Art. 5. Metodo di ottenimento Il latte utilizzato per produrre la «Mozzarella di Gioia del Colle» proviene da allevamenti in cui le vacche in lattazione di razza Bruna, Frisona, Pezzata Rossa, Jersey e loro incroci allevate in stabulazione che prevede il ricorso al pascolamento, per almeno centocinquanta giorni per anno, di erbai monofiti o polifiti autunno-primaverili, composti da essenze leguminose (trifoglio, veccia, favino e pisello proteico) e cereali (avena, orzo, frumento duro, frumento tenero e loietto), ovvero da pascoli naturali di erbe spontanee. L'alimentazione del bestiame, il cui latte e' utilizzato per produrre la «Mozzarella di Gioia del Colle», e' costituita da erba e/o fieno di erbaio polifita in percentuale almeno pari al 60% della sostanza secca totale. Nella razione alimentare sono previsti inoltre concentrati di cereali (mais, orzo, frumento, avena) leguminose (soia, fave, favino, pisello proteico) e loro farine/fioccati, tal quale o sotto forma di mangimi complementari. Ed ancora carrube e sottoprodotti della lavorazione dei cereali, come crusca e cruschello di grano tenero, farinaccio di grano duro in percentuale inferiore al 40% della sostanza secca. Infine complessi minerali e vitaminici quali integratori. Di tali prodotti destinati all'alimentazione degli animali, al fine di non compromettere le caratteristiche qualitative della «Mozzarella di Gioia del Colle» dovute al legame con il territorio, non meno del 60% deve provenire dalla zona geografica definita all'art. 3. Tale percentuale viene soddisfatta da erba/fieno di erbaio polifita prodotto nell'area indicata all'art. 3, e rappresenta la quota di razione legata alla fibra digeribile, grossolanamente definita con il termine di foraggio (erba e/o fieno, pascolo...), che incide moltissimo sulle caratteristiche del latte in quanto, le condizioni geopedoclimatiche dell'area oggetto della DOP sono aree caratterizzate da produzione di essenze resistenti al caldo ed alla siccita', aspetto che corrisponde a foraggi ricchi di polifenoli e terpeni, precursori di metaboliti che si riscontrano nel latte. I mangimi complementari invece, danno un contributo fondamentale alla produzione di energia e amminoacidi necessari principalmente per il metabolismo del microbioma ruminale. Hanno maggiore velocita' di degradazione e solubilita' ruminale e si intendono quegli alimenti di granulometria inferiore agli 0,8 cm, incapaci di stimolare la contrazione ruminale e che rappresentano la quota di energia (rappresentata principalmente da carboidrati di riserva come l'amido) e di proteina prontamente disponibile per il metabolismo del microbioma ruminale. Nonostante questo, pero', l'incidenza di tali aspetti sulla caratterizzazione del latte e della Mozzarella di Gioia del Colle e' nulla in quanto gli alimenti di fatto consentiti hanno tutti le seguenti caratteristiche: essere ruminodegradabili e ruminosolubili, svolgere la funzione fisiologica di supporto al microbioma, ma non avere una funzione diretta sulla qualita' del latte. Differentemente, il pascolamento obbligatorio, limitato ai periodi di reale disponibilita' di pascolo (150 giorni) e una razione ricca di base foraggera prodotta nella zona, sono piena garanzia che le componenti lipidiche, di sostanze organiche volatili determinanti il flavour, le componenti piu' strettamente nutrizionali e funzionali del latte siano univocamente determinate e di fatto garantite. Non possono essere somministrati alle vacche da latte alimenti che possono trasmettere al latte aromi e sapori anomali, tali da alterarne le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche; alimenti che rappresentano fonti di contaminazione o in cattivo stato di conservazione. Per la produzione della Mozzarella di Gioia del Colle e' utilizzato solo latte raccolto in due diverse mungiture. 1. Materia prima All'arrivo al caseificio, il latte, non deve essere stato trattato termicamente; Deve avere le seguenti caratteristiche: titolo in grasso minimo del 3,4 % e titolo proteico minimo del 3,2 % (media geometrica mensile di due analisi chimiche da laboratorio accreditato). Deve essere trasformato entro la quarantottesima ora dalla prima mungitura. 2. Lavorazione in caldaia L'acidificazione della cagliata e' ottenuta mediante l'aggiunta al latte di siero-innesto derivante da precedenti lavorazioni avvenute nella medesima azienda o, comunque, nel territorio di produzione. Il protocollo di produzione del siero-innesto e' indicato nel successivo punto 4; La coagulazione, previo riscaldamento del latte ad una temperatura variabile da 34°C a 36°C, avviene per aggiunta di caglio di vitello. La quantita' aggiunta deve essere tale da far avvenire la coagulazione entro massimo 20 minuti; E' vietata l'acidificazione diretta con acidi organici e l'impiego di altri tipi di coagulanti; La rottura della cagliata deve avvenire fino alla dimensione di una piccola nocciola; La maturazione della cagliata deve avvenire sotto siero per un tempo non inferiore alle 2 ore, a partire dall'aggiunta dell'innesto. Essa deve proseguire ininterrottamente all'interno dello stesso caseificio, fino al raggiungimento del pH desiderato. E' vietato impiegare cagliata conservata di qualsiasi tipologia nonche' l'uso di additivi e conservanti. 3. Filatura, formatura, salatura L'estrazione della cagliata avviene in prossimita' del raggiungimento del pH di filatura (5.1-5.4). Al termine della maturazione, la cagliata, dopo breve sosta sul tavolo spersoio, deve essere sminuzzata e posta in appositi contenitori per la filatura. La filatura deve essere effettuata con acqua calda (con aggiunta di sale) avente una temperatura non inferiore a 85°C. Dopo la modellatura il prodotto deve essere immesso in acqua fredda per ottenere il rassodamento. 4. Siero-innesto Il siero innesto si ottiene lasciando sviluppare in condizioni controllate la microflora presente naturalmente nel siero riveniente dalla lavorazione del giorno precedente. Il primo siero-innesto si ottiene dalla lavorazione di latte crudo proveniente dalla zona di produzione come da art. 3. Una volta coagulato il latte ed estratta la cagliata, si preleva il siero, si filtra e si trasferisce in fermentiera o altro recipiente in acciaio inox per l'incubazione; se possibile si effettua una preventiva scrematura, se non possibile si provvede periodicamente all'allontanamento del grasso che tende ad affiorare. I recipienti per l'incubazione devono essere adeguatamente igienizzati e ben risciacquati, onde evitare la presenza di residui di detergenti o disinfettanti. La procedura d'incubazione del siero perche' esso diventi siero-innesto deve essere la seguente: se non si usa fermentiera e non e' prevista la termostatazione, portare la temperatura della massa sierosa a 42-44 °C, lasciare a riposo fino ad un'acidita' di 22-28 °SH su 50 ml; se si usa fermentiera operare l'incubazione alla temperatura di 36-38 °C per il periodo necessario al raggiungimento dell'acidita' sopra indicata. Il profilo microbiologico «filo caseario» del siero-innesto, cosi' ottenuto, risulta caratteristico. La dose d'impiego del siero-innesto va rapportata alla sua acidita' e alla shelf-life che si desidera conferire al prodotto, e puo' variare dal 2 al 10 % del latte in caldaia. E' consentito rifornirsi di siero-innesto da caseifici della zona di produzione inseriti nel sistema di controllo della DOP, che effettuano la preparazione secondo il presente disciplinare di produzione.