirettamente.
   2.  Le informazioni di cui al comma 1 relative alla individuazione
del denaro, dei beni e delle altre utilita' non sono richieste quando
la  volonta'  di  collaborare  e'  stata manifestata dai testimoni di
giustizia.
   3. Le dichiarazioni rese ai sensi dei commi 1 e 2 sono documentate
in  un  verbale  denominato "verbale illustrativo dei contenuti della
collaborazione",  redatto secondo le modalita' previste dall'articolo
141-bis  del codice di procedura penale, che e' inserito, per intero,
in  apposito fascicolo tenuto dal procuratore della Repubblica cui le
dichiarazioni sono state rese e, per estratto, nel fascicolo previsto
dall'articolo  416,  comma 2, del codice di procedura penale relativo
al  procedimento  cui le dichiarazioni rispettivamente e direttamente
si  riferiscono. Il verbale e' segreto fino a quando sono segreti gli
estratti  indicati  nel  precedente  periodo.  Di  esso e' vietata la
pubblicazione  a  norma  dell'articolo  114  del  codice di procedura
penale.
   4. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la
persona  che  rende  le  dichiarazioni  attesta,  fra l'altro, di non
essere   in   possesso  di  notizie  e  informazioni  processualmente
utilizzabili  su  altri  fatti  o  situazioni,  anche  non connessi o
collegati  a quelli riferiti, di particolare gravita' o comunque tali
da  evidenziare  la  pericolosita'  sociale  di singoli soggetti o di
gruppi criminali.
   5.  Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione la
persona indica i colloqui investigativi eventualmente intrattenuti.
   6.  Le notizie e le informazioni di cui ai commi 1 e 4 sono quelle
processualmente  utilizzabili  che,  a  norma  dell'articolo  194 del
codice   di   procedura  penale,  possono  costituire  oggetto  della
testimonianza.  Da esse, in particolare, sono escluse le notizie e le
informazioni  che  il  soggetto  ha  desunto  da  voci  correnti o da
situazioni a queste assimilabili.
   7. Le speciali misure di protezione di cui ai Capi II e II-bis non
possono  essere  concesse,  e  se  concesse  devono  essere revocate,
qualora,  entro  il termine di cui al comma 1, la persona cui esse si
riferiscono  non renda le dichiarazioni previste nei commi 1, 2 e 4 e
queste  non  siano documentate nel verbale illustrativo dei contenuti
della collaborazione.
   8.  La  disposizione  del comma 7 si applica anche nel caso in cui
risulti non veritiera l'attestazione di cui al comma 4.
   9.  Le  dichiarazioni  di  cui  ai  commi  1  e 4 rese al pubblico
ministero  o alla polizia giudiziaria oltre il termine previsto dallo
stesso  comma  1  non possono essere valutate ai fini della prova dei
fatti  in  esse  affermati contro le persone diverse dal dichiarante,
salvo i casi di irripetibilita'.
   ART.  16-quinquies. - (Attenuanti in caso di collaborazione). - 1.
Le  circostanze  attenuanti  che  il  codice penale e le disposizioni
speciali  prevedono in materia di collaborazione, relativa ai delitti
di  cui  all'articolo  9, comma 2, possono essere concesse soltanto a
coloro  che,  entro  il  termine  di  cui  al  comma  1 dell'articolo
16-quater,  hanno  sottoscritto il verbale illustrativo dei contenuti
della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater.
   2.  Il  giudice, anche d'ufficio, accerta l'avvenuta redazione del
verbale  illustrativo  dei  contenuti  della  collaborazione entro il
termine prescritto.
   3.  Se  la collaborazione si manifesta nel corso del dibattimento,
il giudice puo' concedere le circostanze attenuanti di cui al comma 1
anche  in  mancanza  del  verbale  illustrativo  dei  contenuti della
collaborazione,  ferma  restando  la necessita' di procedere alla sua
redazione  entro  il  termine  prescritto per gli effetti di cui agli
articoli 16-quater e 16-nonies.
