Art. 7 
 
Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle
aree protette e vulnerabili e modifiche alla legge n. 157 del 1992 
 
  1. E' vietata l'immissione di  cinghiali  su  tutto  il  territorio
nazionale, ad eccezione delle aziende  faunistico-venatorie  e  delle
aziende  agri-turistico-venatorie   adeguatamente   recintate.   Alla
violazione  di  tale  divieto  si  applica   la   sanzione   prevista
dall'articolo 30, comma 1, lettera l), della legge 11 febbraio  1992,
n. 157. 
  2. E' vietato il  foraggiamento  di  cinghiali,  ad  esclusione  di
quello finalizzato alle attivita' di controllo.  Alla  violazione  di
tale divieto si applica la sanzione prevista dall'articolo 30,  comma
1, lettera l), della citata legge n. 157 del 1992. 
  3. Fermi restando i divieti di cui ai commi 1 e 2, entro  sei  mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le
province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   adeguano   i   piani
faunistico-venatori di cui all'articolo 10 della  legge  11  febbraio
1992, n. 157, provvedendo  alla  individuazione,  nel  territorio  di
propria  competenza,  delle  aree  nelle  quali,  in  relazione  alla
presenza o alla contiguita' con aree naturali  protette  o  con  zone
caratterizzate   dalla   localizzazione   di   produzioni    agricole
particolarmente vulnerabili, e' fatto divieto di allevare e immettere
la specie cinghiale (Sus scrofa). 
  4. All'articolo 19-bis della legge 11 febbraio  1992,  n.  157,  e'
aggiunto, in fine, il seguente comma: 
  «6-bis. Ai fini dell'esercizio delle deroghe previste dall'articolo
9 della direttiva 2009/147/CE, le regioni, in sede di rilascio  delle
autorizzazioni per il prelievo dello  storno  (Sturnus  vulgaris)  ai
sensi del presente  articolo,  con  riferimento  alla  individuazione
delle condizioni di rischio e delle circostanze di luogo,  consentono
l'esercizio dell'attivita' di prelievo qualora esso sia praticato  in
prossimita'  di  nuclei  vegetazionali  produttivi   sparsi   e   sia
finalizzato  alla  tutela  della  specificita'   delle   coltivazioni
regionali». 
  5. Alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono apportate le  seguenti
modificazioni: 
    a) all'articolo 2, il comma 2 e' sostituito dal seguente: 
  «2. Le norme della presente legge non si applicano alle  talpe,  ai
ratti, ai topi propriamente detti, alle  nutrie,  alle  arvicole.  In
ogni caso, per le specie alloctone, comprese quelle di cui al periodo
precedente, con esclusione delle specie individuate dal  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  19
gennaio 2015,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  31  del  7
febbraio 2015, la gestione e' finalizzata all'eradicazione o comunque
al  controllo  delle  popolazioni;  gli  interventi  di  controllo  o
eradicazione sono realizzati come disposto dall'articolo 19»; 
  b) all'articolo 2, il comma 2-bis e' abrogato; 
  c) all'articolo 5, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti: 
  «3-bis.  L'autorizzazione  rilasciata  ai   sensi   del   comma   3
costituisce titolo abilitativo e condizione per la  sistemazione  del
sito e  l'istallazione  degli  appostamenti  strettamente  funzionali
all'attivita',   che    possono    permanere    fino    a    scadenza
dell'autorizzazione stessa e che, fatte salve le preesistenze a norma
delle leggi vigenti,  non  comportino  alterazione  permanente  dello
stato dei luoghi, abbiano natura precaria, siano realizzati in  legno
o con altri materiali  leggeri  o  tradizionali  della  zona,  o  con
strutture  in  ferro  anche  tubolari,  o  in  prefabbricato   quando
interrati o immersi, siano privi  di  opere  di  fondazione  e  siano
facilmente    ed    immediatamente    rimuovibili    alla    scadenza
dell'autorizzazione. 
  3-ter. Le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
definiscono con proprie norme le caratteristiche  degli  appostamenti
nel rispetto del comma 3-bis». 
