1.  La  presente circolare e' stata redatta allo scopo di fornire i
necessari  orientamenti  per  l'applicazione  dell'art. 8 del decreto
legislativo  n.  109/1992,  come  sostituito  dal decreto legislativo
25 febbraio  2000,  n.  68, nonche' della direttiva n. 1999/10/CE, in
corso  di  recepimento,  relativi  alla dichiarazione della quantita'
degli  ingredienti  -  in  seguito  detta  QUID  - che figurano nella
denominazione di vendita o sono posti in rilievo nell'etichettatura.
  Si  richiama al riguardo l'attenzione circa l'obbligo suddetto, che
riguarda  solo  gli  ingredienti  e  non  i  componenti  naturalmente
presenti nei prodotti alimentari. Pertanto il QUID non si applica, ad
esempio,  alla  caffeina,  alle vitamine e ai sali minerali contenuti
rispettivamente nel caffe' o nei succhi e nettari di frutta.
  2. Sono esentati dall'obbligo del QUID:
    a) gli   edulcoranti  e  lo  zucchero  alle  condizioni  previste
all'allegato  II,  parte  II,  del  decreto  n. 109/1992 e successive
modificazioni;
    b) le  vitamine  e  i  sali  minerali  oggetto  di  etichettatura
nutrizionale  ai  sensi  del decreto legislativo n. 77/1993 ovvero di
tabella nutrizionale ai sensi del decreto legislativo n. 111/1992;
    c) i  prodotti  alimentari  ai  quali  non  ancora  si applica la
direttiva  n.  79/112,  quali  i  prodotti  di  cacao e di cioccolato
disciplinati dalla legge 30 aprile 1976, n. 351;
    d) i prodotti alimentari di cui agli articoli 16 e 17 del decreto
legislativo n. 109/1992.
  A  tal fine si richiama l'attenzione degli organi di controllo, per
quanto  riguarda  i  prodotti  provenienti da altri Stati membri o da
Paesi   non   appartenenti   all'Unione  europea,  che  le  norme  di
etichettatura  previste  dalla  direttiva  n. 79/112/CEE e successive
modifiche  ed  integrazioni riguardano solo i prodotti destinati alla
vendita al consumatore (consumatore finale e collettivita'). Occorre,
pero', tener conto di quanto previsto agli articoli 14, commi quinto,
sesto  e  settimo,  e  17, in quanto la relativa conformita', ai fini
dell'informazione dei consumatori, va garantita al momento della loro
immissione  nel  circuito  distributivo per la vendita al consumatore
stesso.
  3. L'indicazione del QUID e' obbligatoria nei seguenti casi:
    A) qualora   l'ingrediente   di   cui   si  tratta  figuri  nella
denominazione  di  vendita (es.: pasta all'uovo, yogurt alle fragole,
panettone al cioccolato, cotoletta di merluzzo);
    B) qualora  la  categoria  di ingredienti di cui si tratta figuri
nella  denominazione  di  vendita (es.: Bastoncini di pesce impanati,
torta alla frutta, zuppa di pesce).
  Per "categoria di ingredienti" si intende la designazione generica,
il  cui  uso  e'  consentito  ai sensi dell'allegato 1 del decreto n.
109/1992,  nonche'  ogni  analogo  termine generico che, anche se non
figura  in tale allegato, e' generalmente utilizzato per designare un
prodotto alimentare (es.: proteine vegetali, verdure, legumi, frutta,
cereali, pesce, molluschi, crostacei, frutti di bosco).
  Se  la  denominazione  di  vendita identifica un prodotto composto,
senza  porre  in  evidenza  alcun  ingrediente  (es.: torrone) non e'
richiesta  alcuna  indicazione percentuale di ingredienti, mentre nel
caso   del  torrone  alle  mandorle  o  alle  nocciole  e'  richiesta
l'indicazione della percentuale di mandorle o di nocciole.
  Quando   nella  denominazione  di  vendita  figura  un  ingrediente
composto (es.: la crema nel biscotto alla crema) deve essere indicata
la  percentuale di tale ingrediente (crema <$ $>%). La menzione della
farcitura  o  del  ripieno, senza ulteriori specificazioni, tuttavia,
non  comporta  l'obbligo  del  QUID  (es.:  biscotto  farcito,  olive
farcite, pasta fresca con ripieno) in quanto nessun ingrediente viene
specificato.
  Qualora,  poi,  sia  indicato anche un ingrediente dell'ingrediente
composto, di esso va indicata altresi' la percentuale (es.: wafer con
crema alle nocciole: crema alle nocciole <$ $>% - nocciole <$ $>%).
  In  tal  caso,  la percentuale delle nocciole puo' essere calcolata
con riferimento all'ingrediente composto.
  Si    rilevano   sul   mercato   prodotti   alimentari   che   sono
commercializzati   con   denominazioni   di  vendita  che  non  fanno
riferimento  ad alcun ingrediente particolare, quale il "surimi", che
e'  un  prodotto  della  pesca  ottenuto  generalmente da merluzzo di
Alaska  ma  anche  da  altre  specie  di pesce. Questo prodotto viene
generalmente utilizzato quale ingrediente di preparazioni alimentari.
  Per la corretta applicazione del QUID occorre riferirsi ai seguenti
principi:
    1)  la  denominazione  "surimi",  anche se con riferimento ad una
specie  di  pesce,  non comporta l'obbligo di indicazioni percentuali
trattandosi   di  prodotto  destinato  a  lavorazione  industriale  e
costituito essenzialmente da quel pesce;
    2)   l'impiego   del  surimi  nella  produzione  di  preparazioni
alimentari  a  base  di  surimi  comporta  l'obbligo dell'indicazione
percentuale  del  surimi e, se viene evidenziata la specie ittica, va
indicata la percentuale anche di questa.
  Si  ritiene  altresi' utile evidenziare che la messa in evidenza di
un ingrediente composto nella denominazione di vendita di un prodotto
finito  non comporta necessariamente l'obbligo della sua designazione
con  lo  stesso nome nell'elenco degli ingredienti. Esempio: la crema
alle   nocciole,   di  cui  all'esempio  precedente,  puo'  figurare,
nell'elenco degli ingredienti dei "wafers con crema di nocciole", sia
con  il suo nome - crema di nocciole - sia mediante l'elencazione dei
singoli ingredienti che la compongono.
