Alle Amministrazioni pubbliche di cui
                                all'art.  1,  comma  2  del   decreto
                                legislativo 30 marzo 2001, n. 165 
                                Alle Autorita' indipendenti 
 
 
1. Premessa 
  Il decreto legislativo 25 maggio  2016,  n.  97,  di  modifica  del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33,  ha  introdotto  l'istituto
dell'accesso civico «generalizzato», che attribuisce a «chiunque»  il
«diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle  pubbliche
amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione
(...), nel rispetto dei limiti  relativi  alla  tutela  di  interessi
giuridicamente rilevanti secondo  quanto  previsto  dall'art.  5-bis»
(art. 5, comma 2, decreto legislativo n. 33/2013).  Dal  23  dicembre
2016, chiunque puo' far valere questo  diritto  nei  confronti  delle
pubbliche amministrazioni e degli altri  soggetti  indicati  all'art.
2-bis del decreto legislativo n. 33/2013. 
  Con delibera n. 1309 del 28 dicembre  2016,  l'Autorita'  nazionale
anticorruzione (A.N.AC.) ha adottato, ai sensi dell'art. 5, comma  2,
del  decreto  legislativo  n.  33/2013,  le  «Linee   guida   recanti
indicazioni operative ai fini della definizione  delle  esclusioni  e
dei limiti all'accesso civico». Questo documento fornisce  una  prima
serie di indicazioni, riguardanti prevalentemente le esclusioni  e  i
limiti all'accesso civico generalizzato disciplinati dall'art. 5-bis,
commi 1-3, del decreto legislativo n. 33/2013. 
  Tuttavia, la  successiva  pratica  applicativa  ha  evidenziato  la
necessita' di  fornire  alle  amministrazioni  ulteriori  chiarimenti
operativi, riguardanti il rapporto con i cittadini  e  la  dimensione
organizzativa e procedurale interna. 
  Pertanto, al fine di promuovere una coerente e uniforme  attuazione
della disciplina sull'accesso civico generalizzato,  il  Dipartimento
della  funzione  pubblica,  in  raccordo  con  l'Autorita'  nazionale
anticorruzione (A.N.AC.) e nell'esercizio della sua funzione generale
di  «coordinamento  delle  iniziative  di  riordino  della   pubblica
amministrazione e di organizzazione dei relativi servizi»  (art.  27,
n. 3, legge n. 93 del 1983), ha adottato la presente circolare. 
  Le raccomandazioni operative qui contenute  riguardano  i  seguenti
profili: 
    le modalita' di presentazione della richiesta (§ 3); 
    gli uffici competenti (§ 4); 
    i tempi di decisione (§ 5); 
    i contro-interessati (§ 6); 
    i rifiuti non consentiti (§ 7); 
    il dialogo con i richiedenti (§ 8); 
    il registro degli accessi (§ 9). 
  Prima di esaminare i profili  indicati,  e'  utile  fornire  alcune
precisazioni  terminologiche  e  segnalare  alcune  implicazioni   di
carattere generale che  derivano  dall'introduzione  del  diritto  di
accesso civico generalizzato (§ 2). 
2. Indicazioni preliminari 
  2.1. Definizioni. 
  Di seguito, si forniscono alcune precisazioni terminologiche  utili
ai fini della presente circolare. Queste precisazioni corrispondono a
quelle gia' indicate nelle richiamate linee guida A.N.AC. (§ 1): 
    a) il decreto legislativo n. 33/2013, come modificato dal decreto
legislativo  n.  97/2016,  e'  di  seguito  indicato  come   «decreto
trasparenza»; 
    b) l'accesso disciplinato dal capo V della legge n.  241/1990  e'
di  seguito  indicato  come  «accesso  procedimentale»   o   «accesso
documentale»; 
    c)   l'accesso   ai   documenti   oggetto   degli   obblighi   di
pubblicazione, di cui all'art. 5, comma 1, del  decreto  trasparenza,
e' di seguito  indicato  come  «accesso  civico»  o  «accesso  civico
semplice»; 
    d) l'accesso ai dati e ai documenti in possesso  delle  pubbliche
amministrazioni, di cui all'art. 5, comma 2, del decreto  trasparenza
e' di seguito indicato come «accesso civico generalizzato» o «accesso
generalizzato»; 
    e) le «Linee guida recanti indicazioni operative  ai  fini  della
definizione  delle  esclusioni  e  dei  limiti  all'accesso   civico»
adottate ai sensi dell'art. 5, comma 2, del  decreto  legislativo  n.
33/2013 dall'Autorita' nazionale anticorruzione con delibera n.  1309
del 28 dicembre 2016, sono di  seguito  indicate  come  «Linee  guida
A.N.AC.». 
  2.2. Criteri applicativi di carattere generale. 
  Con il decreto legislativo n. 97/2016,  l'ordinamento  italiano  ha
riconosciuto la liberta' di accedere alle  informazioni  in  possesso
delle  pubbliche  amministrazioni  come  diritto   fondamentale,   in
conformita'  all'art.  10  della  Convenzione  europea  dei   diritti
dell'uomo (CEDU). Come chiarito nelle  linee  guida  A.N.AC.  (§  2),
l'accesso generalizzato mira a rafforzare  il  carattere  democratico
dell'ordinamento, promuovendo un dibattito pubblico  informato  e  un
controllo  diffuso  sull'azione  amministrativa  (art.  5,  comma  2,
decreto legislativo n. 33/2013). 
  Come noto, il nuovo istituto differisce dalle altre  due  tipologie
di accesso previste dalla legge. A differenza del diritto di  accesso
procedimentale o documentale, il  diritto  di  accesso  generalizzato
garantisce il bene «conoscenza» in via autonoma, a prescindere  dalla
titolarita' di un interesse qualificato e differenziato. A differenza
del diritto di accesso civico «semplice», che riguarda esclusivamente
le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 5,  comma
1, decreto legislativo n. 33/2013), il  solo  limite  al  diritto  di
conoscere  e'  rappresentato  dagli  interessi  pubblici  e   privati
espressamente   indicati   dall'art.   5-bis.   Conseguentemente   e'
inammissibile il rifiuto fondato su altre ragioni. 
  Pertanto, il diritto di accesso generalizzato: 
    dal punto di  vista  soggettivo,  non  ammette  restrizioni  alla
legittimazione del richiedente (art. 5, comma 3, decreto  legislativo
n. 33/2013); 
    dal punto di vista oggettivo, e' tendenzialmente onnicomprensivo,
fatti salvi i limiti indicati dall'art.  5-bis,  commi  1-3,  oggetto
delle Linee guida A.N.AC. 