 
          Note all'art. 7: 
              Si riporta il testo degli articoli 30,  comma  1  e  10
          della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157  "Norme  per  la
          protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per   il
          prelievo venatorio", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
          46 del 25 febbraio 1992: 
              "Art. 30 Sanzioni penali. - 1. Per le violazioni  delle
          disposizioni della presente legge e delle  leggi  regionali
          si applicano le seguenti sanzioni: 
              a) l'arresto da tre mesi ad un anno o l'ammenda da lire
          1.800.000 a lire 5.000.000 (da euro 929 a euro  2.582)  per
          chi esercita la caccia  in  periodo  di  divieto  generale,
          intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura
          fissata dall'art. 18; 
              b) l'arresto da due a otto mesi  o  l'ammenda  da  lire
          1.500.000 a lire 4.000.000 (da euro 774 a euro  2.065)  per
          chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi
          nell'elenco di cui all'art. 2; 
              c) l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire
          2.000.000 a lire 12.000.000 (da euro 1.032  a  euro  6.197)
          per chi abbatte,  cattura  o  detiene  esemplari  di  orso,
          stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo; 
              d) l'arresto fino  a  sei  mesi  e  l'ammenda  da  lire
          900.000 a lire 3.000.000 (da euro 464 a euro 1.549) per chi
          esercita  la  caccia  nei  parchi  nazionali,  nei   parchi
          naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle  oasi  di
          protezione, nelle zone  di  ripopolamento  e  cattura,  nei
          parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad  attivita'
          sportive; 
              e) l'arresto fino  ad  un  anno  o  l'ammenda  da  lire
          1.500.000 a lire 4.000.000 (da euro 774 a euro  2.065)  per
          chi esercita l'uccellagione; 
              f) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda  fino  a  lire
          1.000.000 (euro 516) per chi esercita la caccia nei  giorni
          di silenzio venatorio; 
              g) l'ammenda fino a lire 6.000.000 (euro 3.098) per chi
          abbatte, cattura  o  detiene  esemplari  appartenenti  alla
          tipica  fauna  stanziale  alpina,  non  contemplati   nella
          lettera b), della quale sia vietato l'abbattimento; 
              h) l'ammenda fino a lire 3.000.000 (euro 1.549) per chi
          abbatte, cattura o detiene specie di  mammiferi  o  uccelli
          nei cui confronti la caccia non e' consentita o fringillidi
          in numero superiore a cinque o per chi esercita  la  caccia
          con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita
          la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'art.
          21, comma 1, lettera r). Nel caso  di  tale  infrazione  si
          applica altresi' la misura della confisca dei richiami; 
              i) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda  fino  a  lire
          4.000.000 (euro 2.065) per chi esercita la caccia  sparando
          da autoveicoli, da natanti o da aeromobili; 
              l) l'arresto da due a sei  mesi  o  l'ammenda  da  lire
          1.000.000 a lire 4.000.000 (da euro 516 a euro  2.065)  per
          chi pone in commercio o detiene a tal fine fauna  selvatica
          in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la
          fauna di cui alle  lettere  b),  c)  e  g),  le  pene  sono
          raddoppiate." 
              "Art. 10  Piani  faunistico-venatori.  -  1.  Tutto  il
          territorio agro-silvo-pastorale  nazionale  e'  soggetto  a
          pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto
          attiene alle specie  carnivore,  alla  conservazione  delle
          effettive capacita' riproduttive e al contenimento naturale
          di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie,  al
          conseguimento  della   densita'   ottimale   e   alla   sua
          conservazione mediante la  riqualificazione  delle  risorse
          ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. 
              2. Le regioni e le province, con le modalita'  previste
          ai commi 7 e 10, realizzano la  pianificazione  di  cui  al
          comma  1  mediante  la   destinazione   differenziata   del
          territorio. 
              3. Il territorio agro-silvo-pastorale di  ogni  regione
          e' destinato per una  quota  dal  20  al  30  per  cento  a
          protezione della fauna selvatica, fatta  eccezione  per  il
          territorio delle Alpi di ciascuna regione, che  costituisce
          zona faunistica a se' stante ed e' destinato  a  protezione
          nella  percentuale  dal  10  al  20  per  cento.  In  dette
          percentuali sono compresi  i  territori  ove  sia  comunque
          vietata l'attivita' venatoria anche per  effetto  di  altre
          leggi o disposizioni. 
