(Allegato)
                                                             Allegato 
 
Sezione Enti Locali 
 
1. Oggetto e finalita' delle Linee Guida. 
 
    Le presenti Linee Guida recano una serie di  indicazioni  per  lo
sviluppo di una coordinata azione  di  prevenzione  dei  fenomeni  di
corruzione e,  piu'  in  generale,  di  indebita  interferenza  nella
gestione della cosa pubblica. 
    Su un primo versante, l'atto di indirizzo si  propone  -  in  uno
spirito di leale collaborazione interistituzionale  -  di  mettere  a
punto   una   stabile   cooperazione   tra   l'Autorita'    Nazionale
Anticorruzione (ANAC), le Prefetture-Uffici Territoriali del  Governo
e gli Enti Locali, finalizzato ad agevolare la piena attuazione delle
previsioni recate dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 e  dalle  altre
fonti normative che da essa derivano. 
    Cio'  in  linea  di  continuita'  con  l'intesa   sancita   dalla
Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie del 24 luglio  2013  che
ha definito la cornice generale delle modalita'  di  attuazione,  nel
comparto delle Autonomie, degli adempimenti previsti  dalle  predette
disposizioni di legge. 
    In  questo  senso,  gli  indirizzi  qui  formulati  prevedono  un
coinvolgimento attivo delle Prefetture, sia per la loro  funzione  di
rappresentanza generale del Governo sul territorio, sia per i compiti
di supporto  che  esse  sono  chiamate  a  svolgere  a  favore  delle
Autonomie locali dalla stessa legge n. 190/2012, secondo le modalita'
declinate nella citata intesa sancita dalla Conferenza Unificata. 
    Tale funzione di supporto e' fondata, secondo le  intenzioni  del
legislatore, sulla tradizionale e consolidata esperienza degli uffici
territoriali del governo  nella  conoscenza  e  nel  contrasto  delle
molteplici forme di illegalita' diffuse nelle realta' locali. 
    Proprio in considerazione di  cio',  viene  disegnato  un  canale
bidirezionale  di  «dialogo  veloce»  in  grado   di   veicolare   le
problematicita' incontrate dagli Enti  Locali  come  pure  le  «buone
prassi». 
    In secondo luogo,  le  presenti  Linee  Guida  intendono  fornire
alcuni primi orientamenti interpretativi utili per l'esercizio  delle
innovative previsioni recate dall'art. 32 del decreto-legge 24 giugno
2014, n. 90, che consente al Presidente dell'ANAC  di  richiedere  ai
Prefetti di adottare  straordinarie  misure  per  la  gestione  e  il
monitoraggio  dell'impresa  che  risulti  coinvolta  in  procedimenti
penali per i piu' gravi reati contro la pubblica amministrazione o di
situazioni anomale e sintomatiche di condotte criminali. 
    Infine, l'atto di indirizzo indica una  serie  di  soluzioni  che
possono essere contemplate nei  protocolli  di  legalita'  stipulati,
soprattutto tra le Prefetture e  le  amministrazioni  aggiudicatrici,
per rafforzare il sistema degli sbarramenti anticorruzione. 
 
2. Piano triennale per la prevenzione della  corruzione  e  Programma
triennale per la trasparenza e l'integrita'. 
 
    Le presenti Linee Guida si collocano a valle  delle  recentissime
iniziative legislative assunte dal Governo per rafforzare il  sistema
di lotta ai fenomeni corruttivi che continuano  a  registrarsi  nella
gestione della cosa pubblica, in  particolare  nel  delicato  settore
degli appalti e dei contratti. 
    E'  necessario,  quindi,  conciliare  i  poteri  riconosciuti  al
prefetto per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose con la  nuova
funzione di supporto tecnico e informatico in materia di  prevenzione
della corruzione. 
    Sono evidenti i gravissimi danni provocati da questi fenomeni  su
diversi piani: quello etico innanzitutto; quello economico,  dove  la
corruzione «premia» imprese inefficienti a scapito di quelle «sane» e
drena risorse preziose  per  riavviare  il  circuito  virtuoso  della
crescita; quello della credibilita' delle Istituzioni  nei  confronti
dei cittadini; quello dell'affidabilita' del sistema-Paese sul  piano
internazionale. 
    Le nuove misure varate dal Governo con il ricordato decreto-legge
n. 90/2014 tendono a proseguire il percorso iniziato dalla  legge  n.
