(all. 1 - art. 1)
                                                           Allegato 1
           DOCUMENTO PROGRAMMATICO PER IL SETTORE APISTICO
                  (Legge 24 dicembre 2004, n. 313)
1. PREMESSA.
    Il  presente  documento  programmatico  e'  stato predisposto per
rispondere  alle  esigenze normative previste dalla legge 24 dicembre
2004,  n.  313,  recante  «Disciplina per l'apicoltura» che riconosce
l'apicoltura  come  attivita'  di  interesse  nazionale  utile per la
conservazione     dell'ambiente     naturale,    dell'ecosistema    e
dell'agricoltura   in   generale   ed   e'  finalizzata  a  garantire
l'impollinazione naturale e la biodiversita' di specie apistiche, con
particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana
(Apis  mellifera  ligustica  Spinola)  e  delle  popolazioni  di  api
autoctone tipiche o delle zone di confine.
    L'art.  5  della  suddetta  legge  prevede  che il Ministro delle
politiche  agricole  e forestali, previa intesa in sede di Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e  previa  concertazione con le
organizzazioni   professionali  agricole  rappresentative  a  livello
nazionale,  con  le  unioni  nazionali  di associazioni di produttori
apistici  riconosciute  ai  sensi  della  normativa  vigente,  con le
organizzazioni  nazionali  degli  apicoltori,  con  le organizzazioni
cooperative  operanti  nel settore apistico a livello nazionale e con
le  associazioni  a  tutela  dei  consumatori,  adotti  un  documento
programmatico   di   durata   triennale,   aggiornabile  annualmente,
contenente  gli  indirizzi  e il coordinamento delle attivita' per il
settore apistico.
    Cio'  anche  ai  fini  dell'applicazione  del regolamento (CE) n.
797/04  del Consiglio, del 24 aprile 2004, e di quanto previsto dalla
legge 23 dicembre 1999, n. 499, e successive modificazioni.
    Il  documento  parte  dall'analisi della situazione esistente nel
settore   per  poi  procedere  all'individuazione  dei  vincoli  allo
sviluppo e, infine, alla definizione degli obiettivi e delle relative
azioni  da perseguire coerentemente agli indirizzi contenuti in altri
strumenti   di   programmazione   riguardanti  il  settore  agricolo,
agroalimentare, della ricerca, dello sviluppo rurale.
2. IL QUADRO DELL'APICOLTURA MONDIALE.
2.2. La diffusione dell'apicoltura.
    L'apicoltura  e'  presente  in  quasi  tutti  i  paesi del mondo,
seppure  con  diversa intensita' e con caratteristiche specifiche che
riflettono le differenti condizioni ambientali e sociali e comportano
notevoli  diversita'  di  aspetti  strutturali, livello professionale
degli  operatori,  tecnologia,  metodi  di  allevamento  e  indirizzi
produttivi prevalenti.
    Ovunque,  in  ambito  internazionale,  gli  operatori  del  mondo
apistico  si  esprimono  attraverso  forme  aggregate,  Associazioni,
Federazioni,  Cooperative,  ecc.,  di  rappresentanza. Una tradizione
talmente  consolidata  che  si  esprime,  da  oltre un secolo, in una
Federazione   Internazionale   delle  Associazioni  di  Apicoltura  -
APIMONDIA  cui  aderiscono  oltre 70 Paesi a livello internazionale e
che   trova   giusto   riconoscimento,   quale  Membro  consultivo  e
Osservatore permanente presso la FAO.
    Nei   principali   paesi   produttori   il   denominatore  comune
dell'apicoltura  moderna  e'  l'utilizzo  dell'arnia razionale a favo
mobile,  essendo  oramai  l'arnia rustica solamente un elemento della
tradizione senza alcun rilievo nell'apicoltura produttiva. In diversi
paesi  soprattutto  dell'Africa  e  dell'Asia  esistono  invece forme
primitive di sfruttamento delle api, basate anche sulla predazione di
miele da sciami selvatici.
    In  base  ai  dati  FAO  e dell'APIMONDIA nel mondo sono presenti
oltre  60  milioni  di  alveari,  appartenenti a circa 6,5 milioni di
apicoltori;  la  densita' e' maggiore in Europa, con una media di 2,8
alveari per kmq.
    Il  numero  degli alveari, nonostante le avversita' atmosferiche,
le  patologie  e  le difficolta' di conduzione, e' in crescita specie
per  l'emergente  interesse  alimentare  ed  economico  -  che questo
allevamento  rappresenta  per  le  popolazioni  dei  Paesi  in via di
sviluppo.
    La  nuova legge n. 313/2004 riconosce l'apicoltura come attivita'
d'interesse  nazionale,  utile  per  la  conservazione  dell'ambiente
naturale,  dell'ecosistema  e  dell'agricoltura in generale in quanto
finalizzata  a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversita'
di  specie  apistiche,  con particolare riferimento alla salvaguardia
della  razza  di  ape  italiana  (Apis mellifera ligustica Spinola) e
delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine.
    Va,  infatti,  sottolineato  come  nei  paesi ad agricoltura piu'
evoluta  o  intensiva,  assume  sempre  piu' importanza l'apporto che
l'apicoltura  fornisce  con l'impollinazione delle colture agricole e
della   flora   spontanea,  in  seguito  alla  progressiva  riduzione
dell'entomofauna pronuba.
    Inoltre, studi recenti hanno dimostrato quali sono gli incrementi
produttivi  che  l'ape  determina  garantendo  l'impollinazione  e il
mantenimento delle biodiversita'.
    Detto apporto viene stimato nel mondo pari a circa 10 miliardi di
euro,  ossia  100  volte  piu'  di  quanto  l'ape e le sue produzioni
dirette non rappresentano in termine di PLV.
    Vengono  subito  dopo la produzione di miele e, in misura minore,
di altri pregiati prodotti dell'alveare.
2.2. La produzione di miele.
    Nel 2003 il volume mondiale della produzione di miele ammontava a
oltre   1,3   milioni   di  tonnellate,  registrando  un  progressivo
incremento  (+8%  nell'ultimo  decennio e +32% nell'arco di 20 anni),
principalmente  ad  opera  dei paesi in via di sviluppo e ad economia
pianificata.
    Le   piu'   importanti  aree  produttive  sono  l'America  centro
meridionale,   seguita   dall'Asia,   dall'America  Settentrionale  e
dall'Oceania.
    Nei  Paesi  ove  l'attivita'  apistica e' svolta principalmente a
fine  di  reddito,  e  la  capacita'  professionale dei produttori si
evidenzia anche con una notevole standardizzazione delle attrezzature
e con il ricorso sistematico alla meccanizzazione delle operazioni.
    La  capacita'  dei Governi nazionali di pianificare e concentrare
l'offerta  e'  tesa  a  creare  un  forte  impatto  della  produzione
nazionale  di  miele  sui  mercati  internazionali con produzioni che
spesso sono ben al di sotto degli standard qualitativi internazionali
ed europei.
    Da  rilevare che nella maggior parte dei Paesi, grandi produttori
ed  esportatori  di miele e di altri prodotti dell'alveare, i Governi
hanno   insediato   delle   vere  e  proprie  Agenzie  Nazionali  per
l'Apicoltura   o   National   Honey   Board  (sedi  istituzionali  di
coordinamento  delle Organizzazioni apistiche nazionali e i Ministeri
competenti)  che  presiedono  alle politiche nazionali sulla difesa e
valorizzazione  del  comparto apistico e sulle attivita' di indirizzo
delle  politiche  di  promozione  e commercializzazione del miele sui
mercati interni e internazionali.
2.3. Il mercato mondiale del miele.
    Parallelamente  all'incremento della produzione, iniziato con gli
anni  settanta,  e'  avvenuta  una altrettanto forte espansione degli
scambi commerciali di miele.
    Nel  2002  il  mercato  del  miele a livello mondiale interessava
circa 1/3 della produzione, per un ammontare di 703 milioni di $, con
un  aumento  del  45%  rispetto  al dato del 1998. I motivi di questa
crescita sono vari. Per le sue buone caratteristiche di conservazione
e  di  trasporto,  il  miele  e' considerato a livello internazionale
un'ottima  merce di scambio, soprattutto da parte dei paesi in via di
sviluppo che vedono nel prodotto una fonte di valuta pregiata. Grazie
a  notevoli  potenziali  produttivi, questi paesi hanno accentuato la
produzione  e  quindi  la  loro  presenza sui mercati internazionali,
determinando  un incremento degli scambi e della concorrenza. Inoltre
va  considerato  che  nei paesi industrializzati il miglioramento del
tenore  di  vita  ha  comportato  la  crescita  delle importazioni di
prodotti  alimentari  e  l'aumento del consumo di prodotti naturali e
dietetici.  Talune  grandi imprese di condizionamento e distribuzione
del  miele  si  sono adeguate a questo trend, attraverso politiche di
commercializzazione  piu' dinamiche che consentissero di aumentare il
proprio mercato.
    Tre paesi - Cina, Argentina e Messico - raggiungono da soli oltre
il  50%  del quantitativo di miele annualmente esportato. I paesi del
Sud  America esportano circa il 60% della loro produzione, quelli del
Centro  e Nord America circa il 40% ed i paesi asiatici il 25%. Molto
attivi con le esportazioni sono anche i paesi dell'Est europeo.
    Il  flusso  del commercio del miele e' dunque orientato dai paesi
in  via  di  sviluppo  ai  paesi  industrializzati,  i quali nel loro
insieme  sono  responsabili di oltre l'85% delle importazioni. L'area
principale  importatrice di miele risulta essere l'Unione europea (in
particolare  l'Ungheria  e  la  Germania  Federale), quindi gli Stati
Uniti e il Giappone.
3. IL QUADRO COMUNITARIO.
    Secondo  i  dati  ufficiali  della  Commissione europea, nel 2004
erano presenti nell'Unione europea (25 Stati membri) circa 12 milioni
di  alveari, condotti da circa 700.000 apicoltori, capaci di produrre
166.000 tonnellate di miele.
    In  base  ai dati statistici, si evidenzia in ambito comunitario,
cosi' come anche in ambito internazionale, una spiccata prevalenza di
apicoltori di piccola dimensione aziendale.
    La  produzione  media  comunitaria  si aggira attorno ai 14 kg di
miele  per  alveare all'anno e ogni apicoltore possiede mediamente 20
alveari.  Si  stima  intorno  all'1,5/2,5 % la presenza di apicoltori
professionisti,  ai  quali  si  puo'  attribuire  il  50% circa della
produzione  di miele effettivamente immessa sul mercato. Solo i Paesi
dell'area  mediterranea (Spagna, Francia, Italia e Grecia) presentano
strutture produttive di dimensioni nettamente maggiori.
    L'apicoltura praticata nell'Unione europea e' alquanto evoluta ed
e'  caratterizzata  da  elevati  standard  di  capacita'  tecnica, di
attrezzature  impiegate,  di igiene degli ambienti di lavorazione dei
prodotti  apistici. L'Italia si distingue, tra tutti i Paesi della UE
e  del  mondo  per  le  numerose  aziende costruttrici di materiali e
attrezzature  per  l'apicoltura,  che  vengono largamente diffuse sul
territorio  nazionale ma anche esportate verso altri Paesi a spiccata
vocazione apistica.
    La  produzione  comunitaria  di miele e' nettamente insufficiente
rispetto al fabbisogno interno. Il grado di autoapprovvigionamento e'
attualmente inferiore al 50%.
    Costante  ed  elevato  e'  pertanto il ricorso ad importazioni di
miele  dai  paesi  terzi,  in  prevalenza  dal  Centro e Sud America,
seguite da Est-Europa, Asia, Nord e Sud Africa. Le importazioni dalla
Cina  sono  state bloccate dal febbraio 2002 all'agosto 2004, a causa
del  ritrovamento  di  residui di antibiotici non ammessi. Germania e
Regno  Unito  sono  i  maggiori  importatori,  ciascuno pero' con dei
canali   di   approvvigionamento   privilegiati.   Si   evidenzia  in
particolare  il  ruolo  svolto dalla Germania che, grazie all'elevato
consumo  interno,  ricorre  in  misura massiccia alle importazioni di
miele (e' al primo posto tra i paesi importatori); tuttavia una certa
quota del prodotto importato, dopo essere stato nazionalizzato, viene
riesportato  verso altri paesi della Comunita' e in particolare verso
l'Italia.  Pratica  alla  quale  non sono estranei anche l'Olanda, la
Turchia,  Malta,  l'Ungheria  e  altri mercati di «scambio» del miele
destinato all'Unione europea.
    Del  tutto  modeste  sono  le  esportazioni  dell'Unione europea,
mentre  consistenti  flussi  commerciali  si  realizzano  fra i paesi
membri,  in  conseguenza di una forte eterogeneita' di situazioni, in
buona  parte  dovuta a diversita' ambientali che influenzano il ciclo
di  vita  delle  api  e  la  disponibilita'  e  varieta'  di  risorse
nettarifere, maggiori ovviamente nei paesi dell'area mediterranea.
    Il mercato del miele consta di due distinti segmenti: il miele da
tavola,  utilizzato  in  ambiente domestico e dalla ristorazione e il
miele  destinato  alle  industrie  alimentari,  farmaceutiche e della
cosmesi,  la  cui  importanza  si  differenzia  da  paese a paese, ma
riguarda in genere il 15-20% dei consumi complessivi.
    Il  consumo  di miele a livello comunitario, pur tra alti e bassi
legati  anche  a  situazioni  contingenti,  mostra  nel complesso una
tendenza  all'aumento,  grazie anche all'ottima immagine del prodotto
che  si  e'  consolidata  presso  il  consumatore. Il consumo e' piu'
elevato  nei  paesi  piu'  industrializzati,  in  particolare modo in
quelli  a  clima  freddo-temperato,  con  dieta  (e  prima colazione)
«continentale»  ma  si  va  sempre piu' diffondendo anche nei Paesi a
clima caldo.
4. L'APICOLTURA ITALIANA.
4.1. Consistenza dell'apicoltura italiana.
    In  Italia  l'attivita'  apistica  e'  un'attivita'  agricola  di
antiche  e  gloriose  tradizioni,  grazie  ad  un  ambiente  naturale
favorevole  per  condizioni  climatiche e geografiche e alla presenza
della  razza  di  api  Apis mellifera ligustica Spin. particolarmente
adatta   all'allevamento  e  da  tutti  considerata  vero  e  proprio
patrimonio  biologico  dell'umanita'  per  le  riconosciute  doti  di
produttivita', mansuetudine, adattabilita' climatica, resistenza alle
malattie.
    Da non trascurare, inoltre, la larga diffusione nel nostro Paese,
dell'allevamento  delle api a titolo di studio, osservazione, piccola
produzione  e autoconsumo grazie a prestigiose figure e testimonianze
storiche  che  hanno collocato l'allevamento di questo insetto tra le
pratiche predilette da una larga popolazione di stimatori, non sempre
e non solo agricoltori.
    Risalgono  al 1500, infatti, i primi testi stampati espressamente
riferiti  all'allevamento  delle  api e gia' a partire dai primi anni
del  1800  si  distinguono  nel  nostro  Paese  organismi di squisito
carattere organizzativo, capaci di relazioni e scambi internazionali,
attivita'  congressuali,  culturali  e  di  sviluppo dell'allevamento
apistico e dell'indirizzo tecnico ai propri associati.
    Si  puo'  affermare,  senza  dubbi,  che  la  moderna  apicoltura
organizzata  ha  avuto  in Italia un elevato e perdurante fenomeno di
affermazione  sociale  che  non si e' arrestato neanche nel corso dei
due  ultimi  conflitti  bellici  e  che  a  partire dagli anni '70 ha
assistito  -  pur  nel  perdurare  di difficolta' d'ordine sanitario,
economico,   ambientale   -   ad   una  costante  crescita  e  ad  un
avvicinamento  inconsueto  di  giovani  all'allevamento  delle  api e
quindi all'agricoltura.
    Notevoli difficolta' si incontrano nel delineare sotto il profilo
quantitativo  l'apicoltura italiana. Il censimento obbligatorio degli
alveari  e'  previsto  solo  da  alcune regioni e si realizza in modo
estremamente  diversificato,  in  funzione  delle  scelte prioritarie
delle istituzioni locali (Assessorati regionali, Servizi veterinari);
le   informazioni   statistiche   risultano  spesso  insufficienti  e
imprecise,  se  non contraddittorie. La situazione e' aggravata anche
dalle caratteristiche del settore: estrema polverizzazione aziendale,
eterogeneita' dei soggetti economici interessati, profonde differenze
esistenti in ambito territoriale.
    La   determinazione  della  consistenza  e  della  struttura  del
comparto apicolo non e' stata mai agevole e lo stesso ISTAT prende in
considerazione  l'apicoltura  unicamente  in occasione dei censimenti
generali dell'agricoltura che, non essendo concepiti per stabilire la
consistenza degli allevamenti apistici, rilevano esclusivamente parte
degli  allevamenti  strutturati  nel settore agricolo, laddove questi
coincidano  con  la  disponibilita'  di  terreno.  Rimangono pertanto
esclusi   i   numerosi  apicoltori,  che  a  prescindere  dalla  loro
connotazione    professionale,    non   associano   l'apicoltura   ad
un'attivita'  agricola  ma che pure, nel mantenere in vita l'ape, nei
piu'  disparati ambienti naturali o agricoli, assicurano di fatto una
indispensabile e capillare impollinazione.
