(Allegato)
                                                             Allegato 
 
                   Al Presidente della Repubblica 
 
    Nel comune di Parabita (Lecce) sono state  riscontrate  forme  di
ingerenza  da  parte  della  criminalita'   organizzata   che   hanno
compromesso la libera determinazione e l'imparzialita'  degli  organi
eletti nelle consultazioni amministrative del 31 maggio 2015, nonche'
il  buon  andamento  dell'amministrazione  ed  il  funzionamento  dei
servizi. 
    Le  risultanze  di   un'inchiesta   giudiziaria   hanno   portato
all'esecuzione di un'ordinanza  di  custodia  cautelare  in  carcere,
emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Lecce il 14 dicembre 2015, nei confronti di 22 persone - tra  cui  un
consigliere  che  ha  rivestito,  fino  all'arresto,  le  cariche  di
vicesindaco ed assessore del comune di Parabita -ritenute  affiliate,
a vario titolo, all'organizzazione mafiosa denominata  «sacra  corona
unita», operante nel comune ed in altre citta' limitrofe. 
    I destinatari  del  provvedimento  sono  accusati  dei  reati  di
associazione mafiosa, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti,
di detenzione illegale di armi  comuni  da  sparo,  di  estorsione  e
corruzione con l'aggravante della modalita' mafiosa. 
    Il 21 aprile  2016,  nel  corso  di  una  riunione  del  Comitato
provinciale per l'ordine e  la  sicurezza  pubblica,  il  Procuratore
della Repubblica ha comunicato gli sviluppi processuali della vicenda
giudiziaria, informando i presenti che il Tribunale di Lecce, Sezione
Riesame, aveva disposto,  nei  confronti  del  citato  amministratore
comunale l'applicazione della misura  degli  arresti  domiciliari  in
luogo della detenzione in carcere,  poi  confermata  dalla  Corte  di
Cassazione. 
    Il quadro investigativo delineato dagli inquirenti - che peraltro
ha trovato conferma in fonti di prova - ha fatto emergere il  rischio
di una potenziale  compromissione  delle  istituzioni  locali  e  del
tessuto socio economico comunale, da cui e'  scaturita,  con  decreto
del Prefetto di Lecce del 18 luglio 2016,  una  mirata  attivita'  di
accesso nel comune, ai sensi dell'art.  143,  comma  2,  del  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUOEL). 
    La commissione incaricata degli  accertamenti  ha  depositato  le
proprie conclusioni, sulle cui risultanze il Prefetto - sentito nella
seduta del 21 ottobre 2016 il Comitato provinciale per l'ordine e  la
sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione  del  Procuratore
della Repubblica, ha redatto l'allegata  relazione  del  28  novembre
2016, che costituisce parte integrante della  presente  proposta,  in
cui si da' atto della sussistenza di concreti,  univoci  e  rilevanti
elementi su collegamenti diretti ed  indiretti  degli  amministratori
locali con la criminalita' organizzata di tipo mafioso e su forme  di
condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per
l'applicazione delle misure di cui al citato art. 143. 
    Alcune sentenze della magistratura hanno acclarato,  negli  anni,
la presenza operativa sul territorio comunale e su quello dei  comuni
contermini di un'articolazione della «sacra corona unita», dotata  di
autonomia operativa e facente capo ad un soggetto, stretto  congiunto
del leader storico della consorteria locale, il quale sta  scontando,
in regime di 41-bis del codice penale, una condanna all'ergastolo. 
    Il gruppo criminale amministra, in quel territorio, le  attivita'
illecite del clan  che,  nel  tempo,  si  sono  espanse  rispetto  ai
tradizionali settori del traffico di stupefacenti e delle estorsioni,
inserendosi  nei  circuiti  dell'economia  legale,  anche  attraverso
l'infiltrazione   criminale    negli    apparati    della    pubblica
amministrazione. 
    Gli ultimi sviluppi giudiziari - ed in  particolare  le  pronunce
del Tribunale di Lecce, di cui la piu' recente e' dell'ottobre 2016 -
hanno affermato con assoluta chiarezza la  conclamata  capacita'  del
gruppo mafioso di inquinare l'amministrazione comunale  di  Parabita,
nonche'  l'abilita'  criminale  della  consorteria  nell'imporre   il
controllo pieno del territorio, attraverso l'intimidazione. 
