Allegato DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEL FORMAGGIO "FIOR DI LATTE APPENNINO MERIDIONALE" Art. 1. Nome del prodotto La denominazione di origine protetta (D.O.P.) "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' riservata esclusivamente al formaggio fresco a pasta filata, molle, a fermentazione lattica, prodotto durante tutto il periodo dell'anno con latte di vacca proveniente dalle aziende del territorio delimitato all'art. 3, rispettando le norme dettate dal presente disciplinare di produzione. Art. 2. Descrizione del prodotto Il formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' usato come formaggio da tavola. All'atto dell'immissione al consumo presenta le seguenti caratteristiche: forma: tondeggiante anche con testina. E' consentito l'uso di forme a nodino, a treccia e a parallelepipedo; peso: da un minimo di 20 grammi fino ad un massimo di 500 grammi, per tutte le forme consentite; aspetto esterno: privo di crosta, color bianco-latte, presenza di pelle di consistenza tenera, superficie omogenea, liscia e lucente; pasta: di color bianco-latte a struttura fibrosa, a fogli sottili; di consistenza morbida e con leggera elasticita' piu' accentuata all'origine, che rilascia al taglio e per leggera compressione liquido lattiginoso, omogeneo, esente da chiazze o striature; sono ammesse al taglio piccole occhiature ripiene di latticello, non dovute comunque a fermentazioni gassose; sapore: caratteristico, fresco, di latte delicatamente acidulo; odore: fragrante, di latte delicatamente acidulo; grasso: sulla sostanza secca non inferiore al 40%; umidita': tra il 55% e il 65%. Art. 3. Zona di produzione La zona di produzione e di elaborazione del latte destinato alla produzione del formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale" comprende il territorio delle province di seguito indicate, isole escluse: Frosinone e Latina, nella regione Lazio; Campobasso, nella regione Molise; Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno, nella regione Campania; Bari, Foggia e Taranto, nella regione Puglia; Potenza, nella regione Basilicata; Cosenza, nella regione Calabria. Art. 4. Elementi che comprovano l'origine 4.1. Riferimenti storici. La produzione di formaggi da latte di vacca nell'Italia meridionale e' documentata fin dall'antichita' dai testi di autori latini quali Plinio e Columella: quest'ultimo nel suo "De re rustica" (lib. VII, 8), come riporta Savini (in "I formaggi di pasta filata" Soc. Arte della stampa, Roma 1937), parla di un "formaggio premuto a mano ... che ... rappreso dentro il mastello mentre e' intiepidito, si taglia e, sopra gettatisi l'acqua bollente o gettatovisi con le mani spreme in forma di bozzo ...". Tale descrizione riflette compiutamente in modo sintetico la tecnologia di preparazione delle paste filate; tuttavia solo a partire da tempi a noi piu' vicini si riesce ad avere una definizione piu' precisa delle tipologie casearie prodotte ed a documentare l'uso di nomi di formaggi da cui derivano quelli attuali. Questi formaggi freschi a pasta filata nascono nelle regioni meridionali per l'esigenza dei produttori di ottenere un prodotto che, tenuto conto del contenuto proteico e di estratto secco relativamente bassi del latte raccolto, consenta rese piu' elevate in formaggi, e a causa del clima caldo, in quanto il latte risultava inidoneo per altri formaggi. Il "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' un formaggio tipico del caseificio meridionale da tempi lontani, tuttavia e' difficile datare con precisione tale origine. Nel periodo verso gli anni 50 del secolo scorso, nell'intento di semplificare la differenziazione delle produzioni casearie a pasta filata fresca, si e' iniziato a chiamare fior di latte le "mozzarelle" prodotte con latte di vacca. In un dettagliato scritto intitolato "Monografia del fior di latte" ("il latte", 32 1958) Marracino descrive lavorazione e caratteristiche di questo formaggio, proprio al fine di "affermare