  Dal carattere fondamentale del diritto di accesso  generalizzato  e
dal principio di pubblicita' e conoscibilita' delle  informazioni  in
possesso delle pubbliche amministrazioni derivano alcune implicazioni
di carattere generale che e' opportuno richiamare,  in  quanto  utili
come criteri guida nell'applicazione della normativa in esame. 
  i)  Il  principio   della   tutela   preferenziale   dell'interesse
conoscitivo. 
  Nei sistemi FOIA, il diritto di accesso va applicato tenendo  conto
della tutela preferenziale dell'interesse a conoscere. Pertanto,  nei
casi  di  dubbio  circa  l'applicabilita'  di   una   eccezione,   le
amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all'interesse  conoscitivo
che la richiesta mira a soddisfare (v. anche Linee guida  A.N.AC.,  §
2.1.). 
  In base  a  questo  principio,  dato  che  l'istituto  dell'accesso
generalizzato  assicura   una   piu'   ampia   tutela   all'interesse
conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo  giuridico
della domanda (ad es. procedimentale, ambientale,  ecc.),  la  stessa
dovra' essere trattata dall'amministrazione come richiesta di accesso
generalizzato. 
ii) Il criterio  del  minor  aggravio  possibile  nell'esercizio  del
diritto. 
  Sul piano procedimentale, il principio appena  richiamato  dovrebbe
indurre le pubbliche amministrazioni a privilegiare il  criterio  del
minor  aggravio  possibile  nell'esercizio  del  diritto  di  accesso
generalizzato. In particolare, in assenza di una espressa  previsione
legislativa  che  le  autorizzi,  le  amministrazioni   non   possono
pretendere  dal  richiedente  l'adempimento  di  formalita'  o  oneri
procedurali,  ponendoli  come  condizioni  di  ammissibilita'   della
domanda di accesso. Salvo quanto specificato piu' avanti  (§  3),  si
deve ritenere in linea di principio contraria  alle  finalita'  della
disciplina  legislativa  in  tema   di   accesso   generalizzato   la
possibilita' di  dichiarare  inammissibile  una  domanda  di  accesso
generalizzato per motivi formali o procedurali. 
iii) I limiti all'adozione di regolamenti interni. 
  Qualora  una  pubblica  amministrazione  decida  di   adottare   un
regolamento interno in  materia  di  accesso,  come  suggerito  nelle
suddette Linee guida dell'A.N.AC. (§ 3.1), occorre tener conto  della
riserva di legge prevista dall'art.  10  della  CEDU,  che  copre  il
diritto di accesso generalizzato in esame  (Linee  guida  A.N.AC.,  §
2.1). 
  Di conseguenza,  ciascuna  amministrazione  puo'  disciplinare  con
regolamento, circolare o altro atto interno esclusivamente i  profili
procedurali e organizzativi di carattere  interno.  Al  contrario,  i
profili  di  rilevanza  esterna,  che  incidono  sull'estensione  del
diritto (si pensi alla disciplina dei limiti  o  delle  eccezioni  al
principio dell'accessibilita'), sono coperti dalla  suddetta  riserva
di legge. 
  In particolare, diversamente da quanto previsto dall'art. 24, comma
6, legge n. 241/1990  in  tema  di  accesso  procedimentale,  non  e'
possibile  individuare  (con  regolamento,  circolare  o  altro  atto
interno) le categorie di atti  sottratti  all'accesso  generalizzato.
Ciascuna amministrazione  e'  chiamata  ad  applicare  le  previsioni
legislative rilevanti (art. 5-bis, decreto legislativo  n.  33/2013),
tenendo  nella  dovuta  considerazione  le  richiamate  Linee   guida
dell'A.N.AC.,   oggetto   di   periodico   aggiornamento   in    base
all'evoluzione della prassi (§ 9). 
3. Le modalita' di presentazione della richiesta 
  Per quanto riguarda le modalita' di presentazione  della  richiesta
di accesso generalizzato,  ad  integrazione  di  quanto  raccomandato
nelle Linee guida A.N.AC. (Allegato, §§ 6  ss.),  si  osserva  quanto
segue. In base all'art. 5, comma 3, del decreto legislativo n. 33 del
2013, «L'istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni
o i documenti richiesti e non richiede  motivazione.  L'istanza  puo'
essere trasmessa per via telematica secondo le modalita' previste dal
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (...)».  Come  si  evince  da
tale previsione, per la  presentazione  delle  richieste  di  accesso
generalizzato la legge non prevede nessun requisito  come  condizione
di ammissibilita'. 
  Pertanto, in conformita' al criterio del minor  aggravio  possibile
sopra enunciato (§ 2.1, ii), in linea di  principio  e'  preclusa  la
possibilita' di  dichiarare  inammissibile  una  domanda  di  accesso
generalizzato  per  motivi  formali  o  procedurali,   salvo   quanto
specificato di seguito  riguardo  alla  identificazione  dell'oggetto
della richiesta (§ 3.1) e del richiedente (§ 3.2). 
  3.1. L'identificazione dell'oggetto della richiesta. 
  In base all'art. 5, comma 3, decreto legislativo n. 33 del 2013, e'
sufficiente che la richiesta «identifichi» i dati o i  documenti  che
si  vogliono   ottenere.   Nel   valutare   l'adeguatezza   di   tale
identificazione, le  pubbliche  amministrazioni  devono  tener  conto
della difficolta' che il richiedente puo' incontrare nell'individuare
con precisione i dati o i documenti di suo interesse. 
  Per questa ragione, conformemente al parere formulato dal Consiglio
di Stato (parere del 18 febbraio 2016, punto  11.3),  nella  versione
finale dell'art. 5, comma  3,  non  compare  piu'  l'obbligo  per  il
richiedente di identificare «chiaramente» i dati o documenti  che  si
vogliono ottenere. Ne deriva che, nel caso di  domanda  formulata  in
termini talmente vaghi da non consentire  di  identificare  l'oggetto
della richiesta (c.d. richiesta generica) o  volta  ad  accertare  il
possesso di dati o  documenti  da  parte  dell'amministrazione  (c.d.
richiesta  esplorativa),  l'amministrazione  dovrebbe  assistere   il
richiedente  al  fine  di  giungere  a   una   adeguata   definizione
dell'oggetto della domanda. 
  Nell'ipotesi di richiesta generica o meramente  esplorativa,  nelle
Linee guida A.N.AC  si  ammette  la  possibilita'  di  dichiarare  la
domanda inammissibile, ma  si  chiarisce  che,  prima  di  dichiarare
l'inammissibilita',  «l'amministrazione  destinataria  della  domanda
dovrebbe chiedere di precisare l'oggetto della richiesta»  (Allegato,
§ 4). Pertanto, questa ipotesi di inammissibilita' deve essere intesa
in   senso   restrittivo:   l'amministrazione    dovrebbe    ritenere
inammissibile una richiesta formulata in termini generici o meramente
esplorativi  soltanto  quando  abbia  invitato  (per   iscritto)   il
richiedente a ridefinire l'oggetto della domanda  o  a  indicare  gli
elementi sufficienti per  consentire  l'identificazione  dei  dati  o
documenti di suo interesse, e il  richiedente  non  abbia  fornito  i
chiarimenti richiesti. 