              4. Il territorio  di  protezione  di  cui  al  comma  3
          comprende anche i territori di cui al comma 8, lettere  a),
          b)  e  c).  Si  intende  per  protezione  il   divieto   di
          abbattimento e cattura  a  fini  venatori  accompagnato  da
          provvedimenti atti ad agevolare la sosta  della  fauna,  la
          riproduzione, la cura della prole. 
              5. Il territorio  agro-silvo-pastorale  regionale  puo'
          essere destinato nella percentuale massima globale  del  15
          per cento a caccia riservata a gestione  privata  ai  sensi
          dell'art. 16, comma 1, e a centri privati  di  riproduzione
          della fauna selvatica allo stato naturale. 
              6. Sul  rimanente  territorio  agro-silvo-pastorale  le
          regioni promuovono  forme  di  gestione  programmata  della
          caccia, secondo le modalita' stabilite dall'art. 14. 
              7. Ai fini della pianificazione generale del territorio
          agro-silvo-pastorale     le     province     predispongono,
          articolandoli    per    comprensori     omogenei,     piani
          faunistico-venatori.  Le  province  predispongono  altresi'
          piani  di  miglioramento  ambientale  tesi  a  favorire  la
          riproduzione naturale di fauna selvatica nonche'  piani  di
          immissione di fauna selvatica anche tramite la  cattura  di
          selvatici presenti in soprannumero nei parchi  nazionali  e
          regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento
          delle  compatibilita'  genetiche  da  parte   dell'Istituto
          nazionale   per   la   fauna   selvatica   e   sentite   le
          organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato
          tecnico  faunistico-venatorio  nazionale  tramite  le  loro
          strutture regionali. 
              8. I  piani  faunistico-venatori  di  cui  al  comma  7
          comprendono: 
              a) le oasi di protezione, destinate  al  rifugio,  alla
          riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; 
              b) le zone di ripopolamento e cattura,  destinate  alla
          riproduzione della fauna selvatica allo stato  naturale  ed
          alla cattura della stessa per l'immissione  sul  territorio
          in tempi e condizioni  utili  all'ambientamento  fino  alla
          ricostituzione  e  alla  stabilizzazione   della   densita'
          faunistica ottimale per il territorio; 
              c)  i  centri  pubblici  di  riproduzione  della  fauna
          selvatica allo stato naturale, ai  fini  di  ricostituzione
          delle popolazioni autoctone; 
              d) i centri privati di riproduzione di fauna  selvatica
          allo  stato  naturale,  organizzati  in  forma  di  azienda
          agricola singola, consortile o cooperativa, ove e'  vietato
          l'esercizio dell'attivita' venatoria ed  e'  consentito  il
          prelievo  di  animali  allevati   appartenenti   a   specie
          cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola,  di
          dipendenti  della  stessa  e  di  persone   nominativamente
          indicate; 
              e)  le  zone   e   i   periodi   per   l'addestramento,
          l'allenamento e le gare di cani anche  su  fauna  selvatica
          naturale o  con  l'abbattimento  di  fauna  di  allevamento
          appartenente a specie  cacciabili,  la  cui  gestione  puo'
          essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero
          ad imprenditori agricoli singoli o associati; 
              f) i criteri per la determinazione del risarcimento  in
          favore  dei  conduttori  dei  fondi  rustici  per  i  danni
          arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni  agricole  e
          alle opere approntate su fondi vincolati per gli  scopi  di
          cui alle lettere a), b) e c); 
              g) i criteri per la corresponsione degli  incentivi  in
          favore dei proprietari  o  conduttori  dei  fondi  rustici,
          singoli o associati, che si impegnino  alla  tutela  ed  al
          ripristino degli habitat naturali  e  all'incremento  della
          fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); 
              h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili
          gli appostamenti fissi. 
              9.  Ogni  zona  dovra'  essere  indicata   da   tabelle
          perimetrali,  esenti  da  tasse,  secondo  le  disposizioni
          impartite  dalle  regioni,  apposte   a   cura   dell'ente,
          associazione o privato che sia preposto o incaricato  della
          gestione della singola zona. 
