(all. 1 - art. 1) (parte 1)
                                                           Allegato A
            MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI

       Commissione per l'analisi delle problematiche relative
          alla disabilita' nello specifico settore dei beni
                     e delle attivita' culturali

    LINEE GUIDA PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
                  NEI LUOGHI DI INTERESSE CULTURALE


Premessa
  Queste  Linee  Guida  sono  rivolte  a  tutti  coloro, architetti e
ingegneri  in  primo luogo, funzionari di amministrazioni pubbliche o
liberi  professionisti,  che  nel  corso  della  propria attivita' si
trovano  ad  affrontare,  seppur  con ruoli diversi (responsabili del
procedimento,   soggetti  finanziatori,  progettisti,  direttori  dei
lavori,  collaudatori),  il  tema dell'accessibilita' nell'ambito dei
luoghi di interesse culturale.
  Il  primo  quesito  emerso  nella  redazione di questo documento ha
riguardato   una   questione   di   natura  terminologica.  Trattando
prevalentemente  di  spazi  ed  ambienti  gia'  esistenti,  ci  si e'
interrogati,  infatti, sull'opportunita' di parlare effettivamente di
"accessibilita'"  -  intesa,  secondo  le  norme  vigenti,  come  "la
possibilita',  anche  per  persone  con  ridotta o impedita capacita'
motoria  o  sensoriale,  di  raggiungere  l'edificio e le sue singole
unita' immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne
spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia"
-  o  se fosse piu' appropriato riferirsi al concetto, apparentemente
piu' limitativo, di "superamento delle barriere architettoniche".
  E'  indubbio  che  per  i  nuovi  immobili puo' ormai rilevarsi una
diffusa  tendenza  a rivolgere fin dalla sua genesi il progetto verso
una  "utenza  ampliata" - in accordo con alcuni fondamentali principi
condivisi  a  livello  internazionale,  sintetizzati  nel concetto di
universal  design  -  tanto da rendere piu' che appropriato l'impiego
del  termine  "accessibilita'".  Tale  orientamento,  tuttavia,  puo'
difficilmente   essere   applicato  agli  interventi  sul  patrimonio
architettonico, dove la presenza di condizioni pensate esclusivamente
per  ristrette fasce di utenza appare spesso legata sia all'identita'
stessa  degli  immobili  oggetto di tutela, che alle loro particolari
vicende  storiche.  A  rigor di termini, dunque, e' necessario ancora
parlare   di   superamento  delle  barriere  architettoniche  che  il
costruito  storico  presenta, ad esso strettamente connaturate. Si e'
ritenuto   opportuno,   pertanto,  richiamare  fin  dal  titolo  tale
specifica  declinazione  dell'accessibilita', adottando la dizione di
"superamento  delle  barriere architettoniche nei luoghi di interesse
culturale".
  Nell'impostazione  fondamentale  delle  presenti  Linee Guida si e'
cercato  di  superare la logica da manuale di progettazione, evitando
di  suggerire  soluzioni  preconfezionate. Il testo si propone dunque
come  strumento  per  stimolare  la  riflessione  su  un  tema la cui
complessita'  viene  spesso  sottovalutata  (si pensi ad esempio alle
cosiddette  "barriere  percettive" quasi sempre ignorate), al fine di
superare  la prassi corrente della mera "messa a norma", evidenziando
come  le problematiche connesse con l'accessibilita' costituiscano la
base stessa della progettazione e della disciplina del restauro.
  Si   tratta,   pertanto,   di  un  documento  sempre  rivedibile  e
aggiornabile  in  quanto,  avanzando  le conoscenze e gli studi, esso
dovra' necessariamente adeguarsi ai futuri sviluppi e alle esperienze
elaborate.

  1. Introduzione

  1.1 Conservazione e accessibilita'
  E'  soltanto  a partire dalla fine degli anni '80 che la disciplina
del    restauro    ha   iniziato   a   confrontarsi   con   il   tema
dell'accessibilita' - a seguito dell'approvazione della legge 13/89 e
del  suo  regolamento di attuazione, il D.M. 236/89 - benche' fin dal
1971  fossero  presenti  in  Italia  precise disposizioni normative a
riguardo.  Rivolti agli edifici privati, i due provvedimenti del 1989
si  estendevano  infatti  esplicitamente all'adeguamento di fabbriche
esistenti,  se  sottoposte  a  ristrutturazione, prevedendo procedure
semplificate  per  gli  immobili vincolati dalle leggi di tutela, tra
cui   il   silenzio-assenso   nell'approvazione   dei   progetti   in
Soprintendenza.  Per  la  prima volta, inoltre, veniva introdotta una
normativa  a  carattere  prestazionale,  piu' tardi estesa anche agli
edifici pubblici con la legge 104 del 1992 ed il D.P.R. 503 del 1996,
che   avrebbe   ispirato   una  significativa  riflessione  sul  tema
dell'accessibilita'  nel  settore  della tutela e del restauro, anche
alla  luce  dei  piu'  recenti  orientamenti teorici della disciplina
della conservazione.
  Allo  stato  attuale,  possono  ritenersi  ormai  acquisiti  alcuni
principi   fondamentali,   che  vedono  il  tema  dell'accessibilita'
collocarsi  a  pieno  diritto  all'interno  del progetto di restauro,
compreso  ormai nel piu' ampio concetto di "conservazione integrata".
Lo stretto legame tra monumento ed uso, infatti - ribadito piu' volte
non   soltanto  come  migliore  garanzia  per  la  conservazione  del
patrimonio,  ma  come condizione intrinseca dell'architettura, per la
quale   non   possono   valere   esclusivamente   istanze   di  "pura
contemplazione"  (1)  -  conduce  a  considerare  il restauro come un
intervento  "che  non  deve, come troppo spesso avviene, sottrarre al
godimento  le  opere,  ma che ha lo scopo di salvarle consentendo che
sussistano  il  piu'  a  lungo  possibile, come parti esteticamente e
storicamente vive della nostra societa'" (2).
  Partendo dunque da un iniziale approccio riduttivo, che limitava il
problema  delle barriere architettoniche ad una semplice ottemperanza
normativa  -  ritenuta quasi sempre in contrasto con le istanze della
tutela  -  si e' giunti a comprendere il tema dell'accessibilita' nel
piu'  complesso ambito del rapporto tra conservazione e fruizione del
patrimonio  architettonico.  Occorre in proposito evidenziare che, in
linea    generale,    non    esistono    elementi   aprioristici   di
incompatibilita'  tra  la salvaguardia degli immobili vincolati ed il
loro adeguamento alla normativa per una fruizione generalizzata degli
spazi. Cio' anche alla luce di una mutata percezione della condizione
di  disabilita',  passata da evento "eccezionale" a fenomeno comune e
diffuso,  come  dimostrato  dal notevole incremento delle percentuali
europee,  e  dal  significativo  ampliamento  del  concetto stesso di
disabilita',  esteso  oggi  anche  a  situazioni transitorie, come la
gravidanza,  la  convalescenza,  la temporanea immobilizzazione di un
arto,  ma  anche  la  piu' semplice necessita' di trasportare oggetti
pesanti.
  Il   tema   dell'accessibilita'   e'  senza  dubbio  uno  dei  piu'
determinanti  dal  punto  di  vista  della  vivibilita'  degli  spazi
costruiti   e   costituisce   dunque  una  essenziale  caratteristica
qualitativa  dell'immobile e delle sue attrezzature. Tutto cio' vale,
a maggior ragione, per gli immobili di interesse culturale, in quanto
gli  stessi  rappresentano generalmente luoghi della memoria o "spazi
preziosi"  per  la  collettivita',  da  utilizzarsi  per attivita' ed
eventi che devono comunque risultare accessibili ed "accoglienti" per
tutti,    trasformando   cosi'   i   vincoli   in   opportunita'   di
partecipazione3.  In tale prospettiva, le istanze dell'accessibilita'
"devono  considerarsi  come  normali  elementi  di progetto, quali la
sicurezza,  la solidita' strutturale, il comfort termoigrometrico, le
norme  edilizie  e  urbanistiche,  le  disponibilita' economiche, gli
stessi principi-guida del restauro: distinguibilita', reversibilita',
compatibilita'  fisico-chimica,  autenticita'  espressiva.  Il  tutto
diventa  piu'  facile  se  si  accetta  una  condizione progressiva e
'critica'  del restauro (inteso come atto proprio del tempo presente)
e  non  una  congelante,  regressiva  linea di ripristino piu' o meno
filologico o 'in stile'. Il restauro, infatti, guarda al futuro e non
al passato" (4).
  Se  il  tema dell'accessibilita' rientra pienamente nell'ambito del
progetto  di  restauro,  e'  facilmente  dimostrabile  come  esso  si
presenti  fin  dalle  sue  scelte  preliminari,  potremmo dire gia' a
partire  dalla fase conoscitiva che interessa un manufatto oggetto di
tutela.  Riferendoci infatti per un momento ai principi teorici della
disciplina   e  considerando  che,  al  di  la'  delle  piu'  recenti
riflessioni, puo' ritenersi ancora valida la concezione che individua
le    radici   dell'intervento   di   restauro   in   un   preventivo
"riconoscimento"  dei  molteplici  valori  che caratterizzano un bene
culturale,  e'  possibile  mostrare come gia' in questa prima fase il
tema  dell'accessibilita'  appaia  strettamente  connaturato  con  le
ragioni  stesse  della  conservazione.  Nella  sua celebre Teoria del
restauro,  infatti,  Cesare Brandi definisce il citato riconoscimento
come  esperienza propria dell'individuo, precisando tuttavia che, nel
momento  stesso  della  percezione  individuale,  tale riconoscimento
"appartiene  alla  coscienza  universale,  e  l'individuo che gode di
quella  rivelazione  immediata  si  pone  immediatamente l'imperativo
categorico,  come  l'imperativo  morale,  della  conservazione"  (5).
Com'e'   stato   osservato,   dunque,  tale  "richiamo  al  carattere
collettivo  della  coscienza,  e alla necessita' che l'esperienza del
riconoscimento   si  ripeta  nuovamente  in  altri  fruitori,  sembra
mostrare  chiaramente come il problema di una completa accessibilita'
si manifesti - almeno sul piano teorico - molto prima dell'intervento
di  restauro,  fin  dal  primo  contatto  con  un  bene  di interesse
culturale" (6).
  Chiarito    quindi    che    il    confronto    con   il   problema
dell'accessibilita'   di  un  edificio  o  di  un  sito  emerge  gia'
nell'approccio  conoscitivo verso il patrimonio, e' evidente che esso
accompagnera'  il  progetto  di restauro in tutto il suo sviluppo, in
particolare  nella progettazione preliminare dell'intervento, durante
la  quale si definiscono le scelte relative alla destinazione d'uso e
se ne valuta la compatibilita' con il bene oggetto di tutela. Proprio
in  questa  fase  - ma in una certa misura gia' nel corso delle prime
operazioni  di  rilievo  della  fabbrica  (7)  - e' infatti possibile
individuare  punti  di  "minor  resistenza"  dell'edificio  su cui si
interviene,  idonei  a  collocare le necessarie opere di adeguamento,
pur  con  tutta  la  consapevolezza  del  rischio di definire diversi
"gradi"  di  tutela  all'interno  di  uno  stesso  bene, che andrebbe
salvaguardato  nella  sua  maggiore  integrita' possibile. Occorre in
proposito  ricordare che in alcuni casi l'accessibilita' totale di un
edificio  o di un sito puo' realmente rappresentare una condizione di
pericolo  per  la  sua conservazione. Un esempio tipico e' costituito
dai  siti di interesse culturale o paesaggistico in cui la necessita'
di  ridurre  al minimo l'impatto antropico porta a limitare il numero
dei  visitatori, come le Grotte di Altamira o il Cenacolo di Leonardo
(8).  Analoghi  casi  si  potrebbero  riscontrare  nei  confronti  di
particolari tipologie di beni culturali, come la Torre di Pisa o piu'
in  generale  le  strutture  a  cupola,  in  cui  gli  interventi  di
adeguamento  sarebbero di tale impatto da entrare in contrasto con le
piu'  elementari  istanze di tutela. Senza dimenticare, inoltre, casi
"estremi"  in cui l'inaccessibilita' rappresenta l'essenza stessa del
bene da salvaguardare, come la vetta del Monte Bianco (9).
  In  queste  situazioni  diventa  fondamentale  predisporre adeguate
misure  compensative  (postazioni  multimediali,  telecamere in presa
diretta, pubblicazioni, modelli tridimensionali, ecc.) che permettano
comunque,   seppur   in   forma   indiretta,   la   conoscenza  e  la
valorizzazione dei luoghi.
  In   tutti   i   casi,   la  verifica  della  compatibilita'  della
destinazione  d'uso con le istanze dell'accessibilita' costituisce un
passaggio   fondamentale.  La  scelta  di  una  funzione  d'uso  poco
invasiva,  cosi'  come  un'attenta  organizzazione  distributiva  del
progetto,  puo'  ridurre  l'impatto  degli interventi di adeguamento,
consentendo    di    muoversi   nell'ambito   del   requisito   della
visitabilita',  che  appare  sicuramente  piu' compatibile con alcune
particolari   situazioni   che   caratterizzano  immobili  fortemente
stratificati  ed articolati. Inteso come accessibilita' limitata alle
parti  essenziali  dell'edificio, tale requisito comporta in generale
interventi piu' misurati, che si traducono, secondo la normativa, nel
garantire  l'accesso  ad almeno un servizio igienico ed agli spazi di
incontro  e  relazione. A questi ultimi vanno aggiunti, naturalmente,
gli  ambienti  piu'  significativi  di  un  edificio  o  di  un sito,
fondamentali   tanto   per   la   comprensione  della  sua  identita'
architettonica  che  per  la fruizione di tutti i suoi valori, intesi
come "spazi preziosi" irrinunciabili per l'intera collettivita'.
  Molteplici   riflessioni  conducono  dunque  a  collocare  il  tema
dell'accessibilita'  tra i nodi centrali del progetto di restauro, in
stretta  relazione  con  il  significato  piu' profondo che la stessa
disciplina   della   conservazione   contiene  nei  suoi  assunti  di
principio.  Se  e'  vero  infatti  che "un bene non e' tale se non e'
fruibile"    e   che   "la   pura   contemplazione   non   appartiene
all'architettura" (10), il superamento delle barriere architettoniche
non  costituisce  altro  che  uno  degli  aspetti  sostanziali  della
conservazione,  da  valutare  all'interno  del  piu'  ampio  problema
dell'uso compatibile di un edificio o di un sito di interesse storico
e culturale.
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          1   A.  Bellini,  La  pura  contemplazione  non  appartiene
          all'architettura,  in  "TeMa", n. 1, 1998, p. 3; cfr. anche
          R.  Picone,  Conservazione e accessibilita'. Il superamento
          delle  barriere  architettoniche  negli  edifici e nei siti
          storici, Arte tipografica, Napoli 2004.
          2  G.  Carbonara,  Teoria  e metodi del restauro, in Id. (a
          cura di), Trattato di restauro architettonico, Utet, Torino
          1996, vol. I, p. 92.
          3  F.  Vescovo,  Barriere  architettoniche, in Enciclopedia
          Italiana  G.  Treccani, XXI secolo, settima appendice, Roma
          2006, p. 178.
          4  G. Carbonara, Testo della lezione tenuta alla X edizione
          del corso post-lauream "Progettare per tutti senza barriere
          architettoniche",       Roma       2002      (dal      sito
          www.progettarepertutti.org).
          5  C.  Brandi,  Teoria  del  restauro, Edizioni di storia e
          letteratura,  Roma  1963;  Einaudi,  Torino 1977, da cui si
          cita, pp. 6-7.
          6 A. Pane, L'accessibilita' nel progetto di restauro, in R.
          Picone, Conservazione e accessibilita', cit., p. 63.
          7  S.  Della  Torre, Il progetto di una conservazione senza
          barriere, in "TeMa", n. 1, 1998, p. 20.
          8 A. Pane, L'accessibilita' nel progetto di restauro, cit.,
          p. 64.
          9  A.  Arenghi,  Accessibilita'  degli  edifici  storici  e
          vincolati, 2005 (dal sito www.progettarepertutti.org).
          10 A. Bellini, La pura contemplazione, cit., p. 3.

  1.2 Alcuni concetti base
  Per  la maggior parte dei progettisti il superamento delle barriere
architettoniche e' semplicemente un obbligo normativo; gli interventi
che ne conseguono risultano nella maggior parte dei casi incoerenti e
appariscenti,  oltre  che  limitati  alla  progettazione di "rampe" e
"servizi  igienici  per  handicappati"  in  quanto condizionati dallo
stereotipo  dell'individuo disabile visto unicamente come una persona
su  sedia a ruote. Il concetto di persona con disabilita' e', invece,
molto  piu'  ampio  e  comprende  chiunque,  in  maniera permanente o
temporanea,  si  trovi  ad  avere  delle  difficolta'  nei  movimenti
(cardiopatici, donne in gravidanza, persone con passeggino, individui
convalescenti   o  con  un'ingessatura  agli  arti,  obesi,  anziani,
bambini,  ecc.)  o  nelle percezioni sensoriali (ciechi e ipovedenti,
sordi  e ipoacusici), nonche', le persone con difficolta' cognitive o
psicologiche.
  Di    recente,   con   la   "Classificazione   Internazionale   del
Funzionamento,   della   Disabilita'  e  della  Salute"  (11)  (ICF),
elaborata  nel  2001  dall'Organizzazione  Mondiale della Sanita', il
concetto  di  disabilita' e' stato esteso dal modello medico a quello
bio-psico-sociale,  richiamando  l'attenzione  sulle  possibilita' di
partecipazione  delle  persone,  negate  o  favorite dalle condizioni
ambientali  (in  particolare  i  termini  menomazione, disabilita' ed
handicap   presenti   nelle  precedenti  classificazioni  sono  stati
sostituiti  con  quelli  di  funzione,  attivita'  e partecipazione).
L'attenzione  viene  cosi'  spostata  dalla disabilita' della persona
all'ambiente,  che  puo'  presentare  delle  barriere,  creando cosi'
l'eventuale  handicap,  o, viceversa, dei facilitatori ambientali che
annullano  le  limitazioni  e  favoriscono  la  piena  partecipazione
sociale.
  Tale  concetto  e'  stato  ribadito  anche  nella  "Convenzione dei
Diritti  delle  persone  con disabilita'" delle Nazioni Unite (12) in
cui la disabilita' viene definita come "il risultato dell'interazione
tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali,
che  impediscono  la  loro  piena  ed  effettiva  partecipazione alla
societa'  sulla  base  di  uguaglianza  con gli altri". Non e' quindi
sufficiente  soltanto  garantire  diritti  alle  persone, ma e' anche
necessario assicurare che le persone possano fattibilmente accedere e
fruire di cio' che e' garantito da tali diritti.
  Tale concetto, d'altra parte, costituisce la base su cui e' fondata
la  Repubblica  Italiana  a partire dalla Costituzione che all'art. 3
cita:  "Tutti  i  cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali
davanti  alla  legge,  senza  distinzione  di  sesso,  di  lingua, di
religione,  di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E'   compito  della  Repubblica  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine
economico   e   sociale   che,  limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'eguaglianza  dei  cittadini,  impediscono  il  pieno sviluppo della
persona  umana  e  l'effettiva  partecipazione  di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
  Anche il termine "barriera architettonica" viene spesso frainteso e
interpretato  nel  senso  limitativo  e  semplicistico  dell'ostacolo
fisico.  Se  questo  era  effettivamente il suo significato nei primi
riferimenti  normativi,  con l'emanazione della legge 13/89 e del suo
regolamento  di attuazione D.M. 236/89, il significato del termine e'
stato   notevolmente  ampliato  giungendo  a  definire  le  "barriere
architettoniche" come:
  a.  gli  ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilita'
di  chiunque  ed  in  particolare di coloro che, per qualsiasi causa,
hanno  una capacita' motoria ridotta o impedita in forma permanente o
temporanea;
  b.  gli  ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e
sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
  c.  la  mancanza  di  accorgimenti  e  segnalazioni  che permettono
l'orientamento  e  la  riconoscibilita'  dei  luoghi e delle fonti di
pericolo  per  chiunque  e  in particolare per i non vedenti, per gli
ipovedenti e per i sordi (13).
  Il  concetto  di  barriera  architettonica  e',  quindi, molto piu'
esteso e articolato di quanto puo' apparire a prima vista e comprende
elementi  della  piu'  svariata  natura,  che possono essere causa di
limitazioni    percettive,   oltre   che   fisiche,   o   particolari
conformazioni  degli oggetti e dei luoghi che possono risultare fonte
di  disorientamento, di affaticamento, di disagio o di pericolo. Sono
quindi  barriere  architettoniche  non  solo  i  gradini o i passaggi
troppo    angusti,   ma   anche   i   percorsi   con   pavimentazione
sdrucciolevole,  irregolare o sconnessa, le scale prive di corrimano,
le  rampe con forte pendenza o troppo lunghe, i luoghi d'attesa privi
di  sistemi  di  seduta  o  di protezione dagli agenti atmosferici se
all'aperto,  i  terminali degli impianti posizionati troppo in alto o
troppo   in   basso,  la  mancanza  di  indicazioni  che  favoriscano
l'orientamento o l'individuazione delle fonti di pericolo, ecc.
  Molto importante e' anche il principio, richiamato piu' volte nella
definizione  normativa,  che  le  barriere  architettoniche  sono  un
ostacolo per "chiunque", quindi non solo per particolari categorie di
persone  in  condizioni  di  disabilita',  ma  per tutti i potenziali
fruitori  di  un  bene.  Diventa,  quindi, fondamentale analizzare le
esigenze  non  solo  di  eventuali  utenti esterni, ma anche di tutti
coloro  che  per i piu' svariati motivi si trovano a dover utilizzare
spazi  non prettamente frequentati dal pubblico (area del presbiterio
nel  caso  di  luoghi di culto in quanto anche gli officianti possono
avere  delle  disabilita'; palcoscenico, camerini, locali tecnici nel
caso  di teatri in quanto anche gli attori o i tecnici possono essere
persone con disabilita', ecc.).
  Da  sottolineare, anche, il riferimento nella definizione normativa
alle  "attrezzature  o componenti": gli interventi per il superamento
delle  barriere  architettoniche  non  devono limitarsi agli ostacoli
architettonici,  ma  vanno presi in considerazione anche gli arredi e
qualsiasi  altro  componente  o  attrezzatura  indispensabile  per la
fruibilita' degli ambienti.
  Altro  concetto  e',  invece,  la  differenza tra i diversi livelli
qualitativi  di fruibilita' degli spazi: nelle disposizioni normative
attualmente  in vigore sono stati introdotti al riguardo i termini di
accessibilita', visitabilita' e adattabilita':
  -  "accessibilita'": possibilita', anche per le persone con ridotta
o  impedita capacita' motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio
e  le  sue  singole  unita'  immobiliari  e  ambientali,  di entrarvi
agevolmente  e  di  fruirne  spazi  e  attrezzature  in condizioni di
adeguata sicurezza e autonomia (14);
  -  "visitabilita'":  possibilita',  anche  da  parte di persone con
ridotta  o  impedita capacita' motoria o sensoriale, di accedere agli
spazi  di  relazione  e ad almeno un servizio igienico di ogni unita'
immobiliare.  Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo
dell'alloggio  e  quelli  dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro,
nei  quali  il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta
(15);
  -  "adattabilita'":  possibilita' di modificare nel tempo lo spazio
costruito  a  costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed
agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita
capacita' motoria o sensoriale (16).
  Per  ciascuno  dei  tre gradi di fruibilita' le normative fissano i
criteri  di  progettazione  e le caratteristiche prestazionali che le
varie  unita'  ambientali  (porte, servizi igienici, ascensori, spazi
esterni, ecc.) devono soddisfare.
  Spesso  si  tende  a differenziare il concetto di accessibilita' da
quello  di  fruibilita':  il termine "accessibilita'", esplicitamente
definito  dalle  leggi  in  vigore,  rimanda  al  rispetto di precise
disposizioni  normative affinche' spazi e attrezzature possano essere
utilizzati in piena autonomia e sicurezza da persone con disabilita';
il  termine  "fruibilita'",  invece,  fa  riferimento  alla effettiva
possibilita'  di  utilizzazione  di  un ambiente o un'attrezzatura da
parte di persone con disabilita' seppur non esplicitamente progettati
per  tale  scopo.  Per  cui  un  ambiente  o un'attrezzatura, pur non
essendo  a  norma di legge accessibile, puo' essere comunque fruibile
se    presenta    caratteristiche   dimensionali,   tipologiche,   di
raggiungibilita'  o e' oggetto di scelte gestionali che ne permettano
l'utilizzo da parte di persone con disabilita'. D'altra parte c'e' da
osservare  che  ambienti  considerati  accessibili  possono  di fatto
risultare   non   fruibili:   un   ascensore,   seppur  correttamente
dimensionato  e  installato,  rende l'ambiente non fruibile se non e'
utilizzabile  per  un  guasto  tecnico;  un  percorso  di larghezza e
pendenza   adeguate   non  e'  fruibile  se  lungo  di  esso  vengono
posizionati  ostacoli  di  vario  tipo (piante, cestini portarifiuti,
veicoli,  ecc.)  o  se  presenta  parti  sconnesse per la mancanza di
interventi di manutenzione.
  Molto  spesso  viene utilizzato anche il termine di "accessibilita'
condizionata"  che,  secondo  la  definizione  normativa,  indica  la
presenza  negli  edifici  pubblici  di  "un  sistema  di chiamata per
attivare  un  servizio  di assistenza tale da consentire alle persone
con  ridotta  o  impedita capacita' motoria o sensoriale la fruizione
dei   servizi   espletati"  (17).  Tale  concetto,  introdotto  dalla
normativa solo come intervento transitorio nell'attesa del prescritto
adeguamento,  e'  stato esteso erroneamente, nell'accezione comune, a
situazioni  che  richiedano, ai fini dell'accessibilita', la presenza
di un accompagnatore o, comunque, di un aiuto aggiuntivo.
  Il  concetto  di  accessibilita',  introdotto  a  livello normativo
nell'ambito delle strutture edilizie e delle immediate pertinenze, e'
stato  meglio  precisato  nel  D.P.R. 503/96 relativamente agli spazi
urbani   (18).  In  molte  disposizioni  legislative,  soprattutto  a
carattere  regionale, e in varie linee guida elaborate sul tema delle
barriere  architettoniche  e'  stato,  quindi,  introdotto  anche  il
concetto  di  "accessibilita'  urbana", pur non dandone nella maggior
parte  dei  casi  una  definizione dettagliata o comunque univoca. In
linea di massima per accessibilita' urbana si intende l'insieme delle
caratteristiche  spaziali,  distributive  ed organizzativo-gestionali
dell'ambiente   costruito,  che  siano  in  grado  di  consentire  la
fruizione  agevole, in condizioni di adeguata sicurezza ed autonomia,
dei  luoghi  e  delle attrezzature della citta', anche da parte delle
persone  con  ridotte  o  impedite  capacita'  motorie,  sensoriali o
psicocognitive.
  Come si evince da queste brevi considerazioni, alcuni concetti come
barriere architettoniche e accessibilita' hanno, a norma di legge, un
significato  molto  piu'  complesso  di  quello  che  comunemente  si
intende; di conseguenza anche gli interventi ad essi connessi coprono
un  campo molto piu' ampio rispetto all'idea riduttiva di un semplice
ausilio per "pochi sfortunati".
--------------------------------------------
          11  Lo  scopo  generale  dell'ICF  e'  quello di fornire un
          linguaggio  standard  e  unificato  che serva da modello di
          riferimento  per  la  descrizione  delle  componenti  della
          salute  e  delle  situazioni ad essa correlate. L'Italia e'
          tra  i  paesi  che  hanno  attivamente partecipato alla sua
          validazione.
          12  Adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il
          13  dicembre  2006;  e'  stata  firmata  per  l'Italia  dal
          Ministro della Solidarieta' Sociale il 30 marzo 2007. E' in
          corso l'iter parlamentare per la ratifica.
          13  Art.  1  del  D.P.R.  503/96  e art. 2 punto A del D.M.
          236/89.  Cfr.  anche  F. Vescovo, Barriere architettoniche,
          cit., pp. 178-179.
          14 Art. 2 punto G del D.M. 236/89.
          15 Art. 2 punto H del D.M. 236/89.
          16 Art. 2 punto I del D.M. 236/89.
          17  Art.  1  comma 5 e art. 2 comma 3 del D.P.R. 503/96. Si
          veda anche l'art. 5 comma 7 del D.M. 236/89: "Visitabilita'
          condizionata.   Negli   edifici,   unita'   immobiliari   o
          ambientali  aperti  al  pubblico esistenti, che non vengano
          sottoposti a ristrutturazione e che non siano in tutto o in
          parte rispondenti ai criteri per l'accessibilita' contenuti
          nel  presente  decreto, ma nei quali esista la possibilita'
          di  fruizione  mediante  personale  di  aiuto  anche per le
          persone a ridotta o impedita capacita' motoria, deve essere
          posto  in prossimita' dell'ingresso un apposito pulsante di
          chiamata   al  quale  deve  essere  affiancato  il  simbolo
          internazionale di accessibilita' cui all'art. 2 del Decreto
          del Presidente della Repubblica 384/78".
          18 Titolo II del D.P.R. 503/96.