  Altro  esempio:  biscotto al cioccolato fondente. Nell'elenco degli
ingredienti il cioccolato puo' figurare sia con la parola "cioccolato
fondente" sia mediante l'elencazione dei suoi ingredienti.
  Giova tuttavia ricordare che l'ingrediente composto, quando risulta
utilizzato  in  quantita'  superiore  al  25%, deve essere menzionato
sempre  mediante  la elencazione dei suoi componenti. Nel caso di una
torta  a  base  di  confettura di albicocche (30%), nell'elenco degli
ingredienti  della  torta,  dopo  la  menzione  della  "confettura di
albicocche"  bisogna  indicare tutti gli ingredienti della confettura
(zucchero,  albicocche,  ecc.)  e con la menzione del 30%, a meno che
detta  percentuale  non figuri nella denominazione di vendita accanto
alla  dicitura  "confettura  di  albicocche".  In  quest'ultimo  caso
nell'elenco   degli   ingredienti  della  torta  puo'  essere  omessa
l'indicazione   "confettura  di  albicocche"  e  gli  ingredienti  di
quest'ultima  diventano  ingredienti  della  torta  da  menzionare in
ordine ponderale decrescente;
    C) qualora   l'ingrediente   sia   generalmente   associate   dal
consumatore alla denominazione di vendita.
  Questa  fattispecie  trova  raramente  applicazione,  in  quanto e'
residuale  rispetto alle altre previsioni. Pertanto non deve condurre
automaticamente  ad  associare  ad  ogni  denominazione di vendita un
ingrediente   specifico   con   la  conseguenza  di  renderlo  sempre
obbligatorio.
  Si  riferisce,  infatti,  a  quei  prodotti  che sono presentati al
consumatore   con  nomi  consacrati  dall'uso,  non  accompagnati  da
denominazioni  descrittive. In tal senso, un criterio che consenta di
determinare gli ingredienti che possono essere abitualmente associati
a  detti  prodotti  e' il riferimento agli ingredienti principali, di
particolare  valore  per  la  composizione  del  prodotto  e  che  il
consumatore si aspetta comunque di trovare nel prodotto, a condizione
pero' che non rientrino in una delle esenzioni previste.
  Due    esempi   di   chiarimento.   I   biscotti   savoiardi   sono
particolarmente   caratterizzati  dalla  presenza  di  uova,  che  il
consumatore  e' portato ad associare alla denominazione del biscotto,
anche  se  le  uova  non sono poste in rilievo nell'etichettatura, ma
indicate  solo nell'elenco degli ingredienti. In tal caso va indicata
la percentuale di uova utilizzate.
  Lo  strudel  e'  un  prodotto dolciario nel quale il consumatore si
aspetta  la presenza di frutta (mela o altro frutto). Se il frutto e'
posto  in  evidenza  direttamente  dal  produttore nell'etichettatura
"strudel di mele", non v'e' dubbio che ricorrono le condizioni per la
sua  indicazione.  Ma  anche  in  mancanza  di  specifico riferimento
l'indicazione della quantita' di frutta va menzionata.
  Lo   stesso  vale  per  le  carni  in  scatola;  qualunque  sia  la
denominazione  di  vendita  utilizzata,  il  consumatore  associa  al
prodotto   la  presenza  di  carne,  di  cui  occorrera'  fornire  la
quantita'.
  L'obbligo  invece  non  sussiste  nel  caso  di prodotti fabbricati
essenzialmente  o  totalmente  a  partire da un solo ingrediente (es:
prodotti  di  salumeria, polenta, gorgonzola) o da una sola categoria
di  ingredienti  (es.:  latticini).  Per questi prodotti, se composti
anche  da  altri  ingredienti  (formaggio  alle  noci,  gorgonzola al
mascarpone)   l'obbligo   dell'indicazione   del   QUID   riguardera'
esclusivamente l'ingrediente diverso da quello fondamentale;
    d) qualora  l'ingrediente o la categoria di ingredienti sia messo
in rilievo con parole, immagini o con una rappresentazione grafica.
  Tale esigenza si applichera':
    1)  quando  un ingrediente e' messo in rilievo nell'etichettatura
di  un  prodotto alimentare, in luogo diverso da quello ove figura la
denominazione di vendita, con indicazioni del tipo:
    al burro;
    con panna;
    alle fragole;
    con prosciutto,
ovvero  con  caratteri  di  dimensione,  colore e/o stile diverso per
richiamare  su  di  esso  l'attenzione  dell'acquirente, anche se non
figura nella denominazione di vendita.
  Ne  sono  esempi: un prodotto dolciario da forno, con un'immagine o
un'illustrazione  ben  visibile,  che pone in evidenza la presenza di
pezzettini di cioccolato;
    2)   quando   una  rappresentazione  grafica  e'  utilizzata  per
enfatizzare selettivamente uno o piu' ingredienti. Esempi:
      a) immagine  o  disegno  di  una  mucca  per mettere in rilievo
ingredienti di origine lattiero-casearia: latte, burro;
      b) pesci una zuppa di pesce o una insalata di mare con la messa
in evidenza solo di alcuni (crostacei, aragosta, ecc.): va menzionata
la quantita' di tutti i pesci evidenziati.
  Tale disposizione non va applicata:
    a) quando  l'immagine rappresenta il prodotto alimentare venduto,
ovvero  quando  una rappresentazione grafica e' destinata a suggerire
come  preparare  il  prodotto  (illustrazione del prodotto presentato
assieme  ad  altri  prodotti che possono accompagnarlo), a condizione
che  l'illustrazione  sia  inequivocabile  e non metta in evidenza in
altro modo il prodotto venduto e/o alcuni dei suoi ingredienti;
    b) quando   l'immagine  rappresenta  tutti  gli  ingredienti  del
prodotto,  senza  metterne  in rilievo uno. Esempio: rappresentazione
grafica di tutte le verdure usate in un minestrone o di tutti i pesci
usati  in una insalata di mare o delle specie di frutta in uno yogurt
alla frutta;
    c) quando   si   tratta  di  una  preparazione  alimentare  e  la
rappresentazione  grafica  illustra  le  modalita'  di  preparazione,
conformemente alle istruzioni per l'uso;
    d) quando  l'immagine  non e' destinata a enfatizzare la presenza
di   un   ingrediente   e   rappresenta   solo   una   raffigurazione
paesaggistica,  quali  un  campo  di  frumento  o  delle spighe sulle
confezioni di pasta alimentare o di prodotti da forno;
    E) qualora  l'ingrediente  o  la  categoria  di  ingredienti  sia
essenziale  per  caratterizzare un prodotto alimentare e distinguerlo
dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso per la denominazione
di vendita o per l'aspetto.