    In  base  ai  dati  ufficiali,  che  negli ultimi anni sono stati
presentati dal MIPAF alla Commissione europea, il patrimonio apistico
italiano  si  attesta  da  tempo  su 1.100.000 alveari e circa 75.000
apicoltori.  Gli  apicoltori  sono  da  una  decina  d'anni in debole
costante  crescita  e  di  essi  circa  7000 sono identificabili come
imprenditori apistici.
4.2 Le categorie professionali degli apicoltori.
    La  categoria  degli  apicoltori  si  presenta  disomogenea ed e'
caratterizzata   da   un  livello  di  professionalita'  estremamente
variabile.  Il  settore  comprende  infatti  non solo figure espresse
dalla  societa'  rurale  ma  anche  e  in misura considerevole figure
appartenenti  alle  piu'  disparate  categorie  sociali,  animate  da
motivazioni,  finalita'  e convinzioni spesso assai diverse. E' varia
di  conseguenza  la  tipologia  delle imprese, che si distinguono per
dimensione,  finalita'  produttive, modalita' di commercializzazione,
preparazione professionale e capacita' imprenditoriali.
    Gli  apicoltori vengono classificati, dalla legge n. 313/2004, in
tre  categorie, in funzione della connotazione civilistica della loro
attivita'.
    L'art.  3  della legge n. 313/2004 definisce infatti «Apicoltore»
tutti   coloro  che  detengono  e  conducono  alveari,  «Imprenditore
apistico»  chiunque detiene e conduce alveari ai sensi dell'art. 2135
del  codice  civile  e «Apicoltore professionista» chiunque detiene e
conduce  alveari ai sensi dell'art. 2135 del codice civile e a titolo
principale.
    La  categoria  piu'  numerosa (circa il 75%), e' rappresentata da
apicoltori  che  come  definito  dall'art.  3, comma 1 della legge n.
313/2004,  detengono  e  conducono un piccolo numero di alveari senza
precisi intenti economici se non di ottenere una produzione destinata
all'uso  familiare  o  all'ambito  contiguo e sicuramente svolgono un
ruolo  importante  nella  tutela  e  diffusione  dell'apicoltura  sul
territorio,  contribuendo  al  mantenimento della biodiversita' e del
ruolo dell'ape come impollinatore naturale.
    Gli «imprenditori apistici» rappresentano una categoria variegata
di  operatori che esplicano l'attivita' apistica a fine economico, in
integrazione  ad altre attivita' agricole o comunque per integrare il
proprio  reddito.  Si  stima  possano  appartenere a questa categoria
circa il 14% degli Apicoltori italiani che conducono un patrimonio di
alveari pari al 15% del patrimonio apistico nazionale.
    Secondo  lo  studio  di settore ISMEA-Osservatorio gli apicoltori
professionali  costituiscono una ristretta minoranza - in Italia come
in  Europa  e  nel  mondo  -  (meno  del  2%), ma detengono una parte
consistente  del patrimonio apistico totale. Un'azienda professionale
gestisce   generalmente  un  numero  di  alveari  di  almeno  200-300
alveari/addetto, e il livello tecnologico della dotazione strutturale
e  degli  impianti e' generalmente avanzato. A livello comunitario il
numero  minimo di alveari posseduto da un apicoltore professionale e'
pari  a  circa  150  unita',  mentre  a  livello nazionale, in alcune
situazioni  territoriali, il suddetto numero si aggira intorno ai 105
alveari.
    A   prescindere   dalle   generiche   connotazioni  professionali
preesistenti  alla  legge  n.  313/2004  che  solo  ora consente, nel
definirle  secondo  precisi  criteri, l'avvio di un reale processo di
configurazione  delle  realta'  apistiche  operanti  in Italia, negli
ultimi  anni  in  Italia  si  e'  assistito ad un notevole incremento
dell'apicoltura  produttiva, con un aumento del numero di alveari per
addetto   e   del  numero  di  aziende,  in  particolare  di  giovani
imprenditori apistici.
    Hanno  invece subito un drastico ridimensionamento, a causa delle
crescenti difficolta', soprattutto di ordine sanitario, la componente
degli   apicoltori   e   quella   degli   imprenditori  apistici  con
insufficienti  capacita'  professionali:  si  stima, in un arco di 20
anni,  una perdita di oltre 20.000 apicoltori, mentre il numero degli
alveari si e' mantenuto costante o e' addirittura aumentato.
    I   comportamenti   imprenditoriali  nel  settore  apistico  sono
estremamente   diversificati,  sia  negli  aspetti  quantitativi  che
qualitativi,  relativamente  alle  produzioni  (con  tutti i risvolti
tecnici  e  sanitari  connessi)  e  alla  commercializzazione  e alla
promozione  del  prodotto.  Mentre per gli apicoltori non sussiste un
problema  di  commercializzazione,  per  tutti  coloro  che  svolgono
l'attivita'  apistica  a  fine  economico l'andamento del mercato e',
invece,  di  vitale  importanza  e sono in crescita l'attenzione e la
capacita'   di  intervento  sulle  problematiche  che  riguardano  la
commercializzazione, la valorizzazione e la promozione dei prodotti.
4.3. Organizzazioni apistiche.
    Sono  diverse le Organizzazioni apistiche presenti sul territorio
nazionale.  Tra  queste  quelle  maggiormente rappresentative sono di
seguito riportate.
F.A.I. - Federazione Apicoltori.
    La  F.A.I.  - Federazione Apicoltori Italiani, sorta nel 1953, e'
una  organizzazione  professionale  alla  quale  aderiscono, in primo
luogo,  gli  organismi di primo grado ed anche gli apicoltori singoli
che  operino,  pero',  in  zone del territorio nazionale ove non sono
gia' presenti altri organismi associativi.
    Detiene  il  marchio  collettivo  privato  di  origine e qualita'
denominato  «Miele Italiano», istituito nel 1978, che contrassegna la
produzione  italiana. Su tale marchio di qualita' la F.A.I. ha finora
operato   una   intensa  attivita'  di  controllo  e  verifica  della
rispondenza  ai  parametri  fisico-chimici  ed  organolettici fissati
dalla normativa vigente e dal disciplinare di produzione.
Unaapi.
    L'Unione  Nazionale  Associazioni  Apicoltori Italiani e' l'unica
unione  di  associazioni  di  produttori  apistici  operante in campo
nazionale riconosciuta dal MIRAAF con decreto ministeriale n. 9596348
del 28 novembre 1996.
    Nell'ambito  dell'Unione  e'  attiva  una  specifica  Commissione
sanitaria sulle modalita' di lotta alle patologie apistiche.
    Operano anche in maniera trasversale alle predette Organizzazioni
specifiche organizzazioni di categoria quali il Copait, (Associazione
per  la  produzione  e  la  valorizzazione  della  pappa reale fresca
italiana)  e  l'A.I.A.A.R  (l'Associazione  italiana  allevatori  api
regine).
    Nel  settore  e'  attivo  anche  il  mondo della cooperazione che
immette  sul  mercato al consumo una quota significativa del prodotto
nazionale, tra le quali una delle piu' rappresentative e' il Conapi -
Consorzio Apicoltori e Agricoltori biologici Italiani.
4.4. La produzione e i consumi di miele.
    Il  prodotto principale dell'alveare e' il miele, che grazie alle
sue  peculiarita'  di  alimento  naturale  ha  conquistato  una buona
immagine   presso   il  consumatore  italiano.  Circa  il  60%  degli
apicoltori produce solo miele, essendo la diversificazione produttiva
prerogativa delle aziende di ampie dimensioni.
    Secondo  gli ultimi rilevamenti (Fonte ISMEA) la produzione media
annua  di  miele  e'  attualmente di 11.100 tonnellate, quantita' che
soddisfa circa la meta' del fabbisogno interno.
    Dal punto di vista della valorizzazione qualitativa del prodotto,
le   potenzialita'   dell'apicoltura   italiana   sono  notevoli:  la
disponibilita'  di una flora diversificata e le favorevoli condizioni
climatiche  consentono  la  produzione  di  una  vasta gamma di mieli
uniflorali  (cioe'  provenienti  prevalentemente  da  un'unica specie
botanica),   molti   dei  quali  di  caratteristiche  pregiate.  Tali
tipologie, come il miele di robinia (acacia), di agrumi, di sulla, di
castagno, ecc. si vanno sempre piu' affermando sul mercato, mostrando
come  la  domanda  si  stia  evolvendo  verso  prodotti  che  abbiano
specifici  requisiti  dal punto di vista organolettico e qualitativo.
Va  anche rilevata la conquista di un segmento importante del mercato
italiano del miele prodotto secondo il metodo biologico.
    Nonostante  cio'  il  consumo pro capite (meno di 500 g), sebbene
abbia  avuto  un  certo  incremento  rispetto  al  passato, posiziona
l'Italia ai livelli piu' bassi rispetto agli altri Paesi comunitari.
    In  risposta all'accresciuta qualificazione del mercato del miele
italiano  e  alla  crescita  di  consumi che hanno caratterizzato gli
ultimi   25   anni,  si  e'  avuto  un  netto  incremento  produttivo
dell'apicoltura  italiana,  ma soprattutto si e' registrata una forte
espansione  dei flussi di importazione, il cui volume e' praticamente
decuplicato.  Oggi  l'Italia  e'  tra i maggiori paesi importatori di
miele,  con  un flusso dell'ordine delle 15.000 tonnellate annue, che
giungono  principalmente  da  Argentina,  Ungheria, Germania, e paesi
dell'Est europeo.
    Per  la quasi totalita', le quantita' importate vengono assorbite
dai  grandi operatori industriali e commerciali e, in misura di circa
il 25%, sono utilizzate dall'industria come ingredienti.
    Le  esportazioni,  pur  con  periodici  alti  e  bassi  legati  a
particolari  andamenti di mercato, si sono mantenute in questi ultimi
anni  intorno  alle  2.500  tonnellate (circa il 24% della produzione
nazionale),  che  attestano  l'interesse e il potenziale che il miele
italiano   rappresenta   sui   mercati   internazionali.   Il  flusso
dell'esportazione  si  dirige  prevalentemente verso partner europei,
principalmente  la  Germania  che  riceve  circa  i  3/4 della nostra
esportazione e la Svizzera.
4.4.1. I costi di produzione del miele.
    Data  la  grande  differenziazione  di  struttura produttiva e di
condizioni  ambientali  caratteristiche  dell'apicoltura italiana, la
gestione   economica   delle   aziende   apistiche   puo'   risultare
estremamente variabile.
    L'utilizzo  del conto economico e del controllo di gestione nelle
aziende  degli  imprenditori  apistici  e' praticamente inesistente e
cio'  contribuisce  a  rendere  ardua  l'applicazione  di  modelli di
rilevazione.  Il  dato  certo,  per un settore che non gode di misure
strutturali  di  sostegno  comunitarie e che, nel mercato globale, si
confronta  con  i costi e le modalita' di produzione dei Paesi in via
di  sviluppo, e' l'enorme incidenza nei costi di produzione, rispetto
a questi Paesi, dei seguenti fattori:
      - manodopera;
      - qualita' delle misure d'igiene della lavorazione;
      - politiche di lotta sanitaria;
      - carburanti.
4.4.2. La peculiarita' del mercato del miele.
    Il  mercato  del miele non e' in linea di massima trasparente ne'
ordinato.  Le  notevoli  differenze nei prezzi pagati agli apicoltori
sono   dovute  in  sostanza  alla  dispersione  dell'offerta  e  alla
eterogeneita'  delle  reti  commerciali. Tale situazione e' aggravata
dalla carenza di dati e di statistiche ufficiali.
    Permangono  inefficienze  nello  stadio  della  produzione  ed in
quello   della  lavorazione  e  commercializzazione  del  miele,  che
contribuiscono al mantenimento di strati di economia sommersa.
    Cio'  soprattutto a causa della frammentazione produttiva e delle
finalita'  stesse  che caratterizzano in modo diverso gli apicoltori.
Parte  delle  piccole  aziende, che pure producono a fini di reddito,
non  si  pone  l'obiettivo di condurre un'analisi dei propri costi di
produzione  e  di  vendere  con  margine  che  assicuri la necessaria
redditivita'.  Molto  spesso  ci  si affida, infatti, ad una generica
condizione   «dettata  dal  mercato»  che  coincide  con  la  domanda
prevalente in quel momento.
    In questa situazione le leggi che regolano la domanda e l'offerta
del  prodotto sono dettate prevalentemente da imprese agro-alimentari
di  ampie  dimensioni economiche, che commercializzano circa la meta'
della  produzione  nazionale  e  attraverso le quali passa anche gran
parte  del  miele  di  importazione  (la  cui disponibilita' e prezzo
influenzano  fortemente  le  quotazioni del miele). Domanda e offerta
del  prodotto  sono di fatto dettate prevalentemente da tali imprese,
che sono in grado di fissare i prezzi reali sul mercato.
    Al  polo  opposto  esiste,  invece,  una  miriade  di  piccoli  e
piccolissimi   produttori  che,  di  fatto,  rischia  di  subire  gli
andamenti   di  mercato  cosi'  come  vengono  imposti,  senza  poter
contribuire alla loro determinazione.
    Un'eccezione  significativa  a quanto sopra esposto e' costituita
dalla  componente  di  apicoltori  che  si  e'  dotata  di  strutture
economiche  di tipo cooperativo-associativo, che gestiscono una parte
percentualmente importante del miele di produzione nazionale.
    Di  un  certo  rilievo la realta' degli apicoltori che operano in
particolari  micromercati,  nei  quali  riescono  a realizzare prezzi
sufficientemente   remunerativi   dalla   vendita  diretta  dei  loro
prodotti, puntando spesso sulla qualita' e sulla tipicita' della loro
produzione.  In  questo  caso  i risultati economici positivi sono da
ricollegare  all'acquisizione, da parte dell'apicoltore, di una buona
parte  dei  margini distributivi derivanti da un confronto diretto ed
immediato  con  il  mercato  e dal rapporto di fiducia che si viene a
stabilire attraverso la conoscenza personale.
    Il  prezzo  al  dettaglio subisce oscillazioni molto accentuate a
seconda  del  tipo e qualita' di miele considerato, nonche' del luogo
di  commercializzazione. L'Italia, grazie alle particolari condizioni
climatiche  e  geografiche  puo'  produrre  numerosi  tipi  di  miele
uniflorale  di  pregiata  qualita' e quindi esitabili a prezzi spesso
piu'  elevati  rispetto  al millefiori. Tale situazione consente piu'
che  in  altri  Paesi  di  perseguire  la qualificazione del prodotto
nazionale  come strumento per garantire quei margini di remunerazione
necessari a mantenere lo sviluppo dell'attivita' apistica.
    Un  fattore  che  ha condizionato il mercato negli ultimi anni e'
stato  il rinvenimento di residui di farmaci veterinari (antibiotici)
in  mieli  di  diversa  provenienza (in particolare cloramfenicolo in
mieli  Cinesi  e  nitrofurani  in mieli Argentini). Tale circostanza,
verosimilmente    preesistente,    e   portata   alla   luce   grazie
all'evoluzione   delle  tecniche  analitiche  e  ad  una  accresciuta
attenzione  nei confronti della salubrita' alimentare, ha causato per
la  prima  volta  una  carenza  di  prodotto  che  ha  determinato un
temporaneo   sovvertimento   nel   mercato  mondiale  del  miele.  La
ridefinizione delle tecniche sanitarie in apicoltura e' probabilmente
la  sfida  centrale  su cui si giocheranno le prospettive della parte
piu'  avanzata  dell'apicoltura italiana e su cui dovra' misurarsi il
mercato mondiale del miele.
4.5. Gli altri prodotti dell'alveare.
    Oltre  al  miele  l'apicoltura  fornisce  una  serie  di prodotti
pregiati,  che  si  prestano ad essere commercializzati per una vasta
gamma di utilizzi: cera, propoli, polline, pappa reale, veleno d'api.
E'  inoltre  in  emersione, gia' dagli anni '70, una costante e forte
domanda  europea  e di alcuni Paesi arabi e nord africani di famiglie
di   api  e  api  regine,  cui  le  condizioni  climatiche  di  parte
dell'Italia consentirebbe di dare una risposta, che invece non riesce
ad   essere  per  intero  perseguita  e  soddisfatta  a  causa  delle
insufficienti dimensioni produttive del comparto apistico nazionale e
delle inadeguate politiche di coordinamento tra gli apicoltori.
    Queste  produzioni richiedono livelli di specializzazione tecnica
e  professionale  piu'  elevati  cosi'  come  pure  idonee  azioni di
aggregazione dell'offerta e di valorizzazione del prodotto nazionale.
    Non  esistono  valutazioni  attendibili  su  tali produzioni, sui
relativi   risultati   economici  e  sull'incidenza  che  esse  hanno
nell'economia   dell'allevamento  apistico.  Si  tratta  comunque  di
settori marginali di mercato, che risentono in misura rilevante della
concorrenza  esercitata  dal mercato mondiale, e per le quali mancano
interventi organici di valorizzazione.
    In particolare si avverte l'esigenza di approfondire e completare
le   conoscenze  dei  prodotti  che  hanno  un  impiego  collegato  a
proprieta'  salutari  (propoli, gelatina reale, polline, veleno), sia
in   relazione   ai  loro  reali  effetti,  documentati  da  numerose
testimonianze ma non sufficientemente studiati a livello scientifico,
che per quanto attiene al controllo della loro qualita' e genuinita'.
    Accanto  ai  prodotti dell'alveare sopra menzionati, un'ulteriore
fonte  di  reddito integrativo per gli apicoltori e' costituita dalla
produzione   di   sciami   e   di   api  regine  e  dal  servizio  di
impollinazione.