   ART.  16-sexies.  -  (Acquisizione  del  verbale  illustrativo dei
contenuti  della  collaborazione  nonche'  di  copie per estratto dei
registri   in   materia   di   colloqui   investigativi  in  caso  di
interrogatorio  o  esame  del  collaboratore).  -  1.  Quando si deve
procedere  all'interrogatorio  o  all'esame  del  collaboratore quale
testimone  o  persona  imputata  in  un procedimento connesso o di un
reato  collegato  a  quello  per  cui  si  procede  nel caso previsto
dall'articolo  371,  comma  2,  lettera  b),  del codice di procedura
penale  il  giudice, su richiesta di parte, dispone che sia acquisito
al  fascicolo  del  pubblico  ministero  il  verbale illustrativo dei
contenuti   della   collaborazione   di  cui  all'articolo  16-quater
limitatamente  alle  parti  di esso che concernono la responsabilita'
degli imputati nel procedimento.
   2.  Nell'ipotesi  di  cui  al  comma  1 il giudice, a richiesta di
parte,  dispone  altresi'  l'acquisizione  di  copia per estratto del
registro  tenuto  dal  direttore  del carcere in cui sono annotati il
nominativo  del  detenuto o internato, il nominativo di chi ha svolto
il  colloquio  a  fini  investigativi, la data e l'ora di inizio e di
fine  dello stesso, nonche' di copia per estratto del registro di cui
al comma 3 dell'articolo 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e
successive  modificazioni,  per  la parte relativa ai colloqui a fini
investigativi intervenuti con il collaboratore.
   ART.  16-septies.  (Restituzione  nel  termine  e  revisione delle
sentenze). - 1. Il procuratore generale presso la corte d'appello nel
cui  distretto  la  sentenza  e' stata pronunciata deve richiedere la
revisione  della  sentenza  quando  le  circostanze attenuanti che il
codice  penale  o  le  disposizioni  speciali prevedono in materia di
collaborazione  relativa  ai  delitti di cui all'articolo 9, comma 2,
sono  state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti,
ovvero   quando  chi  ha  beneficiato  delle  circostanze  attenuanti
predette  commette, entro dieci anni dal passaggio in giudicato della
sentenza,   un  delitto  per  il  quale  l'arresto  in  flagranza  e'
obbligatorio.
   2.  La  revisione e' ammessa quando ricorrono i presupposti di cui
al  comma  1  e  se  il  delitto  ivi  previsto  e'  indicativo della
permanenza del soggetto nel circuito criminale.
   3.  Quando  chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti di cui
al  comma  1  ha  ottenuto  anche  taluno  dei  benefici penitenziari
previsti   dall'articolo   16-nonies,  il  procuratore  generale  che
richiede  la  revisione  della  sentenza  informa  della richiesta il
tribunale di sorveglianza ed il magistrato di sorveglianza competenti
ai  fini dei provvedimenti previsti dal comma 7 del medesimo articolo
16-nonies.
   4.  Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto applicabili,
le  disposizioni  del  titolo IV del libro IX del codice di procedura
penale.  In  caso  di  accoglimento  della richiesta di revisione, il
giudice  riforma  la sentenza di condanna e determina la nuova misura
della pena.
   5.  Nel  corso  del giudizio di revisione il giudice, su richiesta
del  pubblico  ministero,  puo'  disporre l'applicazione delle misure
cautelari previste dalla legge.
   6. Quando le situazioni indicate nel comma 1 emergono prima che la
sentenza  sia  divenuta  irrevocabile,  gli  atti da cui risultano le
predette  situazioni  sono  trasmessi al pubblico ministero presso il
giudice  che  ha  pronunciato  la  sentenza  ovvero,  se gli atti del
procedimento  sono gia' stati trasmessi al giudice dell'impugnazione,
al   pubblico   ministero   presso   il  giudice  che  deve  decidere
sull'impugnazione.  Se  si tratta di sentenza pronunciata in grado di
appello,  gli  atti sono in ogni caso trasmessi al pubblico ministero
presso la corte d'appello che ha pronunciato la sentenza. Il pubblico
ministero,  entro  trenta  giorni  dal  ricevimento  degli atti, puo'
chiedere,  a  norma dell'articolo 175 del codice di procedura penale,
la  restituzione  nel termine per proporre impugnazione limitatamente
al punto della decisione relativo alla applicazione delle circostanze
attenuanti indicate nel comma 1.