  Tale  disposizione mira a soddisfare le esigenze dei consumatori in
quegli  Stati  membri  dove  la  composizione  di  certi  prodotti e'
regolamentata  e/o  dove  i  consumatori  associano certi nomi ad una
composizione  specifica.  Per  questo motivo la gamma di prodotti che
puo'  rientrare  in  questa disposizione e' molto limitata e riguarda
esclusivamente  quei prodotti che differiscono nella composizione tra
un paese e l'altro, ma che sono venduti con lo stesso nome o con nomi
similari.
  Perche'  una bibita possa essere denominata "Aranciata" occorre che
sia  prodotta  con una determinata quantita' di succo di arancia, che
varia  da Paese a Paese. Onde evitare che il consumatore possa essere
tratto   in   errore   nella   scelta   del  prodotto,  in  relazione
all'ingrediente  essenziale,  l'indicazione  della quantita' di succo
utilizzato  e'  obbligatoria.  Tale  regola,  comunque, in Italia, si
applica gia' da anni e non rappresenta, quindi, una novita'.
  L'indicazione del QUID non e' obbligatoria nei seguenti casi:
    1)  Ingrediente  o categoria di ingrediente di cui e' indicata la
quantita' di prodotto sgocciolato.
  L'art. 9, comma 7, del decreto n. 109/1992 dispone che:
    a) se  un  prodotto alimentare solido e' immerso in un liquido di
copertura,   nell'etichettatura  devono  figurare  la  quantita'  del
prodotto preconfezionato e quella del prodotto sgocciolato;
    b) per  "liquido  di copertura" si intendono i seguenti prodotti,
eventualmente mescolati fra loro anche se congelati, o surgelati:
      acqua, acqua salata, aceto, succhi di frutta e ortaggi nei casi
delle  conserve  di  frutta ed ortaggi, soluzioni di acqua contenente
sali, acidi alimentari, zuccheri o altre sostanze edulcoranti.
  I  prodotti  la  cui  etichettatura  comporta  l'indicazione  della
quantita'  totale  e  della  quantita'  di prodotto sgocciolato, sono
esentati  dall'obbligo di una dichiarazione quantitativa distinta, in
quanto la quantita' dell'ingrediente o della categoria di ingredienti
puo' essere dedotta dai pesi indicati.
  Esempio: Pesche allo sciroppo (<$ $> g - sgocciolato <$ $> g).
  Quando  l'etichettatura  dei  prodotti  presentati in un liquido di
copertura  non  contemplato  nell'art.  9,  comma  7,  contiene, come
indicazione  volontaria,  una  dicitura  relativa  alla  quantita' di
prodotto sgocciolato, l'indicazione del QUID non e richiesta.
  Esempio: Tonno all'olio (<$ $> g - sgocciolato <$ $> g).
  Ora   mentre  per  i  prodotti  di  cui  all'art.  9,  comma 7,  e'
obbligatorio  il doppio peso (totale e sgocciolato), negli altri casi
(prodotti  all'olio,  alle acquaviti, ecc.) puo' essere indicato o il
doppio peso o la percentuale dell'ingrediente di cui si tratta.
    Nel  caso di "ciliegie in alcool o acquavite", poiche' l'elemento
caratterizzante   e'   dato   dalle  ciliegie  e  non  dall'alcool  o
dall'acquavite, l'indicazione QUID deve riguardare le ciliegie.
  Nel  caso  di preimballaggi contenenti acquavite di pera Williams e
relativa pera, non e' necessario indicare il doppio peso ne' il QUID,
perche'  la  pera  e'  solo  di decorazione, non essendo destinata al
consumo.
  I  formaggi freschi a pasta filata, invece, confezionati in liquido
di  governo  all'origine riportano solo l'indicazione della quantita'
di  prodotto sgocciolato: per essi non si pone il problema del doppio
peso.  Si  ritiene utile chiarire che non e' prescritto alcun obbligo
di  indicazione  della quantita' all'origine, se l'operatore non puo'
preparare  i  preimballaggi  a gamme unitarie costanti. L'art. 23 del
decreto  legislativo n. 109/1992, infatti, precisa che le indicazioni
obbligatorie  devono  figurare  con le modalita' previste dalle norme
generali  in materia di etichettatura dei prodotti alimentari e cioe'
secondo  lo  stesso  decreto  n. 109/1992, che all'art. 9, comma 9, e
all'art.  3,  comma  3,  prevede  la  possibilita'  di  applicare  il
talloncino del peso e del prezzo al momento della vendita, a meno che
il prodotto non venga pesato alla presenza dell'acquirente.
  La dicitura "da vendersi a peso", non richiesta da alcuna norma, e'
superflua,   in   quanto,   come   per  qualsiasi  altra  indicazione
obbligatoria,  la  quantita' deve, in ogni caso, figurare sull'unita'
di  vendita  all'atto  della  esposizione  per  la  vendita  a libero
servizio,   a  cura  del  venditore  se  non  e'  stata  apposta  dal
confezionatore   (art.   3,  comma  3,  del  decreto  legislativo  n.
109/1992).
    2)  Ingredienti  o categorie di ingredienti la cui quantita' deve
gia' figurare nell'etichettatura a norma di disposizioni comunitarie.
  Per  il momento tale disposizione si applica ai succhi e nettari di
frutta,  alle  confetture,  gelatine,  marmellate e crema di marroni;
successivamente  ai  prodotti  di cacao e di cioccolato, quando sara'
modificata la direttiva comunitaria.
    3)  Ingrediente  o  categoria di ingredienti in piccole dosi come
aromatizzante.
  Tale  deroga e' applicabile indipendentemente dalla presenza o meno
sull'etichetta  di  una  rappresentazione  grafica.  Resta inteso che
l'etichettatura  deve  essere  conforme  alle  disposizioni  relative
all'uso  del  termine  "aroma"  (art.  6  del  decreto legislativo n.