190/2012, perfezionandolo con una serie di  rilevanti  ed  innovativi
strumenti. 
    Il successo di questo intervento non puo', pero', prescindere  da
una  completa  e  consapevole  attuazione   dei   diversi   istituti,
contemplati dalla stessa legge n. 190/2012 e  dalle  altre  normative
correlate, che rappresentano le fondamenta di  un  sistema  di  buona
amministrazione e di  sbarramento  alle  illegalita'  nella  gestione
della cosa pubblica. 
    In questo contesto, assumono una valenza basilare due  strumenti,
veri e propri architravi del sistema di prevenzione dei  fenomeni  di
«mala amministrazione»: 
      il   Piano   triennale   di   prevenzione   della   corruzione,
disciplinato dall'art. 1, commi dal 5 al 9, della legge n. 190/2012; 
      il Programma  triennale  per  la  trasparenza  e  l'integrita',
regolato dall'art. 10 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33  e
dalla delibera ANAC n. 50 del 2013. 
    Si tratta di  strumenti  complementari.  Difatti,  attraverso  il
Piano  triennale  vengono  individuati   i   settori   dell'attivita'
istituzionale piu' esposti a rischio-corruzione e sono individuate le
conseguenti  contromisure  anche  sul  piano  organizzativo.  Con  il
Programma triennale per la trasparenza e l'integrita' vengono  invece
rese accessibili  informazioni  essenziali  sui  servizi  erogati,  i
relativi  costi  (effettivi  e  di  personale)  sopportati,   nonche'
l'andamento di questi ultimi nel tempo. Cio' consente ai cittadini di
esercitare  un  controllo  diffuso  sulla  gestione   delle   risorse
pubbliche e sul grado di efficienza raggiunto. 
    Non a caso, la predisposizione dei due documenti e' richiesta non
soltanto  alle  amministrazioni  e  agli  enti  pubblici   -   intesi
nell'accezione ormai classica  dettata  dall'art.  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - ma  anche  agli  enti  di
diritto privato sottoposti al controllo delle Autonomie  territoriali
e, quindi, alle societa' da queste partecipate.  Cio'  del  resto  e'
stato espressamente richiamato in sede di Conferenza Unificata  nella
citata intesa del 24 luglio 2013. 
    Come  precisato  dal   calendario   degli   adempimenti   fissato
dall'ANAC, nella deliberazione n. 50 del  2013,  la  redazione  e  la
pubblicazione del Piano  anticorruzione  e  del  Programma  triennale
sulla trasparenza e l'integrita' devono essere  effettuate  entro  un
termine che, esauritasi la prima fase di  transizione,  si  individua
entro il 31 gennaio di ogni anno (art. 1, comma  8,  della  legge  n.
190/2012). 
    Trascorsi ormai alcuni mesi  dal  termine  del  31  gennaio  2014
indicato dal Piano nazionale anticorruzione, appare opportuno fare il
punto sull'adozione dei Piani  triennali  per  la  prevenzione  della
corruzione  e  dei  Programmi  triennali   per   la   trasparenza   e
l'integrita' e sulla loro implementazione, anche al fine di acquisire
una panoramica complessiva  sulle  eventuali  difficolta'  incontrate
dagli Enti Locali nella predisposizione dei documenti in parola. Tale
ricognizione costituira' per l'ANAC una piattaforma conoscitiva utile
sia ai fini della formulazione di indicazioni operative, sia ai  fini
dell'aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione. 
    Per  lo  sviluppo  di  questa  iniziativa  risulta   fondamentale
l'apporto che i Prefetti potranno fornire per snellire e rendere piu'
efficace il circuito informativo tra ANAC ed Enti Locali, secondo  le
modalita' operative di seguito indicate. 
    Entro quindici giorni dalla pubblicazione  della  presente  Linea
Guida  nella  Gazzetta  Ufficiale,  i  Prefetti   avranno   cura   di
trasmettere, esclusivamente per  via  telematica,  agli  Enti  locali
delle rispettive province (Provincia, Comuni, Comunita' Montane),  il
questionario accluso in Allegato A. 
    Tale  questionario  si  articola  in  alcune  voci   di   agevole
compilazione, principalmente  orientate  a  far  emergere,  in  forma
sintetica, le eventuali criticita'  incontrate  nella  redazione  del
Piano  anticorruzione  e  del  Programma   per   la   trasparenza   e
l'integrita', ovvero le ragioni per le  quali  non  e'  stato  ancora
possibile adottare i predetti Piani, anche con riguardo agli enti  di
diritto privato controllati dalle medesime autonomie territoriali. 