   7.  Le pene previste per il reato di calunnia sono aumentate da un
terzo alla meta' quando risulta che il colpevole ha commesso il fatto
allo  scopo di usufruire delle circostanze attenuanti di cui al comma
1  o dei benefici penitenziari o delle misure di tutela o speciali di
protezione  previsti dall'articolo 16-nonies e dal Capo II. L'aumento
e' dalla meta' ai due terzi se uno dei benefici e' stato conseguito.
   ART.  16-octies. - (Revoca o sostituzione della custodia cautelare
per  effetto  della  collaborazione).  -  1. La misura della custodia
cautelare non puo' essere revocata o sostituita con altra misura meno
grave  per  il  solo  fatto che la persona nei cui confronti e' stata
disposta  tiene  o  ha tenuto taluna delle condotte di collaborazione
che  consentono  la concessione delle circostanze attenuanti previste
dal  codice  penale  o  da  disposizioni speciali. In tali casi, alla
revoca o alla sostituzione puo' procedersi solo se, nell'ambito degli
accertamenti  condotti  in  ordine  alla  sussistenza  delle esigenze
cautelari,  il  giudice che procede, sentiti il procuratore nazionale
antimafia  o  i  procuratori  generali  presso  le  corti  di appello
interessati,   non   ha   acquisito  elementi  dai  quali  si  desuma
l'attualita' dei collegamenti con la criminalita' organizzata di tipo
mafioso  o terroristico-eversivo e ha accertato che il collaboratore,
ove  soggetto  a  speciali  misure  di  protezione, ha rispettato gli
impegni assunti a norma dell'articolo 12.
   ART.  16-nonies.  -  (Benefici  penitenziari).  - 1. Nei confronti
delle  persone  condannate  per  un delitto commesso per finalita' di
terrorismo  o  di eversione dell'ordinamento costituzionale o per uno
dei  delitti  di  cui  all'articolo  51,  comma  3-bis, del codice di
procedura  penale,  che  abbiano  prestato,  anche  dopo la condanna,
taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione
delle   circostanze  attenuanti  previste  dal  codice  penale  o  da
disposizioni  speciali,  la  liberazione condizionale, la concessione
dei  permessi  premio  e  l'ammissione  alla  misura della detenzione
domiciliare prevista dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975,
n.  354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero
sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati
a  norma  dell'articolo  11  del  presente  decreto  o il procuratore
nazionale antimafia.
   2.  Nella  proposta  o  nel  parere  i  procuratori  generali o il
procuratore  nazionale  antimafia  forniscono ogni utile informazione
sulle caratteristiche della collaborazione prestata. Su richiesta del
tribunale  o del magistrato di sorveglianza, allegano alla proposta o
al   parere  copia  del  verbale  illustrativo  dei  contenuti  della
collaborazione  e,  se  si  tratta  di  persona sottoposta a speciali
misure di protezione, il relativo provvedimento di applicazione.
   3. La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre
la  valutazione  della  condotta  e  della  pericolosita' sociale del
condannato  e  precisano  in  specie se questi si e' mai rifiutato di
sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel
corso   dei   procedimenti   penali   in   cui  ha  prestato  la  sua
collaborazione.  Precisano  inoltre  gli  altri elementi rilevanti ai
fini  dell'accertamento  del  ravvedimento anche con riferimento alla
attualita'   dei  collegamenti  con  la  criminalita'  organizzata  o
eversiva.
   4.  Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il
tribunale  o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che sussistano
i  presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all'importanza della
collaborazione  e  sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano
elementi  tali  da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la
criminalita' organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato
nel  comma  1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese
quelle  relative ai limiti di pena di cui all'articolo 176 del codice
penale e agli articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n.
