3. Altre tipologie di incarichi 3.1 Incarichi conferiti ai sensi dell'art. 15 septies del d.lgs. 502/1992 La tipologia di incarichi (38) di cui al presente paragrafo rappresenta, tra le fattispecie descritte, quella che verosimilmente piu' si caratterizza per la prevalente natura discrezionale della procedura di affidamento dell'incarico. A cio' si aggiunga che si tratta di incarico a tempo determinato attribuito al di fuori delle procedure ordinarie di reclutamento del personale, seppure nei limiti previsti dalla normativa vigente e nel rispetto dei vincoli dei tetti di spesa. A tale fattispecie si e' fatto un progressivo diffuso ricorso negli ultimi anni da parte delle aziende sanitarie, con particolare riferimento a quelle afferenti alle regioni sottoposte ai c.d. piani di rientro. In tali regioni, infatti, la perdurante applicazione della manovra del blocco totale o parziale del turn over ha determinato, invero, un incremento del ricorso a tali procedure di reclutamento delle professionalita' necessarie/carenti, con l'effetto paradossale di eludere la manovra del blocco delle assunzioni e di conferire carattere di instabilita' all'organizzazione specie per taluni ruoli apicali oggetto di conferimento ai sensi dell'art. 15 septies del d.lgs. 502/1992. Tuttavia, a fronte del prevalente interesse pubblico del pieno assolvimento dei livelli essenziali di assistenza, sotteso al ricorso a incarichi afferenti a tale tipologia, riconosciuto anche dalla magistratura contabile in sede di controllo (39), non e' da escludersi la possibilita' di un uso opportunistico e distorto di tale previsione normativa, anche in considerazione del prevalere della natura fiduciaria dell'incarico. Al fine quindi di supportare le organizzazioni sanitarie nell'individuazione di possibili rischi e relative misure di prevenzione, si forniscono anche per questo ambito raccomandazioni volte a massimizzare i livelli di trasparenza delle relative procedure attraverso anche un processo selettivo che dia conto dei criteri e delle scelte operate. Nello specifico, tenuto conto della connotazione di eccezionalita' che contraddistingue il ricorso a tale modalita' di conferimento di incarichi per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico - in quanto ipotesi derogatoria rispetto alle regole generali per le assunzioni - , valgono anche per questa tipologia di incarichi le misure previste sia per gli altri incarichi dirigenziali che per le sostituzioni, ovvero: a) pubblicazione, aggiornamento e monitoraggio periodici delle posizioni/funzioni non ricoperte; b) esplicitazione in dettaglio e relativa pubblicizzazione della motivazione del ricorso alla suddetta procedura derogatoria, compresa la motivazione del mancato espletamento dei concorsi per il reclutamento ordinario e la motivazione alla base della durata dell'incarico; c) esplicitazione, negli atti relativi al procedimento di nomina, della motivazione sottesa alla scelta in relazione ai requisiti professionali e ai criteri di selezione. Inoltre, per le medesime ragioni connesse all'eccezionalita' del ricorso a tale tipologia di incarico, le amministrazioni sanitarie destinatarie del presente Piano, dovranno attribuire al soggetto esclusivamente l'unica funzione per la quale e' stata attivata la specifica procedura in relazione ai requisiti ed alle caratteristiche per i quali la professionalita' e' stata scelta. La durata dell'incarico di cui alla lettera b) deve cessare in ogni caso al completamento delle procedure concorsuali per la copertura in via ordinaria della posizione dirigenziale di cui trattasi. In ogni caso, al fine di perseguire i massimi livelli di trasparenza e di imparzialita' nell'attribuzione degli incarichi, gli enti del SSN che abbiano funzioni prive di figure dirigenziali, ove si trovino nell'impossibilita' documentata di espletare procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato, e' opportuno che ricorrano a procedure concorsuali per il reclutamento delle relative figure dirigenziali ancorche' a tempo determinato cosi' da assicurare procedure ad evidenza pubblica, e non alla fattispecie di cui all'art. 15-septies del d.lgs. 502/1992, in considerazione della tipicita' e della straordinarieta' di questo istituto. 3.2 Personale proveniente dagli ospedali classificati Il personale dirigente proveniente dagli ospedali classificati (40) rientra nei casi disciplinati dall'art. 15 undecies del d.lgs. 502/1992; quest'ultimo costituisce un ambito limitato con accesso diversificato per i dipendenti di strutture private classificate o ospedali classificati che abbiano, a loro volta, acceduto alla struttura classificata o equiparata o con percorso di natura concorsuale oppure con chiamata diretta e che siano successivamente transitati alla struttura pubblica. La normativa vigente e gli orientamenti del Ministero della salute consolidatisi al riguardo, prevedono, con riferimento ai casi disciplinati dall'art. 15 undecies del d.lgs. 502/1992, relativi al personale proveniente dagli ospedali classificati, la possibilita' per lo stesso di vedere riconosciute le medesime prerogative dei medici delle strutture pubbliche, quali l'anzianita' di servizio o il riconoscimento dei titoli. Ne deriva quindi l'esigenza, dettata da ragioni di coerenza, rispetto agli accennati orientamenti, dell'estensione delle misure indicate nel presente approfondimento con riferimento al personale delle aziende sanitarie pubbliche, anche alle procedure di reclutamento del personale all'interno di questi enti. Rotazione del personale Premessa Nel presente approfondimento si intendono fornire, alle aziende sanitarie e agli altri enti assimilati del SSN, indicazioni generali di tipo organizzativo e di pianificazione strategica, che inducano un percorso virtuoso finalizzato a rendere praticabile la rotazione degli incarichi nell'organizzazione sanitaria attraverso un'adeguata programmazione nei tempi e nelle modalita', secondo criteri che non vadano a detrimento del principio di continuita' dell'azione amministrativa. Il ricorso alla rotazione puo' concorrere, come anche indicato nella parte generale del PNA, insieme alle altre misure di prevenzione, a prevenire e ridurre, evitando il determinarsi di possibili fattori di condizionamento, eventuali eventi corruttivi con particolare riferimento alle aree a piu' elevato rischio. Per le considerazioni di cui sopra, la rotazione va vista prioritariamente come strumento ordinario di organizzazione ed utilizzo ottimale delle risorse umane, da non assumere in via emergenziale o con valenza punitiva e, come tale, va accompagnato e sostenuto anche da percorsi di formazione che consentano una riqualificazione professionale. 