    Gli  Enti  Locali  cureranno   la   compilazione   del   predetto
questionario e la trasmissione,  entro  quarantacinque  giorni  dalla
data di pubblicazione delle presenti Linea Guida, per via telematica,
alle Prefetture presso l'indirizzo di posta elettronica  indicato  da
queste ultime. 
    Entro i  successivi  trenta  giorni,  i  Prefetti  comunicheranno
all'ANAC i risultati  complessivi  dell'iniziativa,  trasmettendo  le
schede compilate dai Comuni unitamente al modello riassuntivo accluso
in Allegato B al seguente indirizzo di posta elettronica dell'ANAC. 
    L'acquisizione  dei  questionari  da   parte   delle   Prefetture
consentira' di avere a disposizione un patrimonio di  conoscenze  che
potra' sicuramente rivelarsi utile in occasione  delle  richieste  di
supporto avanzate ai Prefetti da parte degli Enti  locali,  ai  sensi
dell'art. 1, comma 6, della legge n. 190/2012. 
    Peraltro,  l'analisi  dei   dati   desumibili   dai   questionari
costituira' un  valido  strumento  di  «lettura»  delle  specificita'
esistenti nei  vari  territori,  in  grado  di  meglio  orientare  le
iniziative dei Prefetti in tutti gli ambiti di possibile intervento a
supporto degli Enti locali e delle collettivita'. 
 
Sezione Appalti Pubblici 
 
3. Orientamenti  interpretativi  per  l'applicazione   delle   misure
  straordinarie di gestione e sostegno delle imprese di cui  all'art.
  32 del decreto-legge n. 90/2014. 
 
    Come  si  e'  gia'  avuto  modo  di  accennare,  l'art.  32   del
decreto-legge n. 90/2014 ha attribuito  al  Presidente  dell'ANAC  il
potere di richiedere al Prefetto  l'adozione  di  misure  dirette  ad
incidere  sui  poteri  di  amministrazione  e  gestione  dell'impresa
coinvolta in procedimenti penali per gravi reati contro  la  pubblica
amministrazione (allegato D) o nei cui confronti emergano  situazioni
di anomalia sintomatiche di condotte illecite o criminali. 
    La ratio dell'intervento legislativo appare rivolta al principale
obiettivo di far si' che, in presenza  di  gravi  fatti  o  di  gravi
elementi sintomatici, che hanno, rispettivamente, o gia'  determinato
ricadute  penali   o   sono   comunque   suscettibili   di   palesare
significativi  e  gravi  discostamenti  rispetto  agli  standard   di
legalita' e correttezza,  l'esecuzione  del  contratto  pubblico  non
venga oltremodo  a  soffrire  di  tale  situazione.  In  effetti,  la
prioritaria istanza a cui ha corrisposto il legislatore sembra essere
quella di porre rimedio all'affievolimento dell'efficacia dei presidi
legalitari da cui appaiono afflitte le procedure contrattuali,  senza
che ne risentano i  tempi  di  esecuzione  della  commessa  pubblica,
finendo col coniugare, dunque, entrambe le descritte esigenze. 
    E' evidente che la misura che  viene  attivata  dall'ANAC  -  che
verra' ampiamente illustrata in  prosieguo  -  mira  a  garantire  la
continuita'  dell'esecuzione  del  contratto   pubblico   nei   tempi
previsti;   la   stessa   impresa   viene   attinta   dalla    misura
strumentalmente  a  questo  scopo,  come  dimostrano  le  espressioni
letterali contenute nelle lettere  a)  e  b)  del  comma  1,  laddove
l'intervento diacronico sull'impresa appaltatrice e' sempre  disposto
«limitatamente alla completa  esecuzione  del  contratto  d'appalto»;
sicche'  l'intervento  legislativo  si  configura  per  quest'aspetto
effettivamente come una misura ad contractum. 