354,  e  successive modificazioni. Il provvedimento e' specificamente
motivato  nei  casi  in  cui  le  autorita'  indicate nel comma 2 del
presente  articolo hanno espresso parere sfavorevole. I provvedimenti
che  derogano  ai limiti di pena possono essere adottati soltanto se,
entro  il termine prescritto dall'articolo 16-quater e' stato redatto
il  verbale  illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto
dal  medesimo  articolo  16-quater  e,  salvo  che  non  si tratti di
permesso  premio,  soltanto  dopo  la  espiazione di almeno un quarto
della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all'ergastolo,
dopo l'espiazione di almeno dieci anni di pena.
   5.  Se  la collaborazione prestata dopo la condanna riguarda fatti
diversi  da  quelli  per i quali e' intervenuta la condanna stessa, i
benefici  di  cui  al  comma 1 possono essere concessi in deroga alle
disposizioni  vigenti  solo  dopo l'emissione della sentenza di primo
grado  concernente  i  fatti  oggetto  della  collaborazione  che  ne
confermi i requisiti di cui all'articolo 9, comma 3.
   6. Le modalita' di attuazione dei provvedimenti indicati nel comma
4 sono stabilite sentiti gli organi che provvedono alla tutela o alla
protezione  dei  soggetti  interessati e possono essere tali organi a
provvedere alle notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle
disposizioni del tribunale o del magistrato di sorveglianza.
   7. La modifica o la revoca dei provvedimenti e' disposta d'ufficio
ovvero su proposta o parere delle autorita' indicate nel comma 2. Nei
casi  di  urgenza,  il  magistrato  di sorveglianza puo' disporre con
decreto  motivato  la  sospensione  cautelativa dei provvedimenti. La
sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di provvedimento
di  competenza  del  tribunale di sorveglianza, questo non interviene
entro  sessanta  giorni  dalla  ricezione  degli  atti. Ai fini della
modifica,   della   revoca   o   della  sospensione  cautelativa  dei
provvedimenti  assumono  specifico rilievo quelle condotte tenute dal
soggetto   interessato  che,  a  norma  degli  articoli  13-quater  e
16-septies, possono comportare la modifica o la revoca delle speciali
misure  di  protezione  ovvero  la revisione delle sentenze che hanno
concesso taluna delle attenuanti in materia di collaborazione.
   8.   Quando   i  provvedimenti  di  liberazione  condizionale,  di
assegnazione  al  lavoro  all'esterno,  di  concessione  dei permessi
premio  e  di  ammissione  a  taluna  delle  misure  alternative alla
detenzione  previste  dal  Titolo  I,  Capo VI, della legge 26 luglio
1975, n. 354, e successive modificazioni, sono adottati nei confronti
di  persona sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza
appartiene  al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in
cui  la persona medesima ha eletto il domicilio a norma dell'articolo
12, comma 3-bis, del presente decreto".
 
          Note all'art. 14:
              - Si  trascrive il testo degli articoli 141-bis, 416, e
          114 del codice di procedura penale:
              "Art.     141-bis    (Modalita'    di    documentazione
          dell'interrogatorio  di  persona in stato detenzione). - 1.
          Ogni  interrogatorio  di  persona che si trovi, a qualsiasi
          titolo,  in  stato  di  detenzione,  e che non si svolga in
          udienza,  deve  essere documentato integralmente, a pena di
          inutilizzabilita',  con mezzi di riproduzione fonografica o
          audiovisiva.  Quando  si  verifica  una indisponibilita' di
          strumenti  di  riproduzione  o  di  personale  tecnico,  si
          provvede   con   le   forme  della  perizia,  ovvero  della
          consulenza  tecnica.  Dell'interrogatorio  e' anche redatto
          verbale   in   forma  riassuntiva.  La  trascrizione  della
          riproduzione e' disposta solo se richiesta dalle parti".
              "Art.  416  (Presentazione della richiesta del pubblico
          ministero).  -  1.  La  richiesta  di  rinvio a giudizio e'
          depositata  dal  pubblico  ministero  nella cancelleria del
          giudice  (328).  La richiesta di rinvio a giudizio e' nulla
          se non e' preceduta dall'avviso previsto dall'art. 415-bis,
          nonche'    dall'invito    a    presentarsi    per   rendere
          l'interrogatorio  ai  sensi dell'art. 375, comma 3, qualora
          la persona sottoposta ad interrogatorio entro il termine di
          cui all'art. 415-bis, comma 3.