  1.3 Quadro delle principali disposizioni normative

  1.3.1	Normativa inerente le barriere architettoniche
  Il  rispetto  delle  numerose  leggi  vigenti  e'  un obbligo per i
tecnici  e  gli  amministratori,  non  un  "optional".  Le norme e le
prescrizioni per il superamento delle barriere architettoniche devono
essere  applicate costantemente in ogni progetto o attivita' e devono
suscitare  nei  professionisti  lo stesso livello di attenzione delle
altre prescrizioni normative.
  Il  salto di scala, di tipo culturale, che va compiuto per ottenere
davvero  risultati  positivi  e' quello di considerare tali norme non
come  un  "vincolo"  penalizzante,  ma  una  "opportunita'" positiva,
finalizzata  ad  un  beneficio generalizzato. Non quindi rigide norme
per  le  persone  con  disabilita' ma provvedimenti operativi e linee
guida per ottenere un ambiente che sia piu' confortevole e sicuro per
"chiunque".
  La legge italiana per il superamento delle barriere architettoniche
e'  tra le piu' avanzate e complete nell'ambito dei paesi occidentali
(19).  Fin  dal  1989  l'impianto  normativo  italiano  in materia di
accessibilita'  -  le  cui  origini risalgono al 1971 - ha introdotto
disposizioni  a carattere innovativo, fondate su un approccio di tipo
prestazionale  che  prevede,  insieme al rispetto di alcuni parametri
prescrittivi   in   merito   a  specifici  aspetti  dimensionali,  la
possibilita'   che  il  progettista  consegua  risultati  analoghi  o
migliori  di  quelli prescritti ricorrendo a "soluzioni alternative".
Non  e'  prestabilito,  per  esempio, che il bagno debba avere sempre
certe  dimensioni,  bensi'  che  lo  stesso, comunque sia realizzato,
abbia  caratteristiche  tali  da  poter essere utilizzato agevolmente
anche   da  persone  con  ridotta  o  impedita  capacita'  motoria  o
sensoriale, quindi anche da chi usa la sedia a ruote.
  Le disposizioni normative attualmente in vigore sono:
   - Circ.   Min.   LL.PP.   29   gennaio   1967,  n.  425  "Standard
residenziali";  in  particolare  punto  1.6  (Aspetti  qualitativi  -
Barriere  architettoniche):  e'  il  primo  documento  che  si occupa
dell'argomento  ma  per  la  natura  del provvedimento le indicazioni
fornite non sono vincolanti.
   - Circ.  Min. LL.PP. 19 giugno 1968, n. 4809 "Norme per assicurare
la utilizzazione degli edifici sociali da parte dei minorati fisici e
per  migliorare  la  godibilita'  generale": vengono riportate per la
prima  volta  indicazioni  dimensionali  in  gran  parte  riprese nei
provvedimenti   successivi  seppur  con  le  limitazioni  applicative
proprie del dispositivo normativo adottato.
   - Legge  30  marzo  1971, n. 118 "Conversione in legge del D.L. 30
gennaio  1971,  n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi
civili";   in  particolare  l'art.  27  (barriere  architettoniche  e
trasporti):  e'  il  primo  vero provvedimento legislativo in materia
seppur  limitato  agli  edifici  pubblici  o  aperti  al pubblico. Si
prescrive l'obbligo di realizzare le nuove costruzioni in conformita'
alla  circolare  del  Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809/68, anche
apportando  le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o
gia'  costruiti.  Il  regolamento  di attuazione e' stato emanato con
D.P.R. 384/78 successivamente sostituito dal D.P.R. 503/96.
   - Legge  28  febbraio  1986, n. 41 "Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria
1986):  in  particolare  il comma 20 dell'art. 32, il quale prescrive
che non possono essere approvati e finanziati progetti di costruzione
di  opere  pubbliche  che  non  siano  conformi alle disposizioni del
D.P.R.  384/78.  Nello  stesso  articolo  viene,  inoltre, introdotto
l'obbligo  da  parte  di  tutti  gli  enti pubblici di dotarsi di uno
specifico  "Piano  per l'eliminazione delle barriere architettoniche"
(PEBA).
   - Legge  9 gennaio 1989, n. 13 (modificata dalla legge 27 febbraio
1989,   n.   62)   "Disposizioni   per   favorire  il  superamento  e
l'eliminazione  delle barriere architettoniche negli edifici privati"
e la relativa circolare esplicativa Cir. Min. LL. PP. 22 giugno 1989,
n.  1669:  con  questa legge l'obbligo di favorire la fruizione degli
edifici  di  nuova costruzione o in fase di ristrutturazione da parte
di  persone  con  disabilita' viene esteso anche agli edifici privati
indipendentemente dalla loro destinazione d'uso.
   - Decreto  Ministero  dei  Lavori  Pubblici 14 giugno 1989, n. 236
"Prescrizioni   tecniche  necessarie  a  garantire  l'accessibilita',
l'adattabilita'  e  la  visitabilita'  degli  edifici  privati  e  di
edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del
superamento  e  dell'eliminazione  delle  barriere  architettoniche":
regolamento  di attuazione della legge 13/89. Rappresenta un radicale
cambiamento  rispetto  alle  norme  precedenti: vengono fornite delle
nuove   definizioni   e   indicazioni   progettuali   anche  di  tipo
prestazionale  che  modificano  la  filosofia  degli  obblighi per il
superamento delle barriere architettoniche.
   - Legge  5 febbraio 1992, n. 104 (integrata e modificata con Legge
28 gennaio 1999, n.17) "Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale  e  i  diritti  delle  persone  handicappate", in particolare
l'art.    24    (eliminazione    o    superamento    delle   barriere
architettoniche):  rappresenta  un ulteriore passo in avanti per cio'
che attiene le prescrizioni finalizzate ad agevolare l'accessibilita'
urbana  e  l'eliminazione  degli  ostacoli  fisici, apportando alcune
modifiche  ed integrazioni sia alla legge 118/71 che alla legge 13/89
ed  ai  relativi  decreti  di  attuazione.  In  particolare, si rende
obbligatorio  l'adeguamento  degli edifici per qualsiasi tipologia di
intervento anche se relativo a singole parti. Viene inoltre stabilito
l'obbligo  di  estendere  il "Piano per l'eliminazione delle barriere
architettoniche",  introdotto  dalla  Legge 41/86, all'accessibilita'
urbana.
   - Decreto  del  Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503
"Regolamento   recante   norme   per  l'eliminazione  delle  barriere
architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici": sostituisce
il   precedente  D.P.R.  384/78  coordinandosi  con  le  disposizioni
normative  del  D.M.  236/89  ed  estendendo il campo di applicazione
anche agli spazi urbani.
   - Decreto  del  Presidente  della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
"Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia  edilizia", in particolare il Capo III del Titolo IV Parte II
"Disposizioni  per  favorire  il  superamento  e l'eliminazione delle
barriere  architettoniche  negli  edifici privati, pubblici e privati
aperti  al pubblico", dall'art. 77 all'art. 82: questa norma, essendo
un  Testo  Unico,  ha  il  merito  di  aver  unito e coordinato in un
provvedimento   di   carattere  generale  alcune  disposizioni  delle
principali normative in materia.
   - Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 "Codice dei contratti
pubblici  relativi  a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE": il decreto rimanda alla normativa
vigente   per   l'accessibilita'  e  il  superamento  delle  barriere
architettoniche e inserisce questo tema progettuale (artt. 68 e 154),
quale criterio determinante della qualita' della proposta.
   - varie  norme  regionali  che  riportano  indicazioni  tecniche o
disposizioni  integrative  o  di  recepimento del D.M. 236/1989 e del
D.P.R. 503/1996.
  Indicazioni  e  prescrizioni  per  il  superamento  delle  barriere
architettoniche  sono  riportate  in  maniera  trasversale  anche  in
numerose  normative  inerenti  specifiche  discipline (20). In questo
paragrafo  si  ritiene  opportuno soffermarsi brevemente sul raccordo
con  le  norme  di sicurezza e antincendio per la stretta connessione
che sussiste tra i concetti di accessibilita' e sicurezza nonche' per
le  ripercussioni  che esse hanno nel campo della progettazione degli
interventi di restauro.
  Richiami  alla normativa antincendio sono presenti nel D.M. 236/89,
in   particolare  negli  articoli  4.6  (Raccordi  con  la  normativa
antincendio),  richiamato anche dall'art. 18 del D.P.R. 503/96, e 5.2
(Sale e luoghi per riunioni, spettacoli e ristorazione).
  Le norme tecniche di settore inerenti la sicurezza citano in genere
in  modo  sporadico  le  problematiche  connesse  con  la presenza di
persone  con  disabilita'. A titolo d'esempio, all'art. 30 del D. Lgs
626/94  si  prevede che i luoghi di lavoro "siano strutturati in modo
da  tener  conto,  se  del caso, di eventuali lavoratori portatori di
handicap".  Riferimenti  piu'  precisi  si  trovano nel D.M. 10 marzo
1998,  emanato  ai  sensi  dell'art.  13  del D. Leg.vo 626/94 per la
valutazione  del rischio specifico d'incendio nei luoghi di lavoro, e
in particolare al punto 8.3 "Assistenza alle persone disabili in caso
di incendio", nonche' nella Circolare del Ministero dell'Interno n. 4
del  1  marzo  2002  "linee  guida per la valutazione della sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili"
e  nella  successiva Lettera Circolare n. 880/4122 del 18 agosto 2006
"La  sicurezza  antincendio  nei  luoghi di lavoro ove siano presenti
persone disabili: strumento di verifica e controllo (check-list)". In
questi  ultimi documenti, elaborati in collaborazione con la Consulta
Nazionale  delle  Persone  Disabili  e  delle  loro Famiglie, vengono
forniti, nell'ambito dei criteri generali stabiliti dal D.M. 10 marzo
1998,   alcuni  indirizzi  di  carattere  progettuale,  gestionale  e
d'intervento  al  fine di facilitare la mobilita', l'orientamento, la
percezione  dell'allarme  e  del  pericolo  nonche' la determinazione
delle azioni da compiere in caso di emergenza.
--------------------------------------------
          19 Per un excursus sull'evoluzione della normativa italiana
          ed  internazionale  si rimanda a: A. Ornati, Architettura e
          barriere.  Storia e fatti delle barriere architettoniche in
          Italia e all'estero, Franco Angeli, Milano 2000; R. Picone,
          Conservazione  e  accessibilita',  cit.;  G. Vitagliano, Il
          superamento  delle  barriere  architettoniche in edifici di
          pregio storico artistico nella normativa vigente in Italia,
          ivi;  A.  Pane,  L'accessibilita' nel progetto di restauro,
          cit.;  F.  Marafini,  Barriere architettoniche, Edizioni di
          Legislazione Tecnica, Roma 2007.
          20  A  titolo  d'esempio: L. 6 dicembre 1991, n. 394 "Legge
          quadro sulle aree protette"; D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285
          "Nuovo  Codice  della  strada"  e  successive  modifiche ed
          integrazioni, in particolare gli artt. 3, 40 e 188, nonche'
          D.P.R.  16 dicembre 1992, n. 495 "Regolamento di esecuzione
          e   di  attuazione  del  nuovo  codice  della  strada",  in
          particolare  gli  artt.  149 e 381; L. 23 dicembre 1996, n.
          647   "Disposizioni   urgenti   per   i  settori  portuale,
          cantieristico   ed   amatoriale,   nonche'  interventi  per
          assicurare   taluni  collegamenti  aerei",  in  particolare
          l'art. 8 "Disposizioni in materia di demanio marittimo e di
          barriere architettoniche negli impianti di balneazione"; D.
          Lgs.  22  gennaio  2004, n. 42 "Codice dei Beni Culturali e
          del Paesaggio", in particolare gli artt. 1, 6 e 101.

  1.3.2.  Riferimenti  normativi  specifici  per i luoghi d'interesse
culturale
  Spesso  si  ritiene  che le norme per l'eliminazione delle barriere
architettoniche non si applicano agli immobili "vincolati", in quanto
gli   interventi   prescritti   potrebbero   essere   lesivi  per  le
caratteristiche  storico-artistiche del bene tutelato (inserimento di
rampe,  ascensori,  ecc.).  Di  fatto  la  norma,  pur  prevedendo la
possibilita'  che gli organi competenti del Ministero per i Beni e le
Attivita'  Culturali  possano  negare l'autorizzazione all'esecuzione
degli  interventi se costituiscono un "serio pregiudizio" per il bene
tutelato,  insiste  tuttavia affinche' si provveda alla soluzione del
problema  almeno  con  opere  provvisionali  (intese  nel senso della
reversibilita',  in modo da garantire la tutela del bene, ma eseguite
con buon materiale e a regola d'arte) o, in caso contrario, obbliga a
fornire espressa motivazione della mancata realizzazione delle opere.
  I riferimenti normativi al riguardo sono:
   - Legge  9 gennaio 1989, n. 13 art. 4 e art. 5 e Cir. Min. LL. PP.
22  giugno  1989,  n.  1669, par. 3.8: se l'immobile e' dichiarato di
interesse  culturale, l'autorizzazione all'esecuzione dei lavori puo'
essere  negata  solo  ove non sia possibile realizzare le opere senza
serio  pregiudizio del bene tutelato. Il diniego deve essere motivato
con  la specificazione della natura e della serieta' del pregiudizio,
della  sua  rilevanza  in  rapporto  al  complesso  in cui l'opera si
colloca  e  con  riferimento  a  tutte  le  alternative eventualmente
prospettate  dall'interessato. La mancata pronuncia nei tempi fissati
dalla normativa corrisponde ad assenso.
   - Legge  5 febbraio 1992, n. 104 art. 24: per gli edifici pubblici
e  privati  aperti  al  pubblico  dichiarati  di interesse culturale,
qualora  le autorizzazioni previste agli art. 4 e 5 della legge 13/89
non possano venire concesse per il mancato rilascio del nulla osta da
parte   delle  autorita'  competenti  alla  tutela  del  vincolo,  la
conformita'  alle  norme  vigenti  in  materia di accessibilita' e di
superamento delle barriere architettoniche puo' essere realizzata con
opere  provvisionali,  come definite dall'art. 7 del D.P.R. 164/5621,
nei limiti della compatibilita' suggerita dai vincoli stessi.
   - Decreto  del  Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503
art.  19:  negli  edifici  esistenti  sono ammesse deroghe in caso di
dimostrata  impossibilita' tecnica connessa agli elementi strutturali
e  impiantistici.  Per gli edifici dichiarati di interesse culturale,
la  deroga  e'  consentita  nel  caso  in cui le opere di adeguamento
costituiscono  pregiudizio  per i valori storici ed estetici del bene
tutelato:   in   tal   caso,  il  soddisfacimento  del  requisito  di
accessibilita'  e'  realizzato attraverso opere provvisionali ovvero,
in subordine, con attrezzature d'ausilio e apparecchiature mobili non
stabilmente ancorate alle strutture edilizie. La mancata applicazione
delle presenti norme deve essere motivata con la specificazione della
natura e della serieta' del pregiudizio.
   - Decreto  del  Presidente  della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
art.  82:  per  gli  edifici  pubblici  e  privati aperti al pubblico
soggetti  alle  norme di tutela, nonche' ai vincoli previsti da leggi
speciali  aventi  le medesime finalita', qualora le autorizzazioni di
legge, non possano venire concesse, per il mancato rilascio del nulla
osta  da parte delle autorita' competenti alla tutela del vincolo, la
conformita'  alle  norme  vigenti  in  materia di accessibilita' e di
superamento delle barriere architettoniche puo' essere realizzata con
opere  provvisionali,  come  definite  dall'art.  7 del D.P.R. 164/56
(21),  sulle  quali sia stata acquisita l'approvazione delle predette
autorita'.
  Si  ritiene  opportuno segnalare anche i seguenti articoli che, pur
non  riguardando  esplicitamente  i  luoghi  dichiarati  di interesse
culturale,  possono  trovare  ampia  applicazione negli interventi di
restauro  e  in  merito  ai  quali si entrera' piu' nel dettaglio nel
paragrafo 2.2:
   - Decreto  Ministero  dei  Lavori  Pubblici 14 giugno 1989, n. 236
art.  7.2  (edifici privati) ripreso anche dal Decreto del Presidente
della  Repubblica  24  luglio  1996,  n.  503  artt. 19 e 20 (edifici
pubblici e privati aperti al pubblico): si prevede la possibilita' di
proporre  soluzioni  alternative alle specificazioni e alle soluzioni
tecniche,  purche' rispondano alle esigenze sottintese dai criteri di
progettazione.  In questo caso, la dichiarazione di conformita' della
soluzione   proposta  deve  essere  accompagnata  da  una  relazione,
corredata  dai  grafici  necessari,  con  la  quale  viene illustrata
l'alternativa  proposta  e  l'equivalente  o  migliore qualita' degli
esiti ottenibili.
  Anche  il  Codice  dei  Beni  Culturali  e del Paesaggio (D.lgs. 22
gennaio  2004  42  e  successive  modifiche ed integrazioni), pur non
richiamando  esplicitamente le barriere architettoniche, pone in vari
articoli   l'accento  sulla  fruizione  pubblica,  e  di  conseguenza
sull'accessibilita',    quale   scopo   primario   della   tutela   e
valorizzazione   del   patrimonio   culturale   e  paesaggistico.  In
particolare:
   - art.  1: ".... Lo Stato, le regioni, le citta' metropolitane, le
province  e  i  comuni  assicurano  e sostengono la conservazione del
patrimonio  culturale  e  ne  favoriscono  la pubblica fruizione e la
valorizzazione.  Gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento della
loro  attivita',  assicurano la conservazione e la pubblica fruizione
del loro patrimonio culturale";
   - art.   6:   "La  valorizzazione  consiste  nell'esercizio  delle
funzioni  e  nella disciplina delle attivita' dirette a promuovere la
conoscenza  del  patrimonio  culturale  e  ad  assicurare le migliori
condizioni  di  utilizzazione  e  fruizione  pubblica  del patrimonio
stesso....";
   - art.   101:   "Gli  istituti  ed  i  luoghi  della  cultura  che
appartengono   a  soggetti  pubblici  sono  destinati  alla  pubblica
fruizione ed espletano un servizio pubblico...."
  Si  ritiene, infine, opportuno soffermarsi, per la sua specificita'
nel  campo  di  applicazione  di  queste Linee Guida, sul Decreto del
Ministero  per  i  Beni  e  le Attivita' Culturali del 10 maggio 2001
"Atto  di  Indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard
di  funzionamento  e  sviluppo dei musei" (art. 150, comma 6, D.L. n.
112/1998).  In  particolare  l'Ambito  VII "Rapporti del Museo con il
Pubblico  e  relativi  Servizi"  si occupa dell'accesso al pubblico e
delle  condizioni  preliminari  di  accessibilita'  e fruibilita'. In
questo Ambito, viene affrontato il tema dell'accessibilita' dei musei
partendo  dalla  raggiungibilita' del sito, che deve essere garantita
sia  con  mezzo  pubblico che privato, prevedendo anche il parcheggio
nelle immediate adiacenze (punto 4.1). Successivamente si affronta il
superamento  delle barriere architettoniche all'entrata, all'uscita e
nei  percorsi  ribadendo  la obbligatorieta' prevista dalle normative
vigenti e inserendo, rispetto agli edifici di interesse culturale, la
compatibilita'  degli  interventi  progettati  con le caratteristiche
storico-artistiche  degli  edifici  stessi. In particolare si afferma
che il museo "deve risultare accessibile e fruibile in ogni sua parte
pubblica  alla  totalita'  dei  visitatori", specificando che anche i
visitatori con svantaggi di vario genere devono essere messi in grado
di  fruire pienamente della visita e dei servizi, con attenzione alle
disabilita'   sensoriali   nella   progettazione   dell'allestimento,
specificando anche il riferimento alla leggibilita' delle didascalie.
  Si  fa,  inoltre, riferimento all'assistenza da fornire a categorie
di  persone  con  esigenze  diversificate  fra  cui vengono citate le
persone  svantaggiate,  le  famiglie con bambini e i visitatori della
terza  eta' (punto 3.4); viene raccomandata la progettazione di spazi
di  riposo da posizionare durante il percorso espositivo, per evitare
l'affaticamento  mentale e fisico, attrezzati e messi a disposizione,
a   titolo  gratuito,  del  pubblico  (punto  3.5.3.);  si  considera
l'importanza della corretta illuminazione al fine di evitare fenomeni
di abbagliamento e alterazione cromatica (punto 3.5.5.).
  La parte dedicata alle "Dotazioni fisse e servizi primari" affronta
il  tema  dell'orientamento  del  visitatore,  da  attuare attraverso
un'adeguata  segnaletica,  posizionata  anche  all'esterno,  lungo  i
principali  percorsi  viari  e  alle  fermate  dei mezzi pubblici. La
segnaletica  interna, finalizzata all'orientamento della visita, deve
indicare  la  mappa  del  sito  e  i  servizi  (bagni, aree di sosta,
bookshop,  caffetteria).  Al  punto 1.3 di questa parte si afferma un
importante  principio: "e' appena il caso di raccomandare che, ove si
profili  un  conflitto  tra  i valori estetici dell'allestimento e la
chiarezza della comunicazione, si tenda a privilegiare quest'ultima".
Al  successivo  punto 4. "Servizi accessori" si afferma che "il museo
deve  garantire  al  pubblico  una fruizione agevole e una permanenza
piacevole"  ribadendo  il  concetto del raggiungimento della migliore
qualita' del servizio che "va perseguita con ogni mezzo".
  L'Atto  di  Indirizzo  assume una grande importanza nel definire la
complessita'  del  rapporto  di  fruizione  tra pubblico e museo/bene
culturale.
  Specifica  chiaramente  le attivita' che devono essere assicurate e
l'obbligo  di  garantirle  a  tutti  i visitatori per ogni livello di
fruizione  che  non  e'  limitato  quindi  alla  sola  accessibilita'
dell'edificio,  ma  include la piena accessibilita' per tutti di ogni
attivita' in esso svolta:
  (..)  Ogni  museo e' tenuto a garantire adeguati livelli di servizi
al pubblico. In particolare dovranno essere assicurati:
  - l'accesso agli spazi espositivi;
  - la consultazione della documentazione esistente presso il museo;
  - la fruizione delle attivita' scientifiche e culturali del museo;
  - l'informazione per la miglior fruizione dei servizi stessi.
  Ogni museo e' tenuto, anche nel rispetto della normativa vigente, a
dedicare impegno e risorse affinche' l'accesso al museo sia garantito
a  tutte  le  categorie  di visitatori/utenti dei servizi, rimuovendo
barriere  architettoniche  e  ostacoli  di  ogni  genere  che possano
impedirne o limitarne la fruizione a tutti i livelli."
  Gli   intenti   di   quest'ultimo  provvedimento,  in  buona  parte
coincidenti  con  gli  obiettivi delle presenti Linee Guida, verranno
sviluppati  nei  paragrafi  successivi  attraverso  specifici criteri
progettuali.
--------------------------------------------
          21  D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 "Norme per la prevenzione
          degli  infortuni  sul  lavoro  nelle  costruzioni",  art. 7
          (stralcio): "Le opere provvisionali devono essere allestite
          con  buon  materiale  ed  a regola d'arte, proporzionate ed
          idonee   allo  scopo;  esse  devono  essere  conservate  in
          efficienza per la intera durata del lavoro".

