Vengono esaminati separatamente l'effetto cancerogeno e gli altri effetti di interesse sanitario. 1. Effetto cancerogeno. La valutazione dell'effetto cancerogeno associato alla esposizione a fibre minerali artificiali e' basato essenzialmente sulle conclusioni espresse dalla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) con la monografia n. 43 del 1988. Nel luglio 1990 si e' espressa al riguardo anche la Commissione consultiva tossicologica nazionale del Ministero della sanita', mentre una discussione approfondita e' tuttora in corso presso la C.E.E. da parte dell'apposito "Gruppo classificazione ed etichettatura delle sostanze pericolose". I A R C La cancerogenicita' per l'uomo delle fibre minerali e' stata oggetto di una serie di studi epidemiologici, passati in rassegna dalla IARC (1988), che ha formulato le seguenti conclusioni: a) non e' stato osservato alcun aumento della frequenza del mesotelioma fra i lavoratori addetti alla produzione di fibre artificiali; b) per quanto attiene il tumore polmonare, la situazione puo' essere cosi' riassunta: Lana di vetro. Il principale studio sui lavoratori della lana di vetro condotto negli U.S.A. ha mostrato un leggero incremento della mortalita' per tumori respiratori, rispetto ai tassi di riferimento della popolazione locale. La mortalita' per tumori respiratori aumentava con il tempo trascorso dalla prima esposizione, ma non era correlata con la durata dell'esposizione ne' con una stima dell'entita' dell'esposizione a fibre, pesata per il tempo. Una sottocoorte costituita dai lavoratori esposti a fibre di piccolo diametro mostrava un piu' elevato rapporto standardizzato di mortalita' per tumori respiratori, rispetto ai soggetti non esposti; tale rapporto aumentava con il tempo trascorso dalla prima esposizione. Ne' l'incremento complessivo ne' alcuno di questi trend risultava significativo in termini statistici. Nello studio europeo multinazionale, complessivamente non si verificava alcun eccesso di mortalita' per tumore polmonare, rispetto ai tassi regionali. La mortalita' per tumore polmonare mostrava un incremento statisticamente non significativo con il tempo trascorso dalla prima esposizione, ma non era correlata con la durata dell'esposizione o con diverse fasi tecnologiche implicanti diversita' nell'intensita' e qualita' dell'esposizione. Uno studio dei lavoratori della lana di vetro in Canada mostro' una mortalita' per tumore polmonare sostanzialmente accresciuta, significativa in termini statistici, ma non correlata con il tempo trascorso dalla prima esposizione ne' con la durata dell'esposizione. Filamento di vetro. Fra i lavoratori del filamento di vetro dello studio americano, non si osservo' alcun eccesso di tumori respiratori, e nello studio europeo non si ebbero eccessi di tumore polmonare; in nessuno dei due studi si ebbero correlazioni con il tempo trascorso dalla prima esposizione ne' con la durata dell'esposizione. Nello studio americano inoltre non si osservava alcun trend con una stima dell'esposizione pesata per il tempo. Lana di roccia e lana di scoria. Negli studi considerati non e' stato possibile distinguere gli effetti dell'esposizione a lana di roccia e lana di scoria. Ci si riferisce pertanto ad entrambe con la notazione "lana di roccia- scoria". Lo studio relativo agli addetti alla lana di roccia-scoria negli U.S.A. per il vecchio processo produttivo Batch ha mostrato un incremento della mortalita' per tumori respiratori statisticamente significativo, rispetto ai tassi locali. In questa coorte, tuttavia, non c'era correlazione con il tempo trascorso dalla prima esposizione, la durata dell'esposizione ed una stima dell'esposizione a fibre pesata per il tempo. Nello studio europeo e' stato rilevato un complessivo eccesso della mortalita' per tumore del polmone rispetto ai tassi regionali, non significativo statisticamente, ed un incremento della mortalita' con il tempo trascorso dalla prima esposizione, anch'esso statisticamente non significativo. Non vi era relazione fra la mortalita' per tumore polmonare e la durata dell'esposizione. I tassi di mortalita' per tumore polmonare piu' alti, statisticamente significativi, furono osservati in corrispondenza a durate di follow-up superiori ai 20 anni fra persone con prima esposizione durante la piu' primitiva fase tecnologica (cioe', prima dell'introduzione dei leganti ad olio e durante l'impiego di metodi di trattamento di tipo Batch). Soprattutto in questa fase la scoria veniva usata come materia prima. Si e' osservata una significativa tendenza al decremento della mortalita' per cancro del polmone con l'introduzione dei leganti a olio e dei moderni metodi di produzione automatizzati. La presenza di amianto, bitume, pece e formaldeide come contaminanti dei luoghi di lavoro non ha potuto spiegare l'eccesso di tumore polmonare. Combinando gli studi statunitense ed europeo, si e' osservato un significativo eccesso di mortalita' per tumore polmonare per i lavoratori della lana di roccia-scoria prodotta con lavorazione