1. Criticita' ed elementi di valutazione In sanita' l'applicabilita' del principio della rotazione presenta delle criticita' peculiari in ragione della specificita' delle competenze richieste nello svolgimento delle funzioni apicali. Il settore clinico e' sostanzialmente vincolato dal possesso di titoli e competenze specialistiche, ma soprattutto di expertise consolidate, che inducono a considerarlo un ambito in cui la rotazione e' di difficile applicabilita'. Gli incarichi amministrativi e/o tecnici richiedono anch'essi, in molti casi, competenze tecniche specifiche (ad es., ingegneria clinica, fisica sanitaria, informatica, ecc.), ma anche nel caso di competenze acquisite (si consideri la funzione del responsabile del settore protezione e prevenzione), le figure in grado di svolgere questo compito sono in numero molto limitato all'interno di un'azienda. Anche per quanto attiene il personale dirigenziale, la rotazione dei responsabili dei settori piu' esposti al rischio di corruzione presenta delle criticita' particolari. I dirigenti, infatti, per il tipo di poteri che esercitano e per il fatto di costituire un riferimento per il personale dipendente, sono le figure la cui funzione e azione - ove abusata- puo' provocare danni consistenti. Si tratta quindi di figure che dovrebbero essere maggiormente soggette a ruotare. Al fine di contemperare l'esigenza della rotazione degli incarichi con quella del mantenimento dei livelli di competenze in un quadro generale di accrescimento delle capacita' complessive dell'amministrazione sanitaria, per mettere in atto questa misura occorre preliminarmente individuare le ipotesi in cui e' possibile procedere alla rotazione degli incarichi attraverso la puntuale mappatura degli incarichi/funzioni apicali piu' sensibili (ad esempio quelli relativi a posizioni di governo delle risorse come acquisti, rapporti con il privato accreditato, convenzioni/autorizzazioni, ecc.), a partire dall'individuazione delle funzioni fungibili e utilizzando tutti gli strumenti disponibili in tema di gestione del personale ed allocazione delle risorse. Le aziende sanitarie dovranno porre in essere le condizioni per reperire piu' professionalita' in grado, di volta in volta, di sostituire quelle in atto incaricate, mediante un processo di pianificazione della rotazione e di una sua graduazione in funzione dei diversi gradi di responsabilita' e di accompagnamento attraverso la costruzione di competenze. Presupposto necessario per affrontare questo processo e' la ricognizione della geografia organizzativa delle aziende sanitarie, anche con specifico riferimento ai funzionigrammi relativi alle aree da sottoporre a rotazione, in modo da contemperare la concreta efficacia della misura di prevenzione con le esigenze funzionali e organizzative dell'azienda sanitaria, anche in relazione alla necessita' di avvalersi, per taluni settori, di professionalita' specialistiche. Esistono, tuttavia, diversi aspetti da considerare a seconda che si tratti di personale di area clinica, tecnica e amministrativa e delle altre professioni sanitarie. 1.1 Area clinica Il personale medico e' tutto inquadrato nel ruolo dirigente. Le posizioni di maggiore interesse potrebbero essere quelle relative alla direzione di unita' operative complesse (di seguito UOC), a valenza dipartimentale (di seguito UOD) e dipartimenti. A parte alcune eccezioni (che dovrebbero ridursi in misura rilevante con l'applicazione del decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70 «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera») le posizioni apicali di Direttore di UOC, le cui funzioni cliniche prevalgono su quelle gestionali, sono assegnate per concorso e sono generalmente infungibili all'interno di una azienda sanitaria. Le posizioni di Capo dipartimento (funzioni prevalentemente gestionali) sono anch'esse assegnate per concorso, seppure la scelta avvenga all'interno di una rosa di idonei: poiche' sotto il profilo del requisito soggettivo l'incarico di Capo dipartimento deve essere conferito ad un Dirigente di UOC tra quelli afferenti al dipartimento, e' possibile ritenere che tutti i dirigenti di quel dipartimento siano potenzialmente suscettibili di ricoprire a rotazione l'incarico. Altra ipotesi potrebbe essere quella di una rotazione a livello dei dipartimenti di uno stesso territorio, ad esempio provinciale. Nell'ambito delle ASL, i Direttori di distretto e i Direttori medici di presidio, nel caso ci siano piu' presidi, svolgendo funzioni prevalentemente gestionali e meno clinico-assistenziali, potrebbero essere potenzialmente assoggettabili al processo di rotazione. Altresi', potrebbe avvenire per i primari di UOC con funzioni analoghe collocate nella rete di presidi ospedalieri della ASL (i problemi in questo caso sono legati alla definizione dei bandi di concorso e alla eventuale contestualita' di decadenza dei diversi professionisti). Per le altre figure rimane valido quanto detto in premessa ovvero la necessita' di creare le condizioni di expertise per la fungibilita' o, in caso contrario, supportare la difficolta' a operare la rotazione con adeguate motivazioni. 