(Allegato) (parte 3)
3. Altre tipologie di incarichi 
3.1 Incarichi conferiti ai sensi  dell'art.  15  septies  del  d.lgs.
502/1992 
   La tipologia di  incarichi  (38)  di  cui  al  presente  paragrafo
rappresenta, tra le fattispecie descritte, quella che  verosimilmente
piu' si caratterizza per la  prevalente  natura  discrezionale  della
procedura di affidamento dell'incarico. A cio'  si  aggiunga  che  si
tratta di incarico a tempo determinato attribuito al di  fuori  delle
procedure ordinarie di reclutamento del personale, seppure nei limiti
previsti dalla normativa vigente e nel rispetto dei vincoli dei tetti
di spesa. A tale fattispecie  si  e'  fatto  un  progressivo  diffuso
ricorso negli ultimi anni  da  parte  delle  aziende  sanitarie,  con
particolare riferimento a quelle afferenti alle regioni sottoposte ai
c.d. piani di  rientro.  In  tali  regioni,  infatti,  la  perdurante
applicazione della manovra del blocco totale o parziale del turn over
ha determinato, invero, un incremento del ricorso a tali procedure di
reclutamento delle professionalita' necessarie/carenti, con l'effetto
paradossale di eludere la manovra del blocco delle  assunzioni  e  di
conferire carattere di  instabilita'  all'organizzazione  specie  per
taluni ruoli apicali oggetto di conferimento ai  sensi  dell'art.  15
septies del d.lgs. 502/1992. 
   Tuttavia, a fronte del prevalente  interesse  pubblico  del  pieno
assolvimento dei livelli essenziali di assistenza, sotteso al ricorso
a incarichi afferenti a  tale  tipologia,  riconosciuto  anche  dalla
magistratura  contabile  in  sede  di  controllo  (39),  non  e'   da
escludersi la possibilita' di un uso  opportunistico  e  distorto  di
tale previsione normativa,  anche  in  considerazione  del  prevalere
della natura fiduciaria dell'incarico. 
   Al  fine  quindi  di  supportare   le   organizzazioni   sanitarie
nell'individuazione  di  possibili  rischi  e  relative   misure   di
prevenzione, si forniscono anche per  questo  ambito  raccomandazioni
volte  a  massimizzare  i  livelli  di  trasparenza  delle   relative
procedure attraverso anche un processo selettivo che  dia  conto  dei
criteri e delle scelte operate. 
   Nello specifico, tenuto conto della connotazione di eccezionalita'
che contraddistingue il ricorso a tale modalita' di  conferimento  di
incarichi per l'espletamento di funzioni di particolare  rilevanza  e
di interesse strategico - in quanto ipotesi derogatoria rispetto alle
regole generali per le  assunzioni  -  ,  valgono  anche  per  questa
tipologia di incarichi le misure previste sia per gli altri incarichi
dirigenziali che per le sostituzioni, ovvero: 
   a) pubblicazione, aggiornamento  e  monitoraggio  periodici  delle
posizioni/funzioni non ricoperte; 
   b) esplicitazione in dettaglio e relativa  pubblicizzazione  della
motivazione del ricorso alla suddetta procedura derogatoria, compresa
la  motivazione  del  mancato  espletamento  dei  concorsi   per   il
reclutamento ordinario  e  la  motivazione  alla  base  della  durata
dell'incarico; 
   c) esplicitazione, negli atti relativi al procedimento di  nomina,
della motivazione sottesa  alla  scelta  in  relazione  ai  requisiti
professionali e ai criteri di selezione.  Inoltre,  per  le  medesime
ragioni connesse all'eccezionalita' del ricorso a tale  tipologia  di
incarico, le  amministrazioni  sanitarie  destinatarie  del  presente
Piano,  dovranno  attribuire  al  soggetto   esclusivamente   l'unica
funzione per la quale e' stata attivata  la  specifica  procedura  in
relazione ai  requisiti  ed  alle  caratteristiche  per  i  quali  la
professionalita' e' stata scelta. La durata dell'incarico di cui alla
lettera b) deve cessare in ogni caso al completamento delle procedure
concorsuali  per  la  copertura  in  via  ordinaria  della  posizione
dirigenziale di cui trattasi. 
   In  ogni  caso,  al  fine  di  perseguire  i  massimi  livelli  di
trasparenza e di imparzialita' nell'attribuzione degli incarichi, gli
enti del SSN che abbiano funzioni prive di figure  dirigenziali,  ove
si trovino nell'impossibilita'  documentata  di  espletare  procedure
concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato,  e'  opportuno  che
ricorrano a procedure concorsuali per il reclutamento delle  relative
figure dirigenziali ancorche' a tempo determinato cosi' da assicurare
procedure ad  evidenza  pubblica,  e  non  alla  fattispecie  di  cui
all'art. 15-septies del  d.lgs.  502/1992,  in  considerazione  della
tipicita' e della straordinarieta' di questo istituto. 
    
3.2 Personale proveniente dagli ospedali classificati
   Il personale dirigente  proveniente  dagli  ospedali  classificati
(40) rientra nei casi disciplinati dall'art. 15 undecies  del  d.lgs.
502/1992; quest'ultimo costituisce un  ambito  limitato  con  accesso
diversificato per i dipendenti di strutture  private  classificate  o
ospedali classificati  che  abbiano,  a  loro  volta,  acceduto  alla
struttura  classificata  o  equiparata  o  con  percorso  di   natura
concorsuale oppure con chiamata diretta e che  siano  successivamente
transitati alla  struttura  pubblica.  La  normativa  vigente  e  gli
orientamenti del Ministero della salute  consolidatisi  al  riguardo,
prevedono, con riferimento ai casi disciplinati dall'art. 15 undecies
del d.lgs. 502/1992, relativi al personale proveniente dagli ospedali
classificati, la possibilita' per lo stesso di vedere riconosciute le
medesime prerogative dei  medici  delle  strutture  pubbliche,  quali
l'anzianita' di servizio o il riconoscimento dei  titoli.  Ne  deriva
quindi l'esigenza, dettata da  ragioni  di  coerenza,  rispetto  agli
accennati orientamenti, dell'estensione  delle  misure  indicate  nel
presente approfondimento con riferimento al personale  delle  aziende
sanitarie  pubbliche,  anche  alle  procedure  di  reclutamento   del
personale all'interno di questi enti.
    
Rotazione del personale 
    
Premessa
   Nel presente approfondimento si intendono  fornire,  alle  aziende
sanitarie e agli altri enti assimilati del SSN, indicazioni  generali
di tipo organizzativo e di pianificazione strategica, che inducano un
percorso virtuoso finalizzato  a  rendere  praticabile  la  rotazione
degli incarichi nell'organizzazione sanitaria attraverso  un'adeguata
programmazione nei tempi e nelle modalita', secondo criteri  che  non
vadano  a  detrimento  del  principio  di   continuita'   dell'azione
amministrativa.
   Il ricorso alla rotazione puo'  concorrere,  come  anche  indicato
nella  parte  generale  del  PNA,  insieme  alle  altre   misure   di
prevenzione, a prevenire  e  ridurre,  evitando  il  determinarsi  di
possibili fattori di condizionamento, eventuali eventi corruttivi con
particolare riferimento alle aree a  piu'  elevato  rischio.  Per  le
considerazioni di cui sopra, la rotazione va  vista  prioritariamente
come strumento ordinario di organizzazione ed utilizzo ottimale delle
risorse umane, da non assumere in  via  emergenziale  o  con  valenza
punitiva e, come tale, va accompagnato e sostenuto anche da  percorsi
di formazione che consentano una riqualificazione professionale.
    
