CAPITOLO II DISCIPLINA DELL'EDILIZIA AI FINI DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO 1. Cessioni di case di abitazione e di immobili ad uso prevalentemente abitativo. Per quanto concerne l'IVA, l'agevolazione relativa all'acquisto della cosiddetta "prima casa" e' prevista al comma 4 dell'art. 16 del citato decreto-legge n. 155 del 1993 che ha riformulato il punto n. 21) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La nuova formulazione del predetto n. 21) comporta l'applicazione dell'aliquota ridotta del 4% alle cessioni di case di abitazione qualificate non di lusso secondo i criteri di cui al gia' citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, ancorche' non ultimate, ma a condizione che ne permanga l'originaria destinazione, ove ricorrano le ricordate condizioni soggettive richieste dalla normativa in tema di imposta di registro per l'applicazione dei benefici relativi alla prima casa. Anche ai fini dell'IVA e' previsto, a norma dell'art. 16, comma 1, lettera b), che l'acquirente per fruire dell'agevolazione debba dichiarare, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione. La dichiarazione deve essere resa nell'atto di acquisto dell'immobile. Tuttavia, in considerazione dell'eventualita', frequente nella pratica, che, anteriormente alla stipula dell'atto di acquisto, vengano versati acconti del prezzo pattuito, il legislatore ha previsto che la dichiarazione da parte dell'acquirente di non essere in possesso, al momento della stipula dell'atto definitivo di acquisto, di altro fabbricato, o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione, possa essere resa, oltre che nello stesso atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare concluso ai sensi dell'art. 1351 del codice civile. Cio' al fine di poter fruire dell'aliquota agevolata in relazione agli acconti corrisposti anteriormente alla stipulazione dell'atto di acquisto. Resta inteso che la dichiarazione eventualmente resa nell'atto preliminare deve essere comunque ripetuta nell'atto definitivo. Qualora la dichiarazione in discorso non venga resa nel contratto preliminare, ma esclusivamente nell'atto di acquisto, le fatture relative agli acconti, gia' emesse con aliquota del 9% - applicabile, come verra' successivamente chiarito, alle cessioni di case di abitazioni non di lusso diverse dalla prima casa - potranno essere rettificate, ai sensi dell'art. 26 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, onde consentire l'applicazione dell'aliquota ridotta del 4% sull'intero corrispettivo della cessione. Analogamente a quanto previsto in relazione ai benefici relativi all'imposta di registro, lo stesso art. 16, comma 1, lettera b), prevede, per i casi in cui la dichiarazione dell'acquirente risulti mendace ovvero in cui l'immobile acquistato con le agevolazioni in rassegna venga ceduto prima che sia trascorso un quinquennio dalla data di acquisto, senza che si proceda, entro l'anno successivo, all'acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale, che l'ufficio del registro competente provveda al recupero, nei confronti dell'acquirente di una penalita' pari alla differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazione e quella risultante dall'applicazionedell'aliquota agevolata, aumentata del 30%. Sono dovuti, inoltre, gli interessi di mora di cui al comma 4 dell'art. 55 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986. E' di chiara evidenza che nella nozione di penalita' e' da ricomprendere sia la differenza di imposta come sopra calcolata sia la maggiorazione del 30% applicata sulla differenza medesima. Pertanto, l'ufficio IVA competente non potra' procedere mediante rettifica al recupero di imposta nei confronti del cedente. Dovra', invece, procedere, su segnalazione del competente ufficio del registro, alle necessarie rettifiche nei confronti del cedente nella ipotesi in cui l'imposta sul valore aggiunto risulti applicata con l'aliquota del 4 per cento pur nell'assenza, rilevabile dall'atto di acquisto, di taluna delle condizioni richieste per fruire dell'agevolazione. La medeisma procedura sanzionatoria si rende altresi' applicabile nell'ipotesi in cui la dichiarazione resa in sede di stipula del contratto preliminare risulti mendace in quanto l'acquirente, essendo in possesso di altro fabbricato idoneo ad abitazione, non si e' posto nella condizione di poter confermare al momento della stipula dell'atto definitivo, la dichiarazione richiesta per fruire del beneficio fiscale. Tuttavia la sanzione non si rende applicabile qualora la mendacita' della dichiarazione resa in sede preliminare sia determinata da eventi successivi non dipendenti dalla volonta' dell'acquirente (esempio: acquisizione di immobile idoneo ad abitazione per successione mortis causa). In tal caso, al momento della stipula dell'atto definitivo, la differenza di imposta dovuta verra' addebitata dal cedente, tenuto ad eseguire la relativa variazione prevista dall'art. 26, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. L'applicazione dell'aliquota IVA del 4% prescinde dalle caratteristiche soggettive del cedente, rendendosi applicabile alle cessioni di immobili non di lusso poste in essere da qualsiasi