1.2 Area tecnica e amministrativa Per il personale di area tecnica e di area amministrativa non esiste una specificita' di profilo per ricoprire un incarico apicale, come nel caso dei clinici; tuttavia e' fondamentale non perdere una specificita' di competenza che deriva dalla formazione e dall'esperienza. La necessita' che le aziende sanitarie realizzino in questo ambito le condizioni per la fungibilita' attraverso gli accennati processi di pianificazione e di qualificazione professionale per figure, ad esempio, come il capo del personale, il provveditore, il capo dell'ufficio legale comunque denominato (41) muove anche dalla considerazione che, in caso contrario, ovvero una rotazione effettuata in assenza dei presupposti pianificatori ed organizzativi, potrebbe determinare che i dirigenti che non hanno ancora maturato le competenze e l'esperienza diventino eccessivamente dipendenti dall'esperienza consolidata in capo a funzionari esperti. In questi casi, sarebbe opportuno pensare a una rotazione su base territoriale, tra funzioni analoghe, e non solo aziendale. Un'ipotesi alternativa alla rotazione nei casi di competenze infungibili, potrebbe consistere nella c.d. "segregazione di funzioni". Tale misura, attuabile nei processi decisionali composti da piu' fasi e livelli (ad esempio nel ciclo degli acquisti, distinguendo le funzioni di programmazione e quella di esecuzione dei contratti), l'applicazione di questo principio risulterebbe efficace per incoraggiare il controllo reciproco. Nei casi di processi decisionali brevi, come, ad esempio, quelli relativi ad attivita' ispettive, incarichi legali, incarichi all'interno di commissioni di selezione ecc., si ritengono applicabili misure di rotazione da attuarsi anche all'interno di albi opportunamente istituiti. 1.3 Altre professioni sanitarie Per alcune professioni sanitarie, come ad esempio i farmacisti e le professioni infermieristiche con funzioni di responsabilita' e di coordinamento, il cui ruolo e' strategico all'interno dell'organizzazione in quanto a gestione di risorse, costituendo gli stessi un anello determinante nella catena del processo decisionale (relativo ad esempio all'introduzione di farmaci e di dispositivi medici nella pratica clinica ed assistenziale), l'applicazione del principio della rotazione si rivela opportuno e presenta margini di possibile applicazione. In questo importante ambito professionale, infatti, la maturazione di expertise per settori specifici se da un lato puo' richiedere un periodo di tempo necessario per l'acquisizione della piena autonomia nell'esercizio della funzione, per altro verso, il meccanismo della rotazione, attuato attraverso gli adeguati strumenti di pianificazione e di graduazione delle competenze in proporzione ai livelli di responsabilita' attribuiti, come ad esempio la previsione di periodi di affiancamento e di formazione specialistica per settore, consente di valorizzare il capitale professionale disponibile anche ai fini della valutazione delle performance individuali e dell'intera organizzazione. 2. Indicazioni generali e ulteriori Pur nel rispetto del principio di autonomia/responsabilita' che caratterizza il sistema aziendale e i suoi sottosistemi, il principio della rotazione deve comunque essere un obiettivo effettivo, documentabile e pertanto verificabile. La rotazione va quindi vista come una condizione prospettica da costruire attraverso la messa a punto di meccanismi aziendali orientati verso questa direzione (es. pianificazione pluriennale delle esigenze formative attraverso piani mirati a contrastare le tendenze di esclusivita' delle competenze e a favorire l'intercambiabilita') e collegati ai sistemi di gestione interni all'azienda sanitaria attraverso, a titolo indicativo ma non esaustivo: - valutazione delle performance; - analisi dei potenziali delle risorse umane ovvero del "capitale professionale effettivo" e non quello legato alla rigida attribuzione delle funzioni. La rotazione degli incarichi dovrebbe riguardare anche il personale non dirigenziale, specie se preposto ad attivita' afferenti alle aree maggiormente sensibili al rischio di corruzione. E' opportuno definire, in ogni caso, gli ambiti di intervento delle misure di rotazione ed individuare i settori che possono essere "delocalizzati" rispetto all'azienda e con quali caratteristiche, avendo a riferimento anche gli obiettivi delle unita' operative. In questo senso, altri strumenti per applicare il principio della rotazione possono ricercarsi, da parte del management delle aziende sanitarie, nella previsione di modelli organizzativi anche di tipo interdipartimentale e/o nella ottimizzazione dell'impiego dei professionisti resisi disponibili per effetto, ad esempio, di processi di accorpamento in attuazione del d.m. 70/2015 o anche nella definizione di accordi interaziendali. E' necessario, in ogni caso, definire sistemi di monitoraggio strutturati ed espliciti per evitare il verificarsi del rischio di condizionamenti e/o comportamenti corruttivi, avendo cura di prevedere il collegamento con il sistema di valutazione della performance, attraverso l'indicazione di obiettivi volti anche allo sviluppo di competenze trasversali. E' importante che le aziende e gli altri enti del SSN ripensino quindi ai propri modelli organizzativi per il governo del sistema anche a livello interaziendale e/o di bacino, specie per alcune aree come, ad esempio, ingegneria clinica, informatica con rotazione delle responsabilita affidate ai dirigenti aziendali, secondo logiche di sviluppo orizzontali di tipo dipartimentale e interdipartimentale, anche identificando livelli di responsabilita' intermedi e superando il concetto di rigida attribuzione delle funzioni. Rapporti con i soggetti erogatori Premessa L'ambito dei rapporti tra le regioni/aziende sanitarie con gli erogatori privati di attivita' sanitarie si configura, nel servizio sanitario, tra le aree di "rischio specifiche" di cui alla determinazione ANAC n. 12/2015 (42). Nella citata determinazione la "specificita'" del rischio in questo settore veniva strettamente connessa alla fase contrattuale con i privati accreditati che erogano prestazioni per conto del SSN. Nel presente approfondimento, il PNA intende richiamare l'attenzione delle regioni e delle aziende sanitarie su tutte le singole fasi del processo che conduce dall'autorizzazione all'accreditamento istituzionale, a partire dall'autorizzazione all'esercizio (43) fino alla stipula dei contratti. Si forniscono al riguardo possibili ulteriori misure organizzative da introdurre per prevenire fattori distorsivi e/o condotte devianti rispetto