              2.   Con   la   richiesta  e'  trasmesso  il  fascicolo
          contenente  la  notizia  di  reato (330), la documentazione
          relativa  alle  indagini  espletate (373) e i verbali degli
          atti   compiuti   davanti   al   giudice  per  le  indagini
          preliminari  (294,  392 s.s.; art. 130). Il corpo del reato
          (253)  e  le  cose  pertinenti  al  reato  sono allegati al
          fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove".
              "Art.  114  (Divieto  di  pubblicazione  di  atti  e di
          immagini). - 1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale
          o  per  riassunto,  con  il  mezzo della stampa o con altro
          mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche
          solo del loro contenuto (329).
              2.  E'  vietata la pubblicazione, anche parziale, degli
          atti  non  piu'  coperti  dal  segreto fino a che non siano
          concluse  le  indagini  preliminari  ovvero fino al termine
          dell'udienza preliminare (424).
              3.  Se si procede al dibattimento, non e' consentita la
          pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per
          il  dibattimento se non dopo la pronuncia della sentenza di
          primo  grado  (545), e di quelli del fascicolo del pubblico
          ministero (433), se non dopo la pronuncia della sentenza in
          grado   di   appello   (605).   E'   sempre  consentita  la
          pubblicazione  degli  atti  utilizzati per le contestazioni
          (501 1, 503 3).
              4.  E'  vietata la pubblicazione, anche parziale, degli
          atti  del  dibattimento  celebrato  a porte chiuse nei casi
          previsti  dall'art.  472,  commi  1  e  2.  In tali casi il
          giudice,  sentite  le  parti,  puo'  disporre il divieto di
          pubblicazione  anche  degli  atti  o  di  parte  degli atti
          utilizzati    per   le   contestazioni.   Il   divieto   di
          pubblicazione   cessa  comunque  quando  sono  trascorsi  i
          termini  stabiliti  dalla  legge  sugli  archivi  di Stato,
          ovvero e' trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza
          irrevocabile  (648)  e  la pubblicazione e' autorizzata dal
          Ministro di grazia e giustizia.
              5.  Se  non  si  procede  al  dibattimento, il giudice,
          sentite le parti, puo' disporre il divieto di pubblicazione
          di  atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi
          puo'  offendere  il buon costume o comportare la diffusione
          di  notizie  sulle quali la legge prescrive di mantenere il
          segreto   nell'interesse   dello   Stato   ovvero   causare
          pregiudizio  alla  riservatezza dei testimoni o delle parti
          private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del
          comma 4.
              6.  E'  vietata  la  pubblicazione  delle generalita' e
          dell'immagine  dei  minorenni  testimoni,  persone offese o
          danneggiati    dal   reato   fino   a   quando   non   sono
          divenuti maggiorenni.   Il   tribunale   per  i  minorenni,
          nell'interesse  esclusivo del minorenne, o il minorenne che
          ha   compiuto   i   sedici   anni,   puo'   consentire   la
          pubblicazione.
              6-bis.  E'  vietata  la  pubblicazione dell'immagine di
          persona  privata della liberta' personale ripresa mentre la
          stessa  si  trova  sottoposta  all'uso  di manette ai polsi
          ovvero  ad  altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la
          persona vi consenta.
              7.  E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto
          di atti non coperti dal segreto.".
              - Per  il  testo  dell'art. 371 del codice di procedura
          penale, v. note all'art. 4.
              - Per  il  testo dell'art. 18-bis della legge 26 luglio
          1975, n. 354, v. note all'art. 6.
              - Si  trascrive  il  testo  dell'art. 175 del codice di
          procedura penale:
              "Art.  175 (Restituzione nel termine). - 1. Il pubblico
          ministero,  le  parti private e i difensori sono restituiti
          nel termine stabilito a pena di decadenza (173), se provano
          di  non  averlo  potuto  osservare  per caso fortuito o per
          forza maggiore.
