Allegato Al Presidente della Repubblica Nel Comune di Surbo (Lecce), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 9 giugno 2013, sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata, che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' dell'amministrazione, nonche' il buon andamento ed il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica. In relazione ad un'operazione di polizia giudiziaria coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Lecce, che ha evidenziato legami tra imprenditori locali legati alla criminalita' organizzata ed esponenti dell'amministrazione locale, nonche' irregolarita' sulle procedure amministrative, il prefetto di Lecce, con decreto del 20 novembre 2017, successivamente prorogato ha disposto, per gli accertamenti di rito, l'accesso presso il suddetto comune, ai sensi dell'art. 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Al termine dell'indagine ispettiva, la commissione incaricata dell'accesso ha depositato le proprie conclusioni, sulle cui risultanze il prefetto, sentito nella seduta del 23 aprile 2018 il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, ha trasmesso l'allegata relazione, che costituisce parte integrante della presente proposta, in cui si da' atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalita' organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando, pertanto, i presupposti per l'applicazione delle misure di cui al citato art. 143 del decreto legislativo n. 267/2000. In relazione alla suddetta indagine giudiziaria il giudice per le indagini preliminari di Lecce, con decreto del 23 aprile 2018, ha disposto il rinvio a giudizio di otto persone tra le quali un funzionario comunale indagato per il reato di frode nelle pubbliche forniture e falso in atti pubblici commesso da pubblico ufficiale. Il Comune di Surbo si colloca in un'area geografica caratterizzata dalla storica presenza dell'organizzazione criminale denominata sacra corona imita che, come emerge anche dalla relazione della Direzione nazionale antimafia anno 2016, ha subito nel tempo una progressiva trasformazione estendendo la propria area di interesse oltre alle tradizionali attivita' illecite del traffico di stupefacenti e delle estorsioni anche a quelle connesse al recupero dei crediti, alla gestione delle vendite giudiziarie e agli appalti di servizi e lavori pubblici. I lavori svolti dalla commissione d'indagine hanno preso in esame la generale gestione dell'amministrazione comunale nonche' la cornice criminale ed il locale contesto ambientale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le locali cosche, ed hanno evidenziato come l'uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato, nel tempo, nel favorire soggetti o imprese collegati direttamente od indirettamente ad ambienti controindicati, per l'esistenza di una fitta ed intricata rete di cointeressenze, amicizie e frequentazioni, che lega alcuni amministratori ad esponenti delle locali consorterie criminali o a soggetti ad esse contigui. La relazione del prefetto, nel rilevare che il consiglio comunale di Surbo e' gia' stato sciolto per infiltrazioni mafiose con decreto del Presidente della Repubblica del 30 settembre 1991, pone in rilievo una sostanziale «continuita' amministrativa» atteso che buona parte degli attuali amministratori hanno gia' fatto parte, con incarichi diversi, di precedenti consiliature e che uno di essi e' legato da rapporti di stretta parentela con un componente della menzionata compagine sciolta nel 1991. Viene evidenziata in particolare la figura del primo cittadino - che nel corso della precedente consiliatura ha ricoperto l'incarico di vice sindaco - riconducibile, per stretti rapporti familiari, ad un locale capo cosca che, come si evince dai contenuti di un decreto di applicazione delle misura della sorveglianza speciale antimafia emesso nel febbraio 1991, era in quel periodo ai vertici di un'organizzazione criminale in grado di determinare tutte le scelte politico-amministrative del comune, circostanza comprovata dal fatto che tutti gli appalti erano stati affidati a ditte riconducibili alla menzionata consorteria criminale. Avvalendosi inoltre delle risultanze investigative vengono posti in rilievo gli stretti rapporti e le cointeressenze sussistenti tra il sindaco ed un imprenditore locale, anch'egli rinviato a giudizio nel menzionato procedimento penale, titolare di alcune imprese operanti nel territorio per le quali la prefettura di Lecce, in data 7 novembre 2017, ha adottato decreto di cancellazione dalla White list, provvedimento la cui legittimita' ha trovato conferma in sede giurisdizionale. Significativa e' la circostanza che presso le menzionate aziende risultano regolarmente assunti soggetti pluripregiudicati, gravati da pregiudizi penali anche di tipo associativo ed altri gravi reati. Concreti elementi che attestano la capacita' della criminalita' organizzata di condizionare l'attivita' amministrativa dell'ente locale emergono dall'analisi dei due appalti di lavori pubblici, che hanno costituito oggetto di capi di imputazione del menzionato procedimento giudiziario, affidati dall'amministrazione comunale ad un'impresa riconducibile al menzionato imprenditore rinviato a giudizio. La relazione del prefetto con riferimento al primo dei due appalti, concernente i lavori di urbanizzazione primaria, pone in rilievo i profili di responsabilita' penale del menzionato funzionario comunale, rinviato a giudizio per i reati sopra indicati in quanto piu' specificamente ha computato lavori di sbancamento mai effettuati nonche' redatto false attestazioni concernenti la redazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori. Condotte