al perseguimento dell'interesse pubblico generale, favorite anche dalla carente o assente trasparenza delle procedure autorizzative e/o dalla mancata standardizzazione degli strumenti e dei metodi nella conduzione, ad esempio, delle attivita' negoziali e/o nell'esecuzione delle attivita' ispettive. A tal fine, per ciascuna fase del procedimento, disciplinato rispettivamente dagli artt. 8-bis, 8-ter, 8-quater e 8-quinquies del d.lgs. 502/1992 e s.m.i. vengono indicate, in relazione ad eventuali eventi rischiosi, specifiche misure ulteriori che, fatte salve le singole discipline regionali, ove esistenti, sono orientate a privilegiare il massimo livello di trasparenza dei processi e delle procedure sia nella fase di redazione degli atti che in quella della pubblicazione degli stessi. Attesa la particolare differenziazione delle discipline e delle prassi regionali/aziendali per le fasi di rilascio delle autorizzazioni all'esercizio e di accreditamento istituzionale, indicazioni piu' specifiche vengono proposte con particolare riguardo al tema delle verifiche e dei controlli sui requisiti di autorizzazione e di accreditamento, nonche' alla fase di stipula e di esecuzione dei contratti. L'esigenza di conferire maggiore omogeneita' a questo settore sembra porsi, infatti, con piu' evidenza proprio nelle attivita' di contrattazione con gli erogatori privati accreditati; in questo ambito e' possibile, sulla base anche delle buone prassi gia' consolidate e delle risultanze di una rilevazione ad hoc operata dal Ministero della salute, fornire gia' in questa sede delle prime indicazioni generali e comuni. Il presente approfondimento contiene pertanto alcune prime indicazioni su misure operative comuni a regioni ed aziende per ciascuna fase del procedimento di cui ai punti successivi, ivi compresa la fase contrattuale. 1. Autorizzazione all'esercizio In relazione al primo dei momenti in cui si articola il rapporto con i soggetti privati, ovvero quello dell'autorizzazione, elemento di valutazione e' senza dubbio la determinazione del fabbisogno, intesa come strumento di quantificazione orientativa del mercato sanitario scaturente dall'analisi della domanda. Gia' nell'Aggiornamento 2015 al PNA l'Autorita' ha fornito indicazioni in relazione a possibili rischi connessi ai due differenti casi in cui l'atto autorizzativo sia o meno legato all'analisi del fabbisogno. Nel caso in cui venisse determinato, sulla base del fabbisogno, un tetto massimo di autorizzazioni rilasciabili, occorrerebbe prevenire il rischio di possibili pressioni finalizzate a includere un soggetto nel numero chiuso. Nel caso in cui l'analisi del fabbisogno avesse invece un rilievo meramente orientativo - soluzione quest'ultima che appare piu' aderente ai principi comunitari e costituzionali - i rischi si incentrerebbero esclusivamente sul possesso dei requisiti. Occorre pertanto, in ogni caso, introdurre misure di prevenzione che prendano in considerazione le seguenti indicazioni finalizzate al rafforzamento della trasparenza e delle azioni di controllo. 1.1 Rafforzamento della trasparenza Oltre a quanto previsto dalle disposizioni normative, in particolare, dall'art. 41 del d.lgs. 33/2013 nonche' dalla l. 190/2012, art. 1, co. 15 e 16, lett. a), si considerino anche la pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza, relativamente a: - la struttura del mercato, ovvero dell'atto di determinazione del fabbisogno, con l'evidenza dei territori saturi e di quelli in cui l'offerta risulti carente; - l'elenco dei soggetti autorizzati (da verificare con rispetto normativa tutela della riservatezza); - gli esiti delle attivita' ispettive di cui al successivo paragrafo. 1.2 Rafforzamento dei controlli - Azioni volte a presidiare il procedimento autorizzativo, indirizzando ed intensificando i controlli sul possesso dei requisiti autorizzativi nella fase pre-autorizzativa e, successivamente, con controlli anche a campione e senza preavviso, sul mantenimento degli stessi, con frequenza almeno annuale. A cio' si aggiunga che, in questa fase, il soggetto e' autorizzato a esercitare l'attivita' sanitaria esclusivamente in regime privatistico e con oneri a carico del cittadino. Cio' non esclude la necessita' di controlli anche di qualita' a tutela del cittadino stesso e di misure che garantiscano una corretta informazione come, ad esempio, la pubblicazione dei prezzi delle prestazioni. 2. Accreditamento istituzionale Le indicazioni rese per la fase autorizzativa valgono analogamente per la fase dell'accreditamento, nella considerazione peraltro che per accedere a questo riconoscimento "di qualita'", ampliativo della sfera giuridica del soggetto, e' d'obbligo l'accertamento del possesso e del mantenimento di requisiti "ulteriori" stabiliti dalla normativa vigente in tema di accreditamento istituzionale. In questa fase, infatti, ai requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, si aggiungono requisiti di qualita' e di organizzazione propri di un livello di qualita' adeguato a rendere potenzialmente prestazioni anche per conto del SSN, nella cornice definita dal sistema dei livelli essenziali di assistenza, dai relativi parametri e dagli standard di riferimento stabiliti dalla normativa di settore e dai relativi regolamenti attuativi (44). Una indicazione preliminare va rivolta in questo approfondimento alle regioni affinche' si determinino, in via definitiva, su eventuali situazioni residuali - ove esistenti - di soggetti destinatari di provvedimenti di riconoscimento di accreditamento c.d. "provvisorio", causando, tali situazioni, un vulnus nella programmazione, a regime, della rete di offerta pubblica e privata in coerenza con il fabbisogno. In questa fase, in analogia alle misure di cui ai § 1.1 e 1.2, e' opportuno che le regioni/aziende sanitarie pongano in essere le azioni di seguito indicate. 2.1 Rafforzamento della trasparenza Oltre a quanto previsto dalle disposizioni normative, in particolare, dall'art. 41 del d.lgs. 33/2013 nonche' dalla l. 190/2012, art. 1, co. 15 e 16, lett. a), si considerino anche la pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza, relativamente a: - la struttura del mercato, ovvero dell'atto di determinazione del fabbisogno, con l'evidenza dei territori saturi e di quelli in cui l'offerta risulti carente; - la pubblicazione dell'elenco dei soggetti autorizzati; - gli esiti delle attivita' ispettive di cui al successivo paragrafo. 