1. Criticita' ed elementi di valutazione 
   In sanita' l'applicabilita' del principio della rotazione presenta
delle  criticita'  peculiari  in  ragione  della  specificita'  delle
competenze richieste nello svolgimento delle funzioni apicali. 
   Il settore clinico e' sostanzialmente vincolato  dal  possesso  di
titoli e  competenze  specialistiche,  ma  soprattutto  di  expertise
consolidate,  che  inducono  a  considerarlo  un  ambito  in  cui  la
rotazione e' di difficile applicabilita'. 
   Gli incarichi amministrativi e/o tecnici richiedono anch'essi,  in
molti  casi,  competenze  tecniche  specifiche  (ad  es.,  ingegneria
clinica, fisica sanitaria, informatica, ecc.), ma anche nel  caso  di
competenze acquisite (si consideri la funzione del  responsabile  del
settore protezione e prevenzione), le figure  in  grado  di  svolgere
questo  compito  sono  in  numero  molto  limitato   all'interno   di
un'azienda. 
   Anche per quanto attiene il personale dirigenziale,  la  rotazione
dei responsabili dei settori piu' esposti al  rischio  di  corruzione
presenta delle criticita' particolari. I dirigenti, infatti,  per  il
tipo di poteri che  esercitano  e  per  il  fatto  di  costituire  un
riferimento per il  personale  dipendente,  sono  le  figure  la  cui
funzione e azione - ove abusata- puo' provocare danni consistenti. Si
tratta quindi di figure che dovrebbero essere maggiormente soggette a
ruotare. 
   Al fine di contemperare l'esigenza della rotazione degli incarichi
con quella del mantenimento dei livelli di competenze  in  un  quadro
generale    di    accrescimento    delle    capacita'     complessive
dell'amministrazione sanitaria, per mettere  in  atto  questa  misura
occorre preliminarmente individuare le ipotesi in  cui  e'  possibile
procedere alla  rotazione  degli  incarichi  attraverso  la  puntuale
mappatura degli incarichi/funzioni apicali piu' sensibili (ad esempio
quelli relativi a posizioni di governo delle risorse  come  acquisti,
rapporti  con  il  privato  accreditato,  convenzioni/autorizzazioni,
ecc.), a  partire  dall'individuazione  delle  funzioni  fungibili  e
utilizzando tutti gli strumenti disponibili in tema di  gestione  del
personale ed allocazione delle risorse. 
   Le aziende sanitarie dovranno porre in essere  le  condizioni  per
reperire piu' professionalita'  in  grado,  di  volta  in  volta,  di
sostituire  quelle  in  atto  incaricate,  mediante  un  processo  di
pianificazione della rotazione e di una sua graduazione  in  funzione
dei diversi gradi di responsabilita' e di accompagnamento  attraverso
la costruzione di competenze. Presupposto necessario  per  affrontare
questo processo e'  la  ricognizione  della  geografia  organizzativa
delle  aziende  sanitarie,  anche  con   specifico   riferimento   ai
funzionigrammi relativi alle aree da sottoporre a rotazione, in  modo
da contemperare la concreta efficacia della misura di prevenzione con
le esigenze funzionali e organizzative dell'azienda sanitaria,  anche
in relazione alla necessita' di avvalersi,  per  taluni  settori,  di
professionalita' specialistiche. 
   Esistono, tuttavia, diversi aspetti da considerare a  seconda  che
si tratti di personale di area clinica, tecnica  e  amministrativa  e
delle altre professioni sanitarie. 
    
1.1 Area clinica
   Il personale medico e' tutto inquadrato nel  ruolo  dirigente.  Le
posizioni di maggiore interesse  potrebbero  essere  quelle  relative
alla direzione di unita' operative  complesse  (di  seguito  UOC),  a
valenza dipartimentale (di  seguito  UOD)  e  dipartimenti.  A  parte
alcune eccezioni (che dovrebbero  ridursi  in  misura  rilevante  con
l'applicazione del decreto del Ministro della salute 2  aprile  2015,
n. 70 «Regolamento recante definizione  degli  standard  qualitativi,
strutturali,  tecnologici  e  quantitativi  relativi   all'assistenza
ospedaliera») le posizioni  apicali  di  Direttore  di  UOC,  le  cui
funzioni cliniche prevalgono su quelle gestionali, sono assegnate per
concorso e sono generalmente infungibili all'interno di  una  azienda
sanitaria.
   Le  posizioni  di  Capo  dipartimento  (funzioni   prevalentemente
gestionali) sono anch'esse assegnate per concorso, seppure la  scelta
avvenga all'interno di una rosa di idonei: poiche' sotto  il  profilo
del requisito soggettivo l'incarico di Capo dipartimento deve  essere
conferito  ad  un  Dirigente  di  UOC   tra   quelli   afferenti   al
dipartimento, e' possibile ritenere che tutti  i  dirigenti  di  quel
dipartimento  siano  potenzialmente  suscettibili  di   ricoprire   a
rotazione l'incarico. Altra ipotesi potrebbe  essere  quella  di  una
rotazione a livello dei dipartimenti di  uno  stesso  territorio,  ad
esempio provinciale.
   Nell'ambito delle ASL, i Direttori  di  distretto  e  i  Direttori
medici di  presidio,  nel  caso  ci  siano  piu'  presidi,  svolgendo
funzioni prevalentemente  gestionali  e  meno  clinico-assistenziali,
potrebbero  essere  potenzialmente  assoggettabili  al  processo   di
rotazione. Altresi', potrebbe  avvenire per  i  primari  di  UOC  con
funzioni analoghe collocate nella rete di presidi  ospedalieri  della
ASL (i problemi in questo caso sono legati alla definizione dei bandi
di concorso e alla eventuale contestualita' di decadenza dei  diversi
professionisti).
   Per le altre figure rimane valido quanto detto in premessa  ovvero
la  necessita'  di  creare  le  condizioni  di   expertise   per   la
fungibilita' o,  in  caso  contrario,  supportare  la  difficolta'  a
operare la rotazione con adeguate motivazioni.
    