              10.    Le    regioni    attuano    la    pianificazione
          faunistico-venatoria mediante il  coordinamento  dei  piani
          provinciali di cui al comma 7  secondo  criteri  dei  quali
          l'Istituto nazionale per la fauna selvatica  garantisce  la
          omogeneita' e la congruenza a norma del comma  11,  nonche'
          con l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso  di  mancato
          adempimento da parte delle province dopo dodici mesi  dalla
          data di entrata in vigore della presente legge. 
              11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in  vigore
          della presente legge, l'Istituto  nazionale  per  la  fauna
          selvatica trasmette al Ministro  dell'agricoltura  e  delle
          foreste e al  Ministro  dell'ambiente  il  primo  documento
          orientativo circa i criteri di omogeneita' e congruenza che
          orienteranno  la  pianificazione  faunistico-venatoria.   I
          Ministri, d'intesa, trasmettono alle  regioni  con  proprie
          osservazioni  i  criteri  della  programmazione,  che  deve
          essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e  della
          consistenza  faunistica,  da  conseguirsi  anche   mediante
          modalita' omogenee di rilevazione e di censimento. 
              12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i
          criteri per la individuazione dei  territori  da  destinare
          alla  costituzione  di  aziende  faunistico-venatorie,   di
          aziende agri-turistico-venatorie e  di  centri  privati  di
          riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. 
              13. La deliberazione che determina il  perimetro  delle
          zone da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b)
          e c), deve essere notificata ai  proprietari  o  conduttori
          dei fondi  interessati  e  pubblicata  mediante  affissione
          all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati. 
              14.  Qualora  nei  successivi   sessanta   giorni   sia
          presentata  opposizione  motivata,  in  carta  semplice  ed
          esente  da  oneri  fiscali,  da  parte  dei  proprietari  o
          conduttori dei fondi costituenti almeno  il  40  per  cento
          della superficie complessiva che si intende  vincolare,  la
          zona non puo' essere istituita. 
              15. Il consenso si intende validamente accordato  anche
          nel  caso  in  cui  non  sia   stata   presentata   formale
          opposizione. 
              16. Le regioni, in via  eccezionale,  ed  in  vista  di
          particolari  necessita'  ambientali,  possono  disporre  la
          costituzione coattiva di oasi di protezione e  di  zone  di
          ripopolamento e cattura, nonche' l'attuazione dei piani  di
          miglioramento ambientale di cui al comma 7. 
              17.  Nelle  zone  non  vincolate  per  la   opposizione
          manifestata  dai  proprietari   o   conduttori   di   fondi
          interessati, resta,  in  ogni  caso,  precluso  l'esercizio
          dell'attivita' venatoria. Le regioni possono  destinare  le
          suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione
          faunistico-venatoria." 
              Si riporta il testo degli articoli 19-bis, 2 e 5  della
          citata legge 11 febbraio  1992,  n.  157,  come  modificati
          dalla presente legge: 
              "Art.  19-bis.   Esercizio   delle   deroghe   previste
          dall'art. 9 della direttiva 2009/147/CE. -  1.  Le  regioni
          disciplinano  l'esercizio  delle  deroghe  previste   dalla
          direttiva  2009/147/CE  del  Parlamento   europeo   e   del
          Consiglio,  del  30  novembre  2009,   conformandosi   alle
          prescrizioni dell'art. 9,  ai  principi  e  alle  finalita'
          degli articoli  1  e  2  della  stessa  direttiva  ed  alle
          disposizioni della presente legge. 