in Batch. Non si e' ritenuto verosimile che gli accresciuti tassi di mortalita' per tumore polmonare fossero il risultato di confondimento dovuto al fumo di sigaretta, sebbene questo non sia stato direttamente misurato negli studi di coorte. Successivamente alla comparsa della monografia IARC, sono stati pubblicati due ulteriori contributi inerenti al problema: il primo negli Stati Uniti ed il secondo in Canada i cui risultati non appaiono modificare il quadro generale che emerge dalla monografia IARC, riassumibile nella valutazione di "inadeguata evidenza di cancerogenicita' per l'uomo" della lana e dei filamenti di vetro, e di "limitata evidenza di cancerogenicita' per l'uomo" per la lana di roccia-scoria, sempre per il processo produttivo Batch. Per quanto attiene le ricerche di cancerogenesi sperimentale, la IARC ha fornito le seguenti valutazioni: sufficiente evidenza di cancerogenicita' per la lana di vetro e le fibre ceramiche negli animali da laboratorio; limitata evidenza di cancerogenicita' per la lana di roccia negli animali da laboratorio; inadeguata evidenza di cancerogenicita' per i filamenti di vetro e la lana di scoria negli animali da laboratorio. Integrando le valutazioni relative agli studi epidemiologici e a quelli sperimentali, la IARC ha effettuato la seguente classificazione: lana di vetro: possibile cancerogeno per l'uomo (gruppo 2B); lana di roccia: possibile cancerogeno per l'uomo (gruppo 2B); lana di scoria: possibile cancerogeno per l'uomo (gruppo 2B); filamenti di vetro: non classificabili per quanto attiene la loro cancerogenicita' per l'uomo (gruppo 3). C C T N La Commissione consultiva tossicologica nazionale, dopo aver a lungo esaminato il problema, nel luglio 1990 ha espresso il proprio parere. Essa ha ritenuto di non inserire le fibre di vetro e la lana di vetro, la lana di roccia, la lana di scoria e le fibre ceramiche nella "lista dei cancerogeni" in quanto le evidenze epidemiologiche disponibili attualmente ed il tipo ed il risultato degli esperimenti sugli animali non permettono di concludere che "esiste una convincente evidenza di cancerogenicita'" che e' la condizione imprescindibile per l'inserimento nella succitata lista. La predetta Commissione, poi, tenuto conto da un lato dei complessi problemi di interpretazione che si pongono circa i dati sperimentali sugli animali e dall'altro della mancanza di indizi di cancerogenicita' per l'uomo, ha classificato le fibre di vetro in categoria 3, mentre ha posto in categoria 1, e quindi nella lista dei cancerogeni, esclusivamente la tecnica di produzione delle fibre di lana di roccia e/o di scoria a Batch e cio' in base ad evidenze epidemiologiche di un eccesso di tumori polmonari tra i lavoratori addetti a detto particolare tipo di produzione; va sottolineato che detto arcaico procedimento (Batch) non viene piu' utilizzato da tempo in Italia. C.E.E. In sede C.E.E. il Gruppo classificazione ed etichettatura delle sostanze pericolose ha gia' effettuato un primo esame dei prodotti in questione senza peraltro pervenire ancora ad una conclusione. L'orientamento attuale e' comunque quello di prendere in considerazione le fibre minerali artificiali (diametro medio 3 micron) secondo la nomenclatura IUPAC ovvero secondo la nomenclatura ISO (fibre tessili, lana di vetro, lana di roccia, lana minerale, lana di scoria, fibre ceramiche). Dalla scheda tecnica in discussione si rileva come allo stato attuale della discussione si ipotizzi di classificare ed etichettare tutte le sostanze in questione con il simbolo Xn (Nocivo), con la frase R40 (Possibilita' di effetti irreversibili) e con le frasi S22 (Non respirare le polveri) ed S36/37 (Usare indumenti protettivi e guanti adatti). 2. Effetti non cancerogeni. Negli ambienti di lavoro. I principali studi sugli effetti delle fibre di vetro nell'uomo sono stati pubblicati a partire dalla fine degli anni sessanta, quando era gia' trascorso un periodo sufficiente dall'inizio della produzione perche' potessero essere rilevati effetti cronici, qualora fossero esistiti. Le manifestazioni descritte erano, e sono state confermate fino ai giorni nostri, in particolare a carico della cute, con prurito molto intenso, della mucosa delle prime vie respiratorie, e delle congiuntive con senso di trafittura agli occhi. Puo' essere ormai confermata la possibile insorgenza, in operatori che manipolano fibre di vetro e/o lana di vetro e/o lana di roccia, di rinite, faringite, bronchite acuta e di una dermatosi che riconosce un meccanismo irritativo e non allergico. La eventuale sensibilizzazione con manifestazioni cliniche cutanee deve essere messa in relazione con il possibile contatto con sostanze leganti di rivestimento, come ad esempio resine epossidiche. Nei luoghi di produzione tuttavia alcuni casi sono stati descritti. Sono stati riportati sette casi di asma correlata con il lavoro in un impianto di fabbricazione di fibre di vetro a filamento continuo. E' la prima volta che compare questa segnalazione in letteratura per questo