1.2 Area tecnica e amministrativa 
   Per il personale di area tecnica  e  di  area  amministrativa  non
esiste una specificita' di profilo per ricoprire un incarico apicale,
come nel caso dei clinici; tuttavia e' fondamentale non  perdere  una
specificita'  di   competenza   che   deriva   dalla   formazione   e
dall'esperienza. La necessita' che le aziende sanitarie realizzino in
questo ambito  le  condizioni  per  la  fungibilita'  attraverso  gli
accennati   processi   di   pianificazione   e   di    qualificazione
professionale per figure, ad esempio, come il capo del personale,  il
provveditore, il capo dell'ufficio legale  comunque  denominato  (41)
muove anche dalla considerazione che, in caso contrario,  ovvero  una
rotazione effettuata in  assenza  dei  presupposti  pianificatori  ed
organizzativi, potrebbe determinare che i  dirigenti  che  non  hanno
ancora maturato le competenze e l'esperienza diventino eccessivamente
dipendenti dall'esperienza consolidata in capo a funzionari  esperti.
In questi casi, sarebbe opportuno pensare a  una  rotazione  su  base
territoriale, tra funzioni analoghe, e non solo aziendale. 
   Un'ipotesi alternativa  alla  rotazione  nei  casi  di  competenze
infungibili,  potrebbe  consistere  nella   c.d.   "segregazione   di
funzioni". Tale misura, attuabile nei processi  decisionali  composti
da piu'  fasi  e  livelli  (ad  esempio  nel  ciclo  degli  acquisti,
distinguendo le funzioni di programmazione e quella di esecuzione dei
contratti), l'applicazione di questo principio risulterebbe  efficace
per incoraggiare il controllo reciproco. 
   Nei casi di processi decisionali brevi, come, ad  esempio,  quelli
relativi  ad  attivita'  ispettive,   incarichi   legali,   incarichi
all'interno  di  commissioni  di   selezione   ecc.,   si   ritengono
applicabili misure di rotazione da attuarsi anche all'interno di albi
opportunamente istituiti. 
    
1.3 Altre professioni sanitarie
   Per alcune professioni sanitarie, come ad esempio i  farmacisti  e
le professioni infermieristiche con funzioni di responsabilita' e  di
coordinamento,   il   cui    ruolo    e'    strategico    all'interno
dell'organizzazione in quanto a gestione di risorse, costituendo  gli
stessi un anello determinante nella catena del  processo  decisionale
(relativo ad esempio all'introduzione di  farmaci  e  di  dispositivi
medici nella pratica clinica ed  assistenziale),  l'applicazione  del
principio della rotazione si rivela opportuno e presenta  margini  di
possibile applicazione.
   In questo importante ambito professionale, infatti, la maturazione
di expertise per settori specifici se da un lato puo'  richiedere  un
periodo di tempo necessario per l'acquisizione della piena  autonomia
nell'esercizio della funzione, per altro verso, il  meccanismo  della
rotazione,   attuato   attraverso   gli   adeguati    strumenti    di
pianificazione e di graduazione delle competenze  in  proporzione  ai
livelli di responsabilita' attribuiti, come ad esempio la  previsione
di  periodi  di  affiancamento  e  di  formazione  specialistica  per
settore,  consente   di   valorizzare   il   capitale   professionale
disponibile  anche  ai  fini  della  valutazione  delle   performance
individuali e dell'intera organizzazione.
    
2. Indicazioni generali e ulteriori 
   Pur nel rispetto del principio  di  autonomia/responsabilita'  che
caratterizza il sistema aziendale e i suoi sottosistemi, il principio
della  rotazione  deve  comunque  essere  un   obiettivo   effettivo,
documentabile e pertanto verificabile. La rotazione va  quindi  vista
come una condizione prospettica da costruire attraverso  la  messa  a
punto di meccanismi aziendali orientati verso questa  direzione  (es.
pianificazione pluriennale delle esigenze formative attraverso  piani
mirati a contrastare le tendenze di esclusivita' delle competenze e a
favorire l'intercambiabilita') e collegati  ai  sistemi  di  gestione
interni all'azienda sanitaria attraverso, a titolo indicativo ma  non
esaustivo: 
   - valutazione delle performance; 
- analisi dei potenziali delle risorse  umane  ovvero  del  "capitale
professionale effettivo" e non quello legato alla rigida attribuzione
delle funzioni. 
   La  rotazione  degli  incarichi  dovrebbe  riguardare   anche   il
personale non dirigenziale, specie se preposto ad attivita' afferenti
alle aree maggiormente sensibili al rischio di corruzione. 
   E' opportuno definire, in ogni  caso,  gli  ambiti  di  intervento
delle misure di rotazione ed individuare i settori che possono essere
"delocalizzati" rispetto all'azienda  e  con  quali  caratteristiche,
avendo a riferimento anche gli obiettivi delle unita'  operative.  In
questo senso,  altri  strumenti  per  applicare  il  principio  della
rotazione possono ricercarsi, da parte del management  delle  aziende
sanitarie, nella previsione di modelli organizzativi  anche  di  tipo
interdipartimentale  e/o  nella   ottimizzazione   dell'impiego   dei
professionisti  resisi  disponibili  per  effetto,  ad  esempio,   di
processi di accorpamento in attuazione del d.m. 70/2015 o anche nella
definizione di accordi interaziendali. 
   E' necessario, in ogni  caso,  definire  sistemi  di  monitoraggio
strutturati ed espliciti per evitare il verificarsi  del  rischio  di
condizionamenti  e/o  comportamenti  corruttivi,   avendo   cura   di
prevedere  il  collegamento  con  il  sistema  di  valutazione  della
performance, attraverso l'indicazione di obiettivi volti  anche  allo
sviluppo di competenze trasversali. E' importante che  le  aziende  e
gli  altri  enti  del  SSN  ripensino  quindi   ai   propri   modelli
organizzativi  per  il  governo   del   sistema   anche   a   livello
interaziendale e/o  di  bacino,  specie  per  alcune  aree  come,  ad
esempio,  ingegneria   clinica,   informatica con   rotazione   delle
responsabilita affidate ai dirigenti aziendali,  secondo  logiche  di
sviluppo orizzontali di tipo  dipartimentale  e  interdipartimentale,
anche identificando livelli di responsabilita' intermedi e  superando
il concetto di rigida attribuzione delle funzioni. 
    