109/1992).
  La   deroga  non  e'  limitata  agli  aromi;  si  applica  ad  ogni
ingrediente  (o  categoria di ingredienti) utilizzato in piccole dosi
per aromatizzare un prodotto alimentare (per esempio aglio, piante ed
erbe  aromatiche  o  spezie in qualsiasi prodotto utilizzati, bevande
analcoliche   di   the',  vini  e  vini  liquorosi  nei  prodotti  di
salumeria).
  Il   concetto   di   "piccole   dosi"   va  valutato  in  relazione
all'ingrediente   utilizzato  e  al  suo  potere  aromatizzante  (per
esempio:  patatine al gusto di gamberetti, pomodori pelati con foglia
di  basilico,  caramella  al limone, maionese al limone, risotto allo
zafferano o al tartufo).
  Si  ritiene utile precisare che il regolamento CEE del Consiglio n.
1576/89  stabilisce le denominazioni di vendita dei liquori di frutta
e di piante, che possono essere ottenuti anche a partire solamente da
aromi  e non necessariamente da frutta o da piante. Per tali prodotti
non e', pertanto, richiesta l'indicazione del QUID.
    4) Ingredienti le cui quantita' sono distintamente indicate.
  Taluni  prodotti costituiti da due o piu' ingredienti sono posti in
vendita  con  l'indicazione  in etichetta delle rispettive quantita',
pur  costituendo  un'unica  unita'  di  vendita.  In  tal caso non e'
richiesta  anche  l'indicazione  del QUID. Ne e' esempio lo yogurt ai
cereali,  di  cui  sono  indicate le quantita' di yogurt (150 g) e di
cereali (15 g).
    5)  Ingrediente  o  categoria  di  ingredienti che, pur figurando
nella  denominazione di vendita, non e' tale da determinare la scelta
del  consumatore,  per il fatto che la variazione di quantita' non e'
essenziale  per caratterizzare il prodotto alimentare, ne' e' tale da
distinguere il prodotto da altri prodotti simili.
  Tale  disposizione  prevede l'esenzione dell'obbligo di indicare il
QUID  ne casi in cui la quantita' di un ingrediente indicato nel nome
di  un prodotto alimentare non influenza la decisione del consumatore
di  acquistare  o  meno  il prodotto ovvero un prodotto invece che un
altro  analogo.  E'  il  caso di prodotti fabbricata essenzialmente a
partire  dall'ingrediente  o dalla categoria di ingredienti citati in
denominazione.
  L'esenzione  si  applica  anche  quando  la stessa denominazione e'
ripetuta  su piu' parti dell'imballaggio del prodotto. Non si applica
invece  se  il  nome  dell'ingrediente  e'  messo  in  rilievo  e  in
particolare  quando figura in un punto diverso dalla denominazione di
vendita, fra le indicazioni che attirano l'attenzione dell'acquirente
sulla presenza di tale ingrediente. Ne sono esempi:
    Liquori di frutta;
    Concentrato di pomodoro;
    Pasta di semola di grano duro;
    Passata di pomodoro;
    Gelati di ....... o a .......;
    Cereali per la prima colazione;
    Pasta di acciughe.
  Anche  nel  caso  di  formaggi fusi, che sono prodotti a partire da
formaggi  ed  altri  ingredienti  lattieri e la cui etichettatura non
pone  in  evidenza  la  presenza di un particolare tipo di formaggio,
opera l'esenzione dall'obbligo del QUID.
    6)  Nei  casi  di  cui  all'art.  5,  commi 8 e 9, del decreto n.
109/1992.
  Il QUID non e' richiesto, cioe', nel caso dei seguenti ingredienti,
utilizzati allo stato di:
    a) miscugli di frutta o ortaggi;
    b) miscugli di spezie o di piante aromatiche,
in   cui   nessun   ingrediente   abbia   una  predominanza  di  peso
significativa.
              Modalita' di indicazione della quantita'.
  1.  La  quantita'  degli  ingredienti e' calcolata sulla base della
ricetta  momento  della  loro  utilizzazione  per la preparazione del
prodotto.   Non   va,  quindi,  verificata  sul  prodotto  finito  ma
analizzando  la  ricetta  all'origine,  cosi'  come  avviene  per gli
ingredienti indicati in ordine ponderale decrescente.
  L'indicazione  della  quantita'  degli ingredienti trasformati puo'
essere     accompagnata     da     diciture     quali    "equivalente
crudo/fresco/all'origine",   che   aiuterebbero   il   consumatore  a
confrontare   prodotti  analoghi,  nei  quali  gli  ingredienti  sono
incorporati in stati fisici diversi.
  Nel  caso di "tonno all'olio d'oliva", ad esempio, essendo il tonno
utilizzato   previa  cottura,  la  formulazione  potrebbe  essere  la
seguente: "Tonno cotto x%, equivalente a ... g di tonno crudo".
  Anche  nel caso delle carni in scatola, essendo la carne utilizzata
previa  cottura,  la formulazione potrebbe essere la seguente: "carni
bovine cotte x% equivalente a ... g di carne cruda".
  Le  quantita'  indicate  nell'etichettatura  designano la quantita'
media  dell'ingrediente  o  della categoria di ingredienti da citare.
Per quantita' media dell'ingrediente o della categoria di ingredienti
si  intende  la  quantita'  dell'ingrediente  o  della  categoria  di
ingredienti  ottenuta  rispettando  la  ricetta e la buona pratica di
fabbricazione,  tenendo  conto  delle variazioni che si producono nel
quadro della buona pratica di produzione.
  L'indicazione  del  QUID deve accompagnare il nome dell'ingrediente
nella denominazione del prodotto o nell'elenco degli ingredienti. Per
i  prodotti esentati dall'obbligo dell'indicazione degli ingredienti,
la  quantita'  deve  figurare  necessariamente nella denominazione di
vendita.
  Qualora  tale  indicazione  debba  accompagnare la denominazione di
vendita,  si evidenzia che non sono previste particolari modalita' di
indicazione  oltre quanto espressamente detto. Se la denominazione di
vendita e' ripetuta piu' volte, detta indicazione puo' essere fornita
una  sola  volta  e  non  necessariamente  sulla facciata principale,
purche' riportata in maniera visibile e chiaramente leggibile.