  3.2. L'identificazione del richiedente. 
  In base all'art. 5, comma 2, decreto  legislativo  n.  33/2013,  il
diritto di accesso generalizzato spetta a «chiunque»,  a  prescindere
dalla qualita' o condizione (ad esempio, di  cittadino  o  residente)
del richiedente: nessuna differenziazione o disparita' di trattamento
e' ammissibile ai  fini  del  godimento  del  diritto  in  questione.
Inoltre, l'art. 5, comma 3 stabilisce che l'esercizio del diritto  di
accesso  «non  e'  sottoposto  ad  alcuna  limitazione  quanto   alla
legittimazione soggettiva del richiedente»  e  che  la  domanda  «non
richiede motivazione» (v. anche Linee guida A.N.AC., Allegato, § 3). 
  Ne  deriva  che,  in  linea  di  principio,  l'identificazione  del
richiedente non e' necessaria ai  fini  dell'esercizio  del  diritto.
Tuttavia, l'identificazione del richiedente e' indispensabile ai fini
di una corretta gestione delle domande: ad  esempio,  ai  fini  della
trasmissione dei dati e documenti richiesti o  della  trattazione  di
una pluralita' di domande identiche (seriali) o onerose  (vessatorie)
da parte di uno stesso soggetto. 
  Pertanto  l'identificazione  del   richiedente   va   intesa   come
condizione di ricevibilita' della richiesta.  In  caso  di  richiesta
anonima o da parte di un  soggetto  la  cui  identita'  sia  incerta,
l'amministrazione deve comunicare al  richiedente  la  necessita'  di
identificarsi secondo una delle  modalita'  di  seguito  indicate  (§
3.3). 
  3.3. Le modalita' di invio della richiesta. 
  L'art.  5,  comma  3,  del  decreto  legislativo  n.  33  del  2013
stabilisce che «L'istanza puo' essere trasmessa  per  via  telematica
secondo le modalita' previste dal decreto legislativo 7  marzo  2005,
n. 82 (...)», senza escludere altre possibilita'. Pertanto, qualsiasi
modalita' di presentazione della domanda (anche per fax o a mano,  ai
sensi dell'art.  38,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  28
dicembre 2000, n.  445)  si  deve  ritenere  ammissibile,  come  gia'
chiarito nelle Linee guida A.N.AC. (Allegato, § 7). 
  Nei casi  di  trasmissione  per  via  telematica  della  domanda  -
indicata come modalita'  ordinaria  dall'art.  5,  comma  3,  decreto
legislativo n. 33/2013 - si applica l'art. 65, comma 1,  del  decreto
legislativo n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale -  CAD).
In base a questa disposizione, le domande presentate  alle  pubbliche
amministrazioni per via telematica  sono  «valide»  ed  «equivalenti»
alle domande sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del
dipendente addetto al procedimento, nei seguenti casi: 
    a) se sono sottoscritte  e  presentate  insieme  alla  copia  del
documento d'identita'; 
    b) se sono trasmesse dal richiedente  dalla  propria  casella  di
posta elettronica certificata; 
    c) se sono sottoscritte con firma digitale; 
    d) se il richiedente e' identificato con il sistema  pubblico  di
identita' digitale (SPID) o la carta di identita'  elettronica  o  la
carta nazionale dei servizi. 
  In riferimento alla prima opzione (sub a),  e'  opportuno  chiarire
che la domanda deve ritenersi validamente presentata  in  particolare
quando siano soddisfatte le seguenti condizioni: 
    che la domanda di accesso sia stata inviata da  un  indirizzo  di
posta elettronica certificata o non certificata; 
    che nel messaggio di posta elettronica sia indicato il  nome  del
richiedente (senza necessita' di sottoscrizione autografa); 
    che  sia  allegata  al  messaggio  una  copia  del  documento  di
identita' del richiedente. 
  3.4.  Istruzioni  per  l'uso:  modulistica,  indirizzo   di   posta
elettronica dedicato. 
  Al solo fine  di  agevolare  l'esercizio  del  diritto  di  accesso
generalizzato  da  parte  dei  cittadini  e  senza  che  ne  derivino
limitazioni riguardo alle modalita' di presentazione  delle  domande,
e' opportuno che ciascuna pubblica amministrazione renda  disponibili
sul  proprio   sito   istituzionale,   nella   pagina   sull'«Accesso
generalizzato» della sezione «Amministrazione trasparente» (v.  Linee
Guida A.N.AC., § 3.1.) e con link nella home page, quanto segue: 
    informazioni generali su: 
      la procedura da seguire per presentare una domanda  di  accesso
generalizzato; 
      i rimedi disponibili (procedura di riesame  e  ricorso  in  via
giurisdizionale), ai sensi dell'art. 5, comma 7, decreto  legislativo
n. 33/2013, in caso di mancata risposta dell'amministrazione entro il
termine di conclusione del procedimento o in caso di rifiuto parziale
o totale dell'accesso; 
      il nome e i contatti dell'ufficio che si occupa di ricevere  le
domande di accesso; 
      due indirizzi di posta elettronica dedicati alla  presentazione
delle domande: 
        un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) collegato
al sistema di protocollo; 
        un indirizzo di posta ordinaria, con  il  quale  deve  essere
sempre consentito l'invio di domande da parte dei richiedenti che non
dispongano a loro volta di un indirizzo PEC per l'invio; 
      due  moduli   standard   utilizzabili,   rispettivamente,   per
proporre: 
        una domanda di accesso generalizzato (allegato n. 1); 
        una domanda di riesame (allegato n. 2). 
  In ogni caso, l'uso di un formato o modulo diverso da  quello  reso
disponibile online sul sito  istituzionale  dell'amministrazione  non
puo' comportare l'inammissibilita' o il rifiuto della richiesta. 
4. Gli uffici competenti 
  Per quanto riguarda l'organizzazione interna,  ad  integrazione  di
quanto raccomandato nelle Linee guida A.N.AC.  (§  3.2),  si  osserva
quanto segue. 
  La disciplina  dettata  dall'art.  5  del  decreto  legislativo  n.
33/2013  presuppone  la  distinzione   tra   diverse   tipologie   di
competenze: a ricevere le richieste, a  decidere  su  di  esse,  e  a
decidere sulle richieste di riesame. Di seguito, sono  illustrate  le
implicazioni organizzative di questa distinzione. 