4.5.1. Gelatina reale (o pappa reale).
    La gelatina reale e' un prodotto di secrezione delle api operaie,
utilizzato  per  nutrire  le  larve  nei primi giorni di vita e l'ape
regina  per  tutta  la durata della vita. Ha una composizione ricca e
complessa (proteine, grassi, zuccheri, sali minerali, vitamine, etc.)
che  la  rende particolarmente apprezzata come alimento funzionale ad
alta  attivita'  biologica:  l'effetto piu' comunemente pubblicizzato
consiste  in  un'azione tonica, in grado di migliorare le prestazioni
fisiche e intellettuali dell'individuo.
    La  produzione  di gelatina reale richiede l'adozione di tecniche
particolari   e  un  notevole  impiego  di  manodopera.  Il  prodotto
attualmente   commercializzato   in   Italia   e   in  prevalenza  di
importazione,  ma  negli  ultimi  anni  la  produzione  nazionale  e'
notevolmente  aumentata,  cominciando  a rappresentare un'alternativa
interessante    per    incrementare   il   reddito   di   tutti   gli
apicoltori.Cosi'  come  e'  stata  costituita  un'associazione per la
valorizzazione   della   pappa   reale   fresca  italiana  andrebbero
ulteriormente  promosse,  in  seno  a  tutto  il  comparto,  adeguate
politiche di aggregazione e valorizzazione del prodotto italiano.
4.5.2. Cera.
    E' una secrezione ghiandolare delle api, che la utilizzano per la
costruzione  dei  favi,  e si ottiene dalla disopercolatura dei favi,
effettuata   prima   di   procedere   all'estrazione  del  miele  per
centrifugazione.  La  produzione  e'  di  1-1,5  kg  di cera per ogni
quintale  di  miele. Una piccola quota aggiuntiva (dell'ordine di 2-3
etti  per  alveare  per  anno)  puo' essere ottenuta dal recupero dei
vecchi favi che vengono periodicamente rinnovati.
    La  maggior  parte  della cera prodotta dagli apicoltori italiani
viene  riutilizzata  nello  stesso  ciclo produttivo apistico, per la
produzione  dei  fogli  cerei,  tuttavia  la  cera  trova  impiego in
numerosi  campi:  come  materiale  impermeabilizzante  e  protettivo,
nell'industria  della  meccanica  di precisione, per le vernici e per
alcuni prodotti della casa, per la lavorazione del legno e del cuoio,
nell'arte,  in  medicina, nell'industria farmaceutica, in cosmetica e
nella  fabbricazione di candele. L'approvvigionamento per tali usi e'
coperto prevalentemente dalle importazioni.
    Andrebbe  pertanto promossa e incentivata, anche in questo ambito
produttivo, una adeguata politica di sviluppo del mercato della cera,
specie di quella biologica e di qualita'.
4.5.3. Polline.
    Il  polline,  elemento germinale maschile delle piante superiori,
viene    bottinato    dalle    api   e   utilizzato   prevalentemente
nell'alimentazione della covata, per il suo contenuto proteico.
    L'apicoltore  lo  raccoglie  mediante  trappole  che  sottraggono
all'ape  che  rientra  all'alveare  il  suo  carico di polline. Da un
alveare si possono ottenere annualmente circa 4-5 kg di polline.
    Il  prodotto trova impiego come integratore alimentare per il suo
elevato valore biologico legato al contenuto di proteine, aminoacidi,
glucidi,  oligoelementi  e  vitamine.  Ha  proprieta'  tonificanti  e
stimolanti nonche' proprieta' di ripristino delle funzioni organiche.
    La  produzione di polline in Italia e' molto ridotta e il mercato
e'  attualmente  coperto dall'importazione, in prevalenza di prodotto
spagnolo.
    Anche  per  questo  prodotto, di sicura valenza strategica per la
integrazione  del  reddito  degli  operatori  apistici  una  adeguata
politica   di   coordinamento   potrebbe  aiutare  a  far  conseguire
all'Italia  posizioni  concorrenziali  sia sul mercato interno che su
quello internazionale.
4.5.4 Propoli.
    Il  propoli  e'  un  derivato  da  sostanze  resinose  emesse  in
prossimita'  delle  gemme  da  alcune  specie arboree; viene raccolto
dalle   api,   sottoposto   all'azione   di   particolari  secrezioni
ghiandolari,  ed  utilizzato  all'interno  dell'alveare  per  le  sue
proprieta' meccaniche e antimicrobiche. Viene impiegato per ricoprire
la  superficie  interna dell'arnia, chiudere fessure e interstizi, ed
isolare  eventuali  corpi  estranei  che non possono essere eliminati
all'esterno.
    Si  ottiene  immettendo  nell'alveare apposite griglie che le api
tendono   a   ricoprire  di  propoli  (propolizzare)  e  che  vengono
periodicamente ritirate.
    Per    le   sue   proprieta'   batteriostatiche,   antimicotiche,
antiossidanti,     antivirali,     cicatrizzanti,     anestetizzanti,
immunostimolanti  e  vasoprotettive il propoli e' utilizzato in campo
medico e agronomico.
    Il   prodotto   circolante   in  Italia  e'  per  gran  parte  di
importazione.  Cina e Paesi dell'Est europeo e asiatico sono i nostri
principali  fornitori.  Anche  in questo ambito, come per il polline,
l'Italia ha un potenziale in gran parte inespresso che meriterebbe di
essere  adeguatamente  promosso  ai fini di una sua pronta emersione.
Crescenti e costanti, infatti, sono gli utilizzi a scopo farmaceutico
ed   erboristico,   oltre  che  agricolo,  di  questo  particolare  e
preziosissimo prodotto delle api.
4.5.5. Veleno.
    Il veleno, prodotto da particolari ghiandole, e' una sostanza che
le api impiegano per difesa, inoculandolo nei loro aggressori tramite
il  pungiglione.  Nell'uomo  provoca dolore e gonfiore e, in soggetti
particolarmente  sensibili,  reazioni  di shock allergico che possono
risultare mortali.
    Viene  raccolto mediante particolari dispositivi che provocano la
reazione  di  difesa  da  parte  delle api attraverso un passaggio di
corrente elettrica a basso voltaggio.
    Possiede  notevoli  proprieta'  farmacologiche  (vasodilatatorie,
cardiotoniche,   anticoagulanti)   e   viene   usato  nella  cura  di
sintomatologie  artritiche  e reumatiche. Il suo impiego come farmaco
e'  diffuso  soprattutto  in  Germania, Francia ed in Russia, dove e'
stato studiato in maniera piu' approfondita che in altri Paesi.
4.5.6. Famiglie di api e api regine.
    L'ape  italiana  (Apis  mellifera  ligustica  Spinola)  e  i suoi
ecotipi  locali  (Apis  mellifera  sicula  e  Apis mellifera carnica)
rappresentano  per  il nostro Paese un patrimonio vivo da difendere e
valorizzare  per  le  sue  peculiari caratteristiche di adattabilita'
all'ambiente,   prolificita',   produttivita'   e   mansuetudine  che
consentono   all'apicoltura   italiana  di  garantire  produzioni  di
qualita' costanti nel tempo. Le peculiarita' dell'ape italiana sono a
tutt'oggi  apprezzate  in  tutto il mondo. In modo particolare la sua
mansuetudine  ne  consente  l'allevamento anche in territori agricoli
fortemente  antropizzati  quali  sono  alcuni  territori  agricoli  e
forestali  caratterizzati da essenze di interesse apistico, ma spesso
soggetti  a  forte  frammentazione  e polverizzazione. Attualmente la
produzione  di  api,  famiglie  di  api e api regine italiane risulta
spesso  circoscritta  e/o  insufficiente  rispetto alle richieste del
mercato   nazionale   ed   estero,   necessita   pertanto  di  essere
maggiormente  valorizzata  anche al fine di ostacolare l'introduzione
di  materiale  genetico da altri Paesi e incentivando gli agricoltori
all'impiego di api regine allevate e selezionate in Italia.
4.5.7. Proprieta' medicinali salutari dei prodotti dell'alveare.
    Per  quanto  riguarda i prodotti che hanno un impiego collegato a
proprieta'   salutari   (propoli,   gelatina   reale,   veleno),   va
sottolineata   la   necessita'   di   approfondire  e  completare  le
conoscenze.   Questi  prodotti  erano  conosciuti  e  utilizzati  fin
dall'antichita', e numerosissime documentazioni e testimonianze hanno
apportato  informazioni  sulle  loro  proprieta'.  I  contributi sono
tuttavia  frammentari  e  spesso  non  confrontabili  tra loro, anche
perche'   si   tratta   di   prodotti  che  presentano  una  naturale
variabilita',   e   non   sono   ancora   chiarite,  sotto  l'aspetto
scientifico, le loro effettive potenzialita'.
5.  IL RUOLO DELL'APE NELLA PRODUZIONE AGRICOLA E NELLA CONSERVAZIONE
DELL'AMBIENTE: VALORE ECONOMICO E CULTURALE DEL SETTORE APISTICO.
    Il   valore  dell'apicoltura,  in  termini  di  produzione  lorda
vendibile  e  limitatamente  al miele, puo' essere stimato intorno ai
20,6  milioni  di  Euro  all'anno.  Comprendendo i prodotti minori, i
nuclei e le api regine il fatturato dovrebbe raggiungere i 30 milioni
di  Euro,  mentre l'indotto complessivo legato al settore apistico e'
stimato dell'ordine dei 57-62 milioni di Euro, valore che rappresenta
circa  il  3 per mille della P.L.V. dell'intera agricoltura italiana.
Considerato   in   questi  termini  il  settore  appare  quindi  come
estremamente marginale nell'economia del nostro Paese.
    Tuttavia,  se  si  considera  il  valore  economico  direttamente
riconducibile   all'azione   impollinatrice   svolta  dalle  api  nei
confronti delle colture agrarie e della flora spontanea, l'apicoltura
puo'  essere  ritenuta  fra  le  piu' importanti attivita' economiche
nazionali.  Secondo  recenti  ricerche il reddito diretto ascrivibile
alle api in termini di produzione agricola puo' stimarsi dai 1.500 ai
2.600  milioni  di  euro;  dipende  altresi'  dalle  api  il successo
riproduttivo  della flora spontanea (fra cui oltre l'80% delle specie
botaniche  a  rischio  di  estinzione),  con un valore, in termini di
salvaguardia  dell'ambiente  e della biodiversita' piu' difficilmente
quantificabile, ma certamente ingente.
    L'attivita'   apistica   rappresenta   inoltre   un   modello  di
sfruttamento  agricolo  non  distruttivo,  con  un impatto ambientale
praticamente nullo, cosa che rende l'apicoltura attivita' agricola di
elezione  per  le  aree  marginali  e  le  zone  protette. Inoltre la
presenza  stessa  delle  api  e'  indice di una corretta gestione del
territorio,   rivelando   l'esistenza   delle  condizioni  minime  di
sopravvivenza  anche per altre forme biologiche: L'ape e' di fatto un
utile  indicatore  che  contribuisce  a  definire  lo stato di salute
dell'ambiente,  dalla  cui  stabilita'  dipende  anche  il  grado  di
salubrita' per l'uomo.
    Infine, sul piano socio-culturale, l'esercizio dell'apicoltura e'
portatore   di   valenze   storiche   e   tradizionali   che  possono
rappresentare  un  importante elemento per mantenere viva l'identita'
territoriale  e  rafforzare  il  tessuto  sociale nelle zone rurali o
economicamente   svantaggiate.   Lo   stesso   miele,  opportunamente
valorizzato come prodotto tipico strettamente legato al territorio di
produzione,  e  qualificato  in  funzione  delle  sue  componenti  di
interesse  nutrizionale, puo' costituire una valida risorsa economica
per tali zone.
    L'apicoltura,  lungi  dall'essere un settore marginale, va quindi
incentivata,  mediante  specifici  programmi di intervento e sostegno
agli  apicoltori  gia'  insediati  e a quelli in via di insediamento,
come  attivita'  agricola economicamente rilevante, multifunzionale e
sostenibile.
6. LE PRINCIPALI PATOLOGIE DELL'ALVEARE.
    Le  emergenze  sanitarie  degli  ultimi due decenni se da un lato
hanno  costituito  uno stimolo alla riorganizzazione, al rinnovamento
tecnologico  del  settore  e  alla crescita professionale, dall'altro
condizionano  seriamente  l'esercizio  dell'apicoltura,  tanto  che a
tutti  i  livelli  non  e' piu' possibile prescindere da una corretta
gestione  igienico  sanitaria basata su specifiche ed efficaci misure
di profilassi.
    Varroasi  e  peste  americana  sono  oggi le piu' gravi e diffuse
patologie  che  investono l'apicoltura italiana in modo generalizzato
tanto  da richiedere una sistematica e costante azione di prevenzione
e di lotta. Seguono patologie di minor diffusione e gravita' quali la
nosemiasi,  micosi  e  virosi  e  la  peste  europea,  che  in taluni
distretti  e  in  alcune  annate  possono  essere  causa  di  perdite
economiche rilevanti.
6.1. Varroasi.
    L'impatto  di  questa  parassitosi con l'apicoltura italiana, nei
primi    anni    ottanta,   e'   stato   molto   violento   a   causa
dell'impreparazione   e   della   mancanza   di  coordinamento  delle
iniziative  e  di mezzi adeguati di lotta con la conseguenza che sono
emerse tutte le problematiche connesse alla parassitosi: l'insorgenza
di   patologie   infettive   secondarie,   la   carenza  di  prodotti
farmacologici   adeguati,   la  farmaco  resistenza,  il  rischio  di
inquinamento dei prodotti con i residui degli acaricidi utilizzati, i
limiti della legislazione sanitaria.
    A  seguito dell'insorgere di fenomeni di farmacoresistenza, negli
anni  '90,  sono stati sviluppati numerosi studi e sperimentazioni di
prodotti  acaricidi a basso impatto (oli essenziali e acidi organici,
il  cui  uso  e'  consentito anche in apicoltura biologica), tuttavia
tali  strategie  di  lotta  non  sempre  si  sono dimostrate idonee a
contenere efficacemente la parassitosi.
    La  proposizione  e  la  verifica  sul  campo  di adeguati metodi
alternativi  di  lotta  alla varroa, biologici, biotecnici o di lotta
integrata,  e'  una  sfida  vitale per tutti i soggetti della filiera
apistica implicati: ricerca, associazioni e apicoltori.
6.2. Peste americana.
    Si   tratta  della  piu'  grave  malattia  infettiva  delle  api,
estremamente  diffusa  negli  allevamenti  apistici del nostro Paese,
tanto che in alcuni territori si puo' considerare endemica.
    Gli   strumenti   di   lotta  disponibili,  basati  sull'utilizzo
preventivo   di  antibiotici,  tra  l'altro  non  ammessi,  risultano
inadeguati   a   contrastare  l'infezione  ed  hanno  contribuito  al
radicarsi  dell'infezione  allo  stato  latente  o  subclinico  e  al
possibile sviluppo di ceppi batterici resistenti agli antibiotici.
    Vi  e'  la  necessita'  di  una  vasta  proposizione  capillare e
verifica  sul  campo  di  adeguate  pratiche  di  allevamento  per il
contenimento di questa patologia senza utilizzo di antibiotici.
6.3. Aethina tumida.
    Non   va   infine   sottovalutato   il  grave  rischio  di  nuove
parassitosi,  come Aethina tumida, il piccolo coleottero dell'alveare
che ha causato ingenti danni all'apicoltura di altri Paesi e, seppure
non ancora segnalato sul territorio nazionale, ha gia' manifestato la
sua presenza in Portogallo.
    Urge,   a   tal  proposito,  l'implementazione  di  un  programma
nazionale  di  sensibilizzazione  rivolto  a tutti gli interessati ai
fini  di  una  diagnosi precoce del parassita e della migliore e piu'
tempestiva lotta sanitaria, qualora se ne constati la presenza.
7. NORME INTERNAZIONALI E NAZIONALI.
7.1. Disciplina della produzione e commercializzazione del miele.
    I  criteri  di  composizione e qualita' del miele sono definiti a
livello   internazionale  dallo  Standard  internazionale  del  Codex
Alimentarius  (Codex  Standard  12/01)  e a livello comunitario dalla
Direttiva n. 2001/110/CE del Consiglio del 20 dicembre 2001.
    La   predetta   direttiva   e'  stata  recepita  con  il  decreto
legislativo  25 maggio  2004  n.  179  (Gazzetta Ufficiale n. 168 del
20 luglio  2004). La nuova normativa contiene la definizione generale
di miele, l'indicazione delle principali varieta' e la definizione di
miele  industriale,  stabilisce  le caratteristiche di composizione e
prevede  una  serie di divieti specifici a salvaguardia della purezza
del prodotto.
    In  materia di metodi da utilizzare per verificare la rispondenza
del miele alle disposizioni del decreto, e' stato stabilito che, fino
alla  adozione di metodi decisi a livello comunitario, si applicano i
metodi  ufficiali  di  analisi riportati nell'allegato al decreto del
Ministero  delle  politiche  agricole e forestali 25 luglio 2003 che,
come  indicato nel preambolo, reca «Approvazione dei metodi ufficiali
di  analisi da applicarsi per la valutazione delle caratteristiche di
composizione  del  miele»  ed  e'  stato  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 185 del-l'11 agosto 2003.