    La situazione generale del comune e' stata,  peraltro,  descritta
nella  Relazione  annuale  sulle  attivita'  svolte  dal  Procuratore
nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, del
febbraio 2016, riferita al periodo 1° luglio 2014-30 giugno 2015.  In
particolare, nella relazione si da' atto della perdurante attivita' -
anche nel territorio  comunale  -  di  un  gruppo  criminale  che  ha
incrementato la propria azione malavitosa a seguito della  condizione
di liberta', tra gli altri, del predetto stretto congiunto del leader
storico del clan al cui gruppo e' riconosciuta una sorta di autonomia
operativa per il  rispetto  dovuto  proprio  all'esponente  «storico»
della «sacra corona unita». 
    Anche la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle
mafie e sulle altre associazioni criminali, anche  straniere,  in  un
incontro che si e' svolto a Lecce nel febbraio 2016, ha avuto modo di
sottolineare i segnali di una allarmante modifica del rapporto  della
societa'  civile  con  la  criminalita'  mafiosa,  cui  consegue  una
crescente    sottovalutazione    della    pericolosita'    di    tali
organizzazioni, che determina la caduta verticale della  riprovazione
sociale nei confronti del fenomeno, con conseguente utilizzazione dei
servizi offerti dagli stessi sodalizi o dai singoli associati. 
    Le consultazioni amministrative del 31 maggio 2015 hanno  portato
alla conferma del sindaco uscente,  mentre  il  vicesindaco-assessore
aveva  gia'  svolto  le   funzioni   assessorili   nella   precedente
consiliatura. Ed e' proprio la figura di quest'ultimo  amministratore
che   emerge   all'interno   dell'amministrazione,   quale    veicolo
consapevole per favorire gli interessi criminali, sulla base  -  come
evidenziato nella stessa ordinanza di custodia cautelare del dicembre
2015 - di un vero e proprio patto  di  scambio  politico-mafioso,  in
forza  del  quale  l'amministratore,   pur   non   essendo   inserito
organicamente nel sodalizio, di fatto, si e'  dimostrato  a  completa
disposizione  dello  stesso   fornendo   un   contributo   specifico,
consapevole e volontario,  oltre  che  continuativo,  ai  fini  della
conservazione e  del  rafforzamento  della  capacita'  operativa  del
gruppo. 
    Quanto  al  voto  di  scambio,  emerge   dalle   indagini   della
magistratura inquirente che il clan ha  pubblicamente  e  palesemente
sostenuto - attraverso il vertice malavitoso locale ed i suoi  uomini
- la campagna elettorale di alcuni esponenti politici locali, tra cui
il predetto amministratore che, in cambio, si e' reso disponibile  ad
esaudire le richieste della criminalita' organizzata. 
    Nella richiamata recente sentenza dell'ottobre 2016, il Tribunale
evidenzia   come   la   disponibilita'   manifestata   dallo   stesso
amministratore nei confronti del clan sia rivelatrice di  un  pesante
condizionamento mafioso del comune, tanto da  integrare  gli  estremi
del concorso esterno in associazione mafiosa e non  solo  quelli  del
reato di cui all'art. 416-ter del codice penale. 
    Rileva, in tal senso, la circostanza che lo stesso amministratore
si sia autodefinito santo in Paradiso  dell'associazione  malavitosa,
in tal modo palesando il suo status di  punto  di  riferimento  della
consorteria all'interno dell'ente, pronto ad attivarsi per far fronte
a qualsiasi richiesta dell'organizzazione criminale. 
    Il patto elettorale tra il locale sodalizio  e  l'amministrazione
e' risultato evidente in occasione delle esternazioni del vertice del
clan che ha commentato, in rete, la vittoria  -  nel  maggio  2015  -
della  lista  facente  capo  all'attuale  sindaco  con  parole   che,
inequivocabilmente,  attestano  il  legame   tra   il   sodalizio   e
l'istituzione comunale. 
    Nella richiamata ordinanza vengono individuati  gli  episodi  che
concretizzano il ruolo  dinamico  e  funzionale  svolto  vicesindaco,
allorche' ha  favorito  le  assunzioni  dei  sodali,  contribuendo  a
migliorare le condizioni lavorative di  associati  assunti  da  ditte
operanti  nell'ambito  di  appalti  pubblici,  fungendo  altresi'  da
factotum amministrativo del clan. 