  2. L'accessibilita' dei luoghi di interesse culturale

  2.1 Criteri e orientamenti dell'Universal Design	
  Un  ambiente e' accessibile se qualsiasi persona, anche con ridotte
o  impedite  capacita'  motorie,  sensoriali  o psico-cognitive, puo'
accedervi  e  muoversi in sicurezza ed autonomia. Rendere un ambiente
"accessibile"  vuol  dire,  pertanto, renderlo sicuro, confortevole e
qualitativamente   migliore  per  tutti  i  potenziali  utilizzatori.
L'accessibilita'  va quindi intesa in modo ampio come l'insieme delle
caratteristiche spaziali, distributive ed organizzativo-gestionali in
grado   di   assicurare  una  reale  fruizione  dei  luoghi  e  delle
attrezzature da parte di chiunque.
  Numerose esperienze e verifiche di atteggiamenti comuni, in diverse
parti  del mondo, hanno portato al superamento del concetto di spazio
o  oggetto  appositamente  pensato per persone con disabilita'. Si e'
infatti  constatato che ambienti ed attrezzature pensati solo per una
utenza  disabile  comportano  un  atteggiamento  negativo,  se non di
rifiuto,  da  parte  della  popolazione,  risultando  di  conseguenza
emarginanti   nei   confronti   di   coloro  che  hanno  "particolari
necessita'"e  costituendo  spesso  fonte di angosce, mortificazioni e
frustrazioni.  Per  questi  motivi  e'  necessario  configurare spazi
urbani  e  architettonici  "sentiti"  come amichevoli, accoglienti ed
inclusivi,  che  permettano a tutti di muoversi ed interagire con gli
altri in modo semplice ed agevole (22).
  L'accessibilita' riguarda, quindi, il vivere quotidiano; ad essa si
collegano  concetti importanti come il pieno sviluppo delle capacita'
di  ogni  persona, la tutela della dignita' e dei diritti personali o
le  pari opportunita' (23), che interessano prima o poi tutti noi. Il
semplice  trascorrere del tempo modifica comunque fisiologicamente le
caratteristiche  e le conseguenti esigenze di ciascuno: la vita media
si va progressivamente allungando con la conseguenza che il numero di
anziani  nella  societa'  contemporanea  e'  in  costante  aumento; i
progressi  della medicina hanno permesso alla gente di sopravvivere a
incidenti  e  malattie  in  passato mortali, seppur spesso riportando
disabilita'  temporanee  o permanenti. Le caratteristiche ed esigenze
delle  persone  "reali"  si  vanno quindi sempre piu' discostando dal
modello antropometrico perfetto dell'individuo adulto e sano proposto
in altri tempi da Vitruvio, Leonardo da Vinci o Le Corbusier.
  Progettare  l'accessibilita'  vuol  dire  considerare  non solo gli
aspetti  estetici  e  formali,  ma  porre  al  centro dell'attenzione
l'essere  umano e le sue peculiarita' ed esigenze: il suo essere uomo
o  donna  che evolve da bambino ad anziano e che nel corso della vita
puo'   andare  incontro  a  cambiamenti  temporanei  o  permanenti  e
presentare caratteristiche differenti da quella "normalita'" definita
arbitrariamente da convenzioni che si dimostrano spesso inadeguate.
  Questo  approccio  e' conosciuto come "Design for all" o "Universal
Design"  (24),  ossia  la progettazione di spazi, ambienti ed oggetti
utilizzabili  da  un ampio numero di persone a prescindere dalla loro
eta' e capacita' psicofisica. Da qui il concetto di "Utenza Ampliata"
(25)   che   cerca   di  considerare  le  differenti  caratteristiche
individuali,  dal bambino all'anziano, includendo tra queste anche la
molteplicita'  delle  condizioni  di  disabilita', al fine di trovare
soluzioni  inclusive valide per tutti e non "dedicate" esclusivamente
agli "handicappati".
  Nel 1997 la logica dell'Universal Design e' stata esplicitata da un
gruppo  di lavoro formato da architetti, designer, assistenti tecnici
e ricercatori in sette principi base (26):
  Principio 1: Uso equo
  Il  progetto  e'  utilizzabile  e  commerciabile  per  persone  con
differenti abilita'.
  Linee guida:
   - prevedere  stessi  mezzi  di  uso  per  tutti  gli utilizzatori:
identici ove possibile, equivalenti dove non lo e';
   - evitare l'isolamento o la stigmatizzazione di ogni utilizzatore;
   - i  provvedimenti  per  la  privacy, la sicurezza e l'incolumita'
dovrebbero   essere   disponibili   in   modo   equo  per  tutti  gli
utilizzatori;
   - rendere il design attraente per tutti gli utilizzatori.
  Principio 2: Uso flessibile
  Il progetto si adatta ad un'ampia gamma di preferenze e di abilita'
individuali.
  Linee guida:
   - prevedere la scelta nei metodi di utilizzo;
   - aiutare l'accesso e l'uso della mano destra e sinistra;
   - facilitare l'accuratezza e la precisione dell'utilizzatore;
   - prevedere adattabilita' nel passo dell'utilizzatore.
  Principio 3: Uso semplice ed intuitivo
  L'uso  del  progetto  e'  facile  da capire indifferentemente dalle
esigenze  dell'utilizzatore,  dalla  conoscenza, dal linguaggio o dal
livello corrente di concentrazione.
  Linee guida:
   - eliminare la complessita' non necessaria;
   - essere   compatibile   con   le   aspettative   e   l'intuizione
dell'utilizzatore;
   - prevedere un'ampia gamma di abilita' di lingua e di cultura;
   - disporre le informazioni in modo congruo con la loro importanza;
   - fornire  efficaci  suggerimenti  e  feedback  durante  e dopo il
lavoro di completamento.
  Principio 4: Percettibilita' delle informazioni
  Il  progetto  comunica  le  necessarie  ed  effettive  informazioni
all'utilizzatore,  in  modo  indifferente  rispetto  alle  condizioni
dell'ambiente o alle capacita' sensoriali dell'utilizzatore.
  Linee guida:
   - uso  di  differenti modalita' (pittoriche, verbali, tattili) per
una presentazione ridondante dell'informazione essenziale;
   - prevedere  un adeguato contrasto tra l'informazione essenziale e
il suo intorno;
   - massimizzare la leggibilita' dell'informazione essenziale;
   - differenziare gli elementi nei modi che possono essere descritti
(ad esempio rendere facile dare informazioni o disposizioni);
   - prevedere   compatibilita'   con  una  varieta'  di  tecniche  o
strumenti usati da persone con limitazioni sensoriali.
  Principio 5: Tolleranza all'errore
  Il  progetto  minimizza  i  rischi  e  le  conseguenze  negative  o
accidentali o le azioni non volute.
  Linee guida:
   - organizzare  gli elementi per minimizzare i rischi e gli errori:
gli  elementi piu' utilizzati, i piu' accessibili; eliminati, isolati
o schermati gli elementi di pericolo;
   - prevedere sistemi di avvertimento per pericoli o errori;
   - prevedere caratteristiche che mettano in salvo dall'insuccesso;
   - disincentivare  azioni  inconsapevoli nei compiti che richiedono
vigilanza.
  Principio 6: Contenimento dello sforzo fisico
  Il  progetto  puo'  essere  usato  in modo efficace e comodo con la
fatica minima.
  Linee guida:
   - permettere all'utilizzatore di mantenere una posizione del corpo
neutrale;
   - uso ragionevole della forza per l'azionamento;
   - minimizzare azioni ripetitive;
   - minimizzare lo sforzo fisico prolungato.
  Principio 7: Misure e spazi per l'avvicinamento e l'uso
  Appropriate  dimensioni  e spazi sono previsti per l'avvicinamento,
la  manovrabilita'  e  l'uso  sicuro indipendentemente dalla statura,
dalla postura e dalla mobilita' dell'utilizzatore.
  Linee guida:
   - prevedere  una chiara visuale degli elementi importanti per ogni
utilizzatore seduto o in posizione eretta;
   - rendere  confortevole il raggiungimento di tutti i componenti ad
ogni utilizzatore seduto o in posizione eretta;
   - prevedere variazioni nella mano e nella misura della presa;
   - prevedere  adeguato  spazio  per  l'uso  di sistemi di ausilio o
assistenza personale.
  L'Universal  Design  si  propone,  quindi, di offrire soluzioni che
possono adattarsi a persone con disabilita' cosi' come al resto della
popolazione,   a   costi   contenuti  rispetto  alle  tecnologie  per
l'assistenza o ai servizi di tipo specializzato.
  Da questo punto di vista la progettazione per l'Utenza Ampliata non
solo  supera la logica del "progetto per lo standard", che si rivolge
ad  un'utenza  astratta  e  ideale (uomo adulto, sano e perfettamente
abile),  ma  anche quella del "progetto senza barriere" (Barrier-free
Design)  (27),  che  stigmatizza  le  differenze creando categorie di
utenti  ("normodotati"  versus  "disabili", e quindi soluzioni per la
disabilita' versus soluzioni considerate "normali") (28).
  Non  si  tratta  piu'  di  eliminare  o  superare  qualcosa,  ma di
ridiscutere  in  modo  dialettico  le  basi  stesse dell'attivita' di
progettazione,  considerando  le  esigenze delle persone "reali" come
elementi  di  partenza,  in  grado  di stimolare le potenzialita' del
progetto, e non come vincolo al progetto stesso. In questa logica non
esistono soluzioni "speciali" per utenti "particolari" quali elementi
aggiuntivi del progetto, ma ogni intervento va concepito e sviluppato
tenendo  in  considerazione le esigenze se non di tutti, comunque del
maggior numero possibile di persone, siano esse "abili" o "disabili",
poiche'  progettare  per  coloro  che  si  trovano  in  situazioni di
svantaggio  non  puo'  che  avere  una  ricaduta positiva anche sugli
individui  che  si  trovano in condizioni psicofisiche "normali". Una
rampa  progettata con accuratezza sia nella forma che nei materiali e
ben   integrata   architettonicamente   con  lo  spazio  circostante,
costituisce  un  percorso  alternativo  per  tutti  e  non una corsia
riservata  a  pochi  "sfortunati";  al  contrario  i  servoscala sono
praticamente  inutilizzati  in  quanto  sono  le  stesse  persone con
disabilita'  a  non  voler usare strutture destinate solo a loro, che
costituiscono   elemento   discriminatorio   e  quindi  a  sua  volta
emarginante  e  spesso  di  difficile gestione, per non parlare della
loro  pericolosita'  in situazioni di emergenza. Indicazioni chiare e
ben  leggibili  facilitano  la  mobilita'  di  chiunque e non solo di
persone  con  deficit  visivi  o  psico-cognitivi. Pur non sapendolo,
molte  persone  che  non hanno (o non ritengono di avere) una qualche
forma  di  disabilita',  utilizzano  oggi  quotidianamente  strumenti
concepiti  per persone con disabilita': basti pensare ai telecomandi,
prodotti  originariamente  come  ausili  per  le  persone  con  gravi
difficolta'  nella  mobilita', oggi diventati un comodo accessorio di
uso comune.
  Ovviamente  non  esistono  soluzioni  ideali  per  tutti: qualsiasi
ambiente o prodotto presentera' sempre delle difficolta' di fruizione
o  utilizzo per alcuni specifici utenti, cosi' come ci saranno sempre
situazioni particolari che richiederanno soluzioni personalizzate. Si
pensi alle diverse forme di disabilita' e alle varie problematiche ad
esse  connesse che fanno si' che quello che e' un ostacolo per alcuni
individui  puo' essere un elemento fondamentale per altri (vedasi per
esempio  il  diverso approccio con le barriere fisiche da parte delle
persone  su  sedia a ruote e dei disabili visivi: per i primi sono un
ostacolo  spesso  insormontabile;  per gli altri sono un fondamentale
elemento  di  riferimento  ed  orientamento). Tra l'impossibilita' di
progettare in modo specifico per ogni disabilita' e la consapevolezza
che  non  esiste  la  soluzione perfetta "per tutti", l'atteggiamento
mentale  del  progettista  deve,  comunque,  essere  quello di venire
incontro  alle  esigenze  del  maggior  numero  possibile di persone,
accantonando la logica delle soluzioni standard e ordinarie.
  Il  tema  dell'accessibilita'  non  puo' essere, quindi, ricondotto
solo  ad  alcuni  elementi,  come  la rampa per la sedia a ruote o il
bagno  per  gli "handicappati", che diventano modello dell'intervento
attento alle persone disabili secondo un approccio negativo, limitato
e  stigmatizzante.  Esso  deve  costituire  un  modo  di "pensare" la
progettazione  di  qualsiasi  spazio  o oggetto per l'uomo, che tenga
conto  delle esigenze di una notevole fascia di utenza, la piu' ampia
possibile,   evitando   soluzioni   e  attrezzature  "speciali".  "La
progettazione  accessibile  presuppone una visione multi-disciplinare
in  cui  il limite diventa una sfida, un'occasione di stimolo per uno
studio  piu'  attento  e  approfondito,  per  proporre  e 'inventare'
soluzioni, per sviluppare la creativita' e la fantasia, non disgiunte
da  una  certa  sensibilita'  che  tiene  conto dei delicati risvolti
psicologici  di cio' che si propone. Diventa, quindi, un'occasione in
cui  il  progettista  e'  invitato  a  dare  il  meglio di se', in un
atteggiamento  di  continua ricerca, sperimentazione e verifica delle
soluzioni." (29).
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          22  F.  Vescovo,  Obiettivo:  progettare un ambiente urbano
          accessibile   per  una  "utenza  ampliata",  in  "Paesaggio
          urbano", n. 1, 2002, p. 9.
          23 Costituzione della Repubblica Italiana, art. 3: "Tutti i
          cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti
          alla  legge,  senza  distinzione  di  sesso,  di lingua, di
          religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
          sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli
          di  ordine  economico  e sociale che, limitando di fatto la
          liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,  impediscono il
          pieno   sviluppo   della   persona   umana   e  l'effettiva
          partecipazione  di  tutti  i  lavoratori all'organizzazione
          politica, economica e sociale del Paese".
          24  Il  termine  Universal Design e' stato coniato nel 1985
          dall'architetto  americano  Ronald  Mace costretto ad usare
          una  sedia  a ruote e un respiratore, morto improvvisamente
          nel  1998.  Mace  descrisse  l'Universal  Design  come  "la
          progettazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutti,
          nella  maggior  estensione  possibile,  senza necessita' di
          adattamenti   o  ausili  speciali".  Il  termine  Universal
          Design, molto diffuso negli Stati Uniti, e' stato in Europa
          riadattato in "Design for all".
          25  Tale  termine e' stato utilizzato per la prima volta da
          alcuni   progettisti   italiani  nell'ambito  dell'Istituto
          Italiano Design e Disabilita'.
          26  The Principles of Universal Design, Version 2.0 4/1/97,
          compiled  by  advocates  of  universal  design,  listed  in
          alphabetical  order:  Bettye  Rose Connell, Mike Jones, Ron
          Mace,  Jim  Mueller,  Abir  Mullick,  Elaine  Ostroff,  Jon
          Sanford,  Ed  Steinfeld, Molly Story, & Gregg Vanderheiden,
          (c)  Copyright  1997  NC  State  University, The Center for
          Universal Design, an initiative of the College of Design.
          27  L'origine di questo termine e' da ricercarsi in America
          nella  seconda  meta' degli anni Cinquanta e coincide con i
          primi  tentativi  di rimuovere le barriere architettoniche.
          Di  recente  la dicitura Barrier-free design ha assunto una
          connotazione   negativa   e   stigmatizzante,   in   quanto
          sottintende che un prodotto venga utilizzato esclusivamente
          da una persona con disabilita'.
          28  G.  del  Zanna,  Progettare  nella  logica  dell'Utenza
          Ampliata,  in  A.  Arenghi  (a  cura  di), Edifici storici,
          turismo,  utenza  ampliata,  Edizioni New Press, Como 1999,
          pp. 9-13.
          29  A.  Arenghi,  Accessibilita'  degli  edifici  storici e
          vincolati, 2005 (dal sito www.progettarepertutti.org).