              2. Le deroghe possono essere disposte dalle  regioni  e
          province autonome, con atto amministrativo, solo in assenza
          di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e  per
          periodi limitati. Le deroghe devono essere giustificate  da
          un'analisi puntuale dei presupposti e  delle  condizioni  e
          devono menzionare  la  valutazione  sull'assenza  di  altre
          soluzioni soddisfacenti, le specie che ne formano  oggetto,
          i mezzi, gli impianti e i metodi di  prelievo  autorizzati,
          le condizioni di rischio, le  circostanze  di  tempo  e  di
          luogo del prelievo,  il  numero  dei  capi  giornalmente  e
          complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e  le
          particolari forme di vigilanza cui il prelievo e'  soggetto
          e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto
          previsto dall'art. 27, comma 2.  I  soggetti  abilitati  al
          prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni. Fatte
          salve le deroghe adottate ai sensi dell'art.  9,  paragrafo
          1, lettera b), della  direttiva  2009/147/CE,  ai  soggetti
          abilitati e' fornito un tesserino sul quale  devono  essere
          annotati i capi oggetto  di  deroga  subito  dopo  il  loro
          recupero.  Le  regioni  prevedono  sistemi   periodici   di
          verifica  allo  scopo  di  sospendere  tempestivamente   il
          provvedimento  di   deroga   qualora   sia   accertato   il
          raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o
          dello scopo, in data antecedente a  quella  originariamente
          prevista. 
              3. Le deroghe di cui al comma 1 sono  adottate  sentito
          l'ISPRA e non possono avere comunque ad oggetto  specie  la
          cui  consistenza  numerica  sia   in   grave   diminuzione.
          L'intenzione di adottare un  provvedimento  di  deroga  che
          abbia ad oggetto specie migratrici deve entro  il  mese  di
          aprile di ogni anno essere comunicata all'ISPRA,  il  quale
          si  esprime  entro  e  non  oltre  quaranta  giorni   dalla
          ricezione  della  comunicazione.  Per   tali   specie,   la
          designazione della piccola quantita' per  deroghe  adottate
          ai sensi  dell'art.  9,  paragrafo  1,  lettera  c),  della
          direttiva  2009/147/CE  e'  determinata,   annualmente,   a
          livello  nazionale,  dall'ISPRA.   Nei   limiti   stabiliti
          dall'ISPRA, la Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
          Stato, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di
          Bolzano provvede a ripartire tra le regioni interessate  il
          numero  di  capi  prelevabili  per  ciascuna   specie.   Le
          disposizioni di cui  al  terzo  e  al  quarto  periodo  del
          presente comma non si applicano alle  deroghe  adottate  ai
          sensi dell'art. 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva
          2009/147/CE. 
              4. Il provvedimento di deroga, ad eccezione  di  quelli
          adottati ai sensi dell'art. 9,  paragrafo  1,  lettera  b),
          della direttiva 2009/147/CE, e' pubblicato  nel  Bollettino
          Ufficiale regionale almeno sessanta giorni prima della data
          prevista per l'inizio delle attivita'  di  prelievo.  Della
          pubblicazione  e'   data   contestuale   comunicazione   al
          Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
          mare. Fatto salvo il potere sostitutivo  d'urgenza  di  cui
          all'art. 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131,  il
          Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del
          Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del
          mare, diffida la regione  interessata  ad  adeguare,  entro
          quindici giorni dal ricevimento  della  diffida  stessa,  i
          provvedimenti  di  deroga  adottati  in  violazione   delle
          disposizioni  della  presente  legge  e   della   direttiva
          2009/147/CE. Trascorso tale termine  e  valutati  gli  atti
          eventualmente posti in essere dalla regione,  il  Consiglio
          dei Ministri, su  proposta  del  Ministro  dell'ambiente  e
          della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  ne   dispone
          l'annullamento. 
              5. Le regioni,  nell'esercizio  delle  deroghe  di  cui
          all'art.  9,  paragrafo  1,  lettera  a),  della  direttiva
          2009/147/CE, provvedono, ferma  restando  la  temporaneita'
          dei provvedimenti adottati, nel  rispetto  di  linee  guida
          emanate con decreto del  Presidente  della  Repubblica,  su
          proposta del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
          territorio e del mare, di concerto con  il  Ministro  delle
          politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con  la
          Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
          regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 
              6. Entro il 30 giugno di ogni  anno,  ciascuna  regione
          trasmette al Presidente del Consiglio dei  ministri  ovvero
          al  Ministro  per  gli  affari   regionali,   al   Ministro
          dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  al
          Ministro delle politiche agricole alimentari  e  forestali,
          al Ministro per gli affari europei, nonche'  all'ISPRA  una
          relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al  presente
          articolo;  detta  relazione  e'  altresi'  trasmessa   alle
          competenti Commissioni parlamentari. Nel caso risulti dalla
          relazione trasmessa che in una regione sia  stato  superato
          il numero massimo di capi prelevabili di cui  al  comma  3,
          quarto periodo, la  medesima  regione  non  e'  ammessa  al
          riparto nell'anno successivo. Il Ministro  dell'ambiente  e
          della  tutela  del  territorio   e   del   mare   trasmette
          annualmente alla Commissione europea la  relazione  di  cui
          all'art. 9, paragrafo 3, della direttiva 2009/147/CE. 