tipo di produzione e gli autori non sono riusciti ad identificare l'agente causale anche con prove di broncostimolazione usando diversi agenti chimici e/o sostanze riscontrabili sul posto di lavoro. Precedentemente sono stati descritti due casi di una sintomatologia asmatica attribuita a fibre di vetro. Il primo occorso in un lavoratore di una industria di tessuti di vetro (la sintomatologia scompariva con il cessare dell'esposizione). Il secondo rilevato in cinque operatori tessili in U.R.S.S. ma l'autore ritiene di non poter escludere altri possibili fattori ambientali o condizioni non professionali. Il problema degli effetti non neoplastici delle fibre vetrose sull'apparato respiratorio di persone esposte per motivi di lavoro non e' ancora stato risolto in modo conclusivo ed esauriente, nonostante la mole di ricerche compiute da numerosi autori ed i work- shops internazionali dell'WHO/IARC tenuti a Copenhagen nel 1982 e 1986. Nella conferenza WHO/IARC del 1982 vi erano pero' dati sufficienti a suggerire la possibilita' che piccole opacita' polmonari, evidenziabili radiograficamente tendano ad aumentare in prevalenza con l'anzianita' lavorativa. In definitiva il rapporto tra una possibile interstiziopatia e/o ispessimenti pleurici ed esposizione a fibre di vetro sembra ritenersi possibile. A sostenere l'ipotesi si pongono le segnalazioni relative a piccoli gruppi di lavoratori esposti, portatori di manifestazioni patologiche pleuriche e/o polmonari attribuite con fondata probabilita' all'azione delle fibre di vetro. Anche da noi ci si e' piegati da tempo sulla questione e gia' in altre occasioni e' stato possibile fornire contributi. Nel 1988 la casistica della Clinica del lavoro di Milano si e' arricchita attraverso l'osservazione di un numero maggiore di lavoratori ed una sua revisione ha offerto l'opportunita' di riproporre risultati meritevoli di riflessione. I soggetti studiati sono stati tutti esposti professionalmente a fibre vetrose ed impiegati in mansioni o settori in cui, a causa delle operazioni svolte, la dispersione ambientale di dette fibre e' da ritenersi re- ale non solo in base alla valutazione della tecnologia attuata, delle operazioni svolte e delle modalita' operative, ma anche per la frequente denuncia di prurito cutaneo e di sintomi irritativi oculari e laringei. E' ragionevolmente da escludersi una esposizione professionale anche ignorata ad asbesto, non solo per la particolare cura prestata nella raccolta e valutazione dei dati anamnestici lavorativi, sulla cui attendibilita', peraltro, sono sempre lecite prudenti riserve, ma anche per l'assenza dei tradizionali indicatori di esposizione (corpuscoli) e di effetto (alveolite neutrofila/e/osinofila) che caratterizzano i lavoratori esposti all'asbesto. I risultati finora emersi dimostrerebbero comunque una lesivita' in genere non rilevante sul piano clinico-funzionale; rimane, peraltro, il dubbio che in alcuni soggetti dotati di particolare suscettibilita' si possano osservare effetti abnormi ed inconsueti. Nel 1989 alcuni autori hanno portato le loro osservazioni a conferma della possibilita' che le fibre di vetro possano condurre ad una fibrosi polmonare, anche se non di grande estensione. Si trattava di due operai esposti per 14 e 16 anni a talora elevate concentrazioni di polvere in un impianto di produzione di lana di vetro ed ai quali e' stata diagnosticata fibrosi polmonare. Al termine di quanto detto, e' necessario risottolineare perche' le fibre di vetro non hanno comportamento sovrapponibile a quelle di asbesto. Bisogna notare che almeno due sono le caratteristiche chimico- fisiche che distinguono le fibre di vetro da quelle di asbesto: innanzitutto, le prime si fissurano sempre trasversalmente, potendo cosi' arrivare a perdere anche le caratteristiche di fibra mentre le seconde solo in senso longitudinale. Inoltre il materiale vetroso va incontro a processi di lisciviazione cosicche' la sua "durability" (capacita' cioe' di un composto di rimaner inalterato nei liquidi biologici) e', al contrario di quella degli asbesti, limitata nel tempo. Negli ambienti di vita. Nel rapporto OMS (1988) si legge che, esclusi alcuni casi isolati di sintomi respiratori e di dermatiti associate con l'esposizione a fibre minerali artificiali in ambienti domestici o in uffici e due limitati studi su effetti oculari e respiratori in uffici e scuole, non esistono in letteratura dati su effetti sfavorevoli sulla popolazione in generale. Non esistono inoltre studi specifici sulla popolazione in generale su mortalita' o cancro a seguito di esposizione a fibre minerali artificiali. Sulla base dei dati disponibili e' pertanto impossibile stimare quantitativamente i rischi associati all'esposizione ambientale della popolazione generale a tali fibre. Tuttavia i livelli di tali fibre misurati nell'ambiente in genere e negli ambienti "indoor", risultano notevolmente piu' bassi rispetto ai livelli di esposizione occupazionale in passato associati con ipotizzati rischi di cancro polmonare.