In  ordine  nell'affidamento  del  servizio  di  cui all'oggetto, a
questo Ministero pervengono da piu' parti segnalazioni in ordine alla
violazione  delle norme comunitarie in materia di libera concorrenza,
con conseguente inizio di procedura d'infrazione avviata dall'U.E.
  Quanto  sopra  induce  questo  Ministero  ad  intervenire,  con  la
presente circolare, per dare un indirizzo interpretativo uniforme che
valga    ad   evitare   controversie   e   perplessita'   nell'azione
amministrativa;  all'uopo  viene  riportato  il  quadro normativo che
disciplina la fattispecie.
  Per  la  gestione del servizio idrico integrato, la legge 5 gennaio
1994,  n.  36,  al  suo  art.  10, comma 7, fa riferimento alle norme
generali  che  regolano  l'affidamento  di  pubblici servizi da parte
degli  enti  pubblici locali; tali norme sono riportate nel titolo V,
parte  I  del  testo  unico  delle  leggi sull'ordinamento degli enti
locali, approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
  In  particolare l'art. 113, comma 1, del citato testo unico prevede
esplicitamente che detti servizi possano, tra l'altro, essere gestiti
o da societa' miste a prevalente capitale pubblico (lettera e), comma
citato)   o   da   societa'  senza  vincolo  di  proprieta'  pubblica
maggioritaria (lettera f), comma citato).
  Sotto  il  profilo  legislativo,  il problema della costituzione di
societa'  per  azioni o a responsabilita' limitata con partecipazione
non  maggioritaria  di  enti  pubblici locali e' risolto dall'art. 4,
comma  1,  del  decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  29  marzo  1995,  n.  95,  e successive
modifiche  e  integrazioni, al cui regolamento, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 533, l'art. 116
del testo unico prima detto fa esplicito richiamo.
  In  osservanza  a  quanto  citato, la scelta del socio privato deve
avvenire  previo  esperimento  di  gara  ad  evidenza  pubblica,  con
procedura concorsuale ristretta; in virtu' di quanto sopra, pertanto,
nel  caso  esaminato  la  norma  e'  del  tutto  esplicita  e  la sua
osservanza  non ingenera quindi problematiche o contenziosi in ordine
alla violazione di norme comunitarie per la tutela della concorrenza.
  Per   quanto   attiene   invece   alle  societa'  per  azioni  o  a
responsabilita'  limitata,  la cui maggioranza e' detenuta dagli enti
locali,   occorre   ricorrere  ai  consueti  canoni  ermeneutici  per
ricercare  una  soluzione adeguata, atteso che nel nostro ordinamento
giuridico l'esistenza di lacune e' soltanto apparente.
  Occorre  infatti  premettere  che  anche  la formula adottata dalla
Corte  di  giustizia  dell'U.E.  appare non completamente convincente
quando,  per  giustificare affidamenti diretti a societa' partecipate
(sentenza  c.d.  "Teckal"),  essa  afferma  che  in  questi  casi  e'
necessario  che "l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi
un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e
questa  realizzi la parte piu' importante della propria attivita' con
l'ente o con gli enti locali che la controllano".
  Ed  invero, nel caso di persone giuridiche private, e' evidente che
la  prima  condizione  non  puo' di certo verificarsi dal momento che
l'eventuale   controllo  puo'  avvenire  solo  secondo  le  modalita'
previste   dal  diritto  societario  e  non  certo  secondo  rapporti
gerarchici  o  strumentali  di carattere pubblicistico. Le condizioni
richieste  per  l'affidamento  diretto ricorrono sicuramente solo nel
caso di costituzione di aziende speciali.
  In  mancanza  di  piu'  precise  disposizioni, ma comunque ai sensi
dell'art. 12, comma 2, delle disposizioni sulla legge in generale, si
deve  quindi investigare se si possa ricorrere o alla applicazione di
una  norma  analoga  o  alla  ricerca  una  soluzione  interpretativa
rispondente in pieno, ed in contemporaneo, ai principi sia del nostro
ordinamento sia di quello comunitario.
  Anzitutto  va  ricordato  che l'art. 115, comma 1, del citato testo
unico,  nel  disciplinare la trasformazione delle aziende speciali in
societa'  per  azioni delle quali gli enti locali rimangono azionisti
unici, mentre da un canto stabilisce che le nuove societa' subentrano
in  tutti i rapporti in essere da parte delle aziende, dall'altro non
induce  certo  a  concludere  che  le societa' possano assumere nuove
funzioni,  utilizzando  a  tali  scopi  modalita' e procedure proprie
delle aziende speciali.
  Un  rilevante contributo alla soluzione del problema sembra potersi
trarre  dalla  lettura  del  successivo  art.  116,  comma 1, gia' in
precedenza  citato,  dal  momento  che  quando in esso si incontra la
locuzione  "senza il vincolo della proprieta' pubblica maggioritaria"
essa  appare  intesa  piu'  a  rimuovere  un  limite che a imporre un
modello.