    Per quanto attiene al  tema  della  competenza  territoriale  del
prefetto, attesa  l'ellittica  formulazione  della  norma,  sarebbero
praticabili diverse opzioni. Nelle more di un auspicabile chiarimento
in sede di conversione, appare prudente  rimettersi  ad  un  criterio
interpretativo  che   agganci   l'individuazione   della   competenza
territoriale ad un elemento di  sistema  gia'  presente  nel  diritto
positivo. In particolare, e' possibile fare riferimento all'art.  90,
comma 1, del Codice antimafia, che, in relazione  al  rilascio  delle
informazioni, affida tale competenza, alternativamente,  al  prefetto
del luogo in cui hanno sede le stazioni appaltanti o del luogo in cui
hanno residenza o sede le persone fisiche, le  imprese  o  gli  altri
soggetti nei cui confronti viene richiesta la stessa informazione. Il
radicamento della competenza conseguira' alla scelta effettuata dalla
Autorita' proponente, e, dunque, dal Presidente dell'ANAC, sulla base
delle varie esigenze che emergono nelle singole fattispecie.  Restano
ovviamente ferme le disposizioni  che,  in  relazione  a  particolari
fattispecie (com'e', ad esempio, per il caso della  ricostruzione  in
Abruzzo o dell'Expo 2015), prevedono la  possibilita'  di  specifiche
deroghe anche al cennato art. 90, comma 1. 
    L'art.  32  consente  alternativamente  l'adozione  di  uno   dei
seguenti provvedimenti: 
      la rinnovazione degli organi sociali mediante  la  sostituzione
del  soggetto  coinvolto  nelle  predette  vicende  individuate  come
rilevanti ai fini qui in argomento (comma 1, lettera a); 
      la   straordinaria   e   temporanea   gestione   dell'attivita'
dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione  del
contratto di  appalto  oggetto  del  procedimento  penale  (comma  1,
lettera b); 
      il sostegno  e  il  monitoraggio  dell'impresa,  finalizzati  a
riportarne la gestione entro parametri di legalita' (comma 8). 
    In  particolare,  il  comma  1  stabilisce   che   possa   essere
destinataria dei provvedimenti in parola l'impresa «aggiudicataria di
un appalto  per  la  realizzazione  di  opere  pubbliche,  servizi  o
forniture», intendendo con cio' l'impresa che, anche in  qualita'  di
componente di  ATI  o  di  consorzi,  abbia  stipulato  un  contratto
pubblico  la  cui  esecuzione  non  e'  stata  ancora   completamente
eseguita. 
    Le  circostanze  suscettibili  di  dare  luogo  ai  provvedimenti
amministrativi di cui all'art. 32, comma 1, del citato  decreto-legge
n. 90/2014 debbono essere individuate non solo in fatti riconducibili
a reati contro la pubblica amministrazione,  ma  anche  a  vicende  e
situazioni che sono propedeutici alla commissione di questi ultimi  o
che  comunque  sono  ad   esse   contigue.   Si   pensi,   a   titolo
esemplificativo, ai reati di truffa aggravata di cui all'art. 640-bis
c.p., di riciclaggio (art. 648-bis c.p.), a quelli  di  dichiarazione
fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per  operazioni
inesistenti ovvero con altri artifici, l'emissione di fatture e altri
documenti per operazioni inesistenti, l'occultamento o la distruzione
di documenti contabili finalizzata all'evasione fiscale (articoli  2,
3, 8 e 10 del decreto legislativo n. 74/2000),  i  delitti  di  false
comunicazioni sociali (articoli 2621 e 2622 c.c.). 
    Inoltre, non si puo' escludere  che  la  presenza  di  situazioni
anomale di cui al comma  1  possa  essere  ricondotta  a  fattispecie
distorsive  della  regolarita'  e  trasparenza  delle  procedure   di
aggiudicazione  quali  ad  esempio:  la  comprovata  sussistenza   di
collegamenti sostanziali  tra  imprese  partecipanti  alla  gara;  la
rilevata sussistenza di accordi di desistenza artatamente orientati a
favorire l'aggiudicazione nei confronti di un'impresa;  la  accertata
violazione dei principi che sorreggono la trasparenza delle procedure
ad  evidenza  pubblica,  qualora  da  elementi  di   contesto   possa
formularsi un giudizio di  probabile  riconducibilita'  del  fatto  a
propositi di illecita interferenza. 
    Il comma 1 richiede, inoltre, che gli elementi riscontrati  siano
«sintomatici» di condotte illecite o eventi criminali. La  norma  non
subordina, dunque, l'applicazione delle  misure  all'acquisizione  di
una certezza probatoria, tipica del procedimento penale. 
