Art. 17 
 
 
                        Regime penitenziario 
 
  1.  L'esecuzione   della   pena   inflitta   dalla   Corte   penale
internazionale e' regolata dalle disposizioni della legge  26  luglio
1975, n. 354, e della presente legge, in conformita' allo  statuto  e
al Regolamento di procedura e prova della stessa Corte. 
  2. Il Ministro della giustizia puo' disporre, informandone la Corte
penale internazionale, l'applicazione del regime di cui  all'articolo
41-bis  della  legge  26  luglio   1975,   n.   354,   e   successive
modificazioni, ai detenuti per  i  delitti  previsti  dalla  presente
legge. 
  3. L'esame  dei  detenuti  nei  cui  confronti  e'  stata  disposta
l'applicazione del regime di cui al comma  2  del  presente  articolo
puo' avvenire nei  luoghi  e  secondo  le  modalita'  previsti  dagli
articoli  145-bis  e  146-bis   delle   norme   di   attuazione,   di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al
decreto  legislativo  28  luglio   1989,   n.   271,   e   successive
modificazioni. 
 
          Note all'art. 17: 
              - La  legge  26  luglio  1975,  n.  354,  reca:  «Norme
          sull'ordinamento  penitenziario  e  sull'esecuzione   delle
          misure privative e limitative della liberta'.». 
              - Si riporta il testo  dell'art.  41-bis  della  citata
          legge 26 luglio 1975, n. 354: 
              «Art. 41-bis (Situazioni di emergenza). -  1.  In  casi
          eccezionali di rivolta  o  di  altre  gravi  situazioni  di
          emergenza, il  Ministro  della  giustizia  ha  facolta'  di
          sospendere nell'istituto interessato o  in  parte  di  esso
          l'applicazione delle  normali  regole  di  trattamento  dei
          detenuti e degli  internati.  La  sospensione  deve  essere
          motivata dalla necessita' di  ripristinare  l'ordine  e  la
          sicurezza  e  ha  la  durata  strettamente  necessaria   al
          conseguimento del fine suddetto. 
              2.  Quando  ricorrano  gravi  motivi  di  ordine  e  di
          sicurezza  pubblica,  anche  a   richiesta   del   Ministro
          dell'interno, il Ministro della giustizia  ha  altresi'  la
          facolta' di sospendere, in tutto o in parte, nei  confronti
          dei detenuti o internati per taluno dei delitti di  cui  al
          primo periodo del comma 1 dell'art. 4-bis o comunque per un
          delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni
          o al fine di agevolare l'associazione di tipo  mafioso,  in
          relazione ai quali vi siano elementi tali da  far  ritenere
          la  sussistenza   di   collegamenti   con   un'associazione
          criminale, terroristica o  eversiva,  l'applicazione  delle
          regole di  trattamento  e  degli  istituti  previsti  dalla
          presente legge che possano porsi in concreto contrasto  con
          le esigenze  di  ordine  e  di  sicurezza.  La  sospensione
          comporta le restrizioni necessarie per  il  soddisfacimento
          delle predette esigenze e per impedire i  collegamenti  con
          l'associazione di cui al periodo  precedente.  In  caso  di
          unificazione di pene concorrenti o di concorrenza  di  piu'
          titoli di custodia cautelare, la  sospensione  puo'  essere
          disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena  o
          di misura cautelare relativa ai delitti indicati  nell'art.
          4-bis. 
