Art. 9. Legame con l'ambiente Peculiarita' dello Scalogno di Romagna e' quella di non creare infiorescenze, pertanto l'unica tecnica di riproduzione possibile e permessa e' tramite il reimpianto dei bulbilli. Questa caratteristica ha mantenuto inalterato nei secoli il suo patrimonio genetico e le caratteristiche dello specifico ecotipo, non essendovi scambi di polline con altre specie, e ha fatto si' che non abbia subito interventi genetici o ibridazioni a cui sono state sottoposte le altre varieta' presenti sul mercato. Lo scalogno di Romagna da sempre non si trova allo stato selvatico, il che sta a significare che le popolazioni, i Celti, che lo portarono nei territori romagnoli, coltivarono un prodotto originario ed autentico, che non si poteva in nessun modo ne' barattare ne' confondere ne' sostituire con qualsiasi altro bulbo di liliacea. La differenza con altri tipi di scalogno risiede nell'aroma, delicato ma deciso, nella minor quantita' di acqua contenuta, nelle radici molto piu' lunghe e nelle foglie di forma differente. Nello Scalogno di Romagna, la qualita' del prodotto e' data soprattutto dalle caratteristiche aromatiche particolari, che il prodotto stesso sviluppa in condizioni di conservazione particolari, dalle dimensioni piu' piccole del bulbo e dalla flora microbica del terreno che con la permanenza di attivita' enzimatiche determinano lo sviluppo di un aroma tipico che rende lo scalogno di Romagna molto particolare. In ultima analisi il miglior legame fra scalogno di Romagna e territorio locale lo rappresentano i produttori tutti, compresi coloro che ne coltivano pochi metri quadrati nell'orto di casa propria; grazie anche a loro non si e' persa la possibilita' di tramandare i preziosi bulbi. Ad attestare la storicita' del prodotto, si rileva che la coltivazione dello scalogno e' nota da almeno 3000 anni ed era gia' usato dai popoli Romani. Originario di Ascalon, citta' della antica Palestina e' giunto in Europa con le migrazioni dei popoli, e i celti, anticamente presenti nel territorio, ne hanno diffuso la coltivazione, che si e' protratta fino ai giorni nostri. Il termine Allium deriva proprio dalla lingua celtica e significa «bruciante». Il prodotto e' menzionato in numerose pubblicazioni degli inizi del '900 sulla cultura, sulle tradizioni e sulla gastronomia locale, ma si trova anche menzionato in scritti piu' antichi ad esempio in un codice manoscritto del secolo XIV conservato presso la Biblioteca universitaria di Bologna vengono citate torte a base di scalogno. Era ritenuto gia' dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali (come tale e' citato anche da Ovidio) e nelle campagne molte leggende popolari attribuiscono allo scalogno proprieta' afrodisiache: il medico romano Castore Durante scrisse degli effetti eccitanti dello scalogno in un libro pubblicato nel 1586. Vari scrittori citano tale prodotto, come ad esempio Corrado Contoli, nato e vissuto a Lugo, che nella «Guida alla veritiera cucina romagnola», nel capitolo «Le pietanze, Le carni di maiale» descrive una pioneristica e suggestiva testimonianza sullo scalogno. Vari cuochi nostrani hanno utilizzato lo scalogno di Romagna nell'elaborazione di vari piatti, fra questi Tarcisio Raccagni dell'allora Albergo Ristorante «Gigiole'» di Brisighella, il quale ha lavorato per il recupero della cucina medioevale nelle cene allestite per le famose feste medievali di Brisighella. Quella dello scalogno di Romagna e' una storia bella ed esemplare, realizzata grazie al ruolo trainante della Proloco di Riolo Terme che ha realizzato nel 1993 la prima «Sagra dello scalogno di Romagna», tuttora esistente.