sempre piu' il concetto di distinguere nettamente i due latticini, di seguito indicati ambedue di pasta filata molle, riservando il nome di fior di latte a quello derivato da latte di vacca, ed il nome di mozzarella a quello derivato da latte di bufala". Negli anni 60, sempre del secolo scorso, tale distinzione diventa definitiva anche in atti ufficiali, tant'e' che la qualificazione fior di latte distinta da quella di mozzarella compare in studi degli ispettori delle imposte dirette (Boll. Trib. d'lnf. pag. 1930 e seg., 1967). I territori della denominazione tradizionale "Fior di Latte Appennino Meridionale" si estendono sui versanti orientale ed occidentale dell'Italia meridionale, con le loro propaggini fino alle pianure costiere. La denominazione geografica "appennino meridionale" non e' altro, quindi, che l'espressione di quanto implicitamente si e' sempre inteso con il termine fior di latte, un formaggio tipico, cioe', che si produceva e si continua a produrre nell'area tradizionale dell'Appennino meridionale, nella sua accezione sopra riportata. L'origine e' comprovata, inoltre, dai seguenti adempimenti cui si sottopongono i produttori/trasformatori/raccoglitori del latte e del formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale": iscrizioni ad un apposito registro degli allevatori/produttori di latte; iscrizioni ad un apposito registro dei raccoglitori di latte; iscrizioni ad un apposito registro dei trasformatori; tenuta di appositi registri di produzione e raccolta. Al fine di assicurare la tracciabilita' del prodotto, a cura del caseificio devono essere predisposte e mantenute attive procedure per la gestione della eventuale fase di stoccaggio del latte, nonche' adeguata documentazione che consenta di riferire le masse conservate alla loro provenienza. Per tutte le fasi rilevanti della trasformazione del latte in formaggio, il caseificio deve avere cura di documentare, mediante opportune registrazioni, la rispondenza dei processi e delle metodologie applicate ai requisiti previsti per la denominazione formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale". 4.2. Riferimenti sociali ed economici. Il "Fior di Latte Appennino Meridionale" assorbe la maggior parte del latte prodotto nell'area delimitata e, pertanto, ha un'incidenza rilevante nell'economia zoocasearia locale. L'area delimitata, inoltre, e' stata classificata, sotto il profilo generale economico, "area svantaggiata", in linea con il secondo considerando del regolamento CEE 2081/92. Art. 5. Descrizione del processo produttivo 5.1. Il latte. Il latte destinato alla produzione del formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale" deve essere ottenuto da bovine allevate in aziende zootecniche localizzate nel territorio delimitato all'art. 3; deve essere utilizzato esclusivamente latte intero, proveniente da una o piu' mungiture consecutive da effettuare nell'arco di sedici ore, che giunga crudo allo stabilimento di fabbricazione e con un contenuto minimo, calcolato sul latte di massa di sostanze proteiche di 2,7% e di materia grassa di 3,3%. 5.2. Alimentazione delle bovine. Il latte destinato alla trasformazione in formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale" deve essere prodotto con una tecnica alimentare delle bovine basata sull'utilizzo di essenze foraggere tipiche della zona di produzione, costituite prevalentemente da leguminose (vecce, trifoglio incarnato e subterraneum) e da cereali (avena, orzo, mais), consumate allo stato fresco o conservato, ottenute all'interno del territorio delimitato all'art. 3. E' consentito l'utilizzo di mangimi concentrati ed integratori. 