              2-bis. Il provvedimento emesso ai sensi del comma 2  e'
          adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia,
          anche  su  richiesta  del  Ministro  dell'interno,  sentito
          l'ufficio del pubblico ministero che procede alle  indagini
          preliminari ovvero quello presso il  giudice  procedente  e
          acquisita ogni  altra  necessaria  informazione  presso  la
          Direzione  nazionale  antimafia,  gli  organi  di   polizia
          centrali e quelli specializzati  nell'azione  di  contrasto
          alla criminalita'  organizzata,  terroristica  o  eversiva,
          nell'ambito delle rispettive competenze.  Il  provvedimento
          medesimo ha durata pari a quattro anni  ed  e'  prorogabile
          nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari  a
          due anni. La proroga e'  disposta  quando  risulta  che  la
          capacita'  di  mantenere  collegamenti  con  l'associazione
          criminale, terroristica o  eversiva  non  e'  venuta  meno,
          tenuto conto anche del profilo criminale e della  posizione
          rivestita dal  soggetto  in  seno  all'associazione,  della
          perdurante  operativita'  del  sodalizio  criminale,  della
          sopravvenienza di nuove incriminazioni non  precedentemente
          valutate, degli esiti del trattamento penitenziario  e  del
          tenore di  vita  dei  familiari  del  sottoposto.  Il  mero
          decorso del tempo non costituisce,  di  per  se',  elemento
          sufficiente per  escludere  la  capacita'  di  mantenere  i
          collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir  meno
          dell'operativita' della stessa. 
              2-ter. (Abrogato). 
              2-quater. I detenuti sottoposti al regime  speciale  di
          detenzione devono essere ristretti all'interno di  istituti
          a loro esclusivamente dedicati,  collocati  preferibilmente
          in aree insulari, ovvero comunque  all'interno  di  sezioni
          speciali e logisticamente separate dal resto  dell'istituto
          e  custoditi  da  reparti   specializzati   della   polizia
          penitenziaria. La sospensione delle regole di trattamento e
          degli istituti di cui al comma 2: 
                a) l'adozione di misure di elevata sicurezza  interna
          ed esterna, con riguardo principalmente alla necessita'  di
          prevenire  contatti  con  l'organizzazione   criminale   di
          appartenenza  o  di  attuale  riferimento,  contrasti   con
          elementi di organizzazioni  contrapposte,  interazione  con
          altri  detenuti  o  internati  appartenenti  alla  medesima
          organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate; 
                b) la determinazione dei colloqui nel numero  di  uno
          al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed  in
          locali attrezzati in  modo  da  impedire  il  passaggio  di
          oggetti. Sono vietati i colloqui con  persone  diverse  dai
          familiari e conviventi, salvo casi eccezionali  determinati
          volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli
          imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado,
          dall'autorita' giudiziaria competente ai  sensi  di  quanto
          stabilito  nel  secondo  comma  dell'art.  11.  I  colloqui
          vengono sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione,
          previa motivata autorizzazione  dell'autorita'  giudiziaria
          competente ai sensi del medesimo  secondo  comma  dell'art.
          11; solo per coloro che non effettuano colloqui puo' essere
          autorizzato,  con  provvedimento  motivato  del   direttore
          dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla  pronuncia
          della sentenza di primo grado,  dall'autorita'  giudiziaria
          competente ai sensi di quanto stabilito nel  secondo  comma
          dell'art. 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione,
          un  colloquio  telefonico  mensile  con   i   familiari   e
          conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto,
          comunque,  a  registrazione.  I  colloqui   cono   comunque
          videoregistrati. Le disposizioni della presente lettera non
          si applicano ai colloqui con i difensori con i quali potra'
          effettuarsi,  fino  ad  un  massimo  di  tre   volte   alla
          settimana, una  telefonata  o  un  colloquio  della  stessa
          durata di quelli previsti con i familiari; 
                c) la limitazione  delle  somme,  dei  beni  e  degli
          oggetti che possono essere ricevuti dall'esterno; 
                d) l'esclusione dalle rappresentanze dei  detenuti  e
          degli internati; 
                e)  la  sottoposizione  a  visto  di  censura   della
          corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento  o
          con autorita' europee  o  nazionali  aventi  competenza  in
          materia di giustizia; 
                f) la limitazione della  permanenza  all'aperto,  che
          non puo' svolgersi in gruppi superiori a  quattro  persone,
          ad una durata non superiore  a  due  ore  al  giorno  fermo
          restando il limite minimo di cui al primo  comma  dell'art.
          10. Saranno inoltre adottate tutte le necessarie misure  di
          sicurezza,  anche   attraverso   accorgimenti   di   natura
          logistica sui locali di detenzione, volte a  garantire  che
          sia assicurata la assoluta impossibilita' di comunicare tra
          detenuti  appartenenti  a  diversi  gruppi  di  socialita',
          scambiare oggetti e cuocere cibi. 