  2.2 Le soluzioni alternative
  Fino  a  pochi anni fa la normativa tecnica italiana era costituita
da numerose disposizioni che individuavano le misure da intraprendere
in  funzione  principalmente della destinazione d'uso degli ambienti,
indipendentemente  dalle  caratteristiche  intrinseche degli ambienti
stessi.  Si  tratta, soprattutto per i provvedimenti meno recenti, ma
in  alcuni  casi  tuttora  in  vigore,  di  disposizioni di carattere
prescrittivo,  basate sul soddisfacimento di determinati standard. Il
parametro  sintetico  ha  il  pregio  di  poter essere controllato in
maniera   semplice   attraverso  una  prescrizione  poco  articolata,
garantendo  univocita'  ed  uniformita'  di  trattamento.  Ovviamente
sconta  la  sua  aspecificita',  il suo carattere "medio", ossia poco
propenso ad adattarsi alle situazioni particolari che inevitabilmente
si incontrano nella pratica professionale.
  Questo   approccio  male  si  adatta  agli  edifici  esistenti,  in
particolar    modo    se   riconosciuti   di   interesse   culturale,
caratterizzati   per   la   loro  natura  da  un  notevole  grado  di
singolarita'.   Se,  infatti,  nel  caso  di  costruzioni  nuove  sta
all'abilita'  del  progettista  trasformare i "vincoli" imposti dalla
normativa  in  un'occasione per sfruttare la propria creativita', nel
caso  di  edifici  esistenti,  non conformati su standard moderni, il
rispetto di tali parametri puo' comportare interventi radicali e, nel
caso di beni culturali, lesivi delle peculiarita' materiche e formali
che  si vogliono salvaguardare. Il tutto ampliato dalla molteplicita'
e   sovrapposizione   delle   problematiche  da  affrontare  e  delle
conseguenti  normative  tecniche  di settore da soddisfare, che vanno
dagli  aspetti  strutturali e di sicurezza in caso d'incendio a tutte
le  problematiche  connesse  con  la  fruizione vera e propria, quali
l'affollamento,    il    risparmio    energetico,    il   microclima,
l'illuminazione,  il  rumore,  gli impianti tecnologici, la sicurezza
antintrusione e ovviamente l'accessibilita'.
  L'applicazione   indiscriminata   dell'approccio   prescrittivo  ha
portato spesso ad interventi molto invasivi, realizzati affinche' gli
edifici  fossero  "a  norma"  piu'  che  per effettive necessita'. Un
esempio  evidente  e' costituito dalle numerose scale antincendio che
ancora oggi segnano il profilo di molti edifici monumentali.
  Dai  primi  anni  Ottanta  si  e'  fatta rilevante la necessita' di
definire  misure  specifiche,  in  quei casi che, oggettivamente, non
potevano  essere  resi conformi alle disposizioni generali. Nei primi
provvedimenti  normativi  in  tal senso il problema veniva affrontato
prevalentemente   sotto  forma  di  deroga  con  la  possibilita'  di
ricorrere   a   misure   alternative,  purche'  ne  fosse  dimostrata
l'equivalenza con i requisiti di legge.
  E'  il  caso  per  esempio  della  legislazione  per  la  sicurezza
antincendio,   nell'ambito   della   quale  e'  stata  introdotta  la
possibilita'   di   andare  in  deroga  all'osservanza  della  norma,
proponendo   misure   di  "sicurezza  equivalente"  da  adottare  per
raggiungere   il   livello   minimo   di   sicurezza   richiesto  dai
provvedimenti vigenti, o della normativa per la sicurezza antisismica
che  ha  previsto  la  possibilita'  di ricorrere nel caso di beni di
interesse  culturale  ad interventi di "miglioramento" strutturale in
loco dell' "adeguamento" agli standard.
  La  normativa per il superamento delle barriere architettoniche non
e'  stata da meno prevedendo con gli artt. 4 e 5 della legge 13/89 la
possibilita'   di   andare   in   deroga   negando   l'autorizzazione
all'esecuzione degli interventi qualora "non sia possibile realizzare
le  opere senza serio pregiudizio del bene tutelato". Successivamente
-  con  l'art. 24 della legge 104/92, ripreso dall'art. 82 del D.P.R.
380/01,  e  l'art.  19  del D.P.R. 503/96 - e' stato precisato che in
caso  di  ricorso  alla  deroga,  il soddisfacimento del requisito di
accessibilita'  deve  essere  comunque  realizzato  attraverso  opere
provvisionali  ovvero,  in  subordine,  con  attrezzature d'ausilio e
apparecchiature   mobili  non  stabilmente  ancorate  alle  strutture
edilizie  (30).  La  lettura  di  tali  articoli  ha creato non poche
perplessita'  in merito alla loro interpretazione: la provvisorieta',
intesa  come reversibilita' delle opere garantisce la tutela del bene
stesso,   perche'   consente  di  ripristinare  in  ogni  momento  la
condizione   originaria,  senza  danni  alle  opere.  Troppo  spesso,
tuttavia,  e'  stata  interpretata  come  una  soluzione temporanea e
veloce,  quasi  un  palliativo:  nel timore di "deturpare" l'edificio
storico  si  e'  ricorso  a  sistemazioni  posticce,  manualistiche e
scontate,  spesso mal progettate, realizzate con materiali scadenti e
non  consoni al contesto in cui si inseriscono. Quando si opera in un
contesto prestigioso e delicato come quello dell'edilizia storica e',
invece, importante che si trovino delle soluzioni di elevata qualita'
architettonica  rispetto  alla  rampa  provvisoria o alla inopportuna
installazione di un servoscala.
  Partendo  proprio  da una interpretazione soggettiva degli articoli
di  legge e in mancanza di indicazioni sulle modalita' di valutazione
delle soluzioni alternative proposte, il ricorso alla deroga e' stato
spesso  inteso  come  una  specie  di "sconto" nei confronti dei beni
culturali,  ossia  come la possibilita' di limitare gli interventi da
eseguire  se  non  addirittura  di  esserne  esonerati. Il caso della
normativa  per il superamento delle barriere architettoniche e' sotto
questo  aspetto  lampante:  troppo spesso si vedono ancora interventi
con  strutture  provvisorie  e posticce, quando non si deve purtroppo
constatare la totale impossibilita' di accesso a molti edifici e siti
di interesse culturale.
  Ovviamente   il   ricorso  generalizzato  alla  deroga  non  e'  la
soluzione, in quanto la fruizione di un bene culturale nelle migliori
condizioni  di  comfort e sicurezza (intesa non solo verso i fruitori
ma anche dell'immobile e del suo contenuto) e' parte essenziale della
sua valorizzazione e quindi della ragione della sua tutela.
  Nelle  disposizioni  normative  di  emanazione  recente l'approccio
prestazionale,  anche  sull'esempio  dei provvedimenti comunitari, ha
acquistato  un  valore  di  strumento  generale.  Non  si impone piu'
l'adozione  di  una specifica misura (fatte salve alcune prescrizioni
minime stabilite per legge), ma si chiede di dimostrare l'adeguatezza
delle  scelte compiute alla luce degli obiettivi prefissati. Partendo
dall'analisi caso per caso delle caratteristiche di un bene culturale
se ne possono evidenziare le potenzialita' e le relative prestazioni.
Se tali prestazioni non sono conformi alle disposizioni normative, si
possono  valutare  gli  interventi  da  eseguire  nel  rispetto delle
istanze  del  progetto  di  restauro,  ricorrendo  anche  a soluzioni
originali  ed innovative studiate ad hoc; in alternativa, qualora gli
interventi  siano  comunque  di  notevole impatto si puo' valutare di
"limitare" la fruibilita' del bene.
  Da  quanto  sopra ne consegue l'importanza, soprattutto nel caso di
immobili  d'interesse  culturale,  dell'art.  7.2  del  D.M.  236/89,
ripreso  anche  dagli  artt.  19  e 20 del D.P.R. 503/96, "in sede di
progetto   possono   essere   proposte   soluzioni  alternative  alle
specificazioni  e  alle  soluzioni  tecniche, purche' rispondano alle
esigenze  sottintese dai criteri di progettazione. In questo caso, la
dichiarazione  (di  conformita) di cui all'art. 1 comma 4 della legge
n.  13  del 9 gennaio 1989 deve essere accompagnata da una relazione,
corredata  dai  grafici  necessari,  con  la  quale  viene illustrata
l'alternativa  proposta  e  l'equivalente  o  migliore qualita' degli
esiti   ottenibili".  L'idoneita'  di  quanto  proposto  deve  essere
certificata  dal progettista e verificata dall'amministrazione cui e'
demandata l'approvazione del progetto, come specificato al successivo
comma 7.3 del D.M. 236/89 (31) nonche' dall'art. 21 del D.P.R. 503/96
(32).
  Gli   enti   locali,   gli   istituti   universitari,   i   singoli
professionisti  possono proporre le soluzioni tecniche alternative ad
una  "Commissione  permanente"  istituita  presso  il Ministero delle
Infrastrutture,  la  quale,  nel caso di riconosciuta idoneita', puo'
utilizzarle  per  l'aggiornamento  delle  norme  stesse,  mediante un
successivo decreto (33).
  Quando  le  caratteristiche  plano-altimetriche degli spazi e degli
ambienti  non  consentono  di  ricorrere  alle  usuali  "soluzioni da
manuale"  o quando gli interventi da eseguire sono tali da modificare
e  stravolgere l'organismo architettonico, snaturandolo e svuotandolo
dei  suoi  valori  storico-artistici,  si possono studiare "soluzioni
alternative" originali, innovative e di alta qualita' architettonica,
compensando  le  riduzioni  dimensionali e funzionali con particolari
soluzioni  spaziali  o  organizzative,  ricorrendo  anche ai continui
progressi   delle   tecnologie   e   all'uso  di  nuovi  materiali  o
attrezzature.
  Le  prescrizioni  normative vigenti in materia di superamento delle
barriere  architettoniche  devono,  quindi,  essere  accolte come dei
requisiti  minimi  da migliorare per realizzare interventi in cui gli
aspetti  estetico-formali  sappiano  affiancarsi a quelli funzionali,
privilegiando,  di  fatto,  una  logica  esigenziale  e prestazionale
rispetto   ad  una  logica  meramente  prescrittiva.  Questo  aspetto
qualitativo   deve   essere  tenuto  in  conto,  assieme  alle  altre
specifiche   discipline   di  settore  e  fin  dalle  prime  fasi  di
predisposizione di un qualunque progetto.
  "In  una  visione  di  restauro  a fondamento 'critico e creativo',
secondo  la  lezione  che  ci  proviene  da Roberto Pane, da Carlo L.
Ragghianti  e  da Renato Bonelli, i vincoli costituiscono altrettanti
stimoli alla fantasia del progettista, lo inducono ad approfondire la
ricerca,  ad  affinare  sempre  piu' le proprie soluzioni. Secondo la
similitudine   usata  da  Leon  Battista  Alberti  nel  suo  trattato
sull'architettura,  questa ha il padre nel committente, il quale pone
il    seme    delle   proprie   esigenze   (economiche,   funzionali,
rappresentative  ecc.), in altre parole i vincoli di cui si e' detto,
e la madre nell'architetto, cui e' affidato un compito d'integrazione
e  di  gestazione  dell'idea  architettonica,  fino  al  suo completo
sviluppo(...).  Cio'  per mezzo d'un lavoro non di meccanica e spesso
devastante  rispondenza  ai  dettati  di  legge  ma d'aggiustamento e
discussione  sulla  concreta  realta'  materiale  e figurale del bene
stesso;  vale a dire tramite un'opera di ottimizzazione e di continuo
contemperamento  d'istanze,  anche  diverse, tutte meritevoli e tutte
sostenute  da  leggi  dello  Stato  parimenti  ordinate.  Da  qui  la
necessita'  di  ragionare,  sempre  dialogando,  per  progetti  e per
'sistemi',  non  per  singoli aggiustamenti, attivando ogni possibile
sinergia  a  fini,  per esempio, di riduzione dell'intrusivita' degli
accorgimenti  da  adottare.  (...).  Ogni  difficolta'  si risolve in
unita'  figurale  e  formale,  "senza  residuo"  avrebbe detto Cesare
Brandi,  come  se  le  cose  si  fossero  naturalmente  sviluppate  e
organizzate  nel  modo  giusto.  Ma non di natura si tratta quanto di
buona capacita' e d'attenzione professionale colta e specialistica.
  Il  progetto e' infatti la sintesi creativa delle diverse esigenze,
dove  cio'  che  si  fa  per rimuovere le barriere assume, come tante
altre   necessita'   funzionali,  il  ruolo  di  normale  provvidenza
destinata  ad  assicurare,  a  tutti, la migliore fruizione del bene"
(34).
  Cio'  che  si  richiede  al  progettista  e',  quindi,  un  compito
doppiamente  difficile,  non piu' quello di accettare passivamente un
vincolo normativo e di applicarlo, quanto di fare di esso una risorsa
che  sproni  alla  ricerca  di  una soluzione alternativa altrettanto
valida.    Cio'   comporta   anche   una   notevole   assunzione   di
responsabilita'  rispetto  all'applicazione  cieca  di  una norma, ma
rappresenta la base stessa della progettazione e della disciplina del
restauro.
--------------------------------------------
          30  Cfr. paragrafo 1.3 Quadro delle principali disposizioni
          normative.
          31  Art.  7  comma  3  del D.M. 236/89: "La conformita' del
          progetto  alle prescrizioni dettate dal presente decreto, e
          l'idoneita'  delle  eventuali  soluzioni  alternative  alle
          specificazioni  e alle soluzioni tecniche di cui sopra sono
          certificate dal professionista abilitato ai sensi dell'art.
          1  della  legge.  Il  rilascio  dell'autorizzazione o della
          concessione  edilizia  e' subordinato alla verifica di tale
          conformita'  compiuta  dall'Ufficio  Tecnico  o dal Tecnico
          incaricato dal Comune competente ad adottare tali atti".
          32   Art.   21   comma   2   del   D.P.R   503/96:  "Spetta
          all'amministrazione  cui  e'  demandata  l'approvazione del
          progetto,  l'accertamento  e l'attestazione di conformita';
          l'eventuale  attestazione di non conformita' del progetto o
          il  mancato  accoglimento  di eventuali deroghe o soluzioni
          tecniche alternative devono essere motivati".
          33  Art.  12  del  D.M.  236/89: "La soluzione dei problemi
          tecnici    derivanti   dall'applicazione   della   presente
          normativa,  nonche' l'esame o l'elaborazione delle proposte
          di   aggiornamento  e  modifica,  sono  attribuite  ad  una
          Commissione     permanente     istituita     con    decreto
          interministeriale  dei Ministri dei lavori pubblici e degli
          affari sociali, di concerto con il Ministro del tesoro. Gli
          enti   locali,   gli   istituti   universitari,  i  singoli
          professionisti    possono   proporre   soluzioni   tecniche
          alternative a tale Commissione permanente la quale, in caso
          di    riconosciuta    idoneita',   puo'   utilizzarle   per
          l'aggiornamento  del  presente  decreto". Art. 22 del D.P.R
          503/96:   "Sono   attribuiti  alla  commissione  permanente
          istituita a sensi dell'art. 12 del decreto del Ministro dei
          lavori  pubblici  14  giugno 1989, n. 236, la soluzione dei
          problemi tecnici derivanti dall'applicazione della presente
          normativa,  l'esame  o  l'elaborazione  delle  proposte  di
          aggiornamento e modifica, nonche' il parere per le proposte
          di aggiornamento delle normative specifiche di cui all'art.
          13.  Gli  enti locali, gli istituti universitari, i singoli
          professionisti  possono proporre soluzioni alternative alla
          commissione  la  quale,  in caso di riconosciuta idoneita',
          puo'  utilizzarle  per  le  proposte  di  aggiornamento del
          presente regolamento".
          34 G. Carbonara, Testo della lezione tenuta alla X edizione
          del corso post-lauream "Progettare per tutti senza barriere
          architettoniche",       Roma       2002      (dal      sito
          www.progettarepertutti.org).

  2.3 Criteri per la progettazione e la gestione

  2.3.1 Orientamento
  Per  quanto  riguarda  la  progettazione  degli spazi e la relativa
gestione  degli stessi, sotto lo specifico profilo dell'orientamento,
non  esistono  allo  stato  attuale precisi riferimenti normativi. Il
tema  risulta  peraltro  molto importante per una possibile fruizione
agevole  dei  beni  culturali da parte di chiunque e non si riferisce
solo alle persone con deficit visivi.
  Non  disponendo  di  esplicite  prescrizioni  normative, se non per
quanto concerne la sicurezza, tale aspetto viene spesso sottovalutato
ritenendolo svincolato dall'obbligo della cosiddetta "messa a norma".
In   questo   sottoparagrafo,  pertanto,  viene  affrontato  il  tema
dell'orientamento   dal  punto  di  vista  della  riconoscibilita'  e
fruibilita'  dei  luoghi  e  in  particolare  di  quelli di interesse
culturale.
  Come  gia'  detto  nel capitolo introduttivo, si definisce barriera
architettonica  anche "la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che
permettono  l'orientamento  e  la riconoscibilita' dei luoghi e delle
fonti  di  pericolo  per chiunque e in particolare per i non vedenti,
per  gli  ipovedenti e per i sordi" (35). Ci si riferisce quindi alla
comunicativita'  ambientale  e all'orientamento, inteso non solo come
la   capacita'   soggettiva  di  conoscere  la  propria  collocazione
nell'ambiente,  sia  in  senso  assoluto  sia  rispetto  al  punto di
partenza  e  a quello d'arrivo, ma anche come esperienza "intimamente
legata  al  senso  di  benessere",  in  quanto  coinvolgente  aspetti
cognitivo-percettivi   nonche'   emotivi.  Un  processo,  quindi,  di
raccolta  ed  elaborazione  delle informazioni sensoriali provenienti
dall'ambiente e dal proprio corpo, importante per chiunque.
  A conferma di quanto il senso dell'orientamento sia centrale per il
nostro  benessere  psicofisico,  basta  rileggere  le parole di Kevin
Lynch:  "Sentirsi  completamente  persi  e'  una esperienza non molto
comune  nelle  citta'  moderne.  Possiamo usufruire della presenza di
altre  persone e di una serie di dispositivi che ci aiutano a trovare
una  strada:  gli  stradari, i numeri civici, i cartelli stradali, le
mappe  delle  compagnie  del  servizio  pubblico. Capita lo stesso di
sentirsi  disorientati  e  in  quei  frangenti il senso di ansieta' e
qualche   volta  di  terrore  che  lo  accompagna  ci  rivela  quanto
"l'orientamento" sia intimamente legato al nostro senso di equilibrio
e  di  benessere.  In realta' la parola "perso" nel nostro linguaggio
significa  ben  piu' della semplice incertezza geografica; essa evoca
un senso di totale disastro" (36).
  Le  espressioni  di  Lynch  evocano con grande immediatezza come la
capacita'  di  orientamento,  quindi  la  sensazione di conoscere con
ragionevole  esattezza la nostra posizione rispetto all'ambiente, sia
un elemento determinante.
  Le  incertezze  e  le  perplessita'  dovute alla non conoscenza dei
luoghi  provocano  in chiunque un aumento dell'affaticamento fisico e
psichico: aumenta l'ansia e lo stress e, quindi, come sosteneva anche
Klaus  Koenig, si produce un conseguente abbassamento della "qualita'
della  vita" (37). Pensiamo anche a chi, avendo una ridotta autonomia
individuale,   deve   utilizzare   al   meglio  le  limitate  energie
disponibili per raggiungere una determinata meta.
  L'importanza  del  senso dell'orientamento diventa evidente quando,
per  cause  legate  all'individuo  o  all'ambiente,  questa  abilita'
decade.  Ci  riferiamo,  ad  esempio, all'ansia provata dalle persone
anziane  che,  a causa di una patologia progressiva, perdono il senso
dell'orientamento anche in luoghi molto familiari; o alle persone che
a  causa  di  deficit sensoriali non possono usufruire appieno, o per
nulla, delle informazioni ambientali o piu' semplicemente pensiamo al
senso  di  malessere  e  di  contrarieta' che ognuno di noi puo' aver
sperimentato nel perdersi in una citta' sconosciuta.
  Abbiamo  definito l'Orientamento come la capacita' di determinare e
controllare   la   propria   e  l'altrui  posizione  e/o  spostamento
all'interno di un quadro concettuale di riferimento spaziale, nonche'
una  disposizione  ad  affrontare  ambienti  e  persone  sia noti che
sconosciuti.  Questa  definizione ha valore generale: tutti noi siamo
in  possesso  di  una  certa mobilita' e di una capacita' piu' o meno
sviluppata   di   orientamento.   Ma   quando   mancano  le  preziose
informazioni  visive,  puo' risultare difficile orientarsi e muoversi
in autonomia e sicurezza.
  Per facilitare l'orientamento e' necessario che l'ambiente fornisca
quante  piu'  informazioni  utili  per  determinare  con  ragionevole
esattezza  la  propria posizione rispetto all'ambiente medesimo e per
individuare  il  percorso  piu'  efficace  per  raggiungere  la  meta
desiderata.
  All'interno  dei  luoghi  di  interesse culturale, per permettere e
favorire  l'orientamento, ci si puo' avvalere di varie strategie, tra
cui   le  principali  sono  l'individuazione  di  punti  e  linee  di
riferimento,   la   progettazione   di  una  adeguata  segnaletica  e
l'utilizzo di mappe che rappresentino efficacemente l'ambiente in cui
ci troviamo.
  Punti di riferimento
  La facilita' con cui una persona puo' orientarsi in un ambiente non
conosciuto   e'   legata   anche   alla   leggibilita'  dell'impianto
planimetrico  e alla identificabilita' delle parti che lo compongono,
quindi ai concetti di caratterizzazione e riconoscibilita', definendo
questi  ultimi  come la possibilita' per il soggetto di stabilire una
relazione   immediata  con  l'ambiente  e  con  gli  oggetti  che  lo
circondano. Ogni ambiente urbano (edificio o spazio aperto), infatti,
dovrebbe  essere  in grado di stimolare positivamente la capacita' di
percezione  dello  spazio  e  dovrebbe  risultare interessante, cioe'
ricco  di  stimoli  sensoriali esterni. La persona dovrebbe essere in
grado  di riconoscere con facilita' la connotazione dell'ambiente; ad
esempio,  la  tipologia, la gerarchia degli ingressi, la collocazione
degli  ambienti  interni,  la  loro  funzione,  la  suddivisione e la
identificabilita'   degli   spazi   privati   e/o  pubblici  (38).  I
suggerimenti   progettuali   possono   riguardare   l'uso  di  forme,
materiali,   colori   ed   elementi  simbolici,  attraverso  i  quali
caratterizzare  lo  spazio  ridando  un  senso  compiuto  a quanto e'
presente nell'ambiente.
  I  punti  di  riferimento  sono informazioni discrete, di ogni tipo
(vestibolari,  visive,  tattili,  acustiche, olfattive, cinestesiche)
facili  da  percepire  e  sempre  ritrovabili  nell'ambiente,  che le
persone possono utilizzare per riconoscere luoghi precisi.
  Anche   la   persona  non  vedente,  per  orientarsi,  utilizza  le
informazioni  provenienti  dall'ambiente,  ma utilizza soprattutto le
informazioni  che  raccoglie attraverso i sensi residui extravisivi e
le trasforma in punti o linee guida di riferimento.
  Esempi  di  punti  di  riferimento  possono  essere: una cabina per
l'attesa  degli  autobus  (indizio  tattile, rilevabile attraverso il
bastone, e acustico, rilevabile attraverso la riflessione del suono),
la  pendenza di una rampa (indizio vestibolare), una fontana (indizio
acustico),  un  bar  o ristorante (indizio acustico e olfattivo), una
sala   proiezioni   (indizio   acustico),  ecc.  Alcune  informazioni
ambientali,  pero',  possono  anche essere d'aiuto alla persona cieca
per  mantenere  la direzione di marcia. Le linee guida, infatti, sono
quegli  elementi  continui presenti nell'ambiente che consentono alla
persona  con  grave  deficit  visivo  di orientarsi e di mantenere la
direzione   di   marcia;   possono   essere   naturalmente   presenti
nell'ambiente (linee guida naturali) o costruite appositamente (linee
guida artificiali).
  Esempi  di  linee  guida  naturali  sono:  il  muro  continuo di un
edificio  (percepibile  con  il  bastone  o attraverso la riflessione
sonora  o  termica,  un  muretto  basso, il cordolo di un'aiuola, una
siepe   (percepibili  con  il  bastone),  un  porticato  (percepibile
attraverso  la  riflessione acustica e gli indizi termici), il rumore
del traffico (informazione acustica).
  Negli  ambienti  in  cui  non  vi  e'  alcuna  guida naturale, dove
pertanto  l'orientamento  per  la  persona con deficit visivo risulta
particolarmente  difficile,  puo'  essere utile inserire accorgimenti
nella   pavimentazione   che  possano  fungere  da  guida  o  fornire
indicazioni,  quali  ad  esempio  una  corsia  di  tappeto,  stuoia o
materiali  diversi,  oppure  prevedere  elementi  in elevazione quali
corrimani  o  arredi  adeguatamente  segnalati  al  non  vedente.  In
particolare  negli  immobili  di interesse culturale, questi elementi
naturali   e   comunque   ben   riconoscibili   dal  punto  di  vista
tatto-plantare sono preferibili a linee guida artificiali che possono
avere un impatto troppo invasivo.
  Segnaletica
  In  un luogo di interesse culturale la segnaletica riveste un ruolo
fondamentale  per  l'orientamento  dei  visitatori.  La  segnaletica,
infatti, intesa come un insieme di segnali coordinati, ha la funzione
di  guidare  il visitatore, comunicando con un linguaggio universale,
fatto  di segni, pittogrammi e brevi parole, aiutandolo a individuare
accessi e uscite, i servizi e i percorsi desiderati.
  Nella  progettazione  della  segnaletica  e'  importante evitare le
informazioni  ridondanti  che possono provocare confusione e ansieta'
(il  cosiddetto  "inquinamento  visivo").  In  un  luogo di interesse
culturale  la  segnaletica  ambientale  rappresenta  il  biglietto da
visita  piu'  importante,  deve mettere a proprio agio il visitatore,
essere  decifrabile  dal  maggior  numero  di persone, nonche' essere
coerente,  per  immagini  e  per  significato,  a  tutte  le forme di
comunicazione  presenti:  cartacea e non, come ad esempio le brochure
informative, la carta dei servizi, i cataloghi, il sito internet.
  La  scienza  che  si  occupa  della  progettazione  di  sistemi  di
segnaletica   di  orientamento  si  chiama  "wayfinding".  Wayfinding
significa  anche  scegliere  e  seguire  un percorso che porti ad una
destinazione  definita,  in  maniera  efficiente;  e'  in  definitiva
l'insieme  dei  segnali  che utilizziamo per capire dove siamo e dove
stiamo   andando.   Migliorare   l'esperienza  di  wayfinding  di  un
visitatore equivale a migliorare i segnali ambientali che gli vengono
offerti per orientarsi e che veicolano l'informazione spaziale.
  Un  buon  progetto  di segnaletica deve quindi essere concepito fin
dalla   fase   di   progettazione   architettonica  e/o  di  restauro
dell'edificio.  A  partire  dalla mappa del bene occorre analizzare i
flussi  dei  visitatori  e  individuare  i percorsi e i punti dove e'
necessario  garantire  loro le informazioni o l'eventuale ripetizione
di  una indicazione, per offrire alternative di percorso. Il progetto
deve   essere   strutturato   su  tre  livelli  di  informazioni:  la
segnaletica  informativa, la segnaletica direzionale e la segnaletica
identificativa,  in raccordo comunque con la segnaletica di sicurezza
prevista per legge nei luoghi pubblici.
  La   segnaletica  informativa,  o  di  orientamento,  e'  collocata
generalmente  all'ingresso  principale  e  in  altri punti strategici
dell'edificio; in essa sono riportate le indicazioni principali delle
funzioni  che  vi  si svolgono e solitamente viene integrata da una o
piu' mappe per facilitare la lettura degli spazi e l'orientamento del
visitatore.
  La  segnaletica direzionale, o di smistamento, e' caratterizzata da
segnali  e  frecce  che indicano una direzione da seguire; essa viene
generalmente  collocata  nei  percorsi,  sia  interni che esterni, in
prossimita'  degli  incroci  o  dei cambi di direzione. E' importante
quindi  che abbia una sequenza logica e coerente dal punto iniziale a
quello finale dei percorsi.
  La  segnaletica identificativa, o di conferma, serve a identificare
un  luogo  o  un  edificio,  o  una porzione di esso. Viene di solito
collocata in prossimita' dell'ingresso, ad altezza d'occhio umano.
  Un  progetto  di segnaletica e' efficace se e' in grado di favorire
l'orientamento  di  chiunque, anche di chi ha un deficit visivo o una
carenza  di  tipo  psico-cognitivo.  Dal  punto  di  vista grafico, i
fattori   che   determinano   l'efficacia  e  la  leggibilita'  della
segnaletica sono molteplici. Tra i piu' importanti ricordiamo:
  -  i  messaggi  e  i  segnali  devono  essere  brevi,  leggibili  e
comprensibili;
  -  occorre  prestare  la massima attenzione alla scelta dei colori,
del  tipo  e  della  dimensione dei caratteri tipografici (font), dei
contrasti;
  -  i  segnali devono essere visibili anche da distanze superiori ai
10 metri, e anche in movimento.
  Anche   la   collocazione   della   segnaletica  riveste  un  ruolo
importante. E' necessario percio':
  -  assicurarsi che i segnali non vengano nascosti da altri elementi
provvisori;
  -  assicurarsi che gli stessi segnali non costituiscano un ostacolo
alla visibilita' di altri elementi o alla mobilita' di chiunque;
  - verificare la loro leggibilita' da lontano e da vicino;
  -  verificare  il  tipo di illuminazione presente in ogni parte del
bene;
  - assicurarsi che i segnali vengano posizionati ad un'altezza media
compresa tra 1,40 e 1,70 m, mentre per i segnali sospesi a un'altezza
massima  di 2,30 m (l'altezza media degli occhi di un adulto in piedi
e'  di  1,60  m,  mentre quella di una persona su sedia a ruote e' di
1,25 m);
  -  evitare  l'utilizzo  di  supporti  inadeguati,  quali  superfici
riflettenti  (vetro,  metalli  lucidi,  specchi, ecc.), privilegiando
percio' le finiture opache.
  La  leggibilita'  del  testo  dipende anche da molti altri fattori:
dalla  spaziatura  tra  le  lettere  alla  spaziatura  tra le parole,
dall'interlinea, ecc. (39)
  Nella  segnaletica  direzionale e' utile che il testo sia allineato
secondo la direzione della freccia.
  I  margini intorno alle scritte devono essere tali da permettere un
maggiore contrasto tra lo sfondo e il messaggio.
  Un bordo intorno ad una scritta puo' essere utile solo nel caso sia
necessario  garantire  il  contrasto  rispetto  alla parete in cui il
segnale e' collocato, ma il bordo non deve sovrastare la scritta.
  Le scritte sono piu' leggibili e facili da ricordare se si usano le
lettere minuscole. Numerosi test di leggibilita' hanno dimostrato che
le  persone quando leggono parole e frasi da lontano riconoscono piu'
facilmente  la  loro  forma  che  il  contenuto. Le "ascendenti" e le
"discendenti"  del  carattere  minuscolo  offrono  infatti molte piu'
informazioni  rispetto  al  carattere  tutto  maiuscolo,  rendendo la
lettura piu' veloce e il messaggio piu' facile da ricordare.
  La  brevita'  e'  molto  importante: troppe parole in un segnale, o
troppi   messaggi   su   un   blocco  di  segnali,  compromettono  la
comprensione  e  la  memorizzazione  del  messaggio  (per  una  buona
leggibilita'  non  si dovrebbero utilizzare piu' di 12/15 lettere per
riga, inclusi gli spazi, ovvero 2/3 parole).
  Dal punto di vista dei contenuti, la segnaletica deve essere chiara
e comprensibile (40):
  -  le informazioni vanno raggruppate e ordinate alfabeticamente per
piano;
  -  evitare di inserire troppi messaggi su un unico segnale. Piccoli
gruppi di messaggi sono piu' leggibili di una lunga lista;
  -  i  numeri  e  i  pittogrammi  sono piu' facilmente riconoscibili
rispetto alle parole;
  -  il linguaggio deve essere chiaro e conciso, anche se la brevita'
non deve comprometterne la comprensione;
  - la leggibilita' aumenta se la prima lettera e' maiuscola;
  -  i titoli e le iniziali sono piu' leggibili se si omette il punto
tra le iniziali;
  - la punteggiatura va usata solo dove e' indispensabile;
  - evitare le abbreviazioni.
  I  pittogrammi,  ovvero  quei  simboli  a  cui  viene  associato un
significato, sono parte costituente del linguaggio della segnaletica.
Essi   sono  da  un  lato  abbreviazioni  visive,  mentre  dall'altro
costituiscono  un  nuovo  linguaggio  di semplificazione di contenuti
complessi.   Devono   pertanto   essere   efficaci  e  immediatamente
comprensibili alla maggior parte delle persone. A tale scopo il segno
grafico  rappresentato  nel  pittogramma  deve  avvicinarsi  il  piu'
possibile  all'azione  a  cui  cerca di riferirsi e rappresentarne il
livello   piu'   semplice   e  quasi  astratto.  L'uso  sapiente  dei
pittogrammi  e' ancora piu' utile all'interno dei luoghi di interesse
culturale,  dove  il  visitatore  rappresenta  solitamente  culture e
linguaggi  diversi.  "Con i pittogrammi evitiamo, nella comunicazione
internazionale,  di  dovere  ripetere  gli  stessi contenuti in varie
lingue,  ad  esempio, come accade nelle etichette dei vestiti o nelle
istruzioni  a  corredo  di apparecchi elettrici ..... In un ospedale,
una  stazione  ferroviaria,  un  aeroporto  internazionale... il solo
linguaggio  che  abbia  qualche probabilita' di venire compreso da un
cinese,  uno  statunitense  o  da un nord africano non e' verbale, ma
visuale" (41).
  L'efficienza  grafica  di  un sistema di segnaletica dipende infine
dal  contrasto  fra  il  testo  delle  scritte  e  lo sfondo, nonche'
dall'uso sapiente dei colori. Il colore nella segnaletica e', quindi,
un  fattore  molto importante e strategico. in quanto influisce anche
nel  rendere  un ambiente accogliente; nella scelta del colore devono
essere  valutate  le  condizioni  di  illuminazione  e  le  tonalita'
dominanti  dell'ambiente,  rispetto  a  cui deve produrre un efficace
contrasto.  E'  inoltre  importante ricordare che molte persone hanno
deficit  nella  percezione  dei  colori  (spesso i rossi e i verdi) e
possono  trovare  difficolta'  nel distinguere colori simili tra loro
dal  punto  di vista tonale; occorre percio' prestare attenzione alle
combinazioni di colori, che devono assicurare un elevato contrasto di
luminanza.
  Un'ultima  considerazione  va  fatta a proposito della manutenzione
del  sistema  della segnaletica: si tratta di un aspetto che va preso
in  esame sin dalla fase di progettazione, ricorrendo possibilmente a
soluzioni  che prevedano flessibilita' ed intercambiabilita', per una
maggiore facilita' di montaggio, manutenzione e pulizia.
  Mappe
  Una  mappa  e'  una  rappresentazione  simbolica semplificata dello
spazio  che  evidenzia  relazioni  tra  le  componenti  dello  stesso
(oggetti,   regioni).   Comunemente   essa   e'   costituita  da  una
rappresentazione  bidimensionale,  geometricamente  accurata,  di uno
spazio   tridimensionale.   Per  aumentarne  la  leggibilita'  e  per
facilitarne   la   comprensione   si  utilizzano  alcune  convenzioni
grafiche,  simboli  e  legende, fornendo anche informazioni che vanno
oltre la mera rappresentazione grafica.
  In  relazione  al  tipo  di  comunicazione e di informazioni che si
intende  fornire la mappa rappresenta porzioni diverse di territorio;
descrivendo  solo  alcuni  degli  elementi presenti in un determinato
spazio.  Ad  esempio,  in una mappa turistica vengono evidenziati gli
elementi  di  interesse per il visitatore, ma questa rappresentazione
non  ha  una  valenza metrica ne' analitica del territorio, bensi' e'
volta  ad  evidenziare,  con la maggior chiarezza possibile, tutte le
informazioni  utili,  e per far cio' e' necessario tralasciarne molte
altre.
  Inoltre  gli  oggetti  rappresentati  (ovvero  i temi), ma anche le
modalita'  espressive, possono cambiare, cambiando i destinatari e le
funzioni  delle  mappe.  La  scelta del tipo di rappresentazione e di
disegno di una mappa dipende, quindi, non solo dalle informazioni che
essa  deve  contenere ed esprimere, ma anche dai destinatari a cui si
rivolge.
  Per  quanto  concerne la loro collocazione, le mappe possono essere
fisse,  collocate  in  punti strategici e utilizzate da tutti, oppure
essere "portatili" a disposizione di una singola persona.
  All'interno  dei  luoghi  di  interesse  culturale,  sicuramente in
prossimita'  dell'ingresso,  ma  anche  in altri punti strategici (ad
esempio  in  prossimita'  degli  elementi  di collegamento verticale,
incroci,  cambi  di  direzione,  ecc.),  e'  necessario  garantire la
presenza  di  una mappa fissa chiara ed accessibile al maggior numero
di persone, comprese le persone anziane o quelle che hanno una scarsa
consuetudine  con la lettura di piante e planimetrie. La stessa mappa
deve  essere  fornita,  opportunamente adattata alla diversa scala di
rappresentazione,  anche  su  carta,  per consentire al visitatore di
poter verificare in ogni momento la propria posizione all'interno del
bene e, in definitiva, di fruire al meglio dei servizi e degli spazi.
Tale mappa sara' contenuta all'interno della brochure informativa del
bene,   solitamente   distribuita   in   piu'  lingue  al  visitatore
all'ingresso   dell'edificio  o  dell'area.  Le  stesse  informazioni
dovranno  inoltre  essere  consultabili  anche  on line, nel sito web
dedicato.
  In  alcuni  siti  culturali,  soprattutto  nel  caso  in cui questi
offrano  servizi  speciali  per  i non vedenti, la mappa tattile puo'
rappresentare  un  valido ausilio per l'orientamento. Nell'ottica del
Universal  Design,  e'  tuttavia  auspicabile progettare e realizzare
mappe   tattilo-visive,  ossia  mappe  "per  tutti",  che  contengano
accorgimenti  aggiuntivi  per  la lettura dello spazio anche da parte
dei non vedenti: spessori e linee a rilievo, scritte in braille e "in
nero" a rilievo, texture riconoscibili al tatto.
  In  siti  particolari  quali parchi, giardini storici, piazze, aree
archeologici, chiese, ecc., inoltre, puo' essere molto efficace per i
non  vedenti,  ma  anche  per  tutti gli altri visitatori, l'utilizzo
della  rappresentazione tridimensionale del luogo (plastici o modelli
in  scala)  in  quanto  tale  modalita'  di  lettura rinforza nel non
vedente   la  concretezza  dell'esperienza  esplorativa,  agevola  la
rappresentazione mentale dello spazio e la creazione di un patrimonio
immaginativo aderente alla realta'.
  Nella  progettazione  di  una  mappa  tattile occorre innanzi tutto
considerare che il tatto e' analitico e la percezione dell'insieme si
ottiene attraverso l'organizzazione della sequenza delle informazioni
parziali. La sintesi e' dunque un processo complesso e puo' diventare
difficile  se  la  rappresentazione  supera  certe  dimensioni  (pari
all'apertura completa di due mani accostate).
  Inoltre  la  discriminazione  tattile  e'  limitata  e  incapace di
cogliere  particolari  molto  piccoli,  per  cui questi devono essere
rappresentati  sicuramente  piu' grandi rispetto a quelli percepibili
dalla  vista  (punto braille 1 mm; linea a rilievo non e' percepibile
al di sotto di 0,5 mm di spessore).
  I  requisiti  che  una  mappa  tattile deve avere per la lettura da
parte   dei   non   vedenti  si  possono  riassumere  nelle  seguenti
indicazioni:  il  disegno  dovra'  essere semplice ed essenziale e lo
spessore  del segno non dovra' andare al di sotto della soglia minima
di percepibilita'; si dovra' porre attenzione non solo alla chiarezza
delle  forme  proposte,  ma anche alla gradevolezza delle superfici e
alla  robustezza,  alla sicurezza e alla igienicita' del supporto (e'
indispensabile a tale proposito garantirne la loro costante pulizia e
la manutenzione).
  Nel caso di un sistema integrato di mappe all'interno di un sito di
interesse  culturale  occorre  porre  attenzione alla omogeneita' dei
simboli e alla coerenza delle informazioni.
  Anche  le  mappe  tattili  possono essere fisse, collocate in punti
strategici del bene e utilizzate da tutti, oppure essere portatili al
servizio di una singola persona.
  Nel   caso   di   mappe   fisse,  esse  dovranno  essere  orientate
correttamente  rispetto  allo  spazio  in cui si trovano, evitando il
piu' possibile la collocazione all'esterno dell'edificio, per evitare
problemi  di  igiene,  ma  anche  di usura e di degrado indotto dagli
agenti atmosferici.
  Le  tecniche  oggi  disponibili  per  realizzare  mappe  fisse  con
rappresentazioni  a rilievo di spazi ed edifici sono molteplici. Ogni
tecnica  presenta  potenzialita'  e/o  limiti  a seconda del contesto
applicativo,   delle   risorse   finanziarie  a  disposizione,  degli
specifici contenuti della rappresentazione, della professionalita' di
cui  si  puo'  disporre, dell'utenza a cui ci si rivolge, ecc. Non si
puo'  affermare  che  una  tecnica  sia  migliore delle altre: per la
scelta  della tecnica da utilizzare, occorre quindi valutare di volta
in volta quanto incidono le variabili in campo.
  Considerato  che  la lettura di una mappa fissa non permane a lungo
nella  mente  di  chiunque, si ritiene possa essere utile ed efficace
poter offrire, a sua integrazione, una mappa a rilievo portatile che,
attraverso  una consultazione continua ed una verifica costante della
propria posizione all'interno dello spazio, favorisce l'orientamento.
Si  propongono mappe a rilievo di piccole dimensioni, stampate con le
tecniche  della serigrafia o della carta a micro-capsule. Molto usata
dai  musei inglesi e francesi, quest'ultima tecnica, pur necessitando
di  una  specifica  rielaborazione  e  adattamento del disegno per la
lettura  a  rilievo da parte dei non vedenti, presenta alcuni aspetti
molto  interessanti: da un lato la semplicita' della riproduzione del
rilievo (chiunque infatti e' in grado di usare il fornetto necessario
(42),  dall'altro  lato  il  costo limitatissimo della carta speciale
usata  per la stampa e del fornetto medesimo. Ma la piu' interessante
potenzialita'  di  questa tecnica e' rappresentata dalla possibilita'
di  scaricare  il  disegno della mappa dalla rete e quindi di poterla
condividere e studiare in anticipo e in piena autonomia.
  Per  definire  le  strategie  e  le  metodologie  atte  a  favorire
l'orientamento   della   persona  cieca  in  un  luogo  di  interesse
culturale,  appare  tuttavia  utile  fare una riflessione sul tipo di
bene   che   questa   puo'  visitare  in  completa  autonomia  (senza
accompagnatore),  nonche'  sulla  opportunita'  di  prevedere in ogni
contesto  museale  le  soluzioni tecniche dedicate alla comunicazione
degli  spazi  e  delle opere d'arte. Ad esempio, in una pinacoteca, o
nei  casi  in  cui  le opere d'arte esposte (sculture, oggetti, scavi
archeologici,  ecc.)  non  possono  essere  toccate,  puo' non essere
necessario  garantire la totale autonomia dei visitatori non vedenti.
Queste  indicazioni  non  valgono,  invece,  nei  casi  in  cui siano
allestiti all'interno del museo uno o piu' percorsi che consentano ai
non  vedenti  una  fruizione speciale (tattile) di opere e manufatti,
anche  attraverso il supporto di iniziative didattiche, di mediazione
e di comunicazione mirata. In tal caso deve essere garantita non solo
l'accessibilita' urbana al sito culturale (dalla fermata dei mezzi di
trasporto  pubblico  un percorso sicuro permettera' al non vedente di
raggiungere  in  autonomia  il bene), ma anche quella interna al bene
(dall'ingresso   il   "percorso   speciale"  sara'  raggiungibile  in
autonomia,  mediante specifici accorgimenti e soluzioni progettuali).
In   ogni   caso  e'  consigliabile  permettere  ai  non  vedenti  di
raggiungere  con  facilita'  un  punto  informativo  in  cui  trovare
assistenza da parte di personale opportunamente formato.
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          35 Art. 1 del D.M. 236/89.
          36  K.  Lynch,  L'immagine  della citta', Marsilio, Venezia
          1960.
          37  F.  Vescovo, "Accessibilita', orientamento e usabilita'
          agevole  degli  spazi urbani", in "Paesaggio urbano", n. 4,
          2000.
          38  F.  Tosi, L'ambiente fisico e relazionale, in "Giornale
          di  Gerontologia", n. 5, vol. 52, ottobre 2004, pp. 418-422
          (anche  sul  sito della Societa' Italiana di Gerontologia e
          Geriatria: www.sigg.it)
          39 F. Fogarolo, I fattori che condizionano la leggibilita',
          in  Questione  di leggibilita'. Se non riesco a leggere non
          e'  solo  colpa  dei miei occhi, Comune di Venezia, Venezia
          2008, pp. 41-77.
          40  P. Barker, J. Fraser, Sign Design Guide, Royal National
          Institute for the Blind, Londra 1995.
          41  P. F. Licari, Comunicazione e orientamento, in "Narrare
          il gruppo: prospettive cliniche e sociali", a. III, vol. I,
          marzo 2008.
          42  Il  fornetto per la stampa a rilievo e' un'attrezzatura
          di  semplicissimo  utilizzo,  normalmente  reperibile nelle
          sedi  territoriali  delle  associazioni rappresentative dei
          disabili   della   vista   e   nei   Centri  di  consulenza
          tiflodidattica,   ed   e'   sempre   piu'   diffuso   nelle
          biblioteche, nelle scuole, nelle associazioni, ecc. Dato il
          suo  limitato costo, il fornetto potrebbe essere acquistato
          dal   museo  o  dal  gestore  del  bene,  che,  oltre  alla
          produzione  di  mappe  a  rilievo, potrebbe utilizzarlo per
          attivita' di comunicazione e di mediazione, offrendo tavole
          didattiche,   planimetrie   e   ogni  altro  elaborato,  da
          scaricare all'occorrenza dal proprio sito web.