    Tali  norme  fissano limiti per una serie di parametri: contenuto
di  acqua,  contenuto  di  fruttosio  e  glucosio  (somma  dei  due),
contenuto di saccarosio, acidita', conducibilita' elettrica, sostanze
insolubili, idrossimetilfurfurale e diastasi.
    I  criteri  presi  in  considerazione  dalle norme internazionali
definiscono  un  livello  qualitativo  di base, ma le aziende possono
stabilire  criteri piu' restrittivi per linee di qualita' certificate
e controllate.
7.2. Il Regolamento (CE) n. 797/2004.
    A  livello comunitario attualmente e' vigente il Regolamento (CE)
n.  797/2004  del  Consiglio  del 26 aprile 2004 relativo alle azioni
dirette   a   migliorare  le  condizioni  della  produzione  e  della
commercializzazione   dei   prodotti   dell'apicoltura.  Il  suddetto
regolamento  sostituisce  il  reg.  (CE)  n.  1221/97  e deriva dalla
necessita'  di  adattare  le  azioni  previste all'attuale situazione
dell'apicoltura comunitaria.
    Il  nuovo  regolamento parte dalla constatazione che l'apicoltura
e'  un  settore  dell'agricoltura  le  cui  funzioni  principali sono
l'attivita'  economica e lo sviluppo rurale, la produzione di miele e
di   altri  prodotti  dell'alveare  e  il  contributo  all'equilibrio
biologico.  Il  settore,  inoltre, e' caratterizzato dalla diversita'
delle  condizioni  di  produzione  e  di resa, dalla frammentazione e
dall'eterogeneita'  degli  operatori  economici  che  intervengono  a
livello  sia  della  produzione  che  della  commercializzazione.  In
considerazione,   inoltre,  dell'elevata  diffusione  della  varroasi
registrata  negli  ultimi  anni  in  numerosi  Stati  membri  e delle
difficolta'  che  questa  malattia comporta per cio' che attiene alla
produzione  di  miele,  il  regolamento  auspica  un'azione a livello
comunitario  in  quanto si tratta di una malattia che non puo' essere
eliminata  completamente  e  che  deve  essere  trattata con prodotti
autorizzati.
    A tal fine viene previsto che gli Stati membri debbano effettuare
uno  studio  sulla  struttura  del  settore  dell'apicoltura nei loro
rispettivi   territori   a   livello   della   produzione   e   della
commercializzazione  e che debbano predisporre un programma di durata
triennale,  in  collaborazione con le organizzazioni e le cooperative
apistiche che deve prevedere azioni relative a:
      a) assistenza  tecnica  agli  apicoltori e alle associazioni di
apicoltori;
      b) lotta contro la varroasi;
      c) razionalizzazione della transumanza;
      d) misure   di   sostegno   ai   laboratori  di  analisi  delle
caratteristiche fisico-chimiche del miele;
      e) misure  di  sostegno  per  il  ripopolamento  del patrimonio
apicolo comunitario;
      f) collaborazione   con   gli   organismi  specializzati  nella
realizzazione   dei   programmi  di  ricerca  applicata  nei  settori
dell'apicoltura e dei prodotti dell'apicoltura.
    Sono  escluse  dai programmi le azioni finanziate nell'ambito del
regolamento  (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul
sostegno  allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di
orientamento   e   garanzia   (FEAOG).   La  Comunita'  partecipa  al
finanziamento   dei  programmi  nella  misura  del  50%  delle  spese
sostenute dagli Stati membri.
7.3. Regolamento (CE) n. 1071/2005.
    La  Commissione  CE  con  il  regolamento  (CE)  n. 1071/2005 del
1° luglio   2005  ha  stabilito  le  modalita'  di  applicazione  del
regolamento  (CE)  n.  2826/2000  sulle  azioni  di informazione e di
promozione  dei prodotti agricoli sul mercato interno. In particolare
e'  stato  definito  l'elenco  dei prodotti agricoli nonche' le linee
direttrici per la promozione sul mercato interno del miele.
7.4. DOP e IGP: Norme di riferimento.
    La  normativa  di  riferimento  e'  rappresentata dal Regolamento
(CEE)  n.  2081  del  Consiglio  del  14 luglio  1992  relativo  alla
protezione   delle  Indicazioni  geografiche  e  delle  Denominazioni
d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari.
    Detto  regolamento  rappresenta  il  testo  di riferimento in cui
vengono   forniti:   le  definizioni  di  DOP  e  IGP,  gli  elementi
indispensabili  per  la  redazione  del  disciplinare,  la prassi per
l'istanza  di  registrazione e di modifica del disciplinare, le norme
per il controllo, l'ambito della protezione.
    La  norma  intende  stabilire  regole  comuni per la tutela delle
denominazioni  d'origine  e  delle  indicazioni  geografiche intese a
valorizzare prodotti specifici, di qualita' e provenienti da una zona
geografica  delimitata  favorendo  nel  contempo  la diversificazione
della produzione agricola nel contesto dello sviluppo rurale.
    In base a questo regolamento per Denominazione d'Origine Protetta
(DOP) si intende il nome di una regione, di un luogo determinato o di
un  paese,  che serve a designare un prodotto originario di tale area
geografica  e  la  cui  qualita' o le cui caratteristiche sono dovute
essenzialmente  o  esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo
di fattori naturali ed umani e la cui produzione avviene per l'intero
processo  nell'area  delimitata;  si intende, invece, per Indicazione
Geografica  Protetta  (IGP):  il  nome  di  una  regione, di un luogo
determinato  o  di  un  paese,  che  serve  a  designare  un prodotto
originario  di tale area geografica e di cui una determinata qualita'
la  reputazione  o  un'altra  caratteristica  possa essere attribuita
all'origine  geografica  e  almeno una parte della produzione avvenga
nell'area delimitata.
    Il regolamento n. 2081/82 e' stato successivamente modificato dai
Regolamenti (CE) n. 535/97, n. 1068/97 e n. 2796/2000.
    Le  norme  applicative sono disciplinate dal Regolamento (CEE) n.
2037/93  della  Commissione  del  27 luglio  1993,  che stabilisce le
modalita' d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92, prevede il
sistema  di  informazione  dei  consumatori sui prodotti registrati a
livello  comunitario  e  riporta  il dettaglio grafico del logo DOP e
IGP.
7.5. L'apicoltura biologica.
    Per   regolamentare   le   produzioni   animali   provenienti  da
allevamenti  biologici,  la  Comunita' europea ha emanato nell'agosto
1999 il regolamento n. 1804/99/CE sulla zootecnia biologica, ispirato
a  principi  di riduzione dell'impatto ambientale, sostenibilita' del
processo   produttivo,  preservazione  della  biodiversita'  e  degli
equilibri   dell'ecosistema,   salubrita'   delle  fonti  alimentari,
restrizione  nell'uso  delle  sostanze chimiche. Lo specifico settore
del  regolamento  dedicato  all'apicoltura stabilisce le norme per la
conduzione  dell'allevamento  (scelta  delle  razze, ubicazione degli
apiari,  alimentazione  artificiale,  profilassi  e cure veterinarie,
etc.).
    I  meccanismi  di  tutela  del consumatore sono analoghi a quelli
previsti  dagli  altri  regolamenti europei: la garanzia del rispetto
delle   regole   sottoscritte   e'   attuata  attraverso  il  sistema
dell'organismo  certificatore operante secondo le norme EN 45000 (UNI
CEI  EN  45011),  e  il  consumatore puo' riconoscere il prodotto «da
agricoltura biologica» attraverso il logo comunitario.
    Con  decreto  29 marzo  2001,  che modifica il precedente decreto
ministeriale del 4 agosto 2000, il Ministero delle politiche agricole
e  forestali ha dato attuazione al citato regolamento e ha fornito le
linee  guida  sulla  tracciabilita'  e rintracciabilita' dei prodotti
animali  biologici,  nonche' modelli adeguati per la rappresentazione
delle  attivita'  degli  operatori, al fine di rendere trasparente il
processo  produttivo  e  di consentire agli organismi di controllo di
effettuare  gli  opportuni  riscontri per il rilascio di attestazioni
d'idoneita' sul prodotto da inviare al mercato.
7.6. Le norme nazionali.
7.6.1. La legge n. 313/2004 disciplina dell'apicoltura.
    A  livello  nazionale  il  settore  e'  regolamentato dalla legge
24 dicembre  2004,  n.  313  «Disciplina  dell'apicoltura».  La norma
riconosce  l'apicoltura  come  attivita' di interesse nazionale utile
per   la  conservazione  dell'ambiente  naturale,  dell'ecosistema  e
dell'agricoltura  in  generale  in  quanto  finalizzata  a  garantire
l'impollinazione naturale e la biodiversita' di specie apistiche, con
particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana
(Apis  mellifera  ligustica  Spinola)  e  delle  popolazioni  di  api
autoctone tipiche o delle zone di confine.
    La  nuova  normativa all'art. 2 assimila la conduzione zootecnica
delle  api  alle  attivita'  agricole di cui all'art. 2135 del codice
civile  e  stabilisce  che sono considerati prodotti agricoli tutti i
prodotti dell'apicoltura. All'art. 3 fornisce le definizioni di tutti
i  termini  usati  comunemente nel settore. L'art. 4 disciplina l'uso
dei  fitofarmaci,  mentre  l'art. 5 detta disposizioni per la stesura
del  Documento programmatico per il settore apistico, che deve essere
predisposto dal Ministro delle politiche agricole e forestali, previa
intesa  in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di Bolzano e previa
concertazione    con   le   organizzazioni   professionali   agricole
rappresentative  a  livello  nazionale,  con  le  unioni nazionali di
associazioni  di  produttori  apistici  riconosciute  ai  sensi della
normativa  vigente, con le organizzazioni nazionali degli apicoltori,
con  le  organizzazioni  cooperative  operanti nel settore apistico a
livello nazionale e con le associazioni a tutela dei consumatori.
    Il   suddetto  documento,  di  durata  triennale  e  aggiornabile
annualmente, deve essere indirizzato, in particolare a:
      a) promuovere  e  tutelare  i  prodotti  apistici  italiani e i
processi   di  tracciabilita'  ai  sensi  dell'art.  18  del  decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
      b) tutelare  il  miele  italiano  conformemente  alla direttiva
2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001;
      c) valorizzare i prodotti con denominazione di origine protetta
e  con  indicazione  geografica  protetta  e Specialita' Tradizionale
Garantita, ai sensi dei regolamenti (CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92 del
Consiglio,  del  14 luglio  1992, e successive modificazioni, nonche'
del  miele  prodotto  secondo  il  metodo di produzione biologico, ai
sensi  del  regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno
1991, e successive modificazioni;
      d) sostenere  le  forme  associative  di  livello nazionale tra
apicoltori e promuovere la stipula di accordi professionali;
      e) sviluppare  i  programmi  di  ricerca  e  di sperimentazione
apistica, d'intesa con le organizzazioni apistiche;
      f) favorire l'integrazione tra apicoltura e agricoltura;
      g) fornire  indicazioni  generali  sui  limiti  e  divieti  cui
possono  essere sottoposti i trattamenti antiparassitari con prodotti
fitosanitari  ed  erbicidi  tossici per le api sulle colture arboree,
erbacee,  ornamentali,  coltivate  e  spontanee durante il periodo di
fioritura;
      h) individuare  i  limiti  e i divieti di impiego di colture di
interesse mellifero derivanti da organismi geneticamente modificati;
      i) incentivare  la  pratica dell'impollinazione a mezzo di api,
dell'allevamento apistico e del nomadismo;
      m) favorire  la  tutela  e  lo  sviluppo  delle  cultivar delle
essenze nettarifere, in funzione della biodiversita';
      n) determinare  gli  interventi  economici  di risanamento e di
controllo  per  la  lotta  contro  la  varroasi  e le altre patologie
dell'alveare;
      o) potenziare  e  dare  attuazione  ai  controlli  sui prodotti
apistici di origine extracomunitaria, comunitaria e nazionale;
      p) incentivare  l'insediamento  e la permanenza dei giovani nel
settore apistico;
      q) prevedere  la  corresponsione di indennita' compensative per
gli apicoltori che operano nelle zone montane o svantaggiate;
      r) salvaguardare  e promuovere la selezione in purezza dell'ape
italiana  (Apis  mellifera  ligustica  Spinola) e dell'Apis mellifera
sicula  Montagano  e incentivare l'impiego di api regine italiane con
provenienza  da centri di selezione genetica, operanti nel territorio
nazionale.
    Al suddetto documento programmatico devono essere allegati:
      a) i  programmi  apistici predisposti, previa concertazione con
le  organizzazioni  dei  produttori  apistici,  con le organizzazioni
professionali  agricole  e con le associazioni degli apicoltori e del
movimento   cooperativo  operanti  nel  settore  apistico  a  livello
regionale, da ogni singola regione;
      b) i  programmi  interregionali  o le azioni comuni riguardanti
l'insieme delle regioni, da realizzare in forma cofinanziata.
    L'art.  6  prevede,  ai  fini  della  profilassi  e del controllo
sanitario,   l'obbligo,   per  chiunque  detenga  alveari,  di  farne
denuncia,  stabilendone le relative modalita'. L'art. 7 stabilisce le
norme,  per  un adeguato sfruttamento delle risorse nettarifere, alle
quali  lo  Stato,  le  regioni  e le province autonome di Trento e di
Bolzano,  devono  attenersi  al  fine  di  incentivare  la conduzione
zootecnica delle api e la pratica economico-produttiva del nomadismo.
L'art.  8  definisce  le  distanze  minime  alle  quali devono essere
collocati  gli  alveari,  mentre  l'art.  9  riconosce l'attivita' di
impollinazione,   a   tutti   gli  effetti,  attivita'  agricola  per
connessione,  ai  sensi  dell'art.  2135,  secondo  comma, del codice
civile.  L'art. 11 infine autorizza la spesa di 2 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
7.6.2. Le altre norme nazionali.
    Prima  che  il  settore  apistico  fosse  dotato di uno strumento
legislativo   aggiornato   e   adeguato  ai  tempi,  l'organizzazione
professionale  degli apicoltori in Italia e' stata disciplinata dalla
legge  18 marzo 1926, n. 562, in applicazione del regio decreto legge
n.    2079/1925,    concernente    «Provvedimenti   per   la   difesa
dell'apicoltura».
    Tra  le  altre  norme  emanate  a livello nazionale si ricorda il
decreto-legge  21 maggio  2004  n.  179 di attuazione della Direttiva
2001/110/CE  concernente  il  miele e il decreto del Ministero per le
politiche   agricole   25 luglio  2003  di  approvazione  dei  metodi
ufficiali   di   analisi  da  applicarsi  per  la  valutazione  delle
caratteristiche di composizione del miele.
    Al  settore apistico si applica anche una serie di norme relative
all'intero comparto agro-alimentare.
    Il  decreto  legislativo  del  30 aprile  1998, n. 173, che detta
disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per
il   rafforzamento   strutturale  delle  imprese  agricole,  a  norma
dell'art. 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
    Il  decreto  del  29 maggio  1998  del Ministero per le politiche
agricole Individuazione delle procedure concernenti le autorizzazioni
degli  organismi  di  controllo  privati  in  materia  di indicazioni
geografiche protette e delle denominazioni di origine protette.
    La  legge 21 dicembre 1999, n. 526 Disposizioni per l'adempimento
di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita'
europee  -  legge comunitaria 1999, che detta nuove norme relative ai
Controlli  e  alla  vigilanza  sulle  denominazioni  protette e sulle
attestazioni di specificita).
    La  Circolare  del  13 gennaio  2000,  n.  1  del Ministero delle
politiche  agricole  e  forestali  stabilisce  le  Modalita'  per  il
rilascio  delle  autorizzazioni  ai  laboratori  adibiti al controllo
ufficiale  dei  prodotti  a denominazione di origine e ad indicazione
geografica, registrati in ambito comunitario.
    Il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 156, recante attuazione
della  direttiva 93/99/CEE concernente misure supplementari in merito
al  controllo ufficiale dei prodotti alimentari, individua all'art. 3
i  requisiti minimi dei laboratori che effettuano analisi finalizzate
a  detto  controllo:  tra  essi e' prevista la conformita' ai criteri
generali  stabiliti  dalla  norma  europea  EN 45001 e alle procedure
standard  previste  nei  punti  3  e  8  dell'allegato  II al decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 128. L'art. 5 di tale decreto prevede
che  le  amministrazioni  dello  Stato,  nell'ambito della rispettiva
competenza,  designano gli organismi responsabili della valutazione e
del  riconoscimento  dei  laboratori preposti al controllo ufficiale:
gli  organismi  predetti  e le procedure di valutazione devono essere
conformi  ai  criteri  generali stabiliti rispettivamente dalle norme
europee EN 45003 e EN 45002.
    Il  decreto  del  12 aprile  2000  del  Ministero delle politiche
agricole  e  forestali  individua  i  criteri di rappresentanza negli
organi  sociali dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine
protette (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP).
    La  Circolare  28 giugno  2000, n. 4 del Ministro delle politiche
agricole  e  forestali  detta le modalita' per la presentazione delle
istanze  di  registrazione  delle  denominazioni  di  origine e delle
indicazioni geografiche protette ai sensi dell'art. 5 del regolamento
(CEE) n. 2081/92 e individua le relative procedure amministrative.
    Il  decreto  del  12 settembre  2000,  n. 410 del Ministero delle
politiche  agricole  e forestali adotta il regolamento concernente la
ripartizione  dei  costi  derivanti  dalle  attivita' dei Consorzi di
tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche
protette   incaricati   dal  Ministero  delle  politiche  agricole  e
forestali.