    E' sufficiente, piuttosto, che  gli  elementi  riscontrati  siano
indicativi della probabilita' dell'esistenza delle predette  condotte
ed eventi, probabilita' che deve essere ritenuta sulla  base  di  una
valutazione discrezionale delle circostanze emerse, le  quali  devono
essere, comunque, connotate da tratti di pregnanza ed attualita'. 
    Il secondo ordine di presupposti, riguarda, invece  il  grado  di
rilevanza delle  fattispecie  elencate  alle  lettere  a)  e  b)  del
ricordato comma 1. 
    Lo stesso comma 1 stabilisce che, perche' possa  essere  irrogata
una delle misure in argomento, le predette fattispecie devono  essere
connotate da fatti accertati e gravi. 
    Nel contesto delle misure introdotte dall'art. 32 - destinate  ad
intervenire  in  un  momento  antecedente  al  giudicato   -   devono
considerarsi  «fatti  accertati»  quelli  corroborati  da   riscontri
oggettivi, mentre il requisito della «gravita'», richiamato anche dal
comma 2, implica che i fatti stessi abbiano raggiunto un  livello  di
concretezza tale da rendere  probabile  un  giudizio  prognostico  di
responsabilita' nei confronti dei soggetti della compagine di impresa
per condotte illecite o criminali. 
    L'art. 32 delinea un procedimento articolato in due step: 
      il primo, consiste nella proposta che il Presidente  dell'ANAC,
all'esito di una valutazione  delle  situazioni  emerse,  rivolge  al
Prefetto competente, indicando la misura ritenuta  piu'  adeguata  da
adottare; 
      il secondo consiste nell'adozione della  misura  da  parte  del
Prefetto. 
    I due segmenti  non  costituiscono  evidentemente  «compartimenti
stagni»; piuttosto l'art. 32 prefigura una  procedura  «a  formazione
progressiva»: alla proposta motivata del Presidente  dell'ANAC  segue
un'autonoma fase valutativa del Prefetto che puo' giovarsi  anche  di
ulteriori approfondimenti, anche attraverso momenti di interlocuzione
con la stessa Autorita'. 
    Come si e' gia' accennato, l'art. 32, in attuazione del principio
di proporzionalita', gradua le misure da applicare in  ragione  della
gravita' della situazione in cui versa l'impresa. 
    A tal fine, la disposizione distingue due ipotesi. 
    La prima riguarda il caso in cui le fattispecie elencate al comma
1, lettere a) e b) interessino i soggetti  componenti  degli  «organi
sociali».  Anche  in  questo  caso,  ferma  restando   le   possibili
precisazioni che potranno provenire dalla legge di conversione,  pare
logico ritenere che tale espressione sia da intendersi riferita  agli
organi titolari dei poteri di amministrazione. 
    L'art. 32 prevede che, laddove la situazione  verificatasi  possa
essere superata attraverso un allontanamento del soggetto titolare  o
componente dell'organo sociale coinvolto nelle predette  vicende,  il
Prefetto applichera' la misura di cui al comma 1,  lettera  a).  Tale
misura consiste nell'ordine di rinnovare  l'organo  sociale  mediante
sostituzione del  soggetto  coinvolto  entro  il  termine  di  trenta
giorni, ovvero, nei casi piu' gravi, di dieci giorni (comma 2). 
    Nel caso in cui l'impresa non  abbia  ottemperato  all'ordine  di
rinnovazione  dell'organo  sociale  ovvero  nel  caso   in   cui   la
rinnovazione dell'organo sociale non risulti sufficiente a  garantire
gli   interessi   di   tutela   della   legalita'   e   dell'immagine
dell'amministrazione (ad esempio, perche' le situazioni  verificatesi
interessano piu' organi o una pluralita' di loro componenti),  si  fa
luogo alla misura piu' penetrante della  straordinaria  e  temporanea
gestione dell'impresa «limitatamente  alla  completa  esecuzione  del
contratto di appalto». 
    Quest'ultimo inciso, salve  ulteriori  indicazioni  eventualmente
recate dalla legge di conversione, conferma la natura «ad contractum»
della misura in questione. In sostanza, l'intervento sostitutivo  non
viene ad implicare «l'azzeramento» degli organi sociali preesistenti,
ma si concretizza in un piu' limitato intervento di «sterilizzazione»
che appare  piu'  conforme,  nell'attuale  fase,  ad  un  prudenziale
criterio di non invadenza e di rispetto dell'autonomia di impresa. 