  2.3.2 Superamento delle distanze
  Percorrere a piedi tratti di notevole estensione per raggiungere un
obiettivo  prefissato  costituisce  per molti una situazione di forte
disagio  psico-fisico  ed  un  serio  problema  di  affaticamento. La
presenza  di lunghi percorsi orizzontali caratterizza molti luoghi di
interesse culturale, dai grandi complessi museali, ai centri storici,
alle  aree  archeologiche, ai parchi e giardini storici, fino ai siti
di interesse paesaggistico. Il superamento delle distanze puo' dunque
costituire  una  significativa  barriera  architettonica per tutte le
persone  con  ridotta  capacita'  motoria,  tra  cui  gli anziani e i
cardiopatici,  per  i  quali anche un percorso superiore ai 50 metri,
pur   privo  di  pendenza,  puo'  risultare  molto  difficoltoso.  Al
contrario,  le  persone  su  sedia  a  ruote  sono spesso in grado di
superare anche notevoli distanze.
  Tali   condizioni   peggiorano  ulteriormente  quando  il  percorso
presenta  un  andamento  altimetrico  variabile,  ma  anche quando e'
caratterizzato  da  un  fondo irregolare o disomogeneo, costituito da
elementi di pavimentazione non complanari come acciottolati o ghiaia,
circostanze  tutte piuttosto frequenti nelle aree archeologiche e nei
centri storici, se non si prevedono opportuni accorgimenti (43).
  In  tutti  i  casi  di  distanze  non  troppo estese, e' necessario
predisporre percorsi con pavimentazioni il piu' possibile omogenee ed
antisdrucciolevoli,  prevedendo inoltre opportune zone di riposo e di
servizi  ogni 50-100 metri (44), possibilmente al coperto e dotate di
sistemi di seduta (panchine) o appoggi ischiatici (45), anche al fine
di  ridurre  gli  effetti negativi indotti da una visione monotona ed
omogenea,    che   accentua   psicologicamente   le   sensazioni   di
affaticamento e di disagio.
  Per   gli   aspetti   relativi   alle  pavimentazioni,  si  possono
individuare  due  diverse  direttrici  operative,  a  seconda  che si
proceda  ad  una  parziale sostituzione della pavimentazione storica,
motivata  anche  da esigenze impiantistiche, o ad una sovrapposizione
di  elementi  reversibili al di sopra dei materiali originari. Per il
primo  caso,  un  esempio e' fornito dal percorso Pantheon-Fontana di
Trevi  nel  centro  storico  di  Roma, dove sono state realizzate, in
affiancamento  alle zone pavimentate con sanpietrini, delle corsie in
pietra  basaltina.  Queste  ultime, in accordo con le indicazioni del
D.P.R.  503/96  (che  impongono  per le pavimentazioni di contenere i
salti  di  quota entro i 2 mm e la distanza tra un elemento e l'altro
entro  i  5  mm),  consentono un piu' agevole percorso da parte delle
persone su sedia a ruote o con ridotta capacita' motoria. Nel secondo
caso, invece, si puo' fare riferimento a sistemi costituiti da pedane
in   materiale  privo  di  irregolarita'  ed  antisdrucciolevole,  da
sovrapporre  alle  pavimentazioni storiche esistenti, ma anche, negli
spazi  interni, all'apposizione di corsie-guida costituite da tappeti
o  stuoie  che, oltre a facilitare il movimento di persone su sedia a
ruote, consentano un migliore orientamento per i disabili sensoriali,
per  i  quali  puo'  essere  opportuno  disporre  anche  informazioni
integrative  con  l'uso  di  corrimano  contenenti delle informazioni
tattili (si veda il paragrafo precedente sull'orientamento).
  Particolare  attenzione  deve  essere  posta  alla  riduzione degli
ostacoli lungo i percorsi. Tale accorgimento, essenziale per tutte le
persone  con disabilita' visiva, vale anche per l'intera utenza di un
luogo di interesse culturale, se si considera che una recente ricerca
dell'Universita'  di  Roma colloca al 76% la percentuale di incidenti
alle  ossa dovuti a difficolta' di percezione visiva degli ostacoli e
delle  fonti  di  pericolo.  Per  i  non vedenti e gli ipovedenti, in
particolare, e' necessario curare la rimozione di ogni ostacolo lungo
il  percorso  (veicoli,  biciclette  in  sosta,  tavolini,  fioriere,
cestini  portarifiuti), nonche' di verificare la presenza e la chiara
riconoscibilita' dei marciapiedi (il suo rivestimento deve essere ben
riconoscibile  rispetto alla carreggiata, il relativo dislivello deve
essere  superiore  a  2 cm). E' opportuno ricordare che la percezione
degli  eventuali  ostacoli  da  parte  della  persona  non vedente e'
affidata  all'uso  del  bastone,  attraverso  il quale si individuano
agevolmente  gli  elementi  collocati  a  terra, ma non si riescono a
percepire  quelli  sospesi ad oltre 50 cm dal suolo, senza il rischio
di intercettarli direttamente con il proprio corpo, mentre tutto cio'
che  e'  sospeso ad oltre 95 cm costituisce un serio pericolo per chi
non  vede. In quest'ambito rientrano diversi ostacoli, potenzialmente
pericolosi per chiunque, come espositori, cabine telefoniche a fungo,
tendalini,  vetrine e bacheche sporgenti, tiranti metallici, cartelli
e  segnaletica  con  una  luce verticale inferiore a 2,10 m, catene e
cordoni  per  impedire  l'accesso  alle auto o alle persone, ma anche
elementi   architettonici   aggettanti   come   mensole,  cornicioni,
davanzali ed inferriate bombate.
  Negli  spazi aperti, come i siti archeologici o i giardini storici,
gli  eventuali  percorsi  creati  con  passerelle  fisse o rimovibili
devono  presentare elementi che consentano di individuarne i margini.
La  larghezza di questi percorsi deve prevedere il passaggio di sedie
a  ruote,  di passeggini ed anche di due persone affiancate. Nei casi
di  passerelle esterne, inoltre, l'eventuale grigliato utilizzato per
la  pavimentazione  deve  presentare  caratteristiche  geometriche  e
dimensionali  che  tengano  conto  dell'eventuale  uso  di  bastoni o
stampelle,   il   cui   impiego   non   deve  incontrare  difficolta'
nell'appoggio a terra. E' necessario, infine, disporre lungo tutte le
passerelle   appositi   corrimano   a   doppia  altezza,  secondo  le
indicazioni della normativa.
  Nello  specifico  caso  di  parchi  o  giardini storici, oltre alle
osservazioni  gia'  svolte,  e'  importante  considerare  gli aspetti
acustici,   al  fine  di  limitare  la  presenza  di  rumori  esterni
eccessivi,  ricorrendo  a barriere naturali ed artificiali come siepi
e,  ove possibile, muretti. Anche il progetto della piantumazione, in
tal senso, puo' agevolare l'identificazione dei diversi momenti della
visita:  l'utilizzo  di  siepi  e  aiuole odorose consente infatti di
qualificare  i  diversi  tipi  di spazi, mentre le sorgenti d'acqua o
fontane possono diventare, attraverso il rumore, punti di riferimento
ed  orientamento.  Tali  indizi  vanno  tuttavia intesi come elementi
aggiuntivi e non sostitutivi di informazioni maggiormente affidabili,
dato  che  un  semplice  raffreddore  o una corrente d'aria contraria
possono  vanificare l'indizio olfattivo e la mancanza occasionale del
getto d'acqua puo' annullare quello uditivo.
  Piu' articolati, invece, devono essere gli interventi da attuare in
presenza  di distanze notevoli, soprattutto nelle aree esterne come i
centri storici, i parchi e i siti di interesse paesaggistico, dove e'
opportuno pensare a soluzioni che contemplino l'uso facilitato, ed in
successione,  di  diversi  dispositivi di trasporto e di ausilio alla
mobilita',  come  minibus  elettrici, club-car come quelli utilizzati
nei  campi  da  golf, elettroscooter (46), che consentano di definire
una   mini-intermodalita',  con  la  possibilita',  a  seconda  delle
abilita'  individuali,  di  passare agevolmente da un mezzo all'altro
per raggiungere un determinato obiettivo, senza incontrare ostacoli o
situazioni  defatiganti.  La  presenza  di  percorsi  particolarmente
lunghi  puo' caratterizzare anche i grandi complessi museali, dove e'
fondamentale prevedere la disponibilita' di sedie a ruote, da fornire
a  tutte le persone che ne facciano richiesta. Negli stessi luoghi e'
possibile  anche  valutare  l'installazione di un servizio di piccoli
elettroscooter, verificando tuttavia attentamente, in via preventiva,
la  presenza di idonei spazi di manovra, nonche' gli eventuali rischi
per le persone e per i beni oggetto di tutela.
  Piu'  in  generale,  per quanto riguarda le aree archeologiche ed i
siti  di  interesse  paesaggistico  caratterizzati  da percorsi molto
estesi    ed    articolati   con   pavimentazioni   non   complanari,
sdrucciolevoli e sconnesse, e' opportuno affiancare agli accorgimenti
citati  - spesso praticabili soltanto per zone limitate dei complessi
stessi  -  l'individuazione  di luoghi o postazioni adatti a favorire
una   visione   d'insieme   o  panoramica  del  sito,  agevolando  la
comprensione della sua struttura morfologica, edilizia, stratigrafica
o   paesaggistica.  Tali  accorgimenti  consentono  di  garantire  la
fruizione   del  sito  almeno  in  rapporto  ai  suoi  elementi  piu'
qualificanti   e   significativi,   perseguendo,   quando   la  piena
accessibilita'    appare    difficilmente   praticabile,   quantomeno
l'obiettivo della visitabilita'.
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          43  Tra i primi studi dedicati all'accessibilita' urbana di
          un  centro storico, con particolare attenzione alle persone
          con  mobilita' ridotta, va citato il Progetto pilota per il
          centro  storico di Roma, presentato dalla Societa' Infrasud
          Progetti  nel  1991 e coordinato da Fabrizio Vescovo. (Cfr.
          F. Vescovo, Progetto pilota per l'accessibilita' nel centro
          storico   di   Roma,   in   "Paesaggio   urbano",  n.  3-4,
          maggio-agosto 1992, pp. 105-113).
          44  Cfr.  Ministero dei Lavori Pubblici, Direttive inerenti
          le facilitazioni per la circolazione e la sosta dei veicoli
          al  servizio  delle persone invalide, Roma 1985. Per questo
          specifico aspetto si veda la fig. 26 a pagina 25.
          45  Per appoggi ischiatici si intendono quei "dispositivi o
          attrezzature,  di varia foggia e dimensione, che consentono
          alla  persona  di  appoggiare  il bacino (ischio) assumendo
          posizione  semiseduta e di scaricare, in parte, il peso del
          corpo,  ottenendo  un  notevole  beneficio in condizioni di
          stanchezza  o  di affaticamento" (Ministero dell'Ambiente e
          della  Tutela  del  Territorio, Linee guida per gli enti di
          gestione  dei Parchi nazionali italiani, Roma 2003, p. 46).
          Per   le   caratteristiche   ergonomiche   di  un  appoggio
          ischiatico si rimanda alle Norme UNI 11168-1, febbraio 2006
          , punto 6.4, pp. 10-11.
          46  Per  elettroscooter  si  intende  un  "mezzo  elettrico
          monoposto,  a  3 o 4 ruote, di dimensioni analoghe a quelle
          di  una  sedia a ruote, ma strutturalmente ed esteticamente
          diverso da questa, con velocita' compatibile con quella del
          pedone.  E' adatto a diminuire l'affaticamento alle persone
          con   problemi   di   deambulazione,  rispetto  alle  quali
          costituisce   un   determinante   ausilio  tecnico  per  il
          superamento  delle  distanze  in  piano  e  non" (Ministero
          dell'Ambiente  e  della  Tutela del Territorio, Linee guida
          per  gli  enti  di  gestione dei Parchi nazionali italiani,
          Roma 2003, p. 47).