2.2 Rafforzamento dei controlli Oltre ai controlli ordinari sui requisiti, si suggerisce la definizione di un piano di controlli concomitanti da rendere oggetto di misura di prevenzione ulteriore all'interno dei PTCP, ove siano indicati: - il numero minimo dei controlli che, a campione e senza preavviso, si intendono effettuare; - i criteri di scelta delle strutture da sottoporre a controllo; - le modalita' di conduzione dei controlli, ad esempio con riferimento alla periodicita' (almeno annuale), alla composizione dei team ispettivi etc., avuto riguardo, in quest'ultimo caso, a prevedere team a composizione mista con personale proveniente da aziende diverse da quelle di competenza territoriale cui afferisce il soggetto sottoposto a controllo, anche nella forma di accordi tra aziende sanitarie confinanti. Per la composizione di team ispettivi si richiamano altresi' le indicazioni gia' fornite dall'Autorita' in relazione al rispetto dei principi di rotazione e di insussistenza di conflitto di interessi. Inoltre, per consentire alle aziende sanitarie di poter disporre di personale sufficiente per l'effettuazione di controlli si suggerisce la sottoscrizione di intese con la Guardia di Finanza o con altre istituzioni, oltre alle collaborazioni tra aziende sanitarie. 2.3 Altre indicazioni - Previsione all'interno dei provvedimenti di accreditamento, allo scopo di non ingenerare aspettative ed evitare l'insorgere di contenzioso, di una clausola che specifichi che tale provvedimento non determina automaticamente il diritto del privato ad accedere alla fase contrattuale (45) e che lo stesso provvedimento possa essere soggetto a revisione in relazione al mutarsi delle condizioni che ne hanno originato l'adozione, fatti salvi i casi previsti dalla normativa vigente che integrano le ipotesi di sospensione e/o revoca. 3. Accordi/contratti di attivita' La fase di negoziazione, stipula ed esecuzione dei contratti, costituisce l'ambito nel quale si regolano i rapporti con il privato accreditato chiamato ad erogare prestazioni per conto e a carico del SSN. Si osserva come i contratti in questione differiscano dalla generalita' dei contratti pubblici, presentando tuttavia diversi elementi in comune. E' opportuno preliminarmente prevedere che la contrattazione sia strutturata in modo trasparente da parte di tutti i soggetti coinvolti, costituendo, tale attivita', la fase determinante del rapporto con i soggetti accreditati. In questa fase, infatti, e' importante operare i dovuti interventi volti a garantire i livelli di qualita' delle prestazioni da rendersi per conto del SSN, anche per evitare i rischi di concorrenza sleale legati, ad esempio, ai casi di offerta di prestazioni "private" allo stesso prezzo del ticket, nonche', piu' in generale, all'erogazione di prestazioni che, a parita' di costi, rivelino differenti livelli di qualita'. Per prevenire tali rischi si richiama la necessita' che le aziende sanitarie attuino le misure richiamate ai punti precedenti (come ad esempio, controlli a campione e senza preavviso), anche nella fase di esecuzione dei contratti. Anche sotto questo profilo, laddove, in esito ai controlli, dovessero emergere gravi irregolarita', le aziende dovrebbero promuovere procedimenti di sospensione o revoca del contratto (46) e dell'accreditamento - cosi' come previsto dalla gran parte della legislazione regionale vigente - anche al fine di consentire un eventuale subentro di altri soggetti aventi i requisiti di legge. 3.1 Misure specifiche per la fase contrattuale • Prevedere meccanismi non automatici di rinnovo del contratto ma legati alle verifica delle performance, anche in termini di risultati e di qualita' del servizio offerto, prevedendo anche, in sede di stipula del contratto, che il soggetto si impegni a collaborare con la pubblica amministrazione anche, a titolo indicativo ma non esaustivo, nel sistema di gestione dei tempi e delle liste di attesa, facendo confluire, su richiesta della regione, le proprie agende di prenotazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali nel sistema unico di prenotazione a livello regionale/aziendale nonche', piu' in generale, nelle attivita' ispettive e di controllo da parte della pubblica amministrazione, pena la risoluzione del contratto. • Individuare, in tutte le fasi della contrattazione, il livello su cui insiste la discrezionalita' della pubblica amministrazione, al fine di porre le misure piu' adeguate per la corretta esplicazione dell'attivita' negoziale. Le misure di prevenzione della corruzione devono invero risultare proporzionate sia al grado di discrezionalita', sia alla dimensione assunta dal privato accreditato in ciascuna regione. A tal riguardo occorre rendere pubblici i criteri di distribuzione delle risorse, nel caso in cui questi ultimi siano definiti a livello aziendale. In considerazione della rilevanza essenzialmente pubblicistica dell'attivita' svolta dal privato accreditato contrattualizzato con il SSN, si raccomandano inoltre le seguenti misure sia in tema di personale che di acquisti, trattandosi di due ambiti che incidono sui requisiti di accreditamento e quindi sulla qualita' dei servizi. In particolare per quanto attiene il personale: • prevedere, nei modelli contrattuali definiti a livello regionale, una clausola che impegni il privato accreditato a rispettare e mantenere i requisiti organizzativi nel rispetto della dotazione organica quali-quantitativa prevista per la tipologia di attivita' sanitaria oggetto di accreditamento e di contrattualizzazione. Per quanto attiene gli acquisti: • prevedere, nei modelli contrattuali definiti a livello regionale, l'impegno del soggetto privato accreditato e contrattualizzato ad assicurare livelli di qualita' delle tecnologie e dei presidi sanitari che garantiscano i parametri di qualita', efficienza e sicurezza delle attivita' sanitarie. Al