              6-bis. Ai fini dell'esercizio  delle  deroghe  previste
          dall'art. 9 della direttiva  2009/147/CE,  le  regioni,  in
          sede di rilascio delle autorizzazioni per il prelievo dello
          storno (Sturnus vulgaris) ai sensi del  presente  articolo,
          con riferimento alla  individuazione  delle  condizioni  di
          rischio  e   delle   circostanze   di   luogo,   consentono
          l'esercizio dell'attivita' di  prelievo  qualora  esso  sia
          praticato in prossimita' di nuclei vegetazionali produttivi
          sparsi e sia finalizzato  alla  tutela  della  specificita'
          delle coltivazioni regionali." 
              "Art. 2. Oggetto della tutela. - 1. Fanno  parte  della
          fauna selvatica oggetto della tutela della  presente  legge
          le specie di mammiferi e  di  uccelli  dei  quali  esistono
          popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in  stato
          di  naturale  liberta'  nel  territorio   nazionale.   Sono
          particolarmente   protette,   anche   sotto   il    profilo
          sanzionatorio, le seguenti specie: 
              a) mammiferi:  lupo  (Canis  lupus),  sciacallo  dorato
          (Canis  aureus),  orso  (Ursus  arctos),  martora   (Martes
          martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra  lutra),
          gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lynx lynx), foca
          monaca (Monachus monachus),  tutte  le  specie  di  cetacei
          (Cetacea),  cervo  sardo   (Cervus   elaphus   corsicanus),
          camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica); 
              b) uccelli: marangone minore  (Phalacrocorax  pigmeus),
          marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte  le
          specie  di  pellicani  (Pelecanidae),  tarabuso   (Botaurus
          stellaris),  tutte  le  specie  di  cicogne   (Ciconiidae),
          spatola   (Platalea   leucorodia),   mignattaio   (Plegadis
          falcinellus),  fenicottero  (Phoenicopterus  ruber),  cigno
          reale  (Cygnus  olor),  cigno  selvatico  (Cygnus  cygnus),
          volpoca (Tadorna tadorna), fistione turco  (Netta  rufina),
          gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala), tutte le  specie  di
          rapaci  diurni  (Accipitriformes  e  falconiformes),  pollo
          sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina
          prataiola  (Tetrax  tetrax),  gru  (Grus   grus),   piviere
          tortolino (Eudromias morinellus),  avocetta  (Recurvirostra
          avosetta),  cavaliere  d'Italia  (Himantopus   himantopus),
          occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di  mare  (Glareola
          pratincola), gabbiano  corso  (Larus  audouinii),  gabbiano
          corallino (Larus  melanocephalus),  gabbiano  roseo  (Larus
          genei), sterna zampenere  (Gelochelidon  nilotica),  sterna
          maggiore  (Sterna  caspia),  tutte  le  specie  di   rapaci
          notturni   (Strigiformes),   ghiandaia   marina   (Coracias
          garrulus), tutte le specie di  picchi  (Picidae),  gracchio
          corallino (Phyrrhocorax pyrrhocorax); 
              c) tutte le altre specie che  direttive  comunitarie  o
          convenzioni   internazionali   o   apposito   decreto   del
          Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   indicano   come
          minacciate di estinzione. 
              2. Le norme della presente legge non si applicano  alle
          talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti,  alle  nutrie,
          alle arvicole. In  ogni  caso,  per  le  specie  alloctone,
          comprese  quelle  di  cui  al   periodo   precedente,   con
          esclusione  delle  specie  individuate  dal   decreto   del
          Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del
          mare 19 gennaio 2015, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale
          n. 31 del 7  febbraio  2015,  la  gestione  e'  finalizzata
          all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni;
          gli interventi di controllo o eradicazione sono  realizzati
          come disposto dall'art. 19. 