  4.1. La competenza a ricevere le richieste. 
  Per quanto riguarda gli uffici competenti a  ricevere  la  domanda,
l'art. 5, comma 3, decreto legislativo n. 33/2013 stabilisce  che  la
richiesta puo' essere presentata alternativamente a uno dei  seguenti
uffici: 
    all'ufficio che detiene i dati o i documenti; 
    all'ufficio relazioni con il pubblico; 
    ad altro  ufficio  indicato  dall'amministrazione  nella  sezione
«Amministrazione trasparente» del sito istituzionale. 
  Tutti gli uffici sopra  indicati  sono  competenti  a  ricevere  le
domande di accesso generalizzato e, nel caso in  cui  non  coincidano
con l'ufficio competente a decidere sulle medesime  (§  4.2),  devono
trasmetterle a quest'ultimo tempestivamente. 
  Nel caso in cui sia palese che la  domanda  e'  stata  erroneamente
indirizzata a un'amministrazione diversa da quella che detiene i dati
o   documenti   richiesti,   l'ufficio   ricevente   deve   inoltrare
tempestivamente la domanda  all'amministrazione  competente  e  darne
comunicazione  al  richiedente,  specificando  che  il   termine   di
conclusione del procedimento decorre dalla data di ricevimento  della
richiesta da parte dell'ufficio competente. 
  Il  responsabile  della  prevenzione  della  corruzione   e   della
trasparenza puo' ricevere  soltanto  le  domande  di  accesso  civico
semplice, riguardanti «dati,  informazioni  o  documenti  oggetto  di
pubblicazione obbligatoria» (art. 5, comma 3, decreto legislativo  n.
33/2013). Nel caso in cui una domanda di  accesso  generalizzato  sia
stata erroneamente inviata al responsabile  della  prevenzione  della
corruzione e della trasparenza,  quest'ultimo  provvede  a  inoltrare
tempestivamente la stessa all'ufficio  competente  a  decidere  sulla
domanda (§ 4.2). 
  4.2. La competenza a decidere sulla domanda. 
  Di regola, la competenza  a  decidere  se  accogliere  o  meno  una
richiesta di accesso  generalizzato  e'  attribuita  all'ufficio  che
detiene i dati o i documenti richiesti. In linea di principio, questo
ufficio dovrebbe coincidere con l'ufficio competente nella materia  a
cui si riferisce la richiesta (competenza ratione materiae). Nei casi
dubbi, si deve privilegiare il criterio  fattuale  del  possesso  dei
dati o documenti richiesti. A rigore, l'ufficio che  e'  in  possesso
dei dati o documenti richiesti non  puo'  respingere  la  domanda  di
accesso  per  difetto  di  competenza  nella  materia  oggetto  della
richiesta. 
  4.3. La competenza a decidere in sede di riesame. 
  Ai sensi dell'art. 5, comma 7, decreto legislativo n. 33/2013, «nei
casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata  risposta
entro il termine (...), il richiedente puo' presentare  richiesta  di
riesame al responsabile della prevenzione della  corruzione  e  della
trasparenza». Il responsabile della prevenzione  della  corruzione  e
della trasparenza decide con provvedimento motivato entro il  termine
di venti giorni. 
  Nel caso in cui i dati o documenti  richiesti  siano  detenuti  dal
responsabile della prevenzione della corruzione e della  trasparenza,
che dunque e' competente a decidere in  sede  di  prima  istanza,  e'
necessario che l'amministrazione individui preventivamente un diverso
ufficio  (sovraordinato  o,  in  mancanza,   di   livello   apicale),
eccezionalmente competente  a  decidere  sulle  domande  di  riesame.
L'Ufficio  competente  per  il  riesame  deve  essere   indicato   al
richiedente in caso di rifiuto totale o parziale della richiesta. 
  4.4. La individuazione di «centri di competenza» (c.d. help desk). 
  Nelle  Linee   guida   A.N.AC.   (§   3.2)   si   raccomanda   alle
amministrazioni,  «Al  fine  di  rafforzare  il   coordinamento   dei
comportamenti sulle richieste di  accesso  (...)  ad  adottare  anche
adeguate  soluzioni  organizzative»,  in   particolare   individuando
«risorse professionali adeguate, che si specializzano  nel  tempo»  e
«che, ai fini istruttori, dialog[hino] con gli uffici che detengono i
dati richiesti». 
  Dunque, ciascuna  amministrazione  e'  invitata  a  individuare  le
unita'  di  personale,  adeguatamente  formate,  che  assicurino   le
funzioni di  «centro  di  competenza»  o  «help  desk»,  al  fine  di
assistere gli uffici della medesima amministrazione nella trattazione
delle singole domande (v. anche A.N.AC. del. n. 1309/2016). 
  Oltre a fornire indicazioni di carattere generale o  assistenza  in
merito a specifiche domande, il  personale  dell'help  desk  dovrebbe
assicurare: 
    la capillare diffusione interna  delle  informazioni  riguardanti
gli strumenti (procedurali, organizzativi o di altro tipo)  impiegati
dall'amministrazione   per   attuare   la   normativa    sull'accesso
generalizzato; 
    la disseminazione di buone pratiche e  di  indicazioni  operative
provenienti dalle  autorita'  centrali  che  monitorano  e  orientano
l'attuazione del decreto legislativo n. 97/2016  (Dipartimento  della
funzione pubblica e A.N.AC.). 
5. Il rispetto dei tempi di decisione 
  In base all'art. 5, comma 6, decreto  legislativo  n.  33/2013,  il
procedimento  di  accesso  generalizzato  si  deve   concludere   con
l'adozione di un provvedimento espresso e motivato, da comunicare  al
richiedente e  agli  eventuali  contro-interessati,  nel  termine  di
trenta giorni dalla presentazione della domanda. 
  Nello  svolgimento  della  sua  attivita'   di   monitoraggio,   il
Dipartimento della funzione pubblica  ha  constatato  che  spesso  le
amministrazioni violano questa disposizione, ignorando il termine  di
conclusione del procedimento o l'obbligo di adottare un provvedimento
espresso  adeguatamente  motivato.  Al  fine  di  arginare   pratiche
contrarie  al  dettato  legislativo,  occorre  richiamare  tutte   le
amministrazioni al rigoroso  rispetto  del  termine  di  legge  sopra
indicato. 