  In  ragione  di  quanto  sopra,  potrebbe  quindi  argomentarsi che
all'ente locale rimane attribuita la facolta' di avvalersi o dell'una
o  dell'altra  forma,  con  il  solo obbligo di motivare il ricorso a
societa'   a   prevalente   capitale   pubblico   in  funzione  della
partecipazione  di  piu'  soggetti pubblici o privati, secondo quanto
stabilito dall'art. 113, comma 1, lettera e) prima citato.
  Al riguardo, peraltro, puo' richiamarsi anche l'art. 13 del decreto
legislativo  n.  267/2000  che  attribuisce  ai  comuni  una serie di
funzioni  proprie, non piu' vincolate a previe disposizioni statali e
regionali (principio di sussidiarieta).
  Puo'  in  definitiva  concludersi  che  il  legislatore,  pur nella
diversita' delle disposizioni, non ha inteso statuire una separatezza
assoluta  tra  le  due  forme  di societa' miste; dall'altro conto la
dinamica  societaria,  con  la  vendita  di quote ed azioni, come tra
l'altro  espressamente previsto dal gia' citato regolamento di cui al
decreto  del  Presidente della Repubblica n. 533/1996 (e sia pure con
qualche  "distinguo"),  puo' facilmente portare ad una trasformazione
dell'una forma nell'altra.
  A  tali  fini  non  possono  neppure  dimenticarsi  i  disposti del
decreto-legge   31  maggio  1994,  n.  332,  convertito  nella  legge
30 luglio 1994, n. 474, relativi all'accelerazione delle procedure di
dismissione  delle  partecipazioni  di  Stato  ed  enti  pubblici  in
societa'  per  azioni che, pur se con qualche eccezione, individuano:
nell'uscita del pubblico e l'ingresso del privato; nella creazione di
organismi   indipendenti   per  la  regolazione  delle  tariffe;  nel
controllo  della qualita' dei servizi, gli strumenti piu' efficaci di
garanzia   per   gli   utenti   e   di   concomitante   perseguimento
dell'interesse  pubblico.  Sulla scorta di quanto sopra, e' difficile
(e  tra l'altro in contrasto con la disciplina comunitaria) sostenere
la  tesi  che  gli  enti locali possono affidare senza alcuna gara la
gestione dei pubblici servizi - e nello specifico quello del servizio
idrico integrato - a societa' con prevalente capitale pubblico.
  La  tesi  apposta,  quella  cioe'  secondo  la  quale le societa' a
prevalente   capitale  pubblico  non  dovrebbero  essere  soggette  a
partecipare   a  procedure  concorrenziali  per  l'affidamento  della
gestione  dei  servizi,  appare  esplicitamente  contrastare  con  il
complesso  delle norme richiamate, configurandosi del tutto incongrua
l'applicazione  di  una  disciplina che andrebbe a vanificare proprio
quegli scopi che gli enti locali si propongono con la scelta - che si
ricorda  deve  essere  adeguatamente  maturata  -  di  costituire  un
siffatto tipo di societa'.
  Tanto  premesso,  si ritiene che sussistano tutti i presupposti per
applicare,  in  via  analogica,  la  soluzione recata dal decreto del
Presidente  della Repubblica n. 533/1996, e che pertanto la procedura
di  gara  ad evidenza pubblica per la scelta del gestore del servizio
idrico  integrato  debba adottarsi in tutti i casi di affidamento del
servizio.
  Va messo poi in evidenza che questa soluzione ha anche il pregio di
consentire  il  porre  fine  alle  procedure  d'infrazione  intentate
dall'U.E.  contro  l'Italia, senza alcuna necessita' di modificare le
vigenti  disposizioni  legislative  salvo,  se  del  caso, a renderla
successivamente incontrovertibile sotto il profilo della certezza del
diritto.
  Resta  in  ogni  caso  ferma l'applicabilita' integrale delle norme
previste  dal  decreto  legislativo  n. 158/1995 sugli appalti che la
societa'  deve  conferire  ad  imprese esterne, con le procedure ed i
limiti  introdotti dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modifiche ed integrazioni.
  Gli  organi  di governo degli ambiti territoriali ottimali vorranno
pertanto attenersi all'indirizzo interpretativo sopra delineato nelle
attivita' di affidamento a societa' miste della gestione del servizio
idrico integrato; qualora avessero gia' posto in essere provvedimenti
secondo  interpretazioni  diverse  e/o contrastanti con la disciplina
nazionale  o  comunitaria,  gli  organi  medesimi  sono  invitati  ad
annullarli.
  Si gradira' un cenno di ricezione.
    Roma, 17 ottobre 2001
                                                Il Ministro: Matteoli