    Il  decreto  del  12 ottobre  2000  del Ministero delle politiche
agricole  e forestali detta disposizioni in materia di collaborazione
dei  consorzi  di  tutela  delle DOP e IGP con l'Ispettorato centrale
repressione  frodi nell'attivita' di vigilanza, tutela e salvaguardia
delle DOP e IGP.
7.6.3.  Disciplinare  dell'albo  nazionale  degli  allevatori  di api
regine.
    L'Albo,  istituito con decreto ministeriale n. 20984 del 10 marzo
1997, modificato con decreto ministeriale n. 21547 del 28 maggio 1999
presso l'Istituto Nazionale di Apicoltura (ai sensi del decreto legge
n.  529 del 30 dicembre 1992), rappresenta lo strumento per la difesa
e  il  miglioramento delle razze di Apis mellifera allevate in Italia
ed  ha  la  finalita' di indirizzare sul piano tecnico l'attivita' di
allevamento   e  di  selezione  al  fine  della  loro  valorizzazione
economica.  L'Albo  e'  strutturato  in 2 sezioni corrispondenti alle
razze  di  api  autoctone  nel  territorio  italiano:  Apis mellifera
ligustica  e  Apis  mellifera  sicula,  con possibilita' di eventuali
specificazioni   e   ampliamenti,   in  seguito  all'acquisizione  di
migliorate   cognizioni   genetiche   su   popolazioni   allevate  in
particolari regioni del territorio nazionale.
    Allo  svolgimento e al coordinamento delle attivita' dell'Albo si
provvede con la Commissione tecnica centrale, l'Ufficio centrale e il
Corpo  degli esperti. La Commissione tecnica centrale, tra gli altri,
ha  il  compito di determinare i criteri per la tipizzazione genetica
delle  razze ligustica e sicula e dei rispettivi requisiti funzionali
ai  fini  del  miglioramento genetico e per la protezione delle altre
popolazioni  autoctone  allevate  in Italia. La stessa, inoltre, deve
definire   gli   indirizzi   e   i   parametri  biologico-tecnici  ed
igienico-sanitari per la conduzione degli allevamenti di api regine e
per  evitare l'inquinamento del patrimonio genetico, anche attraverso
l'istituzione   di   zone  di  allevamento  protette  e  stazioni  di
accoppiamento;  di  deliberare  l'ammissione  all'Albo  e l'eventuale
sospensione.
    Il  capitolo  II  definisce  le  modalita'  di  ammissione  degli
allevatori  alle  sezioni dell'albo stabilendo i requisiti che devono
avere gli allevatori di api regine per essere ammessi all'Albo.
    Il  capitolo V stabilisce che per la valutazione delle produzioni
ottenute  a  seguito  dell'applicazione di programmi di miglioramento
genetico ci si avvale di esperti in Analisi Sensoriale del Miele e di
esperti  in Analisi Melissopalinologica, iscritti in Albi regolati da
appositi  Disciplinari,  approvati  dal  Ministero  per  le politiche
agricole.
    L'Allegato  B  riporta  il  disciplinare  delle norme tecniche di
selezione   mentre   l'Allegato   C   e'   relativo  al  Disciplinare
dell'istituzione e funzionamento delle stazioni di fecondazione.
7.6.4.  Disciplinare  dell'albo  nazionale  degli  esperti in analisi
sensoriale del miele e Disciplinare dell'albo nazionale degli esperti
in melissopalinologia.
    Gli  Albi,  istituiti  con  decreto  ministeriale  n.  21547  del
28 maggio   1999   presso   l'Istituto   Nazionale   di   Apicoltura,
rappresentano   lo   strumento  per  assicurare  la  validita'  delle
valutazioni   sulla   qualita'  e  sull'origine  botanica  del  miele
effettuate    attraverso    l'analisi    sensoriale    e    l'analisi
melissopalinologica.
    Allo  svolgimento e al coordinamento delle attivita' dei due Albi
si provvede con i rispettivi Comitati di gestione, che hanno anche il
compito  di  stabilire  le  norme  tecniche,  e  Uffici centrali, che
provvedono  ad  espletare  i  compiti relativi al funzionamento degli
albi.
    Le  norme  tecniche dei due disciplinari stabiliscono finalita' e
metodologie   delle   analisi   sensoriale   e   melissopalinologica,
definiscono  i  criteri per la formazione e l'aggiornamento e fissano
le modalita' per l'iscrizione agli albi degli esperti.
7.7. Le norme igienico-sanitarie.
    Le  disposizioni legislative che esplicitamente fanno riferimento
alla sanita' dell'alveare sono le seguenti:
      - legge  18 marzo  1926,  n.  562,  in  applicazione  del regio
decreto  legge n. 2079/1925, concernente «Provvedimenti per la difesa
dell'apicoltura»,   che   disciplina   sotto   il   profilo  generale
l'esercizio dell'apicoltura;
      - ordinanza  Ministero  della  sanita'  del  17 febbraio  1995,
recante le norme di profilassi contro la varroasi.
    Le malattie delle api sono contemplate nel Regolamento di Polizia
veterinaria  (decreto  del  Presidente  della  Repubblica  8 febbraio
1954),  che  dispone  i  provvedimenti contro le malattie infettive e
diffusive  delle  api  e  assoggetta  a  misure  comuni forme morbose
diverse  per  eziologia  ed  epidemiologia  e  gravita'.  Solo per la
varroasi e' stata emanata ad integrazione del regolamento un'apposita
ordinanza  piu'  volte  aggiornata.  In  caso di denuncia di malattie
infettive   e  diffusive  e'  prevista  una  serie  di  provvedimenti
restrittivi disposti dal sindaco (isolamento e sequestro degli apiari
infetti)   a   completamento   dei  quali  puo'  essere  ordinata  la
distruzione  delle famiglie infette e del materiale possibile veicolo
di contagio.
    Le  altre  norme che regolamentano questo settore sono quelle che
riguardano l'intero comparto agro-alimentare.
    Il  decreto  legislativo  26 maggio  1997,  n. 155 di recepimento
delle  direttive  93/43/CEE  e  96/3/CE  disciplina  le  modalita' di
autocontrollo  basate  sulla  metodologia  HACCP, secondo la quale il
responsabile dell'industria alimentare deve garantire l'idoneita' del
proprio  processo  produttivo,  dal  punto  di vista igienico e della
sicurezza  alimentare. L'autocontrollo e' uno strumento di produzione
basato   sulla   conoscenza  dei  punti  critici  e  sulla  capacita'
d'intervento.
    La  legge  n.  283/1962  detta  norme per la «Disciplina igienica
della  produzione  e  della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande» e ad essa fa esplicito riferimento il decreto legislativo n.
179/2004  di  attuazione  della  direttiva 2001/110/CE concernente il
miele.
    Il  Regolamento CEE 2377/90 e successive modifiche fissa i limiti
massimi  di  residui (LMR) di medicinali veterinari negli alimenti di
origine  animale.  Sulla  base  di  studi  tossicologici  le sostanze
farmacologicamente attive (s.f.a.) impiegate in medicinali veterinari
vengono  suddivise  in  4  classi  e riportate in elenchi soggetti ad
aggiornamento continuo.
    L'allegato  I  fornisce  l'elenco  delle s.f.a. per le quali sono
stati stabiliti LMR definitivi.
    L'allegato  II riporta l'elenco delle s.f.a. non soggette a LMR e
quello delle s.f.a. per le quali sono stati stabiliti LMR provvisori.
    L'allegato  III  fissa  per  ogni  s.f.a.  gli  LMR relativi alle
diverse categorie di alimenti.
    L'allegato  IV l'elenco delle s.f.a. per le quali non puo' essere
stabilito  alcun LMR in quanto costituiscono un rischio per la salute
del  consumatore.  La  somministrazione  di  tali  sostanze e' quindi
vietata nell'intera Comunita' europea.
    Nella  Comunita'  non  e' autorizzata l'immissione sul mercato di
farmaci  veterinari  per  i  quali  non sia determinato il livello di
residualita'  nel  prodotto alimentare finito. L'organismo deputato a
valutare   queste   procedure  e'  l'EMEA  (Agenzia  Europea  per  la
Valutazione  dei  Prodotti  Medicinali),  di  cui  fa  parte  il CVMP
(Comitato per i Prodotti Medicinali Veterinari).
    La  direttiva  96/23/CE  attuata  con  il  decreto legislativo n.
336/1999  concernente le misure di controllo di talune sostanze e sui
loro  residui  negli  animali  vivi e nei loro prodotti stabilisce le
linee  guida per il controllo, le modalita' per i campionamenti e per
il  piano  di  monitoraggio  nazionale  e  le categorie di residui da
determinare per ogni prodotto di origine animale.
7.8 Iniziative regionali.
    In  tutte  le regioni sono state emanate leggi per la tutela e la
valorizzazione  dell'apicoltura,  che prevedono iniziative e misure a
vari  livelli  (nomadismo,  tutela  e il miglioramento genetico della
razza, anagrafe apistica etc.). Si riportano di seguito i riferimenti
delle diverse normative regionali.
    - Valle  d'Aosta,  legge  n.  56  del  24 agosto  1982, n. 78 del
27 ottobre 1993;
    - Piemonte, legge n. 20 del 3 agosto 1998;
    - Liguria, legge n. 36 del 9 luglio 1984, n. 5 del 26 marzo 1987;
    - Lombardia, legge n. 5/2004 (articoli 11 - 12);
    - Veneto, legge n. 23 del 18 aprile 1994;
    - Friuli-Venezia Giulia, legge n. 17 del 16 marzo 1982, n. 55 del
21 dicembre  1984,  n.  16  del  29 marzo 1988, n. 61 del 16 dicembre
1991, n. 20 del 17 luglio 1992;
    - Provincia  autonoma  di  Bolzano,  legge  n. 11 del 14 dicembre
1998, n. 10 del 14 dicembre 1999;
    - Provincia autonoma di Trento, legge n. 16 del 18 aprile 1988;
    - Emilia Romagna, legge n. 35 del 25 agosto 1988;
    - Toscana,  legge  n.  26 del 15 giugno 1979, n. 69 del 18 aprile
1995;
    - Marche, legge n. 36 dell'8 ottobre 1987;
    - Umbria, legge n. 24 del 26 novembre 2002;
    - Lazio, legge n. 75 del 21 novembre 1988;
    - Abruzzo,  legge  n. 3 dell'8 gennaio 1982, n. 75 del 6 novembre
1984;
    - Molise, legge n. 42 del 24 dicembre 2002;
    - Puglia, legge n. 61 dell'8 giugno 1985;
    - Basilicata, legge n. 15 del 3 maggio 1988, n. 39 del 7 novembre
1988;
    - Calabria, legge n. 29 del 3 settembre 1984;
    - Sicilia,  legge n. 65 del 27 settembre 1995, n. 17 del 6 aprile
1996;
    - Sardegna, legge n. 30 del 17 dicembre 1985.
8. I VINCOLI ALLO SVILUPPO DELL'APICOLTURA ITALIANA.
    Lo  sviluppo  dell'apicoltura italiana e' rallentato o frenato da
una  serie  di  vincoli,  alcuni  dei quali sono di rilevanza tale da
agire  come  fattori  limitanti  la  crescita dell'intero settore. Un
piano  rivolto  alla  prioritaria tutela della razza di ape italiana,
cosi' come della sua salvaguardia e diffusione sul territorio ai fini
della  conservazione  degli  ambienti  naturali,  degli  ecosistemi e
dell'agricoltura,  ma  anche  allo  sviluppo e al miglioramento delle
condizioni  produttive  dell'apicoltura italiana deve tenere conto di
carenze   strutturali   generalizzate  e  delle  caratteristiche  del
comparto che presenta forti fattori di criticita' e ritardo.
8.1. Problemi sanitari.
    La problematica relative agli aspetti sanitari e' attualmente uno
dei  principali  fattori  limitanti  del  settore  apistico,  e  puo'
sintetizzarsi nei seguenti punti:
      - crescente  difficolta'  nel  contenimento  della  presenza di
endemica   di   Varroa,   a  causa  dall'insorgenza  di  fenomeni  di
farmacoresistenza   ai  prodotti  chimici  di  sintesi  e  della  non
idoneita'   delle  strategie  a  basso  impatto  idonee  a  contenere
efficacemente la parassitosi;
      - crescente diffusione di patologie della covata, probabilmente
connesso all'indebolimento degli alveari conseguente alla varroasi;
      - rinvenimento di contaminazioni del miele, della pappa reale e
degli  altri  prodotti  dell'alveare  con residui di antibiotici, non
autorizzati  ma  illegalmente e tradizionalmente utilizzati a livello
internazionale  per  il  contenimento  e  la  «cura»  delle patologie
pestose, con gravi conseguenze sul mercato del miele;
      - insufficiente sostegno, in termini di assistenza tecnica e di
ricerca  per  l'individuazione  di  metodi innovativi di conduzione e
lotta sanitaria;
      - rischio   di  una  nuova  pericolosa  parassitosi,  l'Aethina
tumida,  gia' manifestatasi con gravissime conseguenze in altri paesi
(Nord America, Australia, Nord Africa).
8.2. Limiti inerenti il settore produttivo.
8.2.1. I limiti nel funzionamento dell'associazionismo.
    Oggi,  i  Consorzi apistici, le Associazioni degli apicoltori, le
Associazioni  e  Organizzazioni  di produttori, le loro Federazioni e
Unioni,  rappresentano  nell'insieme  la  piu' significativa forma di
aggregazione  per la difesa e salvaguardia della nostra ape italiana,
per  la  sua  specifica  e  indiscussa valenza economica e agricola e
ambientale,  ma  anche per la tutela degli interessi di mercato e per
la   rappresentanza   delle  istanze  degli  operatori  del  comparto
apistico.
    Molte  sono infatti le finalita' che il settore apistico persegue
con  l'associazionismo:  informazione  e  divulgazione,  formazione e
aggiornamento  professionale,  difesa  sanitaria  degli  allevamenti,
assistenza  tecnica, ottimizzazione dei rapporti con gli agricoltori,
tutela degli interessi della categoria di fronte alle istituzioni.
    Nonostante   l'evoluzione  e  la  crescita  delle  organizzazioni
professionali  apistiche, sono tuttora molti i vincoli che ostacolano
il  consolidamento  di  forti  ed efficienti strutture organizzative,
riconducibili   essenzialmente   alla  singolare  composizione  della
categoria  degli  apicoltori.  Esiste inoltre una disparita' notevole
tra Nord e Sud del Paese nella presenza delle strutture organizzative
locali.  Vi  e'  quindi  la necessita' di azioni di sostegno e per lo
sviluppo nell'associazionismo apistico.
8.2.2. I limiti nello sviluppo tecnologico delle aziende.
    Nonostante   l'apprezzabile   crescita   delle  capacita',  delle
tecniche  e  delle dotazioni, che caratterizza gran parte del tessuto
produttivo  apistico  nazionale,  anche grazie al supporto assicurato
dal  Regolamento  CE  1221/97  e, successivamente, dal Regolamento CE
797/04,  le  aziende apistiche lamentano un insufficiente sviluppo di
attrezzature   innovative  che  possano  sostenere  un  miglioramento
dell'attivita' sia quantitativo che qualitativo.
    Inoltre  sono  ancora  scarsamente diffuse tecniche e metodologie
finalizzate  ad  uno  sviluppo  delle  aziende  dal  punto  di  vista
gestionale  e  produttivo, quali ad esempio strumenti informatici per
il controllo di gestione dell'azienda apistica.
8.3. Limiti dell'assistenza tecnica e livello professionale.
    Le  carenze  dovute ad una inadeguata opera di assistenza tecnica
riguardano   soprattutto   la  necessita'  di  innalzare  il  livello
professionale degli apicoltori attraverso:
      - azioni di formazione ed orientamento ai produttori;
      - adeguamento   delle   condizioni   igienico  sanitarie  nella
lavorazione dei prodotti apistici;
      - sostegno nell'adozione di corrette strategie per il controllo
sanitario.
    Cio'  richiede,  in  via  prioritaria,  l'adozione  di interventi
finalizzati  a formare adeguatamente tecnici di sostegno, in grado di
diffondere conoscenze, aggiornamenti, informazioni fra gli apicoltori
e  di  effettuare  assistenza  tecnica  sia  in  campo  che  presso i
laboratori di smielatura.
8.4. Limiti delle capacita' produttive.
    Le  capacita'  produttive  delle  aziende  apistiche risentono di
limitazioni  sia quantitative che qualitative, ricollegabili in primo
luogo   ad  un  progressivo  impoverimento  del  patrimonio  apistico
fortemente  compromesso,  oltre  che  dalle  crescenti difficolta' di
lotta  sanitaria (vedi 8.1), dall'uso incontrollato di fitofarmaci in
agricoltura,  che  determinano  frequenti  morie e spopolamenti delle
colonie,  e dall'alterazione degli agrosistemi con la riduzione delle
risorse mellifere.
    A  cio'  si  aggiunge  l'impoverimento  «genetico»  delle  specie
autoctone  e, negli ultimi anni, un'evoluzione climatica sfavorevole,
che ha comportato nel 2002 il riconoscimento dello stato di calamita'
naturale anche per il settore apistico.
    Sul piano qualitativo emerge infine il problema dei residui o dei
contaminanti  dei  prodotti,  che rischia di compromettere l'immagine
del miele quale prodotto naturale e benefico.