penali in parte analoghe emergono anche dall'analisi del secondo appalto relativo a lavori di riqualificazione di una piazza del centro storico caratterizzato da numerose illiceita' e difformita' per il quale il menzionato dirigente e' stato rinviato a giudizio per frode nelle pubbliche forniture. Gli stessi contenuti di una relazione prodotta dalle forze dell'ordine attestano come l'appalto in argomento si sia rilevato una grave truffa - che ha avuto anche una rilevante risonanza mediatica - perpetrata dall'impresa esecutrice ai danni dell'amministrazione comunale con la complicita' degli stessi amministratori. Fonti tecniche di prova relative ad un colloquio tra il primo cittadino ed il menzionato imprenditore evidenziano infatti come il sindaco fosse pienamente a conoscenza delle menzionate difformita' relative all'esecuzione delle opere in questione. La relazione del prefetto analizza inoltre la posizione di un assessore comunale, con interessi anche nel settore commerciale in quanto gestore di un impianto sportivo, che annovera precedenti di polizia per abuso d'ufficio ed e' stato deferito per i reati di cui agli articoli 323 II comma, 353 II comma, 479 e 483 codice penale in quanto, in concorso con altri, poneva in essere condotte volte a conseguire, dal 2006 ad oggi, l'aggiudicazione reiterata della gara per i servizi socio assistenziali agli anziani. E' infatti emerso dalle indagini giudiziarie che i provvedimenti emessi dalla giunta comunale e dagli uffici amministrativi, in violazione di qualsiasi principio di trasparenza, nonche' le anomale gare effettuate, costituenti gravi forme di abuso d'ufficio e turbativa d'asta, hanno permesso all'impianto sportivo riconducibile al menzionato amministratore di essere destinatario dal 2006 ad oggi di benefici economici pubblici. Elementi univoci che attestano una gestione dell'ente avulsa dal rispetto dei principi di legalita' e buon andamento sono emersi in relazione ad un altro consigliere, dimessosi nel corso del 2017, che annovera numerosi precedenti di polizia per diffamazione, minaccia, distruzione o deturpazione di bellezze naturali in relazione ai quali, come accertato dalla sentenza della Corte di appello di Lecce del febbraio 2010, sono stati accertati solidi rapporti di affari e frequentazioni con ambienti della locale malavita. Lo sviamento dell'attivita' amministrativa in favore di ambienti controindicati e' emerso altresi' dall'analisi delle procedure di assegnazione da parte dell'amministrazione comunale di 60 alloggi di edilizia economica e popolare di proprieta' del comune e dell'agenzia regionale. Le indagini esperite hanno evidenziato che molti dei suddetti alloggi sono assegnati a soggetti controindicati e che, addirittura, alcuni pluripregiudicati appartenenti ad uno stesso nucleo familiare sono assegnatari di piu' alloggi. E' altresi' emblematica la circostanza che una famiglia e' assegnataria di un immobile sebbene uno dei suoi componenti e' proprietario di un altro appartamento, condizione che esclude la possibilita' che il suddetto nucleo familiare, riconducibile ad ambienti criminali, potesse essere assegnatario di alloggio di edilizia popolare. La relazione della commissione d'indagine rileva come pur a fronte delle richieste dell'agenzia regionale, con le quali si chiedeva di disporre accertamenti in merito ai requisiti ed ai titoli degli occupanti, ne' i vertici politici ne' i competenti uffici della polizia municipale hanno fornito alcun riscontro o posto in essere alcuna verifica consentendo, attraverso un comportamento gravemente omissivo, che esponenti della criminalita' organizzata e loro familiari continuassero ad occupare, abusivamente, gli alloggi in questione. La commissione d'indagine ha altresi' esaminato la documentazione concernente i servizi cimiteriali, le cui attivita' rientrano nella competenza dell'ufficio di polizia municipale ed intorno al quale solitamente ruotano gli interessi della criminalita' organizzata. Fonti tecniche di prova, attestanti tra l'altro fatti e condotte di rilevanza penale, hanno evidenziato che dal 2006 ad oggi tale servizio e' stato svolto da alcune aziende, tutte riconducibili ad un unico imprenditore, gravato da procedimenti penali per gravi ipotesi di reato e in stretti rapporti con il primo cittadino ed il comandante della polizia municipale. Le verifiche effettuate hanno rilevato che per l'aggiudicazione di tale servizio - le cui gare sono state caratterizzate da numerose anomalie e irregolarita' - sono pervenute offerte contraddistinte da ribassi minimi e nella quasi totalita' dei casi provenienti da imprese riconducibili al menzionato imprenditore. Peraltro e' emerso che a decorrere da marzo 2007 l'espletamento del servizio cimiteriale e' stato svolto facendo ricorso a continue proroghe, per asseriti motivi d'urgenza e per un arco di tempo quasi equivalente a quello coperto attraverso gare, con contestuale elusione delle disposizioni in materia di contratti pubblici e normativa antimafia. Le circostanze, analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto, hanno rivelato una serie di condizionamenti dell'amministrazione comunale di Surbo volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilita' dell'istituzione locale e arrecato pregiudizio agli interessi della collettivita', rendendo necessario l'intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell'ente alla legalita'. Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Surbo (Lecce), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. In relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi. Roma, 7 maggio 2018 Il Ministro: Minniti