    In    particolare,     il     Prefetto     descrive     l'impegno
dell'amministrazione ad assumere appartenenti al clan presso la ditta
che gestisce la  raccolta  dei  rifiuti  solidi  urbani  nel  comune,
risultata aggiudicataria in via definitiva del servizio all'esito  di
un procedimento che si era concluso in favore di un'altra impresa, la
cui offerta e' stata poi ritenuta anomala dalla commissione di gara. 
    E' significativo che presso la citata ditta, che  tuttora  svolge
la propria attivita' per l'ente in forza di numerose proroghe,  siano
stati assunti - con contratto stipulato gia' nel gennaio  2010,  poco
prima dell'insediamento del  sindaco,  al  suo  primo  mandato  -  il
vertice della locale organizzazione criminale, stretto congiunto  del
leader storico della consorteria di cui si e'  gia'  fatto  menzione,
nonche' due sodali della consorteria. 
    La stabilizzazione del rapporto di lavoro con i tre esponenti del
clan e' avvenuto  il  successivo  3  aprile  2013  ed  ha  comportato
l'aumento del costo annuale del servizio. 
    In relazione a tanto, l'attuale amministrazione comunale  non  ha
avviato   iniziative   finalizzate   ripristinare    condizioni    di
imparzialita' e legalita' nella gestione del settore. 
    Risulta,  invece,  dagli  esiti  dell'inchiesta  confluiti  nella
sentenza del Tribunale di Lecce dell'ottobre 2016, la  disponibilita'
del vicesindaco-assessore,  in  vista  delle  elezioni  del  2015,  a
mettere a disposizione della sacra corona unita la  propria  funzione
pubblica,  con  promesse  di  nuove  assunzioni,  di  migliorare   le
condizioni  lavorative  di  associati  assunti  da   ditte   operanti
nell'ambito di appalti  pubblici  e  di  un  innalzamento  delle  ore
lavorative settimanali. 
    E' emblematica la circostanza che la  Corte  di  Cassazione,  con
sentenza dell'aprile 2016, nel confermare l'ordinanza  del  Tribunale
di Lecce relativa alla misura cautelare  degli  arresti  domiciliari,
abbia evidenziato il rischio che l'amministratore  -  in  virtu'  del
ruolo pubblico svolto e per  la  rete  di  rapporti  intessuti  nello
svolgimento della propria funzione - potesse  continuare  a  favorire
esponenti del sodalizio  criminale,  grazie  anche  ai  contatti  con
amministratori   ancora   in   carica   e   indicati   come    vicini
all'associazione mafiosa. 
    L'ente non ha  svolto  un'effettiva  attivita'  di  contrasto  al
fenomeno dell'occupazione abusiva degli edifici pubblici, consentendo
invece l'indebita  fruizione  di  abitazioni  destinate  all'edilizia
residenziale pubblica da parte di soggetti privi  di  legittimazione,
tra cui figurano esponenti del locale clan.  Infatti,  nonostante  le
segnalazioni dell'ente gestore  del  patrimonio  finalizzate  sia  al
rilascio degli immobili che al pagamento degli oneri condominiali, e'
stata emessa una sola ordinanza di sgombero. 
    La  commissione  d'accesso  ha  anche  segnalato  un'altra  grave
illegittimita' nella gestione degli alloggi di edilizia  residenziale
pubblica da parte del sindaco il quale,  con  propria  ordinanza,  ha
requisito alcuni beni, destinandoli a soggetti non  rientranti  nella
graduatoria ufficiale degli aventi titolo all'assegnazione. In questo
caso tra i beneficiari della disposizione del primo cittadino  figura
un pregiudicato di cui sono state  comprovate  le  frequentazioni  di
esponenti della locale consorteria. 
    Anche la procedura per l'assegnazione di contributi  economici  e
dei  buoni  lavoro  relativi  a  prestazioni  lavorative  occasionali
risulta  viziata.  Come  rileva   la   commissione   d'indagine,   le
prestazioni sociali in questione sono state elargite all'esito di  un
sorteggio pubblico svoltosi alla presenza di personale dipendente del
comune ovvero di soggetti  non  identificati.  Risultano  beneficiari
delle prestazioni  esponenti  della  criminalita'  organizzata,  loro
familiari o persone ad essi legate da rapporti di frequentazione. 