5.3. Raccolta e trasporto del latte. Relativamente alla fase di raccolta del latte, fatto salvo il doveroso rispetto dei requisiti igienico - sanitari cogenti per quanto riguarda trattamento della materia prima ed idoneita' degli strumenti e dei mezzi di raccolta, deve essere assicurata la netta separazione tra latte prodotto all'interno della zona delimitata e latte prodotto al di fuori della zona delimitata all'art. 3 e/o latte non idoneo in base al presente disciplinare. Art. 6. Caratteristiche del processo di trasformazione 6.1. Stoccaggio del latte al caseificio. Il latte deve giungere al caseificio entro 36 ore dalla prima mungitura. Parimenti alla raccolta, anche nella eventuale fase di stoccaggio del latte presso il caseificio si deve garantire l'assenza di mescolamento del latte non proveniente dalla zona delimitata all'art. 3 e non idoneo in base al presente disciplinare. Il caseificio si deve dotare di appositi ed identificati contenitori dove conservare il latte destinato a questa trasformazione, secondo quanto necessario. 6.2. Caseificazione. Il latte, allo stato crudo e quindi non soggetto a processi di termizzazione e/o pastorizzazione, viene riscaldato fino a una temperatura compresa tra 33 oC e 38 oC. Al latte cosi' riscaldato viene, subito dopo, aggiunto un siero innesto naturale derivante dalla precedente lavorazione di latte vaccino crudo e comunque proveniente dall'area di produzione. Ottenuta la miscelazione manualmente o anche meccanicamente, viene aggiunto caglio naturale liquido di vitello. Il processo di coagulazione dura in media 20-40 minuti, al termine del quale si procede alla rottura della cagliata, che si protrae fino ad ottenere granuli della grandezza di una nocciola. Segue, per fermentazione naturale, la maturazione della cagliata che avviene sotto siero per un tempo variabile, di solito oscillante intorno alle 3-5 ore dall'aggiunte del caglio. E' vietato l'utilizzo di acidi organici ovvero di correttori di pH di natura chimica. 6.3. Filatura, mozzatura e salatura. Al termine della maturazione, fino al raggiungimento di un pH compreso tra 5,0 e 5,3, la cagliata viene ridotta tradizionalmente in listerelle, poste in appositi recipienti, nei quali con aggiunta di acqua quasi bollente viene sottoposta a filatura. Si passa quindi al procedimento di mozzatura della pasta cosi' ottenuta, per assicurare ai singoli pezzi la forma e la dimensione previste. Le operazioni di filatura e mozzatura possono essere meccanizzate. I singoli pezzi vengono poi immessi in vasche contenenti acqua fredda, per ottenere rassodamento, ed infine sottoposti a salatura per immersione in salamoia. La salatura comunque puo' essere effettuata anche direttamente in fase di filatura, seguita poi dal rassodamento in acqua fredda. 6.4. Confezionamento e conservazione. Il "Fior di Latte Appennino Meridionale" deve essere confezionato in involucro protettivo e commercializzato in contatto con un liquido di governo, costituito da semplice acqua se la salatura e' avvenuta in fase di filatura, acqua e sale se e' stata effettuata in salamoia; a contatto diretto se l'involucro e' ermetico, per diffusione se l'involucro e' forato o permeabile. Non e' ammesso l'utilizzo di conservanti. La temperatura di conservazione va indicata in etichetta, cosi' come la data di scadenza espressa con la dizione "da consumarsi entro il ... " completata da giorno e mese. Art. 7. Elementi che comprovano il legame con l'ambiente Il legame con il territorio e l'ambiente di produzione del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' determinato da una pluralita' di fattori fra i quali possiamo ricordare la specificita' del latte, che presenta aromi e sapori propri legati all'alimentazione delle vacche con essenze foraggere tipiche dei due versanti dell'Appennino meridionale. Fra queste essenze spiccano il Trifolium incarnatum (trifoglio rosso) che e' una componente essenziale degli erbai misti a ciclo autunno vernino. Altra essenze diffusa in tutta l'area del comprensorio del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' il Trifolium subterraneum, autoseminante, con foglie di un bel verde marcato. In tutti gli erbai misti autunno vernini, pero' la componente piu' importante e' rappresentativa e' costituita da ecotipi della veccia, una foraggera papilionacee autoctona, coltivata