  2.  Per  i  prodotti  alimentari  che  nel  corso  del procedimento
tecnologico  di  preparazione  perdono acqua a seguito di trattamento
termico  o altro, il QUID rappresenta la quantita' dell'ingrediente o
degli  ingredienti  al  momento  della  messa  in  opera  rispetto al
prodotto  finito. In un prodotto alimentare pluringredienti a base di
carne o di pesce o di formaggio, il QUID relativo a detti ingredienti
e' determinato nel momento in cui vengono adoperati.
  3.  Quando  pero' la quantita' dell'ingrediente o degli ingredienti
di  cui  va  indicato  il QUID supera il 100%, la loro percentuale va
sostituita   dall'indicazione   del  peso  dell'ingrediente  o  degli
ingredienti usati per la preparazione di 100 g di prodotto finito. In
un  prodotto  a  base  di  carne, ad esempio, la percentuale di carne
utilizzata  puo' risultare superiore al 100 % nel prodotto finito. In
tal caso si dira': "carne bovina 130 g per 100 g di prodotto finito".
  Restano  valide  le disposizioni che prevedono diverse modalita' di
indicazione  della  presenza  dell'ingrediente  rispetto  al prodotto
finito.  Esempio: gli zuccheri nelle confetture di cui al decreto del
Presidente  della  Repubblica  8 giugno  1982,  n.  489,  laddove  e'
prescritto  che  gli  stessi  vanno indicati con la formula "zuccheri
totali ......% per 100 grammi di prodotto", proprio perche', come nel
caso   precedente,   la   quantita'   risulta   superiore   a  quella
effettivamente impiegata.
  4.  Nel  caso  di  ingredienti  volatili,  quale  lo  champagne nei
prodotti  da  forno, la quantita' percentuale e' indicata in funzione
del peso nel prodotto finito.
  Nel  caso di ingredienti concentrati o disidratati, ricostituiti al
momento  della fabbricazione del prodotto finito, il QUID puo' essere
indicato   in   funzione   del   peso  dell'ingrediente  prima  della
concentrazione o della disidratazione.
  5.  Nel  caso di alimenti concentrati o disidratati cui va aggiunta
acqua,  la  quantita'  degli  ingredienti  puo'  essere  espressa  in
funzione del loro peso rispetto al prodotto ricostituito.
                     Etichettatura nutrizionale.
  L'indicazione  della  quantita'  di  un  ingrediente,  che e' anche
nutriente  ai  sensi del decreto legislativo n. 77/1993, non fa venir
meno  l'obbligo  dell'etichetta  nutrizionale. Questa deve, comunque,
essere  realizzata  in  conformita'  a  quanto  prescritto  da  detto
decreto.
  La  dicitura,  ad  esempio,  "ricco  di  fibra"  comporta l'obbligo
dell'etichetta  nutrizionale,  in  quanto  la  fibra  e' un nutriente
contemplato   dal  decreto  n.  77/1993  e  puo'  essere  anche  solo
componente di un prodotto alimentare; in quanto ingrediente, la fibra
e'  altresi' oggetto di QUID. Pertanto, in etichetta possono figurare
due  valori,  uno  complessivo  (componente  +  ingrediente)  ai fini
nutrizionali, e uno riferito solo all'ingrediente ai fini del QUID.
Problemi  di  carattere  generale    Con l'occasione si ritiene utile
fornire  talune informazioni per la corretta applicazione del decreto
legislativo  n.  109/1992  e  delle  altre  regole  di  etichettatura
contenute in altri provvedimenti.
                    Preimballaggio e preincarto.
  La  definizione  di  prodotto  preincartato,  peraltro non prevista
dalla  direttiva  n.  79/112,  e'  stata  introdotta  allo  scopo  di
precisare  gli adempimenti di etichettatura conseguenti all'attivita'
di confezionamento negli esercizi di vendita, per la consegna diretta
all'acquirente  o  per  la  vendita  a  libero  servizio.  I prodotti
alimentari  confezionati  a tali condizioni, siano essi ermeticamente
chiusi  o sigillati, siano essi semplicemente avvolti dall'involucro,
sono  considerati "non preconfezionati" ai fini dell'etichettatura e,
pertanto,  ricadenti  nel  campo  di  applicazione  dell'art.  16 del
decreto legislativo n. 109/1992.
  Sono   state   segnalate,   poi,   interpretazioni   eccessivamente
soggettive  da  parte degli addetti alla vigilanza circa gli articoli
20  e  24  del decreto legislativo n. 109/1992 per quanto riguarda le
modalita' di presentazione del burro e della margarina. Tali articoli
hanno  modificato  le preesistenti norme, prevedendo che sia il burro
che   la   margarina   destinati   al   consumatore   possano  essere
semplicemente   preconfezionati   senza  alcun  obbligo  di  chiusura
ermetica  o  di apposizione di sigilli. Tali obblighi, previsti dalle
preesistenti  disposizioni,  contrastavano  con  i principi di libera
circolazione  delle  merci nella Unione europea e non potevano essere
mantenuti solo per i prodotti nazionali.
  Occorre   prestare   attenzione   alla   definizione   di  prodotto
preconfezionato,  che e' molto ampia, nel senso che contempla anche i
prodotti  parzialmente avvolti da un involucro, purche' tale da dover
essere  manomesso  per  poter  accedere  al prodotto. A tal fine puo'
costituire  valida  alternativa alla sigillatura qualsiasi sistema di
chiusura autodistruggente all'atto dell'apertura dell'involucro o del
contenitore.
  Quando  il legislatore ha voluto apportare, sia in ambito nazionale
che   in  ambito  comunitario,  una  deroga  a  tale  principio  l'ha
espressamente  prescritta,  per cui la chiusura ermetica va richiesta
solo  nei casi prescritti (es.: pasta alimentare, alimenti surgelati,
oli).