soggetto di imposta che agisca, in tale veste, nei confronti di acquirenti per i quali ricorrono le condizioni gia' descritte. Sotto il profilo oggettivo la norma limita il proprio ambito applicativo agli immobili non di lusso individuati in base alle specifiche disposizioni recate dal gia' citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969. Non occorre pertanto che ricorra la condizione prevista dall'art. 13 della legge n. 408 del 2 luglio 1949 ("legge Tupini") e successive modificazioni, che dispone, per l'edificio nel quale e' situata l'unita' abitativa, il rispetto del rapporto tra superficie destinata ad abitazione (piu' del 50% della superficie dei piani sopra terra) e superficie destinata a negozi (non piu' del 25% della superficie dei piani sopra terra). Sono invece soggette all'aliquota IVA del 9%, ai sensi del numero 127-undecies) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, introdotto dal ripetuto art. 16 del decreto-legge n. 155 del 1993 le cessioni di case di abitazione non di lusso, ancorche' non ultimate, ma a condizione che ne permanga l'originaria destinazione, effettuate da qualsiasi soggetto d'imposta, qualora l'acquirente non sia in possesso dei requisiti per fruire dell'agevolazione prevista per l'acquisto della prima casa. Resta inteso che, qualora l'immobile abbia le caratteristiche di lusso, alle relative cessioni l'IVA si rende applicabile con l'aliquota ordinaria del 19 per cento. In buona sostanza, per quanto concerne le cessioni di case di abitazione non di lusso l'aliquota IVA applicabile e' determinata esclusivamente in base alla ricorrenza o meno - in capo al cessionario - della condizione di acquirente di prima casa secondo le precisazioni fornite nel capitolo precedente; ove tale condizione sussista, si rende applicabile l'aliquota del 4%; diversamente, quale che sia la natura del soggetto acquirente, quella del 9%. Per quanto concerne, invece, l'edilizia non esclusivamente abitativa, il secondo periodo contenuto nel richiamato n. 127-undecies) del provvedimento in rassegna stabilisce l'applicabilita' dell'aliquota del 9% alle cessioni, da parte di imprese costruttrici, di interi fabbricati o porzioni di fabbricati diversi dalle case di abitazione non di lusso, rientranti nella tipologia delineata dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949 e successive modificazioni, ancorche' non ultimati ed a condizione che ne permanga la destinazione originaria. Ne deriva che la detta aliquota del 9 per cento e' applicabile, in sostanza, alle cessioni, poste in essere dall'impresa costruttrice, di: interi edifici per i quali ricorrano le precisate proporzioni richieste dalla legge n. 408 del 1949 tra le parti a destinazione abitativa e le parti aventi diversa destinazione, ancorche' contenenti un'unita' abitativa costituente "prima casa" per l'acquirente; porzioni di fabbricato destinate ad usi diversi da quello abitativo, site in un edificio avente le ripetute caratteristiche previste dalla "legge Tupini". L'aliquota ordinaria del 19% si rende, invece, applicabile: alle cessioni di interi fabbricati non ascrivibili alla tipologia delineata dalla "legge Tupini", anche se contenenti un'unita' immobiliare non di lusso destinata a costituire "prima casa" per l'acquirente; alle cessioni di porzioni di fabbricato, non destinate ad uso abitativo, site in un edificio privo delle caratteristiche di cui alla legge n. 408, e successive modificazioni; alle cessioni di interi fabbricati aventi le caratteristiche di cui alla ripetuta legge n. 408 e successive modificazioni, effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici; alle cessioni di porzioni di fabbricato non destinate ad uso abitativo site in un edificio avente le richiamate caratteristiche della "legge Tupini", effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici. Il decreto-legge n. 155 del 1993 ed i provvedimenti successivi non hanno apportato modifiche alla disciplina applicabile, ai fini dell'IVA, alle cessioni di costruzioni rurali, ancorche' non ultimate, ma a condizione che ne permanga l'originaria destinazione, di cui all'art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le cui cessioni restano soggette all'aliquota del 4% qualora siano effettuate da imprese costruttrici. Va sottolineato, invece, che il decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge n. 133 del 1994 ha uniformato la disciplina delle assegnazioni, anche in godimento, di case di abitazione, effettuate nei confronti di soci da parte di cooperative edilizie, a quella, sopradelineata, relativa alle cessioni di case d'abitazione non di lusso. In particolare e' stato riformulato il n. 26) della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con il risultato di prevedere l'applicazione dell'aliquota ridotta del 4% alle sole assegnazioni anche in godimento aventi ad oggetto case d'abitazione costituenti per l'assegnatario la "prima casa". Contestualmente, e' stato modificato il n. 127-undecies) della tabella A, parte terza, nel senso di rendere applicabile l'aliquota del 9% alle assegnazioni di case di abitazione non di lusso effettuate nei confronti di soci per i quali non ricorrano le condizioni per fruire dei benefici