  In proposito, si ribadisce quanto segue: 
    il termine di trenta (30) giorni entro  il  quale  concludere  il
procedimento non e' derogabile, salva l'ipotesi di sospensione fino a
dieci  giorni  nel  caso  di   comunicazione   della   richiesta   al
contro-interessato (art. 5, comma 5, decreto legislativo n. 33/2013); 
    la conclusione del procedimento deve necessariamente avvenire con
un provvedimento espresso: non e' ammesso  il  silenzio-diniego,  ne'
altra forma silenziosa di conclusione del procedimento; 
    l'inosservanza del termine sopra indicato  costituisce  «elemento
di valutazione della responsabilita' dirigenziale, eventuale causa di
responsabilita' per danno all'immagine  dell'amministrazione»  ed  e'
comunque valutata «ai fini della corresponsione della retribuzione di
risultato e del trattamento  accessorio  collegato  alla  performance
individuale dei responsabili» (art. 46  del  decreto  legislativo  n.
33/2013). 
  5.1. La decorrenza del termine 
  Il termine di  trenta  giorni  previsto  per  l.a  conclusione  del
procedimento di accesso decorre  «dalla  presentazione  dell'istanza»
(art. 5, comma 6, decreto legislativo n. 33/2013). 
  Di conseguenza, ai fini della esatta determinazione della  data  di
avvio  del  procedimento,  il  termine  decorre  non  dalla  data  di
acquisizione al protocollo, ma  dalla  data  di  presentazione  della
domanda, da intendersi come data in cui la  pubblica  amministrazione
riceve la domanda. Per promuovere la tempestivita'  delle  operazioni
di registrazione e smistamento, quando possibile,  si  suggerisce  il
ricorso a soluzioni informatiche che  consentano  la  protocollazione
automatica. 
  Soltanto qualora sorgano dubbi sulla data  di  presentazione  della
domanda  e  non  vi  siano  modalita'  di  accertamento   attendibili
(attendibile deve considerarsi, ad esempio, la data  di  inoltro  del
messaggio di posta elettronica, anche non certificata),  la  data  di
decorrenza  del  termine  per  provvedere  decorre  dalla   data   di
acquisizione della domanda al protocollo. 
  5.2. Le conseguenze dell'inosservanza del termine. 
  Nel caso in cui l'amministrazione non  risponda  entro  il  termine
previsto dalla  legge,  si  ricorda  che  la  normativa  prevede  due
conseguenze. 
  Sul versante esterno, l'art. 5, comma  7,  decreto  legislativo  n.
33/2013 consente di attivare la procedura di riesame  e  di  proporre
ricorso al giudice amministrativo. La  trattazione  della  richiesta,
inoltrata con  qualunque  modalita',  spetta  al  responsabile  della
prevenzione della corruzione e  della  trasparenza,  che  decide  con
provvedimento motivato entro il termine di  venti  (20)  giorni,  che
decorrono dalla presentazione della domanda di riesame. 
  Sul versante interno,  il  gia'  richiamato  art.  46  del  decreto
legislativo n.  33/2013  assegna  all'inosservanza  del  termine  una
triplice valenza, qualificandolo come: 
    elemento di valutazione della responsabilita' dirigenziale; 
    eventuale  causa  di  responsabilita'  per   danno   all'immagine
dell'amministrazione; 
    elemento  di  valutazione  ai  fini  della  corresponsione  della
retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla
performance individuale dei responsabili. 
  Poiche' i dirigenti con funzioni di responsabile della  prevenzione
della corruzione e della trasparenza  «controllano  e  assicurano  la
regolare  attuazione  dell'accesso  civico  sulla  base   di   quanto
stabilito  dal  presente  decreto»  (art.  43,   comma   4,   decreto
legislativo n. 33/2013), ne deriva, in analogia con  quanto  previsto
per le ipotesi di inadempimento agli obblighi di pubblicazione  (art.
43, commi 1  e  5),  che  il  responsabile  della  prevenzione  della
corruzione e della trasparenza  e'  tenuto  a  segnalare  i  casi  di
inosservanza  del  termine,  in  relazione  alla  gravita'   e   alla
reiterazione dei medesimi: 
    sia all'ufficio di disciplina, ai fini dell'eventuale attivazione
del procedimento disciplinare; 
    sia al vertice politico dell'amministrazione e  agli  organi  cui
compete  la  valutazione  della   dirigenza   e   delle   performance
individuali,  ai  fini  dell'attivazione   delle   altre   forme   di
responsabilita'. 
6. I contro-interessati nell'accesso generalizzato 
  L'art. 5, comma 5, decreto legislativo n. 33/2013 prevede che,  per
ciascuna domanda di accesso  generalizzato,  l'amministrazione  debba
verificare  l'eventuale  esistenza  di  contro-interessati.   Invece,
questa verifica non e' necessaria  quando  la  richiesta  di  accesso
civico abbia ad oggetto dati la cui pubblicazione e'  prevista  dalla
legge come obbligatoria. 
  6.1. L'individuazione dei contro-interessati. 
  Devono ritenersi «contro-interessati»  tutti  i  soggetti  (persone
fisiche o giuridiche) che, anche se non indicati nel documento cui si
vuole  accedere,  potrebbero  vedere  pregiudicati   loro   interessi
coincidenti  con  quelli  indicati  dal  comma  2   dell'art.   5-bis
(protezione  dei  dati  personali,  liberta'   e   segretezza   della
corrispondenza, interessi  economici  e  commerciali,  come  chiarito
nelle Linee guida A.N.AC., Allegato, § 9). 
  La  circostanza  che  i  dati  o   documenti   richiesti   facciano
riferimento a soggetti terzi, di per  se',  non  implica  che  questi
debbano essere qualificati come contro-interessati. Occorre  comunque
valutare il  pregiudizio  concreto  agli  interessi  privati  di  cui
all'art. 5-bis, comma 2, che i contro-interessati  potrebbero  subire
come  conseguenza   dell'accesso.   Al   fine   di   identificare   i
contro-interessati in modo corretto, e'  indispensabile  procedere  a
questa valutazione soltanto dopo un puntuale esame di tutti i dati  e
i documenti oggetto della domanda di accesso generalizzato. 
  6.2. La comunicazione ai contro-interessati. 
  Una     volta     individuati     eventuali     contro-interessati,
l'amministrazione deve comunicare loro di aver ricevuto la domanda di
accesso generalizzato, concedendo un termine di dieci giorni  per  la
presentazione di opposizione motivata. La comunicazione  deve  essere
effettuata «mediante invio di copia con raccomandata  con  avviso  di
ricevimento o per via telematica per coloro  che  abbiano  consentito
tale forma di comunicazione» (art. 5, comma 5, decreto legislativo n.
33/2013; v. anche Linee guida A.N.AC.,  Allegato,  §  9).  In  questo
modo, e' possibile stabilire con certezza la decorrenza  del  termine
di dieci giorni previsto per la presentazione delle opposizioni. 
  Per agevolare la tutela degli interessi privati sopra richiamati  e
di velocizzare  la  procedura,  e'  opportuno  che  l'amministrazione
indichi nella comunicazione ai contro-interessati le modalita' (anche
telematiche) di presentazione dell'eventuale opposizione all'accesso. 