fine di conferire maggiore cogenza agli obblighi in questione, le aziende valuteranno l'opportunita' di inserire nei contratti con i privati accreditati la clausola di salvaguardia per cui, la mancata sottoscrizione o il mancato rispetto di tali obblighi, costituiscano causa di sospensione dell'accreditamento. Per uniformare la strutturazione di base dei modelli contrattuali adottati dalle regioni/aziende, si sta valutando l'ipotesi di emanare linee guida recanti gli elementi essenziali da ricomprendere all'interno degli accordi contrattuali, avuto riguardo - a titolo di esempio indicativo ma non esaustivo - dell'ente competente alla stipula e dalla gestione dei contratti, della composizione del budget (tetti di spesa) e dell'eventuale presenza di accordi di confine per la gestione e la programmazione della mobilita' attiva per le prestazioni rese nei confronti dei pazienti extraregionali e della mobilita' passiva. 4. Valutazione del fabbisogno Rispetto al tema del fabbisogno quale fattore di orientamento delle scelte in ambito sanitario incluse quelle legate all'ingresso/mantenimento dei soggetti privati all'interno del sistema di offerta, si raccomanda alle aziende sanitarie e, ove non delegate dalle regioni, a queste ultime, di: - rendere evidenti i criteri e i processi adottati in ambito regionale/aziendale per l'analisi dei fabbisogni con particolare riguardo anche ai "riadattamenti" dell'organizzazione della rete di offerta e del relativo sistema di relazioni, nei casi di variazioni degli stessi fabbisogni cui adeguare gli strumenti di programmazione. Si suggerisce a tal riguardo di valutare, in relazione all'entita' della variazione determinata da una contrazione o da un aumento del fabbisogno, un confronto comparativo e trasparente con i soggetti accreditati; - tenere conto, nella definizione dei criteri per la distribuzione delle risorse ai soggetti accreditati e contrattualizzati, anche delle performance clinico-assistenziali, in termini di volumi ed esiti, delle prestazioni rese. Ulteriori temi di approfondimento 1. Misure per l'alienazione degli immobili In riferimento alla cessione di immobili a terzi da parte delle aziende sanitarie, anche provenienti da atti di liberalita' (donazioni e successioni) o comunque acquisiti dalle aziende, e' possibile prefigurare possibili eventi rischiosi riconducibili alla valorizzazione del patrimonio da alienare e alle procedure con le quali viene effettuata la vendita o la locazione (o anche dal loro mancato utilizzo o messa a rendita). Non e' da trascurare anche il rischio del progressivo intenzionale deterioramento del bene per ridurne il valore commerciale. In altri termini, se parte del patrimonio non viene direttamente utilizzato per finalita' proprie delle aziende sanitarie (per attivita' assistenziali o comunque per attivita' amministrative e gestionali aziendali) o non sono comunque previste modalita' di utilizzazione di questi beni all'interno di un piano industriale, e' auspicabile prevedere forme di messa a reddito di tale patrimonio (ad es. attraverso la cessione o la locazione) o comunque un utilizzo per finalita' proprie dell'azienda anche a livello interaziendale (es. per l'attivita' libero professionale, uffici amministrativi, ecc.). In questo contesto, come gia' evidenziato nell'Aggiornamento 2015 al PNA, oltre agli obblighi di trasparenza previsti dall'art. 30 del d.lgs. 33/2013, anche come modificato dal d.lgs. 97/2016, ovvero la pubblicazione delle informazioni identificative degli immobili (ad es. tipo, dimensione, localizzazione, valore) a qualsiasi titolo posseduti o detenuti (ad es. proprieta' e altri diritti reali, concessione ecc.), dei canoni di locazione o di affitto versati o percepiti dalle amministrazioni, sarebbe opportuno che le aziende sanitarie e gli altri enti assimilati rendessero disponibili anche le seguenti tipologie di informazioni: a) modalita' di messa a reddito di ciascun immobile, ovvero vendita o locazione con le relative procedure e/o altre modalita' di utilizzo (es. interaziendale con condivisione di risorse); b) patrimonio non utilizzato per finalita' istituzionali o di cui non e' previsto un utilizzo futuro, nell'ambito di piani di sviluppo aziendali: tipo, dimensione, localizzazione, valore; c) esito delle procedure di dismissione/locazione; d) redditivita' delle procedure ovvero valore, prezzo di vendita e ricavato. Il RPCT e' tenuto a vigilare sull'attuazione delle misure e a segnalare al management aziendale anomalie risultanti dall'analisi degli indicatori di rischio come, ad esempio: la consistenza del patrimonio non utilizzato per finalita' istituzionali; la possibile anomala compresenza di fitti passivi e immobili in locazione; la significativita' degli scostamenti tra valore, prezzo di vendita e ricavato nelle procedure di dismissione/locazione. E' altresi' importante che le regioni completino il censimento del patrimonio non utilizzato a fini istituzionali affinche' questo possa essere valorizzato dalle competenti agenzie del territorio. 2. Sperimentazioni cliniche. Proposta di ripartizione dei proventi derivanti da sperimentazioni cliniche I proventi derivanti alle aziende sanitarie a seguito di sperimentazioni cliniche, specie nel caso di studi clinici randomizzati interventistici con farmaci che devono essere introdotti sul mercato, possono assumere una consistenza molto rilevante (di decine di milioni euro per anno in aziende di grandi dimensioni e di elevato richiamo). Per questo motivo e per le cointeressenze che possono esserci tra le ditte farmaceutiche e gli sperimentatori, si tratta di un'attivita' a rischio corruttivo. L'azione dei Comitati Etici (di seguito CE), volta ad accertare la scientificita' e la eticita' del protocollo di studio, non fornisce specifiche garanzie al riguardo. Al fine di gestire, in ottica di prevenzione della corruzione, la discrezionalita' degli sperimentatori di attribuzione (e "auto-attribuzione") dei proventi, e' opportuno che ogni azienda sanitaria integri il regolamento del CE con un disciplinare che indichi le modalita' di ripartizione dei proventi, detratti i costi da sostenersi per la conduzione