relativi alla "prima casa". Si fa presente che i requisiti richiesti per l'applicazione dell'aliquota del 4% devono sussistere, per quanto concerne le assegnazioni in proprieta', al momento della stipula dell'atto notarile di assegnazione, nel quale deve, ovviamente, essere resa la dichiarazione di non possedere altro fabbricato idoneo ad abitazione. Si rammenta in proposito che eventuali acconti corrisposti prima dell'atto di assegnazione in proprieta' di case di abitazione ai soci da parte di cooperative a proprieta' divisa, non assumono rilevanza ai fini dell'imposta sul valore aggiunto in quanto ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, per tali operazioni, il momento di effettuazione si realizza solo alla data del rogito notarile, ed e' espressamente esclusa la considerazione di pagamenti precedenti. Per le assegnazioni in godimento di alloggi non di lusso, effettuate da cooperative a proprieta' indivisa, invece, il momento di effettuazione dell'operazione si realizza all'atto del pagamento dei corrispettivi periodici di godimento. In relazione a tali atti pertanto devono sussistere i requisiti richiesti per l'applicazione dell'aliquota IVA del 4%. Si fa presente che l'imposta relativa alle assegnazioni di case di abitazione ai soci da parte di cooperative continua ad applicarsi su una base imponibile determinata applicando le percentuali di riduzione previste dall'art. 3 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito dalla legge 26 giugno 1990, n. 165 e dall'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito nella legge 6 febbraio 1992, n. 66. 2. Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di immobili ad uso abitativo. Le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di fabbricati ad uso abitativo di tipo economico fino al 31 dicembre 1993, erano disciplinate, ai fini dell'aliquota IVA applicabile, dall'art. 16, comma 4, del decreto-legge n. 155 del 1993, il quale aveva riformulato il n. 39) della tabella A, parte seconda. La disposizione introdotta dal predetto art. 16 stabiliva l'applicabilita' dell'aliquota IVA del 4% alle sole prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei fabbricati di cui all'art. 13 della legge n. 408 del 1949, ed alla costruzione di edifici rurali, nonche' alla realizzazione di alcuni interventi di recupero, dei quali si dira' in seguito. Il comma 5 del medesimo art. 16 aggiungeva alla parte terza della tabella A il n. 127-quaterdecies), al fine di rendere soggette alla maggiore aliquota del 9% le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione di cui al n. 127-undecies), ovverosia di abitazioni diverse dalla prima casa. Tra le norme contenute nei numeri 39) della parte seconda e 127-quaterdecies) della parte terza della tabella A sussisteva, ad avviso della scrivente un rapporto di specialita', nel senso che la disposizione recata dal n. 39) si rendeva applicabile tutte le volte che non ricorressero le fattispecie disciplinate dalla norma contenuta nel numero 127-quaterdecies). Invero, quest'ultima disposizione, atteso l'espresso richiamo al precedente n. 127-undecies), non poteva che riferirsi a fattispecie applicabili a committenti persone fisiche. Solo vertendosi in questa ipotesi si giustificava il riferimento alle condizioni di natura soggettiva contenute nelle lettere a) e b) della nota II-bis dell'art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico concernente l'imposta di registro (riferimento al comune di residenza, o, se diverso a quello in cui viene svolta l'attivita', alla sede dell'impresa per i soggetti trasferiti all'estero per ragioni di lavoro, allo status di cittadino italiano se emigrato all'estero, al non possesso di altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione sul territorio italiano per il cittadino emigrato all'estero, dichiarazione nell'atto di acquisto di non possedere altro fabbricato idoneo ad abitazione). Da cio' consegue che l'aliquota del 9 per cento prevista dalla norma contenuta nel n. 127-quaterdecies) si rendeva applicabile tutte le volte che persone fisiche commettessero in appalto la costruzione di una casa di abitazione non di lusso senza che ricorressero, nei loro confronti, le suddette condizioni soggettive. La medesima aliquota si rendeva, altresi', applicabile nei casi in cui una persona fisica, anche se nei suoi confronti ricorressero le suddette condizioni soggettive, commetteva in appalto la costruzione di un edificio di cui all'art. 13 della legge n. 408 del 1949 comprendente piu' unita' abitative. Questa fattispecie, infatti, non concretizza in realta' l'ipotesi della costruzione della prima casa, attesa la inscindibilita' del relativo contratto di appalto. Qualora invece l'appalto commissionato da persone fisiche avesse ad oggetto la realizzazione di edifici non rientranti nella tipologia di cui al citato art. 13, alle relative prestazioni si rendeva applicabile l'aliquota IVA del 19%, anche se nei confronti del committente sussistevano le condizioni soggettive richieste per l'applicazione del beneficio fiscale. In buona sostanza, per i casi in cui il committente fosse persona fisica, il legislatore aveva stabilito il trattamento di aliquota in ossequio al