              2-quinquies. Il detenuto o  l'internato  nei  confronti
          del quale e' stata disposta o prorogata l'applicazione  del
          regime di cui al comma  2,  ovvero  il  difensore,  possono
          proporre reclamo avverso il  procedimento  applicativo.  Il
          reclamo e' presentato nel termine  di  venti  giorni  dalla
          comunicazione del provvedimento e su di esso e'  competente
          a decidere il tribunale di sorveglianza di Roma. Il reclamo
          non sospende l'esecuzione del provvedimento. 
              2-sexies.  Il  tribunale,  entro   dieci   giorni   dal
          ricevimento del reclamo di cui al comma 2-quinquies, decide
          in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli
          666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza
          dei   presupposti   per   l'adozione   del   provvedimento.
          All'udienza  le  funzioni  di  pubblico  ministero  possono
          essere altresi' svolte da  un  rappresentante  dell'ufficio
          del procuratore della Repubblica di cui al  comma  2-bis  o
          del  procuratore  nazionale   antimafia.   Il   procuratore
          nazionale antimafia, il procuratore di cui al comma  2-bis,
          il procuratore  generale  presso  la  corte  d'appello,  il
          detenuto, l'internato  o  il  difensore  possono  proporre,
          entro dieci giorni dalla  sua  comunicazione,  ricorso  per
          cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione
          di  legge.  Il  ricorso  non  sospende   l'esecuzione   del
          provvedimento ed e' trasmesso senza ritardo alla  Corte  di
          cassazione. Se il reclamo viene accolto, il Ministro  della
          giustizia, ove intenda disporre un nuovo  provvedimento  ai
          sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione  del
          tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non
          valutati in sede di reclamo. 
              2-septies.  Per  la  partecipazione  del   detenuto   o
          dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni  di
          cui  all'art.  146-bis  delle  norme  di   attuazione,   di
          coordinamento e transitorie del codice di procedura penale,
          di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.». 
              - Si riporta il testo degli articoli 145-bis e  146-bis
          delle norme di attuazione, di coordinamento  e  transitorie
          del  codice  di  procedura  penale,  di  cui   al   decreto
          legislativo 28 luglio 1989, n. 271: 
              «Art. 145-bis (Aule di  udienza  protette).  -  1.  Nei
          procedimenti per taluno dei reati  indicati  nell'art.  51,
          comma 3-bis, del codice, quando e' necessario, per  ragioni
          di sicurezza, utilizzare aule protette e queste  non  siano
          disponibili   nella   sede   giudiziaria   territorialmente
          competente,  il  Presidente  della  Corte   d'appello,   su
          proposta del Presidente  del  tribunale,  individua  l'aula
          protetta per il  dibattimento  nell'ambito  del  distretto.
          Qualora l'aula protetta non sia disponibile nell'ambito del
          distretto,  il  Ministero  della  giustizia   fornisce   al
          Presidente della Corte d'appello nel cui distretto si trova
          il giudice competente l'indicazione dell'aula  disponibile,
          individuata nel distretto di corte d'appello piu' vicino. 
              2. Il provvedimento di cui ai commi  che  precedono  e'
          adottato prima della notificazione del decreto di citazione
          che dispone il giudizio a norma dell'art. 133.». 
              «Art.  146-bis  (Partecipazione   al   dibattimento   a
          distanza). - 1. Quando si procede per  taluno  dei  delitti
          indicati nell'art. 51, comma 3-bis, nonche' nell'art.  407,
          comma 2, lettera a), n. 4  del  codice,  nei  confronti  di
          persona che si trova,  a  qualsiasi  titolo,  in  stato  di
          detenzione in carcere, la  partecipazione  al  dibattimento
          avviene a distanza nei seguenti casi: 
                a) qualora sussistano gravi ragioni di sicurezza o di
          ordine pubblico; 
                b)  qualora  il  dibattimento  sia   di   particolare
          complessita'  e  la  partecipazione  a   distanza   risulti
          necessaria  ad  evitare  ritardi   nel   suo   svolgimento.
