Ai signori sindaci dei comuni delle regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Molise, Puglia, Campania Ai signori direttori dei centri per la giustizia minorile di: Palermo, Catanzaro, Bari, Napoli, Cagliari e, per conoscenza: Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali Al Ministero dell'interno - Direzione generale dei servizi civili Al Ministero delle finanze - Direzione generale del demanio Al Ministero della pubblica istruzione - Ufficio studi e programmazione Ai signori Presidenti delle giunte delle regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise Ai signori commissari del governo delle regioni: Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise Al signor commissario dello Stato della regione Sicilia Al rappresentante del Governo nella regione Sardegna Ai signori Presidenti dei tribunali per i minorenni delle regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise Ai signori Procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni delle regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise Ai signori Provveditori agli studi delle regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise La legge 19 luglio 1991, n.216, concernente interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attivita' criminose e, in particolare, l'articolo 4 si prefigge i seguenti obiettivi generali: a) attivazione di iniziative volte ad offrire concrete opportunita' formative, lavorative e socializzanti per i minori "a rischio"; b) promozione delle capacita' dei Comuni delle Regioni interessate di potenziare il sistema delle risorse gia' esistenti nel territorio, attraverso la realizzazione di servizi di rete che vedano una collaborazione attiva tra le risorse istituzionali, sociali, dell'associazionismo e del volontariato. I Comuni interessati sono chiamati ad elaborare progetti che, utilizzando le risorse del territorio, le integrino nella politica complessiva locale, in rapporto coerente con gli specifici bisogni territoriali. Il raccordo interistituzionale, la cooperazione con l'associazionismo privato e con il volontariato, sono quindi da ritenersi necessari per l'impostazione e la realizzazione dei progetti stessi. La concessione dei contributi sara' deliberata seguendo le procedure ed i criteri fissati nella presente circolare, in base a quanto concordato in seno alla Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge 216/91. 1) Procedure. Per la richiesta di finanziamento per l'anno 1999, i Comuni delle Regioni Sicilia - Sardegna - Calabria - Basilicata - Molise - Puglia - Campania, dovranno indirizzare la delibera della Giunta ed i progetti proposti - in triplice copia - al Ministero di Grazia e Giustizia - Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile, entro il 30 marzo 1999, tramite le seguenti competenti Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile: - per la Regione Sardegna: Direzione del Centro per la Giustizia Minorile - via San Lucifero n.97 - Cagliari tel.070/654601-656868; - per le Regioni Campania e Molise: Direzione del Centro per la Giustizia Minorile - viale Colli Aminei, 44, - Napoli. tel. 081/7413848; - per le Regioni Puglia e Basilicata: Direzione del Centro per la Giustizia Minorile - Via Amendola 172/c Bari - Tel. 080/5484909 - 5484919; - per la Regione Sicilia: Direzione del Centro per la Giustizia Minorile - Via Principe di Palagonia, 135, Palermo, tel. 091/225916; - per la Regione Calabria: Direzione del Centro per la Giustizia Minorile - Via G. Paglia, Catanzaro, tel. 0961/727706. Costituira' parte integrante delle predette delibere il preventivo di spesa con l'elenco dettagliato delle voci di spese necessarie alla realizzazione del progetto per il quale si richiede il finanziamento. I Comuni richiedenti possono usufruire, anche nella fase di elaborazione dei progetti della consulenza e del supporto tecnico dei componenti dei Gruppi Integrati locali, presso i suddetti Centri per la Giustizia Minorile, composti dal Direttore del Centro, da un