principio generale espresso dall'art. 16 del decreto presidenziale n. 633 del 1972, in base al quale le prestazioni di servizi che hanno per oggetto la produzione di un bene sono assoggettate alla stessa aliquota che si renderebbe applicabile in caso di cessione del medesimo bene. In conclusione, le prestazioni di servizi relative ad appalti commissionati da privati persone fisiche erano soggette all'aliquota del 4% solo qualora avessero ad oggetto la realizzazione della prima casa con caratteristiche non di lusso, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969. In tutti i casi in cui la costruzione di edifici rientranti nella tipologia di cui all'art. 13 della legge n. 408 del 1949 e successive modificazioni fosse commessa da soggetti diversi dalle persone fisiche (enti, societa', cooperative), nonche' da persone fisiche che agissero nell'esercizio di impresa, si rendeva applicabile la disposizione di carattere generale di cui al n. 39) citato e quindi l'aliquota IVA del 4 per cento. Il numero 39 della tabella A, parte III, e' stato ulteriormente modificato dall'art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge n. 133 del 1994. Detta disposizione stabilisce che, a partire dal 1 gennaio 1994 l'aliquota del 4% si applica alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei "fabbricati Tupini" effettuate nei confronti di soggetti che svolgono l'attivita' di costruzione di immobili per la successiva vendita o di soggetti per i quali il fabbricato costituisce "prima casa". Viene ristretto pertanto il campo di applicazione della aliquota IVA del 4% alle sole ipotesi in cui gli appalti siano commissionati da imprese costruttrici o da soggetti in possesso dei requisiti per fruire dell'agevolazione prevista per l'acquisto della prima casa. Nell'ambito del citato decreto-legge n. 557 non trovano espressa disciplina le prestazioni di appalto aventi ad oggetto la realizzazione di interi "edifici Tupini" rese nei confronti di committenti che non li realizzano per destinarli alla successiva vendita. Si deve ritenere che detta fattispecie, poiche' in sostanza consiste nella realizzazione di fabbricati di edilizia abitativa, ancorche' comprendenti, e nelle percentuali sopra chiarite, uffici o negozi, sia riconducibile nella previsione del citato n. 127-quaterdecies) e quindi assoggettabile anch'essa alla aliquota IVA del 9%. Dall'insieme delle disposizioni disciplinari le aliquote IVA applicabili al settore edilizio, anche in base alle piu' recenti disposizioni, emerge infatti una ratio agevolativa nei confronti di tutte le operazioni relative all'edilizia abitativa di tipo economico. Risulterebbe pertanto nettamente contraria a tale logica agevolativa l'assoggettamento delle prestazioni di appalto relative alla realizzazione di detti edifici alla aliquota ordinaria del 19%. Nessuna modifica e' stata invece apportata, per quanto concerne le prestazioni di appalto in esame, alla disposizione recata dal n. 127-quaterdecies) tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in base alla quale l'aliquota del 9% si rende applicabile alla realizzazione di case di abitazione non di lusso che non costituiscono prima casa per il committente dell'appalto. Benche' la norma non sia esplicita sul punto, resta inteso che il privato committente deve possedere i requisiti previsti per fruire dell'agevolazione sia nei momenti in cui si considerano effettuate, ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, le singole prestazioni rese dall'impresa, sia all'atto della consegna del bene realizzato. Pertanto il committente dovra', a tal fine, rendere noto all'appaltatore, al momento di effettuazione di ciascuna prestazione, se possieda o meno i requisiti per usufruire dell'aliquota del 4%. Qualora i requisiti sopra evidenziati non siano posseduti nel momento dell'effettuazione delle singole prestazioni, ma vengano ad esistenza all'atto della consegna del bene realizzato, l'appaltatore potra' effettuare le rettifiche previste dall'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Atteso il riferimento alle dichiarazioni mendaci e il richiamo ai numeri 21) e 21-bis) della tabella A, parte seconda, contenuto nell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 155 del 1993 nonche' l'espressa previsione sanzionatoria contenuta nel medesimo art. 16, le disposizioni di cui alla richiamata nota II-bis dell'art. 1 della tariffa allegata al testo unico dell'imposta di registro si rendono applicabili anche nei riflessi dell'imposta sul valore aggiunto con le modalita' chiarite nel cap. I. 3. Cessioni e prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto, relative alle opere di urbanizzazione ed assimilate. La disciplina in materia di aliquota IVA applicabile alle opere di urbanizzazione ed agli impianti assimilati e' desumibile dall'art. 36 del decreto-legge 30 agosto 1933, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427. In particolare l'art. 36, comma 3, lettera c), del citato decreto-legge ha stabilito, mediante l'introduzione del punto 127-quinquies) nella tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, l'assoggettamento all'aliquota del 9% per le cessioni di: opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nell'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, integrato dall'art. 44 della legge 22 ottobre 1971, n. 865; linee di trasporto metropolitane, tramviarie ed altre linee di trasporto ad impianto fisso. Lo stesso trattamento di aliquota va riservato alle motrici, carrozze e al materiale rotabile, ai quali l'agevolazione prevista per le linee di trasporto e' stata estesa dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154; impianti di produzione e reti di distribuzione di calore-energia (teleriscaldamento); impianti di produzione e reti di distribuzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica; impianti di depurazione destinati ad essere collegati a reti fognarie, anche intercomunali e ai relativi collettori di adduzione. E' opportuno precisare che la medesima aliquota e' applicabile alle cessioni di altre opere e impianti che risultano assimilati, in virtu' di disposizioni contenute in leggi speciali, a quelli elencati nel citato punto 127-quinquies). Tra questi si rammentano, innanzitutto, i parcheggi realizzati ai sensi della legge 24 marzo 1989, n. 122 (legge Tognoli), per i quali l'assimilazione alle opere di urbanizzazione, espressamente disposta dall'art. 11, comma 1, della stessa legge, deve ritenersi decisiva ai fini della applicazione dell'aliquota del 9% e prevalente rispetto alla originaria previsione, a nulla influendo, infatti, la circostanza che il comma 2 dello stesso articolo abbia previsto l'applicabilita' dell'aliquota ridotta del 2% (successivamente elevata al 4%), per le opere stesse. L'aliquota del 9% va applicata, inoltre, alle cessioni di opere, costruzioni ed impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione di rifiuti urbani, speciali, tossici e nocivi, solidi e liquidi, e alla bonifica delle aree inquinate di cui all'art. 5 della legge 29 ottobre 1987, n. 441. Cio' in virtu' della loro assimilazione alle opere di urbanizzazione (specificamente alle attrezzature sanitarie), disposta dall'art. 17-bis del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 367, convertito dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, come riformulato dall'art. 9-undecies), comma 2, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito dalla legge 9 novembre 1988, n. 475. Alle opere di urbanizzazione sono, altresi', equiparate, con conseguente identico trattamento in termini di aliquota IVA, le opere di impiantistica sportiva realizzate ai sensi e con le procedure di cui al decreto-legge 3 gennaio 1987, n. 2, convertito nella legge 6 marzo 1987, n. 65, nonche' gli impianti cimiteriali di cui all'art. 54 del previgente regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 803 del 1975. Si ricorda che per tali impianti cimiteriali l'equiparazione e' stabilita, ai soli effetti dell'aliquota IVA, dall'art. 26-bis della legge 28 febbraio 1990, n. 38, di conversione del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415, come autenticamente interpretato dall'art. 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito nella legge 6 febbraio 1992, n. 66. La stessa aliquota del 9% e' altresi' applicabile alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti d'appalto relativi alla costruzione dei sopraindicati edifici, impianti ed opere; cio' per effetto della disposizione recata dal numero 127-septies) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 introdotto con l'art. 36, comma 3, lettera b), del citato decreto-legge n. 331 del 1993. 4. Cessioni e prestazioni di servizi, dipendenti da contratti di appalto, relative agli edifici assimilati alle case di abitazione non di lusso. L'art. 36 del richiamato decreto-legge n. 331 del 1993 ha modificato anche il trattamento IVA applicabile alle cessioni, nonche' agli appalti per la costruzione degli edifici che, ai sensi dell'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659, sono assimilati ai fabbricati di cui all'art. 13 della ripetuta legge n. 408, del 1949, elevando la relativa aliquota dal 4% al 9%. Tali edifici, indicati con elencazione non tassativa nell'art. 2, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 1938, n. 1094, convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 35, consistono in scuole, caserme, ospedali, case di cura, ricoveri, colonie climatiche, collegi, educandati, asili infantili, orfanotrofi, e simili. La normativa previgente, proprio in virtu' della cennata assimilazione, riservata agli edifici in discorso la stessa disciplina IVA prevista per le case di abitazione non di lusso. Di conseguenza, l'aliquota ridotta del 4% era applicabile tanto alle cessioni, degli edifici assimilati, effettuate dalle imprese costruttrici, quanto agli appalti per la costruzione dei medesimi edifici. Il cennato art. 36 ha invece diversificato il regime di aliquota applicabile agli edifici assimilati da quello previsto per le case di abitazione. Infatti alle cessioni degli edifici assimilati, effettuate da impresa costruttrice, si rende applicabile l'aliquota del 9%, in virtu' dell'ultima parte del punto n. 127-quinquies), della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. A partire dal 1 gennaio 1994, per effetto dell'art. 4, comma 1 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, che