  2.3.3 Superamento dei dislivelli
  E'  indubbio  che  il  tema dei dislivelli rappresenta uno dei nodi
principali nell'ambito del superamento delle barriere architettoniche
nei  luoghi di interesse culturale. A ben vedere infatti, il problema
dell'accessibilita'  del  costruito storico - articolato quasi sempre
su  complessi sistemi di scale e rampe - si concentra prevalentemente
sul  tema  dei collegamenti verticali, riconosciuto da tempo come uno
dei  nodi  cruciali  dell'intero  progetto di restauro, che coinvolge
scelte  di  natura  metodologica legate anche ai diversi orientamenti
teorici della disciplina.
  In  questo  campo,  infatti,  il costruito storico presenta diverse
forme  di  barriere  architettoniche da superare, a partire da veri e
propri  ostacoli  fisici,  come dislivelli, scale, rampe con pendenze
inadeguate, fino a situazioni fonti di pericolo o affaticamento, come
assenza  di  idonee  protezioni  per  il rischio di caduta dall'alto,
assenza  di  corrimani  e  pianerottoli di riposo su scale esistenti,
dimensioni   inadeguate  di  queste  ultime.  Gran  parte  di  queste
barriere, inoltre, e' strettamente connaturata con l'edificio oggetto
di intervento, al punto da costituire spesso non soltanto buona parte
della  sua  identita'  architettonica,  ma  anche  della  sua  stessa
consistenza  materica  e  delle sue qualita' formali, in altre parole
degli  stessi  valori  che  il  progetto  di  restauro si prefigge di
tutelare.
  Considerando  le diverse soluzioni possibili, anche alla luce delle
piu'  recenti  proposte  provenienti  dallo  specifico  settore degli
apparecchi elevatori, e' possibile individuare essenzialmente quattro
diversi  sistemi di superamento di dislivelli: la rampa, l'ascensore,
la  piattaforma elevatrice ed il servoscala. Si tratta di alternative
che  tuttavia  risultano raramente confrontabili; tutti i dispositivi
citati presentano infatti inconvenienti e limitazioni che ne riducono
l'impiego soltanto ad alcuni casi specifici.
  Spesso,  dunque,  e'  opportuno  immaginare  soluzioni articolate e
complesse,  che  siano  in grado di costituire "sistema", utilizzando
cioe'  un  insieme di dispositivi al fine di raggiungere il risultato
da  perseguire;  un  esempio,  in  tal  senso,  e'  costituito  dagli
interventi recentemente effettuati nell'area archeologica dei Mercati
Traianei  a  Roma.  Come  gia'  richiamato  nel  capitolo precedente,
inoltre,  nei  confronti  dei  luoghi di interesse culturale emerge -
piu' che in qualunque altro ambito - l'opportunita' di ricorrere alle
soluzioni  alternative  citate  al paragrafo 2.2, immaginando sistemi
che  coniughino  in  modo  sapiente  e  tecnologicamente  avanzato  i
dispositivi  prima elencati. Un esempio illuminante, in tal senso, e'
costituito dal celebre ascensore realizzato da I. M. Pei all'ingresso
del   Museo   del   Louvre  a  Parigi,  all'interno  della  Pyramide.
Strettamente  integrato  con  la  scala  elicoidale  che  costituisce
l'accesso principale al museo, il dispositivo citato fonde insieme il
meccanismo   di   un   ascensore  oleodinamico  con  alcuni  elementi
caratteristici  di  una piattaforma elevatrice, tra cui l'assenza del
vano corsa e la cabina scoperta.
  Al  fine  di semplificare la lettura del documento, i criteri guida
per  la progettazione e le gestione sono articolati nei paragrafi che
seguono  secondo  i  quattro  dispositivi  prima  citati, aggiungendo
specifiche  considerazioni  sull'adeguamento  di  scale  e  cordonate
esistenti e riferimenti al superamento dei dislivelli a scala urbana,
con  cenni  a  dispositivi come scale mobili, funicolari ed ascensori
inclinati.
  Rampe
  Una  rampa  progettata  con  accuratezza  sia  nella  forma che nei
materiali  e  ben  integrata  sul  piano architettonico con lo spazio
circostante, costituisce un percorso inclusivo valido per tutti e non
una  corsia riservata alle persone con disabilita'. La rampa consente
dunque  di  evitare  ogni  forma  di  discriminazione  verso l'utenza
disabile,  definendo  un  percorso pienamente accessibile a tutti, ma
puo' essere adottata soltanto nei confronti di dislivelli modesti, in
ragione  del  forte sviluppo longitudinale richiesto. Benche' infatti
la normativa consenta una lieve deroga rispetto alla pendenza massima
dell'8%  nel  caso di adeguamento di edifici esistenti, ammettendo di
arrivare  fino  al 12% per sviluppi lineari compresi entro i 3 metri,
va considerato che di norma occorrono almeno 10 metri per superare 80
centimetri  di  dislivello (47). La stessa pendenza dell'8%, inoltre,
e'  da  ritenersi  gia' piuttosto ripida, rivelandosi particolarmente
pericolosa  in  fase  di  discesa,  tanto da indurre diversi autori a
suggerire il 5-6% per una rampa confortevole.
  Oltre  una  certa  lunghezza,  il  sistema  della rampa finisce per
generare  affaticamento,  tanto  che  la  stessa  normativa impone un
riposo almeno ogni 10 metri di sviluppo lineare e limita l'estensione
della  rampa  ad  un  massimo di 3,20 metri di dislivello complessivo
(48),  parametri  da  considerarsi  comunque  gia' troppo ampi per un
confortevole  impiego  della  rampa.  Va  precisato, inoltre, che una
lunga rampa risulta difficilmente praticabile da parte di persone con
particolari  disabilita' motorie che non utilizzano la sedia a ruote,
nonche'   da   tutti   coloro   che   vanno  incontro  ad  un  facile
affaticamento,  come anziani, cardiopatici, incidentati o persone che
trasportano  oggetti  pesanti.  Per  gran  parte  di  questi  utenti,
infatti, si rivela spesso piu' agevole l'utilizzo di una breve scala,
che  comporta  un  tratto  minore  da percorrere (49). Ne consegue la
raccomandazione  di  limitare  la rampa a dislivelli contenuti (entro
1,5   metri),   affiancando,   quando  possibile,  anche  una  scala,
soprattutto  quando  lo  sviluppo  longitudinale  della rampa e' piu'
esteso.
  Nella  generalita'  dei  casi,  la  rampa  non  richiede  specifici
accorgimenti  per il suo utilizzo da parte di persone con disabilita'
sensoriali.   E'   necessario  tuttavia  ribadire  in  ogni  caso  la
fondamentale  necessita'  del corrimano, al quale deve accompagnarsi,
quando non e' previsto un parapetto pieno per la difesa dal vuoto, la
presenza  di un cordolo di almeno 10 cm di altezza, atto ad arrestare
l'eventuale sbandamento della sedia a ruote.
  Piu'  specifiche  riflessioni vanno rivolte all'impatto della rampa
nei  confronti  delle  antiche  strutture  e al rapporto tra la rampa
stessa  e  un'eventuale  scala  esistente,  tema piuttosto ricorrente
all'ingresso  degli  edifici  storici ed ancor piu' nell'accesso alle
chiese.   Dal  punto  di  vista  strettamente  percettivo,  l'entita'
dell'impatto  appare  influenzata, piu' che dalla rampa in se', dalle
scelte   progettuali   relative  al  parapetto,  dove  e'  necessario
coniugare  le  esigenze  di  sicurezza  richieste dalla normativa con
quelle   della   tutela  (50).  Piu'  in  generale,  analizzando  gli
interventi  condotti  negli ultimi anni, e' possibile individuare due
orientamenti  opposti,  l'uno teso a massimizzare la reversibilita' e
l'autonomia  della  nuova  struttura  dalla  fabbrica  preesistente e
l'altro  volto  ad  integrare  o  mimetizzare  la rampa nella scala o
cordonata  esistente.  Nel  primo  caso,  a  fronte  di  un oggettivo
rispetto  per  la  materia  del  bene  oggetto  di tutela, il rischio
frequente  e' quello di conseguire un impatto fortemente lesivo della
realta'  figurale  delle  strutture originarie, soprattutto quando lo
sviluppo  lineare della rampa e' particolarmente esteso (vedi il caso
del Duomo di Napoli). Nel secondo, un limitato intervento integrativo
delle  antiche  strutture,  finalizzato  ad  accostare  alla  scala o
cordonata  esistente  la  nuova  rampa,  realizzandola  con materiali
analoghi  o  compatibili  con  quelli  originari,  sembra produrre un
risultato  particolarmente  felice (vedi il complesso di San Benito a
Valladolid,  Spagna).  In ogni caso, quando il dislivello da superare
e'  particolarmente  forte  e  l'aggiunta  di  una  rampa di notevole
sviluppo   longitudinale  appare  chiaramente  lesiva  dell'identita'
architettonica   dell'edificio,   e'   opportuno  valutare  tutte  le
possibili   alternative   ad  un  accesso  dall'ingresso  principale,
ancorche' meno inclusive nei confronti delle persone con disabilita'.
In   proposito,   alcuni   suggerimenti  progettuali  applicati  allo
specifico   caso   della   realizzazione   di   rampe  per  garantire
l'accessibilita'  di  chiese,  sono  stati  proposti in occasione del
concorso   Chiese   senza   barriere,   promosso   dalla  Diocesi  di
Caltanissetta nel 2007 (51).
  Ascensori
  Anche   l'ascensore,  come  la  rampa,  consente  quasi  sempre  di
concentrare  in  un  solo  dispositivo  il  problema del collegamento
verticale,  rivolgendosi  all'intera  utenza  di  un edificio o di un
sito.  Esso,  inoltre,  costituisce  il  sistema  migliore per un uso
realmente autonomo da parte della persona con disabilita'.
  Oggetto  di  notevole attenzione progettuale negli ultimi decenni e
disciplinato   ormai   da  una  normativa  tecnica  unica  a  livello
comunitario  (52),  l'impianto  di  ascensore costituisce tuttavia il
terreno di confronto piu' acceso tra posizioni opposte, che vedono la
sua  localizzazione  ora  come  un  grave  elemento  di  disturbo, da
nascondere  con  tutti gli espedienti possibili, ora come una feconda
occasione  di  confronto  tra  antico e nuovo. E' frequente, infatti,
rilevare   nella  prassi  comune  una  sensibile  preferenza  per  le
soluzioni mimetiche, anche a prezzo di sottrazioni di materia antica,
come  demolizioni  parziali  o totali di volte e solai, con frequenti
ricadute  di  ordine  strutturale  (53).  Per  converso, in anni piu'
recenti,  si  va  diffondendo  soprattutto al di fuori dell'Italia il
ricorso  ad  ascensori posti all'esterno delle fabbriche, fondati sul
tema  dell'aggiunta  e del rapporto antico/nuovo. Ne e' un esempio il
caso,  per  certi  versi estremo, del Centro culturale Reina Sofia di
Madrid, dove in occasione degli interventi di restauro effettuati nei
primi  anni  Novanta,  il  tema  dei  collegamenti verticali e' stato
affrontato realizzando due grandi torri-ascensore in cristallo, poste
su  una  delle  facciate  dell'edificio.  Trasformando  l'impianto di
elevazione  in  un vero e proprio oggetto architettonico, il progetto
ha conseguito un impatto visivo certamente non trascurabile, operando
tuttavia    su    un    prospetto   secondario   dell'edificio,   non
particolarmente pregevole sul piano architettonico.
  Cio' conferma, come gia' accennato, che il tema del superamento dei
dislivelli  costituisce  spesso un nodo cruciale dell'intero progetto
di   restauro,  coinvolgendo  scelte  di  carattere  metodologico  ed
operativo  da  affrontare nella loro complessita' (54). In proposito,
si  puo'  ancora  citare il caso di palazzo Poli a Roma, recentemente
ricordato  da Giovanni Carbonara, dove il "il cantiere di adeguamento
ha  previsto  di  reinserire  nel  percorso  di  visita  due  moderni
ascensori,  completamente  trasparenti",  la  cui  struttura portante
"contribuisce  anche  a  risolvere  un difficile problema di messa in
sicurezza strutturale dell'antica scala adiacente" (55).
  Tornando  al problema della localizzazione, va comunque evidenziato
come  la  gamma  degli  ascensori  in  commercio  si sia notevolmente
ampliata  negli  ultimi  anni,  comprendendo  - oltre ai tradizionali
sistemi  a fune e a pistone - anche piu' innovativi impianti privi di
locale  macchine  e  con  ridotta  profondita' della fossa e del vano
extracorsa.   Si  tratta  di  soluzioni  che  riducono  ulteriormente
l'impatto  della  componente  impiantistica dell'ascensore, superando
anche  alcune  limitazioni dei sistemi idraulici, come la presenza di
una  forte  spinta  indotta  dal  pistone  sul  terreno (56). Restano
tuttavia   le   difficolta'  di  inserire  un  impianto  in  contesti
fortemente  stratificati,  come  quelli  degli  edifici  compresi nei
centri  storici,  dove  la possibilita' di collocare il vano corsa in
esterno  e'  limitata  ai  cortili  o  agli  eventuali vuoti presenti
all'interno  del  corpo scala, con rischi di notevoli alterazioni dei
valori spaziali delle fabbriche.
  Un   cenno   va  infine  rivolto  agli  aspetti  dimensionali,  che
costituiscono  senza dubbio un limite significativo all'impiego degli
ascensori,  soprattutto  in  riferimento alla necessita' di prevedere
una  fossa  ed  un consistente vano extracorsa. Per le dimensioni del
vano  corsa e della cabina la normativa prevede una deroga in caso di
edifici  preesistenti,  consentendo  -  in  caso di impossibilita' di
installare impianti di dimensioni superiori - una misura minima della
cabina  pari  a  1,20 m di profondita' e 0,80 di larghezza, con porta
installata  sul  lato  corto  (57).  Va  comunque sottolineato che si
tratta  di  una  soluzione  estrema, che rende piuttosto difficoltoso
l'ingresso  e  l'uscita della persona disabile su sedia a ruote dalla
cabina.  Ove  possibile,  vanno preferite soluzioni che prevedano una
parete  trasparente  del  vano  corsa, o almeno una parte di essa, al
fine di diminuire la sensazione di claustrofobia. Per quanto riguarda
lo  spazio  di  sbarco  ad  ogni  piano, infine, per il quale il D.M.
236/89  indica un'area minima di 140x140 cm in caso di adeguamento di
edifici  esistenti, si rammenta comunque la possibilita' di ricorrere
a  soluzioni alternative, fondate sul rispetto degli spazi di manovra
della  persona  su  sedia  a ruote definiti dalla stessa normativa al
punto 8.0.2.
  Diversamente  dalla rampa, l'ascensore richiede idonei accorgimenti
per  la  riconoscibilita'  da  parte  delle  persone  con disabilita'
visive,  ed  ulteriori  dispositivi  per  consentirne l'uso sicuro da
parte  di  persone  con  disabilita'  uditive. L'individuazione degli
ascensori  puo'  essere  favorita  semplicemente  con  un trattamento
diverso  della  pavimentazione nello spazio antistante il vano corsa,
con  materiali  riconoscibili sia dal punto di vista tattilo-plantare
(corsie  di  tappeto, stuoini incassati, materiali gommosi, materiali
trattati   con  diverse  texture  o  bocciardatura,  purche'  non  in
contrasto  con  le  esigenze  dei disabili su sedia a ruote), sia dal
punto  di  vista  percettivo  (accostamento  di  materiali ad elevato
contrasto   di   luminanza).   Anche   l'utilizzo   di  una  sapiente
illuminazione o di particolari materiali o colori di rivestimento del
manufatto   puo'  agevolare  le  persone  ipovedenti  ad  individuare
l'impianto   di   elevazione.  All'interno  e  all'esterno  del  vano
ascensore  le  pulsantiere di chiamata e movimentazione devono essere
rintracciabili con il tatto, presentare scritte in braille con numeri
dei  piani a rilievo e scritti con un carattere chiaro e leggibile al
tatto.  In  ogni  caso  i  numeri  dei  piani  dovranno  essere molto
contrastati   rispetto   allo   sfondo   del  tasto,  anche  mediante
retro-illuminazione  dello stesso (58). Le pulsantiere devono inoltre
essere  poste  ad  un'altezza adeguata alle esigenze delle persone su
sedia  a ruote, possibilmente in orizzontale per consentire l'agevole
raggiungimento  di  tutti  i  pulsanti,  ma  tale  da  consentirne la
leggibilita'  da  parte  delle  persone  anziane e di chiunque. Anche
l'illuminazione  interna  della  cabina  dovra' agevolare l'uso della
pulsantiera  e  la  fruizione  di  tutte  le informazioni di servizio
presenti  da  parte  di chi ha ridotta capacita' visiva. Sono inoltre
necessari  gli  annunci vocali di arrivo al piano. Per le persone con
disabilita'  uditive,  infine,  e'  opportuna  l'installazione di una
telecamera  a  circuito  chiuso o di un impianto di videocitofono, in
luogo   del   semplice   citofono   previsto   dalla  normativa,  con
segnalazione di chiamata ricevuta tramite display; dovrebbero inoltre
essere  presenti segnali luminosi relativi a tutte le informazioni di
funzionamento.
  Piattaforme elevatrici
  Tra  le altre soluzioni indicate per i collegamenti verticali vi e'
poi  la piattaforma elevatrice, che puo' essere installata in maniera
molto efficace in presenza di dislivelli modesti, garantendo vantaggi
analoghi all'ascensore in termini di fruibilita', con un impatto meno
invasivo  nei  confronti  delle  antiche  strutture. In tutti i casi,
infatti,  la  piattaforma elevatrice richiede una fossa di dimensioni
pari  a pochi centimetri, mentre per lo sviluppo del vano extracorsa,
sempre  piu'  contenuto  di  quello richiesto dall'ascensore, occorre
distinguere tra gli impianti a pantografo, dotati di cabina aperta ed
idonei  a  superare  dislivelli  piu'  contenuti, e quelli a pistone,
dotati  di  cabina  ed  in  grado  di  coprire  anche  10-12 metri di
dislivello (59). Rispetto all'ascensore, la piattaforma elevatrice e'
caratterizzata  da  una minore velocita' di esercizio e richiede, per
esigenze   di   sicurezza,  la  pressione  costante  del  comando  di
azionamento  da  parte  dell'utente  per tutta la durata della corsa.
Tale dispositivo puo' dunque risolvere il problema del superamento di
dislivelli di media entita', come quelli presenti agli ingressi degli
edifici  ed e' particolarmente indicato in presenza di rampe di scale
isolate,  alle  quali  puo' essere opportunamente accostato, come nel
caso  della  piattaforma  che  consente l'accesso al British Museum a
Londra (60).
  Un  breve  cenno,  infine,  va  rivolto agli ascensori di cantiere,
idonei  a risolvere il superamento di dislivelli anche consistenti in
occasione di manifestazioni culturali a carattere temporaneo (61).
  Per   gli   accorgimenti  relativi  alle  persone  con  disabilita'
sensoriali  valgono  tutte  le  considerazioni  gia'  svolte  per gli
ascensori, avendo cura di garantire la chiarezza delle istruzioni per
il funzionamento dell'impianto.
  Servoscala e montascale
  Resta da accennare al caso del servoscala, soluzione verso la quale
sembra  paradossalmente  orientare  la  stessa  normativa  vigente in
riferimento agli edifici vincolati dalle leggi di tutela, nel caso in
cui  l'intervento  di  adeguamento  possa  arrecare  pregiudizio  nei
confronti  dei valori "storici ed estetici" del bene (62). Se si puo'
convenire  sulla  parziale  reversibilita' di un simile dispositivo e
sulla   sua  minore  incidenza  nei  confronti  della  materia  della
fabbrica,   non   si   possono   disconoscere   i  numerosi  e  gravi
inconvenienti legati a questo tipo di impianto, come il forte disagio
psicologico  indotto  nei  confronti  dell'utente,  la difficolta' di
gestione  dell'apparecchio  (spesso inutilizzato per lunghi periodi),
il  suo  carattere  di  soluzione  "posticcia",  la  riduzione  della
larghezza  utile  della  scala  preesistente  (condizione di parziale
rischio  per gli utenti che la percorrono, particolarmente accentuata
in  condizioni  di  emergenza)  e  soprattutto  il  suo forte impatto
percettivo,  che  finisce  quasi  sempre  per  alterare gli spazi che
l'impianto  viene  ad  occupare  (63). Si sconsiglia quindi vivamente
l'applicazione di servoscala, da considerare come ipotesi estrema, da
impiegare  esclusivamente  nei casi in cui non sia praticabile alcuna
altra  soluzione.  Incompatibili con le istanze della tutela appaiono
poi  i  cosiddetti  montascale, costituiti da meccanismi d'ausilio da
applicare  al  di  sotto  della  sedia  a  ruote,  dotati di elementi
cingolati  o  ruote  in grado di percorrere i gradini, cui potrebbero
facilmente  arrecare  evidenti  danni. Le stesse apparecchiature, del
resto,  presentano  forti  limiti  per l'impossibilita' di un impiego
autonomo  da  parte  delle  persone  con disabilita' e per i notevoli
problemi di sicurezza connessi col loro uso (64).
  Adeguamento e miglioramento di scale, cordonate e rampe esistenti
  Particolarmente   diffusa,  tanto  negli  edifici  che  nei  centri
storici, ma anche nelle aree archeologiche e nei giardini storici, e'
la  presenza  di  scale,  cordonate,  rampe,  le  cui caratteristiche
geometriche    e   dimensionali   consentono,   attraverso   misurati
interventi,  di  renderle utilizzabili almeno da parte di persone con
disabilita'  visive  o  con  parziali  deficit  motori.  E' indubbio,
infatti,  che  una  scala storica costituira' sempre una barriera nei
confronti    della   persona   su   sedia   a   ruote,   costringendo
all'individuazione  di un percorso alternativo e dunque ad una seppur
limitata discriminazione della persona con disabilita'. Pur superando
la  "barriera"  attraverso altri dispositivi, infatti, la persona con
disabilita'  finira'  comunque  per  non fruire pienamente dei valori
architettonici  che  compongono  l'identita' di un edificio o un sito
(si  pensi  a  tante scale monumentali la cui spazialita' costituisce
una  buona  parte  del  pregio  di  una fabbrica). Allo stesso tempo,
tuttavia, limitati accorgimenti atti a risolvere alcuni inconvenienti
propri  di  tali  strutture  (come  gli  anomali rapporti di pedata e
alzata,  l'assenza di corrimani e protezioni per la caduta dall'alto,
la  difficile  o  impossibile  riconoscibilita'  delle  rampe  per le
persone  con disabilita' visive), possono migliorarne notevolmente la
fruibilita' per ampie categorie di utenti.
  Una prima valutazione, in tal senso, concerne i rapporti geometrici
e  dimensionali  di  scale, rampe e cordonate esistenti. Considerando
che  le  persone con limitata capacita' motoria riescono a percorrere
brevi  tratti  di  scale  se  caratterizzati  da pendenza adeguata ed
alzate  contenute,  si  puo'  desumere che numerosi elementi presenti
nell'architettura    storica,   considerati   tradizionalmente   come
ostacoli,  possono costituire un percorso parzialmente superabile per
alcune  forme  di  disabilita'.  Uno dei principali inconvenienti, in
questi  casi,  e'  l'assenza  di  corrimani,  essenziali  invece  per
consentire la fruizione di tali limitati tratti di scale, cordonate o
rampe  da parte di chiunque, la cui integrazione costituisce in molti
casi un intervento semplice e poco invasivo.
  Analogamente,    un    problema    ricorrente   e'   l'assenza   di
riconoscibilita'  delle  scale  esistenti  da parte delle persone con
disabilita'   visive,   considerando   che  di  norma  le  scale  non
costituiscono  una barriera per i non vedenti, purche' siano presenti
accorgimenti  idonei  per la loro individuazione. Tra questi, occorre
ricordare  la  necessita'  di  segnalare  con un indicatore tattile a
terra   tanto  la  partenza  che  l'arrivo  di  ciascuna  rampa,  con
particolare  riguardo  all'arrivo  (parte  alta),  data  la  maggiore
pericolosita'  di tale posizione. Anche un'accurata progettazione del
corrimano puo' agevolare notevolmente il percorso di una scala per un
non  vedente.  Estremamente  utile,  a  questo  scopo, e' la corretta
inclinazione  dei  30  cm  di  corrimano  che,  secondo  la normativa
vigente,  devono  precedere e seguire l'inizio e la fine delle rampe:
tali  segmenti  devono  cessare  di  essere  paralleli  alla  rampa e
divenire  orizzontali  in  corrispondenza  del  riposo  o  del  piano
raggiunto,  avvisando  quindi il non vedente dell'inizio e della fine
delle scale. In presenza di brevi pianerottoli, inoltre, e' opportuno
che   il  corrimano  prosegua  in  orizzontale  fino  all'inizio  del
successivo  tratto di scale, in modo che il non vedente mantenga viva
la  sua  attenzione  comprendendo  che la scalinata non e' terminata.
Ulteriori  indicazioni,  particolarmente  utili  in caso di corrimano
esistenti,  possono  essere  fornite  attraverso segnali tattili come
numeri a rilievo, "tacchette" o scanalature poste su alcuni tratti di
corrimano,  consentendo  di  informare  il  non  vedente sul piano di
arrivo.
  Piu' in generale, va posta particolare attenzione alla leggibilita'
delle scale, cioe' alla percezione della loro struttura, sia nel caso
di  scale  interne  agli  edifici  che  nel caso di quelle esterne. I
problemi  di  lettura  dell'andamento  di  una  scala  o di qualsiasi
dislivello  sono  maggiori  in  discesa,  dato che in salita l'occhio
riceve  molte  piu'  informazioni  visive dall'alternarsi di alzate e
pedate,  quindi  da  piani  distinti  che  riflettono la luce in modo
diverso.  In  discesa,  invece,  l'assenza  di  un  marca-gradino ben
discriminabile  e  contrastato rispetto al resto della pedata crea un
effetto  di  "piano  continuo",  che  puo'  indurre  in chi vede poco
sensazioni  di  autentico  panico, o, nel migliore dei casi, un forte
disagio  e  una  insicurezza  nella deambulazione (65). E' necessario
dunque  prevedere un marca-gradino in prossimita' della parte esterna
della  pedata,  con  profondita'  adeguata  (5-7  cm), realizzato con
materiali  antisdrucciolo  e  ad  elevato contrasto di luminanza. Nei
confronti di scale storiche, tuttavia, caratterizzate quasi sempre da
gradini  lapidei, l'apposizione di tale marca-gradino deve rispettare
la  compatibilita'  con  il  materiale  originario  e  garantirne  la
reversibilita'.
  Una   specifica   osservazione  va  infine  rivolta  alle  numerose
cordonate  esistenti,  diffuse  tanto  negli  edifici antichi che nei
centri  storici,  caratterizzate  da  una  pedata molto profonda e da
un'alzata  di  dimensioni  modeste.  Anche in questi casi, un'attenta
valutazione   delle   caratteristiche   geometriche  delle  strutture
esistenti puo' trasformare un apparente ostacolo in una soluzione che
consente  almeno  una  parziale fruibilita', nel caso sia impossibile
conseguire la piena accessibilita' con altri mezzi. Se i gradini sono
caratterizzati  da  un'alzata  contenuta  entro  gli 8 cm, ed il loro
profilo   presenta  un  raccordo  con  toro  smussato,  la  cordonata
esistente  puo'  infatti assimilarsi ad una soluzione definibile come
"rampa  con  gradino  agevolato".  Tale soluzione risulta accessibile
alle persone su sedia a ruote, purche' in presenza di accompagnatore,
o  se dotate di carrozzina elettrica, come dimostrano numerosi esempi
di  tali  strutture  espressamente realizzate a Venezia e a Burano in
adiacenza  ai  ponti,  nell'impossibilita'  di  disporre dello spazio
necessario per una rampa.
  Superamento dei dislivelli a scala urbana o paesaggistica
  Spostando  l'attenzione  dal  singolo  edificio alla scala urbana o
paesaggistica,  la questione del superamento dei dislivelli si rivela
progressivamente piu' complessa, ma non per questo priva di soluzioni
praticabili,  da  fondare,  ancor  piu'  che  nel  caso  del  singolo
edificio,  su  un  "sistema"  integrato  di  dispositivi. Confermando
dunque   tutte   le  raccomandazioni  gia'  espresse  nei  precedenti
paragrafi,  e' opportuno soffermarsi su alcune particolari condizioni
che  si  presentano  nel  superamento  dei dislivelli a scala urbana,
spesso  di entita' piu' modesta ma enormemente diffusi nell'ambito di
un centro storico o di un sito di interesse paesaggistico.
  A  partire  dalle  rampe,  il cui impiego consente di superare gran
parte dei dislivelli contenuti entro il metro che caratterizzano tali
ambiti, si puo' accennare al sistema "stramp". Tale struttura, spesso
impiegata oggi nei paesi anglosassoni - ma presente persino in alcune
antiche  soluzioni  urbane  di  centri  storici  italiani  - consiste
nell'intersecare  trasversalmente  una scala con una rampa, ottenendo
un'integrazione  dei  due  sistemi.  Se  lo  "stramp"  produce spesso
risultati  formali  piacevoli,  coniugando  l'uso  della scala con la
rampa,  vanno  segnalati  i  rischi  che  esso  puo'  presentare  nei
confronti  dei  non  vedenti  e  degli ipovedenti, a meno di adeguate
informazioni tattili e di contrasto cromatico (66). In questo tipo di
strutture,  inoltre, la rampa risulta quasi sempre priva del relativo
parapetto-corrimano,   elemento   fondamentale  per  la  sicurezza  e
l'utilizzo del percorso su rampa da parte di chiunque.
  Per  quanto riguarda gli ascensori, invece, oltre ai sistemi e alle
raccomandazioni  gia'  citate,  si  possono  menzionare  i cosiddetti
impianti  inclinati,  idonei  ad  essere  affiancati  a  lunghe scale
esistenti,  o  ad  attraversare  percorsi accidentati anche naturali,
come  nel  caso  dell'ascensore  urbano  di  Todi,  che  consente  di
raggiungere  il  centro  storico  dal parcheggio situato piu' a valle
attraversando un'area verde parzialmente boschiva.
  Piu'  in  generale,  occorre  ribadire  che  nel  superamento delle
barriere  architettoniche  a scala urbana o paesaggistica e' piu' che
mai  necessario  immaginare un sistema integrato di dispositivi, come
mostrano i felici esempi di numerosi centri collinari dell'Umbria o i
borghi  di  altre  regioni  italiane.  Questi  ultimi sono stati resi
accessibili  attraverso  un'articolata  combinazione  di  sistemi  di
risalita   meccanizzata   (come   ascensori  verticali  o  inclinati,
funicolari,  ecc.),  collocati a valle dell'abitato in corrispondenza
di  idonee aree di parcheggio, con sistemi di trasporto alternativo a
monte,  costituiti da minibus accessibili o da servizi di noleggio di
elettro-scooters (67).
  Brevi  cenni  infine,  vanno  rivolti a dispositivi molto diffusi a
scala urbana, come le scale mobili e i tapis-roulants, il cui impiego
presenta  tuttavia  molti  limiti:  le scale mobili risultano infatti
inaccessibili  e  pericolose  per  un  gran  numero  di  persone  con
disabilita'  motoria, analogamente ai tapis-roulant, accessibili solo
parzialmente  da  parte  di persone con sedia a ruote, quando la loro
pendenza e' contenuta. In entrambi i casi, quindi, quando questo tipo
di   impianti  e'  gia'  presente,  e'  opportuno  affiancarvi  altri
dispositivi idonei a garantire l'accessibilita'.
  I   sistemi   meccanizzati   appena  esposti,  naturalmente,  vanno
attentamente vagliati in rapporto alla compatibilita' con i luoghi di
interesse  culturale,  tenendo  bene  in  conto il loro forte impatto
visivo,  strutturale  e materico, che ne limita sicuramente l'impiego
in contesti molto stratificati.
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          47  L'articolo  8.1.11 del D.M. 236/89 prevede una pendenza
          massima   delle   rampe   pari  all'8%,  salvo  i  casi  di
          adeguamento   di   edifici  esistenti,  dove  sono  ammesse
          pendenze   superiori   rapportate   allo  sviluppo  lineare
          effettivo  della  rampa,  espresse  attraverso  un  grafico
          allegato  alla  norma. Ulteriori prescrizioni riguardano la
          larghezza  minima  della  rampa,  pari  ad almeno 90 cm, la
          presenza di un riposo di dimensioni minime pari a 1,50x1,50
          m  ogni  10 metri di sviluppo lineare e la necessita' di un
          cordolo  di  10  cm  di  altezza in assenza di un parapetto
          pieno.
          48   Art.   8  del  D.M.  236/89:  "Non  viene  considerato
          accessibile  il  superamento  di  un dislivello superiore a
          3,20  m  ottenuto  esclusivamente  mediante rampe inclinate
          poste in successione".
          49  A. Arenghi, Il progetto delle unita' ambientali, in Id.
          (a  cura  di),  Design  for  all. Progettare senza barriere
          architettoniche, Utet, Torino 2007, pp. 40-41.
          50  Il D.M. 236/89 prescrive specifiche caratteristiche per
          il  parapetto  in riferimento alle scale: "Il parapetto che
          costituisce  la  difesa  verso  il vuoto deve avere altezza
          minima di 1,00 m ed essere inattraversabile da una sfera di
          diametro   di  cm  10"  (art.  8.1.10).  La  stessa  norma,
          tuttavia,   indica  all'articolo  4.1.11  che  "valgono  in
          generale  per  le  rampe  accorgimenti  analoghi  a  quelli
          definiti per le scale".
          51 In occasione del concorso Chiese senza barriere promosso
          dalla  Diocesi di Caltanissetta, concluso il 20 aprile 2007
          con  lo  svolgimento  di  una  giornata  di studio e di una
          mostra,  Fabrizio  Vescovo  ha  proposto i seguenti criteri
          come    elementi    da    valutarsi   negativamente   nella
          realizzazione  di  una  rampa:  "1.  Il  rapporto  pendenza
          forte/impatto  rampa:  ove  lo spazio lo consente si devono
          preferire   rampe   con  pendenze  inferiori  alla  massima
          dell'8%. Questa, infatti, e' quasi sempre superabile con la
          presenza    di    un   accompagnatore,   quindi   allontana
          dall'obiettivo  dell'autonomia. Per le rampe all'esterno e'
          importante  anche  verificare il grado di sdrucciolevolezza
          dei  materiali  previsti.  2.  La  riduzione eccessiva o la
          totale  eliminazione  delle  scale  esistenti:  e' comunque
          opportuna  la  possibile  opzione  di  scale  o  rampa  per
          superare  un  dislivello,  in  quanto  le persone che hanno
          mobilita'  ridotta  con  difficolta' nell'articolazione dei
          piedi,  preferiscono  utilizzare  le  scale, con l'aiuto di
          validi corrimano, in luogo della rampa. 3. La previsione di
          rampe  o  parti  di  esse  con  andamento  curvilineo: tali
          elementi   risultano   di   realizzazione  complessa  e  di
          superficie    non    complanare    quindi    insicura   per
          l'utilizzatore   su  sedia  a  ruote.  4.  La  mancanza  di
          protezioni  e  di  cordoli,  nonche' di corrimano laterali:
          questo  aspetto e' essenziale nei confronti della sicurezza
          e del controllo delle fonti di pericolo. 5. La creazione di
          spazi  di  risulta  tra rampa e spazi preesistenti: sono di
          difficile  pulizia periodica e manutenzione. 6. L'eccessiva
          "monumentalita'"   del  manufatto:  spesso  si  riscontrano
          soluzioni  con  formalismi gratuiti criticabili allo stesso
          modo  di quelle eccessivamente "tecniche" e schematiche. 6.
          L'eccessivo  contrasto  formale  e/o  di  materiali  con le
          strutture    preesistenti    senza    alcuna    motivazione
          convincente".
          52  A  partire  dal  1°  luglio  1999  tutti  gli ascensori
          costruiti   nei   singoli   paesi  europei  devono  infatti
          ottemperare  ai  requisiti  minimi definiti nell'allegato I
          della Direttiva Ascensori 95/16/CE, integrati dai requisiti
          di   sicurezza  dettati  dall'allegato  I  della  Direttiva
          Macchine  (F.  Bianchi, Impianti elevatori, in G. Carbonara
          (a  cura  di),  Restauro  architettonico  e impianti, Utet,
          Torino 2001, vol. II, p. 235).
          53 E' il caso del taglio parziale di strutture voltate, che
          oltre   a   sottrarre   materia   antica   e  a  modificare
          radicalmente  la  spazialita'  originaria  degli  ambienti,
          comporta  quasi sempre la necessita' di effettuare massicci
          interventi  di  consolidamento  strutturale,  finalizzati a
          contenere  la  spinta  della parte residua della volta, che
          quindi  risulta  fortemente compromessa ed alterata nel suo
          comportamento  statico.  Cfr.  anche  A.  Bellini,  La pura
          contemplazione, cit., p. 3.
          54  Cfr. A. Bellini, La pura contemplazione, cit., p. 4; S.
          Della   Torre,  Il  progetto  di  una  conservazione  senza
          barriere, cit., pp. 19-20.
          55  G.  Carbonara, Restauro architettonico. Alcuni richiami
          di  metodo  e  due  questioni  aperte:  le  strutture,  gli
          impianti, in "Paesaggio urbano", n. 5, 2002, p. 16.
          56 A. Arenghi, Gli apparecchi elevatori. Criteri di scelta,
          nuove  proposte  e  stato della normativa, in "Tema", n. 1,
          1998, pp. 72-74.
          57 Art. 8 del D.M. 236/89.
          58   L.  Baracco,  Il  rischio  di  nuove  barriere  per  i
          cittadini, in Comune di Venezia, Questione di leggibilita'.
          Se  non  riesco a leggere non e' solo colpa dei miei occhi,
          Venezia 2008, p. 25.
          59  A.  Arenghi, Il progetto delle unita' ambientali, cit.,
          pp. 46-47.
          60  I.  Argentin,  M.  Clemente,  T.  Empler,  Eliminazione
          barriere    architettoniche.   Progettare   per   un'utenza
          ampliata, Dei, Roma 2004, p. 318.
          61  Il  ricorso  ad  elevatori  da  cantiere  per garantire
          temporaneamente  l'accessibilita'  in  presenza di notevoli
          dislivelli  e'  stato approvato dalla Commissione di Studio
          istituita  presso il Ministero dei Lavori Pubblici ai sensi
          dell'art.  12  del  D.M.  236/89  (nota  prot.  n.  32  del
          13.12.2000  pubblicata  sul  Supplemento  ordinario n. 3 al
          Bollettino Ufficiale della Regione Lazio, n. 7 del 10 marzo
          2003, pp. 58-70).
          62  L'articolo  19  del D.P.R. 503 del 1996 prevede infatti
          che  "per gli edifici soggetti al vincolo di cui all'art. 1
          della  legge  29  giugno  1939,  n. 1497 e all'art. 2 della
          legge  1° giugno 1939, n. 1089, la deroga e' consentita nel
          caso   in   cui   le  opere  di  adeguamento  costituiscono
          pregiudizio   per  valori  storici  ed  estetici  del  bene
          tutelato;  in  tal caso il soddisfacimento del requisito di
          accessibilita' e' realizzato attraverso opere provvisionali
          ovvero,   in   subordine,   con  attrezzature  d'ausilio  e
          apparecchiature   mobili   non  stabilmente  ancorate  alle
          strutture edilizie".
          63 Cfr. A. Arenghi, Gli apparecchi elevatori, cit., p. 76.
          64  Cfr.  S.  Maurizio, L'uso degli ausili per la mobilita'
          negli   edifici   pubblici   e   privati,   in  AA.VV.,  La
          progettazione  accessibile,  Franco Angeli, Milano 2004, p.
          107.
          65  L.  Baracco, Occhio al gradino!, in "Mobilita'", n. 47,
          2006, pp. 1-4.
          66  A.  Arenghi, Il progetto delle unita' ambientali, cit.,
          pp. 41-42.
          67  F. Vescovo, Sistemi di trasporto alternativo, in Id. (a
          cura    di),    Progettare   per   tutti   senza   barriere
          architettoniche,   Maggioli   editore,   Rimini  1997,  pp.
          207-212; P. Belardi, I percorsi pedonali meccanizzati, ivi,
          pp.   214-216;   F.  Vescovo,  Schema  organizzativo  della
          mobilita'  nell'ambito  dei  centri  urbani "collinari", in
          Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio Linee
          guida  per  gli  enti  di  gestione  dei  Parchi  nazionali
          italiani, Roma 2003, p. 11.