funzionario del servizio tecnico ed uno dei servizi minorili, nonche' da rappresentanti regionali. I Gruppi Integrati sono chiamati, inoltre, a valutare il livello tecnico e qualitativo dei progetti presentati, in rapporto alle indicazioni e finalita' della presente circolare, nonche' la loro rispondenza alle esigenze locali. Alle riunioni potranno essere invitati a partecipare anche i rappresentanti dei Comuni proponenti. Le Direzioni dei Centri, entro il 30 aprile 1999, trasmetteranno all'Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile la documentazione, corredata per ciascun progetto da un verbale relativo alla valutazione compiuta dai Gruppi Integrati, completa del giudizio motivato sulla ammissibilita' o inamissibilita' del progetto stesso al finanziamento. I suddetti progetti saranno quindi esaminati dal Gruppo Tecnico di questo Ufficio Centrale, con la collaborazione di un delegato delle Regioni interessate. I progetti ammessi saranno sottoposti per il necessario parere alla Commissione prevista dall'art.l3, comma 2 del D.L.vo 272/89 e alla Commissione prevista dall'art.2, comma 5 della legge 216/91 per il coordinamento con i progetti di cui agli artt. 1 e 2. Il Gruppo Tecnico di questo Ufficio Centrale si riserva la facolta' di valutare in via prioritaria eventuali progetti che rispondono a situazioni eccezionali, anticipando l'iter procedurale di concessione dei contributi per l'anno 1999. Il finanziamento sara' disposto con decreto ministeriale, da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. 2) Caratteristiche dei progetti. I progetti, finalizzati ad attuare interventi che contrastino i fenomeni di cooptazione dei minorenni da parte di associazioni criminali, devono presentare le seguenti caratteristiche: 1. la fattibilita', in termini di concretezza dell'intervento, con l'indicazione precisa, fra l'altro, dei seguenti elementi: definizione delle professionalita' coinvolte, esplicitazione della metodologia dell'intervento, altri elementi significativi per l'attuazione concreta; 2. la continuita', come garanzia di impegno da parte del Comune a proseguire e sviluppare le attivita' oltre il previsto finanziamento ministeriale; 3. l'organicita', come manifestazione di una coerenza interna al progetto ed assunzione di una logica unitaria; 4. l'individuazione delle aree di intervento dove risulti piu' elevato il grado di disagio sociale e di devianza minorile. Il progetto va quindi corredato da un'analisi della realta' locale e deve indicare la sede operativa; 5. la flessibilita' dei modelli di intervento in funzione dei reali bisogni espressi dalla realta' giovanile locale; 6. il collegamento territoriale di rete per i Comuni limitrofi ed associati per progetti che prevedono le medesime attivita' o che si integrano fra loro (es. educatori di strada che orientano i ragazzi ai Centri polifunzionali od ai tirocini formativi/inserimenti lavorativi/servizi socialmente utili) capaci di incidere realmente sulle situazioni considerate. In tal caso ai progetti vanno allegate le delibere di tutti i Comuni coinvolti. 7. la previsione di un sistema di riscontro e valutazione dei risultati attesi. 3) Principi guida. I progetti possono essere destinati sia a minori o gruppi di minori di eta' compresa tra 11/18 anni sia a giovani infraventinenni - in considerazione di quanto previsto all'art.24 del D.L. vo 272/89 -, in condizione di forte deprivazione di opportunita' educative e sociali, residenti in aree dove il combinarsi di accentuati livelli di disgregazione sociale e di forte presenza di criminalita' organizzata determina alti tassi di devianza minorile. I principi cui i progetti devono attenersi sono: 1. utilizzo e potenziamento del sistema delle opportunita' gia' esistenti; 2. protagonismo delle Regioni e dei Comuni: interventi inseriti nei piani di politica sociale territoriale; 3. integrazione interistituzionale: il raccordo istituzionale tra gli organismi dello Stato e le autonomie locali, in modo da creare una cultura del