              2.  Se e' stata pronunciata sentenza contumaciale (487,
          548 3)  o decreto di condanna (460), puo' essere chiesta la
          restituzione nel termine per proporre impugnazione (585) od
          opposizione  (461,  462, 565) anche dall'imputato che provi
          di  non  aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento,
          sempre  che  l'impugnazione non sia stata gia' proposta dal
          difensore  e  il  fatto  non sia dovuto a sua colpa ovvero,
          quando   la   sentenza  contumaciale  e'  stata  notificata
          mediante  consegna  al  difensore  nei  casi previsti dagli
          articoli  159,  161,  commi  4 e 169, l'imputato non si sia
          sottratto  volontariamente  alla  conoscenza degli atti del
          procedimento.
              3.  La  richiesta  per  la  restituzione nel termine e'
          presentata,  a  pena di decadenza (173), entro dieci giorni
          da  quello  nel  quale e' cessato il fatto costituente caso
          fortuito  o  forza maggiore  ovvero,  nei casi previsti dal
          comma  2,  da  quello  in cui l'imputato ha avuto effettiva
          conoscenza  dell'atto.  La  restituzione  non  puo'  essere
          concessa  piu'  di  una volta per ciascuna parte in ciascun
          grado del procedimento.
              4.  Sulla  richiesta  decide  con  ordinanza  (125)  il
          giudice  che  procede  al  tempo  della presentazione della
          stessa.   Prima  dell'esercizio  dell'azione  penale  (405)
          provvede  il  giudice per le indagini preliminari (328). Se
          sono  stati  pronunciati  sentenza  o  decreto di condanna,
          decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione
          o sulla opposizione.
              5.  L'ordinanza che concede la restituzione nel termine
          per  la proposizione della impugnazione o della opposizione
          puo' essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla
          impugnazione o sulla opposizione.
              6.  Contro  l'ordinanza  che  respinge  la richiesta di
          restituzione  nel  termine puo' essere proposto ricorso per
          cassazione (606 ss).
              7.  Quando  accoglie  la  richiesta di restituzione nel
          termine  per proporre impugnazione, il giudice, se occorre,
          ordina  la  scarcerazione  dell'imputato  detenuto e adotta
          tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti
          determinati dalla scadenza del termine (670 3).
              8.  Se  la restituzione nel termine e' concessa a norma
          del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione
          del   reato   (157 c.p.),   del  tempo  intercorso  tra  la
          notificazione  della  sentenza  contumaciale  (548 3) o del
          decreto  di  condanna (460 3) e la notificazione alla parte
          dell'avviso  di  deposito  dell'ordinanza  che  concede  la
          restituzione.".
              - Il  testo  dell'art.  12 del decreto-legge 15 gennaio
          1991,  n.  8,  convertito, con modificazioni dalla legge 15
          marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 5.
              Per  il  testo  dell'art.  51  del  codice di procedura
          penale, v. note all'art. 2.
              -  Si  trascrive il testo dell'art. 47-ter della citata
          legge 26 luglio 1975, n. 354:
              "Art.  47-ter  (Detenzione  domiciliare).  - 1. La pena
          della  reclusione  non  superiore  a quattro anni, anche se
          costituente  parte residua di maggior pena, nonche' la pena
          dell'arresto,   possono   essere   espiate   nella  propria
          abitazione  o  in  altro  luogo di privata dimora ovvero in
          luogo  pubblico  di  cura, assistenza o accoglienza, quando
          trattasi di:
                a) donna  incinta  o madre di prole di eta' inferiore
          ad anni dieci, con lei convivente;
                b) padre,  esercente  la  potesta',  di prole di eta'
          inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre
          sia  deceduta  o altrimenti assolutamente impossibilitata a
          dare assistenza alla prole;
                c) persona  in  condizioni  di salute particolarmente
          gravi,  che  richiedano  costanti  contatti  con  i presidi
          sanitari territoriali;
                d) persona  di  eta'  superiore  a  sessanta anni, se
          inabile anche parzialmente;
                e) persona  minore  di  anni  ventuno  per comprovate
          esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
              1-bis.  La detenzione domiciliare puo' essere applicata
          per  l'espiazione  della  pena detentiva inflitta in misura
          non  superiore  a  due  anni,  anche  se  costituente parte
          residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni
          di  cui  al  comma 1 quando non ricorrono i presupposti per
          l'affidamento  in  prova  al  servizio sociale e sempre che
          tale  misura  sia  idonea  ad  evitare  il  pericolo che il
          condannato  commetta  altri reati. La presenta disposizione
          non  si  applica  ai condannati per i reati di cui all'art.