    Pertanto, gli amministratori nominati dal Prefetto  sostituiranno
i titolari degli organi sociali dotati di  omologhi  poteri  soltanto
per cio' che concerne la gestione delle attivita' di impresa connesse
all'esecuzione dell'appalto da cui trae origine la misura. 
    Viceversa, gli organi sociali «ordinari» resteranno in carica per
lo svolgimento di tutti gli altri  affari  riguardanti  lo  stesso  o
altri eventuali settori dell'attivita' economica dell'azienda. 
    Si realizza in tal modo una  forma  di  gestione  separata  e  «a
tempo»  di  un  segmento  dell'impresa,  finalizzata   esclusivamente
all'esecuzione dell'appalto pubblico, le cui modalita' di  attuazione
e di governance potranno essere definite anche attraverso il  ricorso
agli strumenti previsti dall'ordinamento -  si  pensi  ad  esempio  a
quelli regolati dall'art. 2447-bis c.c. -  che  consentono  forme  di
destinazione specifica  del  patrimonio  sociale  ad  un  determinato
affare. 
    Con l'atto che dispone tale misura, il Prefetto provvede anche: 
      alla nomina di nuovi amministratori  (fino  ad  un  massimo  di
tre),  scelti   tra   soggetti   in   possesso   dei   requisiti   di
professionalita' e moralita' previsti  dal  decreto  ministeriale  10
aprile 2013, n. 60, per  coloro  che  vengono  chiamati  a  ricoprire
l'incarico di  commissario  giudiziale  e  commissario  straordinario
nelle procedure di amministrazione straordinaria di  cui  al  decreto
legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (comma 2); 
      alla  determinazione  del  compenso   spettante   ai   predetti
amministratori,  calcolato  sulla  base  delle  tabelle  allegate  al
decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14, che regola gli emolumenti
da corrispondere agli amministratori giudiziari (comma 6); 
      la durata della straordinaria e temporanea  gestione  che  deve
essere  commisurata  alle  esigenze   connesse   alla   realizzazione
dell'appalto pubblico oggetto del contratto. 
    Si attira  l'attenzione  sulla  necessita'  che  l'individuazione
degli amministratori venga operata secondo  criteri  di  rotazione  e
trasparenza,  evitando  situazioni  di  cumulo  di  incarichi  e   di
conflitto di interesse. Altro fattore  da  tenere  in  considerazione
potra' essere il background  professionale  dei  possibili  candidati
all'incarico   che   dovra'   essere   adeguato   alla   complessita'
dell'azienda da sottoporre alla misura in commento. 
    Con  la  straordinaria  e  temporanea  gestione,   sono   sospesi
l'esercizio dei  poteri  di  disposizione  e  gestione  dei  titolari
dell'impresa,  nonche'  i  poteri  dell'assemblea   dei   soci.   Gli
amministratori nominati dal Prefetto assumono, invece, i poteri degli
organi di amministrazione  limitatamente  al  segmento  di  attivita'
riguardante l'esecuzione dell'appalto pubblico da cui trae origine la
misura, provvedendo per le somme introitate dall'impresa ad osservare
le particolari regole stabilite al comma 7. 
    Si richiama, infine, l'attenzione sul comma 5  che  individua  le
ipotesi  di  cessazione  anticipata  della  rinnovazione  dell'organo
sociale e della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa. 
    La norma prevede, infatti, che  il  Prefetto  debba  revocare  le
predette misure nel caso in  cui  sopravvenga  un  provvedimento  che
dispone la confisca, il  sequestro  o  l'amministrazione  giudiziaria
dell'impresa. 
    Tali ipotesi non escludono comunque la possibilita' che la revoca
del provvedimento possa essere disposta nell'esercizio  del  generale
potere di autotutela disciplinato dall'art. 21-quinquies della  legge
7 agosto 1990, n. 241. 
    Ancorche' cio' non sia espressamente previsto, si ritiene che  la
revoca debba essere  disposta  anche  nel  caso  in  cui  l'Autorita'
Giudiziaria  adotti  un  provvedimento   che   escluda   ipotesi   di
responsabilita' dell'operatore economico nelle vicende che hanno dato
luogo alle misure (sentenze di non luogo a luogo a procedere adottata
per motivi diversi dall'estinzione del reato, sentenze di assoluzione
adottate ai sensi dell'art. 530, comma 1, c.p.p.).  In  tali  ipotesi
viene infatti meno il presupposto  sulla  base  del  quale  e'  stato
adottato il provvedimento conformativo dell'attivita' di impresa. 