contrasto e di opposizione alla cooptazione dei minori da parte della criminalita' organizzata attraverso la collaborazione attiva con Istituzioni quali il Provveditorato agli Studi, l'Ufficio Provinciale del lavoro, ecc.; 4. attivazione e sostegno, di "Servizi" piuttosto che di "Strutture", attraverso un modello di intervento che preveda l'interazione di operatori con minori e/o gruppi di minori nell'ambiente di vita di questi ultimi; 5. coinvolgimento diretto della famiglia all'interno del tessuto progettuale, sia come soggetto attivo che come destinataria di consulenza e sostegno; 6. coinvolgimento significativo nel circuito progettuale delle agenzie di socializzazione come la scuola, nelle sue articolazioni centrali e periferiche, anche relativamente all'utilizzo delle strutture scolastiche di cui all'art.1 della legge 216/91 con le modalita' previste dalla circolare del Ministero della Pubblica Istruzione n. 59 del 5 marzo 1992; 7. collaborazione attiva e diretta delle forze sociali locali, dell'associazionismo e del volontariato; 8. previsione di iniziative capaci di intervenire a favore delle "nuove utenze": extracomunitari, nomadi, ecc.; 9. promozione di una presa di coscienza circa i problemi connessi alla criminalita' organizzata, sia nell'opinione pubblica locale che tra gli operatori impegnati nel progetto. 4) Contenuto dei progetti. Nell'ottica dell'art. 4 della richiamata legge 216/91, sara' data preferenza all'attivazione di servizi in contesti sociali ad alto rischio di criminalita' minorile, prevedendo anche il coinvolgimento di minori soggetti a procedimento penale. Pertanto, saranno privilegiati i progetti rivolti specificamente all'utenza minorile che usufruisce delle misure cautelari non detentive e delle misure alternative e sostitutive alla detenzione, nonche' della misura della sospensione del processo e messa alla prova. Considerati i nuovi finanziamenti "per la promozione di diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza" previsti dalla L. 285/97, i progetti presentati dovranno essere coordinati, anche per il tramite dei competenti Centri per la Giustizia Minorile e delle Regioni interessate, alle iniziative promosse ai sensi della citata normativa al fine di non produrre, nell'ambito dello stesso Comune, duplicazioni e/o sovrapposizioni. I Comuni che hanno elaborato piani di intervento territoriali ai sensi della legge 28 agosto 1997, n. 285, possono estenderli ai minori dell'area penale esterna presentando un progetto a questo Ufficio Centrale a norma della legge 216/91 specificamente mirato a tale fascia di utenza. Nell'ambito dei principi sopra enunciati, verra' attribuita preferenza ai progetti che prevedano la realizzazione di "Servizi" capaci di: 1. sensibilizzare la comunita' sui temi del disagio ed attivare interventi finalizzati a prevenire processi di emarginazione sociale 2. trovare soluzioni che diano risposte efficaci ai reali problemi dell'utenza. tenendo conto del contesto specifico A tale scopo saranno privilegiati i progetti tendenti a: promuovere la partecipazione sociale; - favorire lo sviluppo individuale e le relazioni del giovane con il gruppo e del gruppo con la comunita' attraverso momenti di aggregazione anche informale: - realizzare iniziative che facilitino il confronto e la condivisione dei problemi tra operatori ed utenti; costruire collegamenti e circuiti comunicativi ed operativi tra i Servizi esistenti: - attivare connessioni di reti relazionali tra le varie realta' del territorio per potenziare sinergie e far maturare nella comunita'' la condivisione dei bisogni. Sono, pertanto, da considerare: A. Servizi di educativa territoriale preposti al sostegno ed al trattamento dei minori in ambiente esterno, volti anche a contrastare il fenomeno della prostituzione minorile in quanto sostenuta da un sistema di criminalita' organizzata. Per tale attivita' potranno essere utilizzate specifiche professionalita' quali: educatori di strada educatori domiciliari tutors, assistenti sociali