          L'esigenza  di  evitare  ritardi  nello   svolgimento   del
          dibattimento e' valutata anche in relazione  al  fatto  che
          nei    confronti    dello     stesso     imputato     siano
          contemporaneamente  in  corso  distinti   processi   presso
          diverse sedi giudiziarie; 
                c) (abrogata). 
              1-bis.  Fuori  dai  casi  previsti  dal  comma  1,   la
          partecipazione al dibattimento  avviene  a  distanza  anche
          quando si procede nei confronti di detenuto al  quale  sono
          state applicate le misure di cui all'art. 41-bis, comma  2,
          della  legge  26  luglio  1975,  n.   354,   e   successive
          modificazioni,  nonche',  ove  possibile,  quando  si  deve
          udire, in qualita' di testimone, persona a qualunque titolo
          in stato di detenzione presso  un  istituto  penitenziario,
          salvo, in quest'ultimo caso, diversa motivata  disposizione
          del giudice. 
              2. La partecipazione  al  dibattimento  a  distanza  e'
          disposta, anche d'ufficio, dal presidente del  tribunale  o
          della corte di assise con  decreto  motivato  emesso  nella
          fase  degli  atti  preliminari,  ovvero  dal  giudice   con
          ordinanza  nel  corso  del  dibattimento.  Il  decreto   e'
          comunicato alle parti e ai difensori  almeno  dieci  giorni
          prima dell'udienza. 
              3. Quando e' disposta la partecipazione a distanza,  e'
          attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di  udienza
          e il luogo della custodia, con modalita' tali da assicurare
          la contestuale, effettiva  e  reciproca  visibilita'  delle
          persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilita'  di
          udire  quanto  vi  viene  detto.  Se  il  provvedimento  e'
          adottato nei confronti di piu' imputati che si  trovano,  a
          qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi,
          ciascuno e' posto altresi' in grado, con il medesimo mezzo,
          di vedere ed udire gli altri. 
              4. E'  sempre  consentito  al  difensore  o  a  un  suo
          sostituto di  essere  presente  nel  luogo  dove  si  trova
          l'imputato.  Il  difensore  o  il  suo  sostituto  presenti
          nell'aula  di  udienza  e  l'imputato  possono  consultarsi
          riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei. 
              5. Il luogo dove l'imputato si collega in  audiovisione
          e' equiparato all'aula di udienza. 
              6. Un ausiliario abilitato ad assistere il  giudice  in
          udienza designato dal giudice o, in caso  di  urgenza,  dal
          presidente e' presente nel luogo ove si trova l'imputato  e
          ne attesta  l'identita'  dando  atto  che  non  sono  posti
          impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle
          facolta' a lui spettanti.  Egli  da'  atto  altresi'  della
          osservanza delle disposizioni di  cui  al  comma  3  ed  al
          secondo periodo del comma 4 nonche', se ha  luogo  l'esame,
          delle cautele adottate per assicurarne la  regolarita'  con
          riferimento al luogo ove si trova. A tal  fine  interpella,
          ove occorra, l'imputato ed il  suo  difensore.  Durante  il
          tempo del dibattimento in  cui  non  si  procede  ad  esame
          dell'imputato  il  giudice  o,  in  caso  di  urgenza,   il
          presidente, puo' designare ad essere presente nel luogo ove
          si trova l'imputato, in vece dell'ausiliario, un  ufficiale
          di polizia giudiziaria scelto tra coloro che non  svolgono,
          ne'  hanno  svolto,  attivita'  di  investigazione   o   di
          protezione con riferimento all'imputato o ai  fatti  a  lui
          riferiti.   Delle   operazioni   svolte   l'ausiliario    o
          l'ufficiale di polizia giudiziaria redigono verbale a norma
          dell'art. 136 del codice. 
              7. Se nel dibattimento occorre procedere a confronto  o
          ricognizione dell'imputato o  ad  altro  atto  che  implica
          l'osservazione  della  sua  persona,  il  giudice,  ove  lo
          ritenga  indispensabile,  sentite  le  parti,  dispone   la
          presenza dell'imputato nell'aula di udienza  per  il  tempo
          necessario al compimento dell'atto.».