  6.3.  L'accoglimento  della  richiesta  di  accesso  in   caso   di
opposizione. 
  In caso di opposizione, l'amministrazione non  puo'  assumere  come
unico fondamento del rifiuto  di  accesso  il  mancato  consenso  del
contro-interessato. L'art. 5, comma 6, decreto legislativo n. 33/2013
espressamente prevede l'ipotesi di «accoglimento della  richiesta  di
accesso  civico  nonostante  l'opposizione  del  contro-interessato».
Dunque, la normativa rimette sempre all'amministrazione  destinataria
della richiesta il  potere  di  decidere  sull'accesso.  Questa  deve
valutare, da un lato, la  probabilita'  e  serieta'  del  danno  agli
interessi  dei  soggetti  terzi  che  abbiano  fatto  opposizione  e,
dall'altro,   la   rilevanza   dell'interesse    conoscitivo    della
collettivita' (e, se esplicitato, del richiedente) che  la  richiesta
mira a soddisfare. 
  La medesima disposizione stabilisce che, in  caso  di  accoglimento
della   richiesta   di   accesso   nonostante    l'opposizione    del
contro-interessato, l'amministrazione e' tenuta a darne comunicazione
al  contro-interessato  e  al  richiedente   senza   procedere   alla
contestuale trasmissione dei documenti a quest'ultimo. Per consentire
al contro-interessato di attivare gli strumenti  di  tutela  previsti
contro il provvedimento di accoglimento della  richiesta,  i  dati  e
documenti non possono essere inviati prima  di  quindici  giorni  dal
ricevimento della comunicazione  di  accoglimento  della  domanda  di
accesso da parte del contro-interessato (art.  5,  comma  6,  decreto
legislativo n. 33/2013; v. anche Linee  guida  A.N.AC.,  Allegato,  §
12). 
  Anche al  fine  di  evitare  contestazioni,  e'  opportuno  che  la
comunicazione di accoglimento della  richiesta  di  accesso  contenga
l'espressa precisazione che la trasmissione al richiedente dei dati o
documenti avviene qualora, decorsi quindici giorni, non  siano  stati
notificati all'amministrazione ricorsi o richieste di  riesame  sulla
medesima domanda di accesso. 
7. I dinieghi non consentiti 
  Dato che, nei primi mesi di applicazione dell'istituto dell'accesso
generalizzato, sono emersi casi di rifiuto fondati su motivazioni non
riconducibili ai commi da 1 a 3 dell'art. 5-bis, oggetto delle  Linee
guida A.N.AC. (si vedano,  in  particolare,  §§  5-8),  e'  opportuno
richiamare le amministrazioni al rigoroso rispetto  delle  previsioni
normative esistenti a riguardo e a fornire i seguenti chiarimenti. 
  Innanzitutto,  e'  necessario  ricordare  che,   data   la   natura
fondamentale del diritto di accesso generalizzato (supra, § 2.1), non
tutti gli interessi pubblici  e  privati  possono  giustificarne  una
limitazione: l'art. 5-bis del decreto legislativo n. 33/2013  ammette
il rifiuto dell'accesso ai dati o documenti richiesti soltanto quando
cio' sia «necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela»
degli interessi espressamente individuati dallo stesso  articolo,  ai
commi da 1 a 3.  Nell'applicare  questi  limiti,  le  amministrazioni
possono tener conto della giurisprudenza della Corte di giustizia sui
limiti  all'accesso  previsti  dall'art.  4  del  regolamento  CE  n.
1049/2001, in larga parte coincidenti con quelli indicati dai commi 1
e 2 dell'art. 5-bis (v. anche Linee guida A.N.AC., § 7). 
  Inoltre, poiche' le  amministrazioni  possono  fondare  i  dinieghi
esclusivamente sulle  base  dei  limiti  posti  dall'art.  5-bis,  ne
deriva, come gia' evidenziato (supra,  §  2.2,  punto  iii),  che  le
amministrazioni non possono  precisare  la  portata  delle  eccezioni
legislativamente previste, ne' tantomeno aggiungerne altre,  mediante
atti giuridicamente vincolanti, ad esempio di  natura  regolamentare.
La riserva di legge, in questa materia, va intesa come assoluta. 
  Le  amministrazioni  devono  tener  conto  anche   delle   seguenti
indicazioni e raccomandazioni operative. 
  a) Risposte parziali 
  Le pubbliche amministrazioni sono tenute a  rispondere  a  ciascuna
richiesta nella sua interezza. 
  Quando con un'unica domanda si chiede l'accesso a una pluralita' di
dati o documenti, e' necessario che la risposta sia esaustiva e  che,
nel caso di diniego parziale, sia  fornita  adeguata  motivazione  in
relazione a ciascun gruppo di dati o documenti. Una risposta parziale
che non indichi le ragioni dell'omessa trasmissione di una parte  dei
dati  o  documenti  richiesti  equivale  a  un  diniego  parzialmente
illegittimo. 
  b) Risposte differite 
  Il differimento dell'accesso - previsto dall'art. 5-bis,  comma  5,
decreto legislativo n. 33/2013 - e' ammesso soltanto quando ricorrano
cumulativamente due condizioni: 
    che l'accesso possa comportare  un  pregiudizio  concreto  a  uno
degli interessi pubblici o privati di cui ai commi 1  e  2  dell'art.
5-bis; 
    che quel pregiudizio abbia carattere  transitorio,  in  quanto  i
limiti di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 5-bis si applicano «unicamente
per il periodo nel quale la protezione e' giustificata  in  relazione
alla natura del dato». 
  Nel caso in cui ricorrano queste  condizioni,  l'accesso  non  deve
essere negato: per soddisfare l'interesse conoscitivo e' «sufficiente
fare ricorso al potere di differimento»  (art.  5-bis,  comma  5)  e,
quindi, il differimento dell'accesso  e'  imposto  dal  principio  di
proporzionalita' (v. anche Linee guida A.N.AC., §§ 5.1, 6.3 e 7.7). 
  L'inutilizzabilita' del potere di differimento  ad  altri  fini  e'
confermata dall'art. 5, comma  6,  decreto  legislativo  n.  33/2013,
secondo  cui  il  differimento  dell'accesso  deve  essere  motivato,
appunto, «con riferimento ai casi e  ai  limiti  stabiliti  dall'art.