e psicologi che abbiano l'obiettivo di elaborare strategie operative di intervento nel territorio e che: agiscano nei luoghi propri di vita del giovane; - agiscano come supporto formativo tramite la condivisione di percorsi di vita quotidiana del minore; - realizzino un'integrazione con i servizi e le agenzie esistenti; - agiscano come stimolo alla crescita di una rete di rapporti con operatori istituzionali (insegnanti, vigile urbano) e non (commercianti della zona, ecc.) individuino ed organizzino le risorse e le opportunita' del territorio nella prospettiva di attuare un lavoro di rete in cui le sinergie tra le diverse forze in gioco trovino una concreta realizzazione. B. Centri di Aggregazione e Polifunzionali rivolti anche a minori sottoposti a provvedimenti: - una pluralita' di attivita': animazione, ascolto, sostegno scolastico, sport, attivita' espressive, spazi autogestiti; - la consulenza alle famiglie; - la costruzione di percorsi educativi personalizzati, per l'attuazione di misure cautelari non detentive ed alternative e sostitutive alla detenzione; - interventi specifici nei confronti dei minorenni stranieri. All'interno di detti Centri potra' prevedersi un Servizio di Informazione/orientamento diretto a giovani in particolari condizioni di marginalita' e di svantaggio. Il Servizio potra' fornire indicazioni e consulenza relativamente a: problemi di droga e di alcool; problemi psicosociali; difficolta' relazionali: con la famiglia, i coetanei, gli adulti; difficolta' scolastiche e di lavoro: orientamento scolastico e professionale, mettendo a disposizione elementi e strumenti per facilitare la progettualita' del minore in ambito scolastico, lavorativo ecc. C. Praticantato in servizi utili alla comunita' che attraverso l'utilizzo di strategie innovative, propongano la partecipazione del settore pubblico con le associazioni del volontariato e del privato sociale. Il progetto dovra' essere finalizzato allo sviluppo locale, attraverso la valorizzazione delle risorse presenti nel territorio e potra' svolgersi in particolare nell'ambito: della difesa dell'ambiente e del verde pubblico, del recupero delle aree verdi degradate; del recupero del patrimonio artistico; della valorizzazione e conservazione del patrimonio archeologico. D. Inserimenti lavorativi, formalizzati attraverso un contratto, presso imprese o cooperative artigiane ed agricole, esercizi commerciali, reperendone preventivamente la disponibilita'. E. Tirocini formativi con borse lavoro anch'essi presso imprese o cooperative artigiane ed agricole, esercizi commerciali, reperendone preventivamente la disponibilita'. Per quanto riguarda le tipologie di cui ai paragrafi C.,D.,E. si ritiene opportuna la presenza di una figura professionale (possibilmente facente parte dell'organico del Comune) che coordini le attivita' e offra una valenza educativa al progetto. F. Centro di sostegno alla nuova imprenditoria giovanile che, attraverso l'integrazione delle risorse gia' presenti nel territorio, possa fornire nuove possibilita' di sviluppo attivando dinamiche tipiche delle attivita' imprenditoriali. Il Centro dovra' valorizzare la capacita' imprenditoriale dei giovani guidandoli alla costituzione di un' impresa o comunque alla creazione di spazi lavorativi. Per favorire la cooperazione, l'attivita' del Centro potra' realizzarsi anche in accordo con le Associazioni di categoria. G. Servizi di mediazione sociale e/o penale i cui obiettivi siano: - offrire ai giovani uno spazio in cui esprimere le situazioni conflittuali alla presenza di interlocutori capaci di elaborarle e gestirle e di attivare un processo non necessariamente risolutore, ma capace di aprire, tra le parti, canali di comunicazione interrotti; - offrire uno spazio di incontro tra vittima ed autore del reato, per favorire il dialogo tra le parti nella prospettiva della riparazione. L'autore deve essere guidato alla comprensione dei risvolti etici e giuridici dei suoi comportamenti e la vittima alla rilettura dei propri