          4-bis.
              1-ter.   Quando  potrebbe  essere  disposto  il  rinvio
          obbligatorio  o  facoltativo della esecuzione della pena ai
          sensi  degli  articoli  146  e  147  del  codice penale, il
          tribunale  di  sorveglianza,  anche  se  la  pena supera il
          limite  di  cui  al  comma 1, puo' disporre la applicazione
          della  detenzione  domiciliare,  stabilendo  un  termine di
          durata  di  tale  applicazione,  termine  che  puo'  essere
          prorogato.  L'esecuzione  della  pena  prosegue  durante la
          esecuzione della detenzione domiciliare.
              1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione
          domiciliare   e'   proposta   dopo   che  ha  avuto  inizio
          l'esecuzione  della pena, il magistrato di sorveglianza cui
          la domanda deve essere rivolta puo' disporre l'applicazione
          provvisoria  della  misura, quando ricorrono i requisiti di
          cui   ai   commi   1  e  1-bis.  Si  applicano,  in  quanto
          compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4.
              2. (comma abrogato dall'art. 1, decreto-legge 13 maggio
          1991, n. 152).
              3.  (comma  abrogato dall'art. 4, legge 27 maggio 1998,
          n. 165).
              4.  Il  tribunale  di  sorveglianza,  nel  disporre  la
          detenzione  domiciliare,  ne  fissa  le  modalita'  secondo
          quanto  stabilito  dall'art.  284  del  codice di procedura
          penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per
          gli  interventi  del  servizio sociale. Tali prescrizioni e
          disposizioni  possono  essere  modificate dal magistrato di
          sorveglianza  competente  per  il luogo in cui si svolge la
          detenzione domiciliare.
              5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la
          detenzione   domiciliare   non   e'  sottoposto  al  regime
          penitenziario  previsto dalla presente legge e dal relativo
          regolamento    di    esecuzione.    Nessun    onere   grava
          sull'amministrazione  penitenziaria per il mantenimento, la
          cura  e  l'assistenza  medica del condannato che trovasi in
          detenzione domiciliare.
              6.   La   detenzione  domiciliare  e'  revocata  se  il
          comportamento  del  soggetto,  contrario  alla legge o alle
          prescrizioni   dettate,   appare   incompatibile   con   la
          prosecuzione delle misure.
              7.  Deve  essere  inoltre  revocata  quando  vengono  a
          cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
              8.  Il  condannato  che  essendo in stato di detenzione
          nella  propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati
          nel  comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art.
          385   del   codice   penale.  Si  applica  la  disposizione
          dell'ultimo comma dello stesso articolo.
              9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa
          la  sospensione  del  beneficio e la condanna ne importa la
          revoca.
              9-bis.  Se  la misura di cui al comma 1-bis e' revocata
          ai  sensi  dei  commi  precedenti  la pena residua non puo'
          essere sostituita con altra misura.".
              -   Per   la   nuova   formulazione  dell'art.  11  del
          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con
          modificazioni,  della  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda
          l'art. 4 della legge qui pubblicata.
              -  Si  trascrive  il  testo  dell'art.  176  del codice
          penale:
              "Art.  176  (Liberazione condizionale). Il condannato a
          pena  detentiva  che,  durante il tempo di esecuzione della
          pena,  abbia  tenuto  un comportamento tale da far ritenere
          sicuro  il  suo  ravvedimento,  puo'  essere  ammesso  alla
          liberazione  condizionale se ha scontato almeno trenta mesi
          e  comunque almeno meta' della pena inflittagli, qualora il
          rimanente della pena non superi i cinque anni (682 c.p.p.).