5-bis».  Pertanto,  tale  potere  non  puo'  essere  utilizzato   per
rimediare alla tardiva trattazione della domanda e  alla  conseguente
violazione del termine per provvedere. Vi si puo' ricorrere,  invece,
a titolo esemplificativo, per differire l'accesso a dati o  documenti
rilevanti per la conduzione di indagini sui reati o per  il  regolare
svolgimento di attivita' ispettive (art. 5-bis, comma 1,  lett.  f  e
g), fino a quando tali indagini e attivita' siano in corso. Una volta
conclusi  questi  procedimenti,  quei  dati  o  documenti  diverranno
accessibili, qualora non vi si oppongano altri interessi  pubblici  o
privati indicati dall'art. 5-bis. 
  c) Altre ipotesi di rifiuto non consentite 
  Come ribadito nelle Linee guida A.N.AC. (§  5),  sono  impropri  e,
quindi, illegittimi i dinieghi fondati su motivi  diversi  da  quelli
riconducibili ai limiti indicati dall'art. 5-bis. 
  Ad esempio,  non  e'  legittimo  un  diniego  di  accesso  in  base
all'argomento che i dati o documenti richiesti  risalirebbero  a  una
data anteriore alla entrata in  vigore  del  decreto  legislativo  n.
33/2013 o del decreto legislativo n. 97/2016: ferme restando le norme
sulla conservazione dei documenti amministrativi, la portata generale
del principio di conoscibilita' dei  dati  o  documenti  in  possesso
delle pubbliche amministrazioni non  ammette  limitazioni  temporali,
del resto, non previste da nessuna previsione legislativa. 
  Per le stesse ragioni, l'accesso non  puo'  essere  negato  -  come
invece e' accaduto qualche volta - perche' la conoscibilita' del dato
o documento potrebbe provocare un generico danno  all'amministrazione
o alla professionalita' delle persone coinvolte; oppure per generiche
ragioni di confidenzialita' delle informazioni; o ancora per  ragioni
di  opportunita',  derivanti  dalla  (insussistente)  opportunita'  o
necessita' di consultare gli organi di indirizzo politico. 
  d) Richieste «massive o manifestamente irragionevoli» 
  Come precisato a riguardo nelle Linee guida  A.N.AC.  (Allegato,  §
5), «L'amministrazione e' tenuta a consentire l'accesso generalizzato
anche  quando  riguarda  un   numero   cospicuo   di   documenti   ed
informazioni,  a  meno  che  la  richiesta   risulti   manifestamente
irragionevole, tale cioe' da comportare un carico di lavoro in  grado
di interferire con il buon funzionamento  dell'amministrazione.  Tali
circostanze, adeguatamente motivate  nel  provvedimento  di  rifiuto,
devono  essere   individuate   secondo   un   criterio   di   stretta
interpretazione, ed in presenza di oggettive condizioni  suscettibili
di pregiudicare in modo serio  ed  immediato  il  buon  funzionamento
dell'amministrazione». 
  Sulla base dei primi riscontri applicativi, e'  opportuno  chiarire
che la ragionevolezza della richiesta va valutata tenendo  conto  dei
seguenti criteri: 
    l'eventuale attivita' di elaborazione (ad es. oscuramento di dati
personali)  che  l'amministrazione  dovrebbe  svolgere  per   rendere
disponibili i dati e documenti richiesti; 
    le risorse interne che occorrerebbe impiegare per  soddisfare  la
richiesta, da quantificare in rapporto al numero di ore di lavoro per
unita' di personale; 
    la rilevanza dell'interesse conoscitivo che la richiesta  mira  a
soddisfare. 
  L'irragionevolezza della richiesta e' manifesta soltanto quando  e'
evidente che un'accurata trattazione della stessa  comporterebbe  per
l'amministrazione un onere tale da compromettere  il  buon  andamento
della sua  azione.  Il  carattere  palese  del  pregiudizio  serio  e
immediato al buon funzionamento dell'amministrazione va  motivato  in
relazione ai criteri sopra indicati. 
  Qualora  tale  pregiudizio  sia  riscontrabile,  l'amministrazione,
prima di decidere sulla domanda, dovrebbe contattare il richiedente e
assisterlo nel tentativo  di  ridefinire  l'oggetto  della  richiesta
entro limiti compatibili con  i  principi  di  buon  andamento  e  di
proporzionalita'.  Soltanto  qualora  il  richiedente   non   intenda
riformulare la richiesta entro i predetti limiti, il diniego potrebbe
considerarsi   fondato,   ma   nella    motivazione    del    diniego
l'amministrazione non dovrebbe limitarsi ad asserire genericamente la
manifesta  irragionevolezza  della  richiesta,  bensi'  fornire   una
adeguata prova, in relazione agli elementi sopra richiamati, circa la
manifesta irragionevolezza dell'onere che  una  accurata  trattazione
della domanda comporterebbe. 
  I medesimi principi sono applicabili all'ipotesi in cui uno  stesso
soggetto (o una pluralita' di soggetti riconducibili  a  un  medesimo
ente) proponga piu' domande entro un periodo di  tempo  limitato.  In
questo caso, l'amministrazione potrebbe valutare l'impatto cumulativo
delle predette domande sul buon andamento della  sua  azione  e,  nel
caso di manifesta  irragionevolezza  dell'onere  complessivo  che  ne
deriva, motivare  il  diniego  nei  termini  sopra  indicati.  Se  il
medesimo richiedente ha  gia'  formulato  una  richiesta  identica  o
sostanzialmente coincidente, l'amministrazione ha la facolta' di  non
rispondere alla nuova richiesta, a condizione che la  precedente  sia
stata integralmente soddisfatta. 
8. Il dialogo con i richiedenti 
  Il decreto legislativo n.  33/2013,  come  modificato  dal  decreto
legislativo n. 97/2016, pone a carico delle pubbliche amministrazioni
l'obbligo di  erogare  un  servizio  conoscitivo,  che  consiste  nel
condividere  con  la   collettivita'   il   proprio   patrimonio   di
informazioni secondo le modalita' indicate dalla legge. 
  Per realizzare questo obiettivo e, piu' in generale,  le  finalita'
di partecipazione e accountability proprie del c.d. modello FOIA,  e'
auspicabile  che  le  amministrazioni  si  adoperino  per  soddisfare
l'interesse conoscitivo su cui si  fondano  le  domande  di  accesso,
evitando atteggiamenti ostruzionistici. 
  Nel trattare una richiesta,  e'  necessario  che  l'amministrazione
instauri   un   «dialogo    cooperativo»    con    il    richiedente.