insieme all'avena ed al trifoglio incarnato, che e' stata assunta a contrassegno del formaggio (Vicia sepium). Il ciclo colturale del territorio delimitato e' completato da cereali a semina primaverile-estiva, che, allo stato fresco o conservato, concorrono al soddisfacimento alimentare dei bovini. L'ambiente pedoclimatico dell'Appennino meridionale, pur essendo strutturalmente complesso, sotto l'aspetto agro-zootecnico ha una sua unita' riconducibile alle influenze caratteristiche del clima mediterraneo, che ne condiziona le colture e a stessa vita degli animali. Questa sostanziale unita' fa si' che la produzione del latte risente sensibilmente dei fattori locali e si differenzi quindi apprezzabilmente dalle produzioni di altri territori al di fuori dell'area delimitata. L'uso del siero innesto naturale, che esalta quindi al massimo le microflore autoctone derivanti dalle specifiche materie prime e tecnologie di caseificazione adottate, e' un secondo fattore di identita' di questo formaggio. La microflora lattica del latte crudo dell'area di produzione del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' costituita da batteri lattici mesofili e termofili, cioe' da batteri lattici che si sviluppano a temperature comprese tra i 10 ed i 30 oC (i mesofili) cioe' alla temperatura del latte prima del riscaldamento, ed a temperature maggiori (i termofili), durante tale fase. Caratteristica del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' la forte presenza di microflora altamente aromatizzante, che determina il tipico gusto del prodotto. Il siero innesto, infatti, e' una coltura di batteri lattici che, aggiunti al latte prima di ogni lavorazione, contribuiscono alla sua trasformazione in prodotti lattieri attraverso le loro attivita' enzimatiche, tra le quali, in primo luogo, la capacita' di fermentare il lattosio ad acido lattico e di sviluppare composti aromatici. Nella zona geografica delimitata, quindi, esiste una comune tecnologia che privilegia la naturalita' della produzione. Infatti, il siero innesto naturale rappresenta il continuo ed ininterrotto legame microbiologico con il territorio, in quanto tramanda al giorno successivo la microflora del giorno precedente: il siero e', di fatto, l'anello di congiunzione che collega una caseificazione all'altra, giorno dopo giorno (come il lievito per il pane). Art. 8. Controlli Il controllo per l'applicazione delle disposizioni del presente disciplinare di produzione e' svolto da un organismo privato autorizzato conformemente a quanto stabilito dall'art. 10 del regolamento CE 2081 del 14 febbraio 1992. Art. 9. Etichettatura Il formaggio a denominazione di origine protetta "Fior di Latte Appennino meridionale" deve arrecare apposto all'atto della sua immissione al consumo il contrassegno di cui all'allegato A, che costituisce parte integrante del presente disciplinare di produzione a garanzia della rispondenza alle specifiche prescrizioni normative. E' consentito l'uso di una menzione di provenienza, veritiera e documentabile, del prodotto da riportare immediatamente dopo l'indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione. Descrizione dell'allegato A Il logo e' composto da due cerchi concentrici dei quali l'esterno riporta la dicitura "Fior di Latte Appennino Meridionale" di colore bianco in campo violetto (codice 258 C - scala quadricromia europea ottenuto dal 30% di azzurro e dal 70% di rosso). Il cerchio interno riporta tre fiori stilizzati di veccia silvana (Vicia sepium) dello stesso colore violetto ed una foglia pennata costituita da dodici foglioline terminanti in cirri fuoriuscenti dal cerchio esterno, di colore verde (codice 361 C - scala quadricromia europea ottenuto dal 53% di giallo e dal 47% di azzurro). Le dimensioni dei grafici riportati nell'allegato A sono di diametro rispettivamente di cm 7,5 e di cm 2,8; essi sono utilizzabili in relazione alle diverse pezzature del prodotto. ----> Vedere immagine a pag. 11 della G.U. <----