della sperimentazione e l'overhead dovuto all'azienda per l'impegno degli uffici addetti alle pratiche amministrative ed il coordinamento generale. E' inoltre opportuno adottare un sistema di verifica dei conflitti di interesse dei CE tale da identificare, oltre l'eventuale conflitto di interesse al momento della nomina, anche la sua eventuale sussistenza al momento della presentazione e valutazione della sperimentazione clinica. A monte della stipula del contratto per la sperimentazione, e' opportuno individuare con esattezza l'effettivo titolare dell'impresa, soprattutto ove il contratto venga stipulato con soggetti aventi sede in Stati esteri e/o a bassa fiscalita', anche al fine di verificare l'esistenza di indicatori di rischio secondo la normativa antiriciclaggio. Va inoltre richiamata l'attenzione sull'opportunita' di prevedere, nei regolamenti aziendali, un congruo lasso di tempo tra il finanziamento per la ricerca e la cessazione di un contratto a titolo oneroso con il soggetto che finanzia la ricerca, o sue imprese controllate. 2.1 Criteri per la ripartizione dei proventi Una possibile sequenza logica per pervenire a una procedura di ripartizione dei proventi e' la seguente: a) detrarre le spese da sostenersi (costi diretti della sperimentazione). Tali spese possono includere: - costi per accertamenti di laboratorio o strumentali, aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla pratica assistenziale corrente; - costi per la raccolta/spedizione di materiali biologici; - costi per la gestione separata dei farmaci in sperimentazione; - costi di materiale di consumo o di materiale inventariabile necessario per la sperimentazione (ove non forniti direttamente dallo sponsor); - rimborsi ai pazienti; - spese per acquisizione di collaborazioni tecnico-professionali finalizzate alla conduzione delle sperimentazioni; - spese di gestione, analisi dei dati, test di laboratorio aggiuntivi, spese di spedizione dei materiali; - spese di formazione/aggiornamento del personale coinvolto nelle sperimentazioni; - spese di acquisizione di apparecchiature tecnico scientifiche; b) ripartire il ricavo netto secondo criteri prestabiliti e trasparenti. Le somme destinate al personale, inoltre, dovrebbero confluire nei fondi aziendali ed essere evidenziate nel conto annuale; e' opportuno, al riguardo, che i relativi criteri di ripartizione siano concordati con le organizzazioni sindacali. In quest'ambito specifico e' auspicabile che le aziende sanitarie adottino un regolamento che disciplini le modalita' di distribuzione dei ricavi netti provenienti dalle sperimentazioni, improntato ai principi di equita', efficienza e vantaggio per la pubblica amministrazione. La scelta e' comunque rimandata alle singole direzioni aziendali che sono chiamate all'obbligo di definire tali modalita' di ripartizione, rendendole trasparenti, al fine di garantire una equita' di fruizione dei proventi derivanti dalle sperimentazioni cliniche tra tutto il personale che vi partecipa attivamente. Di norma, il personale medico e quello infermieristico e tecnico dovrebbero svolgere l'attivita' di sperimentazione clinica al di fuori dell'orario di servizio. Questa regola sembrerebbe essere ampiamente disattesa, anche perche' tale attivita' si intercala naturalmente con quella svolta in attivita' istituzionale. A tal fine, le aziende sanitarie potrebbero individuare, ad esempio, dei "tempi standard" necessari per lo svolgimento dell'attivita' di sperimentazione, calcolati sul numero di pazienti arruolati e sulle procedure (assistenziali, diagnostiche) cui sono sottoposti, da aggiungere al debito orario contrattuale. Il RPCT dovrebbe effettuare il monitoraggio sull'effettiva implementazione delle suddette misure e, in particolare, l'adozione e implementazione del regolamento sulla ripartizione dei proventi, nonche' l'elaborazione di appositi indicatori di rischio come, ad esempio, il rapporto tra i volumi di attivita' svolta nell'ambito delle sperimentazioni cliniche e l'attivita' istituzionale. 3. Comodati d'uso/ valutazione "in prova" Un'attenzione particolare va rivolta ad alcune particolari modalita' di ingresso delle tecnologie all'interno dell'organizzazione sanitaria, diverse rispetto agli ordinari canali di approvvigionamento. In questa fase di transizione verso le procedure di approvvigionamento aggregate in capo alle centrali di committenza/soggetti aggregatori, sulla base di quanto previsto dalla recente normativa per il settore degli acquisti (legge di stabilita' 2016), e' possibile che il ricorso a tali modalita' diventi sempre piu' elevato. A partire, quindi, dalle misure di rafforzamento della trasparenza come, ad esempio, la pubblicazione dei dati inerenti le relative procedure aziendali autorizzative, si rende possibile la conoscenza interna ed esterna dei comportamenti assunti dalle aziende stesse in questo delicato ambito. In tal senso potrebbe configurarsi pertanto come una misura ulteriore di trasparenza l'integrazione, da parte delle aziende sanitarie, delle informazioni sul sito istituzionale relative alle tecnologie introdotte attraverso le predette modalita', prevedendo il seguente set minimo di dati: a) il richiedente/l'utilizzatore; b) la tipologia della tecnologia; c) gli estremi dell'autorizzazione della direzione sanitaria; d) la durata/termini di scadenza; e) il valore economico della tecnologia; f) gli eventuali costi per l'azienda sanitaria correlati all'utilizzo della tecnologia (es. materiali di consumo). Riguardo a quest'ultimo punto, nel caso in cui l'analisi della proposta di comodato evidenzi costi a carico dell'azienda sanitaria, connessi all'utilizzo del bene, la stessa non dovrebbe essere accettata ove preveda corrispettivi economici in favore del soggetto comodante o comunque di un soggetto predeterminato, in quanto tale vincolo attribuirebbe all'intera operazione la natura di contratto di appalto, che dovrebbe essere pertanto gestito secondo le ordinarie procedure di gara. La medesima precisazione va riferita anche alle "donazioni" e/o alle "prove dimostrative". Per queste ultime, qualsiasi onere economico (inclusi materiali di consumo) deve essere totalmente a carico del soggetto che propone all'azienda sanitaria la prova dimostrativa. L'insieme dei dati sopra riportati, a vari livelli di aggregazione, potra' costituire un database delle apparecchiature "in prova" da cui sia possibile effettuare i collegamenti con le successive modalita' con le quali eventualmente le stesse tecnologie vengono acquisite dalle aziende. Pertanto, il RPCT dovrebbe utilizzare tali informazioni anche al fine di elaborare possibili indicatori di rischio come, ad esempio, la percentuale (numero e/o valore) delle apparecchiature in prova/comodati d'uso che si trasforma in acquisto, anche in relazione al totale della tecnologia acquisita dall'azienda. 