vissuti legati al fatto-reato; - formare mediatori sul territorio, cioe' figure in grado di svolgere la funzione di mediare il conflitto in ambito sociale e/o penale. H. Servizi di mediazione culturale di sostegno ed integrazione sociale per minori stranieri per contrastare l'emarginazione e la devianza. Tali servizi potranno utilizzare specifiche professionalita' quali, mediatori culturali che possano facilitare l'inserimento sociale del minore straniero attraverso interventi volti a: - promuovere rapporti con le istituzioni che si occupano del problema, con i servizi scolastici, educativi, ricreativi, di tempo libero, ecc.; - agevolare la conoscenza e l'aggiornamento della lingua italiana; - farsi portavoce delle istanze culturali del minore straniero; - agevolare, ai fini dell'inserimento dei minori e delle loro famiglie nel tessuto sociale, la frequenza nelle scuole di ogni ordine e grado; - favorire la partecipazione a corsi di formazione professionale ai fini dell'inserimento lavorativo. I. Attivita' sperimentali innovative direttamente connesse alle finalita' e agli obiettivi previsti dall'art.4 della legge 216/91, volti a contrastare nel ragazzo la disaffezione per il proprio ambiente di vita e stimolare la costruzione di un rapporto positivo tra il giovane e la citta' e tra il giovane e le istituzioni. Tali progetti dovranno indirizzarsi in particolare alla realizzazione del recupero delle aree urbane e delle aree verdi degradate. All'interno dei progetti possono essere previste iniziative "mirate" di aggiornamento e di formazione del personale direttamente coinvolto. Tali iniziative devono essere strettamente funzionali alla realizzazione di progetti specifici ed innovativi qualora la implementazione dello stesso necessiti di ulteriore qualificazione del personale. I corsi dovranno essere attuati in sedi qualificate ed istituzionalmente riconosciute a livello nazionale, prevedere un programma di formazione multidisciplinare e dovranno essere limitati normalmente ad un periodo di due mesi. 5) Articolazione dei progetti. I progetti dovranno indicare: a) le motivazioni a sostegno: analisi qualitativa e quantitativa delle condizioni socio-culturali e ambientali in cui si vuole intervenire, condizioni di rischio (qualora le condizioni di rischio non siano rilevabili dai dati statistici e' opportuno che i Comuni richiedenti forniscano altri indicatori di criminalita' minorile relativi al territorio), rapporti con l'area penale, eventuali possibili rapporti con la criminalita' organizzata, ecc.; b) le finalita' e gli obiettivi da raggiungere nell'ambito della prevenzione secondaria e terziaria. Per esempio lo sviluppo della facolta' dell'individuo di auto-orientarsi, il raggiungimento di un adeguato livello di stima di se', la mediazione (intesa come riconciliazione-integrazione con i valori, le regole di cui la societa' e' portatrice) tra il minore e la comunita' adulta, lo sviluppo di competenze relazionali e cognitive, lo stimolo alla crescita di una rete di rapporti con operatori istituzionali e non; c) l'area geografica cui si riferiscono: quartiere, frazione, comune; d) l'utenza destinataria in termini qualitativi (fascia d'eta', minori denunciati, minori entrati nei Centri di prima accoglienza, minori entrati negli Istituti Penali minorili, evasori dell'obbligo scolastico, situazioni di nuclei familiari problematici, ecc.) e quantitativi (numero di minori destinatari; e) la metodologia e gli strumenti concreti, in senso materiale e qualitativo, attraverso i quali si intende procedere: la costituzione di un'e'quipe di coordinamento, le istituzioni territoriali con le quali si intende collegarsi (privato sociale organizzato e volontariato, forze produttive), progettazione di un intervento di rete, ecc; f) la tipologia dei servizi e strutture che si intendono attivare, specificando, qualora siano previste piu' iniziative, l'ordine di priorita'' delle stesse nell'ambito del progetto; g) il personale che si intende impiegare e le