              2-bis.(abrogato) 
              3.  Il  controllo  del  livello  di  popolazione  degli
          uccelli negli aeroporti, ai fini della sicurezza aerea,  e'
          affidato al Ministro dei trasporti." 
              "Art. 5 Esercizio venatorio  da  appostamento  fisso  e
          richiami vivi. - 1. Le  regioni,  su  parere  dell'Istituto
          nazionale  per  la  fauna  selvatica,  emanano  norme   per
          regolamentare l'allevamento, la vendita e la detenzione  di
          uccelli  allevati  appartenenti  alle  specie   cacciabili,
          nonche' il loro uso in funzione di richiami. 
              2. Le regioni  emanano  altresi'  norme  relative  alla
          costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi  di
          cattura appartenenti alle specie di cui all'art.  4,  comma
          4, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l'attivita'
          venatoria ai sensi dell'art. 12, comma 5,  lettera  b),  la
          detenzione di un numero massimo di dieci  unita'  per  ogni
          specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta  unita'.
          Per i cacciatori che esercitano  l'attivita'  venatoria  da
          appostamento temporaneo con richiami vivi, il patrimonio di
          cui sopra non potra' superare il numero massimo complessivo
          di dieci unita'. 
              3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione  degli
          appostamenti fissi, che le province  rilasciano  in  numero
          non superiore a  quello  rilasciato  nell'annata  venatoria
          1989-1990. 
              3-bis. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 3
          costituisce  titolo  abilitativo  e   condizione   per   la
          sistemazione del sito e l'istallazione  degli  appostamenti
          strettamente   funzionali   all'attivita',   che    possono
          permanere fino a scadenza dell'autorizzazione stessa e che,
          fatte salve le preesistenze a norma  delle  leggi  vigenti,
          non  comportino  alterazione  permanente  dello  stato  dei
          luoghi, abbiano natura precaria, siano realizzati in  legno
          o con altri materiali leggeri o tradizionali della zona,  o
          con strutture in ferro anche tubolari, o  in  prefabbricato
          quando  interrati  o  immersi,  siano  privi  di  opere  di
          fondazione e siano facilmente ed immediatamente rimuovibili
          alla scadenza dell'autorizzazione. 
              3-ter. Le regioni e le province autonome di Trento e di
          Bolzano definiscono con proprie  norme  le  caratteristiche
          degli apposta-menti nel rispetto del comma 3-bis. 
              4. L'autorizzazione di  cui  al  comma  3  puo'  essere
          richiesta da coloro che ne erano  in  possesso  nell'annata
          venatoria  1989-1990.  Ove  si   realizzi   una   possibile
          capienza,  l'autorizzazione  puo'  essere  richiesta  dagli
          ultrasessantenni  nel  rispetto  delle  priorita'  definite
          dalle norme regionali. 
              5. Non sono  considerati  fissi  ai  sensi  e  per  gli
          effetti di cui all'art. 12, comma 5, gli  appostamenti  per
          la caccia agli ungulati e ai colombacci e gli  appostamenti
          di cui all'art. 14, comma 12. 
              6. L'accesso con armi  proprie  all'appostamento  fisso
          con l'uso di  richiami  vivi  e'  consentito  unicamente  a
          coloro che hanno optato per  la  forma  di  caccia  di  cui
          all'art. 12,  comma  5,  lettera  b).  Oltre  al  titolare,
          possono  accedere   all'appostamento   fisso   le   persone
          autorizzate dal titolare medesimo. 
              7.  E'  vietato  l'uso  di  richiami  che   non   siano
          identificabili  mediante   anello   inamovibile,   numerato
          secondo  le  norme  regionali  che  disciplinano  anche  la
          procedura in materia. 
              8.  La  sostituzione  di  un  richiamo  puo'   avvenire
          soltanto  dietro  presentazione  all'ente  competente   del
          richiamo morto da sostituire. 
              9.  E'  vietata  la  vendita  di  uccelli  di   cattura
          utilizzabili come richiami vivi per l'attivita' venatoria."