4. Ulteriori misure per la trasparenza, il governo e la gestione dei tempi e delle liste di attesa e dell'attivita' libero professionale intra moenia Quest'area, gia' ritenuta di prioritaria importanza nell'Aggiornamento 2015 al PNA, viene richiamata anche in questo approfondimento in considerazione della disomogeneita' dei contesti regionali nel governo dei tempi di attesa, in relazione anche al rapporto tra attivita' istituzionale e libero professionale e al fatto che i comportamenti opportunistici e i rischi corruttivi in questo settore si sostanziano in disparita' di trattamento nei confronti dell'utente finale. L'esigenza e' quella di integrare le misure di prevenzione gia' previste nel precedente Aggiornamento 2015 al PNA, con particolare riferimento alle attivita' in ALPI (47), con interventi mirati in tema di liste di attesa per le prestazioni rese in attivita' istituzionale, a partire dal rafforzamento della trasparenza nel sistema di accesso alle prestazioni specialistiche ambulatoriali (diagnostiche e terapeutiche), avuto riguardo del trattamento dei dati sensibili. Un'importante modifica e' stata introdotta dal d.lgs. 97/2016, art. 33, che, intervenendo sulle disposizioni in materia di trasparenza con riferimento alle liste di attesa contenute all'art. 41, co. 6, d.lgs. 33/2013, ha previsto l'obbligo di pubblicazione anche dei criteri di formazione delle stesse liste. Inoltre, a titolo esemplificativo ma non esaustivo sono indicate, con riferimento all'accesso del paziente al sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie, alcuni possibili eventi rischiosi con le relative misure di prevenzione. In relazione al rischio di violazione del diritto di libera scelta del paziente, con induzione all'accesso per prestazioni sanitarie in ALPI a seguito di incompleta o errata indicazione delle modalita' e dei tempi di accesso alla fruizione delle analoghe prestazioni in regime di attivita' istituzionale, le seguenti misure, che gia' costituiscono condizioni imprescindibili di buona amministrazione e di efficienza organizzativa, si rivelano efficaci per la gestione trasparente delle liste di prenotazione e per il governo dei tempi di attesa (con conseguenti effetti diretti sulla percezione della qualita' del servizio da parte dei cittadini e sull'efficacia degli interventi sanitari): • informatizzazione e pubblicazione, in apposita sezione del sito web aziendale di immediata visibilita', delle agende di prenotazione delle aziende sanitarie; • separazione dei percorsi interni di accesso alle prenotazioni tra attivita' istituzionale e attivita' libero professionale intramoenia (ALPI); • unificazione del sistema di gestione delle agende di prenotazione nell'ambito del Centro Unico di Prenotazione (CUP) su base regionale o almeno provinciale, facilmente accessibile (es. call center, sportelli aziendali, rete delle farmacie, ecc.) con l'integrazione tra pubblico e privato almeno per quanto attiene la prima visita e i follow up successivi; • utilizzo delle classi di priorita' clinica per l'accesso alle liste di attesa differenziate per tempo di attesa (specificando se si tratta di prima visita o controllo). Tale obbligo, gia' disciplinato con decreti ministeriali e da specifici accordi Stato-Regioni, necessita tuttavia di essere monitorato ed implementato per evitare il rischio di classificazioni errate e/o opportunistiche. In tal senso sono gia' state implementate in varie aziende sanitarie italiane esperienze trasferibili che prevedono il coinvolgimento dei professionisti per aree cliniche, come per esempio il modello dei raggruppamenti di attesa omogenei (R.A.O.), un'esperienza di codici di priorita' caratterizzata dal coinvolgimento di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ospedalieri. Un ulteriore rischio puo' essere legato al fenomeno del drop out, ovvero al caso delle prenotazioni regolarmente raccolte dal CUP ma che non vengono eseguite a causa dell'assenza del soggetto che ha prenotato. Al fine di evitare opportunistici allungamenti dei tempi di attesa in attivita' condotta in regime istituzionale, possono essere utilizzati diversi strumenti gestionali quali, ad esempio, recall, SMS, reminder, pre-appuntamento, per verificare la reale consistenza delle liste di attesa. A tale scopo, puo' essere efficace prevedere a livello regionale e/o aziendale l'obbligo di disdetta delle prenotazioni di prestazioni specialistiche ambulatoriali, disciplinando i casi in cui sia possibile giustificare la mancata disdetta per impedimenti oggettivi e documentati (48). Altre misure specifiche possono riguardare la previsione, all'interno dei siti web aziendali, di una sezione dedicata ai reclami da parte dei pazienti con modalita' facilmente accessibili, nonche' un sistema di reporting e di monitoraggio degli stessi da parte del RPCT. Va evidenziato che le suddette misure, poiche' presuppongono il pieno rispetto degli obblighi di legge vigenti in tema di liste di attesa, sono da considerarsi esemplificative delle possibili strategie ulteriori che le regioni e le aziende sanitarie possono porre in essere per il governo dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie, anche in termini di miglioramento dei piani adottati in conformita' al Piano nazionale di governo delle liste di attesa, ai sensi dell'intesa Stato-Regioni del 28 ottobre 2010, di cui all'art. 1, co. 280, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Presidente Raffaele Cantone