ha eliminato dal n. 127-quinquies) le parole "ceduti da imprese costruttrici", l'applicazione della aliquota del 9%, prevista per le cessioni dei fabbricati assimilati alle case di abitazione di tipo economico, assume valenza oggettiva rendendosi applicabile anche alle cessioni poste in essere da soggetti d'imposta diversi dalle imprese costruttrici, le quali, antecedentemente a tale data scontavano l'aliquota ordinaria del 19%. La medesima aliquota del 9% si applica alle prestazioni di servizi dipendenti da contratto d'appalto aventi ad oggetto la costruzione degli edifici in discorso, ai sensi del disposto del n. 127-septies) della richiamata tabella A, parte terza. Per quanto attiene alla precisa identificazione degli edifici assimilati alle case di abitazione, e' opportuno rammentare che, con la circolare n. 14 del 17 aprile 1981, erano stati ricompresi nella categoria anche gli immobili diversi da quelli espressamente indicati nell'art. 2 della citata legge n. 35 del 1939, ma aventi analoghe finalita', e comunque destinati ad ospitare collettivita'. Peraltro, sulla base di un riesame approfondito delle fattispecie via via prospettate e della richiamata normativa, si e' ritenuto di riconsiderare l'originario orientamento, riconoscendo che il beneficio fiscale si rende applicabile anche ad edifici che, pure se non sono precipuamente destinati ad ospitare collettivita', sono utilizzati per il perseguimento delle finalita' di istruzione, cura, assistenza e beneficienza. Cio' anche sulla base dei principi enunciati dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 3503 del 5 dicembre 1972, nella quale si sottolinea la necessita' di far riferimento, per l'applicazione dei benefici fiscali, alle finalita' di interesse collettivo perseguite attraverso l'attivita' svolta negli immobili. Beninteso, l'esercizio di attivita' volte al perseguimento di finalita' di interesse collettivo deve trovare rispondenza nelle caratteristiche strutturali dell'immobile quali risultano al momento di effettuazione dell'operazione. 5. Prestazioni di servizi, dipendenti da contratti di appalto, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto il recupero del patrimonio edilizio, anche a seguito delle modifiche legislative introdotte dalla normativa in esame, continuano ad avere nel nostro ordinamento un trattamento fiscale agevolato, seppure in un ambito oggettivo piu' ristretto rispetto alla normativa previgente. In una prima fase l'art. 16, comma 4, del decreto-legge n. 155 aveva elevato al 9% l'aliquota applicabile alle prestazioni di servizi relative agli interventi di recupero di cui all'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, esclusi quelli di manutenzione ordinaria previsti dalla lettera a) dello stesso articolo. La legge di conversione n. 243, del 19 luglio 1993, peraltro, aveva nuovamente disposto l'applicazione dell'aliquota del 4% alle predette prestazioni, mantenendo l'aliquota del 9% per i soli interventi di recupero eseguiti sulle opere di cui al n. 127-quinquies) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (opere di urbanizzazione ed equiparate, edifici assimilati alle case di abitazione non di lusso). Attesa la mancata conversione della disposizione contenuta nel decreto-legge, per la parte relativa agli interventi di recupero effettuate su edifici diversi da quelli di cui al richiamato n. 127-quinquies), detti interventi devono ritenersi assoggettati all'aliquota del 4% anche per quanto riguarda le prestazioni effettuate durante il periodo di vigenza del decreto-legge. Successivamente l'art. 36 del decreto-legge n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, mediante riformulazione del n. 25) della richiamata tabella A, parte seconda, e del n. 127-quaterdecies) della parte terza della medesima tabella, ha escluso l'applicazione di aliquote ridotte per le prestazioni di servizi relative agli interventi di manutenzione straordinaria, di cui all'art. 31, lettera b), della legge n. 457 del 1978, le quali, pertanto, a decorrere dal 30 agosto 1993, restano assoggettate all'aliquota ordinaria del 19%, al pari di quelle relative agli interventi di manutenzione ordinaria, indicati alla lettera a) del cennato art. 31. Da ultimo, l'art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1994, n. 557, ha apportato ulteriori modificazioni alla disciplina descritta. In particolare, riformulando il n. 39) della tabella A, parte seconda e il n. 127-quaterdecies) della parte terza della stessa tabella, il legislatore ha disposto, a decorrere dal 1 gennaio 1994, l'applicazione generalizzata dell'aliquota del 9% alle prestazioni dipendenti da contratti d'appalto aventi ad oggetto la realizzazione degli interventi di recupero di cui alle lettere c), d) ed e) dell'art. 31 della legge n. 457 del 1978 (rispettivamente restauro risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica) a prescindere dalla tipologia dell'immobile oggetto del recupero. Si fa presente, infine, che l'art. 36, comma 2-bis, del decreto-legge n. 331, inserito dalla citata legge di conversione n. 427 del 1993, ha introdotto nella tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il n. 41-ter) relativo alle prestazioni dipendenti da contratti d'appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche. Cio' comporta che le dette prestazioni restano assoggettate, a decorrere dalla data di entrata in vigore della richiamata legge n. 427, all'aliquota IVA del 4%, anche nelle ipotesi in cui l'abbattimento delle barriere architettoniche concretizza un semplice intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria di cui alle lettere a) e b) dell'art. 31 della legge n. 457 del 1978. 