Rapporti con i soggetti erogatori
    
Premessa 
   L'ambito dei rapporti tra le  regioni/aziende  sanitarie  con  gli
erogatori privati di attivita' sanitarie si configura,  nel  servizio
sanitario,  tra  le  aree  di  "rischio  specifiche"  di   cui   alla
determinazione ANAC n. 12/2015 (42). 
   Nella citata  determinazione  la  "specificita'"  del  rischio  in
questo settore veniva strettamente connessa  alla  fase  contrattuale
con i privati accreditati che erogano prestazioni per conto del SSN. 
   Nel  presente   approfondimento,   il   PNA   intende   richiamare
l'attenzione delle regioni e delle  aziende  sanitarie  su  tutte  le
singole   fasi   del   processo   che   conduce   dall'autorizzazione
all'accreditamento  istituzionale,  a   partire   dall'autorizzazione
all'esercizio (43) fino alla stipula dei contratti. Si forniscono  al
riguardo possibili ulteriori misure organizzative da  introdurre  per
prevenire  fattori  distorsivi  e/o  condotte  devianti  rispetto  al
perseguimento dell'interesse pubblico generale, favorite anche  dalla
carente o assente trasparenza delle procedure autorizzative e/o dalla
mancata  standardizzazione  degli  strumenti  e  dei   metodi   nella
conduzione, ad esempio, delle attivita' negoziali e/o nell'esecuzione
delle attivita' ispettive. 
   A tal fine,  per  ciascuna  fase  del  procedimento,  disciplinato
rispettivamente dagli artt. 8-bis, 8-ter, 8-quater e 8-quinquies  del
d.lgs. 502/1992 e s.m.i. vengono indicate, in relazione ad  eventuali
eventi rischiosi, specifiche misure ulteriori  che,  fatte  salve  le
singole  discipline  regionali,  ove  esistenti,  sono  orientate   a
privilegiare il massimo livello di trasparenza dei processi  e  delle
procedure sia nella fase di redazione degli atti che in quella  della
pubblicazione degli stessi. 
   Attesa la particolare differenziazione delle  discipline  e  delle
prassi  regionali/aziendali   per   le   fasi   di   rilascio   delle
autorizzazioni  all'esercizio  e  di  accreditamento   istituzionale,
indicazioni piu' specifiche vengono proposte con particolare riguardo
al  tema  delle  verifiche  e  dei   controlli   sui   requisiti   di
autorizzazione e di accreditamento, nonche' alla fase di stipula e di
esecuzione dei contratti. 
   L'esigenza di conferire  maggiore  omogeneita'  a  questo  settore
sembra porsi, infatti, con piu' evidenza proprio nelle  attivita'  di
contrattazione con  gli  erogatori  privati  accreditati;  in  questo
ambito e'  possibile,  sulla  base  anche  delle  buone  prassi  gia'
consolidate e delle risultanze di una rilevazione ad hoc operata  dal
Ministero della salute, fornire  gia'  in  questa  sede  delle  prime
indicazioni generali e comuni. 
   Il  presente  approfondimento  contiene  pertanto   alcune   prime
indicazioni su misure operative  comuni  a  regioni  ed  aziende  per
ciascuna fase del  procedimento  di  cui  ai  punti  successivi,  ivi
compresa la fase contrattuale. 
    
1. Autorizzazione all'esercizio
   In relazione al primo dei momenti in cui si articola  il  rapporto
con i soggetti privati, ovvero quello  dell'autorizzazione,  elemento
di valutazione e' senza  dubbio  la  determinazione  del  fabbisogno,
intesa come strumento  di  quantificazione  orientativa  del  mercato
sanitario    scaturente    dall'analisi    della    domanda.     Gia'
nell'Aggiornamento 2015 al PNA l'Autorita' ha fornito indicazioni  in
relazione a possibili rischi connessi ai due differenti casi  in  cui
l'atto autorizzativo sia o meno legato all'analisi del fabbisogno.
   Nel caso in cui venisse determinato, sulla base del fabbisogno, un
tetto massimo di autorizzazioni rilasciabili, occorrerebbe  prevenire
il rischio di possibili pressioni finalizzate a includere un soggetto
nel numero chiuso.
   Nel caso in cui l'analisi del fabbisogno avesse invece un  rilievo
meramente  orientativo  -  soluzione  quest'ultima  che  appare  piu'
aderente ai principi  comunitari  e  costituzionali  -  i  rischi  si
incentrerebbero esclusivamente sul possesso dei requisiti.
   Occorre pertanto, in ogni caso, introdurre misure  di  prevenzione
che prendano in considerazione le seguenti indicazioni finalizzate al
rafforzamento della trasparenza e delle azioni di controllo.
    
1.1 Rafforzamento della trasparenza 
   Oltre  a  quanto  previsto  dalle   disposizioni   normative,   in
particolare,  dall'art.  41  del  d.lgs.  33/2013  nonche'  dalla  l.
190/2012, art. 1, co. 15 e 16, lett.  a),  si  considerino  anche  la
pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza  nel
rispetto   della   normativa   sulla   tutela   della   riservatezza,
relativamente a: 
- la struttura del mercato, ovvero dell'atto  di  determinazione  del
fabbisogno, con l'evidenza dei territori saturi e di  quelli  in  cui
l'offerta risulti carente; 
- l'elenco dei  soggetti  autorizzati  (da  verificare  con  rispetto
normativa tutela della riservatezza); 
- gli esiti delle attivita' ispettive di cui al successivo paragrafo. 
    
1.2 Rafforzamento dei controlli
-  Azioni  volte  a   presidiare   il   procedimento   autorizzativo,
indirizzando ed intensificando i controlli sul possesso dei requisiti
autorizzativi nella fase pre-autorizzativa  e,  successivamente,  con
controlli anche a campione e senza preavviso, sul mantenimento  degli
stessi, con frequenza almeno annuale.
   A cio' si aggiunga che, in questa fase, il soggetto e' autorizzato
a  esercitare  l'attivita'   sanitaria   esclusivamente   in   regime
privatistico e con oneri a carico del cittadino. Cio' non esclude  la
necessita' di controlli anche di  qualita'  a  tutela  del  cittadino
stesso e di misure che garantiscano una corretta  informazione  come,
ad esempio, la pubblicazione dei prezzi delle prestazioni.
    
2. Accreditamento istituzionale 
   Le indicazioni rese per la fase autorizzativa valgono analogamente
per la fase dell'accreditamento, nella  considerazione  peraltro  che
per accedere a questo riconoscimento "di qualita'", ampliativo  della
sfera  giuridica  del  soggetto,  e'  d'obbligo  l'accertamento   del
possesso e del mantenimento di requisiti "ulteriori" stabiliti  dalla
normativa vigente in tema di accreditamento istituzionale. 
   In questa fase, infatti, ai requisiti strutturali,  tecnologici  e
organizzativi,   si   aggiungono   requisiti   di   qualita'   e   di
organizzazione propri di un livello di qualita'  adeguato  a  rendere
potenzialmente prestazioni anche per conto  del  SSN,  nella  cornice
definita dal  sistema  dei  livelli  essenziali  di  assistenza,  dai
relativi parametri e dagli standard di  riferimento  stabiliti  dalla
normativa di settore e dai relativi regolamenti attuativi (44). 
   Una indicazione preliminare va rivolta in  questo  approfondimento
alle  regioni  affinche'  si  determinino,  in  via  definitiva,   su
eventuali  situazioni  residuali  -  ove  esistenti  -  di   soggetti
destinatari di provvedimenti di riconoscimento di accreditamento c.d.
"provvisorio",   causando,   tali   situazioni,   un   vulnus   nella
programmazione, a regime, della rete di offerta pubblica e privata in
coerenza con il fabbisogno. 
   In questa fase, in analogia alle misure di cui ai § 1.1 e 1.2,  e'
opportuno che le  regioni/aziende  sanitarie  pongano  in  essere  le
azioni di seguito indicate. 
    