  Per  quanto riguarda gli oli, in particolare, giova evidenziare che
essi  vanno  venduti al consumatore conformemente a quanto prescritto
dall'art.  7  della  legge  n.  35/1968,  modificato dall'art. 26 del
decreto  legislativo n. 109/1992, cioe' preconfezionati in recipienti
ermeticamente  chiusi  in  tutte  le  fasi  commerciali. Tale obbligo
sussiste  anche nel caso di preimballaggi di contenuto superiore a 10
litri,  anche  se a partire da tale valore v'e' liberta' di gamma. Le
vendite  di  olio  con  prelevamenti  da  pasture,  fusti,  ecc.,  su
richiesta  e  alla presenza del cliente, sono da ritenersi vietate in
quanto  non  offrono  le  necessarie  garanzie  richieste dalla legge
suddetta.
                         Dicitura del lotto.
  La  direttiva  CEE relativa al lotto e' una direttiva a se' stante,
che  completa  la  direttiva n. 79/112 ma non e' compresa in essa. In
Italia  detta  direttiva  e' stata inserita, con gli articoli 3 e 13,
nel decreto legislativo n. 109/1992.
  Cio' comporta che, quando viene richiesta in specifiche direttive e
nelle  relative norme di attuazione nazionali l'indicazione del lotto
oltre  alle  altre indicazioni previste dalla direttiva n. 79/112, il
lotto  va  riportato  con le modalita' prescritte dal citato art. 13,
ivi compresi i casi di esenzione.
  Nel  caso,  ad  esempio,  degli  alimenti  surgelati  destinati  al
consumatore,  di  cui  al  decreto  legislativo n. 110/1992, e' stata
prevista  l'indicazione  del lotto, oltre alle indicazioni prescritte
in  via  generale per i prodotti alimentari. La norma va applicata in
coerenza  con il decreto legislativo n. 109/1992, in modo che, quando
il  termine minimo di conservazione e' espresso con giorno e mese, la
dicitura  del  lotto  non e' richiesta. Lo stesso vale per i formaggi
freschi  a  pasta filata, di cui all'art. 23 del decreto n. 109/1992.
Il  fatto che in tale articolo siano elencate tutte le indicazioni di
etichettatura  non  significa  che  lotto  e data di scadenza debbano
figurare  sempre  e comunque. La norma va applicata in conformita' ai
principi generali previsti dal detto decreto e cioe':
    se   il   prodotto  e'  destinato  al  consumatore  e'  richiesta
l'indicazione  della  data  di  scadenza  e,  di  conseguenza, non e'
richiesta quella del lotto;
    se  il  prodotto,  invece,  non  e'  destinato al consumatore, e'
richiesta  l'indicazione  del  lotto  e  non  quella  della  data  di
scadenza, ai sensi dell'art. 17 del decreto n. 109/1992. Tuttavia, in
questo caso, il preimballaggio e' da ritenersi conforme se su di esso
e' riportata la data di scadenza in luogo del lotto.
                       Involgente protettivo.
  L'art. 12 del decreto ministeriale 21 dicembre 1982 (regolamento di
esecuzione  della legge 5 agosto 1981, n. 441, concernente la vendita
a  peso  netto  delle  merci) da', ai fini della determinazione della
tara, la definizione di involgente protettivo.
  In  tale  articolo sono riportati taluni esempi di prodotti che non
rientrano,  per  loro  natura,  nel concetto di tara, quali i budelli
degli insaccati, lo spago e la corda che avvolge taluni formaggi come
il  provolone,  o  l'incarto  dei  formaggi molli "nonche' ogni altro
involgente  similare".  In  tale categoria di involgenti rientrano il
cryovac e l'alluminio destinati ad avvolgere prosciutti cotti o crudi
disossati,  mortadelle ed altri salumi interi nei quali tali prodotti
vengono  posti  prima  della  pastorizzazione,  nonche' la paraffina,
generalmente usata su taluni formaggi.
  Si  precisa,  pertanto,  che  l'elencazione  dei  materiali  e  dei
prodotti suddetti e' solo esemplificativo.
  Si ritiene utile evidenziare, poi, che la definizione di involgente
protettivo e' data solo ed esclusivamente per definire il concetto di
tara, mentre il prodotto posto in un involucro e' un preimballaggio o
un  preincarto,  secondo  i casi, ai sensi dell'art. 1 del decreto n.
109/1992.
                 Controllo della quantita' nominale.
  1.  Sono  stati  posti  numerosi  quesiti  circa  la  relazione tra
l'applicazione  del marchio CEE rappresentato dalla lettera "e" ed il
sistema  di gamme previsto per talune categorie di prodotti a livello
comunitario.
  Al  riguardo  si ritiene utile precisare anzitutto che non sussiste
alcuna relazione tra marchio CEE e gamme disciplinate dal decreto del
Presidente  della Repubblica n. 871/1982 e dal decreto legislativo n.
106/1992  nonche'  gamme  nazionali  obbligatorie  previste  da norme
specifiche relative a singoli prodotti quali oli e birra.
  Infatti  il  marchio  CEE  altro  non  e'  che  la dichiarazione di
conformita'  delle  modalita'  di  confezionamento  dei prodotti alle
disposizioni  previste  dalla legge n. 690/1978 nonche' dei controlli
effettuati,  per  cui  puo'  essere riportato accanto all'indicazione
della  quantita' di un prodotto rispondente ad un valore obbligatorio
nazionale  (es.  0,66 L per la birra) o di un prodotto rispondente ad
un valore di libera scelta (es. 1000 g per il panettone).
  Il  sistema  di  gamme  previsto a livello comunitario e' opzionale
(eccetto  per  i vini, l'alcool, le acqueviti, i liquori, gli amari e
le altre bevande spiritose), nel senso che, oltre ai valori previsti,
e'  possibile servirsi anche di altri. Pertanto, qualora manchi, come
ad  esempio  per  i  gelati  o i formaggi freschi, la gamma nazionale
obbligatoria, l'indicazione del marchio CEE non comporta l'obbligo di
indicare la quantita' secondo la gamma opzionale comunitaria.
  Le  gamme  obbligatorie  di  cui  al  decreto  del Presidente della
Repubblica  n. 391/1980, diverse da quelle opzionali comunitarie, non
possono  essere  accompagnate  dal marchio CEE, anche se il controllo
risulta effettuato ai sensi della legge n. 690/1978.