    Nel corso delle indagini che hanno portato alla recente  sentenza
del 12  ottobre  2016  e'  emerso  l'interesse  del  capo  clan  alla
gestione, per il tramite di prestanome, di alcuni locali  commerciali
al fine di investire il denaro proveniente dalle attivita' illecite. 
    Dagli atti in possesso degli inquirenti emergono in particolare i
contatti intercorsi tra  l'amministrazione  ed  esponenti  del  clan,
finalizzati a garantire la gestione di un  esercizio  commerciale  da
parte  di  uno  stretto  congiunto  di  un  affiliato   alla   locale
consorteria. 
    La vicenda, secondo il giudice per le  indagini  preliminari  del
Tribunale  di  Lecce  mette   in   luce   la   conclamata   capacita'
dell'organizzazione   criminale   di   inquinare    l'amministrazione
comunale,  ottenendo  come   contropartita   del   proprio   sostegno
elettorale ad alcuni candidati «favori» di vario genere. 
    Significativo e'  l'episodio  accaduto  il  10  gennaio  2016  in
occasione di un incontro di' calcio presso il campo sportivo comunale
quando un gruppo  di  tifosi  ha  inneggiato  slogan  in  favore  del
vicesindaco che era stato da  poco  raggiunto  dal  provvedimento  di
custodia cautelare in carcere, per concorso esterno  in  associazione
mafiosa di cui si e' trattato.  Grave  e'  la  circostanza  che  tali
iniziative siano state postate su una delle principali reti sociali. 
    Il  Prefetto  evidenzia  come   le   manifestazioni   in   favore
dell'amministratore   confermino   la   «caduta   verticale»    della
riprovazione sociale  del  fenomeno  che  era  stata  rilevata  dalla
Direzione  nazionale  antimafia  e  antiterrorismo,  costituendo   un
inequivocabile segnale di consenso nei confronti di esponenti interni
ed esterni del clan mafioso. 
    Il Prefetto rileva anche che alla «marcia per la legalita'»,  che
si e' svolta a Parabita in concomitanza con l'incontro calcistico  ed
alla  quale  erano  presenti  i  consiglieri  di  minoranza   e   tre
consiglieri di maggioranza,  non  hanno  partecipato  il  sindaco  ed
alcuni assessori. 
    Tra  le  condotte  antigiuridiche  segnalate  dalla   commissione
d'accesso, particolare valenza assumono alcune vicende amministrative
in materia urbanistica e, piu'  specificamente,  quelle  relative  al
rilascio di un permesso a costruire  in  variante,  concesso  ad  una
societa' il cui socio e' un amministratore, presente in giunta  anche
nella consiliatura eletta  nel  2010,  che  ha  seguito  la  relativa
procedura in violazione dell'obbligo di astensione  di  cui  all'art.
78, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 
    Gli atti della magistratura  inquirente  confermano  la  funzione
svolta dal predetto amministratore - definito come  l'uomo  del  clan
all'interno dell'ente  che  si  fa  portavoce  di  tutte  le  istanze
dell'associazione  criminale   -   per   favorirne   gli   interessi,
all'indomani del sostegno elettorale assicurato dalla consorteria. 
    Le vicende analiticamente esaminate e  dettagliatamente  riferite
nella relazione del Prefetto di Lecce,  con  particolare  riferimento
allo scenario investigativo  e  agli  ulteriori  riscontri  derivanti
dalle fonti  tecniche  di  prova,  hanno  evidenziato  una  serie  di
condizionamenti nell'amministrazione comunale di  Parabita,  volti  a
perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che  determinano  lo
svilimento e la  perdita  di  credibilita'  dell'istituzione  locale,
nonche' il pregiudizio degli interessi della collettivita',  rendendo
necessario l'intervento dello Stato  per  assicurare  il  risanamento
dell'ente. 
    Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del
provvedimento di scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Parabita
(Lecce), ai sensi dell'art. 143 del  decreto  legislativo  18  agosto
2000, n. 267. 
    In  relazione  alla  presenza  ed  all'estensione  dell'influenza
criminale,  si  rende  necessario  che  la  durata   della   gestione
commissariale sia determinata in diciotto mesi. 
      Roma, 15 febbraio 2017 
 
                                    Il Ministro dell'interno: Minniti