              Se  si  tratta  di  recidivo,  nei  casi  preveduti dai
          capoversi  dell'art.  99, il condannato, per essere ammesso
          alla  liberazione  condizionale, deve avere scontato almeno
          quattro  anni  di  pena e non meno di tre quarti della pena
          inflittagli.
              Il  condannato  all'ergastolo  puo' essere ammesso alla
          liberazione   condizionale  quando  abbia  scontato  almeno
          ventisei anni di pena.
              La   concessione   della  liberazione  condizionale  e'
          subordinata   all'adempimento   delle  obbligazioni  civili
          derivanti  dal  reato  (185  ss.),  salvo che il condannato
          dimostri di trovarsi nell'impossibilita' di adempierle.".
              -  Si  trascrive il testo dell'art. 30-ter della citata
          legge 26 luglio 1975, n. 354:
              "Art.  30-ter (Permessi premio). - 1. Ai condannati che
          hanno  tenuto  regolare  condotta  ai  sensi del successivo
          comma  8  e  che  non  risultano socialmente pericolosi, il
          magistrato    di   sorveglianza,   sentito   il   direttore
          dell'istituto, puo' concedere permessi premio di durata non
          superiore  ogni  volta  a quindici giorni per consentire di
          coltivare  interessi  affettivi,  culturali o di lavoro. La
          durata  dei  permessi  non  puo'  superare complessivamente
          quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.
              1-bis  (comma  aggiunto  dall'art.  13,  legge 19 marzo
          1990, n. 55).
              2.  Per  i  condannati  minori  di  eta'  la durata dei
          permessi premio non puo' superare ogni volta i venti giorni
          e la durata complessiva non puo' eccedere i sessanta giorni
          in ciascun anno di espiazione.
              3. L'esperienza dei permessi premio e' parte integrante
          del  programma  di  trattamento e deve essere seguita dagli
          educatori    e    assistenti    sociali   penitenziari   in
          collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
              4. La concessione dei permessi e' ammessa:
                a)   nei  confronti dei condannati all'arresto o alla
          reclusione  non  superiore  a  tre  anni anche se congiunta
          all'arresto;
                b) nei   confronti  dei  condannati  alla  reclusione
          superiore  a  tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera
          c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;
                c) nei  confronti  dei condannati alla reclusione per
          taluno  dei  delitti  indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis,
          dopo  l'espiazione  di almeno meta' della pena e, comunque,
          di non oltre dieci anni.
                d) nei  confronti  dei condannati all'ergastolo, dopo
          l'espiazione di almeno dieci anni.
              5.  Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione
          della  pena  o  delle  misure  restrittive  hanno riportato
          condanna  o  sono  imputati  per  delitto  doloso  commesso
          durante  l'espiazione  della  pena  o  l'esecuzione  di una
          misura restrittiva della liberta' personale, la concessione
          e'  ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del
          fatto.
              6.  Si applicano, ove del caso, le cautele previste per
          i permessi di cui al primo comma dell'art. 30; si applicano
          altresi'  le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma
          dello stesso articolo.
              7.  Il  provvedimento  relativo  ai  permessi premio e'
          soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le
          procedure di cui all'art. 30-bis.
              8.  La  condotta  dei  condannati si considera regolare
          quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato
          costante   senso   di  responsabilita'  e  correttezza  nel
          comportamento  personale, nelle attivita' organizzate negli
          istituti   e   nelle   eventuali   attivita'  lavorative  o
          culturali.".
              -   Per   la   nuova   formulazione   dell'art.  9  del
          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con
          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda
          l'art. 2 della legge qui pubblicata.
              - L'art.  13-quater  del decreto-legge 15 gennaio 1991,
          n.  8,  convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
          1991,  n.  82,  introdotto  dall'art.  8  della  legge  qui
          pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.
              -  Il  testo  dell'art. 12 del decreto-legge 15 gennaio
          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
          marzo 1991, n. 82, e' riportato in note all'art. 5.