  2.  Circa  il  controllo  della quantita' nominale e l'applicazione
delle  prescritte  tolleranze  (scarti  in  meno),  in  relazione  ad
accertamenti  di  infrazioni  da  parte  degli  organi  di  vigilanza
igienico-sanitaria, si precisa che:
    a) il  controllo  sui  prodotti  confezionati  a  gamme  unitarie
costanti (decreto-legge 3 luglio 1976, n. 451, legge 25 ottobre 1978,
n.  690, e decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1980, n.
391)  nonche'  quello  sui  prodotti  confezionati  a  peso variabile
(unita'  di  vendita  che  sono  per  loro  natura  differenti  l'una
dall'altra)  non  attengono  alla  vigilanza igienico-sanitaria. Essi
comportano  in  particolare  verifiche all'origine che possono essere
effettuate   solo   dagli   ispettori   metrici,  in  relazione  alla
specificita'  della  materia. A tal fine si richiama l'attenzione sul
disposto  dell'art. 14 del decreto legislativo n. 123/1993 (controllo
ufficiale  dei  prodotti  alimentari)  che  esclude espressamente dal
campo di applicazione il controllo metrologico sull'indicazione delle
quantita';
    b)  la  quantita'  indicata  in  etichetta  e' quella determinata
all'origine ed e' un valore medio per i prodotti confezionati a gamme
unitarie  costanti; il controllo, pertanto, va normalmente effettuato
all'origine.  Quando nelle fasi commerciali viene rilevato uno scarto
in  meno  sul  singolo  preimballaggio,  il  prodotto e' da ritenersi
conforme se tale scarto e' nei limiti previsti dall'art. 5 del citato
decreto  del Presidente della Repubblica n. 391/1980. Se lo scarto e'
superiore a quello tollerato, l'organo di vigilanza allerta l'Ufficio
metrico  competente  per  territorio perche' provveda alle necessarie
verifiche  presso il confezionatore, per accertare che abbia superato
il  controllo  statistico  al  riguardo.  Il  prodotto va sequestrato
quando  lo  scarto rilevato e' superiore al doppio di quello previsto
(art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 391/1980);
    c) gli scarti in meno (tolleranze) sui contenuti degli imballaggi
preconfezionati, previsti all'art. 5, comma 1,lettera b), del decreto
del  Presidente  della  Repubblica n. 391/1980 e all'allegato 1 della
legge  n.  690/1978  si  applicano  non solo sul contenuto totale dei
preimballaggi  ma anche sulla quantita' di prodotto sgocciolato per i
prodotti   alimentari   immessi  in  un  liquido  di  governo:  dette
tolleranze  non  tengono  ovviamente  conto  delle  disposizioni piu'
specifiche   di   cui  alle  metodiche  analitiche  riconosciute.  La
tolleranza  del 10% sulla quantita' di prodotto sgocciolato, inoltre,
prevista  all'art.  2  del  regio  decreto-legge 30 novembre 1924, n.
2035,   per  le  conserve  alimentari  di  origine  vegetale,  e'  da
considerarsi  valida  solo per tali prodotti, tenuto conto della loro
specificita';
    d)  ai  prodotti,  che  sono  stati  confezionati a gamme di peso
variabili,   si  applicano  le  tolleranze  tuttora  valide  previste
all'allegato  D  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
327/1980,  in  quanto  sono  compatibili con le norme successivamente
emanate.   Tali  tolleranze,  infatti,  possono  applicarsi  solo  ai
prodotti confezionati a gamme unitarie variabili;
    e)  l'art.  7 del citato decreto n. 391/1982 che prevede la sigla
di  identificazione  del lotto e' da ritenersi abrogato dall'art. 29,
comma  2,  del  decreto  n.  109/1992  nella  parte in cui prevede la
determinazione   delle  modalita'  di  indicazione.  Poiche'  non  e'
possibile    indicare   tanti   lotti   quante   sono   le   esigenze
(merceologiche,  sanitarie  o  metrologiche),  ogni dicitura di lotto
deve  essere  tale da soddisfarle tutte. Vale il principio, pertanto,
previsto  all'art.  13 del decreto n. 109/1992, che esclude qualsiasi
tipo  di comunicazione alle amministrazioni pubbliche delle modalita'
di  identificazione:  il  lotto e' apposto, infatti, sotto la diretta
responsabilita' del confezionatore;
    f)  in  riferimento  a  quanto  previsto all'art. 9, comma 9, del
decreto  n.  109/1992,  la  quantita'  riportata sugli imballaggi dei
prodotti  soggetti  a  notevoli  cali  di  peso  e' quella apposta al
momento  della  esposizione  per la vendita. In un'eventuale verifica
per  la  determinazione  della  quantita'  occorre  tener conto anche
dell'acqua  residua  della confezione. Detti prodotti, ivi compresi i
formaggi  freschi  a  pasta  filata,  possono  anche  non  riportare,
nell'etichettatura,  l'indicazione della quantita', se sono venduti a
richiesta dell'acquirente e pesati alla sua presenza;
    g) per  i  prodotti cotti o precotti, che sono confezionati prima
della  cottura,  per  la determinazione della quantita' occorre tener
conto  anche  del liquido di cottura. Poiche' la quantita' menzionata
nella  etichettatura  e' determinata all'atto del confezionamento, il
relativo  controllo  deve  tenerne  conto. Si ritiene che in tal caso
l'acquirente vada adeguatamente informato che la quantita' menzionata
in  etichetta  contempli non solo la parte camea, ma anche il liquido
gelatinoso.  Tale  informazione  va  riportata  in  un punto evidente
dell'etichetta,   perche'   possa   essere  percepita  immediatamente
dall'acquirente;
    h) i  prodotti  della  pesca congelati, destinati alla vendita ai
sensi  dell'art.  16  del  decreto  n.  109/1992,  sono  generalmente
rivestiti  di  ghiaccio  allo  scopo  di  proteggere  il  prodotto da
contaminazioni  e  dalla disidratazione (bruciature da freddo). Detto
rivestimento  di  ghiaccio, usualmente chiamato "glassatura", pur non
essendo  un  liquido  di  governo,  e' pur sempre tara. Va, pertanto,
detratto dal peso, al momento della vendita al dettaglio del prodotto
della pesca.
                            Ingredienti.