eventuali attivita' di formazione e di aggiornamento previste; h) le strutture e gli spazi designati e quelli gia' disponibili facenti parte del patrimonio di edilizia pubblica; i) l'indicazione dei tempi di attuazione con previsione di continuita' al termine dei finanziamenti ministeriali. Saranno privilegiati quei progetti che prevedono l'impegno del Comune (assunto nella delibera) a proseguire le attivita' finanziate utilizzando proprie risorse; j) la ripartizione analitica ed annuale dei costi, suddivisi per singole voci di spesa: personale, locazione, materiale, ecc, allegando copia del modello riportato nella presente circolare, da compilarsi per ciascuna attivita' prevista dal progetto; k) la metodologia per la verifica dei risultati intermedi e finali attraverso l utilizzazione di un accurato sistema di indicatori. L'assenza, la mancanza di chiarezza o l'incompletezza di tale medologia per la verifica e di indicatori predeterminati nonche' delle caratteristiche di cui al paragrafo 2 sara' motivo di esclusione del progetto. 6) Tipologie di spesa ammesse al finanziamento Saranno privilegiati i progetti che prevedano l'utilizzo di strutture e locali gia' disponibili facenti parte del patrimonio di edilizia pubblica (comunale, provinciale, regionale, statale e di enti ed organizzazioni pubbliche) idonei ad accogliere le diverse attivita' previste dai progetti. In assenza della disponibilita di strutture pubbliche, potranno essere ammesse al finanziamento di legge le spese derivanti da oneri di locazione per l'utilizzazione di locali di proprieta' privata, i quali dovranno tuttavia essere adeguati alle necessita' ed alle articolazioni operative dei progetti proposti, o resi tali a cura e spese della proprieta'. In tale ipotesi verranno considerate, ai fini del finanziamento complessivo, le spese riferite all'esclusiva manutenzione ordinaria delle strutture locate. Pertanto, non saranno prese in considerazione le spese implicanti la ristrutturazione di locali da adibire a centri di attivita' e/o accoglienza per minori. Nell'ottica gia' puntualizzata di favorire la creazione di Servizi piuttosto che di strutture, sono ammesse le spese per il personale qualificato - in possesso dei requisiti previsti per la qualifica ricoperta - nella quantita' ritenuta indispensabile e funzionale alle finalita' dei progetti. A tal fine i Comuni finanziati stipuleranno convenzioni con associazioni e cooperative del privato sociale organizzato o del volontariato. Fra le tipologie di spesa ammesse al finanziamento, si elencano le seguenti: 1. oneri di assicurazione e gestione ordinaria; 2. oneri per l'acquisto di beni strumentali di cui si dimostri l'effettiva necessita', la congruenza economica e l'adeguatezza rispetto alle iniziative da intraprendere; 3. oneri per l'acquisto di materiale e attrezzature di facile consumo; 4. oneri derivanti dal rimborso spese per l'impiego di volontari purche' preventivate nel pieno rispetto della legge 266/1991. 5. oneri derivanti dall'impiego di obiettori di coscienza. 6. oneri per gli incentivi ai ragazzi che frequentano e si impegnano in attivita' lavorative o di studio (# 3.500 - 5.000 l'ora). I Comuni proponenti individueranno in ciascun progetto la destinazione patrimoniale degli strumenti, delle attrezzature e degli altri beni materiali acquistati tramite il finanziamento ricevuto. 7) Criteri di preferenza Nell'ambito dei progetti che possiedono tutti i requisiti indicati dalla presente circolare e, a parita' di valutazione, avranno priorita' i progetti che: 1. siano rivolti ad aree riconosciute particolarmente a rischio; 2. prevedano anche la presenza dell'utenza penale minorile; 3. prevedano l'utilizzo di strutture e locali gia' disponibili facenti parte del patrimonio di edilizia pubblica (comunale, provinciale, regionale, statale, e di enti ed organizzazioni pubbliche) idonei ad accogliere le diverse attivita' previste dai progetti, ovvero di beni immobili sequestrati alla mafia, secondo quanto previsto dalla legge