L'amministrazione  dovrebbe  comunicare  con   il   richiedente,   in
particolare, nei seguenti momenti: 
    tempestivamente, subito dopo la presentazione della  domanda,  al
fine di: 
      rilasciare una ricevuta che  attesti  l'avvenuta  presentazione
della richiesta e indichi il numero  di  protocollo  assegnato  e  il
termine entro il quale l'amministrazione e' tenuta a rispondere; 
      chiedere a chi formula la richiesta di identificarsi, nel  caso
in cui non lo abbia fatto; 
      chiedere eventuali chiarimenti circa l'oggetto della  richiesta
o, in caso di manifesta irragionevolezza (supra, § 7, lett.  d),  una
sua ridefinizione; 
      confermare che l'invio dei dati o documenti richiesti  avverra'
in formato digitale, salvo che una diversa modalita' di  trasmissione
sia stata indicata  dal  richiedente  e  non  risulti  eccessivamente
onerosa per l'amministrazione; 
      indicare gli eventuali costi di  riproduzione  derivanti  dalle
diverse  modalita'  di  accesso,  nel  rispetto   del   criterio   di
effettivita' indicato dall'art. 5, comma 4,  decreto  legislativo  n.
33/2013; 
      entro il termine di conclusione del procedimento, al fine di: 
        comunicare al richiedente la decisione motivata relativa alla
sua domanda; 
        in caso  di  accoglimento  della  richiesta,  trasmettere  la
documentazione richiesta contestualmente (salvo  il  diverso  termine
previsto dall'art. 5, comma 6, nel caso di opposizione di uno o  piu'
contro-interessati); 
        in caso di rifiuto della richiesta, comunicare le ragioni del
diniego e contestualmente indicare i mezzi di riesame  e  di  ricorso
giurisdizionale esperibili. 
  8.1. Rapporti con  i  media  e  le  organizzazioni  della  societa'
civile. 
  Ferma restando  la  necessita'  di  istruire  in  modo  completo  e
accurato  ogni   singola   richiesta   di   accesso   a   prescindere
dall'identita'  del  richiedente,  nel  piu'  rigoroso  rispetto  dei
principi   di   buon   andamento    e    imparzialita'    dell'azione
amministrativa, occorre tener conto della particolare  rilevanza,  ai
fini della promozione  di  un  dibattito  pubblico  informato,  delle
domande di accesso provenienti da giornalisti e organi di stampa o da
organizzazioni non governative, cioe' da soggetti riconducibili  alla
categoria  dei  «social  watchdogs»  cui  fa  riferimento  anche   la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (da  ultimo,
caso Magyar c. Ungheria, 8 novembre 2016, § 165). Nel caso in cui  la
richiesta di  accesso  provenga  da  soggetti  riconducibili  a  tale
categoria, si raccomanda alle amministrazioni di  verificare  con  la
massima cura la veridicita' e la attualita' dei dati e dei  documenti
rilasciati, per  evitare  che  il  dibattito  pubblico  si  fondi  su
informazioni non affidabili o non aggiornate. 
  8.2. Pubblicazione proattiva. 
  Per accrescere  la  fruibilita'  delle  informazioni  di  interesse
generale e l'efficienza nella gestione delle domande,  si  raccomanda
alle amministrazioni di valorizzare  la  possibilita'  di  pubblicare
informazioni  anche  diverse  da  quelle  oggetto  di   pubblicazione
obbligatoria, fermo restando  il  rispetto  delle  esclusioni  e  dei
limiti previsti dall'art. 5-bis, commi 1-3, del  decreto  legislativo
n. 33/2013. In  particolare,  la  pubblicazione  proattiva  sui  siti
istituzionali delle amministrazioni e' fortemente auspicabile  quando
si tratti di informazioni di interesse generale o che  siano  oggetto
di richieste ricorrenti: ad esempio,  quando  si  tratti  di  dati  o
documenti richiesti, nell'arco di un  anno,  piu'  di  tre  volte  da
soggetti diversi. 
  Per gli stessi motivi, le pubbliche amministrazioni sono invitate a
valorizzare il dialogo con le comunita' di utenti  dei  social  media
(Facebook, Twitter, ecc.). I richiedenti spesso rendono pubbliche  su
questi mezzi di comunicazione le domande di accesso generalizzato  da
essi presentate. In questi casi,  e  comunque  quando  si  tratti  di
informazioni  di  interesse  generale,  e'  opportuno  che  anche  le
amministrazioni utilizzino i medesimi canali a fini di comunicazione. 
9. Il registro degli accessi 
  Tra  le  soluzioni  tecnico-organizzative  che  le  amministrazioni
potrebbero adottare per agevolare l'esercizio del diritto di  accesso
generalizzato da parte dei cittadini e, al contempo, gestire in  modo
efficiente le richieste di accesso, la principale e' la realizzazione
di un registro degli accessi, come indicato anche nelle  Linee  guida
A.N.AC. (del. n. 1309/2016). 
  Il registro  dovrebbe  contenere  l'elenco  delle  richieste  e  il
relativo esito, essere pubblico e perseguire una pluralita' di scopi: 
    semplificare la gestione delle richieste e le connesse  attivita'
istruttorie; 
    favorire l'armonizzazione delle decisioni su richieste di accesso
identiche o simili; agevolare i cittadini nella  consultazione  delle
richieste gia' presentate; 
    monitorare  l'andamento  delle  richieste   di   accesso   e   la
trattazione delle stesse. 
  Per promuovere la  realizzazione  del  registro,  le  attivita'  di
registrazione, gestione  e  trattamento  della  richiesta  dovrebbero
essere effettuate utilizzando i sistemi di  gestione  del  protocollo
informatico e dei flussi documentali, di cui le amministrazioni  sono
da tempo dotate ai sensi del decreto del Presidente della  Repubblica
n.   445/2000,   del   decreto   legislativo   n.   82/2005   (Codice
dell'amministrazione  digitale)  e  delle  relative  regole  tecniche
(decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013). 
  I dati da inserire nei sistemi di protocollo sono desumibili  dalla
domanda di accesso  o  dall'esito  della  richiesta.  Ai  fini  della
pubblicazione periodica del  registro  (preferibilmente  con  cadenza
trimestrale), le amministrazioni potrebbero ricavare i dati rilevanti
attraverso  estrazioni   periodiche   dai   sistemi   di   protocollo
informatico, ferma restando la necessita' di non  pubblicare  i  dati
personali eventualmente presenti, nel  rispetto  di  quanto  previsto
dall'art. 19, comma 3, decreto legislativo n. 30 giugno 2013, n. 196. 
  L'obiettivo finale e' la realizzazione di un registro degli accessi
che  consenta  di  «tracciare»  tutte  le  domande  e   la   relativa
trattazione  in  modalita'  automatizzata,  e  renda  disponibili  ai
cittadini  gli  elementi  conoscitivi  rilevanti.   Realizzare   tale
obiettivo richiede opportune configurazioni dei sistemi  di  gestione
del protocollo informatico, per le quali si rinvia all'allegato 3. 
    Roma, 30 maggio 2017 
 
                                   Il Ministro per la semplificazione 
                                        e la pubblica amministrazione 
                                                                Madia 

Registrato alla Corte dei conti il 26 giugno 2017 
Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia  e  affari  esteri,
reg.ne prev. n. 1462