6. Cessioni di immobili sui quali sono stati eseguiti interventi di recupero. L'art. 36, comma 2, del ripetuto decreto-legge n. 331 del 1993, aveva riformulato il n. 25) della tabella A, parte seconda, nel senso di assoggettare all'aliquota del 4% le cessioni di fabbricati, o porzioni di essi, che avessero formato oggetto degli interventi di recupero di cui all'art. 31, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457, purche' dette cessioni fossero effettuate dalle imprese che avevano realizzato gli interventi. La legge n. 427 del 1993, di conversione del predetto decreto, aveva inserito inoltre una nuova voce, contraddistinta dal n. 127-quinquiesdecies), alla tabella A, parte terza, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con l'effetto di rendere applicabile l'aliquota del 9% alle cessioni delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies) (opere di urbanizzazione ed equiparate, edifici assimilati alle case di abitazione di tipo economico, ecc.) sui quali fossero stati eseguiti gli interventi di recupero. L'art. 4 del decreto-legge n. 557, peraltro, ha provveduto ad unificare il trattamento di aliquota delle cessioni di immobili che hanno formato oggetto di interventi di recupero, di cui alle lettere c), d) ed e) della legge n. 457 del 1978, eliminando la esistente differenziazione, collegata alla natura dell'immobile, che penalizzava le opere di urbanizzazione ed equiparate e gli edifici assimilati alle case non di lusso rispetto agli altri fabbricati (case di abitazione, negozi, uffici, ecc.). Infatti la soppressione del punto 25) della parte seconda della tabella A, e la contestuale modifica del punto 127-quin quiesdecies)della parte terza della medesima tabella, determinano l'applicabilita' dell'aliquota del 9% a tutte le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati (compresi anche gli edifici assimilati alle case di abitazione, le opere di urbanizzazione ed equiparate ed altri edifici a destinazione non abitativa) effettuate dalle imprese che hanno realizzato gli interventi. E' appena il caso di precisare che, ove la cessione di un immobile recuperato sia effettuata da un soggetto diverso dall'impresa che ha realizzato l'intervento, non trovando applicazione la cennata disposizione agevolativa, si rende applicabile l'aliquota prevista in via generale per le cessioni degli immobili di quel determinato tipo. Si fa presente, inoltre, che la disposizione relativa alle cessioni degli immobili recuperati non trova applicazione nei casi in cui l'immobile ceduto abbia caratteristiche non di lusso e costituisca "prima casa" per l'acquirente. Si rende, infatti, applicabile, in tale ipotesi, la minore aliquota del 4%. 7. Materie prime e semilavorate. Per quanto concerne le materie prime e semilavorate per l'edilizia l'art. 36, comma 4, n. 15, del decreto-legge n. 331 del 1993 aveva elevato dal 9% al 12% l'aliquota IVA applicabile alle relative cessioni, riproponendo la stessa elencazione gia' contenuta nel n. 116) della tabella A, parte terza, con l'unica esclusione degli acciai impiegati per l'edilizia alle cui cessioni si rende pertanto applicabile l'aliquota ordinaria del 19%. A partire dal 1 gennaio le cessioni in questione scontano l'aliquota del 13% a seguito della disposizione recata dall'art. 4, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, che ha elevato, in via generale, l'aliquota del 12% al 13%. Alla medesima aliquota IVA del 13% vengono altresi' assoggettati i materiali ed i prodotti dell'industria lapidea, precedentemente assoggettati al 12% ai sensi dell'art. 36, comma 4, n. 12, del decreto-legge n. 331 del 1993. In merito a questi beni si rende opportuno rammentare la disposizione contenuta nel comma 13-bis dell'art. 3 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1990, n. 165, laddove si stabilisce che sono comunque soggetti all'aliquota ordinaria gli oggetti d'arte, di arredo o di carattere ornamentale, anche se fabbricati esclusivamente con prodotti lapidei. Le disposizioni richiamate, avendo carattere oggettivo, si rendono applicabili in qualsiasi fase della commercializzazione dei materiali e prodotti di cui trattasi, indipendentemente dall'impiego al quale essi sono destinati. 