2.1 Rafforzamento della trasparenza
    
   Oltre  a  quanto  previsto  dalle   disposizioni   normative,   in
particolare,  dall'art.  41  del  d.lgs.  33/2013  nonche'  dalla  l.
190/2012, art. 1, co. 15 e 16, lett.  a),  si  considerino  anche  la
pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza  nel
rispetto   della   normativa   sulla   tutela   della   riservatezza,
relativamente a: 
- la struttura del mercato, ovvero dell'atto  di  determinazione  del
fabbisogno, con l'evidenza dei territori saturi e di  quelli  in  cui
l'offerta risulti carente; 
- la pubblicazione dell'elenco dei soggetti autorizzati; 
- gli esiti delle attivita' ispettive di cui al successivo paragrafo. 
    
2.2 Rafforzamento dei controlli
   Oltre ai  controlli  ordinari  sui  requisiti,  si  suggerisce  la
definizione di un piano di controlli concomitanti da rendere  oggetto
di misura di prevenzione ulteriore all'interno dei  PTCP,  ove  siano
indicati:
- il numero minimo dei controlli che, a campione e  senza  preavviso,
si intendono effettuare;
- i criteri di scelta delle strutture da sottoporre a controllo;
-  le  modalita'  di  conduzione  dei  controlli,  ad   esempio   con
riferimento alla periodicita' (almeno annuale), alla composizione dei
team  ispettivi  etc.,  avuto  riguardo,  in  quest'ultimo  caso,   a
prevedere team a composizione  mista  con  personale  proveniente  da
aziende diverse da quelle di competenza territoriale cui afferisce il
soggetto sottoposto a controllo, anche nella  forma  di  accordi  tra
aziende sanitarie confinanti. Per la composizione di  team  ispettivi
si richiamano altresi' le indicazioni gia' fornite dall'Autorita'  in
relazione al rispetto dei principi di rotazione e di insussistenza di
conflitto  di  interessi.  Inoltre,  per  consentire   alle   aziende
sanitarie  di   poter   disporre   di   personale   sufficiente   per
l'effettuazione di  controlli  si  suggerisce  la  sottoscrizione  di
intese con la Guardia di Finanza o con altre istituzioni, oltre  alle
collaborazioni tra aziende sanitarie.
    
2.3 Altre indicazioni 
- Previsione all'interno dei provvedimenti  di  accreditamento,  allo
scopo  di  non  ingenerare  aspettative  ed  evitare  l'insorgere  di
contenzioso, di una clausola che specifichi  che  tale  provvedimento
non determina automaticamente il diritto del privato ad accedere alla
fase contrattuale (45) e che lo  stesso  provvedimento  possa  essere
soggetto a revisione in relazione al mutarsi delle condizioni che  ne
hanno  originato  l'adozione,  fatti  salvi  i  casi  previsti  dalla
normativa vigente che integrano le ipotesi di sospensione e/o revoca. 
    
3. Accordi/contratti di attivita'
   La fase di negoziazione,  stipula  ed  esecuzione  dei  contratti,
costituisce l'ambito nel quale si regolano i rapporti con il  privato
accreditato chiamato ad erogare prestazioni per conto e a carico  del
SSN.
   Si osserva  come  i  contratti  in  questione  differiscano  dalla
generalita' dei  contratti  pubblici,  presentando  tuttavia  diversi
elementi in comune. E' opportuno  preliminarmente  prevedere  che  la
contrattazione sia strutturata in modo trasparente da parte di  tutti
i  soggetti  coinvolti,  costituendo,   tale   attivita',   la   fase
determinante del rapporto con i soggetti accreditati.
   In questa fase, infatti, e' importante operare i dovuti interventi
volti a garantire i livelli di qualita' delle prestazioni da rendersi
per conto del SSN, anche per evitare i rischi di  concorrenza  sleale
legati, ad esempio, ai casi di offerta di prestazioni "private"  allo
stesso prezzo del ticket, nonche', piu' in  generale,  all'erogazione
di prestazioni che, a parita' di costi, rivelino  differenti  livelli
di qualita'.
   Per prevenire tali rischi si richiama la necessita' che le aziende
sanitarie attuino le misure richiamate ai punti precedenti  (come  ad
esempio, controlli a campione e senza preavviso), anche nella fase di
esecuzione dei contratti. Anche sotto  questo  profilo,  laddove,  in
esito  ai  controlli,  dovessero  emergere  gravi  irregolarita',  le
aziende dovrebbero promuovere procedimenti di  sospensione  o  revoca
del contratto (46) e dell'accreditamento - cosi' come previsto  dalla
gran parte della legislazione regionale vigente - anche  al  fine  di
consentire un eventuale subentro di altri soggetti aventi i requisiti
di legge.
    
3.1 Misure specifiche per la fase contrattuale 
• Prevedere meccanismi non automatici di  rinnovo  del  contratto  ma
legati alle verifica delle performance, anche in termini di risultati
e di qualita' del servizio offerto,  prevedendo  anche,  in  sede  di
stipula del contratto, che il soggetto si impegni a  collaborare  con
la  pubblica  amministrazione  anche,  a  titolo  indicativo  ma  non
esaustivo, nel sistema di gestione dei tempi e delle liste di attesa,
facendo confluire, su richiesta della regione, le proprie  agende  di
prenotazione  delle  prestazioni  specialistiche  ambulatoriali   nel
sistema unico di prenotazione a livello regionale/aziendale  nonche',
piu' in generale, nelle attivita' ispettive e di controllo  da  parte
della pubblica amministrazione, pena la risoluzione del contratto. 
• Individuare, in tutte le fasi della contrattazione, il  livello  su
cui insiste la discrezionalita' della  pubblica  amministrazione,  al
fine di porre le misure piu' adeguate per  la  corretta  esplicazione
dell'attivita' negoziale. Le misure di prevenzione  della  corruzione
devono   invero   risultare   proporzionate   sia   al    grado    di
discrezionalita', sia alla dimensione assunta dal privato accreditato
in ciascuna regione.  A  tal  riguardo  occorre  rendere  pubblici  i
criteri di distribuzione delle risorse, nel caso in cui questi ultimi
siano definiti a livello aziendale. 
   In considerazione  della  rilevanza  essenzialmente  pubblicistica
dell'attivita' svolta dal privato accreditato  contrattualizzato  con
il SSN, si raccomandano inoltre le seguenti misure  sia  in  tema  di
personale che di acquisti, trattandosi di due ambiti che incidono sui
requisiti di accreditamento e quindi sulla qualita' dei servizi. 
   In particolare per quanto attiene il personale: 
• prevedere, nei modelli contrattuali definiti a  livello  regionale,
una clausola che  impegni  il  privato  accreditato  a  rispettare  e
mantenere i requisiti  organizzativi  nel  rispetto  della  dotazione
organica quali-quantitativa prevista per la  tipologia  di  attivita'
sanitaria oggetto di accreditamento e di contrattualizzazione. 
   Per quanto attiene gli acquisti: 
• prevedere, nei modelli contrattuali definiti a  livello  regionale,
l'impegno del soggetto privato  accreditato  e  contrattualizzato  ad
assicurare  livelli  di  qualita'  delle  tecnologie  e  dei  presidi
sanitari che garantiscano  i  parametri  di  qualita',  efficienza  e
sicurezza delle attivita' sanitarie. 
   Al fine di conferire maggiore cogenza agli obblighi in  questione,
le aziende valuteranno l'opportunita' di inserire nei contratti con i
privati accreditati la clausola di salvaguardia per cui,  la  mancata
sottoscrizione o il mancato rispetto di tali obblighi,  costituiscano
causa di sospensione dell'accreditamento. 
   Per uniformare la strutturazione di base dei modelli  contrattuali
adottati dalle regioni/aziende, si sta valutando l'ipotesi di emanare
linee  guida  recanti  gli  elementi  essenziali   da   ricomprendere
all'interno degli accordi contrattuali, avuto riguardo - a titolo  di
esempio indicativo ma  non  esaustivo  -  dell'ente  competente  alla
stipula e dalla gestione dei contratti, della composizione del budget
(tetti di spesa) e dell'eventuale presenza di accordi di confine  per
la gestione  e  la  programmazione  della  mobilita'  attiva  per  le
prestazioni rese nei confronti dei pazienti  extraregionali  e  della
mobilita' passiva. 
    
