Art. 3 
 
 
                             Definizioni 
 
  1. Ai fini del presente decreto si intende per: 
    a) "consistenza dell'allevamento": il numero dei capi di bestiame
mediamente  presenti  nell'allevamento  nel  corso  dell'anno  solare
corrente; 
    b) "stallatico": ai sensi dell'art. 3, numero 20) del regolamento
(CE)  n.  1069/2009  gli  escrementi  e/o  l'urina  di   animali   di
allevamento diversi dai pesci d'allevamento, con o senza lettiera; 
    c) "effluente di allevamento": le deiezioni del  bestiame  o  una
miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma  di
prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da  attivita'
di piscicoltura provenienti da impianti di acqua dolce; 
    d)  "liquami":  effluenti  di  allevamento  non  palabili.   Sono
assimilati ai liquami i digestati tal quali, le frazioni chiarificate
dei digestati, e se provenienti dall'attivita' di allevamento: 
      1) i liquidi di  sgrondo  di  materiali  palabili  in  fase  di
stoccaggio; 
      2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame; 
      3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera; 
      4) le frazioni non  palabili,  da  destinare  all'utilizzazione
agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti di  allevamento  di
cui all'Allegato I, tabella 3; 
      5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati; 
      6) le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed  impianti
zootecnici  non  contenenti  sostanze  pericolose,  se  mescolate  ai
liquami  definiti  alla  presente  lettera  e  qualora  destinate  ad
utilizzo agronomico.  Qualora  tali  acque  non  siano  mescolate  ai
liquami sono assoggettate alle disposizioni di cui al Titolo III  del
presente decreto; 
      7) eventuali residui di alimenti zootecnici; 
    e) "letami": effluenti di allevamento  palabili,  provenienti  da
allevamenti che impiegano la lettiera. Sono assimilati ai letami,  le
frazioni palabili dei digestati, e se provenienti  dall'attivita'  di
allevamento: 
      1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli; 
      2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate  a  lettiera
rese palabili da processi di disidratazione  naturali  o  artificiali
che hanno luogo sia all'interno, sia all'esterno dei ricoveri; 
      3)  le  frazioni  palabili,  da   destinare   all'utilizzazione
agronomica, risultanti da trattamenti di effluenti di allevamento  di
cui all'Allegato I, tabella 3; 
      4) i letami, i  liquami  o  i  materiali  ad  essi  assimilati,
sottoposti a trattamento di disidratazione oppure di compostaggio; 
    f) "acque reflue": le acque reflue che  non  contengono  sostanze
pericolose e provengono, ai sensi dell'art. 112, comma 1, e dell'art.
101, comma 7, lettere a), b) e c), del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152, dalle seguenti aziende: 
      1) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del  terreno
oppure alla silvicoltura; 
      2) imprese dedite all'allevamento di bestiame; 
      3) imprese dedite alle attivita' di cui ai numeri 1) e  2)  che
esercitano anche attivita'  di  trasformazione  o  di  valorizzazione
della produzione agricola, inserita con  carattere  di  normalita'  e
complementarieta' funzionale nel ciclo  produttivo  aziendale  e  con
materia   prima   lavorata   proveniente   in    misura    prevalente
dall'attivita'  di  coltivazione  dei  terreni  di  cui  si  abbia  a
qualunque titolo la disponibilita'; 
      4) piccole aziende agro-alimentari di cui alla lettera m); 
    g)  "utilizzazione  agronomica":  la  gestione  di  effluenti  di
allevamento, acque di vegetazione residuate dalla  lavorazione  delle
olive, acque reflue di cui alla lettera f), e digestato,  dalla  loro
produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al  loro  utilizzo
irriguo  o  fertirriguo,  finalizzati  all'utilizzo  delle   sostanze
nutritive e ammendanti in essi contenute; 
    h) "fertirrigazione": l'applicazione al suolo effettuata mediante
l'abbinamento dell'adacquamento con  la  fertilizzazione,  attraverso
l'addizione controllata alle acque irrigue  di  quote  di  liquame  o
della frazione liquida del digestato; 
    i)  "residui  dell'attivita'  agroalimentare":   i   residui   di
produzione  individuati  nell'Allegato  IX   al   presente   decreto,
derivanti da trasformazioni o valorizzazioni  di  prodotti  agricoli,
effettuate da imprese agricole di cui all'art. 2135 del codice civile
o da altre imprese agroindustriali,  a  condizione  che  derivino  da
processi che  non  rilasciano  sostanze  chimiche,  conformemente  al
regolamento (CE) n. 1907/2006; 
    j) "stoccaggio": deposito  di  effluenti  di  allevamento,  acque
reflue o digestato  effettuato  nel  rispetto  dei  criteri  e  delle
condizioni di cui al presente decreto; 
    k)  "accumulo  di  letami":  deposito  di  letami  effettuato  in
prossimita', ovvero sui terreni oggetto di utilizzazione  agronomica,
nel rispetto delle quantita' massime  e  delle  condizioni  stabilite
all'art. 11. 