    Si ritiene, invece, che la revoca debba essere proceduta  da  una
valutazione discrezionale, sviluppata dal Prefetto  d'intesa  con  il
Presidente dell'ANAC, nell'ipotesi in cui sopravvengano  sentenze  di
proscioglimento per motivi diversi da quelli sopra indicati, sentenze
di  applicazione  della  pena  su  richiesta  delle   parti,   ovvero
provvedimenti che determinano la cessazione  delle  misure  cautelari
disposte  dall'Autorita'  Giudiziaria.  In  tali  ipotesi,   infatti,
occorrera' valutare se i provvedimenti sopravvenuti siano in grado di
far ritenere che  sia  venuto  meno  il  profilo  di  responsabilita'
addebitabile all'impresa o che esso si sia comunque attenuato  al  di
sotto della soglia di certezza  o  gravita'  richiesta  dal  comma  1
dell'art. 32. 
    Una misura diversa viene, infine, prevista nell'ipotesi in cui le
indagini concernenti  le  situazioni  di  cui  al  predetto  comma  1
riguardino componenti  diversi  dagli  organi  sociali,  propriamente
titolari dei poteri di amministrazione. 
    Tale fattispecie presuppone un minor  livello  di  compromissione
dell'operatore economico e giustifica, in ragione  del  principio  di
proporzionalita',  l'adozione   di   una   misura   piu'   attenuata,
consistente nella nomina  di  uno  o  piu'  esperti  con  compiti  di
monitoraggio  e  sostegno  dell'impresa  (comunque  in   numero   non
superiore a tre), nominati  dal  Prefetto  tra  coloro  che  sono  in
possesso dei requisiti di professionalita' e moralita' di cui al gia'
menzionato decreto ministeriale n. 60/2013. 
    Il  procedimento  di   nomina   degli   esperti   e   quello   di
determinazione del loro compenso e' regolato in termini coincidenti a
quelli previsti per gli amministratori incaricati della straordinaria
e temporanea gestione dell'impresa, per cui si rinvia a  quanto  gia'
detto sopra sull'argomento. 
    Vale piuttosto la  pena  soffermare  l'attenzione  sull'obiettivo
perseguito dalla finalita' in  commento  che  consiste  nell'inserire
all'interno della compagine di impresa un  «presidio»,  in  grado  di
stimolare l'avvio di un percorso finalizzato  a  riportare  la  linea
gestionale su binari di legalita' e trasparenza. 
    A tal  fine,  infatti,  l'art.  32,  comma  8,  attribuisce  agli
amministratori  il  potere  di   fornire   all'impresa   prescrizioni
operative, riferite ai seguenti aspetti della vita dell'azienda: 
      ambiti organizzativi; 
      sistema di controllo interno; 
      organi amministrativi e di controllo. 
    Sebbene non espressamente richiamato e' evidente che le  suddette
prescrizioni possono trovare un significativo  punto  di  riferimento
nei modelli  di  organizzazione  previsti  dall'art.  6  del  decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231. 
    L'art.  32,  in  effetti,  non  precisa  le  conseguenze  che  si
determinano  nel  caso  in  cui  l'impresa  non  si   uniformi   alle
prescrizioni impartite dagli esperti. Appare, pero', evidente che  un
simile atteggiamento puo' integrare i  contorni  di  quelle  anomalie
che, in  virtu'  del  comma  1,  legittimano  l'adozione  della  piu'
penetrante  misura  della   straordinaria   e   temporanea   gestione
dell'impresa. 
    Il descritto procedimento trova applicazione anche  nei  casi  in
cui  sia  stata  emessa  dal   prefetto   un'informazione   antimafia
interdittiva e si sia in presenza dei presupposti di cui al comma  10
dello stesso art. 32. In questi  casi  le  misure  sono  disposte  di
propria  iniziativa  dal  Prefetto  che  ne  informa  il   presidente
dell'ANAC. 
    Al riguardo saranno fornite dal Ministero dell'interno specifiche
indicazioni ai Prefetti per  la  fase  di  prima  applicazione  della
cennata disposizione. 
 
4. Indirizzi concernenti i protocolli  di  legalita'  in  materia  di
appalti pubblici. 
 
    Il settore dei contratti pubblici continua ad essere tuttora  una
delle aree piu' esposte non solo ai tentativi di infiltrazione  delle
mafie, ma anche alle interferenze e pressioni dei comitati d'affari e
della criminalita' comune. 