8.5. Carenze nella differenziazione e valorizzazione del miele.
    Nonostante   si   tratti   di  una  delle  poche  produzioni  non
eccedentarie  a livello comunitario risulta difficile incrementare la
produzione  e  ridurre  la  dipendenza dall'estero, a causa di alcuni
fattori  naturali  e sociali che ne condizionano lo sviluppo, quali i
costi  di  produzione  elevati  e  le  quotazioni  internazionali non
remunerative del miele.
    E'  comunque  necessario  potenziare in primo luogo il patrimonio
apistico   italiano,  incrementandone  il  numero  di  alveari  e  di
apicoltori.  Questo  soprattutto  al  fine di garantire un ancor piu'
capillare  servizio di impollinazione, coprire con prodotto nazionale
la quota di prodotto di importazione, offrire nuove opportunita' agli
apicoltori  che  non hanno ancora raggiunto una adeguata connotazione
economica  e  favorire  l'insediamento  dei giovani apicoltori. Vanno
contestualmente  avviate  azioni  di  valorizzazione e promozione del
prodotto  nazionale,  che  ne  consentano  un  migliore apprezzamento
rispetto a quello di importazione, attraverso l'accesso a segmenti di
mercato differenziati.
    Per  la tutela del consumatore tali iniziative vanno accompagnate
da una costante azione di controlli di qualita'.
8.6. Carenze nella valorizzazione degli altri prodotti dell'alveare.
    Queste    produzioni    richiedono    in    genere   livelli   di
specializzazione   tecnica  notevole  rispetto  al  miele  e  vengono
proposte convenientemente sul mercato solo dalle aziende apistiche di
una   certa  ampiezza  o  comunque  piu'  qualificate  e  attrezzate.
Attualmente  queste  produzioni  sono  in notevole crescita e possono
offrire   interessanti   opportunita'   di   differenziazione   della
produzione e integrazione del reddito.
    Esse  risentono  tuttavia  in  misura rilevante della concorrenza
esercitata  dal  mercato  mondiale che propone, a prezzi estremamente
bassi,  prodotti  scarsamente controllati, anche a causa della totale
assenza  di definiti standard qualitativi. Sono quindi indispensabili
interventi  organici  volti  allo  studio  e valorizzazione di questi
prodotti,  con la definizione di disciplinari di produzione, standard
di   qualita'   e   norme  di  prodotto  d'intesa  tra  le  Pubbliche
Amministrazioni   competenti  e  le  Organizzazioni  nazionali  degli
Apicoltori  e  l'Istituto Nazionale della ricerca sugli Alimenti e la
Nutrizione,  al  fine  di  elaborare  aggiornate  tabelle  sui valori
nutrizionali.
8.7. Limiti della ricerca e della sperimentazione.
    Sotto    l'aspetto   tecnico-scientifico   l'apicoltura   risente
negativamente di una «crisi d'identita», derivante dall'essere spesso
considerata  un'attivita'  zootecnica,  in  quanto  le  tecniche  e i
problemi connessi all'allevamento, compresi i metodi di prevenzione e
cura delle patologie, portano a considerarla tale.
    Tuttavia  in  un contesto zootecnico la posizione dell'apicoltura
non  puo' che risultare penalizzata dall'evidente squilibrio rispetto
alle  altre filiere di un settore che, d'altra parte, non e' idoneo a
valorizzarne   le   sue   precipue   caratteristiche   di   attivita'
indispensabile   per   l'agricoltura   e   per  la  protezione  degli
agroecosistemi.
    Di  fatto, sia nelle principali Universita' che nell'ambito degli
Istituti  di  Ricerca  e  Sperimentazione  Agraria  gia' afferenti al
MiPAF,  la  disciplina dell'apicoltura e' giustamente collocata in un
contesto  di  entomologia  agraria,  protezione delle piante e tutela
dell'ambiente.
    Da  questa  particolare situazione di dicotomia potrebbe derivare
un  sovrapporsi  di  figure  e  una  certa  confusione  di  ruoli fra
ricercatori  e  tecnici  che, sotto i diversi aspetti, si occupano di
apicoltura  e, malgrado gli sforzi fatti e i risultati effettivamente
conseguiti sul piano del coordinamento dei programmi realizzati dagli
istituti  di  ricerca,  la  mancanza  di  un'organica  e  sistematica
strutturazione,  va  inevitabilmente  a  detrimento  di  una corretta
crescita del settore.
    In  tal  senso,  la  recente  collocazione  in seno al CRA, degli
Istituti   di   ricerca   impegnati   in   ambito   apistico,  potra'
rappresentare   un  primo  passo  verso  la  razionalizzazione  delle
attivita'  di  ricerca  in  apicoltura  e  verso il raggiungimento di
obiettivi  di  efficienza  e  di  efficacia  della spesa pubblica, in
accordo  con  la  domanda  di  ricerca  espressa dalle Organizzazione
Nazionali  degli Apicoltori, nonche' dalle regioni attraverso la Rete
interregionale della ricerca agraria.
    Occorre  considerare  anche  che  la situazione dell'attivita' di
ricerca  nel  settore  apistico  e  di  individuazione delle relative
priorita'  si presenta estremamente frastagliata. In ambito regionale
infatti  tali  attivita'  vengono  finanziate,  oltre che con i fondi
derivanti  dall'applicazione del regolamento (CE) 797/2004, anche con
risorse proprie.
    Al fine quindi di assicurare efficienza e efficacia delle risorse
finanziarie   recate   dalla  legge  n.  313/2004,  risulta  pertanto
opportuno   il  coinvolgimento  delle  regioni,  attraverso  la  Rete
interregionale   della  ricerca  agraria,  nell'individuazione  delle
priorita' e nella valutazione delle proposte progettuali.
9. OBIETTIVI DEL DOCUMENTO PROGRAMMATICO.
9.1. Obiettivo generale.
    Obiettivo  generale  del  Piano,  cosi' come previsto dall'art. 5
della  legge  313/04,  e' quello di mantenere e sviluppare il settore
dell'apicoltura   per   i   vantaggi  che  da  essa  da  ne  derivano
all'agricoltura,   all'ambiente   e  alla  societa',  assicurando  la
redditivita' e la competitivita' del settore medesimo.
9.2. Linee programmatiche.
    La  legge  n.  313/2004  all'art.  5  ha  individuato le seguenti
materie  (linee  programmatiche)  cui  attenersi per la redazione del
documento  di  indirizzo  e coordinamento del settore da condividere,
previa  concertazione  con  le  organizzazioni nazionali dalla stessa
legge richiamate, con le regioni e province autonome:
      a) promozione  e  tutela  dei  prodotti apistici italiani e dei
processi  di  tracciabilita'  (decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
228):  favorire  la conoscenza della apicoltura e l'apprezzamento dei
suoi   prodotti,  proponendo  anche  quale  elemento  di  scelta  del
consumatore  criteri  qualitativi  e  di  diversa  origine botanica e
territoriale dei prodotti apistici;
      b) tutela  del  miele  italiano  conformemente  alla  direttiva
comunitaria 2001/110/CEE;
      c) valorizzazione  del miele (Reg. 2081/92, Reg. 2082/92 e Reg.
2092/91):  favorire  richiesta,  riconoscimento  ed  affermazione sul
mercato  di  denominazioni  protette  e  ai  sensi reg. CEE 2081/92 -
2082/92 per le migliori qualita' dei mieli e pappa reale nazionali;
      d) sostegno  alle  forme  associative  di  livello  nazionale e
promozione   della   stipula   di  accordi  professionali:  sostenere
l'associazionismo,  la  specifica  azione  di  assistenza  tecnica  e
formazione attraverso programmi nazionali;
      e) sviluppo  dei  programmi  di  ricerca  e  di sperimentazione
apistica:    valorizzazione   delle   produzioni   minori   per   una
differenziazione dell'attivita' e incremento del reddito dell'impresa
apistica,  monitorare  evoluzione  quadro  sanitario  nazionale degli
allevamenti   apistici,  individuazione  e  divulgazione  indicazioni
operative  di  lotta  sanitaria  per  difesa  del patrimonio apistico
nazionale,  sostenere  iniziative regionali riproduzione e diffusione
api  regine  con patrimonio genetico selezionato secondo le priorita'
specifiche volute, favorire la divulgazione di conoscenze finalizzate
alla razionalizzazione e ammodernamento del sistema produttivo;
      f) integrazione tra apicoltura e agricoltura;
      g) indicazioni generali sui limiti e divieti cui possono essere
sottoposti  i  trattamenti  antiparassitari:  eliminare  o quantomeno
ridurre  e contenere l'impatto dell'utilizzo di prodotti fitosanitari
per l'apicoltura;
      h) individuazione  di  limiti e divieti di colture di interesse
mellifero derivanti da organismi geneticamente modificati (OGM);
      i) incentivazione  della pratica dell'impollinazione attraverso
le   api:  diffondere  e  sostenere  la  pratica  dell'impollinazione
attraverso le api, presso apicoltori e agricoltori
      j) incentivazione della pratica dell'allevamento apistico e del
nomadismo:  favorire  la  razionalizzazione  e  adeguamento  igienico
sanitario  dell'apicoltura  produttiva,  ottenere  il  reintegro,  il
ripopolamento e l'incremento degli allevamenti apistici nazionali con
materiale genetico selezionato;
      k) tutela  e  sviluppo delle cultivar delle essenze nettarifere
in funzione della biodiversita';
      l) determinazione  degli  interventi economici di risanamento e
controllo  per  la  lotta  contro  la  varroasi  e la altre patologie
dell'alveare;
      m) potenziamento   e  attuazione  dei  controlli  sui  prodotti
apistici di origine extracomunitaria, comunitaria e nazionale;
      n) incentivazione  dell'insediamento  e  della  permanenza  dei
giovani nel settore apistico: favorire il ricambio generazionale e la
crescita del numero e delle capacita' degli imprenditori apistici;
      o) previsione di indennita' compensative per gli apicoltori che
operano nelle zone montane o svantaggiate;
      p) salvaguardia  e  selezione  in  purezza  di  Apis  mellifera
ligustica  e  Apis  mellifera sicula e incentivazione dell'impiego di
api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica.
    E'  necessario, inoltre, prevedere una specifica linea di servizi
a   supporto   delle   predette  linee  programmatiche  anche  questa
concertata con le Organizzazioni nazionali aggiornamento.
10. LE AZIONI.
    In  relazione  a  quanto esposto circa i limiti del settore e gli
obiettivi  del  programma,  tenendo  conto  delle materie individuate
all'art  5  della legge quadro n. 313/2004 (linee programmatiche), si
riportano le azioni da realizzare.
10.1.  Promozione  e  tutela  dei  prodotti  apistici  italiani e dei
processi  di  tracciabilita'  (decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
228).
    Per  la  promozione  e  tutela  dei prodotti apistici italiani e'
necessario  mettere  in  atto  una  specifica  campagna di educazione
alimentare  e  valorizzazione del prodotto italiano (diffusione delle
informazioni  su caratteristiche del prodotto, differenziazione delle
produzioni, valore nutrizionale, ecc.).
    E',  inoltre,  indispensabile avviare una campagna informativa di
base,  da  attuarsi  d'intesa  con  il  MIPAF, con il Ministero della
pubblica   istruzione,   e   con   il   coinvolgimento  di  tutte  le
Organizzazioni  e le Istituzioni interessate di educazione alimentare
e valorizzazione del prodotto italiano (diffusione delle informazioni
su  caratteristiche  del  prodotto differenziazione delle produzioni,
valore nutrizionale, ecc.).
    Anche  per  il  settore  apistico,  come  per  tutto  il comparto
agroalimentare,  si rende necessaria l'applicazione delle norme sulla
tracciabilita'  dei  prodotti al fine di certificarne la provenienza,
valorizzarli e tutelare il consumatore da possibili frodi.
    A  questo  fine  sara'  necessario  definire  le modalita' per la
promozione,  in tutte le fasi della produzione e della distribuzione,
di  un sistema volontario di tracciabilita' in maniera da favorire la
massima adesione al sistema volontario stesso, definire un sistema di
certificazione  atto  a garantire la tracciabilita', promuovendone la
diffusione e definendo un piano di controllo allo scopo di assicurare
il corretto funzionamento del sistema di tracciabilita'.
    La tracciabilita' del prodotto deve essere garantita innanzitutto
attraverso  azioni  di  controllo  a  tutti  i  livelli della filiera
produttiva,  che  assicuri  regolarita'  e  trasparenza  di  tutti  i
passaggi dal campo al consumatore finale.
    Gli  operatori possono organizzare un proprio sistema di qualita'
e  dare  dimostrazione ai consumatori della capacita' organizzative e
funzionali  per  soddisfare  le  loro  esigenze. In tal senso possono
essere  utilizzati  marchi  consortili. L'utilizzo di detti marchi e'
garantito  da  certificazioni  volontarie  ( ad es. ISO) regolarmente
attestate da organismi terzi accreditati.
10.2.   Tutela   del  miele  italiano  conformemente  alla  direttiva
comunitaria 2001/110/CEE.
    La  direttiva  comunitaria  2001/110/CEE e il decreto italiano di
recepimento, decreto-legge 21 maggio 2004 n. 179, prevedono una serie
di  parametri  di  composizione  e  qualita' del miele ai fini di una
corretta  commercializzazione  del prodotto. Il MIPAF ha recentemente
pubblicato  l'aggiornamento  dei  metodi ufficiali per le analisi del
miele (decreto ministeriale del 25 luglio 2003).
    Le   norme   prevedono   anche   la   possibilita'  di  impiegare
denomi-nazioni  specifiche inerenti all'origine botanica e geografica
del  miele.  A  livello  di  ricerca  sono state definiti i parametri
analitici  dei  principali  mieli  uniflorali  e  sono altresi' state
studiate  le  caratteristiche microscopiche in funzione della zona di
origine.
    Per la tutela del consumatore e' necessario:
      - definire,   quanto  meno  per  le  produzioni  nazionali,  le
caratteristiche distintive delle diverse qualita' di miele monoflora;
      - intensificare   i  controlli  del  miele  di  importazione  e
nazionale  presente  sul mercato, sia per quanto riguarda gli aspetti
qualitativi  che per le eventuali denominazioni di origine botanica e
geografica.
10.3.  Valorizzazione  del  miele e degli altri prodotti dell'alveare
(Reg. 2081/92, Reg. 2082/92 e Reg. 2092/91).
    Le  norme  internazionali  definiscono  un livello qualitativo di
base.  Per la promozione e la valorizzazione del miele italiano sulla
base  di  un  valore  aggiunto  che  lo  differenzi  dal  prodotto di
importazione  e' possibile sviluppare strategie di valorizzazione che
possano nel contempo tutelare i produttori e orientare i consumatori.
Cio'  significa differenziare varie tipologie di miele che possiedano
qualche  fattore  di  specificita',  apprezzabile e riconoscibile dal
consumatore, in virtu' del quale possano occupare segmenti di mercato
in  qualche  modo  specializzati e piu' remunerativi. Per un corretto
uso  di  tali  strumenti  di  valorizzazione  e'  necessario che ogni
denominazione   differenziata   sia   verificabile,  certificabile  e
corrisponda a precisi riferimenti normativi.
    I   regolamenti   comunitari   Reg.   2081/92,   Reg.  2082/92  e
Reg. 2092/91 costituiscono i riferimenti normativi per tali azioni di
valorizzazione.
10.3.1. Indicazioni di origine geografica.
    Il  miele e' indubbiamente un prodotto molto legato al territorio
e  le  denominazioni  di  origine geografica possono rappresentare un
interessante strumento di valorizzazione. Un'indicazione territoriale
individuale  e'  consentita  in  base  alle  attuali  normative, e il
singolo  produttore puo' farne uso senza eccessive difficolta', ma la
specifica  normativa  di riferimento e' rappresentata dal Regolamento
(CEE)   n.   2081/82   relativo  alla  protezione  delle  Indicazioni
geografiche  e delle Denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed
alimentari.  La  norma  stabilisce  regole comuni per la tutela delle
denominazioni  d'origine  e  delle  indicazioni  geografiche intese a
valorizzare prodotti specifici, di qualita' e provenienti da una zona
geografica  delimitata,  favorendo  nel  contempo la diversificazione
della produzione agricola nel contesto dello sviluppo rurale.
10.3.2. Il miele da agricoltura biologica.
    Nell'opinione  pubblica e' in continuo aumento l'attenzione verso
i   rischi  legati  all'inquinamento  dell'ambiente  e  dei  prodotti
alimentari.  Questo  determina da parte dei consumatori una crescente
richiesta di prodotti piu' sicuri e crea quindi nuove opportunita' di
mercato  che  attirano  l'interesse di un numero di produttori sempre
maggiore.  La  comunita'  europea  ha  emanato,  nell'agosto 1999, il
regolamento  CE  1804/99  sulla zootecnia biologica, che estende alle
produzioni animali il regolamento n. 2092/91 relativo alle produzioni
vegetali.  Su tale base in Italia si e' avuto un consistente sviluppo
dell'apicoltura  biologica  ed  e'  quindi  necessario  potenziare  e
promuovere  ai  diversi  livelli  questa  attivita', anche attraverso
un'adeguata assistenza tecnica.
10.4.   Sostegno  alle  forme  associative  di  livello  nazionale  e
promozione della stipula di accordi professionali.