  2.3.4 Fruizione delle unita' ambientali e delle attrezzature
  Garantire  l'accessibilita'  ad un edificio significa assicurare la
piena fruizione anche delle varie unita' ambientali che lo compongono
(corridoi,  disimpegni,  ascensori,  servizi  igienici,  sale, ecc.).
Ovviamente  nel  caso  di  un  edificio esistente l'accessibilita' di
qualsiasi  spazio  puo'  risultare  nella  maggior  parte dei casi un
requisito  impossibile da raggiungere. Nel caso si ricorra al livello
qualitativo  inferiore della visitabilita', la normativa individua, a
seconda della destinazione d'uso, alcuni ambienti che devono comunque
risultare  accessibili  quali  la  zona  di  soggiorno,  pranzo  e un
servizio  igienico per le residenze, gli spazi comuni e almeno 2 ogni
40  stanze  o  frazioni  di 40 per le strutture ricettive, almeno una
zona  della  sala  per le funzioni religiose nei luoghi di culto, ecc
(68).  In  particolare  negli  edifici  e complessi architettonici di
interesse  culturale,  al  di  la'  delle  disposizioni  normative  e
compatibilmente  con  le  istanze  della  tutela, si dovrebbe fare di
tutto   per  garantire  l'accessibilita'  anche  agli  ambienti  piu'
significativi   in   quanto   fondamentale   per   la   loro   stessa
valorizzazione.
  Non  si  entrera'  in  questo  paragrafo  nel  merito  di  tutte le
possibili  situazioni  che  a  seconda  della  destinazione  d'uso si
potrebbero  presentare, rinviando all'ampia bibliografia disponibile,
si  ritiene  comunque opportuno riportare alcune considerazioni sulle
situazioni  piu'  frequenti e non affrontate in altri punti di queste
Linee Guida. In particolare:
  Ingressi
  L'ingresso  principale agli edifici storici e' il primo e spesso il
piu' gravoso ostacolo da superare a causa della presenza di scalinate
monumentali,   gradini   dilazionati  in  androni  spesso  stretti  o
porticati.  Nel  caso il numero di gradini sia minimo e vi sia spazio
sufficiente   la   soluzione   piu'   semplice  e'  costituita  dalla
realizzazione  di  una  rampa  con  sviluppo  e pendenza adeguata. In
alternativa  o nell'impossibilita' di realizzare la rampa a causa del
dislivello  eccessivo  o per mancanza di uno spazio adeguato, si puo'
ricorrere,  come  gia'  evidenziato nel paragrafo 2.3.3 a piattaforme
elevatrici,  ascensori  e,  solo  ultima ratio, ai servoscala. Da non
sottovalutare   anche   la  possibilita'  di  ricorrere  a  soluzioni
alternative  progettate ad hoc e che, se particolarmente innovative e
di  alta  qualita'  architettonica,  possono  costituire un ulteriore
elemento  di  "pregio"  dell'edificio.  Altra  soluzione, soprattutto
quando  qualsiasi  intervento  oltre  che  di difficile realizzazione
risulterebbe comunque di notevole impatto in presenza di un prospetto
di  particolare  rilievo  artistico,  puo' essere l'individuazione di
piu' ingressi, alternativi a quello principale, utilizzabili da tutti
e   non   dedicati   esclusivamente  alle  persone  con  disabilita'.
Importante,  come  gia'  evidenziato  nei  paragrafi  precedenti,  la
segnaletica  per  facilitare  l'orientamento e l'individuazione degli
ausili presenti.
  Servizi igienici
  Indipendentemente  dalla  destinazione  d'uso  e  dalle esigenze di
tutela,  in  qualsiasi  edificio  e'  essenziale  realizzare  servizi
igienici  accessibili.  La  soluzione  che  viene  di solito adottata
consiste  nel  progettare  un  unico  bagno,  ad  uso esclusivo degli
"handicappati", ultra accessoriato con maniglioni, lavabi inclinabili
e  quant'altro  previsto e non dalla normativa. Tale soluzione, oltre
che  poco  logica  e discriminante, dovrebbe essere anche considerata
non  a norma laddove le disposizioni legislative vigenti impongono la
distinzione  dei  servizi  igienici  per  sesso. Pertanto qualora sia
sufficiente  realizzare  un solo servizio igienico per ciascun sesso,
al  posto  della  scontata  soluzione a tre (uomo-donna-disabile), si
dovrebbero  realizzare  semplicemente  due  bagni  di dimensioni piu'
ampie  dello  standard,  attrezzati  anche per l'utilizzo da parte di
persone  su  sedia  a  ruote,  ma comunque fruibili da tutti e quindi
comodamente utilizzabili anche da persone obese, genitori con bambini
piccoli,  persone  con bastoni o stampelle e quant'altri che, pur non
utilizzando  una sedia a ruote, hanno comunque difficolta' a muoversi
in   spazi   molto   ristretti.  Tale  soluzione  consente  anche  di
risparmiare  in termini di spazio oltre che di costi di realizzazione
e gestione.
  Nel  caso  sia  necessario realizzare un blocco con piu' servizi e'
opportuno valutare, anche in funzione della conformazione dei luoghi,
la   possibilita'   di   realizzare  comunque  un  servizio  igienico
attrezzato  in  un  antibagno  comune  al  fine di evitare situazioni
imbarazzanti  in presenza di persone con disabilita' che si avvalgono
dell'assistenza di un accompagnatore di sesso diverso dal proprio. In
tale  bagno  potrebbe trovare utile collocazione anche il fasciatoio,
posizionato nella maggioranza dei casi esclusivamente nel bagno delle
donne  per  una  prassi ormai superata che presuppone che sia solo la
mamma ad accompagnare e cambiare i figli.
  Nel  caso  di  complessi monumentali molto articolati e' necessario
valutare attentamente la dislocazione del blocco dei servizi igienici
per  evitare  di  dover  percorrere lunghe distanze e per facilitarne
l'individuazione.  In  tale  logica  appare  piu'  opportuno, anche a
scapito  di  maggiori  oneri  di realizzazione e gestione, realizzare
piu'  nuclei  con  un  numero limitato di box, sfruttando ambienti di
minor  pregio  anche  di  ridotte  dimensioni,  in  loco  di un'unica
soluzione centralizzata.
  Per quanto riguarda le dimensioni, si ritiene opportuno evidenziare
che  non  esistono  misure standard imposte per legge. Spesso si vede
ancora  il  richiamo,  come  rigido  obbligo  normativo,  allo schema
1,80x1,80  riportato  in  un vecchio testo di legge ormai abrogato da
molti anni; le disposizioni normative attualmente vigenti si limitano
ad  indicare  alcune  distanze e altezze che devono essere rispettate
nel  montaggio dei pezzi igienici, al fine di consentirne l'uso anche
da  parte  di  persone  su  sedia  a ruote. Qualora si disponga, come
spesso avviene negli edifici esistenti, di spazi limitati puo' essere
opportuno   ricorrere   a  "soluzioni  alternative",  compensando  le
riduzioni   dimensionali   e  funzionali  con  particolari  soluzioni
spaziali o organizzative. Nella maggioranza dei casi sono sufficienti
semplici  accorgimenti  come,  ad  esempio,  valutare attentamente il
senso  di  apertura  della  porta  o  ricorrere  a  porte scorrevoli,
ipotizzare  che  la  manovra di inversione di marcia venga effettuata
nell'antibagno  e  l'ingresso  al  box  avvenga  a  marcia  indietro,
disporre i lavandini solo nell'antibagno, ecc.
  Le  norme  non  impongono,  inoltre, di utilizzare pezzi igienici e
rubinetterie  speciali,  come  spesso  si  vede,  con  notevoli costi
aggiuntivi;  la  maggior parte dei sanitari di uso comune e' conforme
purche',  come  gia' evidenziato, essi siano installati tenendo conto
degli spazi di manovra e d'uso delle persone su sedie a ruote.
  Importante e' prevedere anche ausili per le persone con disabilita'
sensoriali quali adeguate segnalazioni e indicazioni tattili a terra,
mappe  tattili  all'ingresso che indichino la posizione dei sanitari,
corrimano,   contrasti  cromatici  ottenuti  mediante  l'utilizzo  di
rivestimenti   di   colori   diversi  (chiari  e  scuri)  per  meglio
individuare i vari componenti (aree, arredi, sanitari, interruttori e
ausilii), una corretta illuminazione, ecc.
  Arredi
  Secondo    la    definizione   normativa   costituiscono   barriere
architettoniche  anche  "gli  ostacoli  che  limitano o impediscono a
chiunque  la  comoda  e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o
componenti".  Un  ambiente e', quindi, accessibile anche se e' dotato
di  arredi  ed  attrezzature  ad  uso di tutti. Questo aspetto viene,
purtroppo,  spesso  trascurato  facendo  prevalere,  gia'  a  livello
progettuale,   gli   aspetti  estetici  su  quelli  funzionali  e  di
usabilita',  con il risultato di ottenere oggetti a volte visivamente
apprezzabili,  ma  nella  maggioranza dei casi scomodi e di difficile
utilizzo.  Complice  in  tale senso anche la mancanza di disposizioni
normative  al  riguardo,  se  non  per  alcuni dettagli relativi alla
sicurezza.
  Un  esempio significativo e' costituito dalle varie panchine sparse
un po' ovunque, sia in ambienti chiusi che all'aperto, progettate con
le  conformazioni piu' varie in cui la tendenza a farne un oggetto di
design  prevale  quasi sempre sulla loro effettiva funzionalita'. Una
panchina  fruibile  da chiunque dovrebbe sempre avere alcuni elementi
essenziali   quali   uno   spazio   circostante  tale  da  consentire
l'accostamento  di  una  sedia a ruote, la presenza di uno schienale,
almeno  due  braccioli,  oltre che rispettare determinati rapporti di
altezza e profondita'.
  Lo  stesso discorso si potrebbe estendere anche alle fontanelle, ai
cestini portarifiuti, ai tavoli, ai banconi, ai punti informativi, ai
terminali   per   servizi   di  vario  genere,  ecc.  quotidianamente
utilizzati   da   tutti   ma,  quasi  mai  realizzati  pensando  alla
molteplicita' delle esigenze dei potenziali fruitori.
  Al  di  la' della loro conformazione, gli arredi e le attrezzature,
specie  se  fissi, devono, inoltre, essere posizionati in modo da non
costituire  essi  stessi  ostacoli  ostruendo i percorsi o diventando
fonte  di pericolo laddove non percepibili (elementi sospesi, spigoli
sporgenti,   ecc.).   Al  contrario  scegliendone  opportunamente  la
collocazione,   le   dimensioni   e   i   colori,  possono  diventare
fondamentali  ausili per facilitare l'orientamento come punti e linee
di riferimento.
--------------------------------------------
          68 Cfr. per l'elenco completo l'art. 5 del D.M. 236/89.