4. Valutazione del fabbisogno
   Rispetto al tema del  fabbisogno  quale  fattore  di  orientamento
delle   scelte   in   ambito   sanitario   incluse   quelle    legate
all'ingresso/mantenimento  dei  soggetti  privati   all'interno   del
sistema di offerta, si raccomanda alle aziende sanitarie e,  ove  non
delegate dalle regioni, a queste ultime, di:
- rendere  evidenti  i  criteri  e  i  processi  adottati  in  ambito
regionale/aziendale per  l'analisi  dei  fabbisogni  con  particolare
riguardo anche ai "riadattamenti" dell'organizzazione della  rete  di
offerta e del relativo sistema di relazioni, nei casi  di  variazioni
degli stessi fabbisogni cui adeguare gli strumenti di programmazione.
Si suggerisce a tal riguardo di valutare,  in  relazione  all'entita'
della variazione determinata da una contrazione o da un  aumento  del
fabbisogno, un confronto comparativo e  trasparente  con  i  soggetti
accreditati;
- tenere conto, nella definizione dei criteri  per  la  distribuzione
delle risorse ai  soggetti  accreditati  e  contrattualizzati,  anche
delle performance clinico-assistenziali,  in  termini  di  volumi  ed
esiti, delle prestazioni rese.
    
Ulteriori temi di approfondimento 
1. Misure per l'alienazione degli immobili 
   In riferimento alla cessione di immobili a terzi  da  parte  delle
aziende  sanitarie,  anche  provenienti  da   atti   di   liberalita'
(donazioni e successioni) o  comunque  acquisiti  dalle  aziende,  e'
possibile prefigurare possibili eventi rischiosi  riconducibili  alla
valorizzazione del patrimonio da alienare e  alle  procedure  con  le
quali viene effettuata la vendita o la locazione (o  anche  dal  loro
mancato utilizzo o messa a rendita). 
   Non e' da trascurare anche il rischio del progressivo intenzionale
deterioramento del bene per ridurne il valore commerciale. 
   In altri termini, se parte del patrimonio non  viene  direttamente
utilizzato  per  finalita'  proprie  delle  aziende  sanitarie   (per
attivita' assistenziali o comunque  per  attivita'  amministrative  e
gestionali aziendali) o  non  sono  comunque  previste  modalita'  di
utilizzazione di questi beni all'interno di un piano industriale,  e'
auspicabile prevedere forme di messa a reddito di tale patrimonio (ad
es. attraverso la cessione o la locazione) o comunque un utilizzo per
finalita' proprie dell'azienda anche a  livello  interaziendale  (es.
per l'attivita' libero professionale, uffici amministrativi, ecc.). 
   In questo contesto, come gia' evidenziato nell'Aggiornamento  2015
al PNA, oltre agli obblighi di trasparenza previsti dall'art. 30  del
d.lgs. 33/2013, anche come modificato dal d.lgs. 97/2016,  ovvero  la
pubblicazione delle informazioni identificative  degli  immobili  (ad
es. tipo, dimensione,  localizzazione,  valore)  a  qualsiasi  titolo
posseduti o detenuti  (ad  es.  proprieta'  e  altri  diritti  reali,
concessione ecc.), dei canoni di locazione o  di  affitto  versati  o
percepiti dalle amministrazioni, sarebbe  opportuno  che  le  aziende
sanitarie e gli altri enti assimilati rendessero disponibili anche le
seguenti tipologie di informazioni: 
a) modalita' di messa a reddito di ciascun immobile, ovvero vendita o
locazione con le relative procedure e/o altre modalita'  di  utilizzo
(es. interaziendale con condivisione di risorse); 
b) patrimonio non utilizzato per finalita' istituzionali o di cui non
e' previsto un utilizzo futuro,  nell'ambito  di  piani  di  sviluppo
aziendali: tipo, dimensione, localizzazione, valore; 
c) esito delle procedure di dismissione/locazione; 
d) redditivita' delle procedure ovvero valore, prezzo  di  vendita  e
ricavato. 
   Il RPCT e' tenuto a vigilare  sull'attuazione  delle  misure  e  a
segnalare al management aziendale  anomalie  risultanti  dall'analisi
degli indicatori di rischio come,  ad  esempio:  la  consistenza  del
patrimonio non utilizzato per finalita' istituzionali;  la  possibile
anomala compresenza di fitti passivi  e  immobili  in  locazione;  la
significativita' degli scostamenti tra valore, prezzo  di  vendita  e
ricavato nelle procedure di dismissione/locazione. 
   E' altresi' importante che le regioni completino il censimento del
patrimonio non utilizzato a fini istituzionali affinche' questo possa
essere valorizzato dalle competenti agenzie del territorio. 
2. Sperimentazioni cliniche. Proposta di  ripartizione  dei  proventi
derivanti da sperimentazioni cliniche 
   I  proventi  derivanti  alle  aziende  sanitarie  a   seguito   di
sperimentazioni  cliniche,  specie  nel   caso   di   studi   clinici
randomizzati interventistici con farmaci che devono essere introdotti
sul mercato, possono assumere una  consistenza  molto  rilevante  (di
decine di milioni euro per anno in aziende di grandi dimensioni e  di
elevato richiamo). Per questo motivo  e  per  le  cointeressenze  che
possono esserci tra le ditte farmaceutiche e gli  sperimentatori,  si
tratta di un'attivita' a rischio corruttivo.  L'azione  dei  Comitati
Etici (di seguito CE), volta ad  accertare  la  scientificita'  e  la
eticita' del protocollo di studio, non fornisce  specifiche  garanzie
al riguardo. 
   Al fine di gestire, in ottica di prevenzione della corruzione,  la
discrezionalita'   degli   sperimentatori    di    attribuzione    (e
"auto-attribuzione") dei proventi,  e'  opportuno  che  ogni  azienda
sanitaria integri il regolamento  del  CE  con  un  disciplinare  che
indichi le modalita' di ripartizione dei proventi, detratti  i  costi
da sostenersi per la conduzione della  sperimentazione  e  l'overhead
dovuto all'azienda per l'impegno degli uffici addetti  alle  pratiche
amministrative ed il coordinamento generale. 
   E' inoltre opportuno adottare un sistema di verifica dei conflitti
di interesse dei CE tale da identificare, oltre l'eventuale conflitto
di  interesse  al  momento  della  nomina,  anche  la  sua  eventuale
sussistenza  al  momento  della  presentazione  e  valutazione  della
sperimentazione clinica. A monte della stipula del contratto  per  la
sperimentazione, e' opportuno individuare con  esattezza  l'effettivo
titolare dell'impresa, soprattutto ove il contratto  venga  stipulato
con soggetti aventi sede in Stati  esteri  e/o  a  bassa  fiscalita',
anche al fine di verificare  l'esistenza  di  indicatori  di  rischio
secondo  la  normativa   antiriciclaggio.   Va   inoltre   richiamata
l'attenzione  sull'opportunita'   di   prevedere,   nei   regolamenti
aziendali, un congruo lasso di tempo  tra  il  finanziamento  per  la
ricerca e la cessazione di un  contratto  a  titolo  oneroso  con  il
soggetto che finanzia la ricerca, o sue imprese controllate. 
    