    La   grande   frammentazione   del  settore,  la  polverizzazione
dell'offerta  nonche'  i  vincoli attualmente esistenti allo sviluppo
delle   diverse   forme   di   associazionismo   comportano   livelli
professionali  talora  inadeguati,  da  cui  derivano  produzioni non
sempre  soddisfacenti,  sia  sotto il profilo della qualita' (igiene,
salubrita',  qualita'  `ambientale) che della quantita' (inadeguata o
non  razionale  utilizzazione  delle  risorse del territorio) e della
promozione  (scarso  impiego  di  strategie  di  valorizzazione delle
produzioni   tipiche).   Le   piccole   dimensioni   rendono  inoltre
problematico  alle  aziende  apistiche  destreggiarsi  in  un sistema
normativo concepito per filiere produttive piu' strutturate.
    La  creazione  di organismi associativi fra gli apicoltori dovra'
essere  indirizzata a favorire lo sviluppo delle Associazioni e delle
Organizzazioni  di apicoltori su tutto il territorio nazionale, cosi'
come  anche  del  potenziamento  delle loro Federazioni e lo sviluppo
delle  Associazioni  dei  produttori e delle loro Unioni che dovranno
svolgere   un   compito   determinante   a   livello  di  formazione,
razionalizzazione  del  sistema  produttivo, gestione comune di mezzi
tecnici,   difesa   dalle  patologie  ed  altre  attivita'  volte  al
miglioramento dei risultati d'impresa.
    Al fine di sostenere l'associazionismo e la cooperazione apistica
e  la  loro  azione di assistenza tecnica, quale principale strumento
della  crescita  e  della evoluzione tecnica ed economica del settore
sara'  necessario prevedere attraverso specifici interventi economici
a  favore  delle  iniziative, inerenti il presente programma, attuate
dalle  forme  associate  a  livello  nazionale  in  sinergia  con  le
Associazioni operanti sul territorio.
    Anche  per questo settore sara' necessario, al fine di aumentarne
la    competitivita',    promuovere    la    stipula    di    accordi
interprofessionali  per  la  cessione, ritiro, stoccaggio, immissione
sul mercato dei prodotti del settore apistico.
10.5.   Sviluppo  dei  programmi  di  ricerca  e  di  sperimentazione
apistica.
    In  linea  con gli indirizzi del documento programmatico previsto
dall'art. 5 della legge n. 313/2004, in accordo con le Organizzazioni
apistiche   nazionale   e   le  indicazioni  fornite  dalle  regioni,
attraverso  la Rete interregionale della ricerca agraria, i programmi
di  ricerca  e di sperimentazione apistica riguarderanno le tematiche
di  interesse  generale  di  seguito  riportate, sviluppati a livello
nazionale o interregionale.
10.5.1. Valorizzazione e tutela dei prodotti apistici italiani.
    Al  fine di raggiungere l'obiettivo della valorizzazione e tutela
dei  prodotti  apistici  si  ritiene opportuno che vengano definiti i
criteri per la caratterizzazione e il controllo delle produzioni piu'
tipiche  e  di particolare rilevanza dal punto di vista produttivo ed
economico,  sia  per  il  miele  che  per gli altri prodotti apistici
(gelatina  reale,  propoli,  cera) al fine di far conseguire maggiore
competitivita'   ai   prodotti   italiani.  Sara'  inoltre  opportuno
sviluppare  metodiche  di  analisi  idonee  ad  essere  impiegate nel
settore  del  controllo,  che  rappresenta  un  altro  importante  ed
essenziale  strumento  di  tutela  e  di valorizzazione dei prodotti.
Bisognera',   inoltre,   portare  avanti  ricerche  sulle  proprieta'
nutrizionali e terapeutiche dei diversi prodotti dell'alveare.
10.5.2.  Integrazione  tra  apicoltura  e  agricoltura e salvaguardia
dell'ambiente.
    Per  valutare  lo  stato di compromissione chimico-ambientale del
territorio  e  le  relative  situazione  di rischio per l'entomofauna
pronuba  e  la  biodiversita'  sono  di primaria importanza studi sui
rapporti tra mortalita' di api e pesticidi che prevedano:
      - monitoraggio  con  le api di zone agricole per evidenziare la
presenza nell'ambiente delle molecole utilizzate;
      - ricerche  di  carattere  etologico  per individuare eventuali
effetti a medio/lungo termine da parte di nuovi agrofarmaci e/o nuove
formulazioni  (microincapsulati,  regolatori di crescita, prodotti ad
azione  genotossica)  che,  pur  senza  causare episodi di mortalita'
acuta, provocano danni consistenti in termini di spopolamenti;
      - studio  dei  pronubi  selvatici  nei vari agroecosistemi come
indice di biodiversita';
      - valutazione,  tramite  prove di laboratorio e di campo, della
tossicita' verso le api di prodotti fitosanitari;
      - verifica  della  presenza  di  OGM  nelle  piante d'interesse
mellifero  e  studio  dell'impatto  sulle  popolazioni di imenotteri,
artropodi ed altri invertebrati negli ecosistemi agricoli.
10.6. Integrazione tra apicoltura e agricoltura.
    Grazie  all'attivita' impollinatrice di specie vegetali coltivate
e spontanee, all'ape mellifera e' riconosciuta un'importanza primaria
al  fine  della tutela degli equilibri degli eco-agrosistemi. Inoltre
presidiando  il  territorio  in  cui sono presenti, le api forniscono
informazioni  significative  circa  lo stato di salute del territorio
stesso.
    La  tematica  del rapporto tra ape e territorio riguarda anche la
necessita'  della  salvaguardia  della salute delle api rispetto alla
minaccia  dei  trattamenti antiparassitari effettuati in agricoltura.
Gli  effetti  degli insetticidi nei confronti delle api rappresentano
un  problema  da  lungo  tempo  dibattuto. L'ape muore avvelenata dai
pesticidi  quando questi sono diffusi nell'ambiente secondo modalita'
quantitativamente  e  qualitativamente errate e quando non sono stati
sufficientemente  approfonditi  gli  effetti  sulle api delle singole
molecole utilizzate.
    E'  necessario attuare appositi programmi di formazione a livello
territoriale,   attraverso   il   coinvolgimento  delle  Associazioni
apistiche   nazionali   e   loro   associate,   per   accrescere   la
consapevolezza   degli  agricoltori  e  indirizzarli  verso  tecniche
produttive e strategie di difesa che tengano conto della salvaguardia
del patrimonio apistico e della biodiversita'.
10.7.  Indicazioni  generali  sui limiti e divieti cui possono essere
sottoposti i trattamenti antiparassitari.
    Negli   ultimi  anni  le  Associazioni  degli  apicoltori,  hanno
denunciato  gravi morie di api, la cui causa e' da imputare ad alcuni
comportamenti   non   in   linea   con   l'evoluzione  della  moderna
agricoltura.
    I  prodotti  chimici impiegati in agricoltura vengono immessi sul
mercato  a  seguito di saggi tossicologici riguardanti i loro effetti
verso  gli  organismi utili e fra questi le api. La direttiva europea
che  regolamenta  questi  aspetti e' la 91/414/CEE del 15 luglio 1991
recepita  in  Italia  con  il decreto-legge n. 194 del 17 marzo 1995,
successivamente  modificato con un decreto ministeriale del 15 aprile
1996, in attuazione della direttiva comunitaria 96/12/CE dell'8 marzo
1996 relativa ai requisiti degli studi ecotossicologici da presentare
per   la  valutazione  di  una  sostanza  attiva  e  di  un  prodotto
fitosanitario.
    In  particolare  per  quanto concerne la tossicita' verso le api,
sono  opportune  prove in laboratorio, da condursi di concerto con le
Organizzazioni  Nazionali  degli  Apicoltori  e  loro  Associate  sul
territorio,   in  gabbioni  di  allevamento  (o  sotto  tunnel  o  in
semi-campo)  e  in  campo, che permettono di classificare i pesticidi
secondo quattro categorie: ad alto, medio, basso e privo di rischio.
    Per  valutare l'impatto dei principi attivi impiegati e' tuttavia
necessario  tenere  conto  anche dell'effetto sinergico nei confronti
delle api di diversi prodotti.
    Al  fine  di  fornire delle indicazioni generali sui limiti e sui
divieti   ai   quali   possono   essere   sottoposti   i  trattamenti
antiparassitari  con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le
api   sulle   colture  arboree,  erbacee,  ornamentali,  coltivate  e
spontanee,  durante  il periodo di fioritura, e' necessario che venga
predisposto  da parte degli Istituti di ricerca in collaborazione con
i  servizi  fitosanitari  delle  regioni,  le  Unioni/Federazione  di
Apicoltori  e le Organizzazioni professionali, un documento specifico
che,  tenendo  conto  della  normativa  esistente, individui le linee
generali  di  intervento  e le procedure operative da mettere in atto
per  limitare  il  piu'  possibile i danni che i suddetti trattamenti
possono  provocare  al  patrimonio  apistico, sia in termini di morie
delle colonie che di residui presenti nei prodotti dell'alveare.
10.8.  Individuazione  di  limiti  e  divieti di colture di interesse
mellifero derivanti da organismi geneticamente modificati (OGM).
    Il   principale   obiettivo   dell'agricoltura   e  quindi  anche
dell'intero   comparto   apistico  non  puo'  essere  l'accrescimento
quantitativo  della  produzione  ma  la  produzione in funzione delle
esigenze  del  mercato  e delle richieste del consumatore sempre piu'
attento  alla  natura,  alla  composizione  ed  alla  provenienza dei
prodotti  agroalimentari,  nonche' alla loro salubrita' e genuinita'.
E',   quindi,  indispensabile  tutelare  il  diritto  di  scelta  del
consumatore  di  fronte alla possibilita' che anche in Italia vengano
introdotte  colture  OGM  mediante  una  effettiva  separazione delle
filiere OGM da quelle non OGM.
    L'immissione  in  commercio  e  l'autorizzazione  al consumo sono
attualmente  regolate  dalla  Direttiva  2001/18/CE che disciplina il
settore   dei   cosiddetti   nuovi  alimenti  (recepita  dal  decreto
legislativo n. 224/2003).
    La  Direttiva  prevede  l'adozione  di  misure  per assicurare la
tracciabilita'   dei  prodotti  transgenici  nelle  diverse  fasi  di
produzione,  trasporto,  stoccaggio,  trasformazione e distribuzione.
Prevede,  inoltre, il monitoraggio e la sorveglianza dei singoli OGM,
la  cui  immissione in commercio potra' essere solo temporanea per un
periodo di 10 anni, rinnovabili di altri 10.
    L'Autorita'  nazionale  competente e' il Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  che  ha  il  compito di coordinare le
attivita'    amministrative    e    tecnico   scientifiche   relative
all'attuazione delle misure in detta materia.
    La recente legge 8 gennaio 2005, n. 5, riguarda la conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279,
e  reca  disposizioni  per  assicurare la coesistenza tra le forme di
agricoltura transgenica, convenzionale e biologica.
    Anche  per  questi  aspetti  e'  necessario  che  le  linee guida
ministeriali  ed i piani regionali riguardino la coesistenza, tengano
conto  di  eventuali  divieti  di impiego per le colture di interesse
mellifero  derivanti  da  organismi geneticamente modificati, nonche'
prevedano  il  monitoraggio  continuo della ricerca scientifica sugli
OGM. Sara' anche necessario creare una rete di laboratori accreditati
per verificare la presenza di OGM nelle piante d'interesse mellifero,
e  sara',  altresi',  indispensabile  aggiornare  e  sviluppare nuove
metodiche  analitiche  e procedere allo studio dell'impatto derivante
dal   rilascio   deliberato  nell'ambiente  di  piante  geneticamente
modificate sulle popolazioni di artropodi ed altri invertebrati negli
ecosistemi agricoli.
10.9.  Incentivazione della pratica dell'impollinazione attraverso le
api.
    Questo   settore   e'   ancora  piuttosto  arretrato  in  Italia,
contrariamente  ad  altri Paesi dove il servizio di impollinazione e'
da  anni  una realta' agricola sviluppata e articolata, sulla base di
studi  e  sperimentazioni  che  hanno  portato  ad individuare per le
principali colture le condizioni ottimali di fecondazione, in serra o
in  campo,  anche  facendo ricorso all'allevamento di pronubi diversi
dalle api.
    La  nuova  legge  n. 313/2004, nell'accreditare l'apicoltura come
attivita'  di interesse nazionale, la riconosce come fondamentale per
tutto  l'ecosistema  e  per  i  riflessi che ha sulle altre attivita'
agricole, soprattutto nei settori che necessitano dell'impollinazione
naturale (ortofrutticolo, sementiero, produzione biologica).
    La  legge  riconosce il servizio di impollinazione come attivita'
agricola a tutti gli effetti e stabilisce anche le norme per renderlo
piu' agevole e meno oneroso.
    Sono  tuttavia  necessarie  iniziative  di  formazione  circa  le
specifiche   tecniche  di  allevamento  e  conduzione  degli  alveari
destinati  a  questo  servizio  per  accrescere, presso agricoltori e
apicoltori, la consapevolezza delle potenzialita' economiche legate a
questa attivita'.
    E' opportuno attivare un programma di sensibilizzazione del mondo
agricolo  sulla utilita' delle api in agricoltura e sulla particolare
sensibilita' di questo insetto alle pratiche agronomiche correnti.
    Lo scopo e' quello di diffondere, tra gli operatori del settore e
gli  agricoltori  in  particolare,  la consapevolezza dell'importanza
dell'azione  pronuba  dell'ape  ai fini dell'incremento qualitativo e
quantitativo  delle  produzioni  agricole  e,  di  conseguenza, della
necessita'   di  difendere  l'ape  dai  trattamenti  fitosanitari  ed
erbicidi tossici.
    Tali  iniziative  devono essere attuate d'intesa tra il MIPAF, le
regioni   e   le  Organizzazioni  Nazionali  degli  Apicoltori  e  le
Organizzazioni  Professionali degli Agricoltori in ambito nazionale e
attraverso le loro competenti strutture periferiche.
10.10.  Incentivazione  della pratica dell'allevamento apistico e del
nomadismo.
    Pur  in  presenza  di  risorse finanziarie limitate e' necessario
prevedere   delle   specifiche   misure   di  sostegno  per  favorire
l'espansione  economico-produttiva  del  comparto  in  considerazione
delle  caratteristiche peculiari del mercato del miele e dei prodotti
apistici  in  Italia  ed  in Europa e le potenzialita' quantitative e
qualitative  delle risorse nettarifere nazionali. Cio' e' ancora piu'
importante  in  considerazione  della  positiva  tendenza, registrata
negli  ultimi  anni in varie regioni, che vede un numero crescente di
giovani  avvicinarsi  all'apicoltura  in  un'ottica  di impresa e con
finalita'  economiche.  Sara',  pertanto,  necessario  incentivare la
pratica  e  la  diffusione  dell'allevamento  apistico  moderno,  con
particolare  attenzione  a  quello  praticato con finalita' economica
dagli   imprenditori   apistici  e  dagli  apicoltori  professionisti
favorendo  la  diffusione  delle  tecniche  di  produzione  atte alla
differenziazione   del   prodotto   con   particolare  attenzione  al
nomadismo.  A  tal  fine  sono  auspicabili  interventi di sostegno o
quantomeno  indirizzi programmatici per gli interventi sul territorio
(Piani  apistici  regionali,  Piani  di  sviluppo  rurale,  strumenti
previsti  nei  P.O.R.)  che  prevedano  specifiche  misure per questo
settore ed in particolare:
      1) sostegno   alla   modernizzazione,   alla  realizzazione  ed
adeguamento   agli  adempimenti  igienico  sanitari  delle  strutture
destinate alla lavorazione dei prodotti apistici: sale di smielatura,
locali per la lavorazione della pappa reale e del polline, laboratori
di confezionamento e relative attrezzature e macchinari;
      2) interventi  a favore dell'insediamento di giovani apicoltori
in  un'ottica  di «ricambio generazionale», anche prevedendo per loro
maggiori  meriti  nella  formazione  di graduatorie fatte a qualsiasi
titolo nell'ambito di interventi in agricoltura;
      3) interventi  a  favore  dell'acquisto  di  famiglie d'api per
reintegrare  perdite  dovute  a  patologie,  trattamenti fitosanitari
agricoli  e  calamita'  e,  ma  anche  per  il  necessario incremento
dimensionale delle aziende;
      4) incentivi a favore dell'acquisto e/o rinnovo di attrezzature
e  macchinari  da  destinare  alla  attivita' apistica e attrezzature
specialistiche  da destinare alla movimentazione degli alveari per lo
sviluppo del nomadismo;
      5) interventi  per incentivare la diversificazione dell'azienda
apistica  per  la  produzione  di  altri derivati dell'alveare quali:
pappa reale, polline, regine, propoli ecc.;
      6) sostegno allo sviluppo e diffusione di strumenti informatici
da  destinare  alla  gestione  dell'azienda apistica, con particolare
riferimento  agli  aspetti  gestionali  e al controllo/programmazione
dell'azienda;
      7) sostegno  per  la  copertura, anche attraverso la stipula di
polizze  collettive, dei costi per il pagamento di premi assicurativi
per  la copertura dei rischi agricoli e delle epizoozie nella pratica
dell'allevamento  apistico  e  del nomadismo, secondo quanto previsto
dal decreto legislativo n. 102 del 29 marzo 2004.
    La  pratica  del nomadismo va incentivata, nel rispetto di quanto
previsto   dalla   normativa   attualmente   vigente,   al   fine  di
razionalizzare   e  di  ottimizzare  lo  sfruttamento  delle  risorse
mellifere presenti sul territorio.
10.11.  Tutela e sviluppo delle cultivar delle essenze nettarifere in
funzione della biodiversita'.