  2.3.5 Raccordo con la normativa di sicurezza e antincendio
  Qualunque  progetto  venga elaborato al fine di realizzare un nuovo
edificio  o  di adeguare un immobile preesistente alle esigenze delle
persone   con   disabilita'   deve  prevedere  soluzioni  tecniche  e
gestionali che costituiscano un raccordo ed una sintesi delle diverse
prescrizioni normative contestualmente vigenti nei vari settori.
  Questa  capacita'  di sintesi e' emblematica della progettazione di
"qualita'"  in cui le varie problematiche connesse ad aspetti tecnici
specifici  devono  costituire  parte integrante del progetto finale e
non  essere,  come  spesso  accade,  analizzate a comparti stagni (le
tante tavole progettuali che in genere vengono "allegate" al progetto
"architettonico",   nella   maggior   parte  dei  casi  elaborate  da
differenti  professionisti  senza  alcun confronto tra di loro). Tale
aspetto  diventa  particolarmente significativo, se non fondamentale,
nell'ambito  del  progetto di restauro dove, non ci si stanchera' mai
di ripeterlo, la sintesi dei vari interventi diventa fondamentale per
la  tutela stessa del bene. Accettando l'idea che rendere conforme un
qualsiasi  immobile  ad  una  nuova  destinazione  d'uso,  per quanto
ritenuta  compatibile,  comporta  comunque  delle  azioni piu' o meno
invasive, ne discende l'importanza di ridurre al minimo tali "traumi"
attraverso  la  realizzazione  di  interventi  quanto  piu' possibile
flessibili,  ossia  in  grado  di  soddisfare contemporaneamente piu'
esigenze.
  Le  considerazioni  di  cui  sopra  hanno un evidente riscontro nel
rapporto  tra  le  disposizioni  normative  per  il superamento delle
barriere   architettoniche  e  quelle  relative  alla  sicurezza,  in
particolare  in  caso d'incendio. Nella stessa definizione normativa,
specificando che sono barriere architettoniche anche "...gli ostacoli
che   limitano   o   impediscono   a  chiunque  la  comoda  e  sicura
utilizzazione  di  parti,  attrezzature  o componenti; la mancanza di
accorgimenti  e  segnalazioni  che  permettono  l'orientamento  e  la
riconoscibilita' dei luoghi e delle fonti di pericolo..." (69), viene
evidenziata  la  stretta interconnessione che sussiste gia' a livello
concettuale  tra  accessibilita'  e  sicurezza.  Basti pensare che il
panico  conseguente  al  verificarsi  di una situazione di emergenza,
puo'  rendere  chiunque  "disabile"  impedendogli  di  effettuare  le
operazioni  piu'  elementari,  per  cui  i  percorsi e la segnaletica
realizzati  per  facilitare  l'accessibilita' possono diventare utili
riferimenti  anche  ai  fini della predisposizione delle vie d'esodo.
Viceversa  l'installazione  di  servoscala  dovrebbe essere a maggior
ragione  evitata,  risultando  spesso  in  contrasto con la normativa
antincendio  in  quanto  il  relativo  ingombro,  in particolare modo
quando   in   funzione,  determina  un  notevole  restringimento  del
passaggio  lungo  le  scale,  oltre ad essere di difficile gestione e
quindi  non  particolarmente  idoneo in situazioni di emergenza anche
per le stesse persone con disabilita'.
  Entrando  piu'  nello  specifico  degli  aspetti  progettuali  (70)
connessi  con  gli  interventi  per  il  superamento  delle  barriere
architettoniche che tengano conto anche degli aspetti della sicurezza
o,  per  quanto sopra, di un progetto della sicurezza che tenga conto
anche  delle  esigenze dell'accessibilita', va tenuto presente che in
caso  di  emergenza le persone che hanno ridotte o impedite capacita'
di movimento, sensoriali o psico-cognitive non sono in grado di norma
di  poter  usufruire rapidamente delle misure di sicurezza a meno che
non siano previsti appositi accorgimenti.
  Normalmente  le  vie  d'esodo  portano  a scale di sicurezza (luogo
sicuro  dinamico) nella maggior parte dei casi esterne, che risultano
spesso  inutilizzabili  per  coloro  che  hanno  ridotte capacita' di
movimento.  Le vie d'esodo piu' sicure sarebbero quelle costituite da
rampe  al  posto  di  scale.  Dette  rampe,  dovendo  avere  pendenza
contenuta  come  evidenziato  nel paragrafo 2.3.3, possono essere una
soluzione  solo  se  si e' in presenza di un dislivello massimo di un
piano.  La  realizzazione  di  scale  o  rampe  di  sicurezza esterne
tuttavia  costituisce solo raramente una soluzione compatibile con le
istanze del restauro. Imposte in passato da una normativa antincendio
estremamente  prescrittiva  e restrittiva, hanno portato a interventi
di notevole impatto: si pensi ad esempio alle due scale d'acciaio che
ostruivano  completamente  il  cortile  interno  di palazzo Strozzi a
Firenze,  oggi  fortunatamente rimosse, o alle numerose strutture che
segnano il profilo di molti edifici monumentali (71).
  Nel  caso  di  edifici  multipiano  molto piu' utile puo' risultare
poter  disporre  di  un  ascensore antincendio o di soccorso (72). In
questi  casi  tale  ascensore  potrebbe  essere realizzato in modo da
soddisfare  per  caratteristiche  tecniche  e  dimensionali,  nonche'
scegliendone  accuratamente  la  localizzazione, contemporaneamente i
requisiti   imposti   dalle   disposizioni   normative   inerenti  il
superamento   delle   barriere   architettoniche   e   la   sicurezza
antincendio.   Come   gia'  evidenziato  nel  paragrafo  2.3.3,  tale
intervento  risulta,  inoltre,  molto piu' compatibile per le istanze
della tutela rispetto alle scale antincendio.
  Se   i   complessi  monumentali  sono  caratterizzati  da  impianti
planimetrici  complessi con notevoli distanze da percorrere, potrebbe
risultare  necessario  prevedere anche degli ambienti compartimentati
in  cui  le  persone  impossibilitate  a lasciare l'edificio in breve
tempo  possano  attendere  in sicurezza l'arrivo dei soccorsi (luoghi
sicuri  statici)  (73).  Tali  compartimenti,  in  caso di emergenza,
devono   essere   raggiungibili  agevolmente  anche  da  persone  con
disabilita' con percorsi massimi non superiori a 30-40 m. Detti spazi
possono   opportunamente  essere  realizzati  in  maniera  da  essere
utilizzati  abitualmente  (sale  di attesa, sale di riunione, ecc.) e
pertanto  non  costituiscono  una  risorsa  da  usare  solo  in  caso
d'incendio.  Nell'ambito  del  progetto  di  restauro possono inoltre
essere facilmente individuati e realizzati con interventi minimi, dal
momento  che  spesso  i  notevoli  spessori  murari  delle  fabbriche
storiche garantiscono gia' di per se una buona resistenza al fuoco.
  Determinanti  al  fine  di ridurre al minimo gli interventi edilizi
sono  le misure gestionali, con personale adeguatamente formato anche
per  seguire  situazioni  di  emergenza  in  presenza  di persone con
disabilita',  e  i  sistemi  di  segnalazione  e  allarme automatici.
Nell'ottica  della "sicurezza equivalente" tali misure si configurano
come   soluzioni   alternative   laddove  le  prescrizioni  normative
imporrebbero interventi piu' drastici e di maggiore impatto.
  E'  importante  al  riguardo assicurarsi che chiunque, in qualsiasi
situazione  si  trovi, possa percepire e interpretare le segnalazioni
d'allarme.  E',  pertanto,  necessario prevedere sempre un sistema di
allarme integrato su piu' canali (luminoso, acustico e a vibrazione).
Una  persona con deficit uditivi ha, infatti, difficolta' a percepire
una segnalazione sonora, ma la stessa cosa vale anche per chi indossa
delle cuffie o si trovi in un ambiente particolarmente rumoroso; idem
per  le  segnalazioni  luminose  nel  caso di persone con disabilita'
visive  o  se  ci  si trova in ambienti molto illuminati e soggetti a
fenomeni di abbagliamento.
  Anche la segnaletica per favorire l'orientamento durante le fasi di
esodo  deve  comprendere un sistema integrato di informazioni visive,
sonore  e tattili: cartellonistica con indicazioni semplici e chiare,
dispositivi acustici e luminosi, indicazioni tattili a pavimento, uso
di  fasce  colorate  per individuare i diversi percorsi, segnalazione
dei dislivelli, semplici o complessi, con marcagradino che renda piu'
sicura  la  discesa,  ecc. Ovviamente tali misure non sono utili solo
per  le  persone  con  disabilita':  in  condizioni di emergenza esse
diventano fondamentali per chiunque, si pensi, ad esempio, ai casi di
evacuazione  in  condizioni  di  scarsa  luminosita' (fumo, black-out
elettrici, ecc.).
  Non  meno  fondamentale  e'  l'analisi del contesto ambientale e la
configurazione dei luoghi al fine di valutare le migliori alternative
per  la  predisposizione di adeguati percorsi orizzontali e verticali
(lunghezza,  larghezza,  presenza  di  dislivelli  e gradini, stato e
caratteristiche  delle  pavimentazioni ecc). Da non sottovalutare gli
elementi  di  dettaglio come la facile individuazione delle uscite di
sicurezza  (eventualmente evidenziandole laddove possibile con colori
contrastanti  rispetto  alle  pareti)  e  la  semplicita'  d'uso  del
relativo sistema di apertura (74).
  Questione parallela e', infine, la gestione delle fasi di emergenza
in  presenza  di  persone  con  disabilita'  e  in merito alla quale,
andando  oltre  il  contesto  di  queste  Linee  Guida, si rimanda ai
documenti  elaborati  dai  Vigili  del Fuoco in collaborazione con la
Consulta  Nazionale  delle Persone Disabili e delle loro Famiglie. In
particolare, si segnala:
  -  "Linee  guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei
luoghi  di lavoro ove siano presenti persone disabili" (Circolare del
Ministero dell'Interno n. 4 del 1 marzo 2002);
  - "La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti
persone  disabili:  strumento  di  verifica e controllo (check-list)"
(Lettera Circolare n. 880/4122 del 18 agosto 2006);
  -  "Il  soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione
dell'emergenza" (pubblicazione). (75)
--------------------------------------------
          69  Art.  1  del  D.P.R.  503/96  e art. 2 punto A del D.M.
          236/89.
          70   Sui  richiami  normativi  si  rimanda  al  capitolo  1
          paragrafo 1.3.1.
          71  R.  Cecchi,  I Beni Culturali, Spirali, Milano 2006, p.
          98: "Non esisteva ancora la sensibilita' data dal principio
          della  sicurezza  equivalente  quando,  alcuni  anni fa, il
          Cortile  del  Cronaca  di  Palazzo Strozzi fu completamente
          invaso  da  una struttura in acciaio che portava due grandi
          scale.  Le  norme  dicevano  che, per aprire al pubblico le
          sale della mostra dell'antiquariato, erano necessarie delle
          scale  esterne; l'unica possibilita' era farle nel cortile.
          E  cosi'  fu  fatto.  La  stessa cosa, devo dirlo con molta
          franchezza,  l'abbiamo fatta anche nel nostro Ministero dei
          Beni Culturali, nella sede di via di San Michele, dove c'e'
          una scala antincendio esterna che grida vendetta".
          72  D. M. 10 marzo 1998, art. 8.3 - Assistenza alle persone
          disabili  in  caso  di  incendio,  comma  4  -  Utilizzo di
          ascensori:   "Persone   disabili   possono   utilizzare  un
          ascensore   solo   se   e'  un  ascensore  predisposto  per
          l'evacuazione  o  e'  un  ascensore antincendio, ed inoltre
          tale  impiego  deve  avvenire  solo  sotto  il controllo di
          personale   pienamente  a  conoscenza  delle  procedure  di
          evacuazione".   Per   i   dettagli   sulle  caratteristiche
          tecnico-costruttive  degli ascensori antincendio si rimanda
          al  Decreto  del  Ministero  dell'Interno 15 Settembre 2005
          "Approvazione  della  regola tecnica di prevenzione incendi
          per  i  vani  degli  impianti di sollevamento ubicati nelle
          attivita' soggette ai controlli di prevenzione incendi", in
          particolare artt. 3.3, 7 e 8.
          73  Questi  luoghi  non  devono avere pareti finestrate, in
          modo da evitare che vengano interessati dal fumo, ed essere
          dotati,  invece,  di  un sistema di ventilazione a prova di
          fumo   e   in   sovrapressione.  Dovrebbero  inoltre  avere
          all'esterno un dispositivo luminoso azionabile dall'interno
          in modo da essere facilmente individuato dai soccorritori.
          74  Per  maggiori  approfondimenti  si  vedano: F. Vescovo,
          Sicurezza e raccordi con la normativa antincendio in Id. (a
          cura    di),    Progettare   per   tutti   senza   barriere
          architettoniche,  cit.;  A. Amico, G. Amico, Progettare con
          la  sicurezza  antincendio  senza barriere architettoniche,
          Dario  Flaccovio  Editore,  Palermo  1999;  S. Marsella, G.
          Callocchia, Barriere architettoniche e prevenzione incendi,
          Il  Sole  24 Ore, Milano 2000; S. Zanut, Rischio incendio e
          progettazione   ambientale,  in  A.  Morisi  e  F.  Scotti,
          Assistite  Technology.  Tecnologie di supporto per una vita
          indipendente, Maggioli Editore, Roma 2005.
          75 I documenti elaborati dalla Commissione sono disponibili
          in   formato   pdf   sul   sito   dei   Vigili   del  Fuoco
          (www.vigilfuoco.it)   nella   pagina  "la  sicurezza  delle
          persone disabili".

  2.3.6 Allestimento di spazi espositivi	
  Questo   sottoparagrafo   vuole   richiamare  alcune  problematiche
concernenti  l'allestimento  di  spazi  espositivi,  in  quanto  tale
funzione  e'  una  tra quelle prevalenti nell'attivita' del Ministero
per  i  Beni  e  le  Attivita'  Culturali;  molti  principi sono gia'
presenti  nell'"Atto  di  Indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e
sugli  standard  di  funzionamento e sviluppo dei musei" (Decreto del
Ministero  per i Beni e le Attivita' Culturali del 10 maggio 2001) di
cui si riporta parte della premessa all'Ambito VII:
  "Ogni  museo  affianca  al  dovere  della conservazione del proprio
patrimonio  la  missione,  rivolta  a  varie e diversificate fasce di
utenti,  di  renderne  possibile  la  fruizione  a  scopo  educativo,
culturale,  ricreativo e altro ancora. Interpretare il suo patrimonio
e   renderlo   fruibile   da   parte   dei  visitatori,  specialmente
esponendolo, e' dunque parte integrante della sua ragion d'essere."
  Tra   i   beni   d'interesse  culturale,  le  strutture  espositive
presentano   delle   peculiarita'   legate   alla  loro  funzione  di
contenitore  e  di divulgatore dei significati degli oggetti esposti;
quindi hanno il difficile compito di comunicare un contenuto estraneo
a quello intrinseco al bene, attraverso una serie di apparati che, da
una   parte   devono   istituire   un   rapporto  dialettico  con  le
caratteristiche  del contenitore e dall'altra devono possedere quelle
caratteristiche  necessarie  alla  migliore comunicazione delle opere
esposte.     Questo     avviene     attraverso    la    progettazione
dell'allestimento,    cioe'    tutto    quell'apparato   di   arredi,
segnaletiche,  percorsi  e  servizi  che realizzano la fruibilita' di
un'esposizione.    In   particolare   gli   apprestamenti   necessari
all'allestimento   non   devono   essi   stessi  costituire  barriere
architettoniche   creando,  di  conseguenza,  l'inaccessibilita'  dei
luoghi  espositivi  anche laddove questa non ci sarebbe; al contrario
la  progettazione  dell'allestimento  deve  mirare  al  miglioramento
dell'orientamento   e   della   fruizione  dei  luoghi  di  interesse
culturale. Nel caso di mostre o esposizioni temporanee, e' necessario
considerare   prioritariamente   l'accessibilita'   del  luogo  quale
requisito  essenziale  della sede anche rispetto alle possibilita' di
allestimento, prevedendo se necessario anche soluzioni temporanee.
  Il  percorso  espositivo  per  prima  cosa dovrebbe essere privo di
ostacoli,  con  assenza  di  strettoie  e  spazi  angusti che possano
mettere  in  difficolta'  il  visitatore.  La  presenza  di  elementi
architettonici  propri  dell'allestimento,  quali  totem,  pannelli e
setti  per  l'ambientazione  degli oggetti esposti, non devono creare
ambiguita' nel percorso, ma, come gia' evidenziato, dovrebbero essere
essi stessi strumenti di guida della visita. A volte gli allestimenti
sono  anche essi espressione artistica, ma l'effetto scenografico non
deve   prevalere  sulla  sua  funzione  di  supporto  ad  una  visita
confortevole per tutti.
  L'allestimento  e' accessibile, quindi, se e' progettato in modo da
rendere  la  visita  fruibile  da  tutti, presentando alcuni elementi
ausiliari  finalizzati  a  rendere  il  percorso  espositivo  sicuro,
facilitando il movimento delle persone negli ambienti.
  L'accessibilita'  di  un  allestimento  e'  condizionata  da  molti
fattori,  tra  cui  i  principali  sono: lo sviluppo dei percorsi, la
collocazione  degli  oggetti  e degli espositori, l'illuminazione, le
zone di sosta.
  Per   una   migliore   fruizione   del   contenuto  dei  musei,  e'
consigliabile  che  i non vedenti facciano precedere la visita da una
preparazione   teorica   sui   luoghi  e  sui  contenuti,  acquisendo
possibilmente  anche  delle  competenze in ordine alle modalita' piu'
idonee per una efficace orientamento.
  Nei  casi in cui sono previsti dei percorsi tattili, l'allestimento
dovra'  prevedere  tutti  gli apprestamenti necessari affinche' i non
vedenti possano seguire il percorso di visita in completa autonomia.
  Accessi accoglienza e servizi
  Si   richiamano  brevemente  alcuni  concetti  piu'  ampiamente  ed
esaurientemente trattati nei sottoparagrafi 2.3.1 e 2.3.4.
  Per  loro  natura  i beni d'interesse culturale sono dotati di piu'
ingressi  di  cui, spesso, quello principale puo' risultare chiuso al
pubblico  che  viene dirottato su un ingresso secondario (per diversi
motivi che possono essere legati alla tutela del bene o alla migliore
accessibilita),  per  questo  l'entrata  al  luogo culturale potrebbe
essere  non  immediatamente  identificabile.  Per  ovviare a questo e
rendere l'accesso al pubblico chiaro e non creare ambiguita', si puo'
intervenire   sia  apponendo  un'adeguata  segnaletica  di  carattere
informativo,  sia con accorgimenti di tipo architettonico e di arredo
che  consentano  di percepire con chiarezza il percorso di entrata al
luogo.   Gli   interventi,  principalmente,  potranno  riguardare  la
pavimentazione  che  dovra' permettere di intercettare, attraverso un
percorso  diversificato  e predominante nel contesto, la strada verso
l'accesso  e il corretto e visibile posizionamento della segnaletica,
nonche'  l'utilizzo  di  oggetti  di  arredo che fungano da ulteriori
orientatori  e  riferimenti visivi (es. strisce di diverso materiale,
con  lavorazione  superficiale percepibile dai non vedenti, e diverso
colore    inserite    nella    pavimentazione,   paletti   contenenti
l'illuminazione, utilizzo di aiuole).
  Dall'ingresso   deve   essere   visibile   e   segnalato   il  desk
dell'accoglienza  dove  si possono avere le informazioni sia relative
alle  esposizioni  in  corso  che  alle attivita' culturali collegate
(didattica,  eventi,  pubblicazioni).  Il  desk dell'accoglienza deve
prevedere  almeno  una  parte,  di sufficienti dimensioni, di altezza
adeguata  per  la  fruizione  da  parte di persone su sedia a ruote e
bambini,  in  quanto  e' molto importante garantire l'autonomia degli
utenti  nell'accesso  alle informazioni e, di conseguenza, alle varie
possibilita'  di  fruizione  del  bene.  Tutti  gli elementi di nuova
progettazione   dovranno   tenere   conto  del  contesto  in  cui  si
inseriscono, rispettandone le caratteristiche storico-artistiche, per
cui,  ad  esempio,  se il pavimento di un determinato bene e' di alto
valore  e,  di  conseguenza,  non  puo'  essere alterato, si potrebbe
optare  per  l'uso  di  segnaletica  mobile,  di  guide semplicemente
appoggiate a terra o di pannelli.
  Infine  anche  i servizi devono presentare arredi accessibili, come
il  bancone  e  la  cassa,  che  prevedano  altezze fruibili anche da
persone  su  sedia  a  ruote  e  da  bambini,  le parti dedicate alla
consumazione    dovranno   prevedere   spazi   adeguati   all'agevole
circolazione  anche  di  sedie  a  ruote  e  passeggini;  e'  inoltre
opportuno   nei   luoghi   di   sosta   prevedere  delle  macchinette
distributrici  di  bevande  e  snack,  per  evitare lunghi percorsi e
interruzioni della visita.
  Percorsi
  Le  mostre spesso presentano dei percorsi espositivi che si snodano
per distanze lunghe con diversi passaggi di quota. I dislivelli vanno
adeguatamente  segnalati attraverso la differenziazione dei materiali
e  del  colore delle pavimentazioni, anche i cambi di direzione vanno
segnalati con materiali o colori a contrasto.
  Al  fine  di  agevolare  la  visita  ad  un'utenza ampliata risulta
opportuno  prevedere  al  centro  delle  sale delle zone di sosta per
poter  godere delle opere evitando un eccessivo affaticamento. Queste
zone,  qualora  la  sala non presentasse uno spazio adeguato, possono
essere dotate anche esclusivamente di appoggi ischiatici che hanno il
vantaggio  di occupare meno spazio e di evitare l'affaticamento della
seduta/alzata.  Inoltre in ciascun ambiente e' necessario considerare
i  posti  per  la  sedia  a ruote, passeggini o mezzi similari. Altra
strategia  e'  quella  di  diversificare  i  percorsi  per permettere
all'utenza  di  effettuare  delle  visite brevi, ma mirate. In questo
modo  e'  necessario  che  i diversi livelli di percorribilita' siano
chiaramente  distinti  e identificabili, attraverso l'uso appropriato
di un'idonea segnaletica, delle luci, dei colori, dei pittogrammi che
guidino  l'utente  per  tutta  la  durata  della  visita.  E'  sempre
opportuno  utilizzare piu' canali di comunicazione delle informazioni
sia  visivi  sia  sonori.  Infine vanno progettati tutta una serie di
sussidi   alla  visita  quali,  mappe,  tattili  e  non,  brochure  e
audioguide da mettere a disposizione del visitatore elaborate in modo
da rispettare i principi della leggibilita' e accessibilita'.
  Esposizione delle opere
  L'elemento   fondamentale   dell'allestimento  espositivo  sono  le
modalita'  con  cui  e'  presentato  l'oggetto  da  esporre  che puo'
avvenire  attraverso  espositori  che assolvono a molteplici funzioni
tra cui le principali sono quelle di contenitore e conservatore degli
oggetti esposti e di comunicatore degli stessi. Quest'ultima funzione
fa  si'  che l'espositore debba risultare necessariamente accessibile
per essere efficace. L'altezza dei ripiani espositivi e' fondamentale
per  la loro accessibilita': e' evidente che ripiani troppo alti sono
inaccessibili  a  persone  su sedia a ruote, a bambini o a persone di
statura  ridotta,  come  anche ripiani troppo bassi risultano scomodi
per  tutti. Ci sono casi in cui la progettazione dell'espositore puo'
risultare  non  efficace  o addirittura fonte di pericolo: in caso di
espositori  sospesi  o  aggettanti, in particolare per i non vedenti,