2.1 Criteri per la ripartizione dei proventi
   Una possibile sequenza logica per pervenire  a  una  procedura  di
ripartizione dei proventi e' la seguente:
a)  detrarre  le   spese   da   sostenersi   (costi   diretti   della
sperimentazione). Tali spese possono includere:
- costi per accertamenti di  laboratorio  o  strumentali,  aggiuntivi
rispetto a quelli previsti dalla pratica assistenziale corrente;
- costi per la raccolta/spedizione di materiali biologici;
- costi per la gestione separata dei farmaci in sperimentazione;
- costi  di  materiale  di  consumo  o  di  materiale  inventariabile
necessario per la sperimentazione (ove non forniti direttamente dallo
sponsor);
- rimborsi ai pazienti;
- spese  per  acquisizione  di  collaborazioni  tecnico-professionali
finalizzate alla conduzione delle sperimentazioni;
-  spese  di  gestione,  analisi  dei  dati,  test   di   laboratorio
aggiuntivi, spese di spedizione dei materiali;
- spese di formazione/aggiornamento  del  personale  coinvolto  nelle
sperimentazioni;
- spese di acquisizione di apparecchiature tecnico scientifiche;
    
   b) ripartire  il  ricavo  netto  secondo  criteri  prestabiliti  e
trasparenti. 
    
   Le somme destinate al personale, inoltre, dovrebbero confluire nei
fondi  aziendali  ed  essere  evidenziate  nel  conto   annuale;   e'
opportuno, al riguardo, che i relativi criteri di ripartizione  siano
concordati con le organizzazioni sindacali.
   In quest'ambito specifico e' auspicabile che le aziende  sanitarie
adottino un regolamento che disciplini le modalita' di  distribuzione
dei ricavi netti provenienti  dalle  sperimentazioni,  improntato  ai
principi  di  equita',  efficienza  e  vantaggio  per   la   pubblica
amministrazione.  La  scelta  e'  comunque  rimandata  alle   singole
direzioni aziendali che sono chiamate all'obbligo  di  definire  tali
modalita'  di  ripartizione,  rendendole  trasparenti,  al  fine   di
garantire una equita'  di  fruizione  dei  proventi  derivanti  dalle
sperimentazioni cliniche tra tutto  il  personale  che  vi  partecipa
attivamente. Di norma, il personale medico e quello infermieristico e
tecnico dovrebbero svolgere l'attivita' di sperimentazione clinica al
di fuori dell'orario di servizio. Questa  regola  sembrerebbe  essere
ampiamente disattesa,  anche  perche'  tale  attivita'  si  intercala
naturalmente con quella svolta  in  attivita'  istituzionale.  A  tal
fine, le aziende sanitarie potrebbero individuare,  ad  esempio,  dei
"tempi standard"  necessari  per  lo  svolgimento  dell'attivita'  di
sperimentazione, calcolati sul numero di pazienti arruolati  e  sulle
procedure  (assistenziali,  diagnostiche)  cui  sono  sottoposti,  da
aggiungere al debito orario contrattuale.
   Il  RPCT  dovrebbe  effettuare  il   monitoraggio   sull'effettiva
implementazione delle suddette misure e, in particolare, l'adozione e
implementazione del  regolamento  sulla  ripartizione  dei  proventi,
nonche' l'elaborazione di appositi indicatori  di  rischio  come,  ad
esempio, il rapporto tra i volumi  di  attivita'  svolta  nell'ambito
delle sperimentazioni cliniche e l'attivita' istituzionale.
    