n. 109 del 07.03.96 pubblicata sulla G.U. n.58 del 9.3.96 e dal successivo regolamento di attuazione del Ministero dell'Interno (Decreto n.248 del 9.6.97); 4. presentino un preventivo di spesa piu' contenuto; 5. manifestino l'impegno del Comune, espresso nella delibera, a continuare le attivita' del progetto anche al termine dei finanziamenti ministeriali e ad anticipare le tranches prima della erogazione dei fondi da parte del Ministero, nonche' ad attingere a diverse fonti di finanziamento; 6. siano proposti da Comuni che presentino per la prima volta un progetto o che, viceversa, abbiano dimostrato di avere la capacita' di realizzare le progettualita' in modo costruttivo ed adeguato al contesto o di affidarne l'attuazione ad Associazioni di provata serieta'. 8) Criteri di esclusione Non saranno ammessi al finanziamento i progetti: 1. che prevedono interventi esclusivamente finalizzati alla prevenzione primaria, senza alcun riferimento ai minori dell'area penale o a rischio di devianza; 2. gia' finanziati negli esercizi degli anni precedenti e non ancora attivati, in quanto si ritiene di dover verificare l'esecuzione degli stessi prima di procedere ad un nuovo finanziamento; 3. che prevedono inserimenti lavorativi e di formazione lavoro inferiori ad una annualita' o per i quali la Regione ha previsto uno stanziamento di fondi; 4. che risultino, al momento della valutazione, finanziati ai sensi della legge 285/97, salvo quanto previsto in proposito al paragrafo 4; 5. le cui delibere comunali non contengono l'indicazione dettagliata delle spese previste per l'attuazione, attraverso la compilazione dell'allegato prospetto economico analitico e della destinazione patrimoniale dei beni acquistati mediante il finanziamento concesso; 6. che non siano articolati secondo quanto previsto al paragrafo 5. Non verranno prese in considerazione le iniziative di formazione degli operatori previste all'interno di un progetto che non risultino strettamente necessarie alla realizzazione dello stesso e che afferiscano a formazione ordinaria, in quanto il personale coinvolto deve essere gia' qualificato ed in grado di operare. Saranno, inoltre, escluse le istanze dei Comuni che richiederanno il finanziamento per lo stesso progetto sia al Ministero dell'Interno - ai sensi degli artt. 1 e 2 - che all'Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile - ai sensi dell'art.4 della legge 216/91. Il finanziamento sara' assicurato dalle competenti Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile con pagamento a mezzo di ordinativi emessi dalle sezioni di Tesoreria dello Stato presso la Banca d'Italia competenti per territorio secondo le seguenti modalita': A. il 40% della somma complessiva sulla base del progetto di fattibilita' presentato dal Comune, del relativo parere favorevole del gruppo integrato locale, della stipula del protocollo d'intesa e, quindi, della richiesta da parte del Comune di accreditamento della prima tranche; B. il 30% della somma finanziata dopo quattro mesi, su richiesta di accreditamento da parte del Comune - con riferimento alle spese sostenute -, corredata da una relazione di verifica sullo stato di avanzamento del progetto da parte del responsabile tecnico designato dal Comune stesso e del parere favorevole del gruppo integrato locale; C. il rimanente 30% su richiesta di accreditamento del Comune, previa presentazione del rendiconto finale delle spese sostenute, approvato con delibera, accompagnato da una relazione tecnica conclusiva di verifica sulle attivita' realizzate e la contestuale valutazione fornita dal gruppo integrato. La presentazione del rendiconto finale delle spese sostenute e' necessaria alla Corte dei Conti per l'effettuazione dei relativi controlli di competenza. La presente circolare sara' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, in attuazione delle norme contenute nell'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il direttore generale dell'Ufficio centrale per la giustizia minorile Magno