8. Beni finiti. Il regime di aliquota applicabile ai beni finiti, diversi quindi dalle predette materie prime e semilavorate, forniti per la realizzazione delle costruzioni, e' desumibile dalla lettura congiunta dell'art. 16 del decreto-legge n. 155 del 1993 e dell'art. 36 del decreto-legge n. 331 del 1993. In particolare ai sensi del punto n. 24) della tabella A, parte seconda, nel testo risultante a seguito delle ulteriori modificazioni apportate dal decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, l'aliquota del 4 per cento e' applicabile ai beni in questione forniti per la costruzione, anche in economia, di fabbricati di tipo economico aventi le caratteristiche richieste dalla piu' volta richiamata legge n. 408 del 1949 e successive modifiche e integrazioni (compresi, quindi, i rapporti proporzionali ivi previsti), nonche' delle costruzioni rurali. Resta quindi immutata l'aliquota IVA applicabile alla cessione di beni finiti utilizzati per la realizzazione di immobili di edilizia abitativa di tipo economico, anche nelle ipotesi in cui le cessioni di tali immobili, o delle relative porzioni, non siano poi soggette alla medesima aliquota del 4%. Diversamente, in base all'art. 36, comma 3, lettera c), che ha aggiunto alla tabella A, parte terza, il numero 127-sexies), le cessioni dei beni finiti in discorso sono assoggettate all'aliquota del 9% quando gli stessi sono forniti per la realizzazione delle seguenti costruzioni: opere di urbanizzazione primaria e secondaria; linee di trasporto metropolitane, tramviarie ed altre linee ad impianto fisso; impianti di produzione e reti di distribuzione di calore-energia (teleriscaldamento); impianti di produzione e reti di distribuzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica; impianti di depurazione destinati ad essere collegati a reti fognarie anche intercomunali, e relativi collettori di adduzione; edifici di cui all'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659, assimilati ai fabbricati di tipo economico di cui alla legge n. 408 del 1949; altri edifici ed impianti equiparati, in base a disposizioni speciali, alle opere di urbanizzazione. Per quanto concerne il trattamento di aliquota applicabile alla cessione di beni finiti forniti per la realizzazione degli interventi di recupero, occorre far riferimento all'art. 4, comma 2, del decreto-legge n. 557 del 1993 il quale, riformulando il n. 24 della parte seconda, ed il n. 127-terdecies) della parte terza della tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, assoggetta alla aliquota del 9% tutte le cessioni di beni finiti forniti per la realizzazione degli interventi di recupero agevolati (art. 31, lettere c), d) ed e), della legge n. 457 del 1978). Fino al 31 dicembre 1993 il n. 24 della tabella A, parte seconda, come riformulato dall'art. 36 del decreto-legge n. 331 del 1993, disponeva l'assoggettamento all'aliquota del 4% delle cessioni di beni finiti forniti per la realizzazione degli interventi di recupero di cui all'art. 31 della legge n. 457 del 1978, esclusi quelli di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria di cui alle lettere a) e b) del medesimo art. 31. Per determinare la esatta portata della citata norma, doveva tuttavia, tenersi conto della disposizione recata dal numero 127-terdecies) della tabella A, parte terza, nella riformulazione introdotta dall'art. 36, comma 3, del decreto-legge n. 331 del 1993 citato, che rendeva, invece, soggetti all'aliquota del 9% i medesimi beni utilizzati per effettuare interventi di recupero (esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) dell'art. 31 della legge n. 457) delle opere, degli impianti e degli edifici indicati al n. 127-quinquies). Le modifiche introdotte dal citato decreto-legge n. 557 come gia' accennato hanno quindi uniformato la disciplina della aliquota IVA applicabile alle cessioni di beni finiti, forniti per la realizzazione degli interventi di recupero, superando la precedente differenziazione legata alla natura dell'immobile. Per "beni finiti" cui si applicano le aliquote agevolate si intendono quelli che anche successivamente al loro impiego nella costruzione o nell'intervento di recupero non perdono la loro individualita', pur incorporandosi nell'immobile. Si richiama in proposito quanto gia' chiarito con la circolare n. 14 del 17 aprile 1981, nella quale veniva precisato, tra l'altro, che non sono da considerare beni finiti quelli che, pur essendo prodotti finiti per il cedente, costituiscono materie prime e semilavorate per il cessionario (es. mattoni, maioliche, chiodi, ecc.). Sono da considerare beni finiti, a titolo esemplificativo, gli ascensori, i montacarichi, gli infissi, i sanitari, i prodotti per gli impianti idrici, elettrici, a gas, ecc. Si precisa, infine, che l'applicazione dell'aliquota ridotta, prevista solo nella fase finale di commercializzazione dei beni, e' subordinata al rilascio di una dichiarazione da parte dell'acquirente circa l'utilizzazione dei beni stessi ed e' estensibile anche alle relative prestazioni di posa in opera da parte del soggetto cedente, che si configurino come operazioni accessorie nei sensi indicati dall'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Al di fuori di queste specifiche fattispecie, le cessioni di beni in questione sono soggette all'aliquota ordinaria del 19%. * * * Si allegano alla presente circolare uno schema riassuntivo delle operazioni concernenti il settore dell'edilizia con l'indicazione delle corrispondenti aliquote IVA applicabili (allegato A) ed i testi della principale normativa richiamata (allegato B). Gli uffici in indirizzo avranno cura di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare. Il Ministro: GALLO