    l) "trattamento": qualsiasi operazione effettuata su materiali  e
sostanze rientranti nel campo di applicazione del  presente  decreto,
da soli  o  in  miscela  tra  loro,  compresi  lo  stoccaggio,  e  la
digestione  anaerobica,  che  sia  idonea  a   modificare   le   loro
caratteristiche agronomiche valorizzandone  gli  effetti  ammendanti,
fertilizzanti, concimanti, correttivi, fertirrigui ovvero riducendo i
rischi igienico-sanitari  e  ambientali  connessi  all'utilizzazione,
purche' senza addizione di sostanze estranee; 
    m) "piccole aziende  agroalimentari":  le  aziende  operanti  nei
settori  lattiero-caseario,   vitivinicolo   e   ortofrutticolo   che
producono quantitativi di acque reflue non superiori a 4000 m3/anno e
quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di
stoccaggio, non superiori a 1.000 kg/anno; 
    n)  "digestione   anaerobica"   (DA):   processo   biologico   di
degradazione  della  sostanza  organica  in  condizioni   anaerobiche
controllate, finalizzato alla produzione del biogas, e con produzione
di digestato; 
    o) "digestato": materiale derivante dalla  digestione  anaerobica
delle matrici e delle sostanze di cui all'art. 22, comma 1, , da soli
e o in miscela tra loro; 
    p) "impianto di digestione anaerobica": l'insieme del sistema  di
stoccaggio,   delle   vasche   idrolisi   delle    biomasse,    delle
apparecchiature di trasferimento  dal  substrato  ai  digestori,  dei
digestori e gasometri, delle tubazioni di convogliamento del gas, dei
sistemi di pompaggio, condizionamento e trattamento del gas, di tutti
i gruppi di generazione (gruppi motore-alternatore) e del sistema  di
trattamento  dei  fumi,  nonche'  impianti  ed  attrezzature  per  la
produzione di biometano; 
    q) "impianto aziendale": impianto  di  digestione  anaerobica  al
servizio  di  una  singola  impresa  agricola  che   sia   alimentato
prevalentemente o esclusivamente con le matrici o le sostanze di  cui
all'art. 22, comma 1, provenienti dall'attivita' svolta  dall'impresa
medesima; 
    r) "impianto interaziendale": impianto di digestione  anaerobica,
diverso dall'impianto aziendale, che sia alimentato con le matrici  o
le sostanze di cui all'art. 22, comma 1,  provenienti  esclusivamente
da imprese agricole o agroindustriali  associate  o  consorziate  con
l'impresa che ha la proprieta' o  la  gestione  dell'impianto  o  che
abbiano stipulato con essa apposito contratto di fornitura di  durata
minima pluriennale; 
    s) "MAS"  quantita'  massima  di  azoto  efficiente  ammessa  per
singola coltura al fine di conseguire la resa  mediamente  ottenibile
nella  condizioni  di  campo  di  una  determinata   area   agricola,
individuata nell'Allegato X al presente decreto; 
    t) "destinatario": l'impresa agricola che riceve i materiali e le
sostanze di  cui  al  presente  decreto  destinate  all'utilizzazione
agronomica su terreni di cui ha la disponibilita'; 
    u) "area aziendale omogenea": porzione della superficie aziendale
uniforme per caratteristiche  quali  ad  esempio  quelle  dei  suoli,
avvicendamenti colturali, tecniche colturali,  rese  colturali,  dati
meteorologici  e  livello   di   vulnerabilita'   individuato   dalla
cartografia regionale delle zone vulnerabili ai nitrati; 
    v) "codice di buona pratica agricola" (CBPA): il codice di cui al
decreto 19 aprile 1999 del Ministro per le politiche agricole.