Art. 2. 
                     Nozione di discriminazione 
  1.  Ai  fini  del  presente  decreto  e   salvo   quanto   disposto
dall'articolo 3, commi  da  3  a  6,  per  principio  di  parita'  di
trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta
o indiretta a causa della  religione,  delle  convinzioni  personali,
degli  handicap,  dell'eta'  o   dell'orientamento   sessuale.   Tale
principio comporta  che  non  sia  praticata  alcuna  discriminazione
diretta o indiretta, cosi' come di seguito definite: 
    a) discriminazione diretta quando, per religione, per convinzioni
personali, per handicap, per eta' o per  orientamento  sessuale,  una
persona e' trattata meno favorevolmente di quanto sia,  sia  stata  o
sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga; 
    b)  discriminazione  indiretta  quando   una   disposizione,   un
criterio,  una  prassi,  un  atto,  un  patto  o   un   comportamento
apparentemente neutri possono mettere le persone che  professano  una
determinata  religione  o  ideologia  di  altra  natura,  le  persone
portatrici di handicap, le persone di una particolare eta'  o  di  un
orientamento sessuale in una  situazione  di  particolare  svantaggio
rispetto ad altre persone. 
  2. E' fatto salvo il disposto dell'articolo 43, commi  1  e  2  del
testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la    disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato
con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. 
  3. Sono, altresi', considerate come discriminazioni, ai  sensi  del
comma 1, anche le molestie ovvero  quei  comportamenti  indesiderati,
posti in essere per uno dei motivi di cui all'articolo 1,  aventi  lo
scopo o l'effetto di violare la dignita' di una persona e  di  creare
un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. 
  4. L'ordine di discriminare persone a causa della religione,  delle
convinzioni personali, dell'handicap, dell'eta'  o  dell'orientamento
sessuale e' considerata una discriminazione ai sensi del comma 1. 
 
          Nota all'art. 2: 
              - Il testo dell'art. 43, commi 1 e 2 del citato decreto
          legislativo n. 286 del 1998, e' il seguente: 
              «Art. 43 (Discriminazione per motivi razziali,  etnici,
          nazionali o religiosi). - 1. Ai  fini  del  presente  capo,
          costituisce   discriminazione   ogni   comportamento   che,
          direttamente o indirettamente,  comporti  una  distinzione,
          esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il
          colore, l'ascendenza o l'origine  nazionale  o  etnica,  le
          convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o
          l'effetto   di   distruggere   o   di   compromettere    il
          riconoscimento, il godimento o l'esercizio,  in  condizioni
          di parita', dei diritti umani e delle liberta' fondamentali
          in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni
          altro settore della vita pubblica. 
              2. In ogni caso compie un atto di discriminazione: 
                a) il pubblico ufficiale o la persona  incaricata  di
          pubblico servizio o la persona  esercente  un  servizio  di
          pubblica necessita' che nell'esercizio delle  sue  funzioni
          compia  od  ometta  atti  nei  riguardi  di  un   cittadino
          straniero che, soltanto a causa  della  sua  condizione  di
          straniero o  di  appartenente  ad  una  determinata  razza,
          religione,   etnia   o   nazionalita',   lo    discriminino
          ingiustamente; 
                b) chiunque imponga condizioni piu' svantaggiose o si
          rifiuti di fornire beni o servizi offerti  al  pubblico  ad
          uno straniero soltanto a  causa  della  sua  condizione  di
          straniero o  di  appartenente  ad  una  determinata  razza,
          religione, etnia o nazionalita'; 
                c) chiunque illegittimamente imponga condizioni  piu'
          svantaggiose   o   si   rifiuti   di   fornire    l'accesso
          all'occupazione,   all'alloggio,    all'istruzione,    alla
          formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali  allo
          straniero regolarmente soggiornante in Italia  soltanto  in
          ragione della sua condizione di straniero o di appartenente
          ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalita'; 
                d) chiunque impedisca, mediante azioni od  omissioni,
          l'esercizio  di   un'attivita'   economica   legittimamente
          intrapresa da uno straniero  regolarmente  soggiornante  in
          Italia,  soltanto  in  ragione  della  sua  condizione   di
          straniero o  di  appartenente  ad  una  determinata  razza,
          confessione religiosa, etnia o nazionalita'; 
                e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali,  ai
          sensi dell'art. 15 della legge 20 maggio 1970, n 300,  come
          modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903,
          e dalla legge 11 maggio 1990, n.  108,  compiano  qualsiasi
          atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole
          discriminando,  anche  indirettamente,  i   lavoratori   in
          ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un  gruppo
          etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad  una
          cittadinanza. Costituisce  discriminazione  indiretta  ogni
          trattamento  pregiudizievole  conseguente  all'adozione  di
          criteri che svantaggino in modo proporzionalmente  maggiore
          i lavoratori appartenenti ad una determinata razza,  ad  un
          determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata
          confessione religiosa o ad una  cittadinanza  e  riguardino
          requisiti non essenziali  allo  svolgimento  dell'attivita'
          lavorativa.».