  1.   Gli  ingredienti  vanno  determinati  al  momento  della  loro
utilizzazione  e  vanno  menzionati col loro nome specifico, anche se
nel  prodotto  finito  residuano  in  forma  modificata. Viene spesso
segnalato  che  in  talune  analisi effettuate da laboratori pubblici
sono   rilevati   ingredienti   non   consentiti.   Cio'   e'  dovuto
essenzialmente al fatto che taluni laboratori continuano ad applicare
il  principio  dell'elenco  degli ingredienti verificato nel prodotto
finito,  mentre  la normativa vigente fa riferimento al momento della
loro  utilizzazione.  E'  evidente  che  nel  prodotto finito possono
essere  rilevate  delle  modifiche anche sostanziali di cui va tenuto
conto;  anche l'ordine ponderale decrescente puo' subire col processo
di produzione una sostanziale modifica.
  Il  corretto  esame  dell'elenco degli ingredienti e del suo ordine
ponderale   decrescente   puo'  essere  effettuato  solo  verificando
all'origine la loro utilizzazione.
  2.  Nel  prodotto finito, inoltre, possono essere rilevate sostanze
non  utilizzate:  la  loro  presenza  e'  dovuta  al  fatto  che sono
componenti  naturali  di  altri  ingredienti utilizzati, per cui, non
essendo  considerate  ingredienti,  non vengono indicate. La presenza
del colorante E 100 negli gnocchi, ad esempio, puo' non essere dovuta
all'impiego  di  curcumina  ma  alla  curcuma, di cui la curcumina e'
componente naturale.
  3.  La rilevazione, poi, di un tasso di umidita' superiore al 5% in
un  prodotto  finito,  nel  cui  elenco  degli ingredienti non figura
l'indicazione dell'acqua, puo' significare che siano stati utilizzati
solo ingredienti all'alto contenuto di umidita' (latte, uova, ecc.) e
per  niente  acqua. Per tale motivo l'acqua, non essendo ingrediente,
puo' non figurare nell'elenco degli ingredienti del prodotto finito.
  4.   Il   termine   "zucchero",   nella  lista  ingredienti,  senza
qualificazione,  identifica  il  saccarosio e le soluzioni acquose di
saccarosio,  di  cui  alla  legge  n.  139/1980,  mentre  nel caso di
messaggi  che  pongono in rilievo l'assenza o il ridotto contenute di
zucchero,   fermo   restando   l'obbligo  di  realizzare  l'etichetta
nutrizionale, per zucchero (i) si intende il complesso degli zuccheri
(saccarosio,  lattosio,  fruttosio,  maltosio, destrosio, sciroppo di
glucosio, ecc.).
                               Lingua.
  Le indicazioni obbligatorie di cui all'art. 3, comma 1, del decreto
legislativo  n. 109/1992 devono essere realizzate in lingua italiana,
ai  sensi  del  successivo  comma  2. E' stato chiesto se tale regola
debba  applicarsi  anche  ai  prodotti  destinati all'industria, agli
artigiani, agli utilizzatori industriali.
  Al  riguardo  si  precisa  che la direttiva CE n. 79/112 e, quindi,
anche  il  decreto  legislativo  109/1992  si  applicano  ai prodotti
alimentari destinati al consumatore.
  Il  fatto che nel decreto legislativo siano prescritti alcuni oneri
di  etichettatura a carico dei prodotti destinati all'industria (art.
17)  non  significa  che  tutto  il  provvedimento  si  applica anche
all'industria:  il campo di applicazione rimane pur sempre delimitato
dai prodotti alimentari destinati come tali al consumatore.
  Le  esigenze  prescritte  all'art.  17  non  hanno  mai  presentato
problemi  in  quanto  risultano rispondenti alle esigenze dei mercati
internazionali.  Gli  addetti  alla  vigilanza, pertanto, non possono
sostituirsi  alle  aziende e pretendere che le informazioni in parola
vadano  fornite  in lingua italiana, se le aziende sono in condizione
di  riceverle in qualsiasi lingua. Se un'azienda acquista un prodotto
in  un  altro  paese  con  la  documentazione  redatta  nella  lingua
originaria  o  in lingua inglese, vuol dire che nel proprio ambito la
lingua  in  parola  e'  conosciuta  e,  quindi,  le informazioni sono
assicurate.
                            Abrogazioni.
  Un  problema  sollevato  da  piu' parti riguarda l'uso di insegne o
tabelle  da  esporre,  a  vario  titolo, all'esterno dei negozi o nei
negozi  stessi  per  informare il consumatore della vendita di "carni
fresche",   di   "carni   congelate"  o  di  "carni  scongelate"  con
l'indicazione  della  specie  animale,  o  di altri alimenti, al solo
scopo di richiamare l'attenzione dei consumatori sulla diversa natura
dei prodotti in vendita in detti negozi.
  Al  riguardo  si  precisa  che l'art. 16 del decreto n. 109/1992 ha
espressamente   precisato  le  indicazioni  obbligatorie  che  devono
figurare  su  tutti i prodotti destinati alla vendita frazionata ed i
casi  in  cui  puo'  essere  elaborato  un  cartello.  Per i prodotti
preconfezionati,  poi,  le  indicazioni  obbligatorie  figurano sulle
singole unita' di vendita.
  Fermo restando, quindi, l'obbligo di riportare sui prodotti esposti
per   la   vendita   la   denominazione   di   vendita   accompagnata
dall'eventuale  trattamento  al  quale  sono  stati sottoposti o allo
stato fisico in cui si trovano, l'esposizione sui muri o sulle pareti
di  dette  tabelle  o  insegne  e'  da  ritenersi  de  facto abrogata
dall'art. 29 del decreto n. 109/1992.
                               Grappa.
  L'art.  18  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 297/1997
vieta  l'uso  dei termini DOC, DOT, DOP e simili nei casi previsti al
comma  2,  lettere  a)  e  b).  Il  divieto  in  parola  non e' stato
espressamente previsto anche per la lettera c), in quanto gia' insito
nel principio enunciato in tale lettera. Infatti la norma consente il
riferimento al vino DOC ma non l'uso di tale parola.
  In  altri  termini  e'  consentita  la denominazione di "Grappa dei
Colli  Orientali  del  Friuli"  ma  non  quella  di "Grappa dei Colli
Orientali  del  Friuli DOC", di "Grappa di Barbera" ma non "Grappa di
Chianti DCCG".
                                                   Il Ministro: Letta