    Un  limite  alla  produttivita'  apistica  e' anche rappresentato
dalla  scarsa  conoscenza  della  distribuzione  e  disponibilita' di
risorse mellifere. E' da verificare l'eventuale utilita' di mappature
delle   aree  nettarifere  e  di  studi  propedeutici  al  ripristino
vegetazionale  del  territorio  con essenze mellifere autoctone utili
per la produzione e per il mantenimento della biodiversita'.
    Una  forestazione  produttiva in senso apistico del territorio e,
soprattutto,  delle  aree  demaniali  la  cui gestione rientra tra le
competenze  delle  Regioni,  attraverso  la  messa a dimora di specie
floristiche   di   interesse  specifico,  potrebbe  rappresentare  un
importante  strumento  per il potenziamento delle risorse nettarifere
presenti sul territorio nazionale.
10.12.  Determinazione  degli  interventi  economici di risanamento e
controllo  per  la  lotta  contro  la  varroasi  e le altre patologie
dell'alveare.
    Le  piu'  importanti  patologie  dell'alveare  (varroasi  e peste
americana)    incidono   negativamente   sull'economia   dell'azienda
apistica;  inoltre  la  maggior parte degli interventi chemioterapici
per  contrastare le malattie infettive e parassitarie delle api hanno
generato  crescenti  problemi  relativamente  alla  salubrita'  delle
produzioni  apistiche.  A  fronte  quindi  di problematiche sanitarie
emergenti,  sono  state  attivate,  anche  in coordinamento con altre
istituzioni  a livello nazionale e internazionale (European Group for
Integrated  Varroa  Control),  varie  linee di sperimentazione per la
messa  a  punto di metodi di lotta basati sull'impiego di prodotti di
origine  naturale.  Nell'ambito  di questa tematica e' indispensabile
non  solo  potenziare  le  attivita'  di ricerca e sperimentazione ma
anche  predisporre  piani organici al fine di favorire l'integrazione
fra  le politiche di profilassi sanitaria e l'operativita' di tecnici
e  operatori  del  settore apistico, con particolare riferimento alla
specificita'   delle   epizoozie   apistiche,  che  hanno  valenze  e
caratteristiche  differenti  dalle  altre  patologie  e  emergenze in
ambito zootecnico.
    Nell'ambito  di  questa tematica le ricerche e le sperimentazioni
devono essere tese a:
      - monitorare  la  diffusione  delle  patologie  delle  api  sul
territorio nazionale;
      - valutare  le  strategie  profilattiche basate sull'impiego di
sostanze  di  origine  naturale  o  a  basso  impatto  e  sui  metodi
preventivi;
      - validare  e  diffondere  i metodi di controllo naturale delle
patologie   apistiche,   mediante   lotta   biologica,   integrata  e
biotecnica;
      - controllare i residui, nei prodotti dell'alveare, di sostanze
utilizzate a scopo farmacologico;
      - verificare   i  fenomeni  di  resistenza  della  varroa  agli
acaricidi;
      - effettuare   studi   diagnostici   e   di   caratterizzazione
eziologica;
      - attivare  una  adeguata  opera  di  monitoraggio  al  fine di
scongiurare  l'introduzione  di  nuovi  parassiti  delle api (Aethina
tumida e Tropilaelaps clarae).
    A  livello  delle  amministrazioni  competenti  sara'  necessario
emanare   documenti   con  valore  di  indirizzo  e  chiarimento  che
forniscano  i criteri di interpretazione utili all'applicazione delle
norme di disciplina igienico-sanitaria.
10.13. Potenziamento e attuazione dei controlli sui prodotti apistici
di origine extracomunitaria, comunitaria e nazionale.
    Un  aspetto  tutt'altro che trascurabile e' quello dei residui di
prodotti  farmacologici,  riscontrati  con  allarmante  frequenza nei
prodotti   dell'alveare,   nazionali   e   di   importazione:   oltre
all'evidente  importanza di salvaguardare i principi della salubrita'
alimentare,  e' necessario porre la massima attenzione al pericolo di
compromettere l'immagine del miele come alimento naturale e genuino.
    Risulta  quindi prioritaria l'esigenza di orientare gli operatori
nazionali verso l'attuazione di attivita' di autocontrollo impiego di
trattamenti  a  basso  impatto,  sia  per quanto riguarda gli aspetti
qualitativi  che per le eventuali denominazioni di origine botanica e
geografica,  anche  al fine di tutelare la salute e gli interessi dei
consumatori.  Tali  attivita'  dovranno  essere  elaborate ed attuate
d'intesa  con  le Organizzazioni Apistiche Nazionali e loro Associate
sul territorio.
    E'  tuttavia  indispensabile  che  i  tecnici  che  eseguono tali
controlli  abbiano una elevata preparazione professionale e una forma
di accreditamento che dia valore ufficiale al loro lavoro analitico e
interpretativo.
    La  Pubblica amministrazione dovra' intensificare le politiche di
controllo   sui   prodotti   apistici  di  origine  extracomunitaria,
comunitaria e nazionale.
10.14.   Incentivazione  dell'insediamento  e  della  permanenza  dei
giovani nel settore apistico.
    Le   possibilita'   di  espansione  del  comparto  sono  notevoli
considerato il mercato del miele e dei prodotti apistici in Italia ed
in  Europa,  considerate  le potenzialita' quantitative e qualitative
delle  risorse nettarifere nazionali e considerata infine la positiva
tendenza,  registrata negli ultimi anni in varie regioni, che vede un
numero  crescente  di giovani avvicinarsi all'apicoltura in un'ottica
di impresa e con finalita' economiche.
    Al fine di incentivare l'insediamento e la permanenza dei giovani
in  apicoltura  e  di  favorire la crescita occupazionale nel settore
sara'  necessario  rafforzare  le  politiche  per  l'inserimento  dei
giovani  in  apicoltura  con  l'introduzione  di criteri di priorita'
nelle  graduatorie  di riferimento per gli investimenti ed iniziative
in apicoltura.
    Vanno  adottati  criteri  di  priorita'  per i giovani apicoltori
operanti  in  zone  montane o svantaggiate ai fini dell'erogazione di
indennita' compensative.
10.15.  Previsione  di indennita' compensative per gli apicoltori che
operano nelle zone montane o svantaggiate.
    Le   zone   montane  o  svantaggiate  rappresentano  una  realta'
importante  del  nostro  Paese e sono caratterizzate oltre che da una
serie   di  problemi  di  ordine  socio-economico  anche  da  degrado
ambientale dovuto soprattutto allo spopolamento dei territori.
    Nei  suddetti  territori  un  ruolo importante puo' essere svolto
dall'apicoltore  per  il  ruolo  svolto  a  presidio del territorio e
dall'apicoltura,  piu'  in  generale,  non  solo per la produzione in
grande  scala  ma  anche  per  supportare  ed  ottimizzare i guadagni
familiari in queste aree.
    Per  questi  motivi  e'  necessario  prevedere  delle  specifiche
indennita' compensative per gli apicoltori che operano in queste aree
al fine di potenziare la loro presenza sul territorio.
    In   zone   di   particolare   interesse  a  livello  ambientale,
l'esercizio  dell'apicoltura,  si presta, inoltre, ad essere inserita
in  attivita'  di tipo culturale o didattico, per l'elevato numero di
spunti  offerti e per i collegamenti con molte discipline dell'ambito
naturalistico.   Cio'  in  considerazione  del  fatto  che  anche  il
potenziale  didattico-culturale  dell'apicoltura  puo' contribuire al
reddito degli operatori del settore.
    Dovranno     quindi     essere    incentivati    quei    progetti
didattico-culturali  incentrati  sull'apicoltura, quali: costituzione
di   apiari  e  mielerie  appositamente  attrezzati  per  le  visite,
creazione   di   percorsi   naturalistici  e  apistici  attrezzati  e
promozione delle aziende agrituristiche con indirizzo apistico.
10.16.   Salvaguardia  e  selezione  in  purezza  di  Apis  mellifera
ligustica  e  Apis  mellifera sicula e incentivazione dell'impiego di
api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica.
    L'apicoltura   e'  un  settore  produttivo  in  cui  l'Italia  si
caratterizza  soprattutto  per la componente «animale». La nostra ape
(Apis  mellifera  ligustica) e' apprezzata per le sue caratteristiche
comportamentali  oltre  che  produttive ed un numero significativo di
regine vengono prodotte per essere esportate in tutto il mondo.
    Per  questi  motivi  e'  indispensabile mettere a punto programmi
specifici   per   la   salvaguardia   della   nostra   razza   e  per
l'incentivazione  dell'impiego di tali api regine allevate e prodotte
sul territorio nazionale.
10.16.1. Tutela della razza ligustica e selezione.
    Gli  attuali  metodi intensivi di conduzione degli apiari, basati
sulla  ricerca  prioritaria della produttivita', comportano frequenti
scambi  di  regine  e famiglie di diversa origine e sono frequenti le
importazioni   incontrollate   di  soggetti  di  razza  diversa,  che
determinano un indesiderato inquinamento genetico delle api italiane,
creando  un  serio  ostacolo  ai  programmi  nazionali  e  locali  di
conservazione e di miglioramento della ligustica.
    Questa  minaccia all'integrita' genetica della ligustica, oltre a
creare   difficolta'   agli   allevatori,  rischia  di  compromettere
l'immagine   dell'apicoltura   italiana  nei  confronti  del  mercato
internazionale di regine.
    La  consapevolezza di questa problematica ha fatto sorgere, anche
a   livello   normativo   e   istituzionale,  iniziative  volte  alla
salvaguardia della ligustica allevata sul territorio nazionale e alla
sua  valorizzazione  mediante  programmi  di  miglioramento genetico.
Anche  in  apicoltura  possono  infatti  essere applicate tecniche di
selezione,    per   il   miglioramento   delle   caratteristiche   di
produttivita' e di rusticita' delle colonie di api.
    L'inseminazione strumentale delle regine, attraverso una rigorosa
selezione  individuale  permette  di  conseguire  progressi  genetici
relativamente   rapidi,   e  puo'  essere  utilizzata  da  allevatori
specializzati  per l'ottenimento di linee ad elevato valore genetico.
Nella  realta'  operativa  prevale  tuttavia  una  selezione  di tipo
massale;  questa  e' piu' facilmente applicabile, ma i risultati sono
piu'  lenti e aleatori, per l'impossibilita' di controllo della linea
paterna,  parzialmente  ovviabile con la realizzazione di stazioni di
fecondazione all'interno di aree totalmente o parzialmente isolate.
    In  una  prospettiva  di  tutela,  tipizzazione, valorizzazione e
diffusione  dell'ape  italiana  il miglioramento genetico e la tutela
della  biodiversita'  delle  popolazioni  apistiche costituiscono una
tematica di interesse primario.
    Riguardo a tale punto sono da potenziare le seguenti attivita':
      - attivita'  di  selezione  e miglioramento genetico in stretta
connessione  con  gli  apicoltori  e gli allevatori di api diffusione
delle  corrette tecniche di allevamento e selezione delle api regine;
iniziative di formazione professionale;
      - caratterizzazione   sottospecifica  delle  api  allevate  sul
territorio  nazionale,  A.m.  ligustica,  A.m.  sicula  ed  ecotipi a
diffusione geografica circoscritta.
10.16.2. L'allevamento delle api regine e la selezione.
    L'allevamento di api regine e' un'attivita' altamente qualificata
che  richiede  agli  operatori  specifiche  competenze  ed esperienze
operative. Le caratteristiche di elevata produttivita' e mansuetudine
dell'ape  italiana  (Apis  mellifera  ligustica  Spin.)  e  la  forte
tradizione  in  materia  rendono  la  produzione  di  regine  l'unica
attivita'   del   settore   apistico   nazionale  con  sbocchi  verso
l'esportazione, anche se oggi in misura molto minore che nel passato.
    Per  la  difesa  e  il  miglioramento  genetico della razza A. m.
ligustica  e  delle altre popolazioni autoctone allevate in Italia il
MiPAF  ha  istituito,  con decreto n. 20984 del 10 marzo 1997, l'Albo
Nazionale  degli  Allevatori  di  Api  Regine, che ha la finalita' di
valorizzare   e   indirizzare   sul   piano  tecnico  l'attivita'  di
allevamento e selezione.
    Le   condizioni   di   isolamento  geografico  del  nostro  paese
favoriscono  il  mantenimento  in  purezza  di questa razza, ma altre
razze e i rispettivi ibridi con la ligustica si rinvengono in Sicilia
(A.  m  sicula)  e nelle zone di confine con Francia e Svizzera (A. m
mellifera) e con Austria, Svizzera e Slovenia (A. m carnica).
    Per  gli  ecotipi  di  particolare rilevanza a livello regionale,
caratterizzabili   geneticamente   ed  eventualmente  riconosciuti  e
controllati   dalle   regioni   stesse,   l'Albo   Nazionale  prevede
l'istituzione  di  specifiche  sezioni,  in  modo  da  comprendere le
peculiarita'   locali  in  un  contesto  generale  di  valorizzazione
dell'ape tramite il miglioramento genetico.
11. ALTRE AZIONI.
11.1. I servizi di assistenza alle aziende apistiche.
    Tra  i servizi di assistenza tecnica alle aziende e' stato finora
trascurato  quello  riguardante  gli aspetti economici dell'attivita'
apicola.  A  tal  fine  e'  opportuno  che venga effettuata un'azione
specifica  volta  alla  raccolta dei dati, in particolare in merito a
produzioni  e  costi  di  produzione,  relativi  alle  aziende e agli
apicoltori operanti in tutto il territorio nazionale.
11.2. Le indagini statistiche.
    Le   indagini  statistiche,  svolte  dall'Istituto  per  Studi  e
Ricerche sul Mercato Agricolo (ISMEA), hanno permesso di delineare un
quadro  sufficientemente  indicativo  dell'apicoltura  italiana. Tale
attivita'    di   indagine   e'   sviluppata   grazie   all'attivita'
dell'Osservatorio  nazionale della produzione e del mercato del miele
e   delle   Organizzazioni   apistiche   nazionali.   In  particolare
l'Osservatorio,   costituito   nel   1989,  si  occupa:  di  rilevare
sistematicamente  e  stimare  l'andamento produttivo e di mercato, di
sensibilizzare  i  produttori  apistici  riguardo  l'importanza della
qualita'   della   produzione,  di  promuovere  il  miele  presso  il
consumatore e di svolgere azioni di tutela e valorizzazione del miele
di qualita'.
11.3. Trasferimento delle innovazioni.
    Lo sviluppo di un efficiente sistema informativo e formativo puo'
contribuire  all'ammodernamento e alla crescita del settore apistico,
attraverso una maggiore preparazione degli operatori e lo sviluppo di
professionalita'  differenziate. Tale sistema rappresenta inoltre uno
strumento  essenziale di collegamento tra ricerca e mondo produttivo.
Tale   sistema  si  realizzera'  attraverso  corsi  di  formazione  e
aggiornamento   professionale,   convegnistica,  lavori  scientifici,
pubblicazione di libri e opuscoli.
12. LA FINANZA E LE PROCEDURE DEL DOCUMENTO PROGRAMMATICO.
12.1. Risorse economiche nazionali.
    L'art.   11   della   legge  24 dicembre  2004,  n.  313  recante
«Disciplina  dell'apicoltura»  prevede  che  per  l'attuazione  degli
interventi di cui all'art. 5, e' autorizzata la spesa di 2 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
    Al  fine  dell'acquisizione  del preventivo parere di conformita'
alla  normativa  comunitaria sugli aiuti di Stato, il Ministero delle
politiche  agricole  e forestali notifica alla Commissione europea le
azioni  indicate  dal  documento  programmatico e la ripartizione tra
esse   delle   dotazioni   finanziarie,   individuata   nel   decreto
ministeriale, previsto all'art. 5, comma 2, della legge n. 313/2004.
    A  detti fondi potranno aggiungersi altri finanziamenti specifici
stanziati da leggi nazionali e dalle Amministrazioni regionali.
12.2. Finanziamenti comunitari.
        fondi  derivanti  dall'attuazione  delle  azioni  di  cui  al
regolamento  n.  797/2004  del  Consiglio del 26 aprile 2004 relativo
alle  azioni  dirette  a  migliorare le condizioni della produzione e
della commercializzazione dei prodotti dell'apicoltura;
       fondi  per  la valorizzazione dei prodotti DOP e IGP di cui al
regolamento (CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92;
       fondi  derivanti dal regolamento 2092/91 inerente l'apicoltura
biologica;
      eventuali altri finanziamenti previsti a livello comunitario;
      fondi derivanti dal regolamento n. 1071/2005.
12.3. Le procedure da attuare.
    Al   presente   documento   programmatico   di  durata  triennale
aggiornabile annualmente, cosi' come previsto dalla legge n. 313/2004
devono essere allegati:
      a) i  programmi  apistici predisposti, previa concertazione con
le  organizzazioni  dei  produttori  apistici,  con le organizzazioni
professionali  agricole  e con le associazioni degli apicoltori e del
movimento   cooperativo  operanti  nel  settore  apistico  a  livello
regionale, da ogni singola regione;
      b) i  programmi  interregionali  o le azioni comuni riguardanti
l'insieme delle regioni, da realizzare in forma cofinanziata.
    Potranno,   altresi',   essere  predisposti  ulteriori  strumenti
strategici  ed operativi a secondo delle priorita' contingenti che si
dovessero venire a determinare.
    In  tal  senso  potrebbe  essere opportuno attivare dei Gruppi di
lavoro,  specifici per tematiche, comprendenti le Regioni, al fine di
giungere alla predisposizione di documenti definitivi e concordati su
argomenti di importanza strategica.