    Coerentemente, quindi, con la  svolta  impressa  dalla  legge  n.
190/2012, e' fondamentale che alla repressione  sul  piano  puramente
penale si affianchi  una  capillare  azione  di  prevenzione  in  via
amministrativa che possa far leva non solo  sul  rafforzamento  degli
strumenti normativi ma anche su quelli di carattere pattizio. 
    Il naturale punto di riferimento e' l'esperienza  dei  protocolli
di legalita' stipulati tra Prefetture e Stazioni appaltanti che,  nel
corso di  questi  anni,  ha  consentito  di  elevare  la  cornice  di
sicurezza  sia  degli  interventi   infrastrutturali   di   interesse
strategico,  sia  di   altri   appalti   pubblici,   attraverso   una
corresponsabilizzazione di tutte le parti contraenti,  sia  pubbliche
che private. 
    Appare, pertanto, strategico ampliare l'ambito di operativita' di
tali strumenti anche oltre il tradizionale campo delle  infiltrazioni
mafiose per farne un mezzo di prevenzione di portata  piu'  generale,
capace  di  interporre  efficaci  barriere  contro  le   interferenze
illecite nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici. 
    Un'evoluzione in questo senso degli strumenti  di  collaborazione
pattizia  appare  pienamente  giustificata  dalla  constatazione  che
frequentemente  le  infiltrazioni  della   criminalita'   organizzata
finiscono per saldarsi con i fenomeni corruttivi  e  di  mala  gestio
della cosa pubblica. 
    Alla luce di cio', si raccomanda vivamente  ai  Prefetti  e  alle
altre  Amministrazioni  ed  enti  operanti  in  veste   di   Stazione
appaltante che le iniziative  collaborative  volte  a  rafforzare  la
cornice di legalita' nel segmento dei contratti pubblici, si ispirino
ad un modello di protocolli di legalita' di «nuova generazione». 
    Tale  forma  di   cooperazione   rafforzata   si   concretizzera'
nell'introduzione, accanto alle tradizionali clausole  antimafia,  di
pattuizioni tese a rafforzare gli impegni  alla  trasparenza  e  alla
legalita', pure in ambiti non strettamente riconducibili ai rischi di
aggressione da parte del crimine organizzato. 
    Piu' in particolare, in linea con  la  disciplina  pattizia  gia'
vigente circa l'obbligo di  denuncia  dei  tentativi  di  estorsione,
appare opportuno che i protocolli di «nuova  generazione»  contengano
clausole volte a riconoscere alla Stazione appaltante la potesta'  di
azionare la clausola risolutiva espressa,  ai  sensi  dell'art.  1456
c.c., ogni qualvolta l'impresa non dia comunicazione del tentativo di
concussione subito, risultante da una misura cautelare o dal disposto
rinvio  a  giudizio  nei   confronti   dell'amministratore   pubblico
responsabile dell'aggiudicazione. 
    Sempre per le finalita' in discorso, appare indispensabile che  i
medesimi protocolli  prevedano,  altresi',  la  possibilita'  per  la
Stazione appaltante di attivare lo strumento risolutorio in  tutti  i
casi in cui,  da  evidenze  giudiziarie  consolidate  in  una  misura
cautelare o in un provvedimento di rinvio  a  giudizio,  si  palesino
accordi  corruttivi  tra  il  soggetto  aggiudicatore   e   l'impresa
aggiudicataria.  Nell'unire  in  Allegato  C  uno  schema-tipo  delle
predette clausole, si evidenzia che l'attivazione di  tali  strumenti
risolutori dovra' essere coordinata con i poteri attribuiti  all'ANAC
dal decreto-legge 90/2014. 
    A tal fine, appare opportuno che l'esercizio  della  potesta'  di
risoluzione contrattuale da parte del  soggetto  aggiudicatore  venga
previamente sottoposta alla valutazione dell'ANAC, per  consentire  a
quest'ultima di verificare se - in ragione dello stato di avanzamento
dei lavori, o  del  rischio  di  compromissione  della  realizzazione
dell'opera, tenuto anche conto della rilevanza  della  stessa  -  sia
preferibile proseguire nel rapporto contrattuale, previo il rinnovo o
la sostituzione degli organi dell'impresa aggiudicataria  interessata
dalle vicende corruttive, secondo le modalita' stabilite dal ripetuto
decreto-legge.