3. Comodati d'uso/ valutazione "in prova" 
   Un'attenzione  particolare  va  rivolta  ad   alcune   particolari
modalita'    di     ingresso     delle     tecnologie     all'interno
dell'organizzazione sanitaria, diverse rispetto agli ordinari  canali
di  approvvigionamento.  In  questa  fase  di  transizione  verso  le
procedure di approvvigionamento aggregate in capo  alle  centrali  di
committenza/soggetti aggregatori, sulla base di quanto previsto dalla
recente normativa per il settore degli acquisti (legge di  stabilita'
2016), e' possibile che il ricorso a tali  modalita'  diventi  sempre
piu' elevato. A partire, quindi, dalle misure di rafforzamento  della
trasparenza come, ad esempio, la pubblicazione dei dati  inerenti  le
relative procedure aziendali autorizzative,  si  rende  possibile  la
conoscenza interna ed esterna dei comportamenti assunti dalle aziende
stesse in questo delicato ambito. In tal senso potrebbe  configurarsi
pertanto come una misura ulteriore di trasparenza l'integrazione,  da
parte  delle  aziende  sanitarie,   delle   informazioni   sul   sito
istituzionale  relative  alle  tecnologie  introdotte  attraverso  le
predette modalita', prevedendo il seguente set minimo di dati: 
a) il richiedente/l'utilizzatore; 
b) la tipologia della tecnologia; 
c) gli estremi dell'autorizzazione della direzione sanitaria; 
d) la durata/termini di scadenza; 
e) il valore economico della tecnologia; 
f) gli eventuali costi per l'azienda sanitaria correlati all'utilizzo
della tecnologia (es. materiali di consumo). 
   Riguardo a quest'ultimo punto, nel caso  in  cui  l'analisi  della
proposta di comodato evidenzi costi a carico dell'azienda  sanitaria,
connessi  all'utilizzo  del  bene,  la  stessa  non  dovrebbe  essere
accettata ove preveda corrispettivi economici in favore del  soggetto
comodante o comunque di un soggetto predeterminato,  in  quanto  tale
vincolo attribuirebbe all'intera operazione la natura di contratto di
appalto, che dovrebbe essere pertanto gestito  secondo  le  ordinarie
procedure di gara. 
   La medesima precisazione va riferita anche  alle  "donazioni"  e/o
alle  "prove  dimostrative".  Per  queste  ultime,  qualsiasi   onere
economico (inclusi materiali di consumo)  deve  essere  totalmente  a
carico del  soggetto  che  propone  all'azienda  sanitaria  la  prova
dimostrativa. 
   L'insieme  dei  dati  sopra   riportati,   a   vari   livelli   di
aggregazione, potra' costituire un database delle apparecchiature "in
prova"  da  cui  sia  possibile  effettuare  i  collegamenti  con  le
successive modalita' con le quali eventualmente le stesse  tecnologie
vengono  acquisite  dalle  aziende.  Pertanto,   il   RPCT   dovrebbe
utilizzare tali informazioni anche al  fine  di  elaborare  possibili
indicatori di rischio come, ad esempio, la  percentuale  (numero  e/o
valore)  delle  apparecchiature  in  prova/comodati  d'uso   che   si
trasforma in acquisto, anche in relazione al totale della  tecnologia
acquisita dall'azienda. 
4. Ulteriori misure per la trasparenza, il governo e la gestione  dei
tempi e delle liste di attesa e dell'attivita'  libero  professionale
intra moenia 
   Quest'area,    gia'    ritenuta    di    prioritaria    importanza
nell'Aggiornamento 2015 al PNA,  viene  richiamata  anche  in  questo
approfondimento in considerazione della disomogeneita'  dei  contesti
regionali nel governo dei tempi di  attesa,  in  relazione  anche  al
rapporto tra attivita' istituzionale  e  libero  professionale  e  al
fatto che i comportamenti opportunistici e  i  rischi  corruttivi  in
questo settore  si  sostanziano  in  disparita'  di  trattamento  nei
confronti dell'utente finale. L'esigenza e' quella  di  integrare  le
misure di prevenzione gia' previste nel precedente Aggiornamento 2015
al PNA, con particolare riferimento alle attivita' in ALPI (47),  con
interventi mirati in tema di liste di attesa per le prestazioni  rese
in  attivita'  istituzionale,  a  partire  dal  rafforzamento   della
trasparenza nel sistema di accesso  alle  prestazioni  specialistiche
ambulatoriali  (diagnostiche  e  terapeutiche),  avuto  riguardo  del
trattamento dei  dati  sensibili.  Un'importante  modifica  e'  stata
introdotta dal d.lgs.  97/2016,  art.  33,  che,  intervenendo  sulle
disposizioni in materia di trasparenza con riferimento alle liste  di
attesa contenute all'art. 41, co.  6,  d.lgs.  33/2013,  ha  previsto
l'obbligo di pubblicazione anche  dei  criteri  di  formazione  delle
stesse liste. 
   Inoltre, a titolo esemplificativo ma non esaustivo sono  indicate,
con riferimento all'accesso del paziente al sistema  di  prenotazione
delle prestazioni sanitarie, alcuni possibili eventi rischiosi con le
relative misure di prevenzione. 
   In relazione al rischio di violazione del diritto di libera scelta
del paziente, con induzione all'accesso per prestazioni sanitarie  in
ALPI a seguito di incompleta o errata indicazione delle  modalita'  e
dei tempi di accesso alla fruizione  delle  analoghe  prestazioni  in
regime di attivita'  istituzionale,  le  seguenti  misure,  che  gia'
costituiscono condizioni imprescindibili di buona  amministrazione  e
di efficienza organizzativa, si rivelano  efficaci  per  la  gestione
trasparente delle liste di prenotazione e per il governo dei tempi di
attesa  (con  conseguenti  effetti  diretti  sulla  percezione  della
qualita' del servizio da parte dei cittadini e  sull'efficacia  degli
interventi sanitari): 
• informatizzazione e pubblicazione, in apposita sezione del sito web
aziendale di immediata  visibilita',  delle  agende  di  prenotazione
delle aziende sanitarie; 
• separazione dei percorsi interni di accesso alle  prenotazioni  tra
attivita' istituzionale e attivita' libero professionale  intramoenia
(ALPI); 
• unificazione del sistema di gestione delle agende  di  prenotazione
nell'ambito del Centro Unico di Prenotazione (CUP) su base  regionale
o  almeno  provinciale,  facilmente  accessibile  (es.  call  center,
sportelli aziendali, rete delle farmacie,  ecc.)  con  l'integrazione
tra pubblico e privato almeno per quanto attiene la prima visita e  i
follow up successivi; 
• utilizzo delle classi di priorita' clinica per l'accesso alle liste
di attesa differenziate per  tempo  di  attesa  (specificando  se  si
tratta di prima visita o controllo). Tale obbligo, gia'  disciplinato
con  decreti  ministeriali  e  da  specifici  accordi  Stato-Regioni,
necessita tuttavia di essere monitorato ed implementato  per  evitare
il rischio di classificazioni  errate  e/o  opportunistiche.  In  tal
senso  sono  gia'  state  implementate  in  varie  aziende  sanitarie
italiane esperienze trasferibili che prevedono il coinvolgimento  dei
professionisti per aree cliniche, come per  esempio  il  modello  dei
raggruppamenti di attesa omogenei (R.A.O.), un'esperienza  di  codici
di priorita' caratterizzata dal coinvolgimento di medici di  medicina
generale, pediatri di libera scelta e specialisti ospedalieri. 
   Un ulteriore rischio puo' essere legato al fenomeno del drop  out,
ovvero al caso delle prenotazioni regolarmente raccolte  dal  CUP  ma
che non vengono eseguite a causa dell'assenza  del  soggetto  che  ha
prenotato. Al fine di evitare opportunistici allungamenti  dei  tempi
di attesa in attivita'  condotta  in  regime  istituzionale,  possono
essere utilizzati diversi strumenti  gestionali  quali,  ad  esempio,
recall, SMS, reminder,  pre-appuntamento,  per  verificare  la  reale
consistenza delle liste di attesa. A tale scopo, puo' essere efficace
prevedere a livello regionale e/o  aziendale  l'obbligo  di  disdetta
delle  prenotazioni  di  prestazioni  specialistiche   ambulatoriali,
disciplinando i casi in cui sia  possibile  giustificare  la  mancata
disdetta per impedimenti oggettivi e documentati (48). 
   Altre  misure  specifiche  possono   riguardare   la   previsione,
all'interno dei siti  web  aziendali,  di  una  sezione  dedicata  ai
reclami da parte dei pazienti con modalita'  facilmente  accessibili,
nonche' un sistema di reporting e di  monitoraggio  degli  stessi  da
parte del RPCT. 
   Va evidenziato che le suddette misure,  poiche'  presuppongono  il
pieno rispetto degli obblighi di legge vigenti in tema  di  liste  di
attesa,  sono  da  considerarsi   esemplificative   delle   possibili
strategie ulteriori che le regioni e  le  aziende  sanitarie  possono
porre in essere per il governo dei tempi di attesa delle  prestazioni
sanitarie, anche in termini di miglioramento dei  piani  adottati  in
conformita' al Piano nazionale di governo delle liste di  attesa,  ai
sensi dell'intesa Stato-Regioni del 28 ottobre 2010, di cui